Baruch Spinoza - Trattato sull'emendazione dell'intelletto

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  • 7/31/2019 Baruch Spinoza - Trattato sull'emendazione dell'intelletto

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    Bento de Spinoza

    Trattato sulla emendazione dellintelletto

    a cura di Dario Zucchello

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    Sommario

    SOMMARIO...................................................... ................................................................ ............. 1

    INTRODUZIONE........................................................................................ ................................... 3

    Il testo e i suoi problemi ................................................................. ......................................... 3

    Il problema del metodo nella cultura del Cinquecento ........................................................... 8

    Problema del metodo e progetto culturale in Bacone ........................................................... 11

    La mathesis universalis in Descartes................................................................................ ..... 15

    Epistemologia e metodo in Hobbes ..................................................................... .................. 18

    Il Tractatus de intellectus emendatione e il dibattito storico sul problema del metodo ........ 20

    NOTIZIE BIOGRAFICHE ................................................................. ........................................ 25

    BIBLIOGRAFIA ............................................................ .............................................................. 26

    TRATTATO SULLA EMENDAZIONE DELLINTELLETTO............ ................................. 28

    Avviso al lettore ..................................................................... ................................................ 29Esordio: il fine generale dellopera......... ....................... ....................... ....................... ....................... 30

    Commento.................... ...................... ....................... ...................... ....................... ....................... 33Scheda: la metafisica dietro il Tractatus .................... ....................... ...................... ...................... 38

    La fenomenologia della percezione ..................... ....................... ........................ ....................... ......... 41Commento.................... ...................... ....................... ...................... ....................... ....................... 43Scheda: la teoria della conoscenza nelBreve trattato e nellEtica...................... ....................... ... 47

    La via e il metodo ...................... ...................... ....................... ...................... ...................... ................ 50Commento.................... ...................... ....................... ...................... ....................... ....................... 54Scheda: il problema del metodo nei Principi della filosofia di Cartesio....................................... 59

    La prima parte del Metodo ....................... ...................... ....................... ...................... ....................... 61Commento.................... ...................... ....................... ...................... ....................... ....................... 72

    La seconda parte del Metodo..................... ....................... ....................... ....................... .................... 82Commento.................... ...................... ....................... ...................... ....................... ....................... 83

    Lordine del pensiero... ...................... ....................... ...................... ....................... ..................... ........ 86Commento.................... ...................... ....................... ...................... ....................... ....................... 89Scheda:potenza della mente e qualit dellesistenza in Spinoza ....................... ....................... .... 93

    LETTURE CRITICHE............ ................................................................ .................................... 95

    F. Mignini: La definizione del metodo e il suo rapporto con la filosofia.............................. 95

    G. Deleuze: Espressione e idea .......................................................................... ................... 97

    H. De Dijn: Il metodo nel D.i.e.: logica, circolarit e pedagogia......................... .............. 100F. Alqui: Lincompiutezza del D.i.e. ........................................................................... ....... 102

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    Introduzione

    Il testo e i suoi problemi

    Il testo latino del De intellectus emendationefu per la prima volta pubblicato nel 1677,nellambito della edizione degli Opera posthuma: frutto, in tale veste, dellintervento re-dazionale di un curatore - cui si doveva probabilmente, anche alla luce della allusionealle incertezze del frammento nella nota preposta dagli editori, una qualche revisionedellinedito spinoziano - loperetta ci stata originariamente trasmessa senza la possi-bilit di una collazione con un manoscritto o una copia autografa dellautore. Daltraparte, per, una parziale opportunit di controllo offerta dalla edizione olandese (De

    Nagelate Schriften) che fece immediatamente seguito a quella latina, proponendo delnostro testo una versione che differiva dalla precedente in alcuni passaggi, a testimo-nianza della disponibilit forse di una seconda fonte. In attesa della edizione criticacurata da F. Mignini, uno dei massimi specialisti dellargomento, le edizioni correntiutilizzano proprio il riscontro tra le due versioni per risalire alla probabile fisionomiaoriginale dellincompiuto trattato.

    La pubblica-

    zione e le sue

    edizioni

    Cos oggi si suppone che la revisione del frammento latino fosse allora stata effet-tuata dallamico di Spinoza Lodewjik Meyer (cui lo stesso filosofo aveva affidato ilcontrollo testuale dei suoi Principi della filosofia di Cartesio [1663]), forse con il tripliceobiettivo di:

    Il problema

    delle reda-

    zioni

    migliorare la qualit del latino giovanile di Spinoza; ritoccare eventualmente il lessico filosofico in funzione dellEthica; intervenire per precisare alcuni passaggi o formule e quindi rendere pi traspa-

    rente il rinvio allopera maggiore1.Daltronde molto probabile che lautore della traduzione olandese fosse quel

    Glazemaker gi traduttore di Descartes e editore capace e scrupoloso, come rivele-rebbero anche le postille alla sua versione, le quali sono intese a determinare le corri-spondenze tra i termini olandesi impiegati e quelli latini del manoscritto utilizzato: cipotrebbe far supporre da parte del traduttore lintenzione di aderirvi fedelmente. Tut-tavia, di fronte a un testo ancora da rifinire a livello formale e contenutistico,lintervento del traduttore potrebbe non essersi limitato a un calco olandese

    delloriginale latino: le discrepanze tra le due versioni potrebbero allora spiegarsi, sen-za rinviare allesistenza di due distinti manoscritti, anche con la inevitabile interferen-za interpretativa e correttiva del traduttore olandese, il quale, come nel caso di Meyer,intendeva forse garantire la conformit tra i contenuti solo sbozzati nel frammento ela concettualit dellEthica. Cos, come vuole Rousset2, un unico manoscritto potreb-1 ) Spinoza, Trait de la rforme de lentendement, introduction, texte, traduction et commentairepar B. Rousset, Paris, 1992, p.135.2 ) Op. cit., p.136.

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    be essere stato utilizzato tanto per la revisione latina di Meyer quanto per la traduzio-ne (e magari i ritocchi) di Glazemaker.

    Al di l di questo breve cenno ai problemi legati alla pubblicazione dellinedito,quel che per noi pi rilevante ai fini della introduzione del testo la questione dellasua collocazione cronologica, destinata a incidere anche sul profilo storico-culturale.

    Il problema

    della collo-

    cazione cro-

    nologica

    Come abbiamo sopra segnalato sulla scorta di Rousset, potrebbe essere stata pro-prio lintenzione di Meyer quella di proiettare il lungo frammento, magari solo conlievi variazioni, nella prospettiva dellEthica: un fatto, comunque, che per lo pi il Deintellectus emendatione sia stato letto in tale orizzonte, come introduzione logico-metodologica alla grande sintesi sistematica cui Spinoza lavor nel corso degli anni

    1660 fino alla morte (1677). In tal senso, in passato si ritenuto, con argomenti an-che convincenti3, di dover collocare loperetta incompiuta tra il Breve trattato su Dio,luomo e la sua felicit, prima prova filosofica, e la originaria redazione dellopus maius,datandola quindi approssimativamente al 1662.

    Tuttavia negli ultimi decenni, grazie al lavoro filologico e interpretativo di Migni-ni4, non sono mancate profonde rettifiche, specialmente a proposito del nesso con ilBreve trattato. Lo studioso italiano, registrando anche i consensi di autorevoli editoristranieri delle opere spinoziane5, ha insistito sulla anteriorit del D.i.e., facendo valerenumerose osservazioni circa la qualit della lingua e dello stile, ma soprattutto analiz-zando gli aspetti teoretici del testo allinterno dello sviluppo del pensiero spinoziano(supponendolo intrinsecamente coerente)6. Dal confronto emergerebbe la maggiore

    congruenza tra Breve trattato eEthicasu alcuni temi decisivi e dunque la peculiarit maanche la anteriorit del nostro frammento rispetto alle due opere compiute. Cos stato proposto di datarlo alla fine degli anni 1650, spostando la composizione del Bre-ve trattato al 1660-61, a ridosso delle prime elaborazioni dellEthica.

    Questo orientamento ermeneutico ha comunque fatto registrare consistenti rea-zioni da parte dei pi recenti editori del testo del D.i.e., Rousset e Bartuschat7, il quale

    3 ) Si veda ad esempio quanto scrive M. Bert nella sua introduzione a Spinoza, Lemendazionedellintelletto, traduzione, introduzione e commento a cura di M. Bert, Padova, 1966, pp.1-5.4 ) Autore di diversi articoli e saggi sul problema della datazione; in particolare si veda F. Mignini,

    Introduzione a Spinoza, Roma-Bari, 1983, pp.5 ss.; Id., Nuovi contributi per la datazione elinterpretazione del Tractatus de intellectus emendatione, in Spinoza nel 350 anniversariodella nascita, Atti del Congresso (Urbino 4-8 ottobre 1982), a cura di E. Giancotti, Napoli, 1985.5 ) Penso soprattutto a E. Curley in The Collected Works of Spinoza, vol.I, Princeton, 1985, maanche a W. Klever in Spinoza, Verhandeling over de verbetering van het verstand, Baarn, 1986.6 ) da notare che lo stesso Mignini, comunque, si richiama al precedente ottocentesco del primoeditore delBreve trattato, E. Boehmer, il quale aveva, gi nel 1852, messo in dubbio la posteriori-t delD.i.e. Cfr. F. Mignini,Introduzione a Spinoza, cit., p.5.7 ) W. Bartuschat,Einleitung in Daruch de Spinoza,Abhandlung ber die Verbesserung des Vers-tandes, neu bersetzt, herausgegeben mit Einleitung und Anmerkungen versehen von W. Bartu-

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    ultimo, rilanciando in altra prospettiva lapproccio di Mignini, ha particolarmente in-sistito sulla coerenza tra la concezione dellintelletto presente nellEthicae la sua feno-menologia nel frammento, che risulterebbero incompatibili con la relativa interpreta-zione nel Breve trattato, e sullintreccio tra qualit della conoscenza e felicit, centralenellopera maggiore e chiaramente messa a tema nel D.i.e., per ribadirne la colloca-zione tradizionale e dunque la posteriorit rispetto al Breve trattato.

    Per avere un quadro quanto pi possibile definito della questione noi dobbiamotenere presenti alcuni dati oggettivi che potremmo considerare indizi della elabora-zione spinoziana.

    Gli elementi

    utili per la

    collocazione

    del testo

    Intanto la lunga lettera VI del 1661, indirizzata a Oldenburg: dopo il lungo esamedel saggio di Boyle Del Nitro, della Fluidit e Solidit, riferendosi a problemi sollevati

    dal proprio interlocutore, Spinoza concludeva:

    La lettera a

    Oldenburg

    8.

