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Bauman Z. - Il Demone Della Paura

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Dal grande sociologo polacco

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iLibra

FedericoRampiniLatrappoladell’austerity.

Perchél’ideologiadelrigorebloccalaripresa

LucianoGallinoViterinviate.

Loscandalodellavoroprecario

StefanoRodotàIlmondonellarete.

Qualiidiritti,qualiivincoli

MarcoRevelliPost-Sinistra.

Cosarestadellapoliticainunmondoglobalizzato

MassimoGianniniL’annozerodelcapitalismoitaliano

ZygmuntBaumanIldemonedellapaura

DIPROSSIMAPUBBLICAZIONE

GustavoZagrebelskyControladittaturadelpresente.

Perchéènecessarioundiscorsosuifini

FedericoFubiniRecessioneItalia.

Comeusciamodallacrisipiùlungadellastoria

IlvoDiamantiDemocraziaibrida

AndreaBajaniLascuolanonserveaniente

MichelaMarzanoIldirittodiessereio

NataliaAspesiSentimental.

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Diarioitalianodiamoreedisamore

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iLibra

ZygmuntBauman

Ildemonedellapaura

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©2014,Gius.Laterza&Figli-GruppoEditorialeL’Espresso

Edizionedigitale:marzo2014

www.laterza.it-www.ilibra.it

ProprietàletterariariservataGius.Laterza&FigliSpa,Roma-BariGruppoEditorialeL’EspressoSpaviaC.Colombo98-00147Roma

RealizzatodaGraphiservices.r.l.-Bari(Italy)percontodiGius.Laterza&FigliSpaeGruppoEditorialeL’EspressoSpa

ISBN978-88-88241-32-6

Èvietatalariproduzione,ancheparziale,conqualsiasimezzoeffettuata

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Indice

Prologo

1.Ilvelenodellapaura

2.Iltempodellapaura

3.LoStatodellapaura

4.Lospaziodellapaura

5.Idiritticomeantidotoallapaura

Laparolaa...MarcAugé,LamatassadellepaureUlrichBeck,L’ossessioneimmunitarianellasocietàdelrischioAlainTouraine,Quandolostranierodiventaunaminaccia

Ilpuntodivistadi...FrankFuredi,LeregoleimpalpabiliperdiffonderepauraDavidAltheide,ComeimediacostruisconoeamplificanolepaureRobertCastel,LapauradiperderelaprotezionedelloStatosociale

L’insicurezzaincifreacuradell’OsservatorioEuropeosullaSicurezza,Demos&Pi,OsservatoriodiPaviaeFondazioneUnipolis

CronistoriadellepaureacuradiAntonelloGuerrera

Bibliografiaessenziale

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Prologo

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«Uno spettro si aggira per l’umanità: lo spettro della paura. Lamorte ci guardadrittonegliocchi.Ilpericoloèinagguatoinogniambitodellavitaquotidiana.Avolteunapersonainquietanteounoggettominacciososonoriconoscibili: il

terrorista, le fiamme che divorano il soffitto, la bomba all’idrogeno. Più spessol’angoscia che ci sopraffà ha un’origine ‘interiore’: il panico irrazionale nell’uscire dicasa, il timore di fallire, una premonizione di sventura. Sovente sembra che non cisianolimitialleminacce».ConquesteparolelastoricaJoannaBourkeapreilsuolibrodaltitoloPaura.Checosastaaccadendo?Checosacistaaccadendo?Lepressionivolteasmantellareiconfini,chevannocomunementesottoilnomedi

«globalizzazione», sono riuscitenel loro intento, conpoche eccezioni, tutte in viadirapida sparizione: oggi tutte le società sono completamente e veramente aperte, alivello materiale e intellettuale. Mettete assieme tutti e due i tipi di «apertura» –intellettuale e materiale – e capirete perché qualsiasi danno, privazione relativa oindolenzacongegnatapossapenetrareovunque.Questa «apertura» ha acquisito un nuovo significato, cheKarl Popper, al quale si

deve l’espressione «società aperta», non avrebbemai immaginato. Non si tratta piùsoltanto di una società che ammette francamente la sua incompletezza e smania dioccuparsi delle proprie possibilità, ancora non intuite, né tantomeno esplorate;maanchediunasocietàimpotente,comemaiprimad’ora,adecidereilpropriocamminoconunminimogradodi certezza, e a tutelare l’itinerario sceltounavoltapresaunadecisione.L’«apertura»,un tempoprodottoprezioso ancorché fragilediuna capacitàdi farsi

valere coraggiosa e faticosa al tempo stesso, oggi è associata prevalentemente a undestino cui non ci si può opporre; agli effetti collaterali, non pianificati né previsti,della«globalizzazionenegativa»:unaglobalizzazioneselettivadicommercioecapitali,sorveglianzaeinformazione,violenzaearmi,delittieterrorismo,tuttiunanimementeconcordi nel rifiuto del principio della sovranità territoriale e nella mancanza dirispettoperqualsiasiconfinestatale.Unasocietà«aperta»èunasocietàespostaaicolpidel«destino».Seinoriginel’idea

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di «società aperta» stava a indicare l’autodeterminazione di una società libera cheaveva a cuore questa sua caratteristica di aprirsi all’esterno, oggi ai più fa venire inmente la terrificante esperienza di una popolazione eteronoma, sventurata evulnerabile, messa di fronte a (e forse sopraffatta da) forze che non controlla nécomprendeafondo;unapopolazioneatterritadallapropriaincapacitàdidifendersieossessionata dalla tenuta delle sue frontiere e dalla sicurezza degli individui chevivono al loro interno, mentre sono proprio questa impermeabilità dei confini equesta sicurezza che le sfuggono dimano e sembrano destinate a restare sfuggentifinchéilpianetasaràsoggettoesclusivamenteallaglobalizzazionenegativa.Inunpianetaglobalizzatonegativamenteèimpossibileottenerelasicurezza,etanto

menogarantirla,all’internodiunsolopaeseodiungrupposceltodipaesi:nonconiproprimezzisoltanto,enonaprescinderedaquantoaccadenelrestodelmondo.Ilnuovoindividualismo,l’affievolirsideilegamiumaniel’inaridirsidellasolidarietà

sono incisi sulla faccia di unamoneta che nel suo verso mostra i contorni nebulosidellaglobalizzazionenegativa.Nella sua forma attuale, puramente negativa, la globalizzazione è un processo

parassitario e predatorio, che si nutre della forza succhiata dai corpi degli Stati-nazione e dei loro sudditi. Per citare l’economista Jacques Attali, le nazioniorganizzate in Stati «perdono la propria capacità di influire sulla direzione generaledelle cose, e nel processo di globalizzazione sono private di tutti i mezzi di cuiavrebberobisognoperorientareilpropriodestinoeresistereallenumeroseformecheleloropaurepossonoassumere».LasocietànonèpiùprotettadalloStato,oquantomenodifficilmentesi fidadella

protezione che esso offre; è esposta ormai alla rapacità di forze che non controlla echenonsperaononintendepiùriconquistareesottomettere.Questaèlaragionepercui, inprimoluogo,igovernidegliStatichelottanogiorno

dopo giorno per superare le tempeste del momento passano, incespicando, da unacampagnaad hocper la gestione della crisi e da una serie dimisure di emergenzaall’altra,nonsognandoaltrochedirimanerealpoteredopoleelezionisuccessive,maper il resto sono privi di programmi o ambizioni di lungo respiro, e ancor più digrandiintuizioniperrisolvereunavoltapertutteiproblemiricorrentidellanazione.«Aperto» e sempre più indifeso su entrambi i lati, lo Stato-nazione perde la sua

forza,cheevaporainunospazioglobale,insiemeallasuaperspicaciaeabilitàpolitica,chesonoormaisemprepiùrelegateallasferadella«politicadellavita» individualeeaffidate«persussidiarietà»aisingoli–uominiedonne.Quantorimanedellaforzaedella politica a disposizione dello Stato e dei suoi organi si riduce gradualmente adimensionisufficientiatenereinpiedipocopiùdiungigantescodistrettodipolizia.Lo Stato ridotto non riesce a essere quasi nient’altro che uno Stato dell’incolumitàpersonale.

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La paura è con ogni probabilità il demone più sinistro tra quelli che si annidanonellesocietàapertedelnostrotempo.Maèl’insicurezzadelpresenteel’incertezzadelfuturo che covano e alimentano la più spaventosa emeno sopportabile delle nostrepaure.Questa insicurezzaequesta incertezza,a lorovolta,sononatedaunsensodiimpotenza:cisembradinoncontrollarepiùnulla,dasoli, intantiocollettivamente.Arenderelasituazioneancorapeggioreconcorrepoil’assenzadiqueglistrumentichepotrebbero consentire alla politica di sollevarsi al livello a cui si è già insediato ilpotere,permettendocidiriacquistareilcontrollosulleforzechedeterminanolanostracondizionecomune,edifissarelagammadellenostrepossibilitàeilimitidellanostralibertàdiscelta:uncontrollocheoracièsfuggitoocièstatostrappatodallemani.Il demone della paura non sarà esorcizzato finché non avremo trovato (o più

precisamentecostruito)talistrumenti.

