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economia
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Augusto Graziani: Riabilitiamo la teoria delvalore
Riabilitiamo la teoria del valore*di Augusto Graziani
AUGUSTO GRAZIANI, Riabilitiamo la teoria del valore (da I conti senza l'oste, Bollati Boringhieri, pp.235-240)
Non poco dell'insegnamento economico di Marx èstato assorbito silenziosamente da economisti ditradizione estranea al marxismo. Non è difficilescoprire, all'interno della tradizione economicaborghese, l'esistenza di una vasta corrente sotterraneadi origine marxiana, a volte sepolta nel profondo, avolte affiorante in superficie, comunque semprepresente e vitale.
L'analisi di Marx, per chi volesse utilizzare un terminemoderno, può dirsi impostata in termini macroscopici.La definizione marxiana del capitalismo come sistemabasato sulla separazione fra lavoro e mezzi diproduzione, e sulla conseguente contrapposizione trauna classe di capitalisti proprietari e una classe dilavoratori nullatenenti, è espressa direttamente intermini di struttura sociale. Questa definizione del
capitalismo, come sistema costituito da classi in conflitto, è quasi superfluo ricordarlo, vienefermamente respinta dalla teoria economica borghese, la quale resta saldamente affezionata all'idea delmercato come libera palestra di contrattazione, nella quale i singoli affermano le proprie preferenze edifendono i propri interessi.
L'imposizione individualistica, com'è noto, prende come punto di partenza l'agire del singolo individuoe, dall'analisi del comportamento del singolo, desume l'assetto globale del sistema economico. A questaprocedura, Marx, con la sua impostazione macroeconomica, contrappone una procedura inversa, dicontenuto storico e concreto. Ridotta all'essenziale, la sua logica può essere espressa così: poichél'esperienza storica mostra che un sistema sociale quale il capitalismo, basato sulla separazione tra lavoroe mezzi di produzione, si è affermato e perdura, ciò significa che i soggetti che lo compongono sicomportano in modo da garantire la sopravvivenza.
Compito dell'analisi economica è proprio quello di scoprire tali regole di sopravvivenza. Per spingersi nelprofondo, occorre scoprire le vere condizioni di equilibrio del sistema economico, che sono le condizionidella sua riproduzione. Questo è il compito che Marx assegna alla scienza economica. Per uneconomista, questa regola di metodo significa riconoscere priorità e autonomia all'analisimacroeconomica, lasciando all'analisi microeconomica (e cioè allo studio del comportamentoindividuale) il carattere di residuo derivato.
L'analisi di classe della società capitalistica conduce immediatamente Marx a una descrizione delprocesso economico inteso come circuito monetario. I lavoratori, privi per definizione di mezzi diproduzione, non possono avviare alcuna attività produttiva. Le imprese, a loro volta, possono farlosoltanto dopo aver acquistato forza-lavoro. Il processo economico si mette dunque in moto soltanto nelmomento in cui le imprese, ottenuto un finanziamento monetario dal settore delle banche, acquistanoforza-lavoro e realizzano il processo produttivo. Lo stesso processo si conclude allorché le imprese,avendo vendute le merci prodotte, rientrano in possesso della moneta erogata e rimborsano alle bancheil credito inizialmente ricevuto.
Merco led ì 08 G en n aio 2014 21:51
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L'idea del processo economico come circuito monetario, più volte scoperta e più volte dimenticata, èalla base di numerose acquisizioni teoriche. Ne citeremo soltanto tre. Nell'analisi del processoeconomico come circuito monetario, la moneta compare come credito iniziale concesso alle impreseper l'erogazione dei salari e l'acquisto di forza-lavoro. Allorché la moneta entra nel circuito, essarappresenta quindi il capitale investito dall'imprenditore e impegnato nel processo produttivo a scopo diprofitto. La moneta non è quindi, così come vorrebbe la teoria individualistica, un sempliceintermediario dello scambio, introdotto a guisa di perfezionamento tecnico allo scopo di superare gliinconvenienti del baratto. Nell'assetto capitalistico, la moneta è il capitale iniziale di cui si avvalel'imprenditore per l'acquisto di forza lavoro. La circolazione monetaria, quindi, non svolge unicamente lafunzione di consentire più agili rapporti commerciali, ma anche quella assai più rilevante di mettere inrapporto la classe dei capitalisti con quella dei lavoratori.
