27

Balarm Magazine | Idee, personaggi e tendenze che muovono la Sicilia | numero 5

Embed Size (px)

DESCRIPTION

Balarm Magazine è un bimestrale di approfondimento culturale e di costume stampato in 12.000 copie e distribuito gratuitamente a Palermo, Mondello, Monreale, Bagheria

Citation preview

Page 1: Balarm Magazine | Idee, personaggi e tendenze che muovono la Sicilia | numero 5
Page 2: Balarm Magazine | Idee, personaggi e tendenze che muovono la Sicilia | numero 5

balarm magazine 3

balarm magazinebimestrale di cultura e societàanno II n°5 aprile/maggio 2008registrazione tribunale di palermo n° 32 del 21.10.2003

editorebalarm edizioni

direttore responsabilefabio ricotta

progetto graficosalvo leo

redazione via candelai 73 - 90134 palermotel/fax +39 091.7495020 [email protected]

comitato di redazionebarbara randazzo, letizia mirabile, maria teresa de sanctis, marina giordano,saverio puleo, tonya puleo

articolialessandra sciortino, alessia rotolo, antoniocastiglia, carla incorvaia, claudia brunetto,barbara giordano, claudia scuderi, danielesabatucci, fabio manno, gigi razete, giulia scalia, laura maggiore, manuela pagano, marina sajeva, paola catania, rossella puccio,sergio algozzino, sonia papuzza, tommasogambino

fotografieagnese faulisi, carlo gambino, cinzia la mantia,dodo veneziano, federico maria giammusso,gero cordaro, maria luisa ferraro, massimoragusa, mauro d’agati, roberto fenix, silviozaami, soraya gullifa, totò bongiorno

pubblicità tel. 091.7495020 / mob. [email protected]

stampa artigiana grafica

progetto webfabio pileri

tiratura e distribuzione numero chiuso in redazione il 15/4/2008,stampato in 15.000 copie e distribuito gratuitamente in circa 180 punti a palermo, mondello, monreale, bagheria,termini imerese e villafrati (la lista completa dei punti è consultabile a pagina50 di questo numero)

in copertina un’opera di rafael canogar

IN PRIMO PIANOEspaña 1957-2007: da Picasso, Mirò, Dalì ai nostri giorni_6

MUSICAI Tinturia alla riscossa_10

“VoXas” al cuore delle emozioni_12CordePazze, l’ironia è d’autore_13

Pop jazz “Made in Sicily”_14Colapesce, il musical dei siciliani_15

TEATROIl Gruppetto, da Palermo in “Tintoria”_16

“Quattro cunti” e tre cuntisti_18I Quartiatri in “Testa o croce”_20

ARTEMax Ernst e la realtà del sogno_22

Daniele Franzella, scultore ironico e inquieto_24Andy Warhol, trent’anni di Pop Art_25

LIBRI Fulvio Abbate, quarant’anni dopo il ‘68_28

L’indifferenza degli altri_30Agli italieni non resta che piangere_32La città magica e la strega “Mafia”_33

CINEMA“La Terramadre”, un progetto che parla siciliano_34

Il Marchese e lo Spirito Santo_36Luca Vullo, dallo zolfo al carbone_37

SOCIETA’L’emporio “Pizzo Free”_38

“Telefono Amico”, 36 anni di volontariato_40

COSTUMESpeed Date, 4 minuti per dirsi “sì”_42

Combomastas’, u Tagghiamu stu palluni?_44Von Hell Sista e il divine female_46

CIBOPasta ca nunnata una sola ce n’è_48

10

SOMMARIO

16

3834

www.balarm.it

Page 3: Balarm Magazine | Idee, personaggi e tendenze che muovono la Sicilia | numero 5

Cari affezionati lettori, chissà cosa penserebbe Giuseppe Tomasi di Lampedusa, autore del celebre romanzo“Il Gattopardo”, se fosse ancora vivo. Di sicuro si ritroverebbe a rappresentare ancora una volta quella consape-volezza di un immutabile stato di cose di cui è espressione la natura stessa dei siciliani. E' una riflessione che simanifesta spontanea, soprattutto dopo le ultime consultazioni elettorali. E per tale ragione ritorna alla memoriala celebre frase (tratta sempre da “Il Gattopardo”) del principe Tancredi, che deciso a combattere a fianco delletruppe garibaldine, comunica a Don Fabrizio le proprie intenzioni dicendo: “Se vogliamo che tutto rimanga com’è,bisogna che tutto cambi”. Frase singolare, per non dire assurda, che illustra la situazione storica della Sicilia del1860. Una frase che, però, rimane di un’attualità così disarmante da renderci quasi impotenti (ma non rassegna-ti) di fronte ad una situazione di immobilismo politico-sociale che è tipica, non solo della Sicilia dei giorni nostri,ma dell'Italia intera. Oggi, più che mai, tutto continua a cambiare per rimanere così com’è. E' un dato di fatto,un'amara constatazione che forse, un po' per quella che è la nostra storia e un po' per precise volontà politiche,ci condanna ad una vita difficile. Non mi è però chiaro cosa stia esattamente succedendo. Non riesco a metterea fuoco, non capisco in che direzione stiamo andando. Ho il presentimento che in tutto questo rimescolamentoeffimero alla fine ci ritroveremo esattamente come prima. Tra le tante domande che affollano la mia mente, cen'è una che ritorna più spesso delle altre. Se fossero ancora in vita i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino,come sarebbe adesso la Sicilia? Una società civile libera dall'oppressione di una “mala pianta”? Quanto ci piacepensarlo, quanto lo desideriamo. Ma oggi la Sicilia non parla di mafia, la conosce, sa dov’è, la vede tutti i giorniper le strade e tra la gente. Ma non ne parla. Solo i ragazzi lo fanno, i giovani di Addiopizzo, Libero Futuro e ditutte quelle associazioni antimafia presenti nel territorio, che giorno dopo giorno tentano di diffondere la cultu-ra della legalità, dando sostegno concreto ai cittadini. Concludo prendendo in prestito una delle tanti frasi cele-bri che ascoltiamo nei film al cinema: "L'importante non è come colpisci, l'importante è come sai resistere ai col-pi, come incassi. E una volta che finisci al tappeto hai la forza di rialzarti...così sei un vincente". Noi siciliani, dun-que, siamo dei veri campioni. Vorrei non avere dubbi. Buona lettura.

di FABIO RICOTTALa terra del GATTOPARDO

EDITORIALE

balarm magazine 5

Page 4: Balarm Magazine | Idee, personaggi e tendenze che muovono la Sicilia | numero 5

“Nessuno può negare la vitalità e la giovinezzache la lotta porterà all’arte spagnola. Qualcosa di

nuovo e di forte, che la consapevolezza di questamagnifica epopea seminerà nell’animo degli artisti spa-gnoli, apparirà indubbiamente nelle loro opere. Questocontributo dei più puri valori umani a un’arte rinascen-te sarà una delle grandi conquiste del popolo spagno-lo”. Affermava così Pablo Picasso, con l’icasticità che hasempre contraddistinto le sue parole, nel 1937, duran-te gli scontri della Guerra Civile spagnola e dopo ilbombardamento di Guernica, a cui aveva dedicato for-se la più intensa opera mai realizzata sulla guerra. Glianni della dittatura franchista, il sangue, la repressione,la violenza, insieme al dramma del conflitto mondiale,hanno senza dubbio segnato l’evolversi dell’arte iberi-ca della seconda metà del XX secolo, dando vita a lin-guaggi, tecniche, poetiche in cui terrore e tragedia,protesta e disagio, impegno sociale e fuga versodimensioni oniriche o ripiegamenti esistenziali, sacrali-tà e laicismo si sono fusi con esiti di grande forzaespressiva. Un panorama della produzione visiva degliultimi cinquant’anni in Spagna è offerto dalla mostra“España. Arte spagnola 1957-2007. Da Picasso,Mirò, Dalì, Tapies ai nostri giorni”, a cura diDemetrio Paparoni, ospitata presso Palazzo Sant’Eliadal 18 maggio al 14 settembre, promossa dallaProvincia Regionale di Palermo e dall'IstitutoCervantes, con il patrocinio del Parlamento europeo edel Ministerio de Cultura spagnolo, con la collaborazio-ne del DARC Sicilia, e organizzata e prodotta daArthemisia. L’esposizione parte dal 1957, anno in cuinacque il collettivo “El Paso” (Il passo), formato dagliartisti Manolo Millares, Antonio Saura, Rafael Canogar,Luis Feito, Manuel Rivera, Juana Francés, AntonioSuárez e Pablo Serrano che, insieme ai critici ManuelConde e José Ayllón, ne firmarono il manifesto di fon-dazione. Il gruppo, scioltosi nel 1960, voleva dar vita aun’arte “rivoluzionaria, dove coesistano la nostra tradi-zione drammatica e la nostra espressione diretta […],un’opera autentica e libera, aperta alle sperimentazio-ni e all’indagine a tutto campo, non soggetta a canoniesclusivisti e limitativi, […] dove incontrare l’espressio-ne di una nuova realtà, in cui lo spettatore e l’artistaprendano coscienza della loro responsabilità sociale espirituale” (dal Manifesto). Ciò si tradusse visivamentein linguaggi basati sulla forza del segno e sul potereevocativo della materia, su concrezioni magmatiche otempeste di tracce dipinte a distorcere la figura o a gio-care su un’astrazione mai algida, tra informale edimensione fantastica. A proposito dell’Informale, ten-

denza dominante in Europa nell’immediato secondodopoguerra, in mostra ritroviamo le opere del suo piùcelebre rappresentante spagnolo, Antoni Tapies, a cui aBarcellona sono dedicati una fondazione e un museoove è ricostruito il suo itinerario creativo, dalle sugge-stioni surrealiste alle installazioni. Le sue grandi operemettono al centro del quadro il supporto, la sua ribel-lione alla tirannia di qualunque linguaggio, la brutaleschiettezza della tela, dei metalli, di materiali qualelegno, cartone, lana, bronzo, ove si dispiega una pittu-ra epica, travolgente e tormentata nei suoi bruni e nel-le sue scritture. La mostra si dipana secondo areetematiche, seguendo, dunque, percorsi trasversali chevanno dagli anni Cinquanta ad oggi: punto di partenzala figura di Don Quijote di Cervantes, un vero e propriotopos della cultura ispanica, simbolo di una tensioneverso l’altrove, di un’ironia amara che assume toni

grotteschi e tragi-comici per esemplificare il drammadella sconfitta, di una mancata attuazione della conqui-sta di mete irraggiungibili, ma anche emblema di unaenergia indomita e densa di pathos. Dalla sezione del“Quijotismo trágico” si passa a quella del “Misticismopagano”, ove l’esperienza del sacro diviene, sulla sciadei grandi mistici spagnoli, da San Giovanni della Crocea Santa Teresa d’Avila, esperienza fisica, che acuisce ecoinvolge tutti i sensi e che dalla corporeità aspira allacongiunzione con il divino. Come non citare, dunque, ledrammatiche crocifissioni di Miquel Barcelò, espostenel 1998 nella chiesa di Santa Eulalia dei Catalani diPalermo, oggi sede dell’Istituto Cervantes. La terzasezione è dedicata all’ “Existencialismo barrocco”,caratterizzato da un intenso horror vacui visto comeforma di sublimazione di un’inquietudine esistenzialeprofonda. Il richiamo al Barocco suggella quel filo ros-so che lega la cultura ispanica a quello che, non a tor-

di MARINA GIORDANO

IN PRIMO PIANO

ESPAÑA 1957-2007Un panorama della produzione visiva degli ultimi cinquant’anniin Spagna: da Picasso, Mirò, Dalì, Tapies ai nostri giorni, inmostra a Palazzo Sant’Elia dal 18 maggio al 14 settembre

balarm magazine 7

Un’o

pera

di F

ranc

isco

Lei

ro

Pablo Picasso

Page 5: Balarm Magazine | Idee, personaggi e tendenze che muovono la Sicilia | numero 5

to, è stato definito ‘el siglo de oro’, il secolo d’oro del-la Spagna, il Seicento, ove si sarebbero delineati icaratteri più significativi della cultura iberica: il gustodell’apparire, una religiosità patetica ed emozionale, lateatralità, la forte sensualità, la carica espressiva ten-dente quasi all’eccesso del linguaggio. Seguono, infine,le sezioni del “Tenebrismo hispánico” e de “l’AstrazioneSimbolico-formale”: nella prima torna come leitmotivdell’arte spagnola l’intenso rapporto con il nero, con icolori bruni e i chiaroscuri, concretizzazioni visive diumori, emozioni, tormenti, le cui radici possono essereindividuate nelle grandi pitture livide del pittoremanierista cinquecentesco El Greco, che dalla Grecianatia visse in Spagna la maggior parte della sua vita, onelle Pinturas Negras (1819-23) della Quinta del Sordodi Francisco Goya, ove il dramma esistenziale dell’arti-sta diviene emblema dell’ancestrale esplodere delleforze oscure del maligno e dell’ignoranza. Nella sezio-ne che riflette sull’astrazione, invece, viene tracciatoun doppio binario che individua due poli, quello del-l’immaginario surrealista, dello sconfinamento verso ladimensione dell’inconscio, e quello che parte dalle for-me geometriche esistenti in natura, tradotte in unanuova grammatica del segno. In mostra spiccano alcu-ni dei nomi che sono visti come l’emblema dell’arteiberica del Novecento, da Picasso, onnivoro divoratoredi forme e linguaggi, che ha attraversato con la suaarte quasi tutto il XX secolo, a Mirò (a sinistra), poeticomagicien capace di dar vita a costellazioni e universifantastici di segni e forme, a Salvador Dalì, icona sur-realista, artista e personaggio, affabulatore e indomitocreatore di metamorfiche ossessioni. Non mancanoaltri nomi illustri come il cineasta Luis Buñuel, che pro-prio con Dalì creò alcuni capolavori del cinema surrea-lista, o lo scultore Eduardo Chillida, autore di segni pla-stici austeri e lirici al tempo stesso, Juan Munoz, con isuoi inquietanti personaggi-manichini, AntoniMuntadas e le sue azioni-performance, lo stile crudo erealista di Santiago Serra, artista madrileno (1966)autore di sculture, installazioni e performance, matura-to nella Città del Messico degli anni della rivolta zapa-tista e della crisi economico-monetaria (1995) e chemira ad una lucida analisi del sistema economico-sociale globalizzato e a una critica del mondo dell’arte.Una pluralità di linguaggi, di stili, di emozioni, per cer-care di cogliere, attraverso il visuale, il carattere pro-fondo di un popolo che non ha cancellato il suo passa-to, anche quello più drammatico, ma che ha saputoproiettarsi con realismo ed energia nella contempora-neità più radicale.

balarm magazine 8

IN PRIMO PIANO

Page 6: Balarm Magazine | Idee, personaggi e tendenze che muovono la Sicilia | numero 5

alcuni momenti ci siamo trovati senza i musicisti giusti,ma ora abbiamo trovato gente che si diverte a fare musi-ca». Cosa non ha funzionato per il definitivo salto diqualità nazionale?«Io ero convinto di poter fare un salto di qualità e ineffetti abbiamo venduto trentamila copie. Non ha fun-zionato il fatto che voglio vivere in Sicilia. Sto bene comesto, vendo quello che vendo, faccio i concerti che faccio,ma sono felice. Se vuoi fare il salto di qualità, invece, devicurare personalmente ogni giorno immagine e promo-zione, e per chi resta in Sicilia è tutto più difficile». Lino,anche secondo te abitare in Sicilia è un ostacolo alsuccesso nazionale?«Non credo che il successo dipenda dal fatto di abitare inSicilia. Se fai delle cose veramente buone arrivi dovun-que. Se non abbiamo sfondato a livello nazionale, forsela nostra musica non è piaciuta a chi la promuove. Cisarebbero da fare critiche alla discografia, ma la mia èpiù un’autocritica. Non studiamo le cose a tavolino, per-

ché piacciano agli altri. Anche questo disco è spontaneo,rispecchia ciò che abbiamo dentro». Il singolo, “I Don’tKnow”, è particolare: il testo in siciliano e un ritor-nello in inglese cantato con una voce da bambino,che gli dà un sapore internazionale.«Il singolo nasce da un ritornello composto cinque anni

fa, ripreso e fatto sentire a Lello che l’ha riscritto. Poil’abbiamo ri-arrangiato tutti assieme con sonorità un po’british, un po’ internazionali, ma anche quello non ècostruito. Quanto alla lingua, per noi il siciliano è unaspecie di scommessa».Che vi aspettate dal nuovo album?«Consolidare il successo che abbiamo in Sicilia ed esse-re più presenti. Il cinema ci piace, mentre per la tvdipende: l’esperienza con Ficarra e Picone è stata fan-tastica, la televisione è gratificante per l’immagine, maio voglio suonare nei concerti in piazza. Il live rimane ilnostro punto di forza». I Tinturia sono anche online suwww.tinturia.it

Dai papà coi bambini in braccio alle vecchiette. Pochiin Italia vantano un pubblico trasversale come i Tinturia,apprezzati sia dagli amanti di musiche più ricercate chedall’ascoltatore occasionale. Merito delle melodie accat-tivanti, con alcuni pezzi che ormai sono dei veri classici,e di testi che, con un linguaggio diretto, gettano unosguardo sulla realtà. Dopo vari album e presenze tra tv ecinema, i Tinturia ci riprovano col nuovo disco “Di maree d’amuri”. Undici brani di cui abbiamo parlato col can-tante Lello Analfino e il chitarrista Lino Costa. Lello, com’è nato questo disco?«È stato a lungo come compresso dentro di noi. C’eranodelle idee, ma dopo un incontro di pre-produzione leabbiamo accantonate quasi tutte ed è stato come se sifosse aperto un canale. “I don’t know”, il primo singolo,viene da un pezzo che Lino ha scritto con sua moglie,che mi ha dato uno spunto. Prima di sapere di cosa par-lava il ritornello ho scritto un testo ambientalista in sici-liano, vedendo poi che c’era una corrispondenza».

