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Scuola di Sviluppo Locale Sebas0ano Brusco
L’iden(tà territoriale delle ci0à medie italiane
NONA EDIZIONE SECONDA PARTE 27-28 novembre Asti Aula magna università
Scuola di Sviluppo Locale Sebas0ano Brusco
Aree interne e proge5 d‘area
NONA EDIZIONE PRIMA PAETE 22-24 settembre Seneghe Casa Aragonese
• Ambiti centrali nella futura progettazione dei fondi
europei 2014-2020 • Strategia nazionale per le Aree interne avviata e
governata dal Ministero della Coesione dai Ministeri responsabili per il coordinamento dei fondi comunitari e per i servizi essenziali considerati, d'intesa con le Regioni e in cooperazione con ANCI e UPI.
• Tema interdisciplinare tra coloro che si occupano di sviluppo locale.
Aree interne e città medie
I partner
Master in Sviluppo
Locale
Università Cattolica del Sacro Cuore Laboratorio di economia locale
Patrocinio
Affari generali, personale e riforma della regione
Associazione Italiana di
Scienze Regionali
Seneghe un luogo legato a un progetto d’area
LA SCUOLA DI SVILUPPO LOCALE Seneghe (OR), Casa Aragonese
Tra il 1958 e il 1962, l’Organisation Européenne de Coopération Economique
(OECE) avvia il “Progetto Pilota Sardegna”, focalizzato su 41 Comuni
Triangolo Oristano-Bosa-Macomer
Progetto Pilota Sardegna dell’Oece
“
“Esisteva, prima del decollo del Piano di Rinascita, un progetto molto promettente, basato sul paziente, lungo, complesso, creativo e inevitabile lavoro necessario per irrobustire l’esistente, per mettere in moto le forze endogene latenti, per partire da quei prodotti che, nei loro possibili sviluppi successivi, avrebbero trovato una legittima protezione economica nell’esistenza di un vantaggio comparato sicuro, perché radicato nella natura o nelle antiche tradizioni culturali dell’Isola.” (F. Pigliaru, 1999, pag. 150).
Progetto Pilota Sardegna dell’Oece
Il Proge0o aveva assunto in largo an(cipo, come paradigma dis0n0vo e presupposto di metodo(Bagnasco, 2004). • Centralità delle risorse presen0 nel territorio, quelle agroalimentari, ar(gianai, insedia(ve: differen(, specifiche
• Centralità della formazione: introduzione sele5va di elemen( di innovazione connessi con tecniche orientate alle competenze
• Rilevanza delle dimensioni sociali dello sviluppo come costruzione sociale:coesione sociale e capitale sociale.
Progetto Pilota Sardegna dell’Oece
Crea centri di servizi reali
• formazione e non trasferimento risorse • immissione delle competenze • nesso tra formazione e sviluppo storico di sviluppo. .
Progetto Pilota Sardegna dell’Oece
Agricoltura e zootecnia
assistenza tecnica per migliorare la qualità, per l’incremento del reddito
• Valorizzazione delle produzioni locali: allevamento, olio, agrumi, ortofrutta (carciofo) • Promozione proposte per azioni integrate: Coop per la commercializzazione dell’olio a Seneghe
servizio agricoltura e zootecnia
Economia domestica e rurale Riconoscimento del ruolo centrale della donna
• Attività di trasformazione delle produzioni agroalimentari (orti familiari, insaccati, formaggi, pane, dolci)
• Artigianali (tessitura, cestineria, ricamo)
Strumento per l’integrazione del reddito e finalizzato
all’autoinvestimento.
. .
PROGETTO PILOTA SARDEGNA DELL’OECE
Da questa iniziativa originaria si sviluppano: • cooperative di produzione e di vendita, CAS, che continuano la propria attività anche dopo la chiusura del Progetto • agriturismo riuniti in cooperativa, primi in Sardegna e tra i primi in Italia, tuttora esistenti a testimonianza di un solido successo economico, oltre che organizzativo.
servizio di economia domestica e rurale
, “interventi poco costosi che richiedono molto tempo e molto capitale umano per essere portati a termine, ma che una volta avviati funzionano da volano” (M. Russo, A. Natali, 2006, pag. 7).