È sempre la definizione del processo economico come circuito monetario che consente di analizzare ilfenomeno della crisi. Tale fenomeno si presenta come un arresto del circuito. Nulla garantisce infatti che,nel corso del processo economico, i redditi monetari percepiti vengano spesi per intero. Fintantoché ciòavviene, la continuità del processo economico è assicurata. Ma se, per ragioni connesse alle prospettivepiù o meno pessimistiche degli imprenditori o degli speculatori, risulta conveniente trattenere ricchezzain forma liquida, il circuito si arresta e subentra la fase di crisi.
A sua volta, il problema della crisi è strettamente legato a quello della disoccupazione e delfunzionamento del mercato del lavoro. Nell'immediato, la crisi si manifesta attraverso la presenza dimerci prodotte e non vendute; ma, se la crisi si protrae, il volume di produzione finisce con l'adattarsi allivello della domanda e il fenomeno delle merci non vendute scompare. A questo punto, la crisi simanifesta soltanto nel mercato del lavoro, sotto la forma di disoccupazione. Secondo la teoriatradizionale, anche in questo mercato, grazie al gioco della domanda e dell'offerta, si dovrebbe giungereprima o poi a un assetto di equilibrio. La teoria del processo economico come circuito monetario aiuta acomprendere perché invece ciò non accada, e come la disoccupazione scompaia soltanto quando gliimprenditori, in base alle loro previsioni e secondo strategie proprie, decidono di porvi fine, rimettendoin moto il processo produttivo.
Da questa analisi della disoccupazione discende infine un ultimo insegnamento, anche questo più omeno tacitamente assorbito da vasti settori dell'economia non marxiana. È noto che, secondo la teoriatradizionale della domanda e dell'offerta, il lavoratore per il fatto stesso di possedere una capacitàlavorativa e di poter offrire il proprio lavoro, sarebbe titolare di una ricchezza immediatamenteconvertibile in altri beni. La teoria del processo economico come circuito insegna invece che l'offerta dilavoro in sé non conferisce al lavoratore alcun comando diretto sui beni, se non dopo che il lavoro siastato convertito in moneta, il che avviene soltanto nei lim iti in cui gli imprenditori-capitalisti in base apropri calcoli personali, decidono che ciò debba avvenire. Il lavoro in sé non è quindi ricchezza; lodiventa subordinatamente a una decisione dell'imprenditore. Il capitalista, nel mettere in moto il circuitomonetario, è spinto dall'intento di conseguire un profitto o, nella terminologia marxiana, di accrescere ilvalore del capitale investito.
Sul problema del valore e della sua misurazione, lo scontro fra teoria marxiana e teoria borghese é stato ilpiù lungo e accanito. È opinione comune, condivisa al giorno d'oggi sia a destra sia a sinistra, che suquesto terreno Marx sia rimasto soccombente. Senza pronunciarsi su questo verdetto, cerchiamo diindividuare gli insegnamenti che anche per questo aspetto la teoria marxiana è in grado di dare.Nell'affrontare il tema del valore, il primo punto da stabilire è che l'intero problema va studiato nell'otticache abbiamo detto macroeconomica: non già quindi dal punto di vista del capitalista singolo, in lottacon i suoi concorrenti, bensì nella prospettiva generale che contrappone l'intera classe dei capitalisti aquella dei lavoratori. In questa ottica, di classe, valorizzazione significa non già produzione di profittoindividuale per il singolo capitalista, e tanto meno creazione di valore per la collettività, bensìaccrescimento di ricchezza per la classe dei capitalisti.
Se ci poniamo in questa prospettiva, emerge un primo risultato significativo: nessuno scambio cherimanga puramente all'interno del sistema delle imprese può contribuire alla valorizzazione del capitaleinvestito; infatti, ogni vantaggio che un singolo capitalista dovesse eventualmente trarre dallo scambiocon altri capitalisti sarebbe compensato da una perdita identica a carico della sua controparte, e le suepartite si annullerebbero a vicenda. La trasmissione di materie prime, di macchinari, o di beni intermedida un capitalista all'altro, non può quindi produrre alcun valore aggiuntivo per la classe dei capitalisti nelsuo insieme. I beni strumentali possono tutt'al più trasmettere immutato il proprio valore, passando daun capitalista all'altro (di qui la denominazione di capitale costante che Marx assegna ai mezzi diproduzione materiali). La valorizzazione del capitale, per i capitalisti come classe, può derivareunicamente da scambi che i capitalisti effettuino al di fuori della propria classe, e quindi nell'unicoscambio esterno possibile, che consiste nell'acquisto di forza-lavoro. Soltanto nella misura in cui icapitalisti utilizzano lavoro e si appropriano di una parte del prodotto ottenuto, essi possono realizzare unsovrappiù e convertirlo in profitto ( di qui l'insistenza di Marx sul fatto che sovrappiù e profitto nasconoesclusivamente nella fase della produzione).