    Il brano allude esplicitamente alla elaborazione corrente di una metafisica (appros-simativamente quella dellEthicama anche del Breve trattato) e di una emendatio intellectus.Il fatto che venga utilizzata lespressione opusculume che si accenni alla sua revisionefa pensare a un lavoro ancora in fieri, su un materiale tutto sommato piuttosto limita-to. Le diverse interpretazioni hanno sfruttato la lettera per giustificare riferimenti alD.i.e., al Breve trattato o alla stessaEthica. In realt, considerata la complessit redazio-nale di queste opere, si potrebbe anche ipotizzare che, nel 1661, Spinoza avesse soloabbozzato il materiale poi articolato, a pi riprese e quindi con ripensamenti e aggiu-stamenti, nel trattato sul metodo e nellEthica, e forse in una redazione del Breve tratta-to: il riferimento distinto a metafisica e emendazionesi potrebbe spiegare appunto conlintenzione di far precedere la Filosofiada una introduzione (catartica e) metodologi-

    schat, Hamburg, 1993, pp.vii ss. Si veda anche la posizione di H. De Djin in Spinoza, The Way toWisdom, West Lafayette, 1996, p.5.8 ) Baruch Spinoza,Epistolario, a cura di A. Droetto, Torino, 1974, pp.62-3.

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    ca, sul modello della posteriore organizzazione dei Principi della filosofia di Cartesio9. In-somma, tenendo fermo come punto di arrivo lopus maius, lopuscolo potrebbe coincide-re con un elaborato intermedio (non identificabile completamente con nessuna delleopere successivamente sviluppate), risalente a un periodo di riflessione ancora mag-matica, pronta a coagularsi e ridefinirsi intorno a quei problemi che solo negli anni1670, dopo la originaria sintesi del Breve trattato, avrebbero finalmente trovato siste-mazione nellultima redazione dellEthica. Di rilievo comunque linteresse espressoper la problematica della emendazionee il riferimento allesistenza di un materiale spe-cifico, almeno allinterno di un progetto pi generale.

    Il secondo dato da considerare rappresentato dal contenuto e dalle indicazionidella sintetica epistola XXXVII a Bouwmeester, dedicata interamente al problema del

    metodo e in cui traspaiono la meditazione e il contributo tecnico del D.i.e. Nella parteconclusiva Spinoza propone quella che potremmo definire una sinossi della sostanzadellinedito:

    La lettera a

    Bouwmeester

    10.

    La testimonianza importante perch documenta, almeno a livello teorico, ilcompimento del disegno espresso dal nostro testo: che, probabilmente, a quella data,tenuto conto dellindizio precedente, era gi stato composto secondo la scansione in-terna conservataci. Daltra parte la lettera rivela che, in ogni caso, tale stesura non eradisponibile nei circoli vicini allautore, n egli coglie loccasione per riferirvisi. Unpassaggio (quello dove si accenna al nesso tra la causa prima e la mente), come po-tremo meglio cogliere nel commento, potrebbe addirittura alludere a una delle diffi-

    colt che condurr alla interruzione del lavoro. Possiamo dunque ipotizzare chequanto meno la struttura essenziale del D.i.e. fosse gi abbozzata manoscritta primadella met degli anni 1660 (quando era pure in corso la stesura dellEthica).

    Un decennio dopo, nel 1675, Tschirnhaus, interlocutore di rilievo negli ultimi annidi vita di Spinoza, cos esordiva nella sua lettera del 5 gennaio:

    La lettera a

    Tschirnhaus

    9 ) Rousset, op. cit., p.17.10 ) Op. cit., p.186.

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    11.

    Allinvito del conoscente il filosofo rispondeva riprendendo indicazioni svolte nelD.i.e. (sul nesso tra adeguatezza e verit dellidea), pur senza mai citare linedito, af-fermando verso la conclusione:

    12.

    Lo scambio interessante perch dimostra ancora una volta come il pur ineditomanoscritto dellEthica fosse in circolazione e oggetto di discussione tra gli amici,mentre del nostro testo (ma il discorso si dovrebbe fare a maggior ragione anche perlaltra opera, il Breve trattato, di cui non si ebbe addirittura alcuna notizia fino alla metdel secolo scorso) si registravano solo vaghe, generiche indicazioni. Nello stessotempo, per, la risposta spinoziana ribadisce un interesse e una intenzione che ave-

    vamo gi riscontrato nella epistola a Oldenburg, segno di una costante attenzione perla problematica metodologica e, probabilmente, anche delle intrinseche difficolt in-contrate nello svilupparla autonomamente.

    In questo senso possiamo citare un ulteriore documento che pu aiutarci a mette-re a fuoco la questione. Si tratta di un passo della prefazione alledizione olandese cu-rata da J. Jelles:

    La prefazio-

    ne olandese

    alle Operepostume

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    pubblicarlo, come gi stato detto nellAvvertenza al lettore, premessa a questo scrit-to>>13.

    Il brano offre diversi spunti di riflessione per una valutazione finale: Conclusioniprovvisorie

    comprova una datazione anticaper linedito, rivelando la approssimazione concui gli stessi editori potevano fissarne la collocazione, tra le prime operedellAutore;

    conferma quanto gi emerso dalla collazione delle epistole, cio il proponimen-to del filosofo di arrivare a una pubblicazione delle proprie riflessioni sul me-todo;

    rivela, daltra parte, le strutturali difficolt incontrate nella realizzazione: come

    abbiamo sopra anticipato, la fiducia nella possibilit di portare a termine una ri-cerca sulla natura della menteautonomamente rispetto a una fondazione metafisi-ca era destinata, in ultima analisi, ad aprire una tendenziale circolaritnellindagine (come illustreremo nel commento);

    sottolinea la provvisoriet della redazione del manoscritto, non solo per la con-clusione mancante ma anche per altre lacune: cos rafforzando il sospetto diqualche intervento editoriale di sistemazione (cui potrebbe implicitamente farpensare la stessa rassicurazione circa la genuinit delle annotazioni);

    attesta in ogni modo il valore del contributo del testo e la sua immanenzanellorizzonte dellopera maggiore.

    Il problema del metodo nella cultura del Cinquecento

    Si talvolta interpretato il D.i.e. come il discorso sul metodo di Spinoza ovvero, me-glio, come il corrispettivo spinoziano delle Regulae ad directionem ingeniidi Descartes14.Non c dubbio, infatti, che, pur in un contesto improntato dalla esigenza etica di sal-

    vezza, il concorso dellinedito trattato era soprattutto metodologico, e originariamen-te inteso come premessa, appressamento alla Filosofia (per cui costante il richiamoalla via). quindi importante delineare sinteticamente il quadro teorico entro cui essointerveniva, recependone istanze e problemi, in qualche caso anche con eco diretta.Procederemo dunque a una sommaria recensione delle tesi cinquecentesche in pro-spettiva pi interessanti, lasciando poi spazio allesame dei maggiori contributi meto-dologici secenteschi.

    Si spesso soliti associare la riflessione sul metodo ai nomi di alcuni dei maggioriprotagonisti della vita intellettuale del Seicento (Bacone, Descartes, Hobbes, Newton,lo stesso Spinoza), dimenticando o lasciando sullo sfondo le premesse cinquecente-sche del dibattito da cui in parte scatur latteggiamento scientifico moderno. In real-

    Il problema

    del metodo

    nel Cinque-

    cento

    13 ) Cito da F. Mignini,Introduzione a Spinoza, cit., pp.6-7.14 ) Cfr. ad esempio F. Alqui,Le rationalisme de Spinoza, Paris, 1981, p.48.

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    t, le ricerche a tema hanno da tempo chiaramente messo a fuoco nellopera metodo-logica dei filosofi secenteschi il ruolo di certi contributi o spunti del secolo preceden-te, se non ancora pienamente consapevoli della rottura rappresentata dal matemati-smo, almeno coscienti dellinteresse cruciale del problema. Pu sembrare sorpren-dente, in questo senso, che proprio in seno alla tradizione aristotelica rinascimentale,contro cui per molti versi si rivolse la polemica scientifica del XVII secolo, maturasseuna prima revisione o puntualizzazione della questione metodologica, nella quale sicercava di concentrare e disciplinare una dispersa pluralit di ricerche.

    Partendo dalla autorit aristotelica degliAnaliticie tenendo soprattutto presenti leesigenze dellindagine della natura, si rispolver la distinzione tra apodeixis tou dioti(dimostrazione del perch di un fatto) e apodeixis tou oti(dimostrazione del mero fat-

    to): la prima muoveva dalla causa prossima alleffetto, la seconda dalleffetto alla cau-sa prossima. La consapevolezza cheper noi (in ordine alla nostra conoscenza) la con-statazione degli effetti precede la conoscenza delle loro cause, spingeva gli aristotelicidegli studia italiani a teorizzare sistematicamente una combinazione dei due approccidimostrativi per approdare alla demonstratio potissima, in grado di garantire una cono-scenza assoluta. Uno schema ricorrente il seguente15:

    Il regres-

    sus dimo-

    strativo

    per osservazione si ottiene una conoscenza confusa di un effetto; componendo induzionee dimostrazionefattualesi ottiene una conoscenza ancora

    accidentale della sua causa; attraverso meditatio e consideratio (globalmente riassunte nella negotiatio) si rag-

    giunge una conoscenza distinta della causa prossima, afferrando il suo nesso dinecessit con leffetto;

    con la dimostrazionedel perchconseguiamo la conoscenza assolutadelleffetto, ciola sua conoscenza tramite la causa che lo rende necessario.

    Tra coloro che maggiormente si impegnarono in questa direzione troviamo un au-tore noto a Spinoza, anche per lampia diffusione dei suoi Opera logica (1578) negliambienti accademici olandesi, e riferimento anche per Galilei: Jacopo Zabarella. Neilibri De methodis (1578) egli, dopo aver nettamente distinto tra ordines, procedimentiadatti alla esposizione di conoscenze gi acquisite, e methodusin senso stretto, caratte-rizzata dalla vis illativa,orientata, in altre parole, alla acquisizione di nuove conoscen-ze, fissava la dicotomia aristotelica in demostratio propter quid (o methodus compositiva) edemostratio quod (o methodus resolutiva). Entrambe erano sufficienti allo scopo dellascienza, che era poi quello di arrivare alle definizioni delle affectiones, dei fenomeni os-servabili: esse, secondo tradizione, richiedevano la specificazione del genere propriodella qualit fenomenica in oggetto e della sua causa prossima. Il primo doveva essere

    praecognitum, preventivamente conosciuto, per poter offrire linquadramento logico nel

    Ordo e me-

    thodus in

    Zabarella

    15 ) N. Jardine, Epistemology of the sciences, in The Cambridge History of Renaissance Philoso-phy, edited by C.B. Schmitt, Q, Skinner, Cambridge, 1988, p.687.

