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1 Autori: Roberta Accoto, Clara Agostino, Patrick Manno, Martina Persia EMOSTASI La lezione di oggi verterà su un altro meccanismo biochimico che funziona mentre siamo in vita, la coagulazione. Tale meccanismo infatti è uno dei primi meccanismi che viene a mancare nel cadavere. La biochimica della coagulazione è un argomento importante per un medico, perchè tale processo potrà essere implicato in problematiche di diversa natura. La prima problematica potrà essere correllata alla situazione di un soggetto che ha una predisposizione allo scompenso di questo sistema. La seconda problematica potrà essere correllata ad un soggetto che ha un’alterazione del sistema dovuta ad un atto medico (quale quello di utilizzare sistemi atti a rivascolarizzare il cuore) oppure ancora potrà essere correllata ad un soggetto che improvvisamente ha svincolato la sua capacità a produrre trombi a causa di un forame interatriale o per fibrillazione atriale in modo tale che a questo soggetto sarà compromessa la capacità coagulativa. Indipendentemente da quello che si deciderà di fare (neurologo, cardiologo, oncologo, geriatra) sicuramente si avrà a che fare con meccanismi della coagulazione in maniera sofisticata. Biochimica della coagulazione come meccanismo della sopravvivenza Il controllo del sanguinamento a seguito di un danno vasale è uno dei principali meccanismi preposti alla sopravvivenza. Il processo di formazione del coagulo e la sua dissoluzione dopo la riparazione del tessuto leso è detto emostasi o coagulazione. IL processo di coagulazione si dipana in 3 momenti che devono essere ben distinti: Formazione del coagulo Momento intermedio in cui si ha lo stop della formazione del coagulo Dissoluzione del coagulo Terminologia: - coagulazione del sangue: sono tutti i processi di emostasi cioè di coagulazione del sangue come evento conseguente al danno tissutale. - meccanismi di formazione del coagulo che non hanno a che fare con il danno tissutale. - emorragia: perdita di sangue, che può essere dovuta a: - Presenza di un difetto vascolare; - Anomalia delle piastrine; - Malattia genetica con conseguente deficit di uno dei fattori della coagulazione. Un difetto vascolare o un’anomalia piastrinica sono processi fisiologici talvolta fastidiosi e in certi casi portatori di malattie molto gravi. In ogni caso sono conseguenti ad un danno. Data: 25 Novembre Editori: Martina Guerra, Benjamin Meghnagi Rozenberg, Sara Pepe 25 Novembre

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Autori: Roberta Accoto, Clara Agostino, Patrick Manno, Martina Persia

EMOSTASI

La lezione di oggi verterà su un altro meccanismo biochimico che funziona mentre siamo in vita, la coagulazione. Tale meccanismo infatti è uno dei primi meccanismi che viene a mancare nel cadavere. La biochimica della coagulazione è un argomento importante per un medico, perchè tale processo potrà essere implicato in problematiche di diversa natura. La prima problematica potrà essere correllata alla situazione di un soggetto che ha una predisposizione allo scompenso di questo sistema. La seconda problematica potrà essere correllata ad un soggetto che ha un’alterazione del sistema dovuta ad un atto medico (quale quello di utilizzare sistemi atti a rivascolarizzare il cuore) oppure ancora potrà essere correllata ad un soggetto che improvvisamente ha svincolato la sua capacità a produrre trombi a causa di un forame interatriale o per fibrillazione atriale in modo tale che a questo soggetto sarà compromessa la capacità coagulativa. Indipendentemente da quello che si deciderà di fare (neurologo, cardiologo, oncologo, geriatra) sicuramente si avrà a che fare con meccanismi della coagulazione in maniera sofisticata.

Biochimica della coagulazione come meccanismo della sopravvivenza Il controllo del sanguinamento a seguito di un danno vasale è uno dei principali meccanismi preposti alla sopravvivenza. Il processo di formazione del coagulo e la sua dissoluzione dopo la riparazione del tessuto leso è detto emostasi o coagulazione.

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IL processo di coagulazione si dipana in 3 momenti che devono essere ben distinti: ● Formazione del coagulo ● Momento intermedio in cui si ha lo stop della formazione del coagulo ● Dissoluzione del coagulo

Terminologia: - coagulazione del sangue: sono tutti i processi di emostasi cioè di coagulazione del

sangue come evento conseguente al danno tissutale. - meccanismi di formazione del coagulo che non hanno a che fare con il danno tissutale. - emorragia: perdita di sangue, che può essere dovuta a:

- Presenza di un difetto vascolare; - Anomalia delle piastrine; - Malattia genetica con conseguente deficit di uno dei fattori della coagulazione.

Un difetto vascolare o un’anomalia piastrinica sono processi fisiologici talvolta fastidiosi e in certi casi portatori di malattie molto gravi. In ogni caso sono conseguenti ad un danno.