A proposito dei testi,si nota che ci sonomolti riferimenti allasocietà e alle coseche non funzionano.«Sì, ma in maniera iro-nica, sottile, non sia-mo più dei ragazzini divent’anni schierati. Lapolitica in Sicilia è solointeresse del politico.Noi siamo dalla partedel popolo, non ho piùvoglia di fare battaglieperché mi schierereicomunque dalla partesbagliata. Questo nonè disimpegno, non èqualunquismo, néresa: si può fare politi-ca senza avere a che

fare con i politici. Non mi sento piùvicino alla sinistra siciliana, anche serimango di sinistra».Come si fa a fare politica “scaval-cando” i politici?«Il mio strumento è la denuncia.Credo che tutto dipenda dallacoscienza civica dei siciliani. I politicicapirebbero che hanno a che farecon un popolo pensante, non stri-sciante. Dobbiamo andare a testaalta, dire no alla mafia, al clienteli-smo, alle raccomandazioni, al volerfottere il prossimo».Il disco mi sembra più pop deiprecedenti. Diventerete una boyband?«Chissà che alla soglia dei quaran-t’anni non si diventi una boy band!In realtà, se ascolti i dischi deiTinturia non trovi mai le stesse cose,c’è una sorta di crescita, di cambiamento. La cosa che ci contestano spesso è che abbracciamovari stili».Secondo te questo eclettismo vi ha ostacolato?«Per i grandi numeri ci ha sempre ostacolato. I managerdiscografici si lamentano perché non c’è uno stile unifor-me. Ma c’è chi apprezza davvero i Tinturia: siamo in girodal ’94». Però dei punti di continuità col passato cisono. Il reggae, o la canzone italiana, con un’altracover di Modugno.«Modugno lo porto nel cuore. Sono molto attaccato aquesto disco e al primo, mentre per gli altri sono affezio-nato alle canzoni, ma questo nuovo album è corale, ènato stando tutti insieme, invece c’è stato un periodo incui i Tinturia erano musicisti che si incontravano per suo-nare e poi ognuno tornava per la sua strada». Avete mai pensato a dividervi?«Prima c’era un approccio più da “turnista” da parte dialcuni, ma non abbiamo mai pensato di scioglierci. In

MUSICA

balarm magazine 11balarm magazine 10

I TINTURIA alla riscossa“Di mari e d’amuri” è il nuovo disco dellaband siciliana tra pop, reggae e tradizioneitaliana. E testi che parlano di ciò che non vadi DANIELE SABATUCCI

ph. Mauro D’Agati

Page 7: Balarm Magazine | Idee, personaggi e tendenze che muovono la Sicilia | numero 5

Non è una cantante Lucina Lanzara (nella foto), nonnel modo usuale. La sua voce è di quelle che sannodimenticare le pur notevoli doti di estensione, flessibili-tà e bellezza timbrica per abbandonarsi interamenteall’intensità dell’interpretazione, al potere evocativo del-le storie raccontate. Già coi precedenti “De mare” (editoda Rai Trade) e “Il canto del sole”, progetti che l’hannosegnalata all’attenzione nazionale, la vocalist romana(ma cresciuta a Genova e ormai da anni stabilitasi aPalermo) aveva espresso grande temperamento,

mostrando di appartenere a quella assai ristretta schie-ra di artisti per i quali la modulazione della voce, piutto-sto che scintillante ed ostentato esercizio di virtuosismo,è soprattutto strumento privilegiato per giungere alcuore delle emozioni. In “VoXas – Il Grano e l’Alba” vaancor più oltre ed alle suggestioni visive con cui sa dareimmagine, forma e colore ai paesaggi emotivi narratiaggiunge adesso anche la capacità di suscitare moltealtre sensazioni fisiche, perfino termiche ed olfattive,tutte di sorprendente vivezza. C’è, in “VoXas”, un affre-sco assolato, quieto e drammatico ad un tempo, cherichiama le millenarie distese della Magna Grecia, comefossero riprese in un lungo ed aereo piano-sequenza; c’èl’innocenza pagana e naturalistica di amori che congiun-gono umano e divino; c’è il respiro caldo e avvolgente diuna sensualità panica; c’è l’odore del grano falciato difresco e dei covoni lasciati al sole; c’è il brivido leggeroche preannuncia il cedere del giorno all’incalzare delletenebre. E’ storia semplice ma densa di metafore quellanarrata in “VoXas”: l’alba sorge dalla notte, si affacciatrepida sul mondo, si innamora di un campo di grano econsuma quella passione, che è di amore ma anche dimorte (la mietitura), nel breve spazio che le è concessodall’irrompere del sole, dal luccichio impietoso delle fal-ci, dal sudore ansante dei contadini e dalle altre albe cheverranno dopo di lei. Nel disco, edito da Nota Preziosa, adare suono alle immagini ed alle suggestioni sensitiveprovvedono, con grande immedesimazione, il sax teno-re di Stefano D’Anna (il campo di grano), il contrabbas-so di Marko Bonarius (la Terra), le percussioni di RosarioPunzo e la voce narrante di Maurizio Spicuzza oltre,naturalmente, alla flessuosa vocalità di Lucina Lanzara(l’Alba). I tredici movimenti si snodano tra citazione con-temporanea e canzone popolare, jazz e new age, lied edelegia, candore e sensualità, teatro di parola e flussolibero di emozioni. Ma c’è, in “VoXas”, soprattutto lospessore e la flessibilità di una scrittura che consentealle musiche (composte da Bonarius, D’Anna, Lanzara e,in un brano, Paolo Damiani) ed ai testi (di Lucina Lanzarae Nonuccio Anselmo) di offrire piani di lettura anchemolto diversi da quelli fissati su disco, come è stato pos-sibile cogliere dalla formazione, alquanto differente, esi-bitasi a febbraio all’Auditorium della Rai di Palermo, conil contrabbasso di Massimo Patti (la Terra), la chitarra edi live electronics di Francesco Guaiana (il Grano), il violi-no elettrificato di Mario Bajardi (le Spighe e il Giorno), lepercussioni di Michele Piccione, la voce recitante diSpicuzza e quella, meravigliosamente sospesa tra cielo eterra, di Lucina Lanzara. Una storia senza tempo e, perciò stesso, attualissima.

Il nuovo progetto sperimentaledi Lucina Lanzara fra musicajazz, world, new age e reading

balarm magazine 12

di GIGI RAZETE

“VoXas” al cuoredelle emozioni

MUSICA MUSICA

C’è uno sguardo ironico e amaro sulla nostra societànel pop d’autore delle CordePazze, giovane band paler-mitana che dal 2003 (anno in cui si è formata) ad oggi, hafatto un bel po’ di strada, arrivando alla pubblicazionedel primo cd dal titolo “Irrequieti”. Il 2007 è stato l’annodella svolta, con la vittoria del Premio Fabrizio De Andrèe le finali delle selezioni per Sanremo giovani, mancandoper un soffio la partecipazione al Festival. «Dopo il PremioDe Andrè - ci dice Vincenzo Lo Franco, batterista dellaband - ci sono arrivate varie proposte discografiche.Abbiamo scelto l’etichetta indipendente Monnalisa che ciha dato la possibilità di produrre questo nostro primo cd.Ci sono brani storici del gruppo ma completamente riar-rangiati e due pezzi nuovi. Abbiamo inserito sonoritàelettroniche abbandonando la componente esclusiva-mente acustica che ci caratterizzava, ma l’elemento fon-damentale resta la necessità di comunicare, l’ironia e laprovocazione, l’essere politicamente scorretti, quelcarattere estroverso che rende particolari le nostre esibi-zioni dal vivo ma che caratterizza anche il disco». Sonosei, le CordePazze: Alfonso Moscato alla chitarra, voce etesti (nella foto), Michelangelo Segretario al pianoforte,Davide Inguaggiato al basso elettrico e contrabbasso,Vincenzo Lo Franco alla batteria e percussioni, FrancescoIncandela al violino e Davide Severino alla tromba.

«L’esperienza in studio - continua Vincenzo - è stataintensa. Abbiamo registrato in un mese e mezzo di lavo-ro massacrante ma che ci ha arricchito tanto. Devi fare iconti con la voglia di migliorare sempre, ma con la neces-sità, ad un certo punto, di fermarsi e dire: va bene così.E’ un mettersi al servizio della musica che sicuramentearricchirà anche i nostri prossimi live». Ed infatti, l’estatesarà ricca di concerti, con il tour promozionale che por-terà i sei in giro per l’Italia in una quarantina di date. «Ilpezzo di punta del disco è “La sinfonica sociale”, - diceancora Vincenzo - che racconta di una nota stonata chenon vuole stare all’interno dell’armonia ma che alla finecomprende che, per quanto si voglia stare al di fuori deglischemi, ci si deve allineare sul rispetto di alcune regolefondamentali. Poi c’è il pezzo che abbiamo presentatoalle selezioni per Sanremo, “Sono morto da cinque minu-ti”, un ode alla vita; “La canzone dello spacciatore” concui abbiamo vinto il premio De Andrè e “Giovannino sen-za paura”, una ballata folk che parla di mafia». Ci credo-no, le CordePazze, nella loro musica e ci si dedicano conserietà e impegno: «Il nostro più grande desiderio è divenire licenziati per assenteismo dai nostri attuali lavori:vorrà dire che la musica sarà diventata la nostra attivitàfondamentale e che ci permetterà di vivere». CordePazzeonline su www.myspace.com/cordepazze.

balarm magazine 13

CordePazze, l’ironia è d’autoredi BARBARA GIORDANO

Nel primo cd musicale del gruppo palermitano sonorità elettroniche ed atmosfere acustiche

ph. Dodo Veneziano

Page 8: Balarm Magazine | Idee, personaggi e tendenze che muovono la Sicilia | numero 5

Chi l’ha detto che la musica popolare ha bisogno diuscire dagli stereotipi sviluppando un linguaggio univer-sale per diventare comunicativa? Sempre controversesono le reazioni di fronte a rimpasti sonori di brani del-la tradizione, rivisitazioni e riletture che già di per sédestano pregiudizi. È dunque un’impresa non facileimbarcarsi, da esecutore o arrangiatore, in questascommessa. Premesse d’obbligo per addentrarci nellavoro discografico promosso da Alfredo Lo Faro per lasua etichetta Made in Sicily dal titolo “The songs” (in

distribuzione in negozi di dischi, librerie, edicole, bar,alberghi, ristoranti, aeroporti al costo di 4,90 euro).L’obiettivo primario di questa produzione è quello di dif-fondere il patrimonio tradizionale siciliano attraversoarrangiamenti in chiave pop-jazz affidati a musicisti pro-fessionisti del panorama locale. Parte dell’OrchestraSinfonica Siciliana e dell’Orchestra The Brass Group, duerealtà lontane per repertorio e prassi esecutiva, direttecoraggiosamente (non è facile d’altronde gestire più di100 musicisti per la prima volta in un’unica compagine,metà dei quali poco avvezzi al linguaggio jazzistico) daVito Giordano e Nico Riina, supportano le voci soliste diMara Eli e Anita Vitale (nella foto) con special guests, tragli altri, Francesco Cafiso e Orazio Maugeri (sassofoni),Francesco Buzzurro (chitarra), Giuseppe Milici (armoni-ca) e Ruggero Mascellino (fisarmonica). Indispensabilel’apporto di sei diversi arrangiatori siciliani: Nico Riina,Rita Collura e Anita Vitale, Massimo Scalici, GiuseppeVasapolli, Ninni Pedone. Le canzuni rivisitate spazianodalle tradizionali Colapisci e Mi votu e mi rivotu sino a Lupisci spada di Domenico Modugno e Nun lu sapiti diEsposito-Maglia. Come non rifarsi in certi casi alle inter-pretazioni di Rosa Balistreri o dello stesso Modugno?Scevri da questi condizionamenti cerchiamo di tenerconto soprattutto dell’aderenza della musica al testo,non potendo trascurare tuttavia i caratteri della tradi-zione nostrana se non a favore di un senso più profon-do, un sovra-senso. Solo così si può giustificare unamossa commerciale che punti ai giovani ma senza pec-care in qualità. Nelle due prime tracce del disco, “Sicilia”,interpretata da Mara Eli, e “Abballati” cantata da AnitaVitale (presente in sole due track) compaiono le due vocisoliste in evidente contrasto: laddove la voce della Eli,chiara e limpida e tendente al fraseggio pop risultameno consona al repertorio, mentre una pur swingata“Abballati” rivela una vocalità più scura e duttile con unrespiro e degli accenti più vicini alla tradizione popolare,complici forse gli arrangiamenti di Collura-Vitale di que-sto brano e di “La siminzina” entrambi interpretati dallastessa Vitale. “Amuri e Fantasia” è invece un tango,godibile, eseguito con dovizia di particolari, ma l’ade-renza al testo si smentisce alla quarta traccia, propriosull’arrangiamento soft del tormentato “Mi votu e mirivotu”. Anche “Lu pisci spada” risulta meno drammati-ca di quanto non sia, mentre “Nun lu sapiti”, pur sediscutibile, centra il senso nell’arrangiamento di Scalici.Più interessanti, forse perché più fedeli alle sonorità ori-ginali, sono gli arrangiamenti della “Barunissa di Carini”,di “E Vui durmiti ancora” e, su tutti, “La siminzina”,rispettivamente di Riina, Scalici e Vitale-Collura.