Progetto Pilota Sardegna dell’Oece
metodo
Proge&o di comunità
Me&ere il territorio in grado di scegliere le condizioni del proprio sviluppo
Progetto Pilota Sardegna dell’Oece
. Brusco ha connesso lo sviluppo locale, per distretti e aree arretrate, ad una serie di interventi a un tempo molto difficili e poco costosi. Interventi basati su: • formazione e non trasferimento risorse • immissione delle competenze • nesso tra formazione e sviluppo • centri di servizi reali (informazione e la formazione di saperi)
LA SCUOLA DI SVILUPPO LOCALE
DEDICATA A SEBASTIANO BRUSCO
Destinatari
• Studenti (13), master (14), dottorandi e borsisti (7)
• Soggetti che si occupano e interessano di tematiche relative allo sviluppo rurale e all’implementazione di politiche a questo dedicate
• Soggetti chiave dell’attuale quadro istituzionale (Regione, Comuni...), operatori territoriali di sviluppo (Gal, Distretti) (15)
• Esponenti delle comunità locali (14)
Finalità e obiettivi
Affronta temi relativi allo sviluppo locale in una prospettiva multidisciplinare con un costante richiamo tra:
• progetto • analisi • politiche • casi aziendali
Finalità e obiettivi Nove edizione della Scuola di sviluppo locale
Sebastiano Brusco 2006 - La nuova progettazione integrata in Sardegna 2007 - Sviluppo locale e forme di governance 2008 - Sviluppo locale tra pianificazione strategica e progettazione inclusiva 2009 - Politiche di sviluppo locale, beni comuni e valutazione 2010 - Sviluppo locale, cibo e territorio 2011 - Sviluppo locale, strutture di implementazione e Agenzie di sviluppo territoriale 2012 - Sistemi agroalimentari e sviluppo locale 2013 - Nuova agricoltura e sviluppo locale
Finalità
Trait d’union tra • Ricerca sociale: tradizione della ricerca italiana sullo
Sviluppo locale in una prospettiva multidisciplinare, • Pratiche-esperienze territoriali di sviluppo
Creazione di una comunità di esperti con uno spirito non
dissimile da quello che animò il Progetto Oece.
Associazione Terras
L’esperimento dell’Oece si concluse con l’indicazione di un
Centro di Ricerca e Formazione Internazionale per lo
sviluppo locale in area mediterranea.
TERRAS–
Laboratorio per lo sviluppo locale Sebastiano Brusco
con sede legale a Seneghe
Scuola di Sviluppo Locale Sebas0ano Brusco
le ci0à medie italiane viste dalle aree interne
NONA EDIZIONE SECONDA PARTE 27-28 novembre Asti Aula magna università DISSI Benedetto Meloni [email protected]
•
Aree interne e città
§ Ruolo delle aree interne
§ Ruolo nuova agricoltura § Rapporto rurale urbano
N.B. Riconsiderare il rapporto città-campagna Attenzione ai rapporti tra territori Superare la retorica dell’urbanesimo e dell’anti-urbanesimo Sistemi territoriali locali
• Ambito centrale nella futura progettazione dei fondi
europei 2014-2020 • Strategia nazionale per le Aree interne avviata e
governata dal Ministero della Coesione dai Ministeri responsabili per il coordinamento dei fondi comunitari e per i servizi essenziali, d'intesa con le Regioni e in cooperazione con ANCI e UPI.
• Aree pilota regionali
• Tema interdisciplinare tra coloro che si occupano di sviluppo locale.
