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BADPOP MAGAZINE art / fashion / film / music / life VICTORIA STATION DISORDER PHINX STILL CORNERS

Badpop Magazine n°2

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Badpop Magazine n°2 with Phinx, Still Corners, Victoria Station Disorder...

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BADPOP MAGAZINE

art / fashion / film / music / life

VICTORIA STATION DISORDER PHINX STILL CORNERS

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EDItOrIALE

Eccoci al secondo appuntamento di Badpop Magazine. Innanzitutto vor-remmo ringraziare tutti coloro che ci hanno aiutato nella realizzazione del primo numero, dalle band, ai lettori e i nostri followers su facebook. è stato davvero un punto di svolta, concretiz-zando quello su cui avevamo pensato e architettato tanto. é questo che ci ha spinto ad impeg-narci per la realizzazione di un sec-ondo numero migliore, che sappiamo avrà ancora tante cose da migliorare, ma che crediamo sarà un ulteriore passo avanti. Abbiamo voluto provare con una nuova grafica, cercheremo di inserire nuovi contenuti, aumentare l’interattività, come potrete notare già leggendo le pagine seguenti.Ancora una volta ringrazio tutti quelli che stanno rendendo possibile ques-to progetto, ringraziando anche tutto lo staff che con me si è lanciato senza esperienza in questa impresa. Buona lettura

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CONtENUtI

VICTORIA STATION DISORDERPAGINA 8

STILL CORNERSPAGINA 14

PHINXPAGINA 20

ERA MEGLIO PRIMA?PAGINA 29

BADPOP’S SETPAGINA 32

BADPOP STAFF

ART DIRECTION

Fabio MaragnoTESTI

Caterina De LuciaCarmen Guglielmi

IN COPERTINA FOTO DI: FABRIzIO FABRIS

BADPOP MAGAZINE

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VICtOrIA stAtION DIsOrDEr

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VICtOrIA stAtION DIsOrDEr

testi di Fabio Maragno e Caterina De Lucia

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Abbiamo incontrato i Victoria Station Disorder ad una serata a Milano, e siamo restati colpiti dai suoni, le atmosfere create da questo gruppo, cercando subito di accapparrarceli per questo secondo numero. Non è stato semplice (sarà che il tema dell’incomunicabilità gli è particolarmente caro), ma alla fine siamo riusciti ad avere un’intervista:

Parliamo del gruppo, come è nato?Ci conosciamo da una vita e suoniamo insieme da quasi dieci anni. Il progetto Victoria Station Disorder invece è nato circa un paio di anni fa, solo qualche mese dopo lo scioglimento della band con cui suonavamo prima, gli SMP. Facevamo un rock “d’autore”, davamo ampio spazio ai testi e alla tecnica musicale. Allora eravamo cinque, adesso siamo in tre: Tomaso alle tastiere e alla voce, Daniele alla chitarra elettrica ed Edoardo ai pad e alla voce. Abbiamo mantenuto pochissimo del suono analogico tradizionale e ci siamo lasciati andare ad una sperimentazione personale rivolta all’elettronica. Lavoriamo moltissimo sui suoni, sull’impasto tra ritmo e atmosfera. Siamo contenti della musica che produciamo, in questo momento è esattamente ciò che vogliamo fare.

Parlateci della scelta del nome. È legata al teatro, e non è una scelta qualunque, in quanto influenza tutta la vostra produzione.Sì è vero, soprattutto per quanto riguarda i testi la scelta è voluta e la stiamo ancora approfondendo; ci ispiriamo deliberatamente alla scrittura teatrale di Harold Pinter. “Victoria Station” è una sua pièce, è uno spunto di riflessione sui temi dell’incomunicabilità e della solitudine. Potremmo tradurre il nostro nome in “La sindrome di

Victoria Station”: Victoria Station Disorder è un’invenzione, è il disturbo legato all’incapacità o l’impossibilità di comunicare, al linguaggio frammentario, all’ambiguità delle parole.