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1.Ilvelenodellapaura

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«Mercati senza frontiere» è la ricetta per l’ingiustizia e per il nuovo disordinemondiale che rovescia la famosa formula di Clausewitz, condannando lapolitica a diventare la continuazione della guerra con altri mezzi. La

deregulation, che sfocianell’illegalitàplanetaria, e laviolenzaarmata sialimentanoavicenda,sirafforzanoreciprocamenteetraggonovigorel’unadall’altra;comeavverteunaltroadagiodianticasaggezza,«interarmassilentleges»(quandoparlanolearmi,leleggitacciono).Prima di inviare i soldati in Iraq, Donald Rumsfeld dichiarò che «la guerra sarà

vintaquandogli americani si sentirannodinuovosicuri».Daallora,quelmessaggiofucostantementeripetuto–giornodopogiorno–daGeorgeW.Bush.Eppurel’inviodeisoldatiinIraqaumentòlapauradell’insicurezza,negliStatiUnitiealtrove,finoalivellimairaggiuntiinpassato.«Non ci sono nuovi mostri terrificanti. È il veleno della paura che trasuda»,

osservava Adam Curtis a proposito della crescente preoccupazione per l’incolumitàpersonale. La paura è là, intenta a saturare quotidianamente l’esistenza umanamentreladeregulationpenetrafinoallefondamentaeibaluardidifensividellasocietàcivile cadono a pezzi. La paura è là, e attingere alle sue riserve, apparentementeinesauribili e riprodotte con ansia per ricostituire un capitale politico consumato, èuna tentazione alla qualemolti politici trovano difficile resistere. Ed è ben radicataanche la strategia di capitalizzare la paura, una tradizione che risale ai primi annidell’assaltoneoliberistaalloStatosociale.Già molto prima dell’11 settembre, la strategia in questione – e l’opportunità di

sfruttare i formidabili vantaggi cheoffre– era statamessa in scenae sperimentataalungo.Inunostudiodaltitoloacutoesignificativo,Ilterrorista,amicodelpoteredelloStato,VictorGrotowicz ha analizzato i varimodi in cui il governo della RepubblicaFederale Tedesca, sul finire degli anni Settanta, ha utilizzato la violenza terroristicadellaRoteArmeeFraktion.Ehascopertoche,mentrenel1976soltantoil7percentodei cittadini tedeschi considerava l’incolumità personale una questione politicafondamentale, due anni dopo una maggioranza considerevole della popolazione laritenevamolto più importante della lotta contro la disoccupazione e l’inflazione. In

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quei due anni la nazione aveva guardato sugli schermi televisivi servizi celebratividelleprodezzedelle forzedipoliziaedeiservizisegreti inrapidaespansioneeavevaascoltatoirilancisemprepiùaudacidiuominipoliticichepromettevanodiricorrereamisuresemprepiùseverenellaguerrasenzaquartierecontroiterroristi.Grotowiczosservavaancheche lanuova legislazione facevasoprattutto ilgiocodei

terroristi,accrescendonelavisibilitàpubblica,equindiindirettamentelastatura,benal di là dei limiti che essi avrebbero ragionevolmente potuto raggiungere da sé.Questo avvenivamentre lo spirito liberale – che originariamente nella Costituzionetedesca sottolineava il valore delle libertà individuali – veniva surrettiziamentesostituito da quell’autoritarismo statale in precedenza tanto criticato, e mentreHelmutSchmidtringraziavapubblicamenteigiuristiperessersiastenutidalverificarelacostituzionalitàdellenuoverisoluzionidelBundestag.Ma c’è di più. Gli studiosi concordano sul fatto che le reazioni violente dei

rappresentanti della legge e dell’ordine accrebbero enormemente la popolarità deiterroristi.Sorgevailsospettochelafunzionepalese–sradicarelaminacciaterroristica– delle nuove politiche, severe e ostentatamente inflessibili, svolgesse in realtà unruolo di secondaria importanza rispetto alla funzione latente, ovvero il tentativo dispostarelefondamentadell’autoritàdelloStatodaunambitocheessononpotevanéintendeva di fatto controllare a un altro ambito, dove poteva dare spettacolaredimostrazione del suo potere e della sua determinazione ad agire, e con il plausoquasiunanimedell’opinionepubblica.Il risultato più evidente della campagna antiterroristica fu il rapido aumento del

livellodipauracheimpregnaval’interasocietà.Per quanto riguarda i terroristi – obiettivo dichiarato della campagna – le nuove

politiche non fecero altro che portarli più vicini al raggiungimento del loro scopo(ossia, minare le fondamenta dei valori che tenevano in piedi la democrazia e ilrispetto dei diritti umani), ben al di là di quanto avrebbero mai potuto sognare.Possiamo aggiungere che il crollo finale della Rote Armee Fraktion, e la suascomparsa dalla vita del paese, non furono provocati dalle azioni repressive dellapolizia: furono laconseguenzadellemutatecondizionisociali,chenonoffrivanopiùterrenofertileallaWeltanschauungeaimetodideiterroristi.La stessa identica cosa si potrebbe dire della triste storia del terrorismo nord-

irlandese, cheè rimasto invitaampliandosempredipiù il suoconsenso soprattuttograzie alla brutale reazione militare dei britannici, e il cui tracollo si deveprobabilmenteassaipiùalmiracoloeconomicoirlandeseeaunfenomenosimilealla«faticadeimetalli»,chenonall’azionedell’esercitobritannico.Da allora, le cose non sono molto cambiate. Come mostra l’esperienza recente

(secondo l’analisi di Michael Meacher), l’inefficacia endemica, se non proprioassolutamente controproducente, dell’azione militare contro le forme moderne di

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terrorismo continua ad essere la regola: «Nonostante la ‘guerra al terrorismo’, negliultimi due anni [...] al-Qaida sembra essere stata più efficace che nei due anniprecedentiall’11settembre».AdamCurtis,giàcitato,vaoltreaffermandocheal-Qaidaquasinonesistevaaffatto

senoncomeun’ideavagaegenericasulla«puliziadiunmondocorrottoattraversolaviolenzareligiosa»,ecominciòaviverecomerisultatodell’azionedegliavvocati;nonavevaneppureunnome«finoaiprimimesidel2001,quando ilgovernoamericanodecise di processare Bin Laden in contumacia e dovette far ricorso alla legislazioneantimafia,cheesigeval’esistenzadiun’organizzazionecriminaledotatadiunnome».Data la natura del terrorismo contemporaneo, la nozione stessa di «guerra al

terrorismo»èunastridentecontradictioinadiecto,unacontraddizioneintermini.Learmimoderne, concepite e sviluppate in un’era di invasioni e conquiste territoriali,sono particolarmente inadatte a individuare, colpire e distruggere obiettiviextraterritoriali costitutivamente inafferrabili e soprattuttomobili, piccole squadre oaddirittura singole persone che viaggiano leggere, scompaionodal luogodell’attaccosenzafarsinotareeconlastessarapiditàconlaqualevisonoarrivate,lasciandodietrodisépocheonessunatraccia.Insomma, la risposta a simili atti terroristici è inadeguata quanto radersi con una

scure:maldestraeconfusa,coinvolgeun’areadigranlungapiùampiadiquellapresadimiradall’attaccoterroristico,causapiù«vittimecollaterali»eunvolumemaggioredi «danni collaterali», e di conseguenza ancor più terrore di quanto non possanoprodurne i terroristipercontoproprio,con learmia lorodisposizione(la«guerraalterrorismo»,dichiaratadopol’attaccoalWorldTradeCenter,haprovocatomoltepiù«vittimecollaterali»innocentidell’aggressioneallaqualehareagito).Questacircostanzaè certamenteparte integrantedelprogettodei terroristi edè la

fonteprincipaledella loro forza,digran lunga superioreal loropotere in terminidiarmiedimilitanti.Diversamente dai loro nemici dichiarati, i terroristi non si devono sentire

necessariamente limitati dalla scarsità di risorse a loro disposizione. Quandoelaboranoipropripianistrategicieprogettitattici,possonoincluderetrai loroassetsle reazioni previste, e quasi sicure, del «nemico», destinate ad amplificarenotevolmente l’impatto desiderato delle loro atrocità. Se lo scopo dei terroristi èdiffondere il terrore tra la popolazione nemica, l’esercito e la polizia farannocertamente inmododi garantire il raggiungimentodiquesto scopo inmisuramoltomaggiorediquellochepotrebberoottenereiterroristiconlelorosoleforze.Ineffetti,nonc’èchedasottoscrivere leconclusioniche traeMeacher: ilpiùdelle

volte, soprattutto dopo l’11 settembre, abbiamo fatto probabilmente il gioco di BinLaden. Una linea di condotta, insiste giustamente Meacher, pericolosamentesbagliata.

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Aggiungerei che accettare di fare il gioco di Bin Laden è stato ancor menoperdonabileperchésiè trattatodiunastrategiache,sedaunlatovenivagiustificatapubblicamente con l’intenzione di eliminare il flagello terrorista, dall’altro sembravaseguire una logica del tutto diversa da quella che un’intenzione del genere avrebbedovutoispirareegiustificare.Meacher accusa i governi che conducono la «guerra al terrorismo» di non voler

prendereinconsiderazioneciòchestadietrol’odio:perchétantiragazzisonoprontiafarsi saltare in aria, perché diciannove giovani con un elevato grado di istruzionehanno annientato se stessi e migliaia di altre persone nei dirottamenti dell’11settembre, e perché la resistenza [in Iraq] è continuata ad aumentarenonostante leottimeprobabilitàpergliinsortidifarsiammazzare?Invecedifermarsiarifletteresuquestipunti,igoverniagiscono.Come ha messo in evidenza Maurice Druon, «prima di scatenare la sua guerra

contro l’Iraq, il governoamericanoaveva soltantoquattroagentiper le informazioniriservate,cheperdipiùfacevanotuttiildoppiogioco».Gliamericanicominciaronolaguerracerti«cheisoldatiamericani[sarebberostati]accolticomeliberatori,confiorieabbracci».Ma,percitareancoraunavoltaMeacher,«adistanzadiunannoiltotaledi oltre 10.000 civili morti, 20.000 feriti e perdite ancora maggiori tra i militariiracheni è peggiorato dall’incapacità di fornire i servizi pubblici di base [...] dalladisoccupazione rampante e dalla mano pesante, del tutto gratuita, dei militaristatunitensi».Si può solo concludere che se pensare senza agire è certamente inefficace, agire

senza pensare si dimostra altrettanto privo di incisività, e ciò in aggiunta allospropositatoaumentodelvolumedicorruzionemoraleesofferenzaumanacheneèderivato.Difficilmenteleforzeterroristevacillerannosottocolpidiquestotipo;alcontrario,è

propriodallaconfusioneedall’eccessivaedispendiosaprodigalitàdel loroavversariocheattingonoereintegranolaloroforza.L’eccessononècaratteristicaesclusivadelleoperazioni esplicitamente antiterroristiche; lo si riscontra anchenegli allarmi e negliavvertimentirivoltiallepropriepopolazionidaipaesidellacoalizioneantiterroristica.Come faceva notare Deborah Orr nel 2004, «molti voli vengono intercettati, ma

nonsièmaiappuratoche fosseroeffettivamenteoggettodiunaminaccia [...].SonostatidislocaticarriarmatiesoldatiintornoaHeathrow,maallafinesonostatiritiratisenzaavertrovatoassolutamentenulla».Oppure,prendiamoilcasodella«fabbricadiricino», di cui fu annunciata pubblicamente la scoperta agli inizi del 2003,immediatamente «strombazzata come ‘prova concreta della persistente minacciaterroristica’, anche se alla fine quella fabbrica di armi batteriologiche che è ilLaboratorio di scienza e tecnologia della difesa a Porton Down non riuscì adimostrare che nell’appartamento presentato come un’importante base terrorista ci