Il patrimonio tradizionale siciliano in chiave pop-jazz nel cd promosso da Alfredo Lo Faro

balarm magazine 14

di ALESSANDRA SCIORTINO

MADE IN SICILY

MUSICA MUSICA

Aprendo le finestre delle nostre case quello che spes-so vediamo è una terra fatta di contraddizioni. I fasti diantiche dominazioni sono solo ricordi che trasudano daipalazzi diroccati dei centri storici delle città della Sicilia,ma quando si solca lo stretto di Messina ecco che qual-cosa afferra allo stomaco e non molla, cominciano amancare gli odori, i sapori, le luci, i volti. La Sicilia in tut-te le sue espressioni, anche quelle più marginali, allaquali raramente si desta attenzione, tornano indietrocome un boomerang facendo sospirare i suoi abitanti.Siamo un popolo frustrato, dilaniato da mille sconfortan-ti vicissitudini, ci hanno tolto molto, ma ciò che rimanefervida è la dignità, l'identità. Leggende, racconti, modidi dire, proverbi, miti siciliani, ricordano e insegnano lasaggezza di un background che abbiamo e che ci portia-mo appresso ovunque. Il maestro Martino Brancatello,direttore della Roland Music School di Palermo, conoscebene questi sentimenti, è stato spesso in giro per il mon-do a suonare con grandi orchestre e la voglia di tornarea Palermo lo attanaglia sempre. Aspettava da tempol'ispirazione giusta per scrivere un'opera che gli permet-tesse di raccontare queste emozioni, per tradurle inmusica. L'occasione arriva inaspettata quando un giornola figlia, gli chiede di raccontarle la storia mitologica diColapesce. Da allora quattro anni e mezzo sono passatie quella che era solo un’idea oggi è diventata realtà: un

musical tutto siciliano che verrà presentato al pubblico,in anteprima nazionale a Palermo, il prossimo ottobre,per poi spostarsi in tournee in tutta la Sicilia. «La storia -dice Martino - non spiega il mito in sé, sarebbe sconta-to, ma guarda la vicenda di Colapesce da un'altra pro-spettiva, racconta col linguaggio del melodramma lastoria d'amore che vive Cola, l'eroe messinese dalle por-tentose doti natatorie, vissuto intorno alla metà del1100, che sacrifica la propria vita per il bene della Sicilia».Vuole essere un grido di speranza, l'inno dei siciliani. Unastoria nella quale cambia il tempo, gli uomini, i luoghi,ma che sarebbe perfettamente riadattabile ai giorninostri, quella di un uomo che si immola per il bene altrui.Le musiche e il soggetto sono, appunto, di MartinoBrancatello, mentre le liriche di Valeria Martorelli che hamagistralmente tradotto sentimenti antichi e profondi inpura poesia. Il progetto è ambizioso e prevede: sul pal-coscenico, un cast formato unicamente da giovani arti-sti siciliani, mentre dietro le quinte, un team di grandiprofessionisti. I provini, le audizioni nonché la prepara-zione vocale ed artistica è affidata alla Roland MusicSchool. Martino ha voluto che l'opera fosse in italiano enon in dialetto in modo che tutti possano capirne i con-tenuti, affinché un giorno questo musical possa andarein tournée anche oltre lo stretto, sempre che Scilla eCariddi siano d’accordo.

balarm magazine 15

COLAPESCE, il musical dei sicilianidi ALESSIA ROTOLO

Nella nuova opera del maestro Martino Brancatello la storia d'amore di uno dei miti più antichi di Sicilia

ph. M

assi

mo

Ragu

sa

Page 9: Balarm Magazine | Idee, personaggi e tendenze che muovono la Sicilia | numero 5

balarm magazine 17

“Tutti per uno, uno per tutti”, il motto è noto,eppure non siamo nel bel mezzo di un’avventura

di D’artagnan e i moschettieri del re, anche se sempre diun ben affiatato quartetto si tratta, e più precisamentedi attori: Il Gruppetto. Parliamo della compagnia di tea-tro comico brillante formata da Emanuela D'Antoni,Giorgia Lo Grasso, Giuseppe Sorgi e Rosario Terranova. Iquattro, partiti insieme dalla natia Palermo, dai teatridella loro città sono ora approdati alla televisione nazio-nale. I nostri infatti sono entrati in pianta stabile nel castdel programma televisivo “Tintoria” in onda su Rai Tre,uno dei tanti impegni per i quali da qualche tempo è aRoma che “fanno casa”, come ci dice il regista del grup-po, Giuseppe Sorgi. E inoltre abitano insieme nella capi-tale (ottimizzazione di tempi e di costi) dando così anco-ra più ragione d’essere alla citata frase di dumasianamemoria. Conoscendo le vicende artistiche della com-pagnia poi, ci si rende subito conto come questa sceltaprofessionale, e inevitabilmente di vita, non sia statadettata da quello spirito di avventura giovanile che tan-to bene fa ai sogni (e certe vol-te purtroppo tali li fa rimanere),quanto invece sia il risultato diun ponderato progetto sullebasi di un continuo percorso dicrescita ricco di fatiche sì, maanche di soddisfazioni. Infatti,prima del grande passo (dal2007 sono in pianta stabile aRoma), dopo più partecipazionia festival e rassegne, ricevendoanche premi e riconoscimenti (Cabarèt amore mio!,Premio Walter Chiari, Premio Franco Franchi e CiccioIngrassia), nel 2006 i quattro vincono il Premio Charlot,sono ospiti fissi in tv nel programma Supertrambusto diEuropa 7 e si aggiudicano il secondo premio al FestivalCabarèt di Modena. Il tutto continuando a girare l’Italiacon gli spettacoli scritti da Giuseppe Sorgi e diretti daPippo Spicuzza, attore e regista palermitano di recentescomparso. Quindi, considerata da una parte l’impossi-bilità di essere sempre in viaggio e dall’altra la mole viavia crescente di impegni televisivi (nel 2007 sono fra icomici del programma “Tribbù” in onda su Rai Due), allaluce poi del fatto che ormai era ben poco quel chePalermo poteva loro offrire, il trasferirsi a Roma diventainvero più una necessità contingente che non un passorischioso. I quattro, con diverse esperienze teatrali allespalle, fanno la loro prima apparizione insieme nel 1998a Palermo con “Un problema alla volta”, spettacolo scrit-to da Giuseppe Sorgi con la regia di Pippo Spicuzza. Gli

artisti hanno comunque con Palermo un legame profon-do, non solo perché hanno la città nel cuore, ma piutto-sto perché è proprio grazie a Palermo che Il Gruppettoha potuto crescere e soprattutto incontrare il registaPippo Spicuzza che, artisticamente parlando, li ha adot-tati, divenendo per loro non solo un maestro dal puntodi vista professionale, ma anche qualcosa di più. «Pippoè stato per noi la chiave di tante cose, – dice non senzauna certa emozione Giuseppe Sorgi – un grande uomodi teatro che ci ha rivelato una serie infinita di trucchi delmestiere, ci ha incoraggiato ad andare via ma ci haanche insegnato a non essere divorati dalla nevrosi perquesto lavoro, a mantenere sempre un certo distacco».E certo poi non è cosa da poco avere un teatro a dispo-sizione - «come se fosse la mia cantina» aggiungeGiuseppe Sorgi – in una città dove il problema sempi-terno per i teatranti è quello degli spazi. Un altro puntodi forza poi della compagnia è la grande armonia che liaccompagna nella vita professionale e non solo, un’una-nimità tale di vedute (anche per quanto riguarda le scel-

te economiche) da condurli per-sino, come già detto, a viverenella stessa casa. «Quattro carat-teri diversi ma siamo sempreconcordi su quello che vogliamofare» sottolinea ancora GiuseppeSorgi. Dopo Pippo Spicuzza, unaltro importante incontro per IlGruppetto è quello avuto conPino Quartullo, regista de “Lafamiglia Lo cicero” (in scena nel

dicembre 2007 a Roma e a Palermo), autore del testoinsieme con Giuseppe Sorgi, che di lui ci dice «Un gran-de regista teatrale con la mente rivolta ai giovani, senzadubbio ci è stato mandato da Pippo da lassù». L’ultimolavoro portato in scena da Il Gruppetto si intitola “Unproblema alla volta”, un nuovo allestimento la cui regiastavolta sarà curata dallo stesso autore, Giuseppe Sorgi.La commedia ruota intorno al teatro: un corso di recita-zione per non professionisti vede coniugi in crisi e singlein pena quali novelli teatranti alle prese con una rivisita-ta versione dell’Otello che offre non pochi spunti per untourbillon di gag frenetiche al cardiopalma (l’affiata-mento fra i quattro crea sempre sulla scena esilarantisincronismi) in uno spettacolo che è un ulteriore omag-gio alla memoria di Pippo Spicuzza. E se li perdiamo ateatro, c’è sempre la televisione: oltre alla Rai si prospet-tano nel loro futuro anche programmi per Mediaset. Perchi poi volesse saperne ancora di più, basta consultarneil sito all’indirizzo www.ilgruppetto.net.

TEATRO

IL GRUPPETTO

di MARIA TERESA DE SANCTIS

La compagnia palermitana di teatro comico brillante è entrata in pianta stabile nel cast del programma televisivo "Tintoria" in onda su Rai Tre

La loro prima apparizione ènel 1998 a Palermo con

“Un problema alla volta”, spettacolo scritto da

Giuseppe Sorgi con la regia di Pippo Spicuzza,

recentemente scomparso

ph. Maria Luisa Ferraro

Page 10: Balarm Magazine | Idee, personaggi e tendenze che muovono la Sicilia | numero 5

Chissà cosa ne pensa Mimmo Cuticchio? Chissàcome giudica questi tre giovani cuntisti che rielaboran-do tecniche di narrazione vecchie di secoli rievocano ifantasmi della Palermo dei curtigghi (vedi cortileCascino) e delle vanedde (vedi via Scippatesta, via delleSedie Volanti), dando voce a quell’epica palermitanaconosciuta a menadito dai nostri nonni e nonni avi -avventori di taverne alla briaria o al capo - e da queipochissimi iniziati capaci di comprendere il baccag-ghiu? Non so Mimmo Cuticchio - da molti dipinto come

purista e protettore del cunto tout court - ma ho la sen-sazione che Salvo Licata avrebbe certamente gradito esostenuto Gaetano Celano - nipote di Don Peppino(cuntista della Palermo antica, nella foto, ormai scom-parso), Maurizio Maiorana e Salvo Piparo. Di questanouvelle vague di cuntisti fanno parte anime diversetra loro: alcuni sono figli d’arte, altri musicisti o addirit-tura sinceri autodidatti. Tutti insieme andranno in sce-na a Palermo con uno spettacolo di Fabrizio Lupo:“Quattro Cunti”. Descrivendo i contenuti dello spettaco-lo Fabrizio Lupo, noto scenografo e da diversi anniormai anche regista teatrale, dice: «La mia è una rap-presentazione cattiva che racconta una cultura povera,governata ancora oggi da una aristocrazia opprimente,che intreccia l’epica carolingia, con l’epica della storiapiù o meno antica della città di Palermo e con l’epicadel disastro culturale odierno». I tre protagonisti nonsono degli attori e non interpretano nessun ruolo inscena. Sul palcoscenico ognuno di loro sfiderà il compa-gno a colpi di cunti, sfruttando al meglio le proprie abi-litità affabulatorie. Proprio come avvenne alla tavernadi Tabbard di Chauceriana memoria dove i pellegrini insosta per la notte, dal mugnaio al cavaliere, dalla suoraal giovane studente occuparono il tempo a sfidarsi avicenda a colpi di novelle. Anche in “Quattro Cunti” lascena si svolge in una taverna ma di certo non si spillabirra non filtrata come nell’Inghilterra di Chaucer. Nelletaverne siciliane (purtroppo quasi scomparse del tutto)si beve tri quarti e ‘na azzusa e si fa il tocco giocando asutta e patruni. E proprio in questa atmosfera di festae di lutto, di gioco e angherie, dove il vino rosso fa dacarburante e dove la sciarra sta dietro ad ogni parola lecui finali sono sbiadite dall’alcool e dove è facile dafraintendere, che i tre cuntisti si fanno il segno dellacroce. Fabrizio Lupo mi spiega che prima di ogni cunto,era un gesto automatico per il cuntista farsi il segnodella croce. Un rito necessario prima che il corpo e lavoce del cuntista iniziasse a diventare altro da sé. Lospettacolo conclude il regista: «Non è mai uguale aquello della sera prima. I Cuntisti hanno piena libertà.La narrazione è loro patrimonio e la interpretano sem-pre a modo diverso». “Quattro Cunti” sembra avere tut-te le carte in regola per diventare uno spettacolo di cul-to. Uno spettacolo che guarda dritto negli occhi allaPalermo antica, senza reticenze e senza perbenismi.Come ogni rito che si rispetti, pagano o religioso che sialo spettacolo finisce con un caposaldo della culturapopolare palermitana: a masculiata. I tre cuntisti ipno-tizzano e incantano con una rutilante narrazione moz-zafiato a tre voci. Altro che dervisci rotanti!

Tre giovani cuntisti rievocano la Palermo antica nel nuovo spettacolo di Fabrizio Lupo

balarm magazine 18

di FABIO MANNO

QUATTRO CUNTI

TEATRO

Page 11: Balarm Magazine | Idee, personaggi e tendenze che muovono la Sicilia | numero 5

TEATRO

Da due anni lavorano nel teatro e per il teatro, in unpiccolo spazio nel cuore del quartiere Capo a Palermo.Sono i giovani attori e le giovani attrici della compagniaQuartiatri che hanno appena ultimato il loro ultimospettacolo. “Testa o croce” rappresenta un nuovo tra-guardo e in attesa di un calendario di date, è stato unimportante banco di prova per affrontare la dramma-turgia e la regia in chiave diversa. Per la prima volta,infatti, c’era un occhio esterno a seguire la costruzionedello spettacolo, quello di Dario Mangiaracina, attoredel gruppo. «Abbiamo sentito l’esigenza della figura delregista – dice l’attore – Qualcosa è cambiato. Sentiamodi essere pronti per uscire allo scoperto e per far arri-vare a un più vasto pubblico il nostro teatro». Alle spal-le due spettacoli che hanno già girato molto: “Nel bludipinto di blu” e “Dove le stesse mani…”. In scena DarioMuratore, Chiara Muscato, Gisella Vitrano e MarcellaVaccarino. I Quartiatri hanno scommesso sullo spirito digruppo e sulla condivisione della formazione.«Partiamo sempre da una fase laboratoriale – continuaMangiaracina – Per questo su ogni spettacolo lavoria-mo per lungo tempo. Poi iniziamo le prove e alla fine ildebutto. Tutto nasce sempre dagli attori, e anche quan-do partiamo da un testo, questo si modifica via via connuove battute e nuove interazioni». Uno dei problemicon cui si confrontano quotidianamente è quello della

mancanza di uno spazio adeguato per fare teatro. In 26mq costruiscono lo spettacolo e invitano le persone piùvicine ad assistere a qualche prova aperta. Ma trovareun luogo adatto per invitare un pubblico numeroso ecalendarizzare lo spettacolo, è sempre un problema. Liabbiamo visti in prima linea nella recente occupazionedel capannone Spazio Nuovo dei cantieri alla Zisa, doveinsieme ad altre compagnie hanno portato avanti il loropercorso creativo. E anche i Quartiatri sono entrati nel-l’associazione temporanea di scopo, Spazio Zero-Teatrodei Cantieri, che cerca di mantenere viva l’attenzionesull’emergenza cultura a Palermo e propone una CasaTeatro dove catalizzare le energie e i progetti delle gio-vani compagnie presenti sul territorio. Come gruppohanno coltivato esempi da seguire, ma hanno anchevoluto superarli. Dal teatro di Emma Dante al grandeNekrosius, dai Raffaello Sanzio a «ogni spettacolo inte-ressante che ci capita di vedere – dicono gli attori – per-ché nutrirsi di teatro aiuta il processo creativo». Fra iloro desideri futuri, c’è quello di portare i loro spettaco-li in Festival italiani ed europei per un confronto direttocon il panorama teatrale contemporaneo. Una compa-gnia che dimostra di avere almeno tre carte vincenti:una prorompente passione, una freschezza creativa euna seria disciplina nel lavoro. I Quartiatri sono onlinesu www.quartiatri.it.

balarm magazine 20

I QUARTIATRI in “Testa o croce”

di CLAUDIA BRUNETTO

La giovane compagnia palermitana è prontaper “uscire allo scoperto” con nuovo spettacolo

ph. Agnese Faulisi

Page 12: Balarm Magazine | Idee, personaggi e tendenze che muovono la Sicilia | numero 5