Giungiamo così ad una ulteriore conclusione, frutto anch'essa dell'impostazione stessa delragionamento: che il profitto dei capitalisti come classe nasce unicamente dal rapporto che si instaurafra capitalisti e lavoratori e che di conseguenza esso può nascere soltanto dalla differenza fra quantità dilavoro totale impiegato e quantità di lavoro che torna al lavoratore sotto forma di salario reale.
Resta un punto da esaminare. Se, come abbiamo visto, soltanto l'impiego di lavoro produce unavalorizzazione del capitale investito, sembrerebbe potersene dedurre che soltanto il lavoro attribuiscavalore alle merci e che di conseguenza le merci debbano anche scambiarsi sul mercato secondo prezzi
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Già sono stati scritti fiumid'inchiostro in questi giorni sullecondanne ai domiciliari, tredicianni dopo, dei super poliziottiSpartaco Mortola, GiovanniLuperi e Francesco Gratteri per lamattanza alla scuola Diaz nellanotte tra il 21 e il 22 luglio 2001a Genova.
Vale la pena ribadire alcune cosesottolineate in ordine sparso inquesti giorni. Prima di tutto lamitezza della pena (non che sianole condanne in tribunale a scriverela "sentenza" della storia e lacoscienza diffusa sulle vicende delg8 genovese): otto mesi didomiciliari per Spartaco Mortola,da dirigente della Digos di Genovaa questore dal pugno di ferro aTorino, un anno per GiovanniLuperi, ex dirigente Ucigos nel2001 ora pensionato, nonché perFrancesco Gratteri, terza caricadella polizia italiana. Non può poiche balzare l'ennesima volta agliocchi la folgorante carriera di tuttigli uomini coinvolti nella gestionedell'ordine pubblico genovese,nonostante le inchieste e i giudizidi ogni tipo di organismointernazionale in difesa dei dirittiumani. In ultimo le motivazionidella sentenza: i giudici hannorifiutato le misure alternative aquesti fedeli servitori dello Statoperché questi non si sono maipentiti, non hanno mai risarcito,neanche parzialmente, le vittimemassacrate di botte e torturate.
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FRANCESCOSANTOIANNI:“LOBBY” VERSUS “AFRA’, CHE TE SERVE?”
“Lobby” versus “A Fra’,
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relativi proporzionali al lavoro contenuto in ciascuna di esse. Questa è la versione volgare della teoria delvalore-lavoro, versione che peraltro lo stesso Marx non ha mai sostenuto, e che si può dire sia servitaprincipalmente agli avversari della dottrina marxiana come pretesto per confutarne la fondatezza. Marxnon sostenne mai che le merci si dovessero scambiare secondo il valore contenuto in ciascuna di esse,per il semplice fatto che questa proposizione non discende in alcun modo dalle premesse del suoragionamento. Abbiamo detto che il problema della valorizzazione investe la classe dei capitalisti nei suoirapporti con i lavoratori; lo scambio di merci, in quanto fenomeno interno alla classe dei capitalisti,costituisce invece un problema del tutto diverso. Plusvalore e profitto possono trarre origine soltanto daun rapporto fra le due classi; ma lo scambio di merci e tutt'altra cosa, in quanto fenomeno interno allaclasse dei capitalisti. I prezzi relativi delle merci si formano infatti negli scambi fra capitalisti, sotto ildominio della regola della concorrenza, fenomeno questo che riguarda esclusivamente i capitalisti neiloro rapporti reciproci.