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    quale inserire la seconda, di cui i procedimenti dimostrativi avrebbero efficacementeassicurato la ricerca16.

    In una scienza perfetta, prospettata, secondo la ortodossia peripatetica, come reicognitio per suam causam, lincidenza cognitiva dei due percorsi metodici non era co-munque equivalente: la methodus compositiva, da un punto di vista dimostrativo, rivesti-

    va infatti, in virt della capacit di ricostruire la cosa attraverso la sua causa immedia-ta, una funzione privilegiata (demonstratio potissima). Nella misura in cui palesavalessenza, il quid estdella cosa, essa ne manifestava anche il quod est, le propriet feno-meniche: la cosa era cos propriamente conosciuta solo attraverso al causa da cui essaderivava17. Inoltre la conoscenza delle cause svincolava il sapere dalle incertezze edalla ipoteticit dellesperienza, garantendogli la comprensione ex necessitatedei feno-

    meni, i quali perdevano in tal modo il loro carattere contingente.Tuttavia, al di l di queste puntualizzazioni aristoteliche che rivelano comunque la

    nuova disponibilit verso il mondo naturale, nella meditazione cinquecentesca sulmetodo si segnalano almeno altri due indirizzi destinati a pesare nella elaborazionedel secolo successivo: quello matematico e quello dialettico.

    Matematica

    e dialettica

    Il primo si deline progressivamente, con la ripresa di interesse per le traduzionidei matematici alessandrini, ma soprattutto a seguito della edizione e del commentodegliElementidi Euclide a opera del gesuita C. Clavius (1574). Se gi in precedenza ilrigore della geometria aveva attirato lattenzione come autonomo paradigma di razio-nalit, ci non era comunque avvenuto senza significativi ridimensionamenti, comequello del gesuita B. Pereira, autore noto a Spinoza, il quale aveva sottolineato (1576)

    come la dimostrazione matematica non potesse essere considerata scientifica, dalmomento che si muoveva in ambiti astratti, partendo da principi troppo generali enon considerando la causa propria e specifica dei casi esaminati, come invece avrebbedovuto la scienza perfetta18.

    Incidenza del

    modello eu-

    clideo

    Clavius, dal canto suo, poteva opporre la certezza delle dimostrazioni matemati-che alle conclusioni solo probabili dei dialettici, per ribadire la scientificit delle prime:egli si soffermava appunto sulla struttura interna di tale sapere, per coglierne le ragio-ni del primato tra le scienze e individuarne le modalit di operazione. La sua analisifiniva cos per porre in primo piano la peculiarit dei principia fondamento dei teo-remi (definizioni, postulati e assiomi), rimarcando il ruolo particolare delle definizio-ni, attraverso cui in geometria era possibile generare le figure e quindi ricavarne anali-

    ticamente le propriet. Attraverso tale processo si costituiva di necessit la forma in-trinsecamente cogente delle scienze matematiche.Analogamente G.A. Borelli, le cui tesi sono discusse negli scambi epistolari di Spi-

    noza (epistole VIII e IX), dopo aver rilevato la trasparenza dei principi della geome-

    16 ) Op. cit., p.690.17 )F. Biasutti,La dottrina della scienza in Spinoza, Bologna, 1979, p.105.18 ) Op. cit., pp.98-9.

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    tria, avrebbe sviluppato (1658) proprio il nesso tra definizione (cui spettava, secondotradizione, il compito di produrre una conoscenza scientifica certa e evidente) e co-struzione delloggetto geometrico, per concludere che solo la definizione genetica ga-rantiva la conoscenza indiscutibile delle propriet del definito19.

    La lenta affermazione del paradigma geometrico poteva ancora iscriversi latamen-te nello sfondo della lezione dimostrativa degli Analitici Secondi, almeno per quel cheriguardava la intelaiatura formale che Aristotele aveva probabilmente ricavato propriodai modelli geometrici in uso nel suo tempo. Certamente critica nei confronti di talelezione era invece la doctrina disserendi, la nuova metodologia dialettica, elaborata da P.Ramus a partire dalle Dialecticae institutiones(1543), con la quale si reagiva al formali-smo logico, proponendo un nuovo rapporto tra grammatica e retorica da un lato, e

    dialettica dallaltro.

    La dialettica

    ramista

    Infatti lautore francese muoveva dalla convinzione (maturata nellanalisi compara-ta delle lingue latina, francese e greca) della spontaneit delle strutture linguistiche elogiche, per cui le regole finivano per essere subordinate alle esigenze del discorso, ela grammatica diventava strumento della retorica, intesa come tecnica del discorso. Ladialettica rivestiva in tale prospettiva la funzione logica di rilevare i principi e il pro-cedimento argomentativo, attraverso i due momenti, della inventio (elaborazione degliargomenti atti a risolvere un certo problema) e della dispositio (organizzazione degliargomenti in una vera e propria concatenazione), assicurando la omogeneit tra i di-

    versi ambiti di applicazione e dunque la possibilit di una unificazione metodologica.Ramus veniva cos, in forme almeno parzialmente originali, riproponendo la platoni-

    ca subordinazione gerarchica delle scienze alla dialettica, sebbene non nel senso delladipendenza dalla eccellenza di una epistemedei principi, ma in quello della incidenzacondizionante di una matrice logica costante nelle varie applicazioni.

    Problema del metodo e progetto culturale in Bacone

    La Instauratio Magna, il grande progetto incompiuto che avrebbe dovuto sintetizza-re nella propria articolazione la rivoluzione culturale di Francis Bacon (1561-1626), siproponeva programmaticamente una radicale restaurazionedelluomo, quasi un riscattodalla corruzione originaria, in cui lumanit, in analogia con il racconto biblico, eracaduta per un peccato di superbia. In questa prospettiva, il filosofo doveva in primo

    luogo impegnarsi a dissolvere il sapere apparente, operare quella expurgatio intellectusingrado di trasformare la mente umana, scaduta a specchio incantato, in un limpido ricetta-colo delle strutture della realt naturale. In questo recupero dellinnocenzasi delineavalapertura di una nuova epoca nella storia delluomo, in cui questi avrebbe potutonuovamente esercitare il proprio patronato sulla natura.

    La restaura-

    zione

    delluomo

    19 ) Op. cit., p.103.

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    Alla luce di queste esigenze Bacone esprimeva il proprio giudizio sulla tradizionefilosofica, che rifiutava la consolidata accezione dei compiti e delle funzioni della filo-sofia, e si traduceva in una condanna di ordine morale delle premesse storiche di unaparte consistente di quella tradizione. Essa avrebbe, infatti, ben presto rinunciatoallimpegnativo scandaglio della natura, imbastendo, a partire da Platone e Aristotele,una strategia di ripiego verbale, disponibile, in altre parole, a sostituire le reali solu-zioni, frutto di una ricerca faticosa, con soluzioni fittizie, affidate allinnata capacitaffabulatoria delluomo.

    Condannadella tradi-

    zione

    Sulla scorta di questo quadro, la riforma del sapere avanzata da Bacone muovevadalla opinione che, per essere di beneficio agli uomini, per esserefruttifero, esso doves-se, in primo luogo, essere lucifero, perseguire la veritcos come essa si offre nella crea-

    zione. Il sapere poteva essere utile in quanto sapere vero, e non vero in quanto utile: leopere diventavano in questa prospettiva pegni di verit. Per instaurare il regno delluomo,fondato sulla scienza della natura, si doveva sottostare ai medesimi requisiti richiestiper accedere al Regno dei Cieli: diventare fanciulli di fronte alla natura, aperti e prontiad accogliere quanto essa ha da dirci. A questo scopo era indispensabile mettere inatto una duplice strategia, di catarsi dai pregiudizi di ogni tipo che perturbavano ilrapporto con la natura, producendo la sterilit del sapere, di soccorso alla mente, difronte alle sottigliezzedella stessa natura.

    Riforma del

    sapere e li-

    berazione

    dai pregiudi-

    zi

    Il primo aspetto, quello della expurgatio intellectus, impegn particolarmente Baconenel primo libro delNovum Organon, seconda parte della Instauratio Magna(1620), dovelautore introdusse la propria teoria degli idola, in cui classific varie e diffuse tenden-

    ze dellintelletto umano, alla base delle sue frequenti cadute nellerrore. Gli idola tribusrappresentavano i pregiudizi radicati nella natura delluomo, che lo portano sempre asupporre un grado di ordine e eguaglianza nelle cose, a contemplare luniverso nellapropria ottica semplicistica e antropomorfica (ex analogia hominis), in termini teleologi-ci. Gli idola specuserano invece le forme preconcette legate alla storia individuale, allaformazione familiare, alleducazione ricevuta, per cui si tende a perpetuare errori, aagire acriticamente, a applicare a ogni cosa principi dettati dai propri interessi. Gli ido-la foricostituivano invece le prevenzioni che nascono nel commercio umano, nei rap-porti sociali, attraverso luso-abuso del linguaggio. Gli idola theatri, infine, erano le per-turbazioni indotte dallincidenza dei sistemi filosofici, con il loro potere annebbianterispetto alla natura.

    La teoria

    degli idola

    Bacone non era in ogni caso cos ingenuo da non capire come non fossero solo gliostacoli dordine psicologico a contrastare il progresso del sapere umano: la natura,vera interlocutrice delluomo, si dimostrava in realt pi complessa dellintelletto checercava di decifrarla. Per questo unindagine che intendesse effettivamente rispec-chiare nel pensiero lalfabeto riposto della creazione (interpretatio naturae), in altri termi-ni, le strutture a fondamento dei fenomeni naturali, avrebbe dovuto organizzarsi co-me una grande impresa di esplorazione e scoperta, coinvolgendo la collaborazione di

    Lesigenza diuna nuova

    organizza-

    zione scienti-

    fica

    12

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    pi individui e di pi generazioni, in un costante confronto-dibattito pubblico (se-condo un modello sviluppato nellincompiutaNew Atlantis).

    Cos, una volta ripulito per quanto possibile (in via approssimativa) lo specchio dellamente dalle illusioni pregiudiziali che ne appannano la superficie, una volta delimitatochiaramente lambito naturale dellindagine (con esclusione delleventuale accesso aimisteri divinitramite la contemplazione della natura), insomma, eliminati tutti i fattoriperturbanti, si poneva il problema di affrontare con efficacia limpresa, nella consa-pevolezza, gi rilevata, delle sottigliezzedellinterlocutrice.