“Il poeta futuro supererà l’idea deprimente del-l’irreparabile divorzio tra l’azione e il sogno”

afferma nel 1934 André Breton, poeta e guida spiritua-le del Surrealismo, riferendosi al merito indiscutibile delmovimento d’avanguardia nato in Francia che, dopo ildisastro della Prima Guerra mondiale, ha visto artisti,scrittori e intellettuali impegnati nel colmare il vuotocreatosi tra società e arte, tra libertà sociale e libertàindividuale. Il Surrealismo si fondava su un sistema diconoscenza che intendeva liberare l’uomo e la societàdai pregiudizi dello stile di vita borghese e dal pensierologico, grazie alle scoperte psicanalitiche di Freud e alleteorie sociali di Marx. La ragione aveva fallito ed eranecessario volgere lo sguardo altrove. Max Ernst (Brühl,1891-Parigi 1976), uno dei protagonisti principali delmovimento surrealista, ha applicato all’arte la poeticadell’automatismo. Al suo genio dobbiamo l’invenzionedi una serie di procedimenti che rivoluzionarono radi-calmente le modalità di percezione dell’arte e dellacreatività. La volontà di irrompere nella storia con unavisione nuova che affonda le sue radici nelsogno e nella poesia è il leitmotiv dellamostra “Max Ernst nella collezione Würth”curata da Sylvia Weber e realizzata in collabo-razione con l’Assemblea Regionale Siciliana ela Fondazione Federico II, visitabile a Palermoa Palazzo dei Normanni fino al 15 luglio (dalunedì a sabato, ore 8.30-17; domenica, ore8.30- 12.30). Le sessantatre opere espostefanno parte della collezione privata del mece-nate Reinhold Würth, noto per il contributodecisivo al restauro della Cappella Palatina. Le operedella collezione sono state selezionate grazie all’appor-to critico di Werner Spies, direttore del CentrePompidou di Parigi dal 1997 al 2002, che ha permessoil formarsi di uno dei nuclei collezionistici più ampi, cir-ca cento opere, dedicati ad Ernst. L’automatismo psichi-co, come sottolinea Breton nel Manifesto delSurrealismo del 1924, è “il dettato del pensiero, inassenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione”.Ernst trovò il modo di applicare l’automatismo alle arti,grazie alla scoperta di nuove tecniche atte a sottrarre aldominio delle facoltà coscienti l’elaborazione dell’ope-ra. L’arte non attingerà più all’imitazione della realtà masi rifarà a un “modello interiore”. L’artista provenivadall’esperienza dadaista che gli aveva permesso di spe-rimentare la tecnica del collage definito “come un com-posto alchemico di due o più elementi eterogenei cherisulta dal loro inaspettato accostamento”. L’immagineinfatti punta sulla dissimilitudine, sulla necessità di sca-

tenare nel fruitore un effetto “shock”. Il collage surrea-lista differisce dunque dal papier collé cubista, selezio-nato in base alle sue qualità formali. La tecnica surrea-lista si oppone invece ai processi artistici tradizionali.Ciò è evidente nelle illustrazioni di Répétitions (1922)realizzate per il testo di Paul Eluard e nell’opera Lesmaleheurs des immortels (1922). La femme 100 têtes(1929) è il primo romanzo-collage. I ritagli assumonoinfatti una valenza narrativa anche se la consequenzia-lità del racconto viene spesso interrotta e non risultacomprensibile. Come afferma Spies, «l collage è soddi-sfazione del desiderio». La necessità di reperire nuoveradici ha spinto Ernst ad approfondire la conoscenzadelle culture dell’isola di Pasqua e degli esquimesi. Ilgruppo di sculture Corpo insegnante per una scuola digangster (1967) evoca la scultura tribale e la divinitàbifronte Janus (1974) celebra una sessualità libera, con-sapevole della sua ambivalenza. Nel 1925 Ernst inventail frottage. Come annota in Au delà de la peinture, eraarrivato alla tecnica dello sfregamento restando affasci-

nato dalle marezzature del pavimento. L’ HistorieNaturelle (1926) è la prima opera realizzata con questotipo di procedimento automatico che consiste “nel rical-care”. Le parole di Ernst, a questo proposito, sono illu-minanti: “Andando attraverso la foresta e guardandoostinatamente per terra si scoprono cose stravaganti emeravigliose […]”. Maximiliana (1964), enciclopediaillustrata che rappresenta il culmine del metodo auto-matico, si basa sulla storia di Tempel, astronomo senzalaurea. Ernst, artista autodidatta, si rispecchia nel pro-tagonista. Afferma Spies: «Ernst motiva con ironia la suainibizione nei confronti della pittura spontanea: di fron-te al foglio bianco sarebbe colto da una sorta di com-plesso di verginità». Attraverso le sue tecniche riesce adaccostarsi alla meraviglia della creazione come l’astro-nomo Tempel che osserva con il telescopio l’immensitàdel firmamento. «Max Ernst - afferma Breton - ha real-mente stregato le sue pagine che sono palpebre chehanno preso ad aprirsi e chiudersi di continuo».

ARTE

balarm magazine 23

MAX ERNST e la realtà del sogno

di GIULIA SCALIA

Sessantatre opere provenienti dalla collezione privata del mecenate Reinhold Würth sono in mostra a Palermo, a Palazzo dei Normanni, fino al 15 luglio

balarm magazine 22

Page 13: Balarm Magazine | Idee, personaggi e tendenze che muovono la Sicilia | numero 5

Andy Warhol (1928-87), rutilante creatore di iconeed icona egli stesso della Pop Art, continua a esercita-re un intenso fascino presso il grande pubblico peraver scelto come tema della sua opera la cultura dimassa, gli oggetti del consumo quotidiano, i protago-nisti dello star system. Egli ha teorizzato quella mitolo-gia dell’apparire più che dell’essere che lo ha condottoa costruire su di sé un personaggio – quell’inconfondi-bile parrucca bianca e quel viso chiarissimo da albino-e ha vissuto l’arte come business, facendo della suafirma un vero e proprio marchio di fabbrica. L’artistaamericano è al centro della mostra “Andy Warhol –Storia del mito per immagini”, visitabile fino al 29giugno presso il Loggiato di San Bartolomeo diPalermo (ingresso libero; da martedì a giovedì, ore 10-13 e 16-21; da venerdì a domenica, ore 16-24), orga-nizzata dall’associazione M.A.R.E. con il supporto inSicilia della società Argomenti di Amelia Bucalo Triglia& C. L’esposizione comprende un centinaio di opereprovenienti quasi tutte dalla collezione Rosini-Gutman,nata dalla fusione della raccolta dei Rosini, storicafamiglia di galleristi romagnoli, e di Delilah Gutman,moglie di Gianfranco Rosini, il quale nell’arco di ven-t’anni ha costruito una delle più ricche collezioni anto-logiche del maestro della Pop Art. Essa prende avviodal Gold Book del 1957, realizzato da Warhol in occa-sione della sua prima personale newyorkese presso laBodley Gallery e composto da venti opere rilegate amano con ritocchi ad acquerello. Segue la carrellata diritratti, volti illustri di Hollywood, da Liz Taylor aMarilyn Monroe, da Liza Minnelli a Sylvester Stallone,personaggi come Mao o Joseph Beuys, sino ai suoi ami-ci, raffigurati nella serie Ladies&Gentlemen. Ogni sog-getto viene isolato, decontestualizzato, ingrandito,alterato nelle tinte, raffigurato con tecniche (quasisempre la serigrafia) che vogliono riproporre l’imper-sonalità e l’anemotività delle riproduzioni meccaniche;allo stesso tempo, però, esso viene sottratto all’anoni-mato e all’obsolescenza inevitabile della società del-l’immagine per essere reso eterno, innalzato al ruolo dipersonaggio. Non mancano le serie dei Flowers,moderne rivisitazioni delle nature morte della pitturaclassica, seducenti riproposizioni del tema della

Vanitas, con alcuni pezzi ritoccati a mano e resi unicidall’artista, o quelle degli Space fruit e di DiamondDust Shoes, realizzate con polvere di diamante einneggianti al feticismo della moda. Presenti in mostraanche le opere che testimoniano il rapporto tra Warhole il mondo della musica, come la celebre banana dise-gnata per la copertina dell’album più noto dei VelvetUnderground (1967), di cui l’artista fu produttore epromotore. Dopo la ristampa del disco “VelvetUnderground and Nico”, sono i Rolling Stones a chiede-re a Warhol di realizzare la cover per l’album “StickyFinger” (1971) e lo stesso Mick Jagger viene immorta-lato in uno dei celebri ritratti warholiani. Ad accompa-gnare le opere, anche le immagini del fotografo DinoPedriali, che seguì Warhol durante tutte le tappe di unsuo viaggio in Italia, con più di cinquanta scatti cheoffrono anche alcuni momenti della quotidianità del-l’artista, ove persino la banalità diviene spettacolo.

E chi l’ha detto che l’arte di qualità è intrinsecamen-te legata a una dimensione mondana, fatta di aperitivi evernissage a cui non mancare? Questo è quello che misono chiesta dopo aver conosciuto meglio DanieleFranzella, lo scultore palermitano del quale capita pocodi sentire parlare rispetto ai suoi colleghi, sicuramentealtrettanto talentuosi, ma di certo più presenzialisti edisinvolti in quel mondo inesorabile che prende il nomedi “Sistema dell’Arte”. Daniele è all’opposto; e forse è unpeccato: la profondità delle idee e la virtuosità del suo

lavoro meriterebbero una visibilità maggiore di quellaavuta finora. L’ultima sua apparizione è stata quella nel-l’ambito della manifestazione di arte nello spazio urba-no “Via Alloro inart”, curata lo scorso settembre da Evadi Stefano, con l’installazione di tre teche contenentigrandi ex-voto, che rappresentano il tema centrale delsuo lavoro, ossia il corpo e la sua caducità. Questo suointeresse risale ai tempi dell’Accademia, quando Danielefrequentava il corso di scultura, in cui lo studio attentodel corpo umano stava alla base delle più tradizionalidelle sculture figurative. Nulla a che vedere, però, conquesto tipo di statuaria, hanno le opere di Franzella; isuoi corpi, o i brandelli di esso, sembrano venuti piutto-sto da una fabbrica che da un atelier; questo perché èesplicito nelle intenzioni dell’artista il voler plasmaredegli oggetti che prendano in giro i prodotti industriali,le cui superfici smaglianti seducono chi guarda fuori dal-la vetrina. Oggetti belli ma inutili, come i souvenir, glistessi che il padre vende nel negozio di famiglia. Maquesto è soltanto la “buccia”, come lui stesso afferma,del suo lavoro: infatti, all’inutilità dell’oggetto in serie,egli affianca la fede nell’utilità di un’arte che è ancheterapeutica, in cui i tempi lunghi necessari alla realizza-zione di queste opere, così perfette da competere conquelle fatte dalla macchina, aiutano ad esorcizzare lepaure più nascoste. «Siamo una generazione di ipocon-driaci!», dice Franzella, il quale ammette di studiareattentamente il corpo per avere maggiore controllo sudi esso, e per allontanare la paura del suo indebolimen-to o della sua malattia. Crea corpi fittizi a cui non puòaccadere mai nulla, astucci simili a sarcofagi che hannoil fine di proteggere dalle minacce del mondo esternostesso o chi si ama, come nel caso dell’astuccio sagoma-to sul corpo della sua compagna, il primo di questaserie, realizzato per la mostra “Il Cantico dei Cantici”(2005), il cui tema era quello di interpretare il rapportoamoroso, come quello tra Dio e la Chiesa raccontato nel-l’omonimo libro della Bibbia. Caratteristica precipua siadegli ex-voto (il ricordo della malattia) che degli astucci(il rifugio del corpo), è quella di non avere una maniglia,obbligando a il loro trasporto con un reale sforzo fisico,sotto braccio, in un rapporto morboso con quello cherappresenta, come a marcare l’ossessione sottesa. Unsenso di inquietudine, quindi, attraversa tutto il lavorodi Franzella, il quale, però, sa sapientemente stemperar-la, sia con il rimando alla sfera dell’oggetto-merce, siacon una dose di intelligente ironia, come quella presen-te nella sua recente serie di improbabili ortaggi biomor-fi (un cuore-finocchio o un asparago-pene), pronti peressere venduti al banco della frutta.

Scultore palermitano, ironico einquieto: crea corpi fittizi a cui non può accadere mai nulla

balarm magazine 24

di MARINA SAJEVA

DANIELE FRANZELLA

ARTE

balarm magazine 25

ARTE

Andy Warhol, trent'anni di Pop Artdi MARINA GIORDANO

Arte, genio e provocazione: in mostra a Palermo uncentinaio di opere tra grafiche, oggetti, foto e video

Page 14: Balarm Magazine | Idee, personaggi e tendenze che muovono la Sicilia | numero 5

Mezzo secolo di arte spagnola, pittura, scultura einstallazioni per oltre cento opere di settanta artisti frai quali Picasso, Mirò, Dalì, Barcelò, Muñoz. PalazzoSant’Elia a Palermo ospita “España - Arte spagnola1957.2007”, la mostra promossa dalla Provinciaregionale di Palermo e dall’Istituto Cervantes diMadrid (organo ufficiale del Ministero degli Esteri spa-gnolo), curata da Demetrio Paparoni. Prodotta daArthemisia, è organizzata con il patrocinio delParlamento europeo e del Ministero della CulturaSpagnolo e con la collaborazione del Darc Sicilia (ilDipartimento per l’Architettura e l’ArteContemporanea della Regione Siciliana). Dai grandimaestri che hanno segnato il XX secolo sino ai con-temporanei, per consacrare Palazzo Sant’Elia comesede museale d’eccellenza: l’allestimento è concepitoper sfruttare al meglio lo spazio espositivo di PalazzoSant’Elia, gioiello settecentesco acquistato dallaProvincia nel 1985 e sottratto al degrado grazie all’in-tervento della Giunta Musotto. Il recupero è stata arti-colato e complesso. I tecnici della direzione

SovrintendenzaBeni culturalidella Provincia,hanno primapredisposto uni m p e g n a t i v oprogetto direstauro miratoal recupero e alconsolidamentodei prospetti, deicortili e degliinterni. Successivamentesi è provvedutoalla trasforma-zione in sedemuseale: il pianonobile ed il pianosottotetto sonostati destinati a

spazio espositivo, così come l’excavalerizza. Nell’androne dell’in-gresso principale trova posto labiglietteria e, sempre a piano terra,sono previsti servizi a supporto del-l’attività espositiva. Il piano ammez-zato è destinato alla biblioteca, allafototeca (centro di documentazione)e agli uffici. La mostra, omaggio allaSpagna e al legame che unisce lapenisola iberica alla Sicilia, rispettala linea culturale seguita in questianni dalla Giunta guidata daFrancesco Musotto: promuovere ilricco patrimonio del territorio e ildialogo con le grandi istituzioni cul-turali, per trasformare Palermo nel-la capitale mediterranea dell’arte.Un percorso che lo scorso anno, gra-zie alla collaborazione conl’Hermitage di San Pietroburgo, ave-va già permesso di aprire la primaala restaurata di Palazzo Sant’Elia ospitando i capola-vori dell’arte italiana che lo zar Nicola I aveva scelto inItalia e portato in Russia. “España” è l’ultimo tassello diquesto progetto, ultimo regalo alla città della GiuntaMusotto al termine del mandato, ultima manifestazio-ne di un’articolata politica culturale che, attraverso illinguaggio universale dell’arte, è riuscita in questi annia coinvolgere un pubblico eterogeneo, emozionando estimolando la curiosità intellettuale di esperti e profa-ni. In questa occasione il Palazzo, restaurato sotto ladirezione dell’architetto Maurizio Rotolo dellaSoprintendenza provinciale ai Beni Culturali, potràessere visitato interamente, svelando nuovi spazirecuperati, con una superficie espositiva quasi triplica-ta. “Questa mostra - sottolinea il commissario straor-dinario della Provincia di Palermo, Patrizia Monterosso- è una grande occasione per proiettare Palermo e ilsuo territorio nei grandi circuiti internazionali, confer-mando l’intuizione dell’Amministrazione provinciale inquesta direzione. Un grande evento che mette in cam-

balarm magazine 27

po professionalità e risorse per offrire al pubblico unprodotto culturale di altissimo livello. Un sicuro motivodi richiamo turistico, che coniuga l’arte moderna econtemporanea ad un edificio storico di grande presti-gio candidato a diventare un punto di riferimento nelpanorama internazionale dell’arte e della cultura”.Considerando il 1957 - anno di costituzione del grup-po El Paso - il punto di svolta dell’arte spagnola,momento di passaggio dalla modernità alla contempo-raneità, la mostra, per una scelta ben precisa, non èsuddivisa cronologicamente ma segue un percorsoespositivo per sezioni: Quijotismo trágico, Misticismopagano, Existencialismo barrocco, Tenebrismo hispá-nico, Astrazione simbolico-formale. Una impostazionetematica e narrativa che accosta le opere in modo dasottolineare la continuità di stili e contenuti. Sculture edisegni, dipinti e fotografie, video e installazioni checonducono il visitatore alla scoperta di materiali e tec-niche differenti in un’ampia carrellata di arti visive. Leopere in mostra provengono dalle più prestigiose isti-

tuzioni museali dedicate all’arte moderna e contempo-ranea e in alcuni casi anche da gallerie e privati.«Palermo - sottolinea il curatore della mostra,Demetrio Paparoni - è in assoluto la città che più diogni altra in Europa avrebbe potuto ospitare questamostra, che per mole e qualità delle opere - per lamaggior parte di formato gigantesco e provenienti dagrandi istituzioni museali spagnole - è la più grandedel genere sinora realizzata fuori dalla Spagna.Palermo ha grandi tradizioni spagnole, ancora vive,sentite. La mostra è stata studiata per gli spazi delSant’Elia e anche il suo impianto teorico è frutto di“considerazioni palermitane”».