Aree interne e progetti d‘area
Processo di marginalizzazione lungo il XX secolo • Pianure e coste trasformati in aggregati urbanizzati sempre più scollegati dal
territorio di riferimento . • Le aree interne caratterizzate da declino demografico spopolamento (65%
del territorio a fronte del 33,6% della popolazione residente)
• Questo processo ha generato: • Calo delle attività e dell’occupazione • Rarefazione produttiva e sociale • Venir meno della tutela del suolo • Abbandono della terra • Modificazioni del paesaggio • …….. N.B. Effetto ciambella
Aree interne
Rappresentazione unitaria in negativo • tutto ciò che resta una volta tolte le aree costiere, le
pianure fertili, le città. • Definizione per differenza (fisica, culturale, strutturale)
rispetto al resto del territorio In senso negativo le possiamo definire come “periferiche”,
in quanto soggette a un gradiente negativo centro-periferia che riguarda l’accesso ai servizi e ad altre opportunità (lavoro, interazione sociale, cultura )( Dematteis 2013)ecc.).
Aree interne I
Si tratta di un universo variegato Aree rurali differenziate La campagna non si è convertita
i n m o d o u n i l i n e a r e i n u n ’ a r e a m a r g i n a l e generalizzata:"Diverse tipologie di ruralità“( Bertolini, 2013),spazi differenziati, possibili diversi indirizzi di sviluppo: Regioni storiche
In senso positivo le aree interne § meno soggette a pressioni antropiche § offrono servizi (ecosistemici, ambientali, paesaggistici,
culturali) § potenzialità di sviluppo (energetiche, idriche, turistiche) che in molti casi presentano invece un gradiente inverso,
sono cioè massime in periferia e minime negli agglomerati centrali.( Dematteis 2013 )
:
Aree interne I
“ le Aree Interne rappresentano una parte ampia del Paese
– circa tre quinti del territorio e poco meno di un quarto della popolazione – assai diversificata al proprio interno, distante da grandi centri di agglomerazione e di servizio e con traiettorie di sviluppo instabili ma tuttavia dotata di risorse che mancano alle aree centrali, “rugosa”, con problemi demografici ma anche fortemente policentrica e con forte potenziale di attrazione […]E richiede attenzione al fatto che da queste aree vengono beni necessari per tutti noi: acqua, aria buona, cibo, paesaggi, cultura” ( Barca 3013 )
Aree interne: definizione I
Mancanza o lontananza dai servizi essenziali “L’approccio basato sull’offerta di servizi, sceglie come
poli i comuni dotati di servizi essenziali, ossia quelli in cui l’intervento pubblico è stato determinante ai
fini della vitalità del territorio. Le Aree Interne sono in questo caso aree “lontane” da questo intervento di policy.
Individuazione dei poli (Centri di offerta dei servizi), secondo un criterio di capacità di offerta di alcuni servizi essenziali; 2)Classificazione dei restanti comuni in 4 fasce: aree peri-urbane; aree intermedie; aree periferiche e
aree ultra periferiche, in base alle distanze dai poli misurate in tempi di percorrenza”.( S. Lucatelli 2012 )
N.B. Implicazioni di policy
Aree interne: identificazione I
Processi di riassetto e adattamento diversificati, non solo abbandoni. Rilancio a macchia di leopardo che ha consentito ad alcune risorse di mantenersi allo stato nascosto, di restare sottovalutate e, al contempo, preservate. Le aree interne hanno preservato più che in altri contesti: • Qualità dell’ambiente • Risorse naturali e paesaggistiche • Risorse insediative • Vocazioni produttive • Risorse culturali e saper fare locale • Potenzialità di sviluppo (produttive, energetiche, turistiche), inespresse che possono concorrere allo sviluppo del Paese
Aree interne come risorsa I
Le aree interne vanno quindi pensate • destinatarie di beni collettivi e servizi
• capaci di produrre e offrire beni collettivi: paesaggio, qualità delle acque, biodiversità, cultura.. esternalità positive (OECD, 2001 e 2003)
Risposte a una serie di richieste provenienti da tutta la società • Servizi che rafforzano nuovi legami tra le aree interne e le città (Ploeg, 2009).