    Complessit

    della natura

    e metodo

    Non era dunque sufficiente liberarsi dagli idolaper raggiungere la realt delle cosein s considerate, che offrono congiuntamente verit e utilit. La mente doveva abi-tuarsi a far uso di tecniche specifiche di ricerca, capaci di assicurare, di fronte alla

    complessit, loggettivit del risultato teorico e dunque la sua traducibilit pratica. Laragione doveva procedere pazientemente e sistematicamente allindividuazione dellacausadi una certa propriet fenomenica, in modo da consentirne poi una manipola-zione (ad esempio trasferendola da una certa base materiale a unaltra). I due proce-dimenti erano rigorosamente saldati, dal momento che la causasu cui convergeva laricerca diventava il mezzo delloperazione.

    Il percorso della ricerca doveva, per poter costringere la natura, prendere le mossedirettamente dallesame empirico della stessa, tenendo conto di un duplice livello,fisi-co e metafisico. Il primo corrispondeva per Bacone sostanzialmente al campo dellacomplessa causazione efficiente-meccanica, il secondo al perimetro pi ristretto dellecause formali, strutture elementari delle cose. La complessit dellafisicaera progressi-

    vamente trascesa nella semplicit della metafisica: in questa prospettiva si esprimeva lafede nella sotterranea elementarit dellordine a fondamento della creazione, che a-vrebbe consentito di inquadrare il mondo fenomenico alla luce di alcune costanti.

    La ricerca

    delle cause

    Lapproccio rigorosamente eziologico, mentre confermava il persistere di un oriz-zonte qualitativo di marca aristotelica, imponeva anche il confronto metodologico conlepistemologia peripatetica, che Bacone svilupp sempre nel Novum Organon,allinterno del gi citato progetto della Instauratio Magna, sintetizzando elementi dellatradizione logica degliAnaliticicon altri ricavati dalla retorica classica (Quintiliano) edalla mnemotecnica.

    In effetti la logica tradizionale veniva prospettata come strumento tipicamente di-sputatorio, per il prevalere di un modello sillogistico vincolato a premesse stabilite at-

    traverso uninduzione sommaria. Bacone, come Galilei, stigmatizzava la debolezza ditale procedimento, che finiva per privilegiare espressioni verbali oscure, incapaci diriferirsi a aspetti definiti della realt. I termini avevano significato solo nella misura incui designassero concetti ricavati dallosservazione; le proposizioni universali, chedovevano fungere da premesse, avevano senso in quanto risultato di una precisa ge-neralizzazione induttiva. Consapevole di questi limiti della dialettica tradizionale, chene avevano determinato lo scadimento, il pensatore inglese si impegn a ribaltarne gli

    Critiche alla

    logica aristo-

    telica

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    equilibri, ridimensionandone la prevalente impronta deduttiva, a vantaggio del pro-cesso induttivo con cui si risale ai principi della dimostrazione.

    Linduzionedoveva realmente diventare la procedura per cui, a partire da una messeosservativa sufficientemente ampia, attraverso generalizzazione, classificazione e con-fronto dei dati, si perveniva alla conoscenza degli assiomi, dei principi universali afondamento dei fatti osservati. In questa direzione era necessario integrare il lavoroempirico con un rigoroso controllo razionale. Rispetto allinduzioneper mera enumera-zione, Bacone sottolineava la vis instantiae negativae, lesigenza del metodo per esclusio-ne (in realt gi praticato nel tardo medioevo), pi efficace nel discriminare e quindipi adatto nellanalisi delle complessit fenomeniche. Esso prevedeva un primo sta-dio di raccolta, affidato a accurate e complete storie naturali e sperimentali, frutto del-

    la collaborazione tra centri di ricerca, che avrebbe dovuto garantire una solida baseempirica al sapere scientifico, massima ipoteca per il successivo intervento operativo.

    Linduzione

    baconiana

    Contro leccessiva dispersione, si doveva quindi procedere a distribuire il materialeper lindagine allinterno di grigliedi lettura, che Bacone chiamava tabulae, cos da or-dinarlo per facilitare il sondaggio dellintelletto. Egli ne prevedeva di tre tipi, recipro-camente convergenti:presentiae(della presenza, in cui si registrava la positiva presenzadi un determinato aspetto fenomenico), absentiae (per registrarne invece lassenza) e

    graduum (per indicarne le variazioni). Lo scopo delle tavole era, insomma, quello dipreparare lindividuazione delle correlazioni tra fenomeni, lungo le quali si sarebbesnodato il procedimento induttivo vero e proprio, che solo dopo tali preliminari po-teva prendere le mosse.

    Le tabulae

    Secondo questo disegno metodologico, la ricerca scientifica si presentava comeunascesa dalle osservazioni, attraverso correlazioni sempre pi inclusive, fino ai prin-cipi. La progressiva generalizzazione, controllata nei suoi passaggi essenziali attraver-so luso incrociato delle tavole, doveva consentire di inquadrare rigorosamente le pro-priet fenomeniche fondamentali (o nature semplici: Bacone porta a esempio il calore).In tal modo, attraverso una progressiva concentrazione e focalizzazione dellesamedei dati, sarebbe stato possibile scoprire o ipotizzare nessi causali allinterno di gruppiomogenei di fenomeni (sulla scorta dellassunto che quando c la propriet deve es-serci anche la sua causa), da verificare eventualmente con esperimenti (instantiae prero-

    gativae).

    Le naturesemplici

    Al vertice di questa piramide, risultato di unanalisi che era riduzione dei fenomeni

    complessi allalfabeto elementare della creazione, focalizzazione delle premesse nonosservabili alla base dei fenomeni stessi, stavano, in qualit di principi, quelle che, conlinguaggio aristotelico, Bacone definisce forme, cio le cause strutturali di specifichequalit fenomeniche. Sebbene il linguaggio del filosofo in proposito lasci spazio a let-ture molto tradizionali (le definisce infatti comefonti di emanazione, nature naturanti), lapratica concreta del metodo nel caso specifico del calore mostra una interpretazionemeccanica:

    Le forme

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    .

    Essa rinvia per un verso alla microstruttura delleparticelle, per altro alla loro dina-mica reciproca, quasi si trattasse di un brevetto costruttivo. La procedura induttivaterminava cos con lapprensione delle cause delle propriet naturali, integrando conlimmaginazionee le ipotesi i dati sensoriali, per scoprire le strutture latenti, difficili oimpossibili da osservare. Tale apprensione doveva preludere allintervento operativo,che avrebbe sfruttato il quadro causale determinato per produrre effetti conformi

    allumana utilit, la cui efficacia risultava, di conseguenza, rigorosamente vincolata allabont della ricerca e alla veritdei suoi esiti.

    La mathesis universalis in Descartes

    Dellampia riflessione sul problema del metodo portata avanti nelle giovanili Regulaead directionem ingenii(1620-8), il Discours de la Mthode (1637)di Ren Descartes (1596-1650) riportava poche, scarne indicazioni generali, pur confermandola nella sostanza:

    .

    Come ribadiva esplicitamente lo stesso autore, a suggerire il procedimento discomposizione e ricomposizione erano stati igeometri: coloro, in altri termini, che pra-

    ticavano una scienza dai risultati incontrovertibili, il cui statuto epistemologico eradunque incomparabilmente superiore, specialmente in termini di efficacia, a quello dialtre supposte forme scientifiche. In questo senso le matematiche offrivano una pale-stra ideale per rispecchiare lefficienza logica della mens, e studiare, conseguentemente,strategie metodologiche di supporto. Cos la riflessione meta-matematica garantivalindividuazione di un piano di convergenza tra le diverse applicazioni scientifiche,analogo a quello che Ramus aveva ritrovato nella dialettica.

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    Schematicamente possiamo indicare le stazioni cardinali della riflessione cartesia-na:

    Luso dellematematiche

    assoluto privilegiamento del modello matematico, in quanto indiscutibile neisuoi esiti,

    focalizzazione delle modalit conoscitive intorno a cui esso si costruisce, ulteriore determinazione della specificit del loro oggetto, individuazione degli strumenti atti a favorire la piena funzionalit della cono-

    scenza, assicurando quel livello dintelligibilit che identifica una scienza inquanto tale.

    Una conoscenza pu dirsi certa e evidente, secondo il filosofo, nella misura in cuiconsente di evitare lerrore, in forza della sua struttura concettuale: la meditazione sulparticolare statuto delle matematiche conduce Descartes a caratterizzarne loggetto(semplice e puro da fraintendimenti empirici) e, in relazione a esso, a fissare le duemodalit gnoseologiche fondamentali (intuizione e deduzione).

    Lintuizione latto puntuale con cui la mente illumina il dato elementare, sempli-ce, irriducibile, che simpone quasi visivamenteal suo occhio (evidenza). La deduzione il lineare processo razionale i cui singoli momenti sono saldati intuitivamentenellevidenza (come gli anelli di una catena), per produrre mediatamente, nella con-nessione complessiva, la certezza.

    Intuizione e

    deduzione

    Il criterio dellevidenza, che Descartes connotava di una apparente ingenua visibilit(chiarezza e distinzione), il pi celebre residuo del trapianto, tentato dal filosofo,dellordine astratto che essenzia le matematiche in altri ambiti scientifici.Lenucleazione di una mathesis universalis (lespressione venne utilizzata nella RegulaIV, recuperandola dalla tradizione enciclopedica-pansofica rinascimentale), qualenocciolo di ogni procedimento razionale capace di produrre certezza, comportava,infatti, lestensione delle tecniche di idealizzazione, elaborazione matematica (secondolo schema dicotomico semplice-complesso), funzionali alle possibilit di comprensionedella nostra razionalit.

    Metodo e

    mathesis

    universalis

    In questo modo si delineava un approccio metodologico scandito in due momen-ti:

    una progressiva reductio delle proposizioni involute e oscurea altrepisemplici, una ricostruzione del complesso, a partire dallintuizione del pi semplice.

    Concretamente questo significava ridurre progressivamente una questione com-plessa a questioni pi semplici, la cui soluzione fosse presupposta, per poi ricostruireconcettualmente il problema originario. Oppure passare da problemi specifici a altripi elementari e fondamentali, per procedere infine, ripercorrendo a ritroso la serie,alla sintesi garantita dalla combinazione di intuizione e deduzione.

    Metodo eordine

    Per questi aspetti Descartes si richiamava allesempio dellanalisi problematicaprati-cata dai grandi matematici ellenistici (Pappo, Diofanto), il cui scopo era la determina-zione di dati incogniti a partire da quelli conosciuti. Procedendo a svincolare il nume-

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    ro dalle intuizioni spaziali (geometriche), quindi a liberare lalgebra dalla interpreta-zione rigorosamente numerica (introducendo lettere al posto di cifre), il filosofo rag-giungeva lobiettivo di una scienza cos astratta da essere potenzialmente disponibilealla traduzione in contesti non immediatamente matematici.