La mostra resterà aperta al pubblico dal 18 maggio al14 settembre e potrà essere visitata nei seguenti ora-ri: martedì, mercoledì, giovedì, domenica dalle ore 10alle 13 e dalle 17 alle 20; venerdì, sabato e prefestividalle ore 10 alle 13 e dalle 17 alle 23; lunedì chiuso.Biglietto 7 euro.

balarm magazine 26

Palermo, capitale di “España”Cinquant’anni di arte spagnola in mostra a PalazzoSant’Elia: Picasso, Dalì e Mirò inaugurano il nuovo sitomuseale della Provincia Regionale di Palermo

Page 15: Balarm Magazine | Idee, personaggi e tendenze che muovono la Sicilia | numero 5

La serena mancanza di timore riverenziale e lacaustica ed irriverente ironia dell’autore, da

queste senza dubbio deriva l’originalità dell’ultimolibro di Fulvio Abbate, “Quando è la rivoluzione”,Baldini e Castoldi Dalai editore, 311 pagine, in venditaa 17 euro. L’autore si cimenta con uno stile a lui nuo-vo e il risultato è un romanzo estremamente godibile,nel quale la descrizione dei tipi sociali, e dei personag-gi - molti dei quali reali e viventi - è efficace quantoimpietosa. Protagonista del libro, manco a dirlo, ilperiodo storico dell’ultima vera rivoluzione socio-cul-turale nel nostro paese, il ’68. Sulla questione seabbia fondamento o meno un certo luogo comunesecondo cui in realtà ben poco sia cambiato dopoquegli anni, Abbate ha una opi-nione ben precisa:«Personalmente credo che col ’68siano cambiate molte cose, innan-zitutto i giovani sono diventati unimportante soggetto sociale agen-te, si pensi soltanto al ruolo assun-to nel mercato dove oggi sono iconsumatori più forti. L’invenzionedei giovani si deve in senso assolu-to al ’68, fino ad allora i ragazzinon avevano voce, in famiglia, nel-la società. E inoltre dopo il ’68 nul-la è stato più nella nostra società,una serie di diritti e condizioni civi-li, tralasciamo se di tipo più omeno consumistico sono stati difatto acquisiti. Basti l’esempio delsesso dopo il ’68 ha smesso diessere qualcosa di proibito».Che altro è mancato - abbiamochiesto allora - perché il ’68 fosse la rivoluzioneperfetta?«Il ’68 è stato fondamentalmente una rivolta libertarianella quale si chiedevano più diritti individuali.Tuttavia secondo una prospettiva politico-ideologicacomunista, il ’68 sarebbe dovuto sfociare in una socie-tà socialista anche qui in occidente ma questa è fanta-politica. Certo avrebbe potuto essere molto diversoma comunque il ’68 ha significato moltissimo.Pensiamo alla moda che è un indice sensibile delcostume quotidiano, prima di allora il mondo era bian-co, nero e antracite, dopo il ’68 sono esplosi i colori,c’è un momento dei primi anni ’70 in cui il mondodiventa oggettivamente a colori e non solo riguardoagli abiti. Se osserviamo i filmati dell’epoca la moda di

quegli anni nella sua forma più popolare, frutto anchedella cultura beat, scopriamo realmente che il mondoera un’altra cosa. Non a caso poi Bob Dylan cantava “ilmondo sta cambiando, non è vero Mr Jones?”». Visto il suo status di intellettuale palermitano«fuori dall’isola», era d’obbligo chiedere a FulvioAbbate come si vede Palermo da fuori.«Io manco dal ‘83 e pur avendo un legame familiarecon la città l’ho vista cambiare a distanza. Fino al 2001quando scrissi “Il rosa e il nero” avevo ancora la sen-sazione di poterla leggere, oggi per molti versi facciofatica, è come se ci fosse stato un cambio epocale, maquesto è un fatto personale. Palermo in effetti vienevista in due modi. Come luogo meraviglioso e magico

da chi non è palermitano e sa del-l’esistenza di Palermo come pos-sibilità narrativa, esistenziale,turistica. Un luogo dunque per ilquale bisogna ringraziare il cielo ela storia. Tuttavia questa perce-zione quasi magica non tiene con-to delle condizioni attuali dellacittà, di quello che è il suo statooggettivo dal punto di vista politi-co, culturale, dal punto di vistadella vivibilità. La mia percezione,che è quella di chi per anni haavuto la sensazione che la cittàfosse un laboratorio straordinariodal punto di vista civile, è quellache ci sia stata come una interru-zione della energia vitale. Questacomunque è una condizione cheriguarda tutti i luoghi di produzio-ne culturale umanistica, compre-

se altre metropoli come Milano o Roma. Questa consi-derazione mi fa pensare a come viene narrata oggi lamafia. Oggi la televisione più che il cinema è lo stru-mento più a portata di mano che abbiamo a disposi-zione, oggi la mia sensazione è che gli unici strumen-ti che siamo in grado di mettere in campo siano quel-li di una certa fiction, rispondenti più ad una esigenzadi spettacolarizzazione, come se stessimo trattandopiuttosto che la mafia una spy story, un giallo, un poli-ziesco. Una situazione ben diversa da quella che rive-lava per esempio “Il sasso in bocca” di Ferrara, un filmche suscitava riflessioni e serviva ad un progetto dimutamento civile del tessuto sociale. Questo tuttaviaè un problema che riguarda tutta la vecchia Europapurtroppo».

LIBRI

balarm magazine 29

FULVIO ABBATE

di ANTONIO CASTIGLIA

“Quando è la rivoluzione”, è il titolo dell’ultimo libro dello scrittore palermitano, che racconta il ’68 con un inedito punto di vista

balarm magazine 28

ph. C

arlo

Gam

bino

e C

inzi

a La

Man

tia

Page 16: Balarm Magazine | Idee, personaggi e tendenze che muovono la Sicilia | numero 5

balarm magazine 30

Una Palermo alla deriva e afosa quella che AntonioPagliaro descrive nel suo primo romanzo “Il sanguedegli altri” (Sironi Editore pagine 252, euro 14,50). Iltitolo, preso a prestito da una poesia di Franco Fortini,diventa pretesto per sintetizzare l’indifferenza comunedi un mondo assuefatto alla rovina. L’accezione “altri”,in questo contesto, è estraneità, qualcosa che non ciappartiene o esiste solo quando si vede e tocca da vici-no. Con il suo romanzo, senza moralismi, Pagliaro ha ilpregio di farci riflettere. La storia è completa; si vede,si respira e s’apprezza anche per le mani che attingonoa pagine di quotidianità, ai tanti scandali, ai documen-ti. Una storia dal finale aperto, proprio come la vita,perché non siamo in un giallo padano e nessuno vuoleoffrire soluzioni scontate. La crudeltà dell’antefatto,

che precede i tre omicidi, è il filo rosso che conduceCorrado Lo Coco, giornalista, agli eccidi e alle aberra-zioni d’una guerra sottotraccia, quella russa in Cecenia.Nulla è lontano, niente può essere lasciato alle spalle, labarbarie soppianta la civiltà. Crimini e criminali di guer-ra, fiumi di denaro e sangue. Sangue ripulito dallasuperficialità degli altri (in questo caso noi) e dalla dif-fusione dei vizi. Palermo, nella finzione letteraria, ècandidata ad essere una novella Las Vegas; una ribaltaper vip di bassa lega e talenti di periferia; una realtàletargica, arroventata, visibilmente distratta, con lavocazione a crescere sull’effimero – case da gioco ecroupier, – grazie a politicanti senza scrupoli con l’uni-co scopo di sostituire al potere se stessi in un circolovizioso. La distrazione dei tanti e la distruzione deglialtri; gli estranei da noi. Questo binomio non passainosservato a Corrado Lo Coco, che annoiato dall’esse-re cronista di gossip (anche se i giornaletti scandalisticigli danno il guadagno negatogli dalla serietà d’essereun cronista di nera in un quotidiano di impegno) s’av-ventura in un viaggio d’inchiesta – per un futuro librodenuncia, – a Mosca, Groznyj e Riga, dopo essere statotestimone di un omicidio in pieno centro cittadino.L’incontro con Anastasija, quasi una sorta di SimonWiesenthal, a caccia di criminali di guerra per conto diun’associazione di madri di militari russi, alza il velo suun universo sconosciuto al cronista di una provincia“kitch” dell’Unione Europea. La perversione è globale,senza tregua, incontrastata, e alimenta il nostro benes-sere; basta solo voltare le spalle e far finta di nulla,minimizzare. Però niente può essere lasciato alle spallee Corrado Lo Coco lo impara in fretta, in poche settima-ne. La realtà palermitana descritta dall’autore non èromantica, come non lo è la relazione di Lo Coco conCinzia, né tanto meno altisonante, vista quella parte disocietà composta da tipi trendy, che parlano con paro-le «…di vetro, trasparenti, parole senza nulla dentro.Come pesci rossi nella boccia di vetro». In un’intervistaPagliaro afferma che «La Sicilia di Montalbano non esi-ste. E’ affascinante, ma non esiste». Fortuna vuole chenon tutti i siciliani siano trendy e forse pure per questoche parte dei proventi di vendita del libro sarannodevoluti dall’autore ai giovani di Addiopizzo.

LIBRI

L’indifferenza degli ALTRIdi TOMMASO GAMBINO

Il triller d’esordio di Antonio Pagliaro è ambientato in una Palermo afosa ed effimera

Page 17: Balarm Magazine | Idee, personaggi e tendenze che muovono la Sicilia | numero 5

balarm magazine 33

Ho conosciuto Silvestro Nicolaci, o meglio le sue pri-me prove da autore di fumetti, nel 2000; tratto acerbo,quasi maldestro, ma soprattutto poco caratteristico.Silvestro decise poco dopo di iscriversi alla Scuola delFumetto di Milano - all'epoca la nostra città non potevavantare una filiale della stessa scuola - e l'ho rivisto, anziconosciuto sul serio, nel 2003, agli esordi delGruppoTrinacria (prima esperienza collettiva per riunirefumettisti e aspiranti fumettisti da tutta la Sicilia, maquesta è un'altra storia...). Silvestro oggi frequenta anco-ra quella Scuola del Fumetto, sì, ma come insegnante,ma coglie ogni occasione per tornare nella sua città natiaper godere un po' della nostra aria, soprattutto delnostro mare. Di estate ha la fortuna di potersi rilassare inuna casetta nei pressi della piazza principale diMondello, ed è proprio dalla vista che si ha da quella pro-spettiva che inizia “Favola di Palermo”. Qualcuno di voiavrà certamente sentito paragonare Monte Pellegrino,per via della sua forma, ad un segugio addormentato:provate a guardarlo dal lato di Mondello e vi stupirete.Se non ne avete voglia, basta sfogliare il libro diSilvestro. Ma Silvestro non ha scritto e disegnato unfumetto solo per parlare della somiglianza fra MontePellegrino ed un cane; “Favola di Palermo” è un altro tas-sello importante della non pianificata serie di fumetti adopera di palermitani dedicati alla nostra città, dopo“Brancaccio”, di Giovanni Di Gregorio e Claudio Stassi, e“Il Giocatore”, di Roberta Torre e Gianni Allegra, riappro-priandoci di un tema forte come la mafia e raccontando-lo non attraverso luoghi comuni ma descrivendo odori esensazioni che soltanto noi palermitani siamo in grado direcepire. Se “Brancaccio” riesce a parlare di Padre Puglisisenza quasi farlo mai vedere, Rita Atria e Paolo Borsellinosono invece i protagonisti diretti di “Favola di Palermo”;Silvestro, che è già da anni uno straordinario disegnato-re, si rivela essere anche uno sceneggiatore tecnicamen-te ineccepibile, e soprattutto, dalla spiccata sensibilità,immaginando una Palermo magica, dove la Mafia è unastrega cattiva che tiene soggiogati i palermitani graziealle sue pozioni di Ignoranza e Omertà e Paolo Borsellinoè un Cavaliere di Stato. Rita Atria mantiene il suo tristeruolo senza strani appellativi, ovvero, una bambina diuna famiglia mafiosa che in nome della mafia, quella

vera, a undici anni perderà il padre e a diciassette il fra-tello, e che decide perciò di confidare le sue informazio-ni direttamente a Borsellino, contribuendo quindi all'ar-resto di numerosi malavitosi locali. Nel fumetto, questatroppo poco ricordata pagina di cronaca, si adatta altono favolistico utilizzato da Silvestro senza minimamen-te perdere in credibilità, anzi, dà un valore aggiunto aquesto albo, che in questo modo può benissimo essereletto ed assimilato anche da un bambino di tenera etàsenza che ne rimanga gratuitamente scioccato, mentreun adulto potrà cogliere più nel profondo, con delicatacommozione, i riferimenti più crudi. Pubblicata dallaScuola del Fumetto, “Favola di Palermo” è una storia chein un mondo perfetto dovrebbe assolutamente diventa-re una lettura obbligatoria nelle scuole.

LIBRI

La città magica e la strega “Mafia”di SERGIO ALGOZZINO

Nella graphic novel di Silvestro Nicolaci la storia delgiudice Paolo Borsellino e della giovane Rita Atria

balarm magazine 32

E “Sparlamento” sia! Libro delle domande, copiose earrabbiate filiazioni di ogni parola letta. La lilith dei que-siti è: perché non si (s)parla abbastanza di ciò che vieneraccontato nell'ultimo libro del cronista parlamentare di“Repubblica”, Carmelo Lopapa? Il titolo c'è:“Sparlamento” (Chiarelettere, pagine 215, euro 12,60),anche l'occhiello: “teofurbi, affaristi, trasformisti, mas-soni, famigli” e per trovare risposta ad uno dei 5 sensidel giornalismo, il “cosa”, basta giungere al sottotitolo:“vita e opere dei politici italiani”. Di Dario Fo e FrancaRame la mordente prefazione da palco per questaradiografia alla nostra classe politica, osservata quoti-dianamente nelle proprie miserie dal bravo Lopapa.Cosa mi resta da fare? “Sparlamento” non è libro darecensire o da raccontare ma da citare interamente.

Esplicativo già dalla titolazione dei capitoli, sette come ivizi capitali di questa Italia inveterata e accidiosa. Il qua-dro di complessivo degrado è fatto di istantanee scat-tate nei luoghi di governo sempre più simili a banchi delmercato, curve da stadio e palchi sui quali esibirsi. È illibro dell'indignazione, opera di testimonianza necessa-ria che racconta con tono asciutto e ironico, avvalendo-si di cronicistici parallelismi, le inquinate digestioni deinostri politici. Privilegi, leggi ad hoc, “politiche condo-miniali” battezzano i balenga del nostro Governo“inquilini del Palazzo” che con sempre maggiore facilitàe minore pudore si tessono costosi privilegi. Dove sonofiniti il rigore e l'austerità dovuta ai luoghi di governo?Le impalcature del libro sono chiare e dirette: fatti real-mente accaduti, con date e nomi che vanno da destra asinistra passando per il centro. Nessuno da assolvere, iVery Important Parlamentari della nostra politica con-quistata la poltrona sprofondano nel galateo dell'affari-smo, del familismo non lasciando nulla di intentato perse stessi e i propri cari. È il Governo della spettacolariz-zazione che con l'ingresso delle telecamere in aula hacreato showman intenti a pianificare azioni sempre piùinaudite: la mortadella mangiata dall'opposizione per lacaduta del Governo Prodi, docet. Epiteti, baruffe, sputi,striscioni e candeline spente sugli scranni per il parla-mentare che compiva gli anni, la lettera ufficiale diRocco Buttiglione (Udc) e di Albertina Soliani (Ulivo) perottenere che la buvette del Senato vendesse i gelati, icambi di schieramento, le teofurbizie e i Family day dichi difende la famiglia ma poi si intrattiene tra prostitu-te e festini, non dimenticando le storie “stupefacenti”, itavoli di ripartizione e spartizione e la cosiddetta “leggemancia” approvata sempre all'unanimità per la distri-buzione dei residui attivi in opere e missioni con padri-ni politici promotori. “Cosa abbiamo fatto per meritar-celi?” si chiede Lopapa che non sempre mantiene ildistacco del cronista tradendo il tono di cittadino ama-reggiato. Tutti, tranne noi italiani anzi italieni, sembra-no accorgersi di questa “opera buffa che lascia pocheragioni per ritenere che il declino italiano venga arre-stato” come cita il recente editoriale del Financial Times“An election that Italy cannot afford” (Un'elezione chel'Italia non può permettersi).