Aree interne beni collettivi e capitale territoriale
“Il borgo non è più soltanto luogo fisico, ma anche luogo della mente”. CENSIS del 2003 ritorno ai paesi ai luoghi ( M.O.) Luoghi vocazionali ( Barbera 2014 ) Nuove popolazioni: • non è assimilabili al turismo es(vo e balneare, montano • non sogge0e alla tradizionale stagionalità • Turis( alla ricerca di legami comunitari (e altro) • “Ci0adini temporanei", residen( part-‐(me o "defini(vi" (Cersosimo, 2013) • “montanari e contadini per scelta” (Dema0eis 3013) • Rural users (Meloni, 2006)
N.B. una risposta al problema dello spopolamento ?
Aree interne nuove popolazioni
Aree interne specificità e nuova domanda
C’è oggi una forte domanda di specificità (Barca )( teoria dei consumi di Lancaster). Produzioni specifiche , identitarie, di qualità
Cambiamento dei modelli e pratiche di consumo, “alternativi” al circuito distributivo dominante
Il carattere policentrico delle aree interne Ciascun territorio offre una diversità di qualche tipo
Centralità dell’agricoltura multifunzionale nelle aree interne (Bevilacqua, 2014) A A che cosa ci riferiamo allorché parliamo di agricoltura per le aree interne? Si tratta… di un’utopia che non ha alcun fondamento economico, né dunque alcuna possibilità di riuscita? All’obiezione si deve innanzi tutto rispondere con una considerazione storica. …Per secoli l’agricoltura italiana è stata una pratica economica delle “aree interne”, vale a dire dei territori collinari e montuosi, gli ambiti orografici dominanti nella Penisola. Certo, c’era anche – e talora fiorente – l’agricoltura delle pianure, concentrata nella Pianura padana e nelle valli subappenniniche
L’agricoltura è il grande nuovo protagonista
Centralità dell’agricoltura mul(funzionale nelle aree interne
La rinascita del modello contadino I nuovi contadini (Van der Ploeg, 2008) “Rivincita delle campagne” (Barberis 2009) Riaffacciarsi in agricoltura delle giovani generazioni (Cersosimo, 2012) qualche dato N.B.Iscrizioni alle scuole tecniche di agraria, agroalimentare e agroindustria nel 2014 in crescita
Nuova agricoltura
autoconsumo
Strategie di multifunzionalità
Approfondimento Deepening : Prodo< =pici di qualità
Trasformazione, filiere corta
Azienda mul0funzionale
Processo produttivo agricolo i cui gli output finali sono molteplici: § non solo sono beni alimentari (commodities), § ma anche servizi (non-commodities) (es. olivicoltura:olio, regimazione idraulica e paesaggio).
Tra questi servizi § alcuni hanno un mercato (es. agriturismo, agricoltura sociale) § altri realizzano beni non di mercato con caratteristiche di non commerciabilità beni collettivi come paesaggio, qualità delle acque, biodiversità, cultura che si presentano come esternalità positive sul territorio. (OECD 2001; Cavazzani 2006; Polman et al. 2010) Non riproducibili in un contesto specializzato e intensivo e non importabili, per cui la localizzazione delle imprese conta, assume significato (Ploeg, 2008).
Nuova agricoltura multifunzionale
Più funzioni, il cui valore è riconosciuto dalla società: Funzioni di tipo commodity beni alimentari base
Funzioni di tipo servizi non commodity Sicurezza alimentare Qualità e varietà degli alimenti, biodiversità Energie rinnovabile Controllo dell’inquinamento Benessere animale Paesaggio Tradizioni ed eredità culturali Inclusione sociale Servizi alla popolazione (educazione/ formazione, svago) Vitalità economica nelle aree rurali svantaggiate
Nuova agricoltura multifunzionale
Queste risorse «localmente prodotte», che funzionano come beni collettivi) individuano «risorse comuni» (Ostrom 1990 ). Sono presenti: - a monte dei processi produttivi (paesaggi, terre comuni); - a valle (marchi territoriali). Possono essere: - Di natura immateriale: conoscenze locali, competenze tecniche e reti necessarie per convertire le risorse naturali in prodotti di qualità , innovazione; - Di natura materiale: prodotti “distintivi”, come le specialità regionali, i prodotti biologici, e servizi (agriturismo, agricoltura sociale…), terre comuni, foreste, protezione idrogeologica
Nuova agricoltura multifunzionale
Cosa è cambiato ? Si realizza i uno spostamento di funzioni ed un riallineamento rispetto ai bisogni di una società in cambiamento. LA MULTIFUNZIONALITÀ § GENERA VALORE AGGIUNTO PER LE IMPRESE AGRICOLE § PRODUCE ANCHE BENI PUBBLICI E/O COLLETTIVI, come i servizi agro-ambientali
Nuova agricoltura multifunzionale
Cosa è cambiato ? In conclusione, le aziende multifunzionali svolgono un ruolo di “connessione” tra le attività produttive e i beni comuni. È stato dimostrato che le produzioni di qualità (e le relative reti) sono spesso legate a forme di cooperazione locale, filiere corte, vendita diretta, nested markets (Oostindie et al. 2010), che coin-volgono un numero crescente di attori, appartenenti asistemi socio-economici-itituzionali diversi compresi quelli urbani
Nuova agricoltura multifunzionale
. Dall’epoca antica, sino a quella contemporanea, la storia ci racconta di un avvicendarsi di situazioni di confronto e di scontro, nel quale non sempre è la città a prevalere. «Storicamente le città (medie)nascono dalla disponibilità di surplus di prodotti agricoli, luoghi di mercati, di materie prime da trasformare in prodotti finiti da commerciare, servizi per la campagna Questa è stata la città media italiana, che ha in qualche modo governato il contado ma contemporaneamente ne è stata governata, in rapporto dialettico, per quanto riguarda la distribuzione e la dimensione di nuclei urbani minori.» (Lanaro 1989: 55-56). In realtà per lungo tempo è individuabile una sorta di reciprocità di prospettive tra città e campagna; i mercati contadini esistevano già in questi contesti n .
Evoluzione del rapporto tra rurale e urbano
Nell’ immediato dopoguerra , l ’ intensif icarsi dei processi di modernizzazione e di urbanizzazione ( fenomeni migratori verso le aree urbane e lo spopolamento di quelle marginali), il rapporto tra la città e la campagna inizia a divenire problematico e la reciprocità città-campagna si spezza. § Divisione del lavoro e specializzazione § Industrializzazione dell’ agricolura e per settori, con la specializzazione nella produzione di beni alimentari, § Le città diventano centri di consumo All’interno del processo di modernizzazione Il rapporto rurale-urbano viene analizzato in termini oppositivi e dicotomici
Evoluzione del rapporto tra rurale e urbano
A partire dagli anni ’90 Ø domanda di specificità: produzioni identitarie, di qualità. cambiano stili di vita e di consumo (soprattutto del ceto medio • nuove popolazioni (rural users, ambientalisti, ecc). scelte residenziali, edilizia. Si assisterebbe secondo alcuni a una rivoluzione “post-materialista”, una rivolta morale contro il consumismo, rilevata dalle ricerche di Inglehart (1997). Ø fenomeni interni al mondo dell’agricoltura: § la rinascita del modello contadino(Ploeg 2008) § processo di differenziazione rompe con lo schema dell’agroindustria § pratiche e strategie aziendali innovative e multifunzionali.
Evoluzione del rapporto tra rurale e urbano
• I nuovi modelli di multifunzionalità agricola costituiscono risposte a una serie di richieste provenienti da tutta la società con lo sviluppo di filiere corte, nested market (Oostindie et al. 2010) e agricoltura di prossimità, nuovi servizi ( agriturismi, ma anche nelle care facilities e nell'agricoltura sociale), agricoltura sociale (Di Iacovo 2008), Gruppi di Acquisto Solidale (Fonte 2013)
• I nuovi beni e servizi, ad alto grado di qualità, sostengono la creazione di nuovi rapporti città-campagna (Oostindie, Ploeg e Renting 2002) • Considerare il rapporto città-campagna entro una prospettiva multifunzionale (OECD 2001), attraverso la relazione esistente tra la produzione di beni di mercato e quelli non di mercato che l’agricoltura intrinsecamente genera
Evoluzione del rapporto tra rurale e urbano
Fino agli anni 90 la coppia concettuale “urbano-rurale” veniva rappresentata in modo dicotomico: assorbimento del rurale nell’urbano le condizioni odierne sono meglio colte da un continuum in cui gli estremi sono tipi puri con poca aderenza empirica. N.B. superare le retoriche dell’urbanesimo, dell’anti-urbanesimo e del neo ruralismo
Evoluzione del rapporto tra rurale e urbano
Ne derivano approcci volti a superare il generico assorbimento della ruralità nell’urbano e si interrogano sulla natura delle emergenti configurazioni sociali e territoriali che tra-sfigurano la consolidata gerarchia città-campagna. L’obiettivo di questi nuovi approcci è rivolto a «leggere fatti sociali» (Bagnasco, 2003): come questi si organizzano nello spazio, a partire da configurazioni territoriali specifiche – non chiuse – adottando il concetto di sistema territoriale, in quanto spazio delimitato, caratterizzato da specificità e identità, integrato da rapporti in un sistema attivo (Pichierri, 2007; Osti, 2010 n
Evoluzione del rapporto tra rurale e urbano
Mettere a valore la multifunzionalità delle aziende contadine Politiche di sostegno alle aziende per mantenere o produrre beni pubblici implica un accrescimento del valore della terra e dell’”ambiente” con benefici economici per la comunità locale Valorizzazione delle risorse naturali: presuppone un’idea di “tutela attiva”Restituire la tutela del territorio alle comunità locali ( DoCersosimo Rieti, 2013 Welfare,
obiettivi di policy
Mette a valore l’interdipendenza tra aree rurali e urbane, tra aree deboli e forti ci>a’ medie e aree interne: due importan( programmi di u(lizzo dei fondi europei 2044-‐2020 dovrebbero dare luogo ad azioni interdipenden(, non separate! Rischio delle poli(che place-‐based, di un approccio territorialista puro: dis(nguere le aree interne dai poli urbani funziona bene. ma – forse qui un limite –non deve de0are le policy in modo meccanico. de0o in modo piu’ dire0o: u(lizzare criteri funzionali che me0ono a tema l’interdipendenza tra i territori (Barbera Seneghe 2014).
Evoluzione del rapporto tra rurale e urbano obiettivi di policy
Molti dei beni prodotti dall’agricoltura multifunzionale sono § esternalità, prodotte inconsapevolmente. § obiettivi delle politiche dovrebbe essere proprio quello di trasformare l’esternalità positiva in obiettivo consapevole. Attraverso quali soluzioni (invenzioni) istituzionali? § dicotomia pubblico/privato: uscire dalla polarizzazione fallimenti del mercato-ruolo dello stato tipica del paradigma pregresso
§ altri modi: se devono essere gli abitanti a prendersi cura dei luoghi, questo non puo’ avvenire in base a una mobilitazione invididualistica.
obiettivi di policy e modelli di regolazione
Una terza via di produzione e governo dei beni colle5vi locali diversa dal mercato e dal ruolo dello stato. La Ostrom (1990) pone l’accento sulla governance, sull’importanza delle comunità, sulla democrazia partecipa(va, sulla società civile organizzata, sulle regole condivise
obiettivi di policy e modelli di regolazione