In questo campo, valgono le regole dell'equilibrio concorrenziale (mille volte esposto in forma analitica',dall'equilibrio generale di Walras alla teoria dei prezzi di Sraffa), regole che spiegano appunto ladeterminazione dei prezzi relativi nello scambio fra merci. Tale scambio non dà luogo a rapporti fra classie non configura alcun fenomeno di valorizzazione. È quindi erroneo affermare, come peraltro soventeviene fatto, che nella spiegazione dei prezzi, la teoria marxiana del valore fallisca. Si tratta infatti di unfenomeno nel quale, non essendovi un problema di valorizzazione da analizzare, la teoria marxiana delvalore non entra in modo diretto. La teoria del valore spiega che il plusvalore ottenuto dall'utilizzazionedella forza- lavoro è l'unica ricchezza che i capitalisti nel loro complesso possano spartirsi e convertire inprofitto; per cui, nel suo complesso, l'elemento di profitto contenuto nei prezzi di mercato discende dalmodo in cui si è realizzato il rapporto tra classi. Ma, al di là di questo collegamento, resta il fatto cheanalisi dei rapporti tra classi, o analisi sociale macroeconomica da un lato, e analisi dei rapporti interni auna singola classe, o analisi microeconomica concorrenziale dall'altro, sono fenomeni diversi, cherispondono necessariamente a logiche distinte.
* l'Unità, 10 giugno 1983
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Sergio Bologna: Operai
della conoscenza (1445)
Luciano Vasapollo: Una
campagna del mondo
del lavoro contro il
massacro imposto
dall’euro (1439)
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Stefano Perri: Ascesa e caduta
del modello economico
italiano
Quarantotto: L'Italia ha
sufficienti risorse culturali per
uscire dalla crisi?
Alberto Melotto: Geopolitica
e disinformazione strategica
Lelio Demichelis: J’accuse!
L’Europa è morta il 22
settembre
Davide Grasso: Anche Marx
bloccherebbe le strade
Marco Revelli: L’invisibile
popolo dei nuovi poveri
Guido Viale: “Siamo un po’
più uguali ai movimenti
globali”
Sandro Moiso: Talking Dead
Salvatore Cominu: I nodi
vengono al pettine
Ars Longa: Il forcone e il
capitale
Robert Kurz: Lo stato e il suo
doppio
Euro, mercati, democrazia
2013
Diritto alla Resistenza
Antonio Negri: “Fabbriche del
soggetto”
Aldo Giannuli: L’imbarazzante
caso Napolitano
Miguel Martinez: Tempi nuovi
Guglielmo Forges Davanzati:
Gli effetti perversi della
privatizzazione del welfare
Renziana, la squadraccia
digitale che fa parlare di sé
Giorgio Salerno: Identità e
cattiva coscienza
Sergio Parrinello: Una politica
per crescere
Redazione Infoaut_Torino:
Avviso ai naviganti: succederà
qualcosa il 9 dicembre?
Alfonso Gianni: Con Tsipras,
per una lista di cittadinanza
europea
Collettivo Noi saremo tutto
Genova: Genova per noi
Yann Moulier-Boutang: Crisi
finanziaria e capitalismo
cognitivo
Piero Valerio: Rivalutazione
delle quote di Banca d'Italia
Guido Viale: Il debito porta
scompiglio nei fan di Monti e
Letta
Hagen Kopp: Freedom not
Frontex
Sebastiano Isaia: Sul concetto
di miseria sociale e sui
proudhoniani 2.0
Marco Gatto: Il ritorno della
Gigi Roggero:
Insolvenza di classe
(1434)
Franco Berardi Bifo: La
rottamazione
dell'intelligenza (1395)
Sergio Bologna:
Conoscenza, cultura,
competenza (1395)
De Nicola e Raparelli: Il
sapiente e il parassita
(1379)
Angie Gago: I disaccordi
tra le classi dirigenti
dell’eurozona sono
un’opportunità per la
lotta di classe (1377)
Emiliano Brancaccio: La
rivoluzione da Mosca a
Cambridge (1375)
Emilio Quadrelli: Lo
Stato in guerra (1374)
Repressione in Bahrain
(1342)
L’ipotesi della instabilità
finanziaria e il ‘nuovo’
capitalismo (1300)
Elisabetta Teghil: Vite
parallele (1300)
Sebastiano Isaia: La
"rimozione" di Massimo
Recalcati (1296)
Riccardo Realfonzo:
Non una authority ma
l’acqua pubblica (1294)
Alain Badiou: Il
capitalismo oggi (1282)
M.Badiale e
M.Bontempelli: L'Italia
nella crisi (1276)
Massimo Recalcati:
L’Italia senza inconscio.
E senza desideri (1267)
Guglielmo Forges
Davanzati: Le politiche
di austerità: un'analisi
critica (1267)
Giulietto Chiesa: Siria:
comincia l’ultimo atto
(1251)
Riccardo Bellofiore,
Francesco Garibaldo:
Euro al capolinea?