    Non difficile cogliere in questa strategia metodologica la centralit del temadellordinee della sua artificialit, per cui la mathesis universalissi rivelava essenzialmentescienza dellordine, analitico e sintetico, proiettato sulloggetto dindagine al fine direnderlo traslucido alla mente. Un ordine logico, imposto arbitrariamente, a prescinderedal quadro ontologico della tradizione aristotelica. Se il rapporto tra metodo e ordinenon era nuovo, a differenza di quanto segnalato nel caso di Zabarella, in Descartesnoi registriamo la sovrapposizione tra i due concetti, con la sostanziale riduzione del

    primo al secondo.Lordine implicava, nel progetto cartesiano, altri due concetti decisivi: quello di e-

    numerazionee quello di natura semplice.Ordine e

    enumerazio-

    neIl primo richiamato anche come quarta regola nella precedente citazione dal Di-

    scorso sul metodo: laddove numerose sono le stazioni deduttive necessaria una verificadei passaggi, per evitare distrazioni e dunque il rischio di dimostrazioni inconcludenti.Lenumerazionesi presenta cos caratterizzata da una duplice funzione:

    di organizzazione, preliminare esplorazione del campo della conoscenza, perlordinamento dei dati e delle condizioni da cui dipende la soluzione di un pro-blema,

    di revisione analitica e di ricostruzione sintetica dei passaggi della deduzione,

    per accelerarne sufficientemente il movimento, cos da ridurne lo svantaggio ri-spetto allimmediatezza e evidenza della visione intuitiva.

    Ma allordine strettamente connesso anche il delicato statuto delle nature semplici,che Descartes introduce in diversi passaggi delle Regulae. Esse rappresentano la tramaresidua dellanalisi condotta sui diversi oggetti di indagine, lalfabeto intuitivo da im-piegare nella sintassi ricostruttiva dei problemi. Esse si presentano quali strumenticoncettuali primari, garantiti dalla evidenza e semplicit; come atomi di verit da cuipartire per la risoluzione di una questione o la comprensione di un oggetto. Su questoterreno si faceva chiaro il confronto con la tradizione aristotelica.

    Ordine e

    naturesem-plici

    La natura simplicissima(o res simplex) non era, infatti, n semplice, n propriamenteuna natura. Invece della cosa considerata in se stessa, secondo la sua ousiaophysis, essa

    denotava la cosa considerata respectu nostri intellectus, o in ordine ad cognitionem nostram,con lesplicito rilievo della relativit rispetto alle categorie della metafisica classica.

    Daltra parte, esse non erano neppure semplicinel senso in cui si dicevano semplicigli atomio gli elementi(tradizionalmente intesi): la semplicit era sempre relativa al no-stro ingenium. Nellesempio cartesiano estensione e figura non sono reali elementi delcorpo, ma ci cui la nostra illuminazione intellettuale riduce il corpo: la loro semplici-t , dunque, funzionale e epistemologica.

    17

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    La matematizzazione, rigorizzazione del metodo scientifico, da applicare a ogniambito dindagine, primo fra tutti quello fisico, si avvaleva dunque: Mathesis e

    nature sem-

    plici della generalizzazione delle procedure algebriche, cos da trasformare lanalisidei problemi a esercizio di ordinata disposizione di entit concettuali prime,

    della loro traducibilit geometrica, della possibilit per limmaginazione di tra-durre quel linguaggio astratto in rappresentazioni spaziali, a loro volta applica-bili a un mondo fisico, come vedremo, adeguatamente idealizzato.

    Epistemologia e metodo in Hobbes

    Uno degli aspetti pi originali del pensiero di Thomas Hobbes (1588-1679) quel-lo legato alla sua concezione del sapere scientifico. Alla scienza era infatti attribuito ilcompito di scoperta della natura, ma attraverso il filtro di modelli logico-linguisticiartificiali, sovrapposti alle modalit con cui essa si offre immediatamentenellesperienza.

    Scienza, lin-

    guaggio,esperienza

    Erano le convenzioni prescritte dalluomo alle cose, ricoprendole artificialmentecon la tessitura dei nomi e delle definizioni, a consentire lintervento calcolistico dellaragione, nel quale poteva misurarsi la potenza umana sulla natura stessa.Lelaborazione razionale del discorso scientifico presupponeva senzaltro la serie diconcetti prodotti attraverso il senso, tuttavia, rispetto alle sequenze del mondo extra-mentale, le connessioni istituite scientificamente con la sintassi logico-linguistica re-clamavano piena autonomia.

    Al nominalismo metafisico, per cui la realt si presuppone dominio di oggetti indi-viduali, corrisponde il nominalismo linguistico, per cui la dimensione universale propriasolo del linguaggio, grazie alla funzione dei nomi generali. Ladeguato esercizio razio-nale, secondo Hobbes, non frutto spontaneo, n si acquisisce meccanicamente per

    via di esperienza: esso si consegue piuttosto per industria, imponendo i nomi in mo-do adatto. La scienza non allora immediatamente conoscenza di fatti, ma conoscen-za delluso dei nomi e delle conseguenze del calcolo attraverso i nomi: il problemadella sua verit intrinseco alluso sintattico-verbale. Anche se, per il nesso di signifi-cazione mediata del nome con loggetto, essa mantiene il riferimento alla realt extra-mentale.

    Nominalismo

    metafisico e

    nominalismo

    linguistico

    Cos Hobbes potr definire lafilosofiao scienzacome:

    .

    Pur conservando da Bacone la convinzione per cui solo quando abbiamo cono-sciuto il perch di un fenomeno, ricostruendolo ad libitum dagli elementi costitutivi,possiamo sostenere di averlo effettivamente compreso, Hobbes emancipa tuttavia

    Luso scien-

    tifico del

    linguaggio

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    lindagine dai nodi dellontologia tradizionale, rinunciando a risalire a una gerarchia diessenze e limitandosi piuttosto alle implicazioni di ordine logico e linguistico.

    I nomi sono essenziali alla scienza come strumenti universalizzanti. Hobbes indicacome i nomi universali debbano combinarsi, secondo verit, in proposizioni univer-sali, e queste in sillogismi: la scienza si raggiunge infatti come conclusione di un ragio-namento strutturato sillogisticamente, cio di una dimostrazione derivata dalle definizio-ni di nomi sino alla conclusione ultima.

    A essere utilizzati comeprincipidella dimostrazione scientifica sono dunque le de-finizioni di nomi che, quando si riferiscono a cose delle quali concepibile la causa, laesibiscono. In tal modo i principi si presentano come istruzioni per la riproduzione diconcetti complessi a partire da altri pi elementari, come schematizzazioni delle ope-

    razioni razionali di costruzione dei concetti, secondo il modello offerto dalle defini-zioni geometriche.

    Carattere

    costruttivo

    della scienza

    Hobbes veniva cos a privilegiare una metodologia gi riscontrata in Descartes,che combinava risoluzione analitica e composizione sintetica. Facendo proprie le in-dicazioni specifiche maturate allinterno della tradizione aristotelica padovana (Zaba-rella), egli distingueva tra un approccio risolutivo, che muovendo dagli effetti (i fe-nomeni) risaliva alle cause generatrici, e uno compositivo, che procedeva dalle secon-de per produrre i primi. Sulla risoluzione si basava la scienza indefinitache doveva fo-calizzare le cause pi universali, garantendo linquadramento teorico di fondo per lericerche limitatealla ricostruzione causale di fenomeni determinati.

    Risoluzione e

    composizione

    La prima direzione era imboccata da Hobbes con il ricorso allipotesi annichilatoria,

    che doveva svolgere una funzione metodologica analoga a quella rivestita dal dubbiometodico e iperbolico cartesiano. Supponendo la distruzione delluniverso, si attri-buiva a un uomo sopravvissuto la possibilit di costruire la scienza sfruttando:

    Ipotesi anni-

    chilatoria efilosofia pri-

    ma

    la disponibilit di immagini conservate nella memoria, larticolazione linguistica, le procedure di calcolo sui simboli impiegati.

    Il mondo era cos ricostruito, dopo la catarsi della annihilatio, a partire dalle coor-dinate imprescindibili per la sua concepibilit: fatta piazza pulita di quanto inessenzia-le alla scienza, si procedeva allastrazione e definizione (puramente nominale o gene-tica, secondo i casi) delle nozioni universali di spazio, tempo, estensione, movimento, figuraecc., che globalmente formavano loggetto della filosofia prima. Nuovamente si sottoli-neava in tal modo come il sapere cominci a sussistere solo quando lo si ricostruiscadagli elementi della nostra rappresentazione, attraverso un procedimento che si svi-luppa esclusivamente allinterno della sfera mentale.

    Un simile approccio scientifico apriva un problema di fondo, riguardo alla prati-cabilit di tali costruzioni definitorie in ambiti come quello naturale. Se infatti il co-struttivismo era stato ritagliato su esempi geometrici, in cui la definizionegeneravadi fat-

    Scienze ma-

    tematiche e

    scienze fisi-

    che

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    to il proprio oggetto, comportandone la piena trasparenza intelligibile, diverso era ildiscorso che investiva gli oggetti indipendenti rispetto allarbitrio del soggetto.

    I fenomeni sensibili che si rivelavano immediatamente nellesperienza dovevanoinfatti essere analiticamente ridotti, con lestrazionedegli elementi per noi pi semplici euniversali, in altri termini, alla luce dei presupposti materialistici, degli aspetti comunidei corpi cui quei fenomeni rinviavano. Dal momento che la realt era assunta comecorporea e estesa, quegli accidentiuniversalissimi erano per Hobbes dimensioni geo-metriche, che la riduzione sottolineava allinterno della confusione sensibile. Eraquindi necessario procedere alla loro definizione genetica, quando possibile, tenendoconto che la causa pi universale, il movimento, era naturae nota. In conclusione, laspiegazione del singolo fenomeno si delineava come una schematizzazione cinemati-

    ca, capace di dar ragione, nellintreccio meccanico, dei risvolti essenziali del fenome-no stesso, con uneco probabile dellinterpretazione della naturaavanzata da Bacone sullascorta dellintreccio di schematismo eprocessolatente.

    Sebbene tentato dallidea di disegnare un quadro puramente artificiale e conven-zionale del sapere scientifico, in cui tutto potesse essere risolto nella pura combina-zione di nomi, sulla base delle loro definizioni, rispondendo a mere esigenze di coe-renza interna del discorso, Hobbes mantenne, come gi rilevato, la convinzione ba-coniana che la conoscenza, per essere scientifica, dovesse in ultimo riflettere la naturadelloggetto. Ci comport, nel De Corporee nel De Homine, lesplicita distinzione traun sapere forte in cui loggetto costruito a nostro arbitrio (come accade nel casodella matematica, della morale o della politica), e un sapere che, pur formalmente ri-

    goroso, si fonda su una ricostruzione solo ipotetica (come nel caso delle scienze fisi-che), non essendone stato loggetto istituito per convenzione. Divaricazione solo at-tenuata dallomogeneo ricorso esplicativo al movimento.