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fossemaistatodelricino».In realtà, come riferì Duncan Campbell dai tribunali dove si teneva il processo

controipresunti«cospiratoridelricino», l’unicaprovasucuisibasava ilcasoeraundocumento che era già stato dimostrato essere una «copia esatta delle pagine di unsito internet aPaloAlto, inCalifornia»;non fupossibile trovarenessun legame conKabul o con al-Qaida e l’accusa si sentì obbligata ad archiviare il caso. Il che nonimpedìall’alloraministrodell’Interno,DavidBlunkett,di annunciaredue settimanedopo:«Riteniamo,elodimostreremointribunaleneimesiavenire,cheal-Qaidaelasua rete internazionale sono vicinissimi a noi e rappresentano una minaccia per lenostre vite». Nel frattempo negli Stati Uniti Colin Powell utilizzava la presunta«banda del ricino londinese» come prova che «l’Iraq e Osama bin Laden stavanoappoggiando e dirigendo cellule di terroristi pronti a utilizzare il veleno in tuttaEuropa».Unaltrovisibilissimoprodottodiquestaguerrasonostatelelimitazioniimpostealle

libertà personali, di vasta portata e in alcuni casi mai viste dall’epoca dellaMagnaCharta.ConorGearty,professorediDirittiumaniallaLondonSchoolofEconomics,elenca un lungo inventario di provvedimenti restrittivi delle libertà già approvati inGran Bretagna sotto la voce «leggi antiterrorismo», e prosegue dicendosi d’accordocon quei numerosi altri commentatori che si chiedono preoccupati se «le nostrelibertàcivilicisarannoancoraquandocercheremoditrasmetterleainostrifigli».Lamagistraturabritannica si è trovatad’accordocon la lineadel governo secondo

cui«nonc’èalternativaallarepressione»ecosì,concludeGearty,«soltantogliidealistiliberali»ealtriamicialtrettantoingenuipossono«aspettarsicheilpoteregiudiziariosipongaallaguidadellasocietà»adifesadellelibertàciviliinquesto«periododicrisi».Tirando le somme,ci sonoelementiche indicanoche la«guerraal terrorismo»ha

notevolmente accresciuto, anziché combatterla, la proliferazione a livello mondialedel commerciodelle armi leggere (gli autoridiuna relazione congiuntadiAmnestyInternational e Oxfam calcolano che queste ultime, «le vere armi di distruzione dimassa»,uccidonomezzomilionedipersoneall’anno).Ampiamente documentati sono anche i profitti dei produttori e dei commercianti

americani di tutto «l’armamentario dell’autodifesa» creato dalle paure diffuse tra lagente,a lorovoltamoltiplicatee ingigantitedallastessaubiquitàedestremavisibilitàdiquestoarmamentario.Allostessomodo,bisognaripeterechel’ingredientebase,ilpiùimponenteprodotto

della guerra contro i terroristi accusati di seminare la paura, è stato fino ad ora lapaurastessa.

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2.Iltempodellapaura

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U na volta abbattutasi sul mondo degli uomini, la paura si alimenta da sola,acquisisce una sua logica di sviluppo, cresce e si diffonde – in modoinarrestabile – senza quasi bisogno di cure, di ulteriori apporti. Per usare le

parole del sociologo David L. Altheide, la condizione peggiore non è la paura delpericolo, ma piuttosto quello in cui questa paura può trasformarsi, ciò che puòdiventare.La paura ci spinge a un atteggiamento difensivo. Una volta assunto, esso dà

immediatezza e concretezza alla paura. Sono le nostre reazioni che trasformano glioscuripresagiinrealtàquotidiane,facendodiventarecarnelaparola.Lapauraormaici è entrata dentro, saturando le nostre abitudini quotidiane: non ha quasi piùbisognodialtristimolidall’esterno,bastanoleazionichecispingeacompieregiornodopo giorno a fornire tutta la motivazione e tutta l’energia di cui ha bisogno perriprodursi.L’intreccio di paura e azioni ispirate dalla paura, con la sua capacità di riprodursi

autonomamente, è il meccanismo che più si avvicina al modello sognato delperpetuum mobile. Il terreno su cui poggiano le nostre prospettive di vita ènotoriamente instabile, come sono instabili i nostriposti di lavoro e le società che lioffrono,inostripartnerelenostreretidiamicizie, laposizionedicuigodiamonellasocietàingeneraleel’autostimaelafiduciainnoistessicheneconseguono.Il «progresso», un tempo la manifestazione più estrema dell’ottimismo radicale e

promessa di felicità universalmente condivisa e duratura, si è spostato all’altraestremità dell’asse delle aspettative, connotata da distopia e fatalismo: adesso«progresso»staaindicarelaminacciadiuncambiamentoinesorabileeineludibilecheinvece di promettere pace e sollievo non preannuncia altro che crisi e affannicontinui,senzaunattimoditregua.Ilprogressoèdiventatounasortadi«giocodellesedie» senza fine e senza sosta, in cui un momento di distrazione si traduce insconfitta irreversibileedesclusione irrevocabile. Invecedigrandiaspettativedi sognid’oro,il«progresso»evocaun’insonniapienadiincubidi«esserelasciatiindietro»,diperdereiltreno,odicaderedalfinestrinodiunveicolocheaccelerainfretta.Incapaci di far rallentare il ritmo sbalorditivo del cambiamento, e tantomeno di

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prevederne e controllarne la direzione, ci concentriamo sulle cose che possiamo (ocrediamo di potere, o ci hanno garantito che possiamo) influenzare: cerchiamo dicalcolare e diminimizzare il rischio che corriamo noi personalmente, o chi in quelmomento ci è più vicino o più caro, il rischio di cadere vittime degli infiniti einnumerevolipericolicheciriservanoilmondoimpenetrabileeilsuofuturoincerto.Siamo tutti presi a spiare i «sette segnali del cancro» o i «cinque sintomi della

depressione», a esorcizzare lo spettro della pressione alta o il livello del colesterolo,dello stress o dell’obesità. In altre parole, cerchiamodei bersaglidi riserva sui qualiscaricare l’eccessodipauraesistenzialechenonriescea sfogarsi inmodonaturale,etroviamoquestibersaglidiripiegonelleelaborateprecauzioniperevitarediinalareilfumo della sigaretta di un’altra persona, di ingerire cibi grassi o batteri «cattivi»(mentre ingurgitiamo avidamente quei liquidi che ci assicurano di contenere quelli«buoni»),diesporcialsoleodipraticareilsessosenzaprotezione.Quellidinoichese lopossonopermetteresidifendonodatutti ipericoli,visibilie

invisibili, attuali o annunciati, noti o ancora poco familiari, diffusima onnipresenti,chiudendosiincasa,riempiendolevied’accessoalleproprieabitazioniditelecamere,assumendo guardie armate, guidando veicoli blindati (come i famigerati SUV),indossando vestiti corazzati (come le «scarpe con la suola rinforzata») oppureiscrivendosiacorsidiartimarziali.«Il problema», per citare ancora David L. Altheide, «è che queste attività

contribuisconoa riaffermare e aprodurreuna sensazionedidisordine che lenostreazioni accelerano». Ogni serratura in più alla nostra porta d’ingresso, in reazioneall’ennesimavocesucriminalidall’aspettoforestierochegiranoconipugnalinascostisotto il mantello, ogni ritocco della dieta, in reazione all’ennesimo «panicoalimentare»,cifaapparireilmondopiùinfidoeterribile,ecispingeaulterioriazionidifensive,rafforzandoancoradipiù,ahimé,lacapacitàdellapauradiautopropagarsi.Insicurezzaepaurapossonoessere(elosono)moltoredditiziedaunpuntodivista

commerciale. «I pubblicitari», commenta Stephen Graham, «hanno approfittatodeliberatamentedellepaurediffusedicatastroficiattentati terroristiciperaumentareulteriormente levenditedeigià lucrosissimiSUV».Imostrimilitarisucchia-benzina,denominati in maniera fuorviante «sport utility vehicles», sono stati arruolati nellavitaurbanaquotidianacome«capsuledifensive».IlSUVèunsimbolodi incolumitàche, al pari delle comunità recintate dove più facilmente li si vede circolare, vienepresentato dalla pubblicità come un veicolo invulnerabile alla rischiosa eimprevedibilevitaurbanafuoridicasa.Veicolicomequestisembranoplacarelapauracheprovanoleclassimedieurbanequandosispostano–ostannoincodaneltraffico–nelle«loro»città.Come il capitale liquido è pronto a qualsiasi tipo di investimento, il capitale della

paurapuòessereindirizzatoversoqualsiasitipodiprofitto,commercialeopolitico.E

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cosìèl’incolumitàpersonaleadiventareunodeiprincipali,senonilprincipalesellingpointintuttiitipidistrategiedimarketing.«Leggeeordine», sloganridotto semprepiùallapromessadi incolumitàpersonale

(più precisamente, fisica), è diventato uno dei principali, forse il principale sellingpointdeimanifestipoliticiedellecampagneelettorali;emettereinmostraleminacceall’incolumitàpersonale èdiventataunadelle principali, senon laprincipale risorsanella guerra degli ascolti tra imassmedia, rimpinguando continuamente il capitaledellapauraerendendoneancorapiùefficacel’utilizzo,siacommercialechepolitico.ComediceRay Surette, ilmondovisto alla tv somiglia auna «citizen-sheep», una

cittadinanza-gregge protetta dalle aggressioni dei «criminali-lupi» ad opera dei«poliziotti-canedapastore».Ladistinzionepiùfecondadelleincarnazioniattualidellepaure,peraltrobennotea

tutte le varietàprecedentemente vissutedi esistenzaumana, è forse ladissociazionefraleazioniispiratedallapauraeitremoriesistenzialiall’origineditalepaura.Inaltreparole: lo spostamento della paura, dalle crepe e dalle fenditure della condizioneumana incui il «destino»è covatoe incubato, adambitidell’esistenzaquasi sempreprivi di legame con la fonte autentica dell’ansia. Nessuno sforzo profuso in questiambiti,perquantogrande,serioeingegnoso,potràneutralizzareobloccarelafonte,ediconseguenzaplacarel’ansia.Questaèlaragionepercuiilcircoloviziosodellapauraedelleazioniispiratedallapaurasiperpetuainvariabilmente,senzaperdereinnullailsuo slancio, ma al contempo senza neanche arrivare più vicino al suo obiettivoapparente.Proviamo ad affermare esplicitamente ciò che finora è rimasto implicito: il circolo

vizioso inquestione è stato rimosso, spostandolodall’areadella sicurezzapsicologica(cioè, della fiducia in sé e della padronanza di sé, o della loro assenza) a quellodell’incolumità (cioè, della protezione o dell’esposizione alle minacce dirette allapropriapersonaeaciòchelariguarda).La prima area, progressivamente spogliata della protezione istituzionalizzata,

garantitae sostenutadalloStato,è stataespostaalle stravaganzedelmercato;è statatrasformataper lo stessomotivo inun terrenodigiocodelle forzeglobali aldi fuoridella portata del controllo politico, e perciò anche al di là della capacità degliinteressati di rispondere adeguatamente, e tantomeno di opporsi efficacemente, aisuoicolpi.Le politiche di assicurazione contro le sventure individuali garantite dalla

collettività, che nel corso del secolo passato divennero note complessivamente colnomediStatosocialeo«welfare»,oggivengonoeliminateintuttooinparteeridottea livelli tali danon essere più in gradodi convalidare e alimentare il sentimentodisicurezza,equindianchelafiduciainsestessi,degliinteressati.Quantorimanedelleistituzionicheancoraincarnanolapromessaoriginarianonoffrepiùlasperanza,men