LIBRI

Agli italieni non resta che piangeredi ROSSELLA PUCCIO

Dopo i costi della politica denunciati nella "Casta", in "Sparlamento" i vizi inveterati dei politici italiani

Page 18: Balarm Magazine | Idee, personaggi e tendenze che muovono la Sicilia | numero 5

balarm magazine 35

Chi di voi sa dell’esistenza di una linea di corrierache da Palma di Montechiaro arrampicandosi per

gli Appennini lungo tutto lo stivale, percorrendo il cuoredelle Alpi, costeggiando le acque del Reno arriva - sen-za fermate intermedie - a Mannheim in Germania, nellaregione di Baden-Württemberg? Probabilmente nessu-no a meno che non siate originari di Palma e pertantoin famiglia abbiate almeno un parente emigrato inGermania. Io l’ho scoperto grazie al film di Nello LaMarca, “La Terramadre”. Un anonimo capolinea di pul-man GT. Un sole che fonde l’asfalto. Una carrellata dipersonaggi in piano americano racconta le diverseragioni del viaggio. Un pulman che si avvicina. A carat-terizzarlo c’è soltanto un piccolo foglio A4 sul parabrez-za. A penna sono indicati i punti estremi del viaggio chequesti uomini, donne, bambini e anziani stanno percompiere: Palma di Montechiaro/Mannheim. Viene rac-contata così una delle ultime scene del film. Abbandonodella propria terra e raggiungimento di un altrove. Perironia della sorte il film ha ripercorso sotto un’altra lucelo stesso tragitto dei suoi prota-gonisti. Da Palma diMontechiaro è arrivato senzasoste direttamente a Berlino, alFestival del Cinema, sezioneForum. Ancora prima di uscirenelle sale. “La Terramadre” è unprogetto tutto siciliano. Dalregista agli attori - ad eccezionedi un tunisino (Youssif LatifJarallah, nella foto) - dalla costu-mista agli sceneggiatori, dalla fotografia ai laboratori discrittura alla musica. Tutti parlano siciliano, propriocome gli attori nel film che non sono altro che gli abitan-ti di Palma di Montechiaro. Il progetto è stato realizzatocon un budget da record: meno di 500.000 euro attintidal fondo europeo per i POR 2006 - lo stesso già utiliz-zato da Wim Wenders per “Palermo Shooting” e daPasquale Scimeca per “Rosso Malpelo”. E poi si dice chei siciliani non spendono i fondi messi a disposizione dal-la Unione europea. Almeno i cineasti lo fanno. Nello LaMarca è il regista. Originario di Canicattì, maPalermitano da sempre. Il suo percorso artistico lo vedefotografo all’inizio, documentarista poi e infine registadi lungometraggi. Protagonisti del film sono il paese diPalma di Montechiaro e gli uomini che l’attraversano.Luogo di partenza per i palmesi che hanno ripreso inquesti ultimi anni ad emigrare in Germania - propriocome avveniva negli anni sessanta - in cerca di una vitamigliore. Terra d’approdo per gli immigrati che arrivano

dal mare e che provengono da un altrove più a sud,anch’essi in cerca di una vita migliore o ancor peggioobbligati alla fuga. Singolare è il percorso che ha porta-to alla realizzazione del film. Un intero paese impegnatoper mesi in laboratori di scrittura creativa fa nascere alregista l’esigenza di realizzare un film. Nello La Marcarecatosi a Palma per realizzare un documentario sullaterra d’origine del principe Tomasi di Lampedusa, - non-ché duca di Palma di Montechiaro - viene travolto dallaurgenza dei palmesi di raccontare la propria storia inprima persona. Dai racconti della gente vengono fuoriluoghi e personaggi reali. L’operaio specializzato chelavora in Germania, l’immigrato arrivato su una carrettadel mare, la maara che cura i malati, il bracciante clan-destino extracomunitario, il credente devoto, il giovaneche ha studiato e che non vuole abbandonare il propriopaese, il caporale sfruttatore, gli adulti privi di speran-ze che immaginano per i propri figli lo stesso tragicodestino che è toccato loro: emigrare. “La Terramadre”annoda assieme l’estremità di una matassa che vede

Palma di Montechiaro come luo-go di partenza e luogo d’arrivo.Mentre Gaetano - giovane pal-mese protagonista del film -sembra essere destinato a saliresul pulman che lo porterà inGermania insieme al padre, aPalma arriva Alì, immigrato clan-destino - anch’egli senza possibi-lità di scelta. Per tutto il film cor-rono parallele le vite dei due pro-

tagonisti fino a quando la vicenda rende l’uno arteficedel destino dell’altro. Durante l’intervista Nello La Marcami dice che l’unica storia inventata del film è quella di Alìche tuttavia ricalca quella di migliaia di immigrati cherimangono delusi una volta approdati in Sicilia o ancorapeggio rispediti da dove sono partiti. «In molti casi lasituazione del migrante oggi è da paragonare a quella diSisifo costretto a ricominciare sempre dall’inizio la suafaticosissima impresa» poi aggiunge «La stessa confor-mazione fisica e geografica di Palma di Montechiaro nondifferisce affatto dalle terre che questi immigrati si sonolasciati alle spalle». Non appena nelle sale cinematogra-fiche “La Terramadre” è un film da vedere per diverseragioni: per la bravura dei suoi protagonisti, per inco-raggiare il cinema siciliano e per sostenere quei percor-si di conoscenza che attraverso l’analisi e la riflessionesu ciò che siamo ci aiutano a comprendere le ragioniprofonde che ci legano alla nostra terra. Tutto ciò valeampiamente i sette euro del biglietto. Buona visione.

CINEMA

LA TERRAMADRE

di FABIO MANNO

Il nuovo lungometraggio di Nello La Marca, arrivato senza sostedirettamente al Festival del Cinema di Berlino, nella sezione Forum

“La Terramadre” è un progetto tutto siciliano.

Dal regista agli attori - adeccezione di un tunisino - dallacostumista agli sceneggiatori,dalla fotografia ai laboratori

di scrittura alla musica

ph. T

otò

Bong

iorn

o

Page 19: Balarm Magazine | Idee, personaggi e tendenze che muovono la Sicilia | numero 5

CINEMA

Viaggio al centro della terra. Forse basterebbe que-sto titolo di verneriana memoria per trasmettere il sen-so profondo di avventura di cui è permeato il documen-tario di Luca Vullo “Dallo zolfo al carbone” presentatolo scorso mese di marzo in un’affollata sala del cinemaArlecchino da Ignazio Buttitta e Alessandro Rais. Ma quinon è l’avventura immaginaria ad essere raccontata,quanto l’avventura umana dei siciliani emigrati in Belgionel dopoguerra per lavorare nelle miniere di carbone. E’la vicenda della povertà di tanta parte delle nostre pro-vince, della voglia di farcela costi quello costi, foss’an-che scendere nel ventre della miniera facendo quotidia-namente i conti con la paura, il rischio, il sudore, la pol-vere, il caldo insopportabile, l’attesa - a volte disperata- delle mogli, la sera. Immagine dopo immagine, il regi-sta ricostruisce con la tensione degna di un film d’azio-ne, la storia di quel Patto Italo-Belga che nel 1946 sancìl’impegno del Governo di rifornire le miniere belghe dimanodopera a basso costo trasferendo migliaia di ope-rai italiani, siciliani soprattutto, minatori di zolfo o sem-plici contadini, nelle città di Charleroi e dintorni, con l’of-ferta di un viaggio a spese dello Stato, di un contratto dilavoro stabile, di un alloggio, di potersi presto ricon-giungere con le famiglie. L’arrivo in Belgio riservò, inve-ce, la certezza di un impegno massimamente usurante

di almeno 5 anni nelle miniere, di case ex baracche deiprigionieri di guerra, di condizioni di vita da apartheid,dell’impossibilità di trovare un impiego diverso, perchéno, all’aria aperta, di un destino di enfisema polmonare.E tuttavia la massa silenziosa dei nostri uomini lavorò,lavorò e lavorò. Nelle interviste realizzate con il suppor-to di associazioni locali da Vullo, emerge la proverbialefierezza dei siciliani, la nostalgia del passato ma anchela consapevolezza di essere riusciti a salvare se stessi ele proprie famiglie dal degrado e dalla fame, l’orgogliodi avere figli e nipoti finalmente integrati nel tessutosociale. Il sole fuori dal tunnel con cui chiude il registavuol dire tutto questo. Luca Vullo, nato a Caltanissettanel ‘79, laureando al D.A.M.S. di Bologna, autore di altreopere di inchiesta (www.lucavullo.it), vuol far girare“Dallo zolfo al carbone” nelle scuole prima di dedicarsial nuovo lavoro sull’emigrazione in Argentina. I contri-buti scientifici di Anna Morelli, Girolamo Santocono eAntonio Buttita, di cui ha punteggiato il film fanno,infatti, di questo un tassello emozionante di memoriacivile. Senza dubbio, però, è la qualità del racconto checolpisce lo spettatore. Per quadri e con il supporto del-la musica originale di Giuseppe Vasapolli, sono i prota-gonisti di allora che stabiliscono il contatto con il pubbli-co. Che si commuove e comprende.

balarm magazine 37

Luca VULLO, dallo zolfo al carbonedi PAOLA CATANIA

Nel documentario del giovane regista nissenol’avventura umana dei siciliani emigrati in Belgio

Leggenda narra che un nobile palermitano, un po’per invidia, un po’ per fede, decise un giorno di intra-prendere un viaggio verso Gerusalemme. Non aven-do, però, i soldi per compiere tale impresa, decise dipercorrere la distanza tra casa sua e la Città Santadentro le mura del suo antico palazzo. L’affascinantestoria del marchese Ciminna ha ispirato libri e spetta-coli teatrali; Lorenzo Bertuglia, ne è rimasto così col-pito da sceglierlo per il suo esordio alla regia. Per lui,Ciminna è il “Don Chisciotte palermitano”. Così, all’ini-zio di quest’anno, “Il Marchese Ciminna e lo Spirito

Santo” è stato presentato al cinema ABC di Palermo,riscuotendo anche un discreto successo. Ma come hafatto questo ragazzo a coronare questo sogno costa-to dieci mila euro? «Tutto è cominciato due anni fa conil soggetto e la prima stesura della sceneggiatura –racconta -. L’approccio “da gioco” col tempo è diven-tato sempre più serio e professionale, ma era neces-saria una maturazione, non solo da parte della troupe,ma anche dal punto di vista produttivo perché senzafondi il sogno era destinato a svanire». Un giorno, pro-prio come in un film, Lorenzo riceve un’eredità. Sonopoche migliaia di euro, ma è una partenza che lo inco-raggia a cercare un finanziamento pubblico: «ho bus-sato a tante porte, fino a quando, una Giunta ‘illumi-nata’ ha deciso di approvare il progetto e mi ha mes-so a disposizione l’intero paese di Caprileone. Tuttoraquando ho cali di autostima, vado lì a sentirmi chia-mare maestro». Nel suo cortometraggio, il giovanepalermitano, usa una regia semplice, pochi movimen-ti di macchina, inquadrature quasi statiche perché«quando ti accorgi della tecnica perdi l’effetto film. –spiega - Ostentare i movimenti di macchina é comeparlare solo per avverbi: bisogna usarli solo quandoserve. Volevo raccontare una storia, piuttosto chedimostrare come so muovere la camera». Nel suo film,Lorenzo, usa il “viaggio” come metafora di un’esplora-zione interiore dove cose e persone evolvono da unostato materiale a uno spirituale. «Mi piaceva analizza-re questo cambiamento dall’apparire all’essere» spie-ga. Un’analisi di vizi e virtù della sicilianità resi attra-verso i contrasti tra buio e luce. «Ho dato al mio diret-tore della fotografia, Dodo Veneziano, delle foto preseda alcuni film per fargli capire cosa volevo – diceBertuglia - lui mi ha fatto la ‘lista della spesa’. Alla fineavevamo un parco luci da colossal». Sono nate così leatmosfere del film, dove il buio rappresenta unamaterialità che evolve fino alle inquadrature voluta-mente sovraesposte della spiritualità. «È stato il mioprimo lavoro importante – racconta il giovane presi-dente dell’Associazione Ottavadarte – un progetto incui si sottolinea la professionalità con la presenza diun direttore artistico (nonostante si tratti di un corto),Salvatore Pietro Anastasio». Lorenzo, infatti, tiene asottolineare il lavoro di gruppo svolto: «Il film non èmio, secondo me è stupido dire che il film è del regi-sta, il cinema è il risultato del lavoro di squadra. Il regi-sta è un organizzatore, un direttore d’orchestra cheha il compito di motivare tutti: se la troupe è entusia-sta del progetto, il prodotto finale riuscirà sicuramen-te bene. Io spero d’esserci riuscito».

Nell'esordio alla regia di Lorenzo Bertuglia, le vicende diun "Don Chisciotte palermitano"

balarm magazine 36

di LAURA MAGGIORE

Il MARCHESE elo Spirito Santo

CINEMA

ph. D

odo

Vene

zian

o

ph. S

ilvio

Zaa

ni

Page 20: Balarm Magazine | Idee, personaggi e tendenze che muovono la Sicilia | numero 5

quartieri della città per sapere cosa ne pensassero delpizzo. Così è nato “Palermo: vista racket”, un volumeche raccoglie i risultati dei questionari distribuiti dairagazzi di più di 20 scuole di ogni grado e compilati informa anonima dai commercianti. Il 32 per cento di lorosostiene che se gli chiedessero il pizzo non si rivolgereb-be alle istituzioni, ma chiuderebbe l’attività e andrebbevia, piuttosto che pagare. Il 26 per cento non paghereb-be e cercherebbe l’appoggio di un’associazione antirac-ket e solo il 25 per cento denuncerebbe il fatto alle for-ze dell’ordine. La buona notizia è che solo il 2,2 per cen-to dei commercianti pagherebbe senza battere ciglio eil 6,2 si rivolgerebbe ad un amico per non pagare o perpagare meno. «Non è un dato anomalo il fatto che icommercianti preferiscano rivolgersi a noi piuttosto chealla polizia - commenta Ugo Forello, uno dei primi“attacchini” - Da loro si sentono giudicati, non capiti. Noi

siamo persone come loro, commercianti, con noi è piùfacile aprirsi e raccontare. Svolgiamo un’opera dimediazione, siamo un cuscinetto importantissimo fra lagente e le istituzioni». E’ per questo che in quattro anniil numero di chi denuncia è cresciuto e la tendenza con-tinua ad essere questa? «Addiopizzo ha due fattori disuccesso - continua Ugo - Il primo è l’attività nelle scuo-le, che coinvolge non solo i ragazzi, ma anche molticommercianti che ci arrivano tramite loro. Il secondo èl’innescarsi di un circolo virtuoso per cui i negoziantioggi vedono che il contesto è cambiato, che non sonopiù soli e quindi ribellarsi diventa più facile». Anche que-st’anno Addiopizzo festeggia il compleanno il 16 e 17maggio a piazza Magione, con la partecipazione dellescuole e tante novità su cui ancora gli “attacchini” nonvogliono sbilanciarsi. Un motivo in più per esserci, men-tre si festeggia il cambiamento.