    Convenzione

    e ipotesi

    Il Tractatusdeintellectusemendationee il dibattito storico sul problemadel metodo

    La lunga digressione storica servita a fornire alcune coordinate essenziali per lacomprensione delle pagine spinoziane, come avremo modo di verificare anche nelcommentarle. Introduttivamente possiamo solo indicare alcuni interessanti momentidi tangenza tra il nostro testo e la tradizione appena evocata.

    La lettura del D.i.e. fa emergere limpidamente la distanza teoretica e anche, almenoper certi aspetti, culturale tra Spinoza e Bacone, manifesta soprattutto laddovelolandese affronta il problema della verit e della sua forma(69), rigettando ogni va-lutazione estrinseca dellidea verae riducendo la verit alla adeguatezza logica. Si trattadi passaggi in cui inequivocabile il razionalismo spinoziano, la piena fiducia nella po-tenza dellintelletto e nella sua capacit di svelare, attraverso il coerente svolgimentodella propria vis innata, limpianto normativo del reale. Una posizione in netta antitesi

    Spinoza eBacone

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    con latteggiamento di sospetto verso le pretese di autonomia della ragione rispettoalla esperienza, reiterato dal filosofo inglese nel corpo delNovum Organon.

    Inoltre, pur non privo di un caratteristico afflato etico-religioso (di marca purita-na), il progetto baconiano pare estraneo alla dialettica intelletto-salvezza-letizia cheSpinoza imposta nelle pagine del Tractatusper compierla poi nellEthica. Alla restaura-zione del biblico patronato delluomo sulla natura, che Bacone propugnava nella pre-sentazione del proprio disegno culturale, interpretandolo poi nel senso di un verodominio tecnico a vantaggio delluomo, Spinoza, che ben conosceva le tesi del filoso-fo inglese, preferiva la comprensione dellordine totale dellaNaturae la gioia che sca-turiva dalla potenza di tale esercizio e dalla conseguente consapevolezza del radica-mento in un assetto eterno e necessario, nella certezza che fossero condivisibili e

    quindi teoricamente estensibili a una comunit.Daltra parte, preso atto di queste fondamentali differenze, comunque innegabile

    la presenza di Bacone nel retroterra culturale del D.i.e., in primo luogo per la proble-matica della expurgatio, nei suoi diversi aspetti: liberazione dai pregiudizi del volgo, fo-calizzazione delle distorsioni empiriche, conseguimento di un quadro oggettivo dellarealt. Spinoza e il Lord Cancelliere condividono il convincimento che la mente possaessere specchio fedele del mondo, puro da incrostazioni ideologiche, partendo tutta-

    via da punti di vista radicalmente differenti. Nel caso dellolandese ogni terapia rigo-rosamente intrinseca alla mente e radicata nella veritche essa in grado di formare visua innata. Per linglese, invece, la epurazione dai pregiudizi presuppone lidea di unaopacizzazione dellintelletto, letteralmente da ripulire, ma anche quella della adegua-

    zione della mente a un ordine estraneo, epistemicamente impegnativo da dominare.Cos Spinoza poteva rimarcare come vizio della filosofia baconiana proprio la suppo-sizione che lintelletto si inganni di sua stessa natura, e sia strutturalmente instabile e por-tato alle astrazioni20.

    Bacone nel

    D.i.e.

    Sicuramente ispirato a Bacone anche il programma di studi di Meccanica, Medi-cina e Pedagogia, cui Spinoza accenna introduttivamente (15), e che, come puntual-mente ha rilevato Koyr21, trovava eco anche nei progetti dei gruppi rosacrociani dif-fusi nellarea tedesca e dei Paesi Bassi. Un programma di rinnovamento del sapereche puntava tra laltro a rendere la vita delluomo meno faticosa (Meccanica), menodolorosa e pi lunga (Medicina), secondo lo spirito di carit richiesto dal filosofo in-glese allo scienziato.

    La convergenza su quel programma ci consente di coinvolgere anche Descartes, asua volta, forse anche per i giovanili contatti con gli ambienti rosacrociani (attraversoil matematico tedesco Faulhaber), estensore di una proposta analoga nelle pagine delsuo Discours de la mthode. Koyr ha, credo giustamente, parlato, in riferimento ai treprincipali interpreti della problematica metodologica presenti nel testo, di un rappor-

    Spinoza eDescartes

    20 ) Spinoza,Epistolario, cit., p.41 [Ep. II, 1661].21 ) Spinoza, Trait de la rforme de lentendement, Paris, 1994, p.99.

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    to di ispirazione-contrasto da parte di Spinoza22: il giudizio vale soprattutto nel casodi Descartes.

    Lepistolario nel 1661 (come abbiamo documentato in nota) registra, su sollecita-zione di Oldenburg, un sintetico intervento critico a proposito di Bacone e Descar-tes: in forme pi distese e meno esplicite esso prosegue e si articola nel corso dellastesura del D.i.e., proponendo il confronto con il secondo da diverse angolazioni esuggerendone dunque una valutazione pi complessa.

    Pur senza mai citarlo, Spinoza dedica la parte centrale del proprio inedito a unaserrata contestazione dellapproccio cartesiano alla certezzae alla verit, rifiutando inparticolare:

    la estrinsecit tra verite metodo: questo non un mezzo che conduca a un verum

    estraneo rispetto allintelletto, semmai una via dischiusa dalla verit stessa (inquanto riflessione sulla idea vera data);

    Le critiche

    di conseguenza, il ricorso a un criterio (chiarezza e distinzione) con cui vagliare,a posteriori, il bagaglio delle nostre idee: la veritsi affermer, invece, in forzadella sua trasparenza intelligibile, come norma di se stessa, imponendosi per lapropria qualit logica;

    lappello strumentale al dubbio (come si registra nel Discourse, sistematicamente,nella prima delle Meditationes)come scappatoia per la certezza: introdotto comeartifizio, e dunque estrinseco rispetto alla singola idea, esso destinato a perdu-rare di fronte a una ricerca condotta disordinatamente, non potendo di per sfungere da certificante;

    la presenza ambigua dellidea di Dio: qualora essa fosse intesa adeguatamentenon avrebbe infatti senso lipotesi del dio ingannatore; daltra parte essa tale danon garantire la verit a una idea che non la manifesti logicamente, n le ideeformate adeguatamente dalla mente necessitano ulteriore avallo veritativo.

    La contestualizzazione delle critiche nel corpo del commento consentir di affer-rare meglio il senso delle contestazioni. Dal sommario (per altro non meticoloso) sipu comunque cogliere come Spinoza affrontasse aspetti critici della proposta meto-dologica cartesiana, a testimonianza della profonda insoddisfazione. Guardando peral complesso dellinedito, altres vero che non possono sfuggire le permanenze car-tesiane, che sono non solo esteriori, ma anche di sostanza, tanto pi se coinvolgiamo,al di l delle opere citate (Discours,Meditationes), limportante frammento cartesiano sulmetodo, le Regulae ad directionem ingenii, che Spinoza potrebbe aver conosciuto fre-quentando gli ambienti olandesi vicini al filosofo francese.

    Permanenze

    cartesiane

    Il primo elemento che possiamo individuare certamente come cartesiano rappre-sentato dal lessico impiegato dallautore. Non si tratta solo di un aspetto esteriore, dalmomento che limpiego tecnico di aggettivi come chiaro e distinto, o di sostantivi comeidea, nel clima culturale europeo del Seicento sottintendeva le precisazioni e la concet-22 ) Op. cit., p.98.

    22

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    tualit dei testi cartesiani. Questa impronta linguistica senza dubbio una delle piconsistenti prove della maturit solo relativa dellopera.

    Un secondo momento formale che possiamo senzaltro indicare come cartesiano(sebbene si presti anche a una triangolazionecon la lezione metodologica baconiana) quello che pi direttamente si riscontra nella organizzazione della terza e quarta se-zione del testo: la disposizione e articolazione del materiale da esaminare e il suo si-stematico sondaggio, che assicurano il rigore dellanalisi e la consistenza delle sueconclusioni. Corrispondono in larga misura alla enumerazioneteorizzata nelle Regulaeenel Discourse praticata nelleMeditationes.

    Anche limpianto etico dello sforzo spinoziano, espresso nel programma di studisopra citato, pu richiamare direttamente le pagine del Discours, e la interpretazione

    del senso dellenciclopedia filosofica nelle lettere prefative alla edizione francese deiPrincipia philosophiae, dove Descartes proponeva, alla principessa Elisabetta, lidealedella sagesse, e allabate Picot, con la famosa metafora dellalbero delle scienze, il primatodella morale. Sebbene, poi, qualcuno abbia fatto notare come listanza etica si sostanzidiversamente nei due filosofi: Descartes deve risolvere il problema del caos del mon-do, e la soluzione prospettata quella della concentrazione nellordine interiore; perSpinoza invece centrale il superamento del caos interiore, cui il filosofo provvedeappropriandosi dellordine delluniverso23.

    Essenziale alla logica interna del D.i.e. poi la premessa dellinnatismo che cultu-ralmente avvicina i due pensatori, anche se, verificandone le modalit, non difficileriscontrare le differenze, in particolare legate alla interpretazione logico-dinamica (ri-

    ferimento alla capacit dellintelletto di dischiudersi autonomamente lorizzonte delvero) presentata nel testo, rispetto allinnatismo dei contenuti che per lo pi caratte-rizza la posizione cartesiana.

    Tuttavia, a evocare il filosofo francese soprattutto la risoluzione analitica intro-dotta nei paragrafi centrali del testo, che con il nesso tra semplicite veritricorda mol-to da vicino il dettato delle regole dellinedito cartesiano. Teoreticamente il momento interessante non solo perch pi sistematicamente coinvolge lessico e concettualitcartesiani, ma anche perch presuppone:

    levidenza del semplice, la sua inevitabile visibilit per lintelletto: un tema su cuiDescartes aveva ripetutamente insistito nelle Regulae;

    la conseguente operativit della mente sul semplice, per costruire il complesso, teo-

    rizzata esplicitamente nel corpo delle regole cartesiane.Infine, non meno rilevante la presenza, nellimpianto generale ma anche nel tessu-

    to pi minuto del D.i.e., della riflessione metodologico-epistemologica hobbesiana.Molti paragrafi sembrano ritagliati sulle pagine del De corpore, e, in particolare, quando

    Spinoza e

    Hobbes

    23 ) H. Frankfurt, Two Motivations for Rationalismi: Descartes and Spinoza, inHuman Nature andNatural Knowledge, edited by A. Donagan, A.N. Petrovich Jr. and M.V. Wedin, Amsterdam,1986, pp.47-61. Cit. da De Djin, op. cit., p.31.