Data: 25 Novembre Editori: Martina Guerra, Benjamin Meghnagi Rozenberg, Sara Pepe

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Un altro processo patologico è la trombosi in cui si avrà la formazione di un coagulo in un vaso intatto. [Nel secondo semestre si vedranno quelli che sono i fattori genici predisponenti alla coagulazione patologica.] Questa coagulazione patologica, che dovrà essere risolta con una serie di meccanismi, potrà partire da un vaso, che potrà essere per esempio un vaso profondo degli arti inferiori, o dalla cavità cardiaca. Ovviamente il destino sarà diverso. Infatti, se il trombo parte dagli arti inferiori avrà un certo destino e potrà raggiungere un punto in cui va a bloccare il flusso. Più grave è la situazione di una coagulazione patologica che parte dalla cavità cardiaca, perché da qui, passando attraverso l’arco aortico, potrà raggiungere le strutture cerebrali e quindi indurre un danno importante. Dovranno quindi essere eseguiti una serie di interventi terapeutici volti a dissolvere questi trombi nel più breve tempo possibile, in modo da ripristinare la funzione d’organo.

Sono 4 gli eventi che fanno sempre seguito alla perdità di integrità vascolare: ● Vasocostrizione: In un primo momento in seguito ad una lesione non si ha perdità di

sangue, sembra che non esca nulla perché c‘è una vasocostrizione che dura poco più di 20 secondi, momento dopo il quale si avrà un flusso importante che si dovrà controllare in qualche modo.

● In quel momento si ha l’attivazione delle macchine biochimiche, cioè le piastrine che andranno a tentare di formare e poi a formare realmente, il tappo piastrinico. Per fare ciò utilizzano una serie di meccanismi che provvedono al rilascio di vari fattori volti a tappare il buco.

● Interverrà poi un processo chimico proteina-mediato che porterà alla formazione di un reticolo di fibrina.

● Segue infine un meccanismo di retrazione del coagulo che serve a far sparire quello che si è formato una volta che il tessuto è rigenerato.

Questi 4 eventi sono quindi fondamentali per il processo e ciascuno di essi è mediato da enzimi o da molecole con attività biologica .

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L’esposizione di collagene sulla superficie di un vaso rotto è un primo segnale che indica l’esistenza di un trauma, dal momento che fisiologicamente il collagene non deve essere esposto, e ciò induce lo scatenarsi della reazione piastrinica. (Questo fa comprendere come tutto ciò che a livello circolatorio simula il collagene induce aggregazione piastrinica).

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Come si evince dallo schema, le piastrine andranno ad agire in tre vie differenti:

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1. Sulla sinistra c’è la prima reazione importante delle piastrine, che passa attraverso la liberazione di un derivato amminoacidico del triptofano, la serotonina. La serotonina è un mediatore importante del sistema nervoso centrale con propri recettori specifici ma lo si ritrova anche nel meccanismo della coagulazione in cui svolge una funzione di costrizione vasale. Riassumendo in breve: ogniqualvolta si abbia una lesione di un vaso si ha un’esposizione di collagene tale da indurre l’attivazione delle piastrine, le quali, una volta attivate, rilasciano numerose sostanze, tra cui serotonina a sua volta responsabile dell’ iniziale assenza di sanguinamento (anche se per pochi secondi). Ma a cosa serve la vasocostrizione? Serve a ingorgare in quel punto (quello della lesione) il maggior numero di piastrine possibili, per cui quel momento di vasocostrizione è il momento in cui tante piastrine ricevono quel segnale dal collagene e fanno partire il meccanismo biochimico.

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2. La seconda via vede come protagonista della coagulazione un trombossano (molecola biologiche trattata durante lo studio delle prostaglandine) Il trombossano A2 (di cui non si deve sapere la formula) deriva da un enzima chiamato ciclo-ossigenasi. La ciclo-ossigenasi è l’enzima chiave per la formazione di prostaglandine e trombossani. Tutti gli inibitori dell’infiammazione come l’aspirina inibiscono quest’enzima. Ciò comporta che gli inibitori di questo enzima modificano la capacità coagulativa, perché, andando a inibire la capacità di produzione dei trombossani, si va indirettamente a inibire quella che è la pura peculiarità dell’attività piastrinica, pertanto si ha minore funzionalità delle piastrine avendo meno trombossano disponibile. Coloro i quali per diversi situazioni patologiche hanno necessità di assumere cardioaspirina hanno minore capacità di produrre trombossano e quindi meno capacità coagulativa. Qual è l’azione del trombossano A2? Da una parte contribuisce alla vasocostrizione e quindi alla riduzione del flusso sanguigno ma nello stesso tempo, promuove ed amplifica la capacità delle piastrine di aggregarsi. Un’altra sostanza liberata dai granuli delle piastrine è ADP il quale ha il ruolo di agire come aggregante piastrinico.

Riassumendo: La lesione del vaso induce esposizione del collagene con conseguente attivazione piastrinica e rilascio di serotonina ad opera delle piastrine. La serotonina agisce da vasocostrittore con conseguente diminuzione di flusso, tale da avvicinare le piastrine. L’arrivo delle piastrine fa sì che si formi il primo tappo piastrinico che successivamente va a formare quella che è una vera e propria fusione delle piastrine.

3. Queste fusione delle piastrine sarebbe di per sé spazzata via dopo pochi minuti, pertanto occorre che si formi una rete che imbrigli tutte queste piastrine e le intrecci in un reticolo proteico molto forte. Questo ultimo evento è rappresentato dalla via riportata a destra dello schema. (vedi

sopra) Il meccanismo descritto nello schema dimostra come i fosfolipidi della membrana plasmatica delle piastrine contribuiscano alla cascata biochimica del processo di coagulazione. Tuttavia questa cascata viene già attivata dalla rottura del vaso attraverso un fattore chiamato fattore tissutale. (Dal punto di vista clinico: tutte le volte che si ha una micro rottura di un vaso, esso entra sempre in contatto con le piastrine, quindi ho comunque l’avvio di un processo di coagulazione.) La cascata della coagulazione porta alla formazione del reticolo proteico che sua volta porta alla formazione di trombina la quale induce formazione di fibrinogeno e quindi coagulo.

Il sistema che sta alla base del processo di coagulazione è quindi molto complesso, si hanno infatti:

● tre vie fondamentali ● tantissimi mediatori biochimici ● tantissime possibilità di controllo sia dal punto di vista farmacologico sia di errori del

sistema basati su situazioni individuali particolari o su situazioni iatrogene, derivanti cioè da introduzione di meccanismi che servono a mantenere per esempio un’ arteria aperta, oppure ancora meccanismi su base genetica in cui si ha sovrapproduzione di fattori e conseguente loro attività.

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Il primo protagonista del sistema di coagulazione è la cellula endoteliale, un sistema che comunica con numerose sostanze tra cui vari tipi di collageno, microfibrille, elastina, mucopolisaccaridi, fibronectina. La cellula endoteliale rilascia inoltre:

➢ una prostaglandina che è la prostaciclina (per la quale valgono le stesse regole dei trombossani), -un fattore importantissimo che si chiama fattore tissutale

➢ un altro fattore importantissimo che il fattore di von Willebrand (vWF) vWF e il fattore tissutale sono 2 promotori del sistema di coagulazione: il primo agisce da iniziatore, il secondo da promotore della adesione piastrinica.

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Una piccola nota: considerando che il trombossano A2 promuove l’aggregazione piastrinica quando c’è la rottura di un vaso, la cellula endoteliale “sapendo” che nel punto della lesione si forma un ingorgo proteico, si è evoluta in modo tale da poter immediatamente liberare una prostaciclina la quale ha la funzione di inibire tale aggregazione. Per evitare che ci sia eccessiva aggregazione piastrinica, il sistema si autoregola e cioè il trombossano A2 induce un aumento dell’aggregazione piastrinica ma contemporaneamente la prostaciclina induce inibizione della stessa in modo che i due meccanismi si controllino a vicenda. Inoltre la cellula endoteliale è programmata in modo da evitare disastri e cioè da evitare di avere una coagulazione che non serve, motivo per cui produce dei fattori tra i quali l’antitrombina III con l’effetto di inibire la coagulazione del sangue. La stessa cellula endoteliale partecipa poi al riassorbimento del coagulo producendo un fattore (enzima) che è un attivatore del plasminogeno che serve a riassorbire il coagulo.

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La cellula endoteliale gioca quindi su diversi fronti: ● promuove la coagulazione; ● inibisce i fenomeni di eccesso di aggregazione; ● partecipa allo stop della reazione; ● partecipa al riassorbimento del coagulo.

Si evince pertanto che la cellula non ha solo un ruolo meccanico ma è un sistema molto complesso implicato in diverse tappe della coagulazione. Tutte le volte che si avrà una placca ateromatosa, la placca dell’aterosclerosi, causata da una pressione sanguigna elevata che “strappa” la cellula endoteliale, viene dato un segnale che può scatenare una risposta eccessiva da parte del sistema.

Oltre alla cellula endoteliale un altro protagonista è la piastrina (di cui bisogna sapere tutto).

E’ fondamentale conoscere la struttura della piastrina: ● Ha i mitocondri; ● Non ha il nucleo; ● Deriva dalla frammentazione dei megacariociti a livello del midollo osseo; ● Ha una membrana plasmatica molto particolare e possiede due tipi di granuli: i granuli α e

i granuli densi. I granuli densi contengono ADP, calcio e serotonina. Il calcio è un fattore specifico della coagulazione. Il calcio, così strategico per la coagulazione (“NO CALCIO = NO COAGULAZIONE”) viene rilasciato sul posto dalla piastrine; senza calcio non si coagula! Poi ci sono dei fattori specifici, che sono: fattori di crescita (che serviranno a ripristinare il tessuto leso), fibrinogeno, fattore V, fattore di Von Willenbrand (vWF) secreto anche dalle piastrine, fibronectina, antagonisti dell’eparina, e tutta una serie di mediatori che andranno a lavorare su tutto il sistema della coagulazione. Inoltre partecipano anche i fosfolipidi (PL) della membrana delle piastrine che andranno ad attivare il sistema della coagulazione. Riassumendo: La piastrina con il suo glicocalice, nel momento in cui si è fermata nel circolo sanguigno perché è avvenuto il danno vasale, servirà a liberare, innescare e permettere la coagulazione.

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Endotelio (dei vasi) e piastrine comunicano attraverso la prostaciclina, che andrà a indurre un effetto di inibizione del sistema di aggregazione delle piastrine, ma non solo: le prostacicline diranno alle piastrine di secernere più calcio, cioè di non aggregarsi tutte quante ma di andare a promuovere il sistema di “imbrigliamento” tramite la liberazione del calcio. Quindi le prostacicline inibiscono l’aggregazione piastrinica, ma contemporaneamente danno l’input alla piastrina per fare un certo lavoro, cioè liberazione del calcio. Vi è inoltre l’intervento di un enzima: la ciclossigenasi (COX), che lavora sia nelle piastrine che nella cellula endoteliale, ed è lo stesso enzima inibito dai farmaci antinfiammatori non-steroidei (FANS), come l’aspirina. L’aspirina andrà a inibire l’attività di ciclossigenasi nei due tessuti, diminuendo l’attività delle piastrine in termini di antiaggregante e di capacità di liberare calcio. Quando le piastrine aderiscono al collagene esposto delle cellule endoteliali, dopo la rottura del vaso, per prima cosa iniziano a degranulare α e densi e ad aggregarsi, cioè attaccarsi l’una con l’altra.

▪ Come fanno le piastrine ad aggregarsi tra loro? ▪ Che cos’è che in sedi normali, quando circolano nel sangue le piastrine si respingono l’una

con l’altra? Perché si respingono? In condizioni normali si respingono perché hanno la stessa carica elettrica nei PL di membrana (abbiamo visto che i PL possono avere una testa carica, sia essa positiva o negativa). Nel momento in cui avviene la degranulazione piastrinica, sia da parte della cellula endoteliale rotta sia da parte della piastrina, si libera una proteina detta Fattore di Von Willenbrand (vWF), senza la quale non si coagula, tant’è che si è scoperta una patologia familiare detta malattia di Von Willenbrand (vWD). Il vWF permetterà alle piastrine di aggregarsi; non aggregano perché non circola vWF. Quando c’è la scopertura del collagene e si è rotta la cellula endoteliale, il VWF viene liberato sia dai granuli α che dall’endotelio! Il vWF quindi è una glicoproteina multimerica presente nei granuli α, nei megacariociti e nelle cellule endoteliali. La possiamo immaginare come un sistema formato da due ancorotti che devono prendere due bersagli per legarli insieme; nel nostro caso, la piastrina scorre, l’ancorotto esce, si attacca da una parte alla piastrina e dall’altra alla cellula endoteliale (quale che sia), e così la piastrina è bloccata. Una volta che la prima piastrina si è bloccata, altre piastrine degranuleranno, un sacco di ancorotti verranno liberati e si crea il tappo piastrinico. Possiamo quindi dire che il VWF è un ponte tra una glicoproteina di superficie delle piastrine e le fibrille di collagene. Ecco come avviene: a. Il collagene si è scoperto perchè si è rotta la cellula endoteliale, è libero; b. vengono liberati gli ancorotti; un ancorotto prende una glicoproteina delle piastrine da una

parte e il collagene dall’altra; così le piastrine vengono bloccate; c. successivamente le piastrine legano il Fattore VIII che stabilizza tutto il sistema.

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Vediamo nel dettaglio il ponte tra le glicoproteine di superficie e le fibrille di collagene:

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Vi è un polimorfismo di questa glicoproteina di superficie che può essere più o meno funzionante, e quindi il vWF può agganciare meno bene o troppo bene e cambiano i soggetti. Quando il VWF viene liberato da endotelio e piastrine riesce da una parte a legare solo alcuni punti del collagene (infatti il collagene è così tanto glicosilato che il vWF trova un sito dove legarsi), ma la cosa interessante è che trova un modo di ancorarsi sulla glicoproteina di superficie delle piastrine. A questo punto la prima piastrina è legata a un determinato punto di collagene, poi ne arriverà un’altra e un’altra ancora, e così via; quindi l’aggregazione tutta è collageno-mediata; poi si crea proprio l ’ ingombro sterico. Una volta ottenuto questo fenomeno, verrà attivato (contemporaneamente) il fenomeno della coagulazione.

Sono due le vie che conducono alla formazione di una rete proteica che noi chiamiamo coagulo: 1) ESTRINSECA: formazione del tappo piastrinico a seguito di un danno tissutale; 2) INTRINSECA: prescinde dal danno tissutale, ma può essere dovuta a un’eventuale anomalia

del vaso (non si è rotto nulla, ma è partito comunque il sistema della coaugulazione). Sono due vie con tempi molto diversi, che si congiungono solo in un punto particolare e poi finiscono allo stesso modo. Per adesso teniamo in considerazione solo la via estrinseca: troveremo dei fattori che hanno scatenato un sistema per formare, in ultima fase, la fibrina. La cascata della via intrinseca, invece, prevede l’intervento di più proteine (dette fattori della coaugulazione) per arrivare a una via comune. Il fenomeno della coagulazione, proteino-basato, passa dunque attraverso una via comune che porta alla formazione di fibrina, e due vie diverse: una scatenata dal danno vasale, e l’altra scatenata da un’eventuale anomalia; la prima è una via un po’ più semplice (di cui gli attori sono le

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piastrine e la cascata biochimica), mentre la seconda è più complessa, proprio perché non c’è il danno tissutale (in cui l’attore è solo la cascata biochimica).

Curiosità: oggi sappiamo tutto questo, poiché sono stati condotti studi sul sangue di persone che non riuscivano a coagulare, che una volta mischiato con il sangue di altri donatori, iniziavano a coagulare perfettamente, e quindi si è capito che quel sangue che non coagulava (il sangue dell’emofilico) presentava caratteristiche dovute alla presenza/assenza di alcune proteine, alcuni fattori, che man mano che venivano scoperti, venivano numerati con i numeri romani.

Una cosa importante è che tutte queste proteine sono prodotte dal fegato (salterà il sistema della coagulazione nel momento in cui il fegato non funzionerà più, ad esempio in seguito a cirrosi, epatiti, cancro al fegato) e vengono prodotte come fattori protetti, cioè incapaci di lavorare, e che saranno a loro volta attivati a seguito di un taglio proteolitico, cioè la rimozione di un peptide che blocca l’attività, e a loro volta potranno diventare enzimi o proteine con una certa funzione. Tutti questi fattori vengono attivati a cascata, dopo che il primo è stato attivato, ed è proprio questa la pericolosità del sistema. Vedremo più avanti che una serie di batteri che scatenano grosse infezioni (come il meningococco -> meningite) possono scatenare dei fenomeni di coaugulazione abbastanza diffusi, per cui praticamente il sangue coagula interamente nell’area colpita e ovviamente porta alla morte! Tutto questo sta a dimostrare come questo fenomeno è una cascata che si può propagare e che va bloccata tramite meccanismi estremamente sofisticati.

Giusto per ricordare, ecco l’elenco dei fattori: - Pre-callicreaina (Fletcher factor) -> via intrinseca; è il precursore della callicreina - Fattori di attivazione da contatto del chininogeno (HMWK) -> via intrinseca - Fibrinogeno -> via intrinseca ed estrinseca - Protrombina -> via intrinseca ed estrinseca - Fattore Tissutale -> via estrinseca - Calcio -> via intrinseca ed estrinseca - Fattore V -> via intrinseca ed estrinseca - Fattore VI ( che non è altro che il fattore Va, cioè attivato) - Fattore VII -> acceleratore della via estrinseca - Fattore VIII -> cofattore della via intrinseca - Fattore IX (Christmas Factor) -> via intrinseca - Fattore X -> via intrinseca ed estrinseca - Fattore XI -> via intrinseca - Fattore XII -> via intrinseca - Fattore XIII -> via intrinseca ed estrinseca. E’ un fattore strategico e molto importante

perché permette al coagulo di diventare duro.

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Vediamo come funzionano:

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In ogni passaggio della cascata un precursore proteico viene convertito a proteasi attiva tramite il taglio su uno o più legami peptidici; cioè i precursori una volta tagliati e divenuti attivi, andranno a tagliare il successivo e a sua volta ad attivarlo, e così via. Si parla di Zimogeno nel momento in cui ancora NON è attivo, mentre di Proteasi nel momento in cui è stato attivato e può andare a fare il suo lavoro.

▪ Via intrinseca: esiste nel circolo uno zimogeno che si chiama Pro-callicreina, la quale può essere attivata da un fattore XII, che sua volta è stato arrivato da una anomalia vasale. Una volta attivato, questo fattore XII va a sua volta a permettere un innesco da parte della callicreina che si attiva e va ad attivare i fattori XI, IX e X. Questa parte non bisogna conoscerla a memoria, però è necessario sapere che alcuni fattori della via intrinseca hanno bisogno di calcio per funzionare, quindi ci saranno dei farmaci che andranno a modificare il loro rapporto col calcio e in modo da modulare la coagulazione della via intrinseca.

▪ Via estrinseca.

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Nella via estrinseca sono fondamentali:

• il Fattore Tissutale (TF), che viene liberato dalla cellula endoteliale rotta, in quanto permette l'attivazione del fattore X, fattore strategico poiché comune alle vie della coagulazione (intrinseca ed estrinseca);

• il calcio, in quanto è un fattore comune in tutti i passaggi della via, quindi è sempre presente; • i fosfolipidi (PL), in quanto la loro “scopertura" è importante sia nel ramo comune della

coagulazione (quando c’è stato un danno tessutale) sia nella coagulazione da anomalia vascolare.

In vitro, per eseguire gli esperimenti, si usano i fosfolipidi delle piastrine in quanto è proprio la superficie della piastrine che offre i fosfolipidi. Per un esperimento in laboratorio si usano i fosfolipidi liberi.

Fattore Tissutale (TF)

• Che cos’è. E’ una lipoproteina integrale di membrana non enzimatica, normalmente non a contatto con il plasma, ma presente nelle cellule. N.B. non si trova nel plasma proprio poiché una proteina integrale di membrana.

• Dove viene espresso. Viene espresso dai fibroblasti, dai macrofagi, dai monociti attivati e dalle cellule endoteliali esposte a citochine.

• Quando viene liberato. Le cellule endoteliali possono liberare il fattore tissutale non solo in seguito ad un danno vasale, bensì anche se stimolate da particolari agenti che coinvolgono il sistema immunitario, quali per esempio:

• Le endotossine; • Il fattore di necrosi tumorale (TNF); • Alcuni tipi di interleuchina.

Quindi, anche la liberazione di TNF, IL-1 e endotossine batteriche innesca la coagulazione. Ad esempio: • l’endotossina batterica presente nel meningococco può indurre forme di coagulazione sia

intrinseche che estrinseche; • quando un tumore cresce, si possono creare una serie di infarti nel tumore, ossia di

compartimenti di coagulazione: ciò è dovuto anche alla liberazione di una serie di fattori del sistema immunitario.

• Come agisce. Il fattore tissutale induce l'attivazione di uno zimogeno, passando attraverso il fattore VII (di cui aumenta l’efficienza), in modo tale che si inneschi la via della coagulazione sino alla formazione del reticolo di fibrina.

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Nella via intrinseca, invece: • il fattore XII • varie proteine • il fibrinogeno agiscono dando origine a una cascata di reazioni.

Per innescare le reazioni in vitro a fini didattici, bisogna esporre il sangue a sostanze come superfici di vetro o caudino.

Esempi. • In pazienti in cui bisogna sostituire una valvola cardiaca o nei quali si deve mettere uno stent (in

definitiva, in tutti i soggetti in cui si trova una superficie artificiale), si attiva facilmente il sistema della coagulazione: per questo, sono soggetti che per tutta la vita dovranno essere modulati verso il basso nella capacità coagulativa.

• Se, invece, un paziente ha problemi nella capacità di coagulazione, è un paziente assai critico in quanto:

• se va dal dentista per un'estrazione dentaria, perde maggiori quantità di sangue; • se ha un'ulcera gastrica o un incidente automobilistico perde più sangue di un normale

individuo. • se deve fare un intervento chirurgico, è più a rischio, in quanto perde troppo sangue.

Il fattore XII serve a far partire la via intrinseca, anche in seguito ad anomalie vasali, ma di per sé non è necessario per l’emostasi.

A proposito delle coagulazione tramite la via intrinseca, molte cose tutt’oggi non sono del tutto chiare. Per questo motivo è necessario conoscere solo alcuni punti chiave: • zimogeno • proteasi; • attivazione della coagulazione tramite contatto con superficie estranea; • fattori nella via della coagulazione che necessitano di calcio.

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La cascata coagulativa data dal fattore tissutale (via estrinseca) viene inibita da un inibitore specifico del fattore tissutale. Vi è, dunque, un’altra proteina che, quando TF viene liberato, viene a sua volta rilasciata dalla cellula endoteliale, in modo tale il sistema del fattore tissutale si blocchi. N.B. L’endotelio funziona sempre su due fronti, affinché venga stimolata la funzione del TF, senza promuoverne l’esasperazione: • stimola le piastrine a liberare Ca2+

• inibisce l'aggregazione piastrinica; • libera il fattore tissutale; • rilascia l’inibitore del fattore tissutale.

Le due cascate, ossia quella della via estrinseca e della via intrinseca, sono interconnesse da un ramo comune.

La biochimica della coagulazione passa attraverso un'evoluzione genica, cioè una evoluzione di proteine che si dimostra attraverso porzioni di proteine conservate in termini di struttura, quindi simili all’interno delle varie proteine appartenenti alla famiglia. Il ragionamento è simile a quello fatto a proposito degli ormoni steroidei. Le proteine, che nel tempo sono soggette a modificazioni: • hanno una funzione comune; • conservano alcune porzioni, ma ne migliorano altre; • nascono da una sorta di idea primordiale e si evolvono al fine di essere quanto più

specializzate, pur conservando alcune porzioni ancestrali.

La maggior parte delle proteine coagulative: • ha una sequenza segnale;

Guardando i triangoli rovesciati nell’immagine, è possibile comprendere che tali sequenze sono preda di proteasi che rimuovono dei pezzi nella porzione C-terminale, attivando la molecola. Tutte queste proteine di origine epatica contengono, quindi, peptidi segnale che saranno rimossi nel RE.

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• ha domini strutturali simili. Sempre in riferimento all’immagine, sia gli elementi in violetto che quelli gialli ripiegati in un certo modo non sono altro che dei pezzi di struttura simili dal punto di vista fisico, quindi domini strutturali. Alcuni di questi sono caratteristici perché sono soggetti a modifiche post-traduttive che gli permettono di utilizzare il Ca2+ per funzionare.

Ricapitolando, i fattori pro-coagulanti: • hanno dei pezzi simili di struttura; • hanno dei punti simili per essere modificati dalle proteasi e quindi resi attivi; • hanno alcuni pezzi simili che sono suscettibili a modifiche post-traduzionali che permettono loro

di legare sia fattore IV sia il Ca2+.

Queste modifiche post-traduzionali riguardano fondamentalmente l'aminoacido glutammico. Nella foto, si può vedere la struttura dell’Acido glutammico.

Se sull'ultimo CH2 si toglie un idrogeno e si aggiunge un altro carbossile, quel glutammico diventa γ-carbossi-glutammico, ossia diventa un residuo cosidetto Gla.

I residui Gla sono residui di glutammato in cui è avvenuta una modifica post-traduzionale: la proteina nasce come tale, poi viene carbossilata in corrispondenza di domini specifici che possono essere preda dell'enzima che carbossila. Il residuo Gla non ha un solo COO- sull'ultimo carbonio, bensì possiede due COO-, cioè due cariche negative sullo stesso aminoacido.

Questa modifica post-traduttiva, che avviene su alcuni fattori di coagulazione, permette di creare un'area fortemente negativa (COO-/COO-) capace di complessare (chelare) ioni Ca2+.

Lo ione calcio, come lo Zn2+ (zinco), pur avendo due cariche positive, effettivamente lega quattro tiranti di cariche negative. La stessa cosa avviene per i residui Gla. Due Gla lontani complessano un solo ione Ca2+. Quando questo avviene, la proteina cambia conformazione ed è capace di diventare una proteina legante.

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In definitiva: • Il Gla chela il Ca2+; • Il Ca2+ chelato da queste proteine non fa altro che distorcerne la forma; • La proteina, cambiando conformazione, assume la funzione per cui è preposta.

L'enzima specifico che permette la modifica post-traduttiva (Glu —> Gla): • può essere diverso in performance da un individuo all’altro; • non solo utilizza CO2 e O2 per introdurre carbossili sull’Acido Glutammico, ma deve usare anche

vitamina K. Questa vitamina liposolubile (la assumiamo dalle piante a foglie verdi o da atri cibi) è il cofattore che si ossida quando il Glu diventa Gla, ossia acido gamma-carbossiglutammico.

Esiste un sistema navetta che riduce nuovamente la vitamina K e utilizza la Gla (enzima Warfarin). Tutti i farmaci che si legano sul sistema navetta della vitamina K impediscono la modifica post-traduttiva: un paziente con questo problema coagulerà di meno perché è in grado di legare meno Ca2+.

In un prelievo di sangue per eseguire l’emocromo viene utilizzata una provetta apposita con un tappo viola. Essa contiene EDTA (etilene-diamino-tetra-acetico). L'EDTA ha una struttura ad anello con tanti COO- esposti. Normalmente, in seguito al prelievo, le piastrine entrano in contatto con la plastica della provetta e liberano Ca2+. Il sangue coagula subito (circa 3 minuti) e nella provetta non è più possibile smuoverlo : le piastrine, infatti, hanno toccato la plastica della siringa, hanno liberato calcio e quindi innescato il meccanismo di coagulazione. La presenza di acido etilendiamminotetracetico (EDTA) fa sì che il calcio venga tutto lobato dall’enorme quantità di EDTA che c’è nella provetta e quindi, nonostante le piastrine abbiano avuto questa reazione, la coagulazione non avviene e il sangue rimane liquido.

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Nel fare un prelievo per siero, è consigliabile non sbattere tanto la provetta; una volta centrifugato, tutta la parte corpuscolata va sul fondo e dopo un po’ diventa solida perché nella provetta per siero o per plasma non c’è anticoagulante (la massa, quindi, diventa assolutamente rigida sul fondo della provetta).

Tutto passa attraverso l’utilizzo del calcio. Gli ioni calcio si legano ai gamma-carbossi glutammici che devono torcere le proteine per renderle funzionanti. La sintesi di Gla richiede la vitamina K. Ci sono dei farmaci che inibiscono questo sistema. I fattori in cui il calcio è strategico sono (è necessario saperlo): • il fattore II • il fattore VII • il fattore IX • il fattore X.

Ci sono anche dei fattori non enzimatici, cioè fattori che non tagliano nulla, ma che fungono da promotori. Tra questi, due fattori strategici sono: 1. il fattore V 2. il fattore VIII. Essi: • sono grosse proteine contenenti sequenze ripetute; • vengono attivati dalla trombina; • una volta attivati, sono capaci di legare altre proteine; • non hanno attività enzimatica, ma sono cofattori che aumentano l’efficienza proteolitica dei

fattori X e IX.

Il FATTORE VIII lega vWF.

Il FATTORE V (l’unico che è oggetto d’esame) non è un fattore enzimatico: ha bisogno di essere trasformato in qualche modo per poter funzionare e fare il suo lavoro, ma di per sé è un acceleratore di funzione.

Il fattore X attivato converte il fattore II da protrombina a trombina andando a tagliare in due punti specifici: l’attivazione, tuttavia, è accelerata dal fattore V (attivato dallo stesso fattore X e trasformato in maniera tale che la reazione venga accelerata), in quanto avvicina il fattore X con il II.

Anche il calcio e le piastrine aumentano la velocità della reazione: • il primo distorce in qualche modo le proteine che devono funzionare; • le seconde fanno da base perché tutto questo avvenga.

Poiché i fattori sono circolanti, potrebbero non incontrarsi facilmente. Tuttavia, essendo presente sulle piastrine il fattore V, questo fa sì che: • il fattore X attivato e il II si avvicinino; • la reazione proceda molto più velocemente e nel luogo esatto, ovvero dove c’è tappo

piastrinico.

L’attivazione è rapida solo quando il fattore X attivato lega il calcio attraverso i fattori Gla, perché altrimenti le proteine nella forma giusta non sono abbastanza.

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Il legame con il calcio modifica la conformazione dei domini Gla, permettendo l’interazione con le superfici di membrana e quindi anche con le proteine che devono funzionare.

Il fattore X attivato: • è un fattore che contiene residui Gla che hanno legato il calcio; • è capace di legare le piastrine; • deve tagliare il fattore II.

Il fattore II: • deve stare nelle vicinanze del fattore del X attivato; • deve essere suscettibile al taglio proteolitico.

Il fattore V, una volta attivato: • si accomoda sulle piastrine, legandosi tramite i fosfolipidi; • è funzionale perché tutta la reazione avvenga ( vedi passaggi relativi a fattori X e II).

Il fattore X e il fattore II per legarsi saldamente con le piastrine devono cambiare forma: la massiccia liberazione di calcio perimetrale alle piastrine coinvolte nel coagulo permette questo cambiamento.

A questo punto, la trombina viene tagliata dal fattore X e può interagire con il fibrinogeno.

Caso clinico: soggetto in cui il fattore V funziona più del giusto (TROMBOFILIA) Un paziente, in cui il fattore V funziona più del dovuto e quindi difficilmente viene disinnescato dai meccanismi di inibizione, produce più coagulazione, in quanto, a parità di tempo, avrà più trombina attiva del giusto. Si parla, in questo caso, di trombofilia. I soggetti affetti da trombofilia: • sono più esposti al rischio di interruzioni di gravidanza in maniera specifica (poliabortività), a

causa della maggiore coagulazione del sangue nei capillari placentari; • hanno una maggiore possibilità di formare trombi stando seduti per troppe ore (ad esempio, in

aereo).

La conversione del fibrinogeno in fibrina

Il fibrinogeno: • è una grossa proteina di origine epatica (PM 330 kDa); • è una molecola tenuta insieme da ponti disolfuro; • è costituito da tre subunità: α, β e γ; • quando circolante nel sangue, non tende ad aggregarsi a causa di peptidi N-terminali sulle

subunità α e β che creano repulsione (come nell’emoglobina S) tra queste molecole che, quindi, si respingono l’una con l’altra.

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Quando la trombina viene attivata:

1. essa stessa rimuove i peptidi N-terminali, chiamati fibrinopeptidi, di 16 e 14 aa dall’estremo N-terminale dei monomeri α e β che ostacolano l’aggregazione delle molecole di fibrinogeno;

2. si formano immediatamente legami idrofobici tra le molecole di fibrinogeno perimetralmente alle piastrine (dove è avvenuta la reazione accelerata dal fattore V - vedi sopra-).

Un coagulo inizialmente è molliccio proprio perché i legami fra i polimeri di fibrinogeno sono non covalenti (interazioni idrofobiche e legami idrogeno).

Ciò che si misura in laboratorio come il tempo di protrombina altro non è che il momento in cui si forma il coagulo molle.

3. interviene successivamente il fattore comune XIII, attivato anch’esso dalla trombina. . Esso è una transglutaminasi: fa sì che alcune glutammine CONH2 , incapaci di ionizzarsi con la catena laterale del fibrinogeno, possano reagire con alcune lisine (ogni glutammina con una lisina). La reazione porta alla formazione di un vero e proprio legame peptidico con l’eliminazione di una molecola di ammoniaca.

Nei reparti di chirurgia dove ci sono grandi ferite, specialmente nei periodi di guerra, si racconta che si sente un odore forte di ammoniaca. Questo succede perché, in caso di grandi coaguli, si ha una liberazione di ammoniaca importante, dovuta al fatto che il fattore XIII trasforma il coagulo da molle a duro: si inseriscono dei legami covalenti tra residui di glutammina e lisina con liberazione di ammoniaca NH3.

L’attività del fattore XIII si valuta determinando la durezza del coagulo: • se un coagulo si scioglie in presenza di urea, è molle (non avvengono legami covalenti) • se il coagulo in urea non si dissolve, è un coagulo duro (la fibrina è legata da legami covalenti).

Anche le “crosticine” all’inizio sono mollicce, poi diventano una struttura dura.

La trombina è molto delicata e la sua concentrazione deve essere mantenuta entro limiti compatibili con l’assenza di formazione di trombi spontanei. I meccanismi di controllo sono due:

- forma circolare come precursore inattivo (protrombina); - regolazione dell’attivazione tramite inibitori specifici della trombina (senza i quali si avrebbe

un eccesso) che vanno ad inibire altri fattori come il IX, X, XI e XII. Tra gli inibitori ci sono: o l’antitrombina III, che è potenziata dall’eparina (un polimero glucidico), la quale,

legandosi, ne distorce la conformazione , aumentandone l’affinità per la trombina; o l’antitripsina I.

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Dati sperimentali:

- Il sangue intero ha un tempo di coagulazione di 4-8 min; - il sangue con EDTA (non c’è calcio) ha un tempo di coagulazione infinito, cioè non coagula

mai; - il plasma senza piastrine, a cui però si aggiunge calcio, ha un tempo di coagulazione di 2-4

min; - il plasma senza piastrine, con aggiunta di calcio e fosfolipidi, coagula in 60-80 sec; - il pasma senza piastrine con calcio, fosfolipidi e caolino coagula in 21-32 sec; - il plasma senza piastrine con calcio e tromboplastina ha un tempo di coagulazione di 12

sec.

Il sangue intero e quello senza piastrine servono per misurare i tempi di coagulazione. In tutti questi tempi di coagulazione senza piastrine, il fibrinogeno non è passato a coagulo duro, ma resta un coagulo molle. Come calcolare il tempo di coaugulazione. Si prenda, ad esempio, una provetta in cui è stato aggiunto del sangue senza piastrine e una specie di barretta magnetica che gira. Quando la macchina aggiunge quello che deve aggiungere, per esempio calcio, immediatamente si forma un blocco e l’agitatore non può girare più: segnala quindi che si è bloccata e si inizia a contare i secondi. Se c’è qualche difetto nel sistema di coagulazione, il sistema continua a girare e aumenta il tempo di coagulazione.

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