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chemenolacertezza,dipotersopravvivereatagliulteriorieimminenti.Conilprogressivosmantellamentodelledifesecontroitremoriesistenziali,costruite

e finanziatedalloStato, e con la crescentedelegittimazionedei sistemidi autodifesacollettiva, come i sindacati e altri strumenti della contrattazione collettiva, a operadella concorrenza del mercato che erode la solidarietà dei deboli, adesso vienelasciatoagli individui ilcompitodicercare, trovareeadottaresoluzioni individualiaproblemi prodotti dalla società: e tutto ciò devono cercare di farlo tramite azioniindividuali, solitarie, potendo contare su strumenti e risorsepalesemente inadeguatiall’impresa.I messaggi che i luoghi del potere politico rivolgono indifferentemente a ricchi e

poveri presentano lo slogan «maggiore flessibilità» come l’unica cura perun’insicurezzagiàinsopportabile:einquestomododisegnanoprospettivediulterioreincertezza,ulterioreprivatizzazionedeiproblemi,ulteriore solitudinee impotenzae,pergiunta,ancoraulterioreincertezza.Precludono la possibilità di una sicurezza esistenziale basata su fondamenta

collettiveeperciònonoffrononessunincentivoadazionidisolidarietà;alcontrario,incoraggiano i destinatari del messaggio a concentrarsi sulla propria sopravvivenzaindividuale in stile «ciascuno per sé, e al diavolo gli altri», in un mondoincurabilmente frammentato e atomizzato, e quindi sempre più incerto eimprevedibile.La rinuncia dello Stato alla funzione sulla quale ha fondato le sue pretese di

legittimazione per la maggior parte del secolo passato lascia di nuovo la questionedella legittimazione completamente aperta. Un nuovo consenso di cittadinanza (il«patriottismo costituzionale», per sfruttare l’espressione di Jürgen Habermas) ogginonpuòesserecostruitonelmodoincui losicostruiva finoapocotempofa,ecioègarantendolaprotezionecostituzionalecontrolestravaganzedelmercato,tristementenoteper fare stragedelle conquiste sociali eperminare ildirittoalla stima sociale ealladignitàpersonale.L’integritàdelcorpopoliticonellaformaattualmentepiùdiffusadelloStato-nazione

èarischio,esiavverteilbisognourgentediunalegittimazionealternativa.Alla luce di quanto detto sopra, non sorprende affatto che una legittimazione

alternativa dell’autorità statale e un’altra formula politica a beneficio dellacittadinanzaonestaoggivadanocercatenellapromessadelloStatodiproteggereisuoicittadini dai pericoli per l’incolumità personale. Lo spettro del degrado sociale dalquale lo Stato sociale giurava di proteggere i suoi cittadini viene sostituito, nellaformulapoliticadello «Statodell’incolumitàpersonale», dalleminacce rappresentateda un pedofilo in libertà, da un serial killer, da un mendicante invadente, da unrapinatore, da un malintenzionato furtivo, da un avvelenatore, da un terrorista, omeglio ancora da tutte queste minacce riunite in un’unica figura, quella

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dell’immigrato clandestino, dal quale lo Stato moderno nella sua più recenteincarnazionepromettedidifendereisuoisudditi.

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3.LoStatodellapaura

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F in dall’inizio, lo Stato moderno si è trovato di fronte al temibile compito digestirelapaura.Hadovutotessereunareteprotettivadalnulla,insostituzionedi quella fatta a pezzi dalla rivoluzione moderna, andando avanti a ripararla

man mano che la modernizzazione senza sosta promossa da quello stesso Statocontinuavaatenderlaoltreisuoilimiti,rendendolafragile.Contrariamente all’opinione diffusa, il nucleo centrale dello «Stato sociale»,

conseguenza inevitabile dello sviluppo dello Stato moderno, era la protezione(l’assicurazionecollettivacontroledisgrazieindividuali)enonlaridistribuzionedellaricchezza. Per persone sprovviste di capitale economico, culturale o sociale (di fatto,tuttibeni, tranne lacapacità lavorativa,chenessunopotevamettere incampoconlesoleproprieforze)laprotezionepotevaesserecollettivaononessereaffatto.Adifferenzadelleretiprotettivesocialidelpassatopremoderno,quelleconcepitee

amministrate dallo Stato o erano costruite deliberatamente e in base a un progetto,oppure si evolvevano spinte dal loro stesso slancio partendo dagli altri sforzi dicostruzionesuvastascalachehannocaratterizzatolafase«solida»dellamodernità.Leistituzionieleprestazioniassistenziali(chiamateavolte«salarisociali»),lasanità

gestita o assistita dallo Stato, la scuola e la casa, oltre alle leggi sul lavoro chedescrivevano indettaglio i diritti e i doveri reciprocidi tutte lepartinei contratti dicompravenditadellaforza-lavoro,eperlostessomotivoproteggevanoilbenessereeidirittiacquisitideidipendenti,sonoesempidellaprimacategoria.L’esempio principale della seconda categoria era la solidarietà operaia, sindacale e

professionale che mise radici e fiorì «naturalmente» nell’ambiente relativamentestabiledella«fabbricafordista»,esemplificazionedelloscenariodimodernitàsolidaincuisistagliavalamaggiorpartedegliindividui«prividialtrocapitale».Nella «fabbrica fordista» l’impegno con la controparte nei rapporti capitale-lavoro

era reciproco e a lungo termine, e ciò rendeva entrambe le parti dipendenti l’unadall’altra,maaltempostessolemettevanellecondizionidipensareefareprogettiperil futuro, di impegnare il futuro e di investire nel futuro. Per questa ragione la«fabbrica fordista» era un luogo di aspri conflitti, che esplodevano a volte in apertaostilità (quando la prospettiva di un impegno a lungo termine e la reciproca

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dipendenza di tutte le parti in causa rendeva uno scontro frontale un investimentoragionevole e un sacrificio che avrebbe dato i suoi frutti), e che fermentavano e siacuivanocontinuamenteancheseeranocelatiallavista.Eppure,quellostessotipodifabbricaeraancheunriparosicuro,dacuiguardareal

futuro con fiducia e che di conseguenza permetteva di contrattare, scendere acompromessi e ricercare una modalità consensuale di coabitazione. Con i suoipercorsidicarrierachiaramentedefiniti, lesueroutinefaticosemaconfortevolmentestabili, il ritmo lentodeicambiamentinellacomposizionedelle squadredi lavoro, lequalificheprofessionalicheunavoltaacquisitecontinuavanoaessereutilipermoltotempo(ilchesignificavachel’esperienzadilavoroaccumulataeragiudicatapreziosa),gliimprevistidelmercatodellavoropotevanoesseretenutiabada,l’incertezzapotevaessere attenuata se non eliminata del tutto, e le paure potevano essere relegate nelregnomarginaledei«colpideldestino»edegli«incidentifatali»,invecedisaturareilcorso della vita quotidiana. Soprattutto, tutti coloro – e non erano pochi – i qualieranoprividiqualsiasi capitale tranne la loro capacitàdi lavorareper altripotevanocontare sulla collettività. La solidarietà trasformava la loro capacità lavorativa in unsostituto del capitale, e in un tipo di capitale che si sperava, non a torto, potessebilanciarelaforzacombinatadituttiglialtricapitali.Le paure specificamente moderne sono nate durante la prima ondata di

deregolamentazione+individualizzazione,nelmomentoincuileaffinitàinterumaneeilegamidivicinato,saldamentetenutiinsiemedainodicomunitariocorporativi,inapparenzaeternimachecomunquesopravvivevanodatempoimmemorabile,sisonoallentatio spezzati.Lamodalitàdigestionedellapaura tipicadellamodernità solidatendeva a sostituire i legami «naturali», danneggiati inmodo irreparabile con i loroequivalenti artificiali sotto formadi associazioni, sindacati e collettivitàpart-timemaquasi permanenti, tenuti assieme da interessi condivisi e da routine quotidiane; lasolidarietàdoveva affermarsi a partiredall’appartenenza, inquantoprincipale scudocontro un destino sempre più dominato dal caso. La scomparsa della solidarietà hasegnatolafinediquellamodalitàdigestionedellapauratipicadellamodernitàsolida.Ora tocca alle protezioni moderne, artificiali, amministrate, di essere allentate,smantellateocomunquedistrutte.L’Europa, la prima ad essersi sottoposta alla revisione generale tipica della

modernità e la prima a percorrere l’intero spettro delle sue conseguenze, ora staattraversando,proprio comegli StatiUniti, la «faseduedelladeregolamentazione+individualizzazione»,anchesequestavoltanonlofapersuascelta,masoccombendoallapressionediforzeglobalichenonpuòpiùcontrollareosperareditenereafreno.A questa seconda deregulation, tuttavia, non hanno fatto seguito nuove forme

societarie di gestione della paura: il compito di far fronte alle paure derivanti dallenuove incertezze è stato, come le paure medesime, deregolamentato e