Quali sono le vostra principali influenze dal punto di vista musicale.Una band su tutte, gli Aucan: sono fuori da pochi anni ma fanno già scuola, hanno un sound internazionale, i loro live sono di fortissimo impatto. Quando vogliamo ottenere dei passaggi più aggressivi nei nostri pezzi, ci ispiriamo a loro. Poi ci sono gli Animal Collective: di loro ci interessano le sonorità sperimentali e l’anima psichedelica. Il loro sound ha un che di conturbante ed ossessivo, tipo musica vodoo. E poi ancora: Prodigy, Crystal Castles, sicuramente Offlaga disco pax…e molti altri. Siamo suggestionati dalla musica elettronica ma abbiamo intenzione di mantenere un approccio “suonato”: non ci basta digitare il tasto play di un loop.

A giugno di quest’anno avete suonato al festival Sereno a milano. Com’è stata l’esperienza?Sereno a Milano è un festival organizzato dal circolo ARCI l’Impegno di Milano, di cui per altro Daniele ed Edoardo fanno parte. La direzione artistica ci ha chiesto di partecipare, e noi abbiamo accettato. In quell’occasione abbiamo condiviso il palco con altre band del calibro di Le Case del Futuro e Sikitikis. E’ stata un’esperienza fantastica, non c’è che dire.

Fate parte delle bands italiane che scelgono di non cantare in inglese. Non perché questa sia un’anomalia, ma cosa vi ha portato a questa decisione?I nostri testi sono cortissimi. La

maggior parte sono composti da una o due frasi. Ci divertiamo a creare equivoci sintattici, ma anche ad esprimere in modo diretto disillusione e rabbia. Con l’inglese questo non sarebbe stato possibile, almeno per noi. Scegliere l’italiano è stato naturale.

Recentemente avete anche pubblicato il vostro primo ep. Parlateci un pò della produzione, siete soddisfatti?A distanza di quasi dieci mesi dall’uscita di “274” (altra citazione della pièce “Victoria Station”) possiamo dire di essere cresciuti tantissimo sia a livello di tecnica, che di suono. “274” è stato un esperimento nell’esperimento perché è totalmente autoprodotto. E’ stato un banco di prova fondamentale per noi, siamo soddisfatti della produzione, anche se possiamo e vogliamo migliorare. Aver sfornato un prodotto “home made” ci ha aiutato.

Quali sono i progetti per il futuro?Un disco, che speriamo di poter produrre nel 2014, e suonare tanto in giro. In queste settimane stiamo lavorando a nuovi pezzi che presto proporremo anche live.

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stILL COrNErs

PhOtO - ChONA KAsINGEr

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Greg Hughes, leader degli Still Corners, non è uno da sedersi sugli allori. Malgrado il successo del primo album Creatures of an Hour (‘indulgently seductive’ - NME, Hughes ha saputo andare avanti: “Non sarò mai soddisfatto, continuerò a provare cose nuove.”Così, con il loro secondo album, Strange Pleasures, il duo si è assicurato un posto nella storia del dream pop. “Creatures... è servito ad aiutarmi a uscire da una lunga relazione finita, era molto incentrato su temi emotivamente cupi. Strange Pleasures è stato un lavoro più sperimentale, come un’avventura in mare aperto.”

Raccontateci un pò del progettoTessa ed io (Greg) ci siamo incontrati su una banchina dei treni nel 2009, e abbiamo successivamente iniziato a lavorare insieme su alcuni pezzi. Circa otto mesi dopo abbiamo realizzato il video di Wish, iniziando a lavorare con Sub Pop. Al momento abbiamo prodotto due album con loro. Il resto è rock n roll!

Quali sono le vostre principali influenze, nella musica come nella vita?La bellezza, la natura, i film, il misticismo e la guida.