    23

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    si tratta di affrontare i passaggi pi delicati, quelli sullaforma della verite sulla definizio-ne, il trapianto del modello genetico dellautore inglese appare evidente.

    A parte alcuni spunti cartesiani, cui si accennava sopra a proposito delloperazionedi ricomposizione del complesso dal semplice, il tema della costruzione o formazionedellidea e quindi della sua intrinseca adeguatezza si appoggia (anche per le esemplifi-cazioni matematiche) al precedente delle definizioni genetiche, con le quali il filosofoinglese proponeva le norme di produzione delloggetto (geometrico), cos da proce-dere analiticamente alla deduzione delle propriet. In tal senso lagenesi- in primo luo-go linguistica, operata cio tramite i simboli che garantiscono ordine nel caosdellesperienza, fissandone e universalizzandone i dati nelle trame sintattiche - facevaperno sul concetto di movimento che fungeva da omogeneizzante capace di saldare

    lambito fisico e quello logico, evitando cos una sterile divaricazione di piani.La stessa lezione hobbesiana sembra ribadita poi laddove Spinoza, nella terza,

    quarta e quinta sezione del D.i.e., insiste sulla autonomia della attivit formativadellintelletto: non solo la costruzione logica consente la trasparenza delloggetto edelle sue propriet; ancora pi al fondo, lintelletto dischiude a se stesso lorizzontedella verit, in forza della propria linearit e coerenza. Pur potendosi su questo puntospecifico contestualmente verificare la distanza delloriginale innatismo spinozianorispetto allempirismo dellinglese, possibile collegare il libero esercizio dellintellettoalla creativit da Hobbes riconosciuta allesercizio logico-linguistico, esplicantesi so-prattutto nella realizzazione dellordine artificiale della scienza.

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    Notizie biografiche

    1632 Il 24 novembre Bento/Baruch/Benedictus De Spinoza nasce aAmsterdam, figlio di un mercante della comunit ebraica portoghese.

    1639 Spinoza inizia gli studi nella Scuola della Comunit giudaico-portoghese di Amsterdam: studia la lingua ebraica e i testi dellAnticoTestamento e il Talmud.

    1649 A seguito della morte del fratello Jshac, Bento probabilmentechiamato dal padre a collaborare alla attivit commerciale.

    1654 Alla morte del padre la attivit continuata da Bento e Gabriel.1655 Entra in contatto con il filosofo deista Juan de Prado.1656 Sospettato di eterodossia, viene sottoposto a indagine e subisce un

    attentato a opera di un fanatico. Il 27 luglio viene scomunicato.1656-58 Contatti con esponenti di vari gruppi settari cristiani. Entra alla

    scuola di F. van den Enden, dove forse svolge anche la funzione di ri-petitore. Studio delle opere di Descartes.

    1658-9 Avvia probabilmente la stesura del Korte Verhandeling(Breve trattato).1660-1 Si trasferisce a Rijnsburg. Probabile stesura del Tractatus de intellectus

    emendatione.1662 Rielabora la prima parte del Breve trattato, nellambito di una Ethica

    prevista in tre parti. Il De Deo comincia a circolare tra gli amici.1663 Pubblica Renati Des Cartes Principiorum Philosophiae pars I & IIe i Cogi-

    tata Metaphysica. Riceve da de Witt lofferta una pensione annua. Si tra-sferisce a Voorburg.

    1665 Inizia la stesura del Tractatus theologico-politicus.1670 Pubblicazione del Tractatus theologico-politicus. Spinoza si trasferisce a

    LAja.1673 Invitato a insegnare a Heidelberg, Spinoza rifiuta per timore di ve-

    dere limitata la sua libert di ricerca.1674 Condanna da parte delle Corti di Olanda del Tractatus theologico-

    politicus, insieme al Leviathandi Hobbes.1675 Spinoza si reca a Amsterdam per curare ledizione dellEthica, ma

    rinuncia a causa dellodio teologico.1676 Composizione del Tractatus politicus. Visita di Leibniz.1677 Muore a LAja. Pubblicazione delle Opere postume in latino e in ne-

    derlandese, con le sole iniziali, senza indicazioni sulleditore e sul luogodi edizione.

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    BibliografiaPer la presente traduzione mi sono servito del testo latino proposto nelle edizioni

    pi recenti del Tractatus de intellectus emendatione, mettendole a confronto nei passaggipi delicati e verificandone lapproccio alle due prime edizioni, latina e nederalndese.In questo senso particolarmente utile si rivelato il testo preparato da Rousset, cherichiama nel corpo le varianti. Ho mantenuto la numerazione e paragrafazione ormaitradizionali (dovute al Bruder) e luso delle maiuscole in alcuni casi (Metodo,Natura),come praticato per lo pi dagli editori. La titolazione dei capitoli mia, quella dei pa-ragrafi ripresa dalla edizione di Rousset.

    Edizioni:

    Spinoza, Trait de la rforme de lentendement, texte, traduction et notes par A. Koyr,Paris, 1994 (ed. originale 1937).

    Spinoza, Trait de la rforme de lentendement, introduction, texte, traduction et com-mentaire par B. Rousset, Paris, 1992.

    Baruch de Spinoza, Abhandlung ber die Verbesserung des Verstandes, neu bersetzt,herausgegeben mit Einleitung und Anmerkungen versehen von W. Bartuschat,Hamburg, 1993.

    H. De Dijn, Spinoza.The Way to Wisdom, West Lafayette, 1996 [contiene il testo la-tino edito da E. Curley con la traduzione dellautore e il commento].

    Una bella traduzione italiana commentata quella curata da M. Bert, Spinoza,Lemendazione dellintelletto, Padova, 1966.

    Della sterminata bibliografia spinoziana cito solo i testi di carattere generale classi-ci e quelli dedicati al tema specifico del Tractatus.

    Saggi:

    H.E. Allison, Benedict de Spinoza: An Introduction, New Haven, 19872F. Alqui, Le rationalisme de Spinoza, Paris, 1981F. Biasutti, La dottrina della scienza in Spinoza, Bologna, 1979G. Campana, Liberazione e salvezza delluomo in Spinoza, Roma, 1978R.J. Delahunty, Spinoza, London, 1985G. Deleuze, Expressionism in Philosophy: Spinoza, New York, 1992 (ed. originale

    francese1968)S. Hampshire, Spinoza, London, 1951M. Messeri, Lepistemologia di Spinoza, Milano, 1990F. Mignini, Introduzione a Spinoza, Roma-Bari, 1983Spinoza nel 350 Anniversario della nascita, a cura di E. Giancotti, Napoli, 1985

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    The Cambridge Companion to Spinoza, edited by D. Garret, Cambridge, 1996M. Walther, Metaphysik als Anti-Theologie. Die Philosophie Spinozas im Zusammenhang

    der religionsphilosophischen Problematik, Hamburg, 1971H.A. Wolfson, The Philosophy of Spinoza, Cambridge Ma, 1983 (ed. originale 1934)S. Zac, La morale de Spinoza, Paris, 1972.

    Di grande rilievo la raccolta di saggi in , Volume 2 (1986),Spinozas Epistemology, Hannover, 1986.

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    Trattato sulla emendazione dellintelletto

    e sulla via migliore per giungere alla conoscenza vera delle cose

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    Avviso al lettore

    [presente negli Opera Posthuma, 1677]Questo trattato incompiuto sulla emendazione dellintelletto, che qui ti offriamo, bene-volo lettore, fu composto dallautore gi molti anni fa. Egli ebbe sempre in animo dicompletarlo: tuttavia, impedito da altri impegni e rapito infine dalla morte, non potcondurlo al fine sperato. Dal momento che esso contiene molte cose importanti e utili,che per il sincero indagatore della verit, come non dubitiamo, saranno di non pococonto, non abbiamo voluto privartene; e affinch non ti sia di peso condonare anche lemolte cose oscure, talora grette e non adeguatamente riviste, che sono presenti qua e l,abbiamo voluto metterti sullavviso, perch ne fossi a conoscenza. Addio.

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    Esordio: il fine generale dellopera

    [1] Dopo che lesperienza mi ebbe insegnato che tutte le cose che frequente-mente accadono nella vita comune sono vane e futili, constatando che tutte le coseda cui temevo e che temevo, nulla avevano in s di bene o di male, se non nellamisura in cui lanimo ne risultasse mosso, stabilii infine di ricercare se si dessequalcosa che fosse un vero bene, comunicabile, e dal quale soltanto, rigettato tuttoil resto, lanimo fosse affetto; se si desse qualcosa che, trovata e acquisita, potessigodere con continua e suprema letizia, in eterno.

    Esperienza e

    ricerca

    [2] Dico, stabilii infine: infatti a prima vista mi sembrava inconsulto rinunciarea una cosa certa per una ancora incerta. Vedevo i vantaggi che si acquisiscono conlonore e le ricchezze, e dalla cui ricerca ero costretto a trattenermi se intendevooccuparmi seriamente di qualcosaltro di nuovo: mi rendevo conto che, se per ca-so la suprema felicit fosse posta in quelli, ne sarei rimasto privo; se, in vero, cinon fosse stato e io soltanto a quelli mi fossi dedicato, anche in tal caso mi sareiprivato della suprema felicit.

    Necessit di

    una scelta

    [3] Rimuginavo, dunque, se non fosse possibile pervenire a una svolta nellamia esistenza o almeno alla certezza di essa, senza mutare lordine e landamentocomune della mia vita: cosa che spesso tentai in vano. Infatti le cose che pi spes-so accadono nella vita e tra gli uomini, come si pu evincere dalle loro opere, eche sono stimate sommo bene, si riducono a queste tre, vale a dire ricchezze, ono-

    re e piacere sensuale. Da esse la mente a tal punto distratta da non poter quasipensare ad altro bene.[4] Cos, per quel che riguarda il piacere, essa ne talmente assorbita come se

    riposasse in qualche bene: il che le impedisce massimamente di occuparsi di altro.Ma al godimento segue una profonda tristezza, che se non assorbe completamentela mente, tuttavia la scuote e la inebetisce. Daltra parte la mente non meno di-stratta dalla ricerca degli onori e delle ricchezze, soprattutto quandoa queste sonoricercate per se stesse, dal momento che in tal caso sono considerate il sommo be-ne:

    [5] in vero la mente ancora pi distratta dallonore, ritenuto infatti sempre unbene per s e un fine ultimo cui diretta ogni cosa. Inoltre in questo caso non si

    d, come nel piacere, pentimento; al contrario, quanto pi si possiede delluno edellaltro, tanto pi aumenta la letizia e dunque sempre pi siamo sollecitati adaumentarli. Se invece in qualche caso la nostra speranza frustrata, allora sorge

    a Ci si potrebbe spiegare pi diffusamente e distintamente, distinguendo in altri termini le ric-chezze che si ricercano per s o per onore o per il piacere o per la salute, e ancora per laumentodelle scienze e delle arti; ma ci riservato per il luogo opportuno, giacch questo non quellopi adatto a una indagine cos accurata.

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    una profonda tristezza. Infine lonore di grande impedimento per il fatto che, perconseguirlo, la vita deve necessariamente essere condotta secondo le abitudini de-gli uomini, fuggendo in altre parole ci che il volgo fugge, e inseguendo quantoesso insegue.

    [6] Vedendo, quindi, che tutte queste cose ostacolavano la mia intenzione dioperare una svolta nella mia vita, e che erano a tal punto contrastanti da costrin-germi a rinunciare o alluna o alle altre, fui obbligato a indagare che cosa fosseper me pi utile, sembrandomi, come dissi, di voler lasciare un bene certo per unoincerto. Tuttavia, dopo aver un po meditato sulla questione, trovai, in primo luo-go, che se, tralasciati tali beni, mi fossi accinto a un nuovo corso della mia esi-stenza, avrei trascurato un bene per sua natura incerto, come si pu evincere daquanto detto, per uno incerto non per sua natura (cercavo infatti un bene stabile),ma solo quanto al suo conseguimento.

    Gli elementi

    della scelta:

    certo e incer-

    to

    [7] Cos, con assidua meditazione arrivai a concludere che quando avessi potu-to deliberare seriamente avrei lasciato mali certi per un bene certo. Mi rendevo in-fatti conto di versare in grave pericolo, e di essere costretto a cercare con tutte leforze un rimedio, sebbene incerto: come lammalato sofferente di un morbo letale,il quale gi preveda una fine certa a meno di non ricorrere a un rimedio, costret-to a ricercarlo con tutte le forze, dal momento che in esso riposta ogni sua spe-ranza. Le cose che il volgo segue, comunque, non solo non offrono alcun rimedioalla nostra conservazione, ma addirittura la impediscono e sono frequentemente

    causa della fine di coloro che le possiedonob

    , e sempre causa della fine di coloroche da esse sono posseduti.[8] Rimangono in effetti molti esempi di coloro che per le loro ricchezze soffri-

    rono la persecuzione fino alla morte, e anche di coloro che per accumulare ric-chezze si esposero a tanti pericoli, da pagare alla fine con la vita la propria stol-tezza. N meno numerosi sono gli esempi di coloro che, per conseguire onore odifenderlo, hanno sofferto miseramente. Impossibile infine ricordare il numerodegli esempi di coloro che, per leccessivo piacere, affrettarono la propria morte.

    Loggetto

    delladesione

    [9] Mi sembrava dunque che tali mali fossero sorti da ci, che tutta la felicit oinfelicit fatta risiedere nella qualit delloggetto cui aderiamo con amore. Infat-ti, a causa di ci che non si ama non nasceranno mai liti, non ci sar mai tristezza

    quando venga meno, nessuna invidia, se altri lo possieda, nessun timore, nessunodio e, per dirla in breve, nessuna commozione danimo. Il che invece accadenellamore di quelle cose che possono passare, come quelle di cui abbiamo appe-na parlato.

    [10] Ma lamore per una cosa eterna e infinita nutre lanimo di sola letizia pri-va di ogni tristezza: questo deve essere sommamente desiderato e ricercato con

    b Ci deve essere dimostrato pi accuratamente.

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    tutte le forze. Non senza motivo quindi ho usato questa espressione: quando aves-si potuto deliberare seriamente. In effetti, sebbene con la mente percepissi questecose chiaramente, non riuscivo comunque, in ragione di ci, a deporre ogni avari-zia, piacere e aspirazione alla gloria.

    [11] Questo solo vedevo, che quanto pi la mente rimuginava intorno a questipensieri, tanto pi li avversava e seriamente rifletteva sulla nuova vita: il che fuper me di grande sollievo. Infatti vedevo che quei mali non erano di tale natura danon voler cedere ai rimedi. E sebbene allinizio quegli intervalli fossero rari e du-rassero per brevissimo spazio di tempo, tuttavia, dopo che il vero bene mi divennesempre pi chiaro, tali intervalli si fecero pi frequenti e pi lunghi. Soprattuttodopo che compresi come lacquisizione di ricchezze ovvero il piacere e la gloriatanto pi sono di ostacolo quanto pi sono ricercati per s e non come mezzi peraltro. Se sono invece cercati come mezzi, avranno un limite e saranno quindi mi-nimamente di ostacolo, contribuendo semmai considerevolmente al fine per cuisono ricercati, come mostreremo a suo luogo.

    La scelta

    [12] Qui dir soltanto che cosa intenda per vero bene e insieme che cosa sia ilsommobene. Per intendere ci rettamente, si deve osservare che bene e male nonsi dicono che relativamente; cos una stessa cosa pu essere detta buona e cattivasecondo diversi rispetti: lo stesso vale per perfetto e imperfetto. Niente, infatti,considerato nella sua natura, si dir perfetto o imperfetto; soprattutto dopo che a-vremo appreso che tutto accade secondo un ordine eterno e secondo certe leggi

    dellaNatura.

    Vero bene e

    sommo bene

    [13] Tuttavia, dal momento che la debolezza umana non comprende con il pro-prio pensiero quellordine, e intanto luomo concepisce una certa natura umana digran lunga pi eccellente della propria e nello stesso tempo non vede nulla che gliimpedisca di acquisire una simile natura, sollecitato a cercare i mezzi che a taleperfezione possano condurlo. Tutto ci che pu essere mezzo per giungervi, si de-finisce vero bene; invece sommo bene giungere a godere di tale natura, se possi-bile con altri individui. Quale sia quella natura mostreremo a suo luogo c, princi-palmente essa la conoscenza dellunione che la mente ha con tutta la Natura.

    [14] Questo dunque il fine a cui tendo: acquisire, in altre parole, una tale na-tura e sforzarmi perch molti con me la acquisiscano; allora conforme alla mia

    felicit adoperarmi affinch molti altri comprendano quanto io comprendo, e il lo-ro intelletto e il lorodesiderio convengano con il mio intelletto e il mio desiderio;perch ci avvengad, necessario intendere della Natura tanto quanto basta peracquisire tale natura; quindi formare una comunit quale desiderabile perch il

    Il piano di

    lavoro

    c Queste cose saranno spiegate pi diffusamente a suo luogo.d Osserva che qui mi do cura soltanto di enumerare le scienze necessarie al nostro scopo, non micuro invece della loro serie.

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    maggior numero possibile di individui possa nel modo pi facile e sicuro perveni-re a quella perfezione.

    [15] Inoltre ci si deve occupare di Filosofia Morale, cos come di Pedagogia;dal momento che la Salute non mezzo da poco per raggiungere quello scopo,anche lintera Medicina sar da coltivare; poich poi con arte molte cose difficilisono rese facili, per cui possiamo guadagnare molto tempo e agio nella vita, nonsi dovr neppure trascurare la Meccanica.

    [16] Ma prima di tutto sar necessario escogitare un modo per emendarelintelletto e purificarlo, per quanto possibile allinizio, per comprendere felice-mente le cose senza errore e nel miglior modo possibile. Da tutto ci qualcuno po-tr rendersi conto che intendo dirigere tutte le scienze a un unico fine e scopoe,quello, in altri termini, di pervenire a quella suprema perfezione umana di cui ab-biamo detto. Cos, quanto nelle scienze non contribuisce al nostro fine, andr ri-gettato come inutile, cio, per dirla in breve, tutte le nostre operazioni e i nostripensieri sono da concentrare su quel fine.

    [17] Ma, dal momento che, mentre curiamo di conseguirlo e ci occupiamo dicondurre lintelletto sulla retta via, necessario vivere, siamo costretti a porre an-zi tutto alcune regole di vita e a supporle come valide:

    Regole di

    vita

    I. Parlare alla portata del volgo e compiere tutte quelle azioni che non com-portino impedimenti al conseguimento del nostro scopo. Infatti possiamoacquistare non poco giovamento, se conveniamo con il comune intendi-

    mento, per quanto possibile: si aggiunga che in tal modo troveremo orec-chie disponibili allascolto della verit.II. Godere dei piaceri per quel tanto sufficiente a conservare la salute.III. Infine ricercare le ricchezze o qualunque altra cosa nella misura in cui so-

    no necessarie alla vita e alla conservazione della salute, e per imitare i co-stumi della comunit che non siano in contrasto con il nostro scopo.

    Commento

    Questa prima parte del testo doveva, in origine, probabilmente fungere da proe-mio generale allintegrum opusculumannunciato a Oldenburg nellaEpistolaVI (1661):

    La solennit

    del proemio

    1.

    e Il fine nelle scienze uno solo, al quale tutte sono da dirigere.

    33

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    Ci implicava, secondo le ipotesi discusse nella nostra introduzione, presentareunopera dalla struttura agile (opusculum)ma pi complessa rispetto al trattato incom-piuto che ci apprestiamo a commentare, scandita da un momento catartico-metodologico e da uno ontologico. Il respiro e la solennit delle prime pagine si giu-stificano in tale prospettiva.

    Alcune notazioni sono subito possibili. Intanto non pu non colpire il tono auto-biografico dellapertura2, anche, o forse soprattutto, per le assonanze cartesiane. Ep-pure gi il rilievo esistenzialeconsente di marcare uno scarto rispetto al precedente delDiscorso sul metodo. Infatti, mentre nelloperetta del 1637, premessa di una pubblica-zione scientifica, il senso del richiamo alla propria esperienza personale era da rin-tracciarsi nellesemplarit del passaggio attraverso alcune delle stazioni cardinali della

    cultura a cavaliere tra Cinquecento e Seicento, sia per focalizzarne le insufficienze,sia, conseguentemente, per mappare la propria ricerca nellorizzonte intellettuale delnuovo secolo, mettendone in valore il contributo, lesordio spinoziano tende ad as-sumere una forte valenza etica, coinvolgendo appassionatamente la dimensione esi-stenziale e la sua significazione, tanto da poter essere interpretato come testimonian-za della conversione filosofica che port lautore alla rottura con gli ambienti dellaortodossia ebraica3

    La diversa

    funzione del

    richiamo

    biografico in

    Descartes e

    Spinoza

    Cos, al centro della ricostruzione dellOlandese non troviam