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«sussidiarizzato», cioè lasciato alle iniziative e agli sforzi locali, e in larga misuraprivatizzato, trasferito in gran parte alla sfera della «politica della vita», cioèabbandonatonelsuocomplessoallacura,all’ingegnoeall’astuziadegliindividui,eaimercati,risolutamenteostiliedefficacementeimpegnatiaopporsiatutteleformediinterferenza,eancorpiùdicontrollo,dapartedelpubblico(ossia,dellapolitica).Quando la competizioneprende ilpostodella solidarietà,gli individui si ritrovano

abbandonati alle proprie risorse, penosamente esigue e palesemente inadeguate. Ladissipazioneeladecomposizionedeilegamicollettiviliharesi,senzachiedereil loroconsenso, individuidejure, ancheseciòche imparanodalle lorosceltedivitaèchepraticamentetutto,nellasituazioneodierna,concorreaimpedirelorodiraggiungerel’agognato modello di individui de facto. Un divario enorme (e da quello chepossiamo vedere sempre più largo) separa la quantità e la qualità delle risorsenecessarieperriuscireaprodurreunasicurezza«fai-da-te»magarantita,affidabileeun’autentica libertà dalla paura, dall’insieme dei materiali, degli strumenti e dellecapacitàchelamaggiorpartedegliindividuipuòragionevolmentesperarediacquisireemantenere.RobertCastelsegnalailritornodelle«classipericolose».Ma è il caso di osservare che le somiglianze tra il primo e il secondo avvento di

questeclassisonotutt’alpiùparziali.Le«classipericolose»originalieranoformatedaun surplus di popolazione temporaneamente esclusa e non ancora reintegrata, chel’accelerazionedelprogressoeconomicoavevaprivatodiuna«funzioneutile»,mentrelasemprepiùrapidapolverizzazionedelleretidilegamil’avevaprivatadiprotezione;col tempo, tuttavia, si speravadipoterla reintegrare,cancellandone il risentimentoeaccogliendonelepretesedipartecipareall’«ordinesociale».Lenuove«classipericolose»,invece,sonoqueigruppisocialicomunementeritenuti

inadattiaesserereintegratiedichiaratiinassimilabili,inquantononsipuòconcepirenessunafunzioneutiledafarlorosvolgeredopola«riabilitazione».Nonsonosoltantoclassiineccesso,maanchesuperflue,escluseinviapermanente,unodeipochicasidi«permanenza» non solo consentiti, ma anche attivamente incoraggiati dallamodernità liquida.L’esclusioneogginonèpercepitacomel’esitodiunacattivasortemomentanea e rimediabile, trasuda un’aria di sentenza inappellabile. Sempre piùspesso,oggi,l’esclusionetendeaessereunastradaasensounico(eaesserepercepitacome tale).Una volta bruciati, i pontimoltodifficilmente verranno ricostruiti. Sonol’irrevocabilitàdellaloroesclusioneelescarsepossibilitàdiricorrereinappellocontrolasentenzachetrasformanogliesclusicontemporaneiin«classipericolose».L’irrevocabilitàdell’esclusioneèunaconseguenzadiretta,ancheseimprevista,della

decomposizionedelloStatosociale, inquantoragnateladi istituzioniconsolidate,maforse in modo ancor più significativo in quanto ideale e progetto mediante cuigiudicare la realtà e incitare all’azione. Il degrado dell’ideale e il deperimento e ildeclino del progetto preannunciano d’altronde la scomparsa delle opportunità di

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redenzione e la revoca del diritto di appello, e di conseguenza anche il gradualedileguarsidellasperanzael’affievolirsidellavolontàdiresistere.Non avere un posto di lavoro viene sempre più percepito come uno stato di

«esubero» (essere scartati, etichettati con il marchio di superflui, inutili, nonimpiegabiliecondannatiarimanere«economicamenteinattivi»)invecechecomeunacondizionedi«disoccupazione»(terminecheindicaunallontanamentodallanorma,che è quella dell’«essere occupato», un disturbo temporaneo che può e deve esserecurato).Esseresenzalavorosignificapoteresseresmaltiti,forseesseregiàsmaltitiunavolta per tutte, assegnati agli scarti del «progresso economico» – quel cambiamentochesiriduceinultimaistanzanelfarelostessolavoroenell’ottenereglistessirisultatieconomicimaconmenopersonaleecon«costidellavoro»piùbassicheinpassato.Soltantounalineasottileseparaoggiidisoccupati,inmodoparticolareidisoccupati

di lungo periodo, dal buco nero della «sottoclasse»: uomini e donne che nonrientranoinnessunasuddivisionesocialelegittima,individuilasciatifuoridalleclassie che non possiedono nessuna delle funzioni riconosciute, approvate, utili eindispensabili svolte daimembri «normali» della società; persone il cui apporto allavita della società è nullo, delle quali la società potrebbe fare a meno e dalle qualiguadagnerebbesbarazzandosene.Nonmenotenueèlalineacheseparai«superflui»daicriminali:la«sottoclasse»ei

«criminali» non sono altro che due sottocategorie degli esclusi, dei «socialmenteinadatti»oaddiritturadegli«elementiantisociali»,diversigliunidaglialtripiùperlaclassificazione sociale e per il trattamento ricevuto che per l’atteggiamento e lacondotta. Proprio come le persone senza lavoro, i criminali (cioè quelli messi inprigione, incriminati e in attesa di giudizio, sotto il controllo della polizia, osemplicemente schedati dalla polizia) non sono più visti come esclusimomentaneamente dalla vita sociale normale e destinati a essere «ri-educati»,«riabilitati» e «restituiti alla comunità» alla prima occasione, ma come individuiemarginati in via permanente, inadatti a essere «riciclati socialmente» e destinati arimanere a lungo lontano dai guai, separati dalla comunità dei cittadini rispettosidellalegge.

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4.Lospaziodellapaura

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L ecittàsonooggiiluoghiincuileinsicurezzeconcepiteeincubatenellasocietàsi manifestano in forma estremamente condensata e perciò particolarmentetangibile. Luoghi in cui l’elevata densità dell’interazione umana ha coinciso e

coincideconlatendenzadellapaura,figliadell’insicurezza,acercareetrovarevalvoledisfogoeoggettisucuiscaricarsi,anchesequestatendenzanonèstatasempreunacaratteristicaesclusivadiquestiluoghi.Come osserva Nan Ellin, una delle più acute ricercatrici e brillanti studiose delle

tendenze urbane contemporanee, la protezione dal pericolo è stata «un incentivoprimario alla costruzione delle città, i cui confini erano spesso definiti da muraimponentiodapalizzate,dagliantichivillaggidellaMesopotamiaallecittàmedievali,agli insediamentideinativi americani».Lemura, i fossati e lepalizzate segnavano ilconfine tra «noi» e «loro», tra ordine enatura selvaggia, tra pace e guerra: i nemicieranoquelli rimasti dall’altrapartedellapalizzata e chenon avevano il permessodivalicarla.«Daluogodirelativasicurezza»,tuttavia,lacittàègiuntaadessereassociata,soprattuttonegliultimicent’anniogiùdilì,«piùalpericolocheall’incolumità».Scrive Ellin che «il fattore paura [nella costruzione e ricostruzione delle città] è

certamente cresciuto, come sta a indicare l’aumento di macchine e case chiuse achiaveedeisistemidisicurezza, lapopolaritàdellecomunità ‘recintate’e ‘sicure’pertutti i gruppi di età e di reddito, e la sempre maggiore sorveglianza degli spazipubblici, per non parlare degli interminabili servizi sui pericoli trasmessi dai massmedia».Leminacceautenticheepresunteallapersonaealleproprietàdell’individuostanno

rapidamente diventando i principali fattori da tenere in conto al momento diesaminarepregi e difetti del luogodove vivere.Ormai sono la prioritànumerounonelle politiche di marketing del mercato immobiliare. L’incertezza sul futuro, lafragilità della posizione sociale e l’insicurezza esistenziale – questi onnipresenticomplementidellavitainunmondodi«modernitàliquida»,notoriamenteradicatiinluoghi remoti e quindi al di fuori del controllo individuale – tendono a focalizzarsisugli obiettivi più vicini e a incanalarsi nei timori per l’incolumità personale, quelgenere di timori che a sua volta si condensa in spinte segregazioniste/esclusiviste,

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portandoinesorabilmenteaguerreperglispaziurbani.ComeapprendiamodalpenetrantestudiodiStevenFlusty,criticoacuto inambito

architettonico/urbanistico, l’offerta di servizi funzionali a questa guerra, e inparticolare la progettazionedimetodi per sbarrare amalfattori effettivi, potenziali oipotetici,l’accessoaglispazirivendicatietenerliadistanzadisicurezza,stadiventandoormai laprincipaleprioritàdegli innovatori architettonici edei costruttorinelle cittàamericane.I nuovi prodotti urbanistici, quelli più reclamizzati e più imitati, sono gli «spazi

d’interdizione»,«progettatiper intercettare, respingereo filtraregli aspirantiutenti».Loscopodegli«spazid’interdizione»èesplicitamentequellodidividere,segregareedescludere,nondicostruireponti, facilipassaggie luoghid’incontro,odi facilitare lacomunicazioneeavvicinareinaltrimodigliabitantidellecittà.Le invenzioni architettonico/urbanistiche elencate da Flusty sono gli equivalenti

tecnicamenteaggiornatideifossati,delletorretteedelleferitoiedellemuradellecittàpremoderne;maanzichédifendere lacittàe tutti i suoiabitantidalnemicoesterno,vengono eretti per separare e tenere separate le une dalle altre (e lontano daiproblemi)lediversecategoriediresidentidellacittà,ealloscopodidifenderealcunidilorodaglialtri,trasformatiinavversaridall’attostessodell’isolamentospaziale.Tra i vari «spazi d’interdizione» citati da Flusty, c’è lo «spazio sfuggente»,

«inaccessibile a causa di vie d’accesso contorte, prolungate o mancanti»; lo «spaziopungente»,«chenonpuòessereoccupatocomodamente,difesodaparticolaricomelebocchedegliidrantimontatesuimuri,attivatepermandarviaicuriosi,olesporgenzea scivolo per impedire di sedersi»; o lo «spazio stressante», «impossibile da fruiresenza essere osservati, a causa di unmonitoraggio effettuato mediante pattuglie dirondae/otecnologiedicontrolloadistanzacollegateacentridisicurezza».Questiealtritipidi«spazid’interdizione»hannounsoloscopo,anchesecomposito:

separareleenclavesextraterritorialidal territoriocontinuodellacittà; inaltreparole,innalzare piccole fortezze compatte al cui interno i membri dell’élite globalesopraterritoriale siano liberidicurare, coltivareegodersi la loro indipendenza fisica,oltrechespirituale,eilloroisolamentodallalocalitàgeograficaincuisitrovano.Nelpanorama cittadino, gli «spazi d’interdizione» sono diventati pietre miliari delladisintegrazionedellavitacollettivacondivisa,localmenteradicata.Qualunquecosasiaaccadutaallecittànellalorostoriaeaprescinderedall’entitàdei

cambiamenti subiti nel corsodegli anni edei secoli dalla loro struttura spaziale, dalloroaspettoedal lorostiledivita,unacaratteristicaèrimastacostante: lecittà sonoglispaziincuiestraneivivonoesimuovonoastrettocontattogliuniconglialtri.Essendounacomponentepermanentedellavitacittadina, l’onnipresenzacontinua

di estranei a contatto di gomito aggiunge una buona dose di incertezza costante atuttelesceltedivitadegliabitantidellacittà.Questapresenza,impossibiledaevitare