Il nome è ammiccante, ricorda i “duty free” quellezone franche negli aeroporti dove sui prodotti non ècaricato il costo delle imposte locali o internazionali. APalermo lo scorso mese di marzo è nato il primo “PuntoPizzo-free”, dove il balzello più odioso, perché ingiusto,è fuori gioco. Nel punto vendita si trovano infatti solo iprodotti dei commercianti che hanno aderito all’asso-ciazione Addiopizzo denunciando pubblicamente coloroche volevano estorcergli del denaro. Nel Punto pizzo-free si può trovare di tutto, dagli alimentari ai pigiamiall’artigianato in legno, ma si può anche affittare unabicicletta o collegarsi a Internet. L’idea è venuta a FabioMessina, 29 anni, “skipper di professione ma col pallinodel commercio”, come si definisce lui. Fabio faceva par-te della lista di consumo critico di Addiopizzo con la sua“Enoteca al porto”, in via Crispi, finché ha deciso di farequalcosa in più: «Era arrivato il momento di creare unpo’ di movimento economico all’interno della lista - diceFabio - E oltretutto mi è sembrata un’ottima idea com-merciale». E infatti i clienti non mancano, come ci rac-conta soddisfatto Fabio: «Sono contento di come stan-no andando le cose. Pensavo che avrei venduto soprat-tutto ai turisti, invece sono stato piacevolmente stupitoda come i Palermitani hanno partecipato alla novità. E’

bello vedere che entrano come sel’emporio fosse qui da anni».Anche il luogo dove ha aperto ibattenti l’emporio, in corsoVittorio Emanuele, ha una doppiavalenza. E’ nel quartiere della cit-tà in cui è più alto il numero degliaderenti alla lista di Addiopizzo epoi ha un significato simbolico: èa pochi passi dall’Antica focacce-ria San Francesco, il locale diVincenzo Conticello, l’imprendito-re coraggio che indicando inun’aula di tribunale gli estorsoriche si presentavano ogni mese achiedergli il pizzo ne ha permessola condanna. Quel giorno in tribu-nale vicino a Conticello c’eranoanche i ragazzi di Addiopizzo.Sono molti i commercianti chehanno trovato nell’associazioneun punto di riferimento. E pensa-re che quando è nata, Addiopizzonon aveva idea del marasma che avrebbe provocato.Quella mattina del 29 giugno 2004 la città lesse su ognimuro, palo, saracinesca, quel messaggio: “Un interopopolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità”,caratteri neri su sfondo bianco su centinaia di adesivilistati a lutto. Era un atto di ribellione, lo sfogo di ungruppo di ragazzi nauseati dalle stime della procurasecondo cui l’80 per cento dei commercianti palermita-ni paga il pizzo. Fu convocato il comitato per l'ordine ela sicurezza pubblica, la notizia andò su tutti i tg, il gial-lo dell’attacchino misterioso appassionò la città. Daquel giorno tante sono state le battaglie e i successi diAddiopizzo, dalla creazione della lista di consumo criti-co, che contiene già 245 nomi di commercianti eimprenditori, alle attività con le scuole, che hanno datogrande spinta al movimento. E proprio dalle scuole èvenuta l’idea di una ricerca fra i negozianti dei vari

SOCIETA’

balarm magazine 39balarm magazine 38

L’EMPORIO “PIZZO-FREE”Da un’idea di Fabio Messina, nasce il primo “PuntoPizzo-free” nel quartiere della città in cui è più altoil numero degli aderenti alla lista di Addiopizzodi SONIA PAPUZZA

ph. F

eder

ico

Mar

ia G

iam

mus

so

ph. G

ero

Cord

aro

Page 21: Balarm Magazine | Idee, personaggi e tendenze che muovono la Sicilia | numero 5

Il telefono: croce e delizia. Inevitabile schiavitù chescandisce i nostri vissuti, strumento di tortura quandonon squilla mai... Nell’era della comunicazione si è soli.Lo confermano dati allarmanti, che rivelano un males-sere acuto in ogni età, sesso e status sociale. Causatosoprattutto dalla “fatica del quotidiano”, che innalzatroppi muri e pochi ponti. Se il “Grande Fratello ciguarda” nessuno sembra stia a sentire… La sorpresagiunge da perfetti sconosciuti. Ogni anno, a sosteneremigliaia di SOS verbali, l’associazione di volontariato

“Telefono Amico Italia”, che all’emergenza emoziona-le risponde con l’ascolto, la sublime accoglienza.Promotore del primo “Osservatorio sul disagio” emembro IFOTES (Federazione Internazionale delleHelplines), il TAI coordina a livello nazionale 700 ope-ratori dislocati in 25 Centri Locali, raggiungibili dalnumero unico 199.284.284, tutti i giorni (festivi com-presi) dalle 10 alle 24. Costo al minuto delle “chiama-te urgenti”: euro 0,24 da fisso e massimo euro 0,42 dacellulare (scatti alla risposta esclusi). In Sicilia l’unicoreferente è il TA Palermo (www.telefonoamicopaler-mo.org), fondato dal gesuita Domenico Lentini, conall’attivo 36 anni di “onorato ascolto” e oltre 240milainterventi. Il servizio, dalle spese di gestione alle atti-vità promozionali, è interamente sostenuto da ungruppo eterogeneo di circa 40 soci. «La nostra è unapratica di cittadinanza solidale basata sull'empatia, lacapacità di uscire da un’ottica unidirezionale ed entra-re nell’animo altrui; nei suoi toni, silenzi, respiri...»afferma la presidentessa Maria Teresa Bentivegna,veterana della cornetta. Per mettersi sulla stessa fre-quenza d’onda “ci vuole orecchio” attento e un cuoreospitale. La richiesta d’aiuto, al di là del bisogno posto,instaura un delicato scambio emotivo che esigepazienza, elasticità mentale e una formazione conti-nua. Le cui basi vengono fornite dai volontari seniornei corsi periodici per aspiranti “phone angels”. Unaventina le “nuove voci” palermitane reclutate lo scor-so febbraio, che affronteranno lezioni interattive esuccessivo tirocinio presso la sede segreta del Centro.Superato il test sul campo, ai neo turnisti è richiestoun impegno mensile di 12 ore e, condizione sine quanon, l’assoluta tutela delle confidenze raccolte e l’ano-nimato reciproco. «Solo così l’appellante può esserelibero da vincoli». A differenza dei “Telefoni Colorati”che offrono consulenze specialistiche, in TAI è “amico”la parola chiave. Qualcuno alla pari, che non giudicamai e accompagna “per voce” a vedere con più chia-rezza dentro di sé, gestire la crisi attingendo alle pro-prie risorse. «Ogni persona è un valore da trattare colmassimo rispetto. Senza pregiudizi, consigli o soluzio-ni imposte». Alla Linea Amica nel 2007 si sono rivolti12.000 concittadini, tra i 25 e i 40 anni, in prevalenzamaschile. Le problematiche più riscontrate: solitudine,carenze relazionali e sessuali; più rare le situazioniestreme. Storie che lasciano l’eco dentro, da cui è dif-ficile “staccare la spina”. «Dopo un turno si può prova-re stanchezza, impotenza, gratificazione…L’importante è esserci. E aspettare. Anche una telefo-nata che non arriva…»

Il "Telefono Amico" è attivo a Palermo da 36 anni, conta 40 soci ed oltre 240mila interventi

balarm magazine 40

di BARBARA RANDAZZO

Una telefonatache allieta la vita

SOCIETA’

ph. F

eder

ico

Mar

ia G

iam

mus

so

Page 22: Balarm Magazine | Idee, personaggi e tendenze che muovono la Sicilia | numero 5

balarm magazine 43

Prendete un gruppo di single ambosessi, un loca-le trendy, un fischietto, carta e penna.

Aggiungete stuzzicanti aperitivi e musica soft; mescola-te bene e in una manciata di secondi ecco servito loSpeed date; la seduzione col timer. Nell’era dei senti-menti fast, dove ci si “connette” agli altri con una tastie-ra, anche l'amore ha i minuti contati. Alle cene a lume dicandela si prediligono gli appuntamento lampo, incon-tri “al buio” combinati da apposite organizzazioni. Il cor-teggiamento “mordi e fuggi” è già fenomeno di costu-me, esaltato da media e ricerche sociologiche. Crolla ilmito della “beata solitudine”, causa di molti dolori epoche gioie. In Italia, a tutela degli oltre 6 milioni di cuo-ri solitari, nascono associazioni di categoria come l'ANIS,promotrice della “Festa dei single” che rivendica, tra ipropri diritti, anche un “santo in paradiso”. E fu un’illu-minazione divina, dieci anni fa, a dare origine al freneti-co “cambio di coppia”. A coglierla un rabbino america-no, che sperimentò i mini rendez-vous per incrementa-re i matrimoni della comunità ebraica. Dal sacro dellesinagoghe al profano dei pubeuropei; per approdare nellacool Palermo solo lo scorsodicembre. Pioniera dell’iniziati-va, Maria Pia Licciardi, fondatri-ce della “Ida Consulenze -Eventi per single”. «Oggi l’amo-re non sta bene…in tutte legenerazioni c’è un fortissimobisogno di socializzare» rivela.Anche in una città dove “siconoscono tutti”? «Qui ci si frequenta a gruppi, dove èdifficilissimo inserirsi» evidenzia l’esperta. Che, persmuovere un po’ le acque e il destino, organizza ognimercoledì il “Love Attraction”, l’happy hour per chi cer-ca l’anima gemella. Requisiti richiesti: essere maggio-renni e, ovviamente, stato civile libero. Non è previstanessuna verifica a riguardo, ci si attiene alla buona fede.Poi s’invia un sms al 340.2783426 o un’email a: [email protected], indicando nome ed età. Due le fascepreviste (23-35; 35-50 anni); da 12 a 30 i partecipanti inogni meeting (equamente divisi per sesso). Stabiliti ora-rio e luogo, l’intrigante “derby” si svolge così: al loroarrivo, gli speed daters vengono indirizzati in due salediverse, per garantire l’effetto sorpresa. Dopo aver sal-dato la quota d’iscrizione, si ritira targhetta col numeroidentificativo, drinkcard e scheda di gradimento par-tner. Tra risatine imbarazzate si familiarizza un po’, finquando non si prende posto ai tavolini “da combatti-mento”. Arbitro imparziale del match Letizia Licciardi,

figlia “d’arte”, che rispiega brevemente le regole: vieta-to scambiarsi i recapiti, 4 minuti di corte serrata e poi“Avanti il prossimo!”. Fischio e sonoro “Via!” fanno scat-tare il cronometro. 240 secondi a disposizione per farecolpo, assaggiare vite e sguardi. Alla fine del primoround i cavalieri salutano la dama e si spostano per unnuovo tète a tète. Quelli che si attardano, sono richia-mati all’ordine. Tra un cambio e l’altro, si compila la pro-pria pagella: SI o NO accanto a tre valutazioni sul“numero” appena conosciuto. Le prime sondano il fee-ling fisico e mentale, l’ultima, “Voglio rincontrarlo/afuori da qui” è quella determinante. Solo questa confer-ma reciproca, fa scattare, entro 24 ore, l’invio ai fortu-nati dei rispettivi contatti. «La versione italiana prevede3 minuti, noi ne diamo uno in più. Bastano per rompereil ghiaccio ma sono eterni se una persona è noiosa!» iro-nizza Maria Pia. Che il tempo dell’amore è rock lo con-ferma anche l’alchimia dell’attrazione, che stima in die-ci secondi l’inizio del colpo di fulmine. Al termine deltour de force, i verdetti vengono raccolti insieme ai bad-

ge, due dei quali si aggiudicanoa sorte dei buoni-viaggio. A que-sto punto il rito classico dovreb-be concludersi, ma la “deforma-zione sentimentale Licciardi”stravolge l’iter, consentendo aglistanchi Speedy Gonzalez digodersi, stavolta con calma, laserata e il buffet incluso.Risultati: il 70% di affinità riscon-trate. «Finora non sono scoccate

scintille ma tantissime amicizie» precisano le nostrereferenti. «E’ un modo originale di mettersi o rimettersiin gioco». Perché questa è la parola chiave del GranPremio dell’abbordaggio. Un’occasione ghiotta per rim-pinzare l’agendina, ad un costo di 12 euro (under 35 edonne) e 20 euro (uomini over 35). E se la freccia diCupido ha fatto cilecca, si può sempre riprovare. Comeconferma l’alta percentuale di “recidivi”. Ed ecco l’iden-tikit degli schietti nostrani: in prevalenza impiegati; etàmedia 28 anni, soli per scelta altrui o imposta dalla car-riera. Nei maschi prevale lo spirito goliardico, le BridgetJones hanno un approccio diverso: diffidenti le ragazze,più determinate le ladies. Nella provinciale Palermo vigeancora l’onta della malafiura, ma il passaparola e lacuriosità sembrano avere la meglio. E la mission roman-tica “Ida Consulenze” continua. Dai single party al pros-simo sito tematico, fino al “Love attraction” over 50.Perché a tutte le età ”…la vita non ha molto senso, senon c'è un appuntamento…”.

COSTUME

SPEED DATE, 4 minuti per dirsi “sì”

di BARBARA RANDAZZO

“L’appuntamento lampo” sbarca a Palermo. Pioniera dell’iniziativa è Maria Pia Licciardi della "Ida Consulenze - Eventi per single"

Stabiliti orario e luogo, l'intrigante "derby" si svolge così: al loro arrivo, gli speed daters vengono indirizzati

in due sale diverse, per garantire l'effetto sorpresa

ph. S

oray

a Gu

llifa

Page 23: Balarm Magazine | Idee, personaggi e tendenze che muovono la Sicilia | numero 5

«Palermo te la vivi o ti vive lei a suo modo». Da quiparte la mia riflessione. Un concetto. Breve, ma così pre-gnante da colpire al primo ascolto. In “U Tagghiamu StuPalluni” è racchiuso l’urlo di tutte quelle realtà “ignora-te” dai più, che però parte della città sono. La città inquestione è Palermo, difficile, come molte realtà isolane,emarginate da aspetti tipici di questa condizione. Inquesta sua difficoltà c’è chi riesce ad emergere, e chi,travolto dall’indifferenza e dall’impossibilità di una vitanon “rose e fiori”, soccombe agli eventi. La famosa“fuga dei cervelli”. Tutti prima o poi sono alla ricerca diun lavoro che possa mettere in risalto le proprie poten-zialità. E coloro che a Palermo non lo trovano non sonopochi. Sembra scontato che ad una certa età si lasci laterra del sole per nuove mete, magari meno colorate,ma possibilmente più consone alla ricerca di prospetti-va. La denuncia che questo testo, messo in musica daiCombomastas’, vuole evidenziare è rivolta proprio aciò che scontato non deve essere, perché non è vero che«non cambierà mai nulla, ma chi l’ha deciso?». CosìOthello, noto in primis come Eddie Palermo, rapper eproduttore che nel palermitano ha cambiato il volto del-la musica rap e hip hop, ha asserito all’incontro di pre-sentazione del brano. Il titolo è il punto di partenza, limi-tazione tipo del panormita medio. Sei di palermo se…“U tagghiuamu stu palluni..?”, vi ricordate? Ci abbiamo

scherzato e ci scherziamo tutt’ora, tanto è tipicamentesicula la formula. Oggi i Combomastas’, crew creataproprio da Othello nel 2003, ci hanno regalato un pezzoche sta già avendo successo nazionale, lo stesso Piotta,in collaborazione con altri maestri del settore, l’ha inse-rito in un progetto che mette insieme artisti da tutte leparti d’Italia, e che adesso ha il solo fine di “sensibilizza-re gli animi nostrani”, non a scopo di lucro, rendendopresto il pezzo stesso fruibile in free-download sul sitowww.combostudio.it. La critica che sorge spontanea è ilsolito mettere in evidenza il marcio della nostra terra, «lamalavita che ho fa male alla vita che vivo». Di contro iragazzi ribattono che la denuncia vuole partire dall’in-terno per l’interno, smuovendo le coscienze senza mil-lantare ciò che ancora non esiste del tutto, costruendo ilcambiamento insieme, guardandoci dentro, senza colo-re politico né schieramento di sorta. Di recente iCombomastas’ si sono incontrati con un comico paler-mitano che sui problemi della nostra terra ha sempreironizzato: Sasà Salvaggio, rimasto colpito dalla forza diquesti giovani, è stato parte attiva del progetto con lastrofa, da lui stesso scritta, che chiude con amarezza everidicità un pezzo già duro e consapevole. U spiegassevossia come si fa a non emigrare…Chista è na terra dicultura e civiltà, l’amo a canciare, l’amo a campare,amo a moriri cà.

COSTUME

balarm magazine 44

“U TAGGHIAMU Stu Palluni”di CLAUDIA SCUDERI

Il nuovo brano-denuncia dei palermitani Combomastas'è scaricabile gratuitamente sul sito Combostudio.it

ph. R

ober

to F

enix

Page 24: Balarm Magazine | Idee, personaggi e tendenze che muovono la Sicilia | numero 5

Colori pastello, tattoo traditional, ma anche tribali estelline, cuori trafitti e ancore, percing, drappi economi-ci, trucchi che sembrano rubati a set cinematograficisplatter e sullo sfondo Montepellegrino. Sacro e profa-no si mischiano in Sante Patrone, la mostra fotograficadelle Von Hell Sista, alias Camilla Belmonte ed EmanuelaCangemi, la prima brasiliana di Petropolis, Rio DeJaneiro, l’altra palermitana di via Nino Bixio. Diciottoscatti raffiguranti il divine female posto a protezionedella città di Palermo, ritratto in pose vamp e riecheg-giante le pagine patinate delle riviste di moda, facendoanche un po’ il verso all’amato David La Chapelle. In

mostra dal 6 maggio al primo giugno al Desafinado, invia della Vetriera 72, una traversa di via Alloro, accantopalazzo Sambuca, quello delle Von Hell Sista è un pro-getto nato a Palermo nel gennaio di quest’anno. Camillaed Emanuela, 24 e 26 anni, si sono incontrate in piazzaMagione e da allora è stato un appassionante scambiodi opinioni e idee sulla fotografia. «Un giorno sono rima-sta bloccata in ascensore completamente al buio – rac-conta Emanuela – Ho pensato a santa Rosalia e ho avu-to l’illuminazione». Da quell’episodio nascono le “SantePatrone”, un progetto sviluppato sull’iconografia reli-giosa tutta al femminile di Palermo e dintorni. «Da buo-na ignorante ho fatto delle ricerche – continua Camilla– e abbiamo scoperto la storia di santa Rosalia. Del suoeremitaggio e dell’uomo che ne scoprì le ossa aMontepellegrino. Portandole a Palermo poi, fece cessa-re l’epidemia pestilenziale che affliggeva la popolazio-ne. Insieme a lei abbiamo approfondito la storia di altresante, sant’Oliva, santa Ninfa, Cristina e Agata, raffigu-rate nella parte più alta dei Quattro Canti di piazzaVigliena. Hanno preceduto Santa Rosalia come patrona,ma sono state spodestate da questa figura dal fortecarisma mistico. Una donna, Rosalia, che ha saputoimporre il suo stile e che al giorno d’oggi sarebbe unaperfetta diktat fashion» aggiunge sorridendo Emanuela.Per gli scatti, 18 in tutto, le Von Hell Sista hanno sceltoinevitabilmente il monte più alto della Conca D’Oro. «Inrealtà le foto sono state realizzate in due diversimomenti – spiega la coppia di giovani fotografe – alcu-ne come quella di santa Cristina e santa Lucia sono sta-te scattate in set interni. In particolare, Santa Lucia èstata scelta perché la sua festività è fortemente sentitaa Palermo. Ci piace per le arancine e perché ha sacrifi-cato i suoi occhi in onore della causa religiosa». Tre scat-ti in primo piano, realizzati da differenti angolature. Ilresto del progetto ha avuto come set Montepellegrino.«Le nostre modelle sono tatuate e hanno i piercing. Gliabiti sono stati realizzati con lenzuola ed espedientisuper economici. E’ una scelta voluta come alternativa,per rendere attuale la storia delle sante». Così a tenerferma sant’Agata (Angelina) ci sono le mani nerborutedi due ragazzi in jeans a tre quarti, santa Lucia (la stes-sa Emanuela, nella foto) ha un piercing al labbro inferio-re e santa Ninfa (Vanessa) ha un aquila tatuata suldecolté. Entrambe autodidatte, dopo un diploma indecorazioni pittoriche, Camilla ha intrapreso la stradadella fotografa freelance (www.sickgirl.it/lucybel),mentre Emanuela sta completando gli studi di pitturaall’Accademia di Belle Arti. Le loro foto sono visibili suwww.myspace.com/vonhell_sista.