Il vostro secondo album, Strange Pleasures, è appena uscito. siete

soddisfatti dei feedback che state ricevendo?Sì, è andata bene, era un album diverso dal nostro primo lavoro quindi siamo felici che i nostri fan non ci abbiano voltato le spalle.Siamo aperti al cambiamento: è l’unica costante della vita e noi non siamo di quelli che si fossilizzano sulle stesse cose, ci piace sperimentare, è esattamente quello che abbiamo fatto in Strange Pleasures.

siete in tour al momento, come sta andando?Il tour è stato fantastico! Abbiamo fatto un coast to coast degli States con i CHVRCHES, sono persone straordinarie e grandi musicisti. Dopodiché abbiamo girato il Regno Unito e l’Europa. Ci siamo divertiti particolarmente in Grecia.

siete di Londra. Com’è fare parte di una scena musicale tanto affermata?In realtà non ci sentiamo parte di questa più di tanto.Abbiamo diversi amici più dentro la scena, ma noi viviamo più fuori dalla parte hip di Londra, così possiamo anche permetterci uno studio e la produzione di musica. La nostra politica è di fare le nostre cose e lasciare che il mondo faccia le sue, per ora sembra aver funzionato.

Com’è essere un duo? Accade di essere in contrasto tra di voi?Ha i suoi alti e bassi.Bello perché passiamo un sacco di tempo a scrivere musica sulla quale abbiamo lavorato in una sorta di telepatia. Possiamo praticamente leggerci nelle mente a vicenda.A volte tuttavia non è il massimo: usciamo troppo insieme, ci sono occasioni in cui vorresti semplicemente uccidere l’altro.

Progetti per il futuro?Al momento stiamo lavorando su nuovi pezzi, provando nuove idee. Lasciamo che siano le canzoni a prendere la loro strada, senza pensarci troppo.Il cervello è un ottimo strumento, perfetto per definire le idee al loro nocciolo, ma penso che spesso blocchi il processo creativo, che è più primitivo: dovrebbe fluire, almeno inizialmente.

tornerete in Italia?Amiamo l’Italia.Uno dei nostri concerti preferiti è stato a Roma, un pubblico fantastico.La campagna, il caffè e il cibo.Il cibo in Italia è il migliore, avete insegnato al mondo a mangiare, no?

stILL COrNErs

testi di Fabio Maragno e Caterina De Lucia

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Ve lo ricordate MySpace? L’antenato di tutti i social network, la prima possibilità per chiunque di avere un po’ di visibilità? Ai Phinx l’ha data: il web li ha premiati con uno dei loro primi con-certi come supporter de Il Teatro De-gli Orrori. Ora sono al loro secondo album, “Hòltzar”. La redazione raggiunge telefonica-mente Pietro, il bassista della band, per una chiacchierata sulla loro ulti-ma fatica e i loro piani per il futuro.

Phinx: com’è nato questo progetto? Qual è la vostra storia?Il nostro progetto è in piedi da un bel po’ di tempo, dal 2007. Ci siamo conosciuti tra i banchi di scuola, in particolare io e Francesco, il cantante; poi ci siamo assestati con l’attuale formazione con Alberto alla batteria e Daniele alle tastiere. Siamo partiti alla ricerca di sonorità nuove cercando qualcosa che non fosse il classico rock, infatti ci ha sempre intrigato l’elettronica e

la sperimentazione con tastiere e batteria. Il nuovo album, che si chiama “Hòltzar”, nasce da una ricerca sonora che ci ha portato quasi alla reclusione in casa e alla continua sperimentazione: è venuto fuori un disco con sonorità new wave ed altre più vicine all’elettronica.

Al momento avete due album all’attivo. Siete soddisfatti di come il pubblico vi ha accolti in un paese musicalmente difficile per le band come è l’Italia?