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senonperpocotempo,èun’inesauribilefontediansiaediaggressività,normalmentelatente,macheditantointantoesplode.Nellamaggior parte dei casi, le ansie accumulate tendono a scaricarsi contro una

categoriaparticolaredi«alieni»,sceltacomeepitomedella«estraneità»:lastranezzael’incomprensibilità dello scenario dell’esistenza, la vaghezza dei rischi e la naturasconosciutadelleminacce.Scacciandounadatacategoriadi«alieni»dallepropriecasee dai propri negozi, il terrificante fantasma dell’incertezza viene esorcizzato per uncertoperiodo;ilmostroorripilantedell’insicurezzavienebruciatoineffigie.La funzione latentedellebarriere al confine, apparentemente erette contro«i falsi

richiedenti asilo» e i migranti «puramente economici», è di rafforzare l’instabile,erratica e imprevedibile esistenza di quelli che stanno dentro. Ma la vita liquidamoderna è destinata a rimanere erratica e capricciosa a prescindere dalla curaadottata e a prescindere dalla condizione imposta agli «alieni indesiderabili»: ilsollievo rischia quindi di essere di breve durata, e le speranze legate alle «misuresevereerisolutive»svanisconosulnascere.L’estraneo è, per definizione, un soggetto agente mosso da intenzioni che nella

miglioredelleipotesisipossonoalmassimointuire,senzaesseremaisicuridicoglierlecompletamente.L’estraneoèlavariabileincognitaintutteleequazioniognivoltachegliabitantidellecittàdevonodeciderecosafareecomecomportarsi;eperciò,anchesenondiventaoggettodi aggressionemanifesta enon è apertamente e attivamenteostracizzato,lasuapresenzaall’internodelcampod’azionerestasconcertanteerendeimpossibileprevedereglieffettidelleazionielepossibilitàdisuccessoofallimento.Condividere lo spazio con gli estranei, vivere a stretto contatto, fastidioso e non

richiesto,con loroèunacondizionechegliabitantidellecittà trovanodifficile, forseimpossibile, da evitare. La prossimità con gli estranei è il loro destino, un modusvivendi permanente, che ogni giorno dev’essere vagliato, monitorato, sperimentato,testatoeritestatoe(sispera)ordinatoinmododarendereaccettabilelacoabitazionee sopportabile vivere in loro compagnia. Si tratta di un «elemento dato», nonnegoziabile,mailmodoincuiregolarsiperrisponderealleesigenzeimpostedaquestanecessitàèunaquestionediscelta.Eunasceltadiqualchetipovienecompiutaognigiorno, per azione o per omissione, deliberatamente o per inerzia, per decisioneconsapevole o semplicemente seguendo ciecamente e meccanicamente gli schemiabituali, attraverso una discussione e una decisione collettiva oppure ricorrendoindividualmente agli strumentidi cui ci si fida inquelmomento (perchédimodaenonancorascreditati).GlisviluppidescrittidaStevenFlustyecitatiprecedentementesonomanifestazioni

high-tech di un’onnipresente mixofobia urbana. La «mixofobia» è una reazionealtamente prevedibile e diffusa alla stupefacente, terrificante e snervante varietà ditipiumaniedistilidivitachesiincontranoevengonoacontattofiancoafianconelle

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stradedellecittàcontemporanee,nonsoloinquellezoneufficialmenteproclamate(eperquestomotivoevitate)«quartieriviolenti»o«strademalfamate»,maanchenelle«normali»(leggi:nonprotetteda«spazid’interdizione»)areediresidenza.Amanoamano che la polifonia e la policromia culturale dell’ambiente urbano dell’era dellaglobalizzazione si affermano, con la probabilità che si accentuino anziché attenuarsinelcorsodeltempo,letensioniderivantidallafastidiosa/spiazzante/irritantestranezzadell’ambientecontinuerannoverosimilmenteafavorirespintesegregazioniste.Scaricaretaliimpulsipuòalleviare(temporaneamente,maapiùriprese)letensioni

crescenti.Ognisuccessivaoperazionediscaricorinnovalasperanzafrustratadaquellaprecedente: così, anche se quelle differenze fastidiose e sconcertanti si dimostranoinattaccabili e intrattabili, almeno si può riuscire a disintossicarle assegnando aciascuna forma di vita i suoi spazi fisici separati, sia inclusivi che esclusivi, bendelimitati e ben sorvegliati... Nel frattempo, in mancanza di una simile, radicalesoluzione,forsepuoialmenofareinmododigarantirepertestesso,perituoiamicieparenti eper tutti «quelli come te»,un territorio liberodaquella caotica confusionecheaffliggeirrimediabilmentelealtrezonedellacittà.Lamixofobiasimanifestanellaspintaaritagliarsiisoledisimilitudineeidenticitàin

mezzoalmaredellavarietàedelladifferenza.Leradicidellamixofobiasonobanali,tutt’altro che difficili da localizzare, facili da capire anche se non necessariamentefacili da perdonare. Come suggerisce Richard Sennett, «il sentimento del ‘noi’,espressodaldesideriodiesseresimili,diventaunmodopergliindividuidievitarelanecessitàdianalizzarsipiùafondoattraversoglialtri».Promette,sipotrebbedire,uncerto comfort spirituale: la prospettiva di rendere lo stare insieme più facile dasopportare eliminando quello sforzo di capire, di negoziare, di trovare uncompromesso che il vivere tra e con ledifferenze impone. «Ildesideriodi evitare lapartecipazioneèinnatoalprocessodiformareun’immaginecoerentedellacomunità.Il sentimento comune unisce senza che si verifichi l’esperienza comune, in primoluogoperchégliindividuisonointimoritidallapartecipazione,impauritidaipericoliedallesfide,spaventatidallasofferenza».Laspintaversouna«comunitàdi simili»nonè solounsegnalediallontanamento

dall’alterità esterna, ma anche della rinuncia a impegnarsi in una vivace maturbolenta, corroborante ma ingombrante, interazione interna. L’attrattiva di una«comunitàdi identici»èquelladiunapolizzaassicurativacontroqueirischidicuièpienalavitaquotidianainunmondopolifonico.Immergersinella«identicità»nonfadiminuire,né tantomeno scomparire, i rischi chehanno spinto a ricorrere aquestasoluzione.Cometuttiipalliativi,puòalmassimopromettereunriparodaalcunideglieffetti più immediati e più temuti. Scegliere l’opzione della fuga come cura per lamixofobia comportadi suoun’insidiosa edeleteria conseguenza:unavolta adottato,infatti, ilpresuntoregimeterapeuticosiriproduceall’infinitoesirafforzaquantopiù

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sirivelainefficace.CosìSennettspiegaperchéquestoaccade(anzi,perchédeveaccadere):«Durante i

vent’anniappenatrascorsi,lecittànegliStatiUnitisonocresciuteinmodotalecheleareeetnichesonodiventaterelativamenteomogenee;nonpuòcostituireuncasocheanchelapauradell’estraneosiacresciutaalpuntodatagliarfuorilecomunitàdovelacomponenteetnicaèdominante».Piùalungolepersonerimangonoinunambienteuniforme–incompagniadialtri

«comeloro»coniqualipossono«socializzare»superficialmenteeprosaicamentesenzacorrereilrischiodifraintendersiesenzadoversibarcamenareconlapenosanecessitàdi tradurre fra universi di significato differenti – più è probabile che «disimparino»l’arte del negoziare significati condivisi e un piacevolemodus cum-vivendi. Avendodimenticatootrascuratodiacquisireleabilitànecessarieavivereunavitagratificanteinmezzoalladifferenza,c’èpocodameravigliarsisecolorochecercanoepraticanolaterapiadella fugavedonoconorrorecrescente laprospettivadi confrontarsi facciaafaccia con gli estranei.Gli estranei tendono ad apparire sempre più spaventosimanmano che diventano sempre più alieni, sconosciuti e incomprensibili, e manmanoche il dialogo e l’interazione che avrebbero potuto finire per assimilare la loro«alterità»svanisconoononriescononeancheamettersi inmoto.La spintaversounambiente omogeneo, territorialmente isolato, può essere innescata dalla mixofobia;malapraticadellaseparazioneterritorialeèlacinturadisicurezzaeilnutrimentodiquellamixofobia,esitrasformagradualmentenelsuorinforzoprincipale.La mixofobia, però, non è l’unico combattente presente sul campo di battaglia

urbano.Lavita incittàèun’esperienzanotoriamenteambivalente.Attirae respinge.Arendere la condizionedell’abitantedella cittàancorapiù tormentosaedifficiledarimediare sono gli stessi aspetti della vita cittadina che, alternativamente osimultaneamente, attirano e respingono... La disorientante varietà dell’ambienteurbanoèunafontedipaura(inparticolareperquelli tranoichehannogià«perso imodifamiliari»,essendostaticatapultati inunostatodiacutaincertezzadaiprocessidestabilizzantidellaglobalizzazione).Lostessocaleidoscopico sfavillio e luccichiodelpaesaggio urbano, mai a corto di novità e di sorprese, rappresenta il suo fascinoirresistibileeilsuopoterediseduzione.Trovarsidifronteallospettacoloininterrottoecostantementeabbagliantedellacittànonèquindivissutodatuttiunicamentecomeunasventuraeunacalamità;edessernealriparononèpercepitodatutticomeunapuraesemplicebenedizione.Lacittàfavoriscelamixofilianellastessamisuraincuilaseminaelaalimenta.Lavitadicittàèintrinsecamenteeirreparabilmenteunafaccendaambivalente.Più

grande e più eterogenea è una città, più attrazioni può offrire. La massicciacondensazione di estranei agisce al tempo stesso come repellente e come potentecalamita,attirando incittà frottesemprenuovediuominiedonnestanchidellavita