(1222)
Dino Greco: Del mito
dell'Europa occorre
liberarsi al più presto
(1215)
Arrighi e Lu Zhang:
Dopo il neoliberismo. Il
nuovo ruolo del Sud del
mondo (1196)
Robert Skidelsky:
Keynes, Hobson, Marx
(1158)
Frédéric Lordon: Uscire
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dialettica
Mauro Poggi: MES: il metodo
e la follia
Sandro Moiso: Andare oltre
Andrea Fumagalli: Reddito di
povertà
Alcuni/e compagni/e: Anzola
è il mondo?
Diego Fusaro: Slavoj Žižek
pensatore pericoloso?
Francesco Maringiò:
L’unificazione della Germania
ed il futuro dell’Europa
Franco Senia: Il comune
senso del pudore
P.Dardot e C.Laval: La nuova
ragione del mondo
Marcello De Cecco: Ma che
cos'è questa crisi
Per il buon uso dell'intelletto
Jacopo Guerriero: Clic! Grillo,
Casaleggio & co.
Elido Fazi: Ma è possibile
uscire dall'euro e adottare in
Italia le politiche della
Modern Monetary Theory?
Mario Pezzella: La Teologia del
denaro di Walter Benjamin: il
debito
Mimmo Porcaro: E adesso,
povero euro?
Paolo Giussani: La Great
Recession e il Saggio del
Profitto
Ernesto Screpanti:
Moltitudine, classi e azione
sociale
Guglielmo Forges Davanzati:
Il futuro pre-industriale
dell’economia italiana
Pasquale Cicalese: Smith,
Schumpeter e Marx a Pechino
Dante Barontini: Fine corsa
Tomaso Montanari: Il garante
dello stato delle cose: Matteo
Renzi
Thomas Fazi: Tutto quello che
non vi hanno mai raccontato
sul debito pubblico italiano
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CONTATTI
Per con tatti, p recisazion i,
p rob lemi:
ton in o@ sin istra in rete. in fo -
ton in o .g@ mclin k . it
dall’Euro ma come?
(1153)
Domenico Losurdo:
L'industria della
menzogna, parte
integrante della
macchina di guerra
dell'imperialismo (1135)
Vladimiro Giacché:
Teoria della crisi. 100 tesi
(1128)
Comidad: Eurobond?
No, meglio una buona
contraerea (1104)
Marco Bertorello: Euro
sì o euro no? (1087)
Pino Cabras: Syrialeaks:
come dare la colpa ad
Assad (1069)
Alessandro Roncaglia:
Le origini culturali della
crisi (1068)
Sebastiano Isaia:
Impiccarsi al
"comunismo" di Badiou
o al "comune" di Negri?
Meglio vivere! (1068)
A.Fracasso e
R.Tamborini: Che
differenza c'è tra la
Grecia e la California
(1067)
Diego Fusaro:
Cristianesimo,
capitalismo e
rivoluzione (1062)
Samir Amin: Il
capitalismo entra nella
sua fase senile (1049)
Elisabetta Teghil:
Secondo alcune e
alcuni.. (1041)
Riccardo Bellofiore:
Potrebbe andare
peggio, potrebbe
piovere (1038)
Toni Negri: Per la
costruzione di coalizioni
moltitudinarie in Europa
(1036)
Elisabetta Teghil: Gioco
di società : il Tav, il
femminicidio, l’odio, le
armi, lo Stato… (1017)
Diego Fusaro: Il
liberalismo di
Napolitano (1016)
Domenico Mario Nuti:
Euro, una moneta
prematura e divergente
(1000)
Giulietto Chiesa: La
guerra dei bugiardi al
cubo (998)
Anselm Jappe:
Scorciatoie pericolose
(995)
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(995)
R.Lampa e A.Fiorito: Un
keynesismo forte fa
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L.F. Palazzini Finetti:
L’incubo tedesco di
Berlino (983)
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dilemmi (978)
Alberto Bagnai: Per
un'economia
simmetrica (976)
Mimmo Porcaro: L'Euro
preso sul serio (973)
Elisabetta Teghil:
Aspettando Godot (968)
Gaetano Colonna:
L'accordo economico
transatlantico (TTIP) e il
potere dell'economia
(967)
Mario Pezzella: Gioco e
teologia del denaro
(966)
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