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Pensato come un vero e proprio atlante, il libro vuole essere un annuario aggiornato dei conflitti in atto sul Pianeta per avere un’informazione completa e approfondita. L’intento è quello di spiegare le ragioni di tutte le guerre in corso, far capire perché si combatte e chi sono gli attori. La pubblicazione è stata realizzata dall’Associazione Culturale 46° Parallelo, composta da numerosi corrispondenti di guerra e professionisti dell’informazione.
Citation preview
1
ATLANTEDELLE GUERRE E DEI CONFLITTIDEL MONDO
Associazione 46° Parallelo
Seconda edizione
2
ATLANTE DELLE GUERRE E DEI CONFLITTI DEL MONDOSECONDA EDIZIONE
Direttore ResponsabileRaffaele Crocco
Capo RedattoreFederica Ramacci
In redazioneBarbara BastianelliFrancesco CavalliAngelo d’AndreaAngela De RubeisBeatrice Taddei SaltiniDaniele Bellesi
Hanno collaboratoAndrea BaranesGiulia BondiPietro CavallaroStefano FantinoAngelo FerrariFranco FracassiFlavio LottiFrancesca ManfroniCarlo Maria MieleEttore MoMichele NardelliEnzo NucciIlaria PedraliAlessandro PiccioliAmedeo RicucciOrnella SangiovanniLuciano ScalettariRoberto Zichittella
Progetto grafico ed impaginazioneDaniele Bellesi
Progetto grafico della copertinaDaniele Bellesi
Foto di copertinaFrancesco Cavalli
RedazioneAssociazione 46° ParalleloVia Piazze 34 - [email protected]
www.atlanteguerre.it
AlgeriaCiad
Costa d’AvorioEtiopia/EritreaGuinea Bissau
LiberiaNigeria
Repubblica CentrafricanaRepubblica Democratica del Congo
Sahara OccidentaleSomalia
SudanUganda
ColombiaHaiti
AfghanistanCina/Tibet
FilippineIndia
IraqKashmir
KirghizistanPakistan
ThailandiaTimor Est
TurchiaYemen
Israele/PalestinaLibano
Siria/Israele
CeceniaCipro
GeorgiaKosovo
Paesi Baschi
56789
11131517192123252628323640444852566064687276808384869094959698
102106110114118122126130134138142146151152154158162167168170174178182186191192195197199201203206208209
Editoriale Raffaele CroccoSaluti AmministratoriSaluti AmministratoriIntroduzione Flavio LottiIntroduzione Barbara BastianelliIstruzioni per l’uso Raffaele CroccoLa situazione Raffaele CroccoCombattere senza armi/1 Amedeo RicucciCombattere senza armi/2 Amedeo RicucciBanche e guerra Andrea BaranesVittime della guerra/1 Enzo NucciVittime della guerra/2 Giulia BondiAfricaUn continente in cerca di futuro Enzo Nucci
Inoltre Etiopia - MadagascarAmerica LatinaUn continente che cresce con la Cina e Bolivar Raffaele Crocco
Inoltre EcuadorAsiaPiccole e grandi guerre per gestire le risorse Franco Fracassi
Inoltre Birmania - Cina/Xinjiang - Coree - Iran - Sri LankaMedio OrienteNon più complici ma costruttori di pace Flavio Lotti
EuropaUn strano continente menico di se stesso Amedeo Ricucci
Nazioni Unite - I Caschi Blu Raffaele CroccoLe missioni OnuIl controllo delle risorse/1 Stefano FantinoIl controllo delle risorse/2 ASALVittime della guerra/3 Ilaria PedraliI nuovi migranti ASALLa biblioteca di Sarajevo Michele NardelliGruppo di lavoroFontiRingraziamenti
Indice
as s oc ia zione c ult ura le
Testata registrata pressoil Tribunale di Trento n° 1389RSdel 10 luglio 2009
Tutti i diritti di copyright sono riservati
Finito di stampare nel novembre 2010Grafiche Garattoni - Rimini
3
AlgeriaCiad
Costa d’AvorioEtiopia/EritreaGuinea Bissau
LiberiaNigeria
Repubblica CentrafricanaRepubblica Democratica del Congo
Sahara OccidentaleSomalia
SudanUganda
ColombiaHaiti
AfghanistanCina/Tibet
FilippineIndia
IraqKashmir
KirghizistanPakistan
ThailandiaTimor Est
TurchiaYemen
Israele/PalestinaLibano
Siria/Israele
CeceniaCipro
GeorgiaKosovo
Paesi Baschi
5678911131517192123252628323640444852566064687276808384869094959698102106110114118122126130134138142146151152154158162167168170174178182186191192195197199201203206208209
Editoriale Raffaele CroccoSaluti AmministratoriSaluti AmministratoriIntroduzione Flavio LottiIntroduzione Barbara BastianelliIstruzioni per l’uso Raffaele CroccoLa situazione Raffaele CroccoCombattere senza armi/1 Amedeo RicucciCombattere senza armi/2 Amedeo RicucciBanche e guerra Andrea BaranesVittime della guerra/1 Enzo NucciVittime della guerra/2 Giulia BondiAfricaUn continente in cerca di futuro Enzo Nucci
Inoltre Etiopia - MadagascarAmerica LatinaUn continente che cresce con la Cina e Bolivar Raffaele Crocco
Inoltre EcuadorAsiaPiccole e grandi guerre per gestire le risorse Franco Fracassi
Inoltre Birmania - Cina/Xinjiang - Coree - Iran - Sri LankaMedio OrienteNon più complici ma costruttori di pace Flavio Lotti
EuropaUn strano continente menico di se stesso Amedeo Ricucci
Nazioni Unite - I Caschi Blu Raffaele CroccoLe missioni OnuIl controllo delle risorse/1 Stefano FantinoIl controllo delle risorse/2 ASALVittime della guerra/3 Ilaria PedraliI nuovi migranti ASALLa biblioteca di Sarajevo Michele NardelliGruppo di lavoroFontiRingraziamenti
Indice
4
Idea e progettoAssociazione 46° ParalleloVia Piazze 34 - Trento
Edizione
Editrice AAM Terra Nuova S.r.l. Via Ponte di Mezzo, 150127 - FirenzeTel. +39 055 3215729 Fax +39 055 [email protected]
Associazione 46° ParalleloVia Piazze 34 - [email protected]
In collaborazione conPartner
www.ilariaalpi.it
Con il contributo di
Con il patrocinio di
COMUNE DI EMPOLI
5
Le schede dei conflitti, quest’anno, sono 35 in questo Atlante della Guerra e dei Conflitti del Mondo. L’anno scorso ne avevamo una in meno. La fine delle guerre resta una idea astratta, come astratto sembra più il ruolo delle Nazioni Unite, strette fra contraddizioni e mancanze che non danno risposte.
Pensateci un attimo: dei quasi 200 Paesi che formano l’Assemblea, un altissimo numero ha governi non democratici a guidarli. Significa che chi siede al Palazzo di Vetro per conto di questi stati, è nominato da chi con diritti umani, democrazia, libertà, rispetto delle leggi e delle norme internazionali ha poco a che fare. Una contraddizione stridente per un organismo che dovrebbe garantire giustizia. Altro pensiero: anche chi siede per conto di governi democraticamente eletti, non viene nominato per volontà popolare, insomma, attraverso un voto. No, va a rappresentare interessi, legittimi ovvio, ma non sempre condivisi.Tutto questo fa capire quanto poca democrazia vi sia nei meccanismi dell’Onu e quanto difficile sia - pur con tutta la buona volontà che spesso c’è - trovare strumenti e logiche di intervento. E questo si traduce in una tragedia per le popolazioni che proprio dai Caschi Blu, dai soldati dell’Onu, dovrebbero essere protette.Troppo spesso, dalla Bosnia, alla Somalia, alle recenti operazioni in Africa, abbiamo saputo che i Caschi Blu dell’Onu sono rimasti fermi, inerti, davanti a massacri e violenze. Le regole d’ingaggio, cioè gli ordini che avevano ricevuto, gli impedivano di intervenire “per evitare di prendere posizione a favore di qualcuno”. Una assurdità dettata dalle convenienze, ogni volta diverse di ogni volta diversi Paesi, che non volevano disturbare alleati, amici, conniventi.Contraddizioni stridenti, lo ripetiamo, eppure è all’Onu che si giocano buona parte dei destini dei cittadini del mondo. Sono le Nazioni Unite che dobbiamo salvaguardare, rilanciare, tenere saldo, per continuare ad avere delle speranze. Perché alla base, a tenerlo vivo, c’è la carta indispensabile per la vita giusta dei popoli: la Dichiarazione dei Diritti Umani.La guerra prospera dove mancano i diritti elementari. Trova nutrimento, fan, istigatori. Trova ragioni per esistere. Tentare di salvaguardare la Dichiarazione e l’Onu significa rendere meno facile la vita a chi pensa alla guerra come uno strumento utile per governare, fare soldi, passare alla storia.Per questo, anche quest’anno, parliamo a lungo dei conflitti che vedono l’Onu impegnata in qualche modo, con tutti i limiti, ad arginare i massacri, a fermare il sangue. Raccontiamo le missioni, pesandole, misurandole in termini di costi e di sacrifici e anche di inutilità. Perché dobbiamo capire e conoscere quello che accade per rifondarlo. Perché dobbiamo credere che sia possibile che gli Stati del Mondo si mettano assieme per fermare la guerra.
Il DirettoreRaffaele Crocco
E adesso c’è una nuova guerraUna ragione in più per “salvare” l’Onu
Editoriale
11
Piccola guida alla letturadi questo AtlanteQueste poche righe sono il “libretto di istruzioni” per la lettura di questo Atlante. Le avevamo scritte nella precedente edizione, qui le ripetiamo, aggiungendo dove serve qualcosa, dato che tutto cambia e questa pubblicazione non è da meno. In un libro che parla di guerra, infatti, le parole possono avere più significati, possono essere interpretate, piegate, rielaborate per giustificare, spiegare, convincere. Anche le scelte grafiche, la collocazione di pezzi e articoli possono lasciar spazio a dubbi, domande, possono indicare propensioni politiche o di parte. Per evitare tutto que-sto, queste righe sono essenziali. Cominciamo.L’elemento principale, in questo libro, è proprio la forma grafica, la scelta di essere Atlante. Come vedrete, ogni guerra ha esattamente lo stesso spazio, il medesimo numero di pagine. Questo per evitare di dare ad una maggiore importanza rispetto alle altre. È una scelta “politica”, che vuole mettere tutte le guerre allo stesso livello.Così, le schede conflitto sono tutte di 4 pagine, divise rigorosamente per continente, come in un Atlante, appunto. Quest’anno, al termine di ogni continente è inserita la scheda Inoltre: lì troverete le situazioni “limite”, quelle che magari non sono ancora sfociate in guerra aperta o che sono in sonno, ma vanno monitorate, controllate costantemente. L’obiettivo è dare una informazione quan-to più completa e cercare di limitare eventuali danni che derivano dall’aver scelto di quali guerre o conflitti parlare.Arriviamo, allora, al cuore del problema, cioè quello che intendiamo parlando di Guerre o Conflitti,
Istruzioniper l’uso
RaffaeleCrocco
12
in questo volume. Intendiamo, per dare una definizione quasi da dizionario: “situazioni di scontro armato fra stati o popoli, ovvero a confronti armati fra fazioni rivali all’interno di un medesimo Paese. Includiamo in questo elenco i Paesi o i luoghi in cui esiste un latente conflitto, bloccato da una tregua garantita da forze di interposizione internazionali”. Questo è il criterio che abbiamo adottato per stabilire l’elenco alle guerre e dei conflitti in atto. Come sempre, in questi casi, c’è chi lo potrà trovare discutibile, ma un anno di riflessione collettiva ci ha portati ad individuare questo modo di procedere e a questo ci siamo rigorosamente attenuti.Nel volume abbiamo cercato come sempre di utilizzare in modo uniforme e preciso alcune parole di difficile o ambiguo uso. Abbiamo defi-nito Terroristi coloro che usano armi o mettono in atto attentati contro popolazioni inermi, col-pendo obiettivi civili deliberatamente. In que-sto libro, questa è la definizione di terrorista, a prescindere dalle ragioni che lo muovono. Definiamo, invece, Resistenti gruppi o singoli che si oppongono, armati o disarmati, all’occu-pazione del proprio territorio da parte di forze straniere, colpendo nella loro azione obiettivi prevalentemente militari. Anche in questo caso diamo questa definizione senza entrare nel me-rito delle ragioni.Ne deriva che in questo volume viene definito Attentato Terroristico ogni attacco compiuto con fini distruttivi o di morte nei confronti di una popolazione inerme e civile al puro scopo di seminare terrore, paura o per esercitare pressioni po-litiche. Ovvero ogni attacco compiuto contro obiettivi militari, ma che consapevolmente coinvolge anche popolazioni inermi e civili. Gli attacchi di gruppi di resistenti a forze armate regolari in questo libro vengono definite Operazioni di Resistenza o Militari. Da tutto questo nascono alcune altre considerazioni. In questo Atlante, definiamo Forze di Occu-pazione ogni Forza Armata straniera che occupa, al di là della ragione per cui avviene, un altro Paese per un qualsiasi lasso di tempo. Le Forze di Interposizione Internazionali sono invece Forze Armate, create su mandato dell’Onu o di altre organizzazioni multinazionali e rappresentative, che in presenza di precise regole di ingaggio e combattimento che ne limitano l’uso, si collocano lungo la linea di combattimento per impedire il confronto armato fra due o più contendenti.Questi i punti fondamentali, i criteri per poter affrontare la lettura sapendo le ragioni delle scelte. Altre istruzioni: le foto che trovate in questo Atlante sono in massima parte tratte da video di reporter sparsi in tutto il mondo. Sono quelli che tecnicamente si chiamano “frame”, cioè fermi immagine di un filmato. Per questo, a volte, possono sembrare di qualità strana, magari mosse o sgranate. Le abbiamo volute e scelte per la loro efficacia, per la capacità di raccontare tutto in una sola immagine.Dovrebbe essere tutto. Buona lettura.
25
Dumont d’Urville (Fr.)
Hallett(U.S.A.)
2326
2637
Etna3323
Tahat2918
Toubkal4165
1948
Emi Koussi3415
Aïr1944
Ennedi1450
13302042
1893
2259Dj. Ode
2780
30714620
Ras Dashan
4307
Batu
M. Kenya5199
4095
5110
Kilimangiaro5895
Rungwe2959
3482
2876
1110
1106
M. Bruce1235
M. Zeil1510
M. Woodroffe1440
M. Kosciusko
2230
4205
M. McKinley 6194
M. Michelson 2699
M. Logan6050
M. Waddington3994
M.Churchill2819
M. Columbia 3747
M. Robson3954
3618
4392M. Rainier
3426
M. Shasta4317
M. Whitney4418
Kinabalu4094
L. Elbert4396
5465Popocatépetl
4240
Monti Neri 2207
Tajumulco 4220
3819
2037
5400
Roraima2810
3014
Pico da Neblina
Chimborazo6267
6768Huascarán
6388
2890Pico da
Bandeira
Illimani6402
Ojos del Salado
2797
Aconcagua6960
Lanín3740
S. Valentin4058
Fitzroy3375
2469
2633
2290
3776
Sra. Nevada3482
4808
Elbrus5642
Ararat5123
2596
4190
2260
2300
2562
2797
Mt. Cook
3754
4750
2156
4073
4509
Puncak Jaya5029
2959
3147
2100
3455
22102240
3997
1949
2999
7315
6920
Ulugh Mus Tagh7723
7556Gongga Shan
4023
3143
Tahan2189
Raja 2278
3159
3676
3805G. Kerinci
Leuser3145
1786
2820
3826
4031
Kamen2037
1104
7060
Mt. Everest8850
8167
Nanga Parbat8125
K2 8611
Kongur7719
7439
1559
7495
7690
5143
G. al Akhadar3009
4420Kuh-e Hazaran
1894
5671
6908
M. Hunt2743
Palmer (U.S.A.)
Arturo Prat(Cile)
Molodeznaja(RUSSIA)
Mawson(Austr.)
Davis(Austr.)
Mirny(U.R.S.S.)
Wilkes(Austr.)
Zhongshan(Cina)
Fessil Bluff(Gr. Br.)
Tuscon
San Francisco
Los Angeles
Chicago
New YorkFiladelfia
Rio de Janeiro
Shenyang(Mukden)
HangzhouShanghai
Wenzhou
Tianjin(Tientsin)
Chongqing
Guangzhou(Canton)
Calcutta
Delhi
Karachi
BOMBAY
Casablanca
Alessandria
El- Giza
Abidjan
Ibadan
Lagos
Douala
Dar es Salaam
Citta del Capo
Johannesburg
Perth
Adelaide
Melbourne
Sydney
Brisbane
Vancouver
Seattle
Portland
Sacramento
San Diego
Salt LakeCity
Phoenix
Puebla
Guadalajara
Monterrey
Dallas
Houston
San Antonio
Denver
MinneapolisMilwaukee
Detroit
Kansas City
St. Louis
Indianapolis
New Orleans
Sto.Domingo
Port-au-PrinceSan Juan
Tampa
Miami
Atlanta
Buffalo
Toronto
Cleveland
PittsburghColumbus
Cincinnati
Boston
Baltimore
Norfolk
Montreal
Maracaibo
Cali
BelémGuayaquil
Quito
Fortaleza
Recife
Salvador
Belo Horizonte
São Paulo
Curitiba
Pôrto Alegre
Córdoba
Rosario
BangaloreMadras
Sapporo
YokohamaOsaka
Nagoya
Kyoto
Kobe
DaeguGwangjuBusan
HiroshimaKitakyushu
Fukuoka
ManchesterLiverpool
Birmingham
Lione
Marsiglia
Lisbona
PortoBarcellona
Nápoli
MilanoTorino
Monaco
Amburgo
Izmir
Istanbul
Odessa
San Pietroburgo
Rostov-na-Donu
Doneck
Kharkov
Dnepropetrovsk
Aleppo
Gidda
Harbin
JilinChangchun
Fuxin
Anshan
Fushun
Yingkou
Incheon
Daejeon
Fuzhou
Kaohsiung
Linhai
Nanchang
Hefei
HuainanNanjing
Tangshan
Lüda
Qingdao(Tsingtao)
ZiboJinan
Shijiazhuang
Qiqihar
Taiyuan
Baotou
Huhhot
Zhengzhou
Lanzhou
Xi´an
Wuhan
Changsha
Guijang
Kumming
Haiphong
Ho Chi Minh
SurabayaBandung
Semarang
Medan
Chittagong
Chengdu
Ürümqi(Urumchi)
Hyderabad
Nagpur
KanpurLucknowJaipur
NovosibirskOmsk
Lahore
Faisalabad
Ahmadabad
Poona
Mashhad
Ekaterinburg
Celjabinsk
Perm
Kazan
SamaraUfa
NiznijNovgorod
Siviglia Málaga
Tangeri
Safi
OranoConstantina
Palermo
Messina
Sfax
Misurata
Tarabulus(Tripoli)
Bengasi
Suez
Medina
El Minya
AsyutQena
Luxor
Assuan
Marrakech
Agadir
Las Palmas
Kaolack
Bouaké
Bobo-Dioulasso
Kano Maiduguri
Zaria
Kaduna
Kumasi
OgbomoshoIlorin
Oshogbo
Enugu
Pt. Harcourt
Port Sudan
Omdurman
Wad Medani
Wau
Aden
TaizzHodeida
DiredauaHargeisa
Merca
Chisimaio
Mombasa
Yaoundé
Pointe Noire
KisanganiMbandaka
Matadi
Ilebo
Kananga
Mbuji Mayi
Kamina
Likasi
Lubumbashi
Mwanza
Zanzibar
TangaTabora
KitweNdola
Kabwe
NampulaBlantyre-Limbe
BeiraBulawayo
Port Elizabeth
Buffalo City
Kimberley
BloemfonteinDurban
Mahajanga
Fianarantsoa
Toamasina
Townsville
Geelong
Newcastle
Wollongong
Hobart
Honolulu
Anchorage
Edmonton
Calgary
Tacoma
BoiseEugene
Spokane
Oakland
FresnoSan José
Las Vegas
Reno
SanBernardino
Long Beach
Tijuana
Anaheim
Mexicali
Naga
Legaspi
Batangas
BacolodIloilo
DavaoZamboanga
Kota Kinabalu
Saskatoon
Regina
Pueblo
Albuquerque Amarillo
Lubbock
El PasoCiudad Juárez
Hermosillo
Chihuahua
TorreónCuliacán
Durango
Saltillo
León
Veracruz
Oaxaca
Villahermosa
Acapulco
Morelia Campêche
Tampico
Ciudad Victoria
S. Luis Potosi
Nuevo Laredo
Reynosa Matamoros
Mazatlán
Fort WorthShreveport
WacoBaton Rouge
Beaumont
Corpus Christi
OklahomaCity
Topeka
Omaha
WinnipegThunder
Bay
LansingMadison
St. Paul
Des Moines
Toledo
Evansville
Louisville
Little Rock
Nashville
Memphis
Birmingham
Jackson
Montgomery
TallahasseeMobile
Mérida
Pinar del Rio
Pto. Barrios
S. Pedro Sula
León
Fort-de-France
OrlandoSt. Petersburg
Columbus
Savannah
Jacksonville
Knoxville
Roanoke
Richmond
Raleigh
ProvidenceAlbanyNew Haven
London
Sudbury
Ottawa
Québec
Jonquière
Halifax
St. John’s
Cumaná
Ciudad Guayana
Ciudad Bolívar
Barquisimeto
Valencia
S. Cristóbal
Buenaventura
Ibagué
Manizales
São Luis
Macapá
Bragança
Santarém ParnaibaManaus
PopayánEsmeraldas
Pasto
Iquitos
CuencaMachala
Chiclayo
Trujillo
PiuraImperatriz
Teresina
Sobral
Natal
João PessoaCampinaGrande
Maceió
Aracaju
Juazeiro
Jequié
Pôrto VelhoRio Branco
Chimbote
Cuzco
Pucallpa
Callao
Arequipa
Ica
CuiabáGoiânia
IlhéusVitóriada Conquista
Uberlândia
CampoGrande
Ribeirão Prêto
Santa Cruz
PotosiSucre
Oruro
Cochabamba
Arica
Antofagasta
S. Miguelde Tucumán
Salta
S. Salvadorde Jujuy
CorrientesSantiago
del Estero
Catamarca
Resistencia
Passo Fundo
PosadasFlorianópolis
Santos
Juiz de Fora
Baurú
Blumenau
Londrina
Joinuile
CampinasNiterói
Río Grande
Sta. Maria
Pelotas
Santa Fe Paraná
Uruguaiana
San Juan
ValparaisoViña del Mar
La Serena
Rancagua
Talca
Talcahuano Chillán
MendozaRio Cuarto
La Plata
Bahia Blanca Mar del PlataNeuquén
Puerto Montt
Concepción
Valdivia
Temuco
Comod.Rivadavia
Kandy
Galle
Jaffna
Salem
Madurai
Tiruchirappalli
PondicherryMysore
Mangalore
Cochin
Alleppey
Trivandrum
Juzno-Sakhalinsk
Aomori
Hakodate
Toyana
NiigataSendai
Kochi
Nagasaki
Kagoshima
EdinburgoNewcastleLeeds
Glasgow
Cork
Belfast
Southampton
Le MansDigione
Le Havre
Lorient
Plymouth
Brest
Nantes
Limoges
NizzaAvignoneS.SebastianoGijón
BilbaoValladolidVigo
La Coruña
Bordeaux
La Rochelle
Saragozza
Córdoba
Valencia
Firenze
Cágliari
Ginevra Venezia
PisaGenova
Francef.Bonn
ColoniaDresda
L’Aia
OsloBergen
Göteborg
Rostock
Trondheim
VästeråsTurku
Tampere
Oulu
Norrköping
Brest
Klaipeda
Gda∑sk
Lód!Pozna∑
Pécs
Lvov
Arad
Miskolc
Brno
Linz
CracoviaLublino
Spaleto
Rijeka
Craiova
Reggio C.
SaloniceoTaranto
Bari
Patrasso
Latakia
Bursa
Adana
Kayseri
Konya
Constanza
Galati
Varna
Iasi
ZitomirSumy
Gomel
Briansk
Krivoj Rog
Mariupol´Kherson
Pskov
SmolenskVitebsk
Orsa
NovgorodVologda
Murmansk
Arcangelo
SeverodvinskPetrozavodsk
Tambov
Tula
Jaroslavi
Orel
Kursk Voronez
Ivanovo
StavropolKrasnodar
Soci
Sivas
Batumi
Erzurum
Samsun
VanMalatya
Mosul
Gaziantep
Homs
Gerusalemme
Buraydah
La Mecca
Napier
Auckland
Hamilton
Christchurch
Dunedin
Petropavlovsk-Kamcatski
Magadan
Komsomolsk-na-Amure
Jakutsk
Blagovescensk
KhabarovskBei’an
Jiamusi
NakhodkaVladivostok
Mudanjiang
Cheongjin
Heungnam
Mogpe
Naha
Manado
Ambon
Ujung Pandang(Makasar)
Banjarmasin
Balikpapan
Tawau
Taichung
Nanping
Quanzhou
Xiamen
Anqing
Wuki
Yantai
Xuzhau
ChifengZhangjiakou
Hailar
CitaIrkutsk
Ulan Ude
Angarsk
Yinchuan
LuoyangBaoji
Yichang
Wanxian
Yibin
Nanchong
XiangtanHengyang
Ganzhou
Liuzhou
Guilin
Zunyi
Haikou
Wuzhou
Zhanjiang
Nanning
VinhVientiane
An Nhon
Da Nang
Huë
Long Xuyen
Bandar SeriBegawan
Kota Baharu
Kuala Lumpur
Pontianak
Palembang
Telanaipura
KediriJogyakarta
Surakarta
Tanjungkarang
Padang
Pakanbaru
Songkhla
Bandayara Tanjung
Ipoh
ChiangMai
Bassein Moulmein
Prome
Sittwe(Akyab)
Mandale
Shillong
Imphal
Lhasa
Xining
Hami
Jiuquan
Wuwei
Ust Ilimsk
Bratsk
Norilsk
Tomsk Krasnojarsk
Abakan
Acinsk
Belovo
Novokuzneck
Bijsk
Karamay
Turpan(Turfan)
Korla
Patna
Bilaspur
JamshedpurRanchi
CuttackRaipur
Vishakhapatnam
VijayawadaKurnool
Nellore
Kolhapur
Amravati
IndoreJabalpur
SuratVadodara
Varanasi(Benares)
AllahabadJhansi
Agra
Meerut
Saharanpur
Bikaner
Amritsar
Sialkot
Hotan
Kashi(Kashgar)
Yining
Ust-Kamenogorsk
Barnaul
Semipalatinsk
Pavlodar
Surgut
Tjumen
Kurgan
Petropavlovsk
Astana
Karaganda
Dzezkazgan
Kzyl-Orda
Dzambul
KokandAndizan
Samarcanda Fergana
Mazar-i-Sharif
Peshawar
Rawalpindi
Kandahar
Quetta
Multan
Sukkur
Udaipur
Hyderabad
Jamnagar
Bhaunagar
Nasik
Bandar Abbas
Zahedan
Yazd
Kerman
Herat
Babol
Nukus
Urgenc
Magnitogorsk Kustanaj
Aktjubinsk
OrenburgOrsk
Nizni Tagil
Solikamsk
Vjatka
JoskarOla
Syktyvkar
Izevsk
Togliatti
Saratow
Uljanovsk
Engels
Syzran
Uralsk
Atyrau
Volgograd
Astrakhan
AktauGrozny
Makhackala
Rasht
ArdabilTabriz
QomKermanshah
AhwazNajaf
Esfahan
Kirkuk
Shiraz
Bassora Abadan
Al Hofuf
Dhahran
Penza
Oujda
Fès
Kotlas
Zurigo
Gibilterra (Gr. Br.)
Alicante
DjelfaBiskra
Iráklion
Tobruch
El Beida
AgedabiaSirteOuargla
Touggourt
Ghardaia
El Golés
Béchar
Zagora
Essaouira
Sidi Ifni
Tindouf Adrar
BordjOmar Driss
Edjeleh
Ghadames
Sebha
Siwa
El Kharga
Murzuq
Ghat
In-SalahReggane
Bir Moghrein
El Aaiún
Dakhla
F´DérikTaoudenni
Djanet
Tamanrasset
Djado
Faya
BilmaArlit
Tessalit
Araouane
Atar
Tidjikja
Nouadhibou
St. Louis
Kiffa Néma Tombouctou
Gao
Agadés
Abéché
MaoZinder
Tahoua
Dori
Mopti
Nioro
Kayes
Ségou
Kandi
Sokoto Nguru
Nyala En Nahud
El Fasher
Kadugli
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CARTA DEL MONDOPROIEZIONE SECONDO AREE EQUIVALENTI
• PROIEZIONE PETERS •SCALA DELLE SUPERFICI 1 : 635.500.000 MILIONI1CM2 SULLA CARTA = 63.500 KM2 SULLA TERRA
QUESTA PROIEZIONE EQUIVALENTE É BASATA SULLA RETE GEOGRAFICA DECIMALEDI ARNO PETERS. ESSA SPOSTA IL MERIDIANO ZERO SULLA LINEA RETTIFICATADEL CAMBIAMENTO DI DATA - INDICATA CON IL PUNTEGGIO - E SUDDIVIDE LASUPERFICIE TERRESTRE IN 100 RETTANGOLI LONGITUDINALI DI UGUALELARGHEZZA E IN 100 RETTANGOLI LATITUDINALI DI UGUALE ALTEZZA. CON QUESTAPROIEZIONE SI OTTENGONO NELLA FASCIA EQUATORIALE RETTANGOLI VERTICALICHE SI TRASFORMANO, AVVICINANDOSI AI POLI, IN QUADRATI E POI IN RETTANGOLIORIZZONTALI. LE COORDINATE DELLA NUOVA RETE SI TROVANO AI MARGINI DELLACARTA ACCANTO ALLE COORDINATE TRADIZIONALI.
COPYRIGHT BY AKADEMISCHE VERLAGSANSTALT, FL-9490 VADUZ, AEULESTRASSE 56CARTOGRAFIA: FRANZ HUBER, MÜNCHEN
AFRICA Algeria Ciad Costa d’Avorio Etiopia/Eritrea
Guinea Bissau Liberia Nigeria R. Centrafricana
R. D. Congo Sahara Occidentale Somalia Sudan
Uganda
ELENCO DEI PAESI IN CONFLITTO
Il cammino del Sudafrica, definita la locomoti-va economica, politica e sociale del continente africano, è stato illuminato per pochi mesi dai preparativi dei campionati mondiali di calcio. Ma già il 4 luglio ovvero una settimana prima che l’arbitro fischiasse il fine partita tra Spagna e Olanda, le strade polverose e malridotte delle township sono tornate ad infiammarsi, proprio come nel maggio del 2008. Nella Regione a vo-cazione turistica del Western Cape sono ripresi gli attacchi xenofobi contro gli stranieri. Neri contro neri, poveri contro poveri. Nel mirino ci sono gli immigrati provenienti da Somalia, Zim-babwe, Malawi, Mozambico, Nigeria, Paesi da cui scappano per cercare pane e libertà in quel-la che è denominata la “nazione arcobaleno” per il crogiuolo di culture ed etnie che faticosa-mente convivono.I disperati abitanti delle periferie (privi di case decenti, scuole, servizi sociali ed assistenza medica) sono delusi dalla lentezza dei cam-biamenti promessi e stanchi della corruzione, “un’epidemia che infetta i centri decisionali locali e nazionali, ai livelli alti e bassi “ secon-
Africa
Enzo Nucci
Un continentein cerca di futuro
do l’analista e docente universitaria Raenette Taljaard. Il Sudafrica, infatti, da solo produce un quarto del reddito dell’intero continente nero eppure la disoccupazione supera il 26% mentre 20milioni di persone (su 48milioni di abitanti) vivono al di sotto della soglia di povertà.Gli immigrati (in maggioranza clandestini) sono tra i due ed i tre milioni: non se ne conosce il numero esatto. Sono tutti disposti a svolgere i lavori più umili e duri (braccianti, minatori) con salari inferiori a quelli previsti dalla legge e senza diritti sindacali. Nasce così la guerra tra poveri con le accuse agli immigrati di “rubare il lavoro”. Eppure una gran parte del miracolo economico sudafricano poggia proprio sulle spalle e la fatica di questa forza lavoro a basso costo e spesso altamente qualificata. Ma basta poco per accendere le township e far scattare la caccia gli stranieri, indifesi capri espiatori della violenza dei delusi.Nadine Gordimer, premio Nobel per la lettera-tura nel 1991 ed attivista contro l’apartheid, ha spiegato in un’intervista concessami per la Rai che “la presenza degli immigrati in Sudafrica crea un conflitto di interessi con coloro che si ritengono gli unici proprietari dei mezzi di pro-duzione. Mandela ha restituito la libertà anche agli oppressori bianchi liberandoli dai loro sensi di colpa. Ma penso che in realtà il razzismo non sia mai stato sconfitto completamente. Bian-chi, neri e meticci non sono in realtà parte di un processo unitario di sviluppo. E negli ultimi anni c’è stata una nuova frattura con l’avanzata della crisi economica”.Parole quanto mai veritiere perché la fragile tregua sociale sottoscritta in vista dei mondiali di calcio è stata spazzata via dal ciclone dello sciopero dei lavoratori dei servizi pubblici in lot-ta per gli aumenti salariali che nei primi 20 gior-ni di settembre 2010 ha paralizzato il Paese.Gli enormi investimenti pubblici per la World Cup se hanno contribuito a contenere la reces-sione economica creando anche 129mila posti di lavoro stagionali ora rischiano di diventare un boomerang per il Governo presieduto da Ja-cob Zuma, eletto nel 2009 con l’appoggio dei sindacati e dei settori più estremisti dell’Afri-can National Congress. Zuma ha fatto grandi promesse all’elettorato più radicale che oggi passa all’incasso. Perché tanta attenzione al Sudafrica? Innanzi-tutto perché per un cittadino europeo è difficile comprendere la natura di questi rigurgiti xe-nofobi che rischiano di diventare un’endemica emergenza in un Paese che conta il 90% della popolazione di colore. Poi perché la “nazione arcobaleno” resta il laboratorio politico più in-
27
novativo dell’Africa che dal 1994 (ovvero dalla fine della segregazione razziale) ha fatto passi da gigante senza ricorrere a soluzioni violente e liberticide che potevano apparire come una co-moda scorciatoia. Il Sudafrica è il Paese meno africano del continente perché è proiettato verso modelli europei e statunitensi ma dove è forte il rischio che l’eredità politica di Mandela vada in fumo.Così come nel 2010 si sono celebrati “per con-venzione” i 50 anni dell’indipendenza africana, gli analisti dell’ “Economist Intelligence Unit” (una autorevole pubblicazione consorella del settimanale inglese “The Economist”) hanno designato la Somalia come il peggior Paese al mondo, un triste primato toccato - tra gli altri- all’Afghanistan ed al Turkmenistan negli anni scorsi. Gli asettici dati offrono solo una pallida idea della tragedia in corso. Più del 40% della popolazione (secondo la Fao) necessita di aiuti alimentari per sopravvivere. Un bambino su cin-que è malnutrito mentre i combattimenti hanno già costretto oltre un milione e mezzo di perso-ne a migrazioni interne. Oltre 500mila di queste vivono in campi profughi di fortuna in condizioni spaventose mentre le organizzazioni internazio-nali sono in grado di rifornirle solo della metà dell’acqua di quotidianamente necessitano.Si sono rivelati tutti fallimentari i 15 tentativi di mettere in piedi governi in grado di fronteggia-re la crisi apertasi nel 1991 con la caduta del regime di Siad Barre. Il fragilissimo Governo Fe-derale di Transizione (appoggiato dalla comuni-tà internazionale) è dilaniato da furibonde lotte intestine ed incapace di fronteggiare l’avanzata degli Shabaab, i radicali islamici, che controlla-no l’80% del Paese e gran parte della capitale. Gli Stati Uniti sono troppo concentrati nell’ac-cantonare i sanguinosi capitoli rappresentati da Iraq ed Afghanistan ed il massimo dell’impegno è stato quello di aiutare politicamente e militar-mente il Governo guidato proprio da un loro ex nemico: il presidente Sharif Ahmed, esponente
moderato delle Corti islamiche al potere per sei mesi nel 2006 prima di essere spazzate via dall’intervento militare degli etiopi, eterodiret-to proprio dagli Usa. Alcuni analisti politici statunitensi sottolineano l’errore di fondo di considerare il processo di costruzione dello stato (con l’appoggio al poco rappresentativo Governo di Transizione) come l’unico strumento non militare per contenere l’espansione dei gruppi radicali armati. I nodi stanno venendo drammaticamente al pettine e l’instabilità della Somalia minaccia sia il diffici-le equilibrio del Corno d’Africa (dove la guerra non dichiarata tra Etiopia ed Eritrea rischia di riesplodere) sia di accendere in Kenya la dispu-ta mai sopita tra la maggioranza cristiana ed una consistente minoranza islamica. Del resto la capacità militare delle milizie Shabaab è dimostrata dall’attentato che l’11 luglio 2010 ha provocato 74 vittime a Kampala, capitale dell’Uganda, tra i frequentatori di un bar intenti ad assistere alla finale dei mondiali di calcio.La Somalia non può più attendere.
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Generalità
Nome completo: Repubblica democrati-ca popolare di Algeria
Bandiera
Lingue principali: Arabo, francese, tamazight (berbero)
Capitale: Algeri
Popolazione: Circa 35 milioni
Area: 2.381.740 Kmq
Religioni: Musulmana sunnita (99%), cristiana ed ebraica (1%)
Moneta: Dinaro algerino
Principaliesportazioni:
Risorse naturali: petro-lio, gas naturale, ferro, fosfati, uranio, piombo, zincoRisorse agricole: grano, orzo, avena, uva, olive, cedri, frutta, pecore, bestiame
PIL pro capite: Us 7.000
ALGERIA25 luglio 2010, un kamikaze si fa esplodere a bordo di un’autobomba lanciata contro una gen-darmeria in un villaggio vicino a Tizi Ouzou, Ca-bilia: un morto e otto feriti. È solo un episodio, uno dei tanti che per tutto il 2010 hanno scan-dito la vita quotidiana degli algerini. Nell’agosto 2009, il Presidente della Repubblica, Abdelaziz Bouteflika, aveva dichiarato pubblicamente di aver “teso la mano” agli integralisti islamici attivi nel suo Paese, soprattutto nella regione della Cabilia. Il simbolico gesto presidenziale può aver portato a qualche buon risultato ma non ad una duratura pace se, proprio ai primi di settembre 2010, la stampa algerina diffondeva la notizia che “almeno 88 membri di al-Qaeda sono stati uccisi dall’inizio dell’anno in diverse operazioni dell’esercito”. Il 2 febbraio quattro militari rimangono feriti in una zona a 150 km ad Ovest di Algeri a seguito dell’esplosione di un ordigno artigianale, mentre, la stampa quello stesso giorno dà notizia dell’uccisione di sette membri di gruppi armati integralisti a Charef, 250 km a Sud della capitale. All’inizio di febbra-io 2010, la stampa diffonde già un primo “bilan-cio”: sono almeno quindici i membri dei gruppi armati uccisi nel solo mese di gennaio.Il 20 febbraio, un militare muore e cinque civili rimangono feriti nell’esplosione di due ordigni avvenuta a 50 km ad Est di Algeri. Questo atten-tato arriva come una vendetta a 48 ore dall’uc-cisione da parte dell’esercito di due affiliati di “al-Qaeda per il Maghreb Islamico”. Il 24 febbraio il quotidiano francofono El Watan dà notizia dell’uccisione di tre membri della cel-lula quaedista “El Farouk” durante un’imboscata dell’esercito vicino a Dra Essebt, nella zona di Bouira, 80 km ad Est della capitale. La reazione è presto organizzata: 2 marzo 2010, un gruppo armato attacca coi lanciarazzi una caserma del-la polizia a Tigzirt. Subito, parte un’operazione di rastrellamento dell’Esercito nella zona. La ven-detta arriva il 7 marzo quando la stampa scri-ve di cinque “terroristi” uccisi dall’esercito in un’imboscata a 70 km ad Est di Algeri. Il 3 aprile sette agenti di sicurezza e un militare vengono
Situazione attualee ultimi sviluppi
La resaFine maggio 2010, Touati Othman,
esponente di spicco del Gruppo salafita per la predicazione e il
combattimento (Gspc) affiliato ad al-Qaeda si arrende all’esercito. Othman, alias Athman Abou El
Abbas, era membro del consiglio dei saggi, il più importante organo nella
gerarchia del Gspc. La maggior parte delle cellule del Gspcsul territorio algerino sono state smantellate.
L’8 settembre 2010 i fondatori del Gspc hanno lanciato un appello “ai
combattenti ancora attivi invitandoli a deporre le armi”. Una parte della stampa algerina, tuttavia, mette in
dubbio l’autenticità di tali appelli in quanto firmati, tra gli altri, da un capo, Hassan Hattab, arresosi nel
2007, condannato senza mai essere comparso in tribunale ma di cui non
si sa nulla, neanche in quale prigione possa essere detenuto.
colpiti a morte con due bombe. Le armi non ces-sano il fuoco verso obiettivi di carattere milita-re, ma il 25 giugno vengono colpiti da estremisti islamici anche gli invitati ad una festa nuziale ad Est di Algeri. Muoiono cinque persone, una di loro è un bambino di dieci anni.
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Per cosa si combatteI militanti del gruppo al-Qaeda per il Maghreb islamico mirano ad unire le forze jihadiste della regione nordafricana per combattere contro l’Eu-ropa e la presenza occidentale nei Paesi del Ma-
Libertà di cultoChi pratica una religione diversa dall’Islam è obbligato a costituire un’associazione, non può fare proselitismo e deve celebrare solo in luoghi autorizzati (chiese). Ma i cristiani d’Algeria vivono in diverse zone prive di una chiesa. “È necessario non limitare l’esercizio del culto a luoghi prefissati”, dichiara l’arcivescovo d’Algeria, mons. Ghaleb Bader (febbraio 2010). Il ministro della religione, Bouabdallah Ghlamallah, dichiara: “Non diamo la caccia ai cristiani ma non vogliamo che ci siano delle minoranze religiose che diventino un pretesto per le potenze straniere per entrare negli affari interni del Paese” (febbraio 2010).
Quadro generaleL’Algeria ha vissuto un 2010 relativamente tran-quillo. I gruppi terroristi armati che si ricollegano ad al-Qaeda (al-Qaeda per il Maghreb islamico) hanno compiuto azioni meno sanguinose rispetto agli anni precedenti e la loro attività si è concen-trata soprattutto nella zona meridionale del Pae-se. Resta instabile, in parte, anche la situazione della Cabilia, la regione montuosa che si estende da Algeri vero l’Est lungo la costa mediterranea.Il terrorismo che minaccia oggi l’Algeria non ha la forza, i numeri e la pericolosità di quello che ha sconvolto il Paese nel corso degli anni Novan-ta. La data chiave è il 1991, quando il movimento politico Fis (Fronte islamico di Salvezza) vince il primo turno delle elezioni politiche generali. Di fronte alla minaccia islamista a gennaio i militari
interrompono il processo elettorale, il Fis viene dichiarato fuori legge e comincia uno scontro sempre più sanguinoso tra i gruppi terroristi di ispirazione islamica radicale e l’esercito algerino. L’organizzazione terroristica dominante è il Gia (Gruppo Islamico Armato), in seguito affiancato dal Gspc (Gruppo Salafita per la Predicazione e il Combattimento). In Algeria il terrorismo isla-mico raramente ha preso di mira gli stranieri. Le vittime sono state soprattutto cittadini algerini. Nel decennio di sangue sono stati colpiti intellet-tuali, scrittori, giornalisti, esponenti della vivace società civile che caratterizza l’ex colonia france-se. Numerosi anche gli attacchi contro poliziotti e militari. A migliaia i caduti fra la popolazione civile, sia nei centri urbani che nei villaggi. Tra gli stranieri sono stati colpiti esponenti della chie-sa cattolica, da sempre minoritaria ma costan-temente a fianco della popolazione musulmana nei momenti difficili del Paese. Vanno ricordate le uccisioni del vescovo di Orano Pierre Clave-rie e dei sette monaci trappisti del monastero di Tibherine. Si calcola che in totale le vittime del terrorismo in un decennio siano state circa 100mila.Una via di uscita dal tunnel del terrorismo è stata cercata a partire dal 1999, quando è stato eletto alla presidenza della Repubblica Abdelaziz Bo-uteflika. Bouteflika ha voluto impegnarsi per la riconciliazione e ha offerto una amnistia ai com-battenti islamici in cambio del loro disarmo. Que-sto processo di riconciliazione è andato avanti con difficoltà e anche ambiguità. Alcuni gruppi hanno continuato le loro attività terroristiche,
ghreb. L’obiettivo sembra in gran parte fallito per mancanza di fondi, di uomini e anche per l’azione repressiva condotta dall’esercito algerino.
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18 anni di emergenzaHuman Rights Watch (Hrw) ha definito “molto grave” la situazione dei diritti umani in Algeria, dove da 18 anni è in vigore lo stato d’emergenza e dove permangono pesanti restrizioni imposte alla società civile e alla stampa. “In Algeria”, ha dichiarato a Rabat, Sarah Leah Whitson, direttrice di Hrw per Medio Oriente e Africa del Nord, “sono diminuite le violenze politiche rispetto al 1999, quando il presidente Bouteflika ha preso il potere. Se gli algerini, oggi godono di una maggiore sicurezza fisica, sono invece meno liberi di criticare e contestare le politiche del Governo”. “Le autorità vietano manifestazioni e anche seminari organizzati dai difensori dei diritti umani”, si legge nel Rapporto 2010 dell’associazione pubblicato sul suo sito internet.
Ferhat Mehenni(Illoula, 5 marzo 1951)
Ferhat Mehenni, è un cantante e politico originario della Cabilia. È stato uno dei protagonisti della Primavera Berbera (Tafsut) del 1980. Nel 1985 fonda la Lega Algerina dei diritti dell’Uomo. Viene arrestato e condannato per attentato alla sicurezza dello Stato. Torturato nella terribile prigione di Lambèse, scriverà una canzone toccante “Tazuit Lambèse” per raccontare il suo patimento. Nel 1988 Mehenni aiuta a fondare un partito, il Raggruppamento per la Cultura e la Democrazia. Il 17 gennaio 1994, Mehenni a nome del Movimento Culturale Berbero proclama il berbero “lingua nazionale e ufficiale” (tuttora lo Stato considera il berbero solo una “seconda lingua nazionale”). Nel 2001, dopo la Primavera Nera, fonda il Movimento per l’Autonomia della Cabilia. Ritiene che solo l’attribuzione di un’autonomia regionale alla Cabilia possa risolvere lo stato di tensione col Governo e far terra bruciata attorno ai terroristi. Il 19 giugno 2004 viene assassinato suo figlio, Ameziane, accoltellato in strada a Parigi. Nessun colpevole per la polizia. Durante le esequie funebri, Mehenni canta in cabilo la canzone della Resistenza Italiana “Bella Ciao”.
I PROTAGONISTI
ma lentamente la vita degli algerini è tornata a essere più tranquilla, soprattutto nei principali centri urbani. Anche se negli ultimi anni c’è stata una ripresa delle azioni terroristiche anche ad Algeri, per opera dei militanti di al-Qaeda per il Maghreb islamico attentati del dicembre 2007 e dell’agosto 2008.L’Algeria non ha quindi raggiunto una condizione di completa stabilità e sicurezza. A questa con-dizione si aggiunge un quadro politico assolu-tamente immobile. Arrivato alla presidenza nel 1999 Bouteflika, rieletto nell’aprile del 2009 (è il terzo mandato consecutivo), ora conta di restare al potere fino al 2014. Quando divenne presiden-te, Bouteflika alimentò molte speranze. Promise di ristabilire la pace, la riforma della pubblica amministrazione, della scuola e della giustizia. Assicurò di voler garantire il prestigio della na-zione. Ma i progressi sperati non ci sono stati. O sono stati molto timidi, ben al di sotto delle attese. Come ha scritto il quotidiano indipenden-
te El Watan, Boueflika non ha cose nuove da dire e presenta da un decennio lo stesso programma. Restano perciò irrisolti molti problemi come la corruzione, l’inflazione, la disoccupazione e la crisi degli alloggi, che colpisce soprattutto i giovani. Sulla scena politica non si affacciano uomini nuovi e resta dominante una casta di politici, mili-tari e burocrati che gli algerini definiscono genericamente Le Pouvoir (Il potere).Di fronte a questa immobilità l’Algeria non collassa solo perché galleggia su un mare di petrolio. Grazie alle riserve di idrocarburi l’Algeria negli ultimi anni ha potuto arric-chire le sue riserve valutarie (145miliardi di dollari) sfruttando gli aumenti del prezzo del greggio (ma con un calo sensibile nel corso del 2009). Tuttavia questa ricchezza non si è riversata sulla popolazione e la forte dipen-denza dalle risorse petrolifere non ha favo-rito una diversificazione dell’economia. Gli introiti incassati dall’export di gas e petrolio vengono in gran parte utilizzati per l’impor-tazione di alimentari, medicinali e materiali per l’edilizia.
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INTROLa gran parte dei migranti presenti in Italia (53,6%) è di origine Est-europea, seguono gli africani (22,4%), gli asiatici (15,8%) e gli americani (8,1%). Negli ultimi anni risulta fortemente attenuato il policentrismo delle provenienze, da sempre caratteristica dell’immigrazione italiana. Nonostante la crisi economica ed occupazionale che ha investito l’Italia, il numero di immigrati continua a crescere: l’aumento annuo nel 2008 è stato di 458644 residenti, il 13,5% in più rispet-to all’anno precedente. Tra cittadini stranieri residenti e presenze regolari non ancora registrate
Arrivano da tutto il mondoi nuovi cittadini europei
I nuovi migranti
ASAL
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all’anagrafe, si calcolano circa 4,5milioni di persone, ovvero il 7,2% dell’intera popolazione. Nella fascia d’età tra gli 0 e i 39 anni il tasso raggiunge il 10%. A livello territoriale il Nord ospita il 62,1% dei residenti stranieri, il Centro 25,1% e il Meridione solo il 12,8%.
PAESI DI PROVENIENZAComplessivamente si può affermare che in Italia esiste da sempre una presenza straniera molto varia dal punto di vista delle nazionalità d’origine, ma se fino al 2000 la comunità più grande era quella marocchina, già nel 2005 le comunità rumena, albanese e ucraina si sono triplicate fino a rappresentare più di un terzo degli immigrati.Il dinamismo e la varietà della popolazione straniera è da ricondurre principalmente alla sua evo-luzione demografica da una parte e alla domanda di occupazione del Paese dall’altra. Gli sbarchi, invece, influiscono in misura veramente minima sul totale di immigrati, rappresentano infatti meno dell’1% della presenza regolare. Il contrasto dei flussi irregolari ha però monopolizzato l’attenzione dei media e le decisioni politiche tanto che si registra una crescente confusione tra immigrati “clan-destini”, irregolari, richiedenti asilo e persone aventi diritto alla protezione umanitaria.
IL PANORAMA DELL’IMMIGRAZIONE NELL’UNIONE EUROPEAIl 2008 è stato il primo anno in cui l’Italia, per incidenza degli stranieri residenti sul totale della po-polazione, si è collocata al di sopra della media europea e, seppure ancora lontana dalla Germania e specialmente dalla Spagna (con incidenze rispettivamente dell’8,2% e dell’11,7%), ha superato la Gran Bretagna (6,3%). Tra i 200milioni di migranti nel mondo, il continente europeo si conferma dunque come l’area di maggiore presenza ospitandone circa un terzo del totale. Solo nell’Ue gli immigrati sono 38,1milioni, con un’incidenza del 6,2% sui residenti: più di un terzo proviene da altri Stati membri (36,7%), ma ormai si rischia di considerare “stranieri” anche i comunitari, dei quali gli italiani costituiscono in diversi paesi una parte cospicua. L’immigrazione continua a essere uno dei temi caldi e gli organismi dell’Unione Europea si sono occupati in prevalenza del controllo dei flussi e dei rimpatri, mentre è rimasto in sordina l’obiettivo della convivenza nella diversità.
PRINCIPALI PAESI DI PROVENIENZA
PRESENZE %
Romania 796.477 20,5
Albania 441.396 11,3
Marocco 403.592 10,4
Cina 170.265 4,4
Ucraina 153.998 4,0
Filippine 113.686 2,9
Tunisia 100.112 2,6
Polonia 99.389 2,6
India 91.855 2,4
Moldavia 89.424 2,3
Macedonia 89.066 2,3
Ecuador 80.070 2,1
Perù 77.629 2,0
Egitto 74.599 1,9
Sri Lanka 68.738 1,8
Senegal 67.510 1,7
Bangladesh 65.529 1,7
Serbia 57.826 1,5
Pakistan 55.371 1,4
Nigeria 44.544 1,1
TOTALE 3.141.076 80,9
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