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monotonadeicentriruraliodellepiccolecittadine,stufidiabitudiniripetitiveeprividisperanzedifronteallascarsitàdiopportunitàeallamancanzadiprospettive.La varietà è una promessa di opportunità, opportunità numerose e differenti,

opportunitàadatteatuttelecapacitàeatuttiigusti:diconseguenza,piùgrandeèlacittà più è probabile che essa attiri un numero crescente di persone, che si vedononegareleopportunitàeleoccasionidiavventurainlocalitàpiùpiccoleequindimenotolleranti rispetto ai diversimodidi pensare epiù rigidenelle libertà cheoffronoo,permegliodire,tollerano.Sembrachelamixofilia,propriocomelamixofobia,siaunatendenzachesimuove,

si diffonde e trae vigore da se stessa. È difficile che sia l’una che l’altra possanoesaurirsioperderevigorenel corsodel rinnovamentodella città edel riallestimentodello spazio cittadino. Le più angosciose fra le paure contemporanee nasconodall’incertezza esistenziale. Sono paure che affondano le loro radici molto più inprofondità delle condizioni di vita, e tutto ciò che può essere fatto, all’internodellacittà e a livello di spazio cittadino e di risorse gestite dalla città, per recidere questeradicisaràsemprelargamenteinsufficienterispettoaquellochesarebbenecessario.Lamixofobiacheinfestalacoabitazionedegliabitantidellecittànonèlafontedella

loro angoscia, ma il prodotto di un’interpretazione perversa e fuorviante delle sueorigini; la manifestazione di tentativi disperati, e in fin dei conti inconcludenti, diattenuare il dolore provocato dall’ansia: eliminare l’irritazione illudendosi di avercurato la malattia. È invece la mixofilia, radicata nella vita della città come il suocontrario che contiene il germe della speranza: speranza non soltanto di rendere lavitaurbana–ungeneredivita cheesige coabitazionee interazioneconunavarietàenorme,forseinfinitadiestranei–menomolestaepiùsemplice,maanchesperanzadi attenuare le tensioni che hanno origine, partendo da cause analoghe, su scalaplanetaria.Come ho già detto in precedenza, le città odierne sono discariche di problemi

prodotti a livelloglobale;mapossonoessereancheviste comedei laboratori in cui imodi e gli strumenti per convivere con la differenza, che gli abitanti di un pianetasempre più sovraffollato ancora non hanno imparato, vengono quotidianamenteinventati, messi alla prova, memorizzati e assimilati. L’azione della «fusione degliorizzonti»diGadamer,quellacondizionenecessariadellaallgemeineVereinigungderMenschheitdiKant, può tranquillamente avere inizio sulla scenaurbana. Su questopalcoscenico,l’apocalitticavisionediHuntingtondiunconflittoinconciliabileediuninevitabile «scontro di civiltà» può tradursi in benigni, e spesso profondamentegratificantiepiacevoli,incontriquotidianiconl’umanitàchesiceladietrolemascherediscena,spaventosamenteinsolite,dirazze,nazionalità,divinitàeliturgiedifferentiereciprocamente aliene. Quale posto migliore delle strade condivise delle città perscoprire e imparare che– comediceMark Juergensmeyer – sebbene «le espressioni

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ideologiche laiche di ribellione» tendano di questi tempi a essere «rimpiazzate daformulazioniideologichedinaturareligiosa»,«ilmalcontento,ilsensodialienazione,dimarginalizzazioneedifrustrazionesocialesonospessoingranparteglistessi»aldilàditutteledivisioniegliantagonismicreatidallefrontieresettarie?

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5.Idiritticomeantidotoallapaura

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T homasHumphreyMarshallèdiventatofamosoedèricordatoperavertentato– subito dopo l’istituzione del welfare State nella Gran Bretagna deldopoguerra, grazie alla approvazione parlamentare di una serie di leggi – di

ricostruire la logica che guidava il graduale evolversi del significato dei dirittiindividuali.Secondo il suo resoconto, il lungo processo ebbe inizio dal sogno di sicurezza

personale, seguitodauna lunga lotta contro il potere arbitrariodi re e principi.Ciòcheper i re eper i principi rappresentavaundirittodivino–proclamare e revocarenormeeleggiapropriopiacimento,seguendoilproprioestroeipropricapricci–perisudditi significava una vita vissuta alla mercé della benevolenza del sovrano, nonmolto diversa dalle stravaganze del destino: una vita di incertezza continua einsanabile, inbaliadeimisteriosi spostamentidei favoridi reoprincipi.Eradifficileentrarenellegraziedel reodella regina, edancorpiùdifficile era restarci: i sovranicambiavanofacilmenteidea,ederaimpossibileassicurarsipersempreilorofavori.Questaincertezzasitraducevainun’umiliantesensazionediimpotenza,cuifuposto

rimedio solo quando i regnanti furono anch’essi assoggettati a norme che neppureloroavevanolafacoltàolaforzadimodificareodisospenderearbitrariamente,senzail consenso dei sudditi interessati. In altre parole, la sicurezza personale poté essereottenutasoltantoattraversol’introduzionediregolechevincolavanotuttigliattori ingioco. Il valore universale delle norme, naturalmente, non trasformava tutti invincenti:comeprima,c’eranogiocatorifortunatiesfortunati,vincitorieperdenti.Maalmeno le regole del gioco erano state rese esplicite, si potevano imparare e nonsarebbero state cambiate arbitrariamente a gioco ancora in corso; e i vincitori nonavrebberodovuto temere lo sguardoostiledel re, perché i frutti della vittoria eranoloropersempre,epotevanogoderseli,comeproprietàinalienabile.La lottaper idirittipersonali, sipuòdire, era animatadaldesideriodi chi eragià

fortunato (o speravadi vincere la volta successiva)di conservare i donidella buonasorte senza bisogno di dover ricorrere a sforzi costosi, disagevoli, ma soprattuttoinaffidabilieinutiliperentrarenellegraziedelsovranoeconservarneifavori.Larichiestadidirittipolitici,quellacioèdipotersvolgereunruolosostanzialenella

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formazione delle leggi, secondo Marshall fu la rivendicazione successiva, il passologico dopo la conquista dei diritti personalie la necessità di difenderli; ma si puòconcludere, da quanto è stato appena detto, che questi due tipi di diritti potevanoessererivendicati,conquistatieconsolidatisoltantocongiuntamente:difficileottenerlie goderne separatamente. Tra questi due tipi di diritti sembra esistere unadipendenzacircolare,unrapportosimileaquelloesistentetral’uovoelagallina.L’incolumitàpersonalee la sicurezzadelleproprietà sonocondizioni indispensabili

peraffrontareconefficacialabattagliaperildirittoapartecipareallavitapolitica,maperdarebasisolideeragionevolmentedurevoliaquestidirittiènecessariochesianoibeneficiariadeciderelaformadelleleggivincolantichequestidirittiregolano.Sipuòesseresicurideipropridirittipersonalisoltantosesipossiedelafacoltàdiesercitareidirittipoliticiesiè ingradodi farpesarequesta facoltànelprocessodielaborazionedelle leggi; e se il patrimonio (economico e sociale) controllato personalmente eprotetto dai diritti personali non è sufficientemente consistente da meritarel’attenzione delle autorità costituite, allora le possibilità di incidere sul processo dielaborazionedelleleggisifannoadirpocoevanescenti.ComeeragiàovvioperMarshall,maavevabisognodiessereribaditoconforza,alla

lucedellerecentitendenzepolitiche,daPaoloFloresd’Arcais,«lapovertà(vecchiaenuova)generadisperazioneesottomissione,assorbetutteleenergienellalottaperlasopravvivenza, emette la volontà allamercédi vuotepromesse e inganni insidiosi».Gliintreccieleinterazionitradirittipersonaliedirittipoliticiriguardanoiprepotenti:iricchi,nonipoveri,quelliche«sonogiàsicuri,sesololisilasciainpace»,nonquelli«che hanno bisogno di assistenza esterna per diventare sicuri». Il diritto di voto (equindi,indirettamenteealmenointeoria,ildirittoainfluenzarelacomposizionedeigovernanti e la forma delle regole a cui devono attenersi i governati) potrà essereesercitatosignificativamentesoltantodaquelli«chepossiedonorisorseeconomicheeculturali sufficienti» per essere «al sicuro dalla servitù volontaria o involontaria chetagliaallaradicequalsiasipossibileautonomiadiscelta(e/odidelegaascegliere)».Nonstupiscechepertantotempoipromotoridellasoluzioneelettoralealdilemma

di come garantire i diritti personali tramite l’esercizio di quelli politici «volesserolimitare il suffragio in base alla ricchezza e al livello d’istruzione». Sembrava ovvio,all’epoca,chepotesserogoderedella«pienalibertà»(cioèdeldirittodiparteciparealprocessodielaborazionedelleleggi)solamentecolorocheavevanolapiena«proprietàdellapropriapersona», cioèquegli individui lacui libertàpersonalenonera limitatadasignorifeudaliodatoridilavorofondamentaliperlalorosussistenza.Per oltre un secolo dopo l’invenzione e l’accettazione, convinta o rassegnata, del

progettodellarappresentanzapolitica,l’estensionedelsuffragiouniversaleachiunquenon facesse parte degli «abbienti» fu ostacolata con le unghie e con i denti daipromotori e dai sostenitori del progetto stesso. La prospettiva di un suffragio più

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esteso era considerata, non del tutto a torto, non come il trionfo della democraziabensì come un’aggressione contro di essa (il presupposto tacito che rendeva piùaccanita quella resistenza era probabilmente il presagio che i «non abbienti» nonavrebberousato ildonodellapartecipazionepoliticaperdifendere la sicurezzadelleproprietà e lo status sociale, quei diritti personali sui quali non avevano interessi dadifendere).Volendo seguire la sequenza logico-storica dei diritti illustrata da Marshall,

possiamo dire che fino alla fase dei diritti politici (inclusa), la democrazia è stataun’avventura selettiva e rigorosamente limitata; l’aspirazione del demos (il popolo),dellaparola«democrazia»,adetenere ilkratos(ilpotere)sulprocessodicreazioneemodifica delle leggi era un concetto che in quella fase rimaneva ristretto a pochiprivilegiati, ed escludeva, non solo nella praticama anche nella lettera della legge,unavastamaggioranzadipersoneche le leggielaborate tramiteunprocessopoliticomiravanoavincolare.ComeciharicordatoJohnR.Searle, l’inventariodeiGodgiven, idiritti inalienabili