Diciotto scatti raffiguranti il divine female che fanno il verso a David La Chapelle

balarm magazine 46

VON HELL SISTA

COSTUME

di CARLA INCORVAIA

Page 25: Balarm Magazine | Idee, personaggi e tendenze che muovono la Sicilia | numero 5

balarm magazine 49

diventata paonazza. Mi sono sentita Paperino, con ilcappio al collo e la botola sotto i piedi umidicci.Sudavo, bevevo per prendere tempo. I pensieri miaffollavano il cervello: come non tradire la memoriastorica, come non offendere la dignità della nostracucina, così ricca, così equili-brata nella mescolanza deisapori? Come non offenderela mia ospite? Ho accennatoun sorriso e ho detto: «Bene,assaggiamola allora!». C’erauna cosa che non andava.ERA ROSSA! NO, NO, NO! Nonsi può distruggere una cosacosì delicata! Mettereste un condor su un ramoscellodi mandorlo? Mettereste sulla cassata una bella cola-ta di sciroppo all’amarena? Vi siedereste su vostrofiglio mentre fa i capricci? No, quest’ultima cosalasciamola perdere, magari istigo novelli Erode.Quella pasta era un pianto! Neanche le prefiche ugua-

gliavano il lamento del mio cuore! Vedevo quella pol-tiglia rosa insapore. No, no, no. Non poteva essere. Etutti ‘sti milanesazzi che si complimentavano? «Uhm,buona!». C’è chi ha fatto un abbondante bis. Ma nonsi diceva che la ristorazione milanese era di alto livel-lo? E questi professionisti, habituè dei ristoranti noncapivano che era un obbrobrio? Lo facevano pro for-ma? No, li conosco, non avrebbero preso il bis. Nonavevano metro di paragone? Ma non si riconosce unacarne dura o una pasta insapore, anche se non siconosce il sapore autentico? E poi questi giovin signo-ri vengono a svernare in Sicilia, è possibile che dopotanti anni non abbiano mai mangiato la pasta con laneonata? Impossibile. Invece di mentire, è meglio nondire nulla. Certo non offendere, per rispetto alla fati-ca e al pensiero che i padroni di casa hanno avuto, maneanche dire fissarie! Finita la cena, come sempre siparlava di ricette e di cucina e, a quel punto ho appro-fittato per calare gli assi. «Ma, sai, in realtà, aPalermo, almeno a mia memoria, la pasta con la neo-nata si fa bianca. Per esaltare la delicatezza di questopesce… Certo, poi ognuno varia secondo abitudi-ni…». Per fortuna abbiamo cambiato discorso,distratti dalle idiozie televisive. La riuscita di questopiatto dipende dal difficile equilibrio degli ingredienti,che devono essere di altissima qualità. Come per lapasta, aglio, olio e prezzemolo. La preparazione èsemplicissima: bisogna rosolare l’aglio in abbondanteolio extra vergine, scegliete quello siciliano, che è piùcorposo rispetto a quello leggero ligure o fruttatotoscano. Lessate gli spaghetti, rigorosamente di gra-no duro. E una volta cotti e scolati metteteli in unascodella, con un po’ dell’acqua di cottura. Versatel’olio caldo e aggiungete subito la neonata lavata escolata. Questi passaggi devono avvenire velocemen-te, perché il pesce deve cuocere con il calore della

pasta. Rimescolate bene,stando attenti a evitareammataffamenti. Infinemacinate il pepe nero, perfavore non mettete quellobianco, il cui saporedolciastro stonerebbe einsaporite con il prezzemolofresco tritato. Et voilà il pri-

mo è pronto, servite subito e godetevi quest’immer-sione nelle profondità marine. Vi consiglio di farvostra una regola fondamentale, che, ovvio, ha le sueeccezioni: meno ingredienti ci sono, più si gusta ilsapore di ciascuno di essi.

CIBO

D’accordo che adoro il pomodoro; è vero che lomangerei a qualsiasi ora: come aperitivo, come spun-tino, come contorno. E in qualsiasi modo: a stricasale,a insalata, secco, sbattuto al muro; confesso che dapiccola bevevo, di nascosto, non so quante tazze disalsa, tanto che mi si irritava la bocca. Comincio apensare di essere nata sotto qualche pianta di pomo-doro in una delle mie vite passate. Ricordo che unanno mia zia, per farmi uno scherzo, mi ha confezio-nato una bella porzione di spaghetti al pomodoro sot-to l’albero di Natale. Non mi feci scappare l’occasionee gradii gli squisiti spaghetti grondanti di salsa sottogli occhi sbigottiti di tutti i parenti! Che fa fare l’amor,ti fa immolare nonostante tutto! Nonostante ciò,sostengo che non si può appiccicare il pomodoroovunque. Ha un sapore forte, copre quelli più delica-

ti. Insomma in cucina ci deve essere discernimento!L’ultima volta che sono andata a Milano, una coppiadi amici, di origini siciliane, molto affettuosi, invitan-domi a cena, ha preparato, in mio onore, la pasta conla neonata. Uuuuu, che piacere! Quando mi hannodetto che avrei trovato una sorpresa, non mi aspetta-vo una cosa del genere. Ero perplessa. Dicono che aMilano c’è il pesce più fresco d’Italia, ma io non homai mangiato pesce che sapesse di mare, come aPalermo. La sera del mio arrivo, sono andata a cenada questi amici, con il fagotto di cannoli, preparati lamattina da uno dei noti bar della nostra città. La tavo-la era apparecchiata, gli aperitivi erano pronti e dopopoco, lei, entusiasta, è arrivata con la zuppierafumante: «Ecco! Questo è un piatto tipico» spiegavaagli altri commensali. «Vero Letizia?». Penso di essere

balarm magazine 48

Mettereste sulla cassata una bella colata di sciroppo all'amarena? Noi no, ma in quel di Milano sì!

Pasta ca NUNNATA una sola ce n’èdi LETIZIA MIRABILE

La riuscita di questo piatto dipende dal difficile equilibrio degli ingredienti, che devono

essere di altissima qualità.Come per la pasta, aglio,

olio e prezzemolo

ph. Federico Maria Giammusso

Page 26: Balarm Magazine | Idee, personaggi e tendenze che muovono la Sicilia | numero 5

PALERMO091 Winebar // Via Castrofilippo 10161 LoungeBar&Restaurant // Via Libertà 1614 Canti pub // Piazzetta delle Vergini 9Aborigenal Cafè // Via S. Spinuzza 51Ai Chiavettieri / Via Chiavettieri 18Al Siciliano // Via dell'Orologio 37Al Viale // Via Archimede 189Altroquando // Corso Vittorio Emanuele 145Auditorium Rai // Viale Strasburgo 19Banacalì wine bar // Via IV Aprile 9Bar Magnolie // P.zza Franco Restivo 1Bar Mazzara // Via Gen. Maiocco 15Birimbao pub// Via dei Leoni 85Birmingham Cafè // Via R. Wagner 16/18Bisogno di vino // Via Giacalone 2Box Office 2 // Via F. Lo Jacono 53Blow Up // P.zza Sant’Anna 17/18Blue Brass // Via dello Spasimo 15Byblo's wine bar // Via Simone Corleo 2Cafè Moma // Via Gioacchino Di Marzo 61/cCaffè 442 // Piazza Don Bosco 1Cambio Cavalli // Via Giuseppe Patania 54Casa Pitrè pub // Via Sant'Oliva 18Centro culturale Biotos // Via XII Gennaio 2Centro culturale Francese // Via Paolo Gili 4Ccp Agricantus // Via XX Settembre 82/aCentro del tè Cha // Via Velasquez 28/34Centro di cultura Akiti // Via Lombardia 19Centro di cultura Barag // Via De Spuches 7Centro di cultura Rishi // Via S. Bono 19Cinema ABC // Via Emerico Amari 166Cinema Ariston // Via Pirandello 5Cinema Aurora // Via Tommaso Natale 177Cinema Arlecchino // Via I. Federico 12Cinema Dante // Piazza Lolli 21Cinema Fiamma // Largo degli Abeti 6Cinema Gaudium // Via D. Almeyda 32Cinema Holiday // Via Mariano Stabile 223Cinema Igea Lido // Via Ammiraglio Rizzo 13Cinema Imperia // Via Emerigo Amari 160Cinema Jolly // Via Costantino 54Cinema King // Via Ausonia 111Cinema Lubitsch // Via Guido Rossa 5Cinema Lux // Via Francesco Di Blasi 25Cinema Marconi // Via Cuba 12/14Cinema Rouge et Noir // Piazza G. Verdi 82Cinema Tiffany // Viale Piemonte 38Cineteatro Golden // Via Terrasanta 60Cineteatro Metropolitan // V. Strasburgo 356Convivium Miceli // Via Generale Streva 18/aCortile Patania wine bar // Via G. Patania 34Coso Cafè // Piazzetta Sant'Onofrio 39Country Time Club // Viale Dell'Olimpo 5Desafinado // Via Vetreria 72Dischi & Co // Via Alcide De Gasperi 32Diskery // Via Aquileia 7/cEl Mescalito // Via Libertà 84/bEmporio Pizzo Free // C. V. Emanuele 172Fides Time // Via Principe di Paternò 91Fransal donna // Via Giuseppe La Farina 14Fransal uomo // Via Giuseppe La Farina 9

Fresco // Via Enrico Albanese 24/26Frida Kahlo // Via Bara all'Olivella 56Gagini wine bar // Via Cassari 35Galleria Expa // Via Alloro 97Gatto Nero // Rua Formaggi 15Gattuso Musica // Via M. di Villabianca 50Genesi pub // Via Monsignor Serio 6/cGentleman Loser // Piazzale Ungheria 33Gliamanti // Piazzetta ColonnaGoethe Institut // Via Paolo Gili 4Guitar Point // Via Cristoforo Colombo 14Hammam // Via Torrearsa 17/dHirsch pub // Via Damiani Almeyda 3/aI Candelai // Via Candelai 65I Grilli // Largo Cavalieri di Malta 2Jason Irish pub // Via dei Nebrodi 55Jazz 'n Chocolate // Via Giacalone 26Il Musichiere // Via Damiani Almeyda 15International House // Via Quintino Sella 70Istituto Cervantes // Via Argenteria 33Jackass // Via Sammartino 117John Milton Institute // Via G.G. Sirtori 73Kursaal Kalhesa // Foro Umberto I 21La Cuba // Viale Francesco ScadutoLa Cueva // Via delle Balate 13/15L’antro di Bacco // Via dell’Orologio 46L'aperitivo // Via Giusti 34L'Espace // Via G.B.F. Basile 3Libr'Aria // Via Ricasoli 29Libreria Ausonia // Via Ausonia 70/74Libreria del Mare // Via della Cala 50Libreria Dante // Via Maqueda 172Libreria Broadway // Via Rosolino Pilo 18Libreria Feltrinelli // Via Maqueda 395Libreria Flaccovio // Via Ruggero Settimo 37Libreria Flaccovio // P.zza V. E. Orlando 15Libreria Kalòs // Via XX Settembre 56/bLibreria Liberamente // Via Villareale 53Libreria Mercurio // Piazza Don Bosco 3Libreria Modusvivendi // Via Q. Sella 79Libreria Mondadori // Via Roma 287Libreria Oliver // Via F. Bentivegna 9/13Libreria Universitas // Corso Tukory 140Lighea // Via Alloro 22Lord Green // Via Enrico Parisi 30Lulu pub // Via San Basilio 37Luppolo l'ottavo nano // Via Manin 36Malaluna // Viale della Resurrezione 82Malavoglia // Piazzetta G. Speciale 5Marphi’s pub // Via Sciuti 252Martin's Ristogallery // Via Calascibetta 25Master dischi // Via XX Settembre 38Mikalsa // Via Torremuzza 27Mi manda Picone // Via A. Paternostro 59Mondolibri // Corso Vittorio Emanuele 244Montezemolo // Piazza Unita' d' Italia 10Mora Mora // Via R. Mastrangelo 21More wine bar // Via Mariano Stabile 32Nashville pub // Via Belgio 4Nexus Street Bar // Piazza Cassarelli 21Nuovo Montevergini // P.zza Montevergini 8Oliver wine bar // Via F. Paolo Di Blasi 2

Palab // Via del FondacoPalazzo Ziino // Via Dante 53Pan Store // Via Siracusa 22Parco T. di Lampedusa // Vicolo della Neve 2Paskal // Corso Domenico Scinà 190Pata Palo // Piazza Giovanni BorgesePoker Room // Via Libertà 131Reloj // Via Pasquale Calvi 5Ricordi Box Office // Via Cavour 133Robinson Vini // Via Ariosto 11/aRocket Bar // P.zza S. Francesco di Paola 42Roots // Piazza Santa Cecilia 22Rumors Cocktail Bar // Via I. La Lumia 70Scacco Matto // Via Nicolò Spedalieri 2Scuola di tango Assud // Via Bara 70Scuola di tango D. Calarco // P. PantelleriaSestoSenso // Vicolo Fonderia (dietro la Cala)Solemar // Lungomare C. Colombo 2109Spasimando // Via Spasimo 44/48Spazio 500g // Via Bara all’Olivella 67Spirito DVino // Via P. di Belmonte 44/46Taco Loco // P.zza G. Campolo 27Teatrino Ditirammu // Via Torremuzza 6Teatro Bellini / Piazza BelliniTeatro Crystal // Via Mater Dolorosa 64Teatro Al Convento // Via C. Bandiera 66Teatro Al Massimo // Piazza G. Verdi 9Teatro Biondo // Via Roma 258Teatro Lelio // Via Antonio Furitano 5/aTeatro Libero // Piazza Marina Teatro Massimo // Piazza Giuseppe VerdiTeatro Orione Spicuzza // Via Don Orione 5Teatro Politeama // P.zza R. SettimoTeatro Savio // Via Evangelista Di Blasi 102/bTeatro Zappalà // Via A. Siciliana 125The Cube // Via Giotto 1Tinto // Via XX Settembre 56/aTravel Cafè // Via Carducci Giosuè 18Tribeca // Via Mariano Stabile 134Tutto Musica // Via Principe di Villafranca 5Villa Giuditta // Via San Lorenzo 17Vinile pub // Via Piazzi (piazza Lolli)Volo wine bar // Via Libertà 12World Wide Web // Via P. di Belmonte 103/cZsa Zsa Mon Amour // Via Angelitti 32

BAGHERIAEdicola Pippo Bonura // Corso Umberto I 38Edicola M. Albanese // Corso Butera 531Sikelia wine bar // Via del Cavaliere 92/a

MONDELLOLibreria Sellerio // Viale Regina Elena 59/v

MONREALELa Bettola Del Novelli // Via Torres 30

TERMINI IMERESELibreria Caffè Punto 52 // Via Belvedere 52

VILLAFRATITeatro del Baglio // Corso Sammarco

balarm magazine 50

PUNTI DI DISTRIBUZIONE

Page 27: Balarm Magazine | Idee, personaggi e tendenze che muovono la Sicilia | numero 5