PhINX

testi di Carmen Guglielmi

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Il percorso è sempre stato un po’ in salita: come sai, gli spazi non sono moltissimi e bisogna approfittare, cercando di dare il massimo, ogni volta che si mette il naso -o meglio- il piede sul palco. Penso sia necessario ottimizzare ogni situazione per far vedere alle persone quello che sei e quello che fai con la tua musica. Il mio consiglio è di muoversi sempre di più e cogliere ogni occasione; noi, al momento, stiamo lavorando per poter fare qualche concerto invernale all’estero perché penso sia necessario raggiungere un pubblico diverso da quello italiano. Questa, però, non è mancanza di interesse verso il nostro paese ma è, forse, la ricerca di un pubblico musicalmente più colto e più predisposto all’ascolto di musica sperimentale.

riguardo il discorso italiano, guardando i vostri video su Youtube, è divertente notare come il commento più frequente è che un gruppo così giovane e talentuoso sia un po’ sprecato nel panorama musicale del nostro Paese.Forse “sprecato” non è la parola più adatta perché ogni band fa bene al proprio paese e noi siamo orgogliosi di essere italiani. Però c’è da dire che, dal basso, manca un po’ di cultura sulla musica: l’Italia resta ancora molto legata alla propria tradizione musicale mentre altri paesi dimostrano più apertura o interesse verso la sperimentazione e ad ascoltare qualcosa che non è sempre ciò che propone la radio.

Parlando dei vostri lavori: tra il primo ed il secondo album, nonostante seguano entrambi il filone della sperimentazione con l’elettronica e il rock, ho potuto notare un grosso cambiamento soprattutto nel fatto che “Hòltzar” sia davvero molto sperimentale. Che cosa vi ha spinto a percorrere questa strada, si potrebbe dire meno commerciale?

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In realtà è stato tutto abbastanza naturale nel senso che non ci siamo messi attorno ad un tavolo e ci siamo detti “beh, facciamo qualcosa che sia difficile da ascoltare, che non sia da primo ascolto”. è un disco realizzato con intensità dedicando molto tempo alla ricerca di riff e nuovi suoni, non abbiamo creato le canzoni in sala prove e poi ci siamo messi in studio una settimana e le abbiamo registrate. è avvenuto tutto in pochi mesi, è stato un percorso costante e naturale che deriva molto dagli ascolti che abbiamo avuto ultimamente e che spaziano dall’elettronica berlinese a dischi più ambient. Il primo disco, invece, è più facile da ascoltare, adatto più a tutti i tipi di ascoltatori.

Sul vostro album ci sono un sacco di curiosità, a partire dal titolo che è in una lingua di derivazione germanica. Ci parli di questa scelta?Sì, il titolo di alcuni pezzi è in cimbro mentre i testi sono in inglese. La scelta del cimbro è stata molto particolare ed è stata presa per rievocare l’aspetto del non essere né italiani e né inglesi: il cimbro è una lingua parlata nell’altopiano di Asiago e nelle montagne del Veneto e del Trentino ed ha quasi la grammatica e le sonorità tedesche restando però legata al dialetto veneto, è quasi una fusione delle due cose. Abbiamo scelto questa lingua per respirare un’aria un po’ esotica.

Avete usato anche diversi strumenti particolari, fiati e strumenti indiani..Sì, questo è nato da un viaggio che Francesco ha fatto in India dove è rimasto affascinato dall’esraj (ndr strumento a corde) ed altri strumenti indiani che abbiamo campionato ed inserito nel disco e che, in parte, riproduciamo nei live. Anche questa è una scelta che ha caratterizzato le armonie di alcuni

pezzi e la sperimentazione fatta. Ci siamo avvalsi anche di molte collaborazioni: Bologna Violenta per alcuni arrangiamenti, Ekat Bork (ndr cantante russa), Martino Cuman - un nostro caro amico e anche i Reanimation Squad, dei rapper di Bassano del Grappa, la nostra città. E diciamo che anche queste collaborazioni hanno portato qualcosa di nuovo alle nostre idee.

Il mastering dell’album poi è stato fatto a Londra. Siete andati fisicamente lì per seguire tutto il processo?Sì, da Matt Colton, un grande professionista che ha aggiunto ulteriore valore a quello che il disco già era ed è stata anche un’ esperienza molto utile.

Tornando indietro nella vostra carriera, il vostro secondo concerto è stato come supporter de Il teatro Degli Orrori dopo aver vinto un contest. Com’è stato ritrovarsi sin da subito sulla scena musicale italiana con appena un demo registrato? Cosa avete provato?è stato un po’ strano proprio perché avevamo appena vinto quel contest. Diciamo che a noi, band emergente e sbarbatella, è andata molto bene e abbiamo avuto questa enorme possibilità. Siamo andati a suonare a Cremona in apertura de Il Teatro Degli Orrori che presentavano il loro primo disco. Alla fine è stato un evento abbastanza singolare: anche loro erano semi-sconosciuti e ci ha fatto uno strano effetto condividere il palco con questi personaggi. è stata un’esperienza che ci ha spinto e spronato a fare sempre meglio e a continuare sulla strada che avevamo iniziato.

Puoi parlarci un po’ anche dell’esperienza in teatro che avete avuto con Michele Mastroianni?Siamo stati contattati alla fine del

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tour del nostro primo disco da Michele Mastroianni, ballerino e coreografo romano, che ci ha proposto questa serie di spettacoli dove dei ballerini creavano coreografie sulle nostre tracce. Abbiamo avuto un discreto successo, abbiamo suonato in vari posti ed è stato molto interessante perché il teatro ha tutt’altro modo di interfacciarsi rispetto al palco di un concerto, ogni tuo minimo movimento viene amplificato.

Ultima domanda: accennavi prima al tour invernale anche con alcune date europee. Quali sono, se puoi anticipare, i progetti per il futuro dei Phinx?In Italia abbiamo ricevuto risultati parziali rispetto a quello che ci eravamo prefissati, siamo molto contenti del lavoro che abbiamo fatto ma crediamo sia importante farci conoscere da un altro tipo di pubblico e perciò un’esperienza all’estero penso possa farci crescere molto! Abbiamo già suonato fuori, a Bratislava, per esempio, ed è stato molto bello perché c’è già un modo diverso di affrontare il palco sia da parte di chi suona che da parte di chi guarda, c’è un altro tipo di attenzione e cultura. Molto spesso ci si aspetta l’est Europa un po’ più arretrato, invece per la musica forse sono molto più avanti di noi… o almeno, per la nostra esperienza è stato così. Quindi sì, sicuramente un tour europeo sarà un nuovo punto di partenza.

Il talento c’è, la voglia di lavorare e farsi conoscere anche: dita incrociate e speriamo di vedere presto i Phinx in giro per l’Europa.

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I Coldplay ormai fanno schifo. Che cazzo era l’ultimo dei Muse? AM è una merda, rivoglio Whatever people etc. Random Access Memories disco peg-giore dell’anno. Rivoglio Discovery!

Se in queste poche righe ti sei chiesto cos’abbia fumato, complimenti! Ora comincia la parte di articolo che ti piacerà. Se invece ti sei alzato in piedi in una standing ovation, beh… con-tinua a leggere, ne riparliamo alla fine.La sindrome da “era-meglio-prima” affligge trasversalmente tutti i generi musicali, e per estensione molti altri ambiti. Quante volte hai bestemmiato al nuovo layout di Facebook, per poi abituartici dopo tre giorni? Ecco.

La storia di una band è qualcosa di più di una serie di album sputati fuori dagli studi di registrazione. Quando quei ragazzi si riuniscono per la prima volta in quel garage, al pomeriggio, appena tornati dall’uni-versità, non si tratta di una semplice giornata passata a cazzeggiare. è la data di nascita di un essere dotato di vita propria. In quel garage, tra le bici e gli attrezzi da giardino, si incontrano episodi, esperienze, pensieri, idee. E ognuno di questi è condiziona-to dal periodo storico, dalla città di provenienza, dalla stagione in corso e dall’ultima fidanzata con cui è finita male. Con il passare del tempo, la ne-onata band diventa una bambina, e se va bene un’adolescente, nei casi mi-gliori una donna. Come possiamo al-lora avere la presunzione di aspettarci che quella donna ci faccia provare le

stesse emozioni della bambina? Hanno gli stessi occhi, i lineamenti sono quelli, sì. Ma la donna ha vissuto, è stata, è anda-ta, ha incontrato, ha riso, ha pianto, si è annoiata, ha imparato. Perché quin-di chiedere a una band di “tornare quella dei primi album”? Cosa rispon-deresti a un amico che ti costringesse ad ascoltare sempre e solo quello che avevi nell’iPod a 13 anni? Io sarei con-dannato a una vita di Tiziano Ferro, Fabri Fibra e Rihanna. Cazzo.

L’evoluzione dello stile, nei ritmi, nei generi, è un fenomeno comprensibile, condivisibile. A volte è un bene, altre un disastro, certo.Quando ho ascoltato, pieno di entu-siasmo e aspettative, Comedown Ma-chine, beh, ci sono rimasto abbastan-za male. Però Tap Out mi è entrata in testa, e con il tempo ho cominciato ad apprezzare One Way Trigger. Sarebbe stato stupido aspettarsi un Is This It 2.0, o un Room on Fire 2013.

I ragazzi del garage sono saliti su molti palchi, hanno preso tanti aerei; hanno fumato e bevuto nelle città più dispa-rate. Sono cambiati. è normale. Senza il cambiamento non avrem-mo la genialità di R.A.M., l’allegria di Right Action, il ritmo sincopato di Diane Young, la festival ballad Do I Wanna Know; e questo solo parlando del 2013.

Invece di sbattere la testa al muro urlando con il cuscino in mano, in lacrime, dopo che hai scoperto che i

Red Hot non sono più quelli di Blood Sugar Sex Magik, forse dovresti solo ringraziarli di averci regalato quello e altri capolavori. Se ti mancano i Cold-play di Yellow, prendi le cuffie e rias-coltati Parachutes.

Ti avverto già: non ci sarà un’altra Two Fingers, il prossimo singolo dei Vac-cines non sarà una simil-If you Wan-na, gli Alt-J non sforneranno An Awe-some Wave per la seconda volta.E se ti sei stancato di riascoltare Tes-sellate, a tal punto che quando vedi un cartello stradale di pericolo urli Trian-gles are my favourite shape… allora datti una svegliata, apri Last.fm, Spot-ify, Youtube, e goditi gli altri 346 milio-ni di gruppi sconosciuti e pieni di tal-ento. Se ti piace un genere, un clima musicale, non disperare, non morirà per sempre. Al massimo se ne andrà per un po’, per poi rinascere sotto nuova forma, con un abito più adatto per questo periodo. Ma ti scalderà lo stesso il cuore.

In definitiva, quindi: smettila di pren-dertela con la band, goditi i loro espe-rimenti musicali, e stai tranquillo che in mezzo a quei 346 milioni troverai presto un gruppo che magari non sarà pari-pari agli Arcade Fire, ma te li ri-corderà per qualche aspetto, e ti piac-erà, ti riempirà lo stomaco, forse in un modo che non ti saresti neanche aspettato.Sei ancora sicuro fosse meglio prima?

Fortwww.topoftherock.it

ErA MEGLIO PrIMA?

tratto da top of the rock

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Il 27 ottobre è una data che il mondo ha segnato in agenda. Lou Reed,

all’anagrafe Lewis Allan Reed, muore all’età di 71 anni. Sarebbe anche vano

citare le sue opere somme, i suoi lavori magistrali con i Velvet Underground, il modo in cui ha cambiato e ha formato la musica, il modo in cui ha incarnato

l’essenza delle note che cantava. L’angelo del male è stato uno dei

principali protagonisti nella storia del rock, Satellite of Love ne è una prova.

Con l’appena uscito Reflektor, quarto album all’attivo, gli Arcade

Fire si confermano band più relevant degli ultimi 10 anni, tanto da riempire

le scalette delle radio nazionali e non. Che Reflektor sia un album da paura è cosa risaputa, e questo pezzo ne è la dimostrazione: pura

potenza, a dimostrazione che la band di Montréal non sa sbagliare. Che

bomba.

SATELLITE OF LOVELou Reed

1972 - transformer

HERE COMES THE NIGHT TIMEArcade Fire

2013 - Reflektor

BADPOP SET

A cura di Fuzz di Deer Waves

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Majical Cloudz entra di petto nella lunga lista dei grandi artisti che il Canada continua a sfornare senza sosta alcuna. Childhood’s End è

una scossa all’interno di un album cupo, misterioso. Una scarica di luci

soffuse, con una voce che ricorda molto Tom Smith degli Editors.

Ben fatto.

Con questo pezzo le parole si sprecano. Un must di ogni

compilation che si masterizzano per essere ascoltate in auto, dal 2011. La

magia di questo brano sta nell’abilità che ha nel tenerti incollato al cielo, nell’abilità che ha nel trasformare

l’aria in cotone morbido.

CHILDHOOD’S END Majical Cloudz

2013 - Impersonator

SPARKLYYoung Magic

2012 - Melt

BADPOP SET

A cura di Fuzz di Deer Waves

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I London Grammar si inseriscono, sin dal debutto, tra quei breakthrough che nel panorama “indipendente”

contemporaneo sono piuttosto frequenti. Il fatto è che qualcuno

riesce a superare l’etichetta di promessa, mentre altri continuano a spaccare e basta. Con una voce e un’armonizzazione tale, questi 3

londinesi andranno lontano. Strong vi lascerà a bocca aperta.

Sky Ferreira può anche essere, più o meno nell’ordine, una modella

gatta morta che pare anche un po’ rimbambita, la tipa di zachary Cole (vedi DIIV), una gran drogata ma di quelle drogate per davvero che

quando salgono su di un palco non fanno altro che smascellare, una

zozzona di prima categoria, ma Sky, con il suo album di debutto è riuscita

a fare bella musica per davvero. Auguri di buona rehab darling.

STRONGLondon Grammar

2013 - If You Wait

OMANKOSky Ferreira

2013 - Night time, My time

BADPOP SET

A cura di Fuzz di Deer Waves

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Page 35: Badpop Magazine n°2

Quando ho ascoltato questo pezzo per la prima volta, al primo minuto

avevo già premuto il tastino per il loop. Questo pel di carota sta spaccando di brutto, Easy Easy è la opening track di un album

meraviglioso, da avere. Il piccolo Krule è una delle cose più belle e

fresche di questo 2013.

Community di Gold Panda è uno di quei pezzi che può renderti la

giornata migliore anche e soprattutto se in una giornata piovosa sei lì che torni a casa e un autobus in corsa ti passa accanto e ti spreme addosso

una pozzanghera di quelle relevant. Bene, se fate partire Community il

quadro delle cose cambia. Provateci.

EASY EASY King Krule

2013 - 6 Feet Beneath the Moon

COMMUNITYGold Panda

2013 - Half of Where You Live

BADPOP SET

A cura di Fuzz di Deer Waves

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Eh eh eh eh eh insomma insomma. Che prodigio Machweo. La fortuna della produzione italiana a volte arriva da

dove meno te l’aspetti (Carpi), quando meno te l’aspetti, ma arriva e c’è solo da ringraziare a dedicare i famosi 90 minuti di applausi a questo grande ragazzo. Chase The Sun con il suo

andazzo downtempo esplode in trionfo per la pelle d’oca e la gioia di tutti.

Restiamo in Italia, ma da Carpi ci spostiamo a Roma. Ecco gli

YOUAREHERE, ed ecco December, estratto da Primavera Ep uscito in questo 2013. Il fascino di questo

pezzo sta nella combinazione perfetta degli elementi, nella chitarra che

scorre lì sui beats come se fosse la cosa più naturale del mondo, sta nel suo essere tenebroso ma comunque

aggraziato. Il Bel Paese.

CHASE THE SUN Machweo ft. Smith Comma John

2013 - Leaving Home

DECEMBERYOUAREHERE

2013 - Primavera

BADPOP SET

A cura di Fuzz di Deer Waves

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