«concessi da Dio» e stilati dai padri fondatori della democrazia americana, «noncomprendeva l’uguaglianza di diritti per le donne – neppure il diritto al voto o allaproprietà– enoncomprendeva l’abolizionedella schiavitù».ESearlenon consideraquesta qualità della democrazia (l’essere unprivilegioda concedere conprudenza eparsimonia) una caratteristica temporanea, passeggera e ormai tramontata. Peresempio, «ci saranno sempre opinioni che moltissima gente, per non dire lamaggioranza, trova rivoltanti», e di conseguenza è improbabile che possa esseregarantitainmodocompletoeautenticamenteuniversalequellalibertàdiparolacheidirittipoliticidovrebberoassicurareatuttiicittadini.Ma bisognerebbe aggiungere un attributo ancora più fondamentale: se i diritti

politicipossonoessereusatiperdifendereeconsolidarelelibertàpersonalibasatesulpotereeconomico,difficilmenteessi garantiranno le libertàpersonali achi è privodiproprietà, a chi non ha nessun titolo ad aspirare a quelle risorse senza le quali lalibertàpersonalenonpuòesserenéconquistatanédifattogoduta.Ci si trova allora in una sorta di circolo vizioso: un gran numero di persone

possiedonopocoonientechevalgalapenadiesseredifesoconaccanimento,eperciò,agliocchidegliabbienti,nonhannobisognodiqueidirittipoliticiritenutifunzionaliatale scopo, e non è quindi il caso di riconoscere loro questi diritti. Tuttavia, dalmomento che queste persone non sono ammesse, per la suddetta ragione,nell’esclusivoclubdeglielettori(edurantetuttalastoriadellademocraziamodernacisonostate forzepotentichehanno lottatoperrenderepermanentequestodivietodiammissione), avranno scarse possibilità di assicurarsi le risorse materiali e culturalichelefarebberodiventaredegnediricevereinpremioidirittipolitici.Lasciataallaproprialogicadisviluppo,la«democrazia»potrebberimanerenonsolo

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nella pratica, ma anche formalmente ed esplicitamente, un affare essenzialmented’élite. Osserva giustamente Paolo Flores d’Arcais che due, non di più, erano lesoluzioni possibili a tale dilemma: «limitare di fatto il suffragio a coloro che giàpossedevano queste risorse, oppure ‘rivoluzionare’ progressivamente la società inmodotaleda trasformarequeiprivilegi–ricchezzaecultura– indirittigarantitipertutti».Fu a questa seconda soluzione che si ispirò il modello di welfare State di Lord

Beveridge, l’incarnazione più completa dell’idea di diritti sociali di T.H. Marshall,quel terzo passo nella catena dei diritti senza il quale il progetto democratico èdestinato a fermarsi prima di arrivare a conclusione. «Un energico programma diassistenza – così riassume la sua tesi Flores d’Arcais, più di mezzo secolo dopoBeveridge – doveva essere parte integrante, e costituzionalmente tutelata, di ogniprogettodemocratico».Senzadirittipolitici, la gentenonpuòessere sicuradeipropridirittipersonali;ma

senza diritti sociali, i diritti politici rimarranno un sogno irraggiungibile, un’inutilefinzioneouno scherzo crudeleper i tantissimi a cui, formalmente, la legge concedetali diritti. Se i diritti sociali non sono garantiti, i poveri e i pigri non potrannoesercitare idirittipoliticidicui formalmentegodono.Eallora ipoveriavrannotitolosoltantoaciòcheigoverniriterrannonecessarioconcedere,enellamisuraincuisaràritenuto accettabile da coloro che hanno l’autentica forza politica necessaria perconquistare e mantenere il potere. Finché rimarranno privi di risorse, i poveripotranno sperare al massimo di essere destinatari di trasferimenti, non oggetto didiritti.Lord Beveridge aveva ragione di credere che la sua visione di un sistema di

protezione esteso a tutti, garantito dalla collettività, fosse al tempo stesso laconseguenza inevitabile dell’idea liberale e la condizione indispensabile per unademocrazia liberale pienamente sviluppata. Anche la dichiarazione di guerra allapaurapronunciatadaFranklinDelanoRooseveltsibasavasuunassuntoanalogo.La libertàdi sceltavadiparipassocon infinitie innumerevoli rischidi insuccesso;

moltepersonepossonoconsideraretalirischiinsopportabili,scoprendoosospettandoche siano superiori alla loro personale capacità di affrontarli. Per la maggior partedellepersone,lalibertàdisceltarimarràunfantasmasfuggenteeunsognoozioso,ameno che la paura della sconfitta non venga attenuata da una polizza assicurativasottoscrittaanomedellacomunità,unapolizzadicuifidarsiesucuifareaffidamentoin caso di disgrazia. Finché questa libertà rimarrà un fantasma, il dolore delladisperazione sarà sormontato dall’umiliazione della sventura; d’altronde la capacità,messa quotidianamente alla prova, di affrontare le sfide della vita, è quella stessaofficina dove viene forgiata la fiducia in se stessi. Senza un’assicurazione garantitadalla collettività, i poveri e i pigri (e più in generale i deboli in bilico sulla soglia

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dell’esclusione)nonhannoalcunostimolochelispingaaimpegnarsipoliticamente,ecertamenteneancheapartecipareal giocodemocraticodelle elezioni.È improbabileche arrivi qualche salvezza da uno Stato politico che non sia anche, e che rifiuti didiventare,unoStatosociale.Ilproblemaeilcompitospaventosochequestosecolositroveràconogniprobabilità

adoveraffrontarecomesfidaprincipaleconsisterànelcercareditornareaconiugarepotereepolitica.RiportareiconiugiseparatineldomiciliodelloStato-nazioneèforselamenopromettentedellerispostepossibiliaquestasfida.In un pianeta vittima della globalizzazione negativa, tutti i problemi di fondo – i

metaproblemi che condizionano ilmododi affrontare tutti gli altri problemi– sonoglobali, ed essendo globali non ammettono soluzioni locali, in nessun caso; non cisono, enonpossonoesserci, soluzioni locali aproblemi chehannoorigineglobale eche dalla globalizzazione traggono linfa vitale. Ammesso che sia possibile farlo inassoluto,ricongiungerepotereepoliticaèpossibilesoltantoalivelloplanetario.Comedice acutamente Benjamin R. Barber, «nessun bambino americano potrà sentirsi alsicuronelsuolettoseibambinidiKarachiodiBaghdadnonsisentirannosicurinelloro.Gli europeinonpotrannovantarsi a lungodella loro libertà se ipopolidi altrepartidelmondorimarrannopoverieumiliati».La democrazia e la libertà non possono più essere completamente e veramente

garantite in un paese, o anche in un gruppo di paesi: la loro difesa, in unmondosaturo di ingiustizia e abitato da miliardi di esseri umani a cui è negata la dignitàumana,finiràinevitabilmentepercorrompereglistessivaloricheessesonochiamatea difendere. Il futuro della democrazia e della libertà o sarà garantito su scalaplanetaria,ononlosaràaffatto.

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Laparolaa...

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MarcAugéLamatassadellepaureLa realtà in cui viviamo è spesso ridotta a una «matassa indistinta e confusa di

paure». Unamatassa che rischia di paralizzarci e impedirci di vivere,ma cheMarcAugéprovapazientementeadipanarenelsuolibro,LesNouvellesPeurs.Perl’antropologofrancese,chedaannisiconcentrasull’analisidelletrasformazioni

e delle contraddizioni del mondo contemporaneo, le paure economiche e lediscriminazioni sociali, le violenze politiche e le derive tecnologiche, i cataclisminaturali e le minacce criminali finiscono spesso per sovrapporsi e confondersi,amplificandosiavicenda,producendopanicoeangoscianegliindividui.«Naturalmentetuttequestepaurenonsonodirettamentecollegateleuneallealtre,

ma nella vita quotidiana spesso ci appaiono proprio così», spiega l’autore di Unetnologonelmetrò,Nonluoghi eChe fineha fatto il futuro?. «Imedia evocano senzasoluzionedicontinuitàilrischiodiuncataclisma,unattentatoterroristico,l’aumentodella disoccupazione e la strage inspiegabile di un pazzo. Sono realtà indipendenti,che però tutte assieme in un telegiornale fannomassa. La giustapposizione crea uneffettodicontaminazionecheleamplificaelesemplificaalcontempo,dandoluogoaun’unica paura globale, diffusa e indistinta.Di conseguenza, quando ne evochiamouna,difattoècomeseevocassimotuttelealtre.Ilcheèindubbiamenteunelementodinovità».

Nelpassatolepaureeranopiùisolate,definibilielocali?

«Probabilmentesì.Neisecoliscorsinonsonomancatelegrandipaure,cheperòeranospessolegateafattoriecontestibenprecisi.Oppureeranopauremoltopiùuniversali,comeadesempiolapauradellamorte.Inpassato, inoltre,nonsisapevanulladiciòche accadeva lontanodanoi,mentreoggi sappiamo tuttoquello che accade inogniangolo del pianeta. Se un pazzo uccide dei bambini in una scuola americana, nesiamo immediatamente informati come se fosse accaduto sotto casa nostra. Diconseguenza,temiamoperinostri figli.Insomma,tuttoquellocheaccadelontanoci

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riguarda e ci terrorizza come se fosse vicino. Il sistema dell’informazione crea unaformadipauranuova,piùsfuggenteepiùastratta.Quindipiùdifficiledacombattere.Tuttavia, il fatto che sia più astratta non significa che non abbia effetti concreti,producendo negli individui un terrore paralizzante. Come accade per le nuoveinquietudini planetarie, che sono la dimensione oscura e minacciosa dellaglobalizzazione.Dominatedall’ideacheciòcheriguardagliunifinisceprimaopoipercoinvolgeretuttiglialtri, lecatastrofinucleari, leepidemie,maanche il terrorismooleminaccedelsistemafinanziario,assumonocontorniquasiapocalittici».

Questamatassadipaureeterogeneeèlosfondopermanentedellenostrevite?

«In un certo senso sì. La paura è ridiscesa in terra e contemporaneamente si ègeneralizzata. Un segnale di questo timore diffuso è il successo di un libro comeIndignatevi! di Stéphane Hessel. L’indignazione, infatti, è la forma sublime dellapaura. In questo caso, le parole di un vecchio saggio – una figura abbastanzatradizionale equindi rassicurante– riesconoadareuncontenutopreciso in terminisociopolitici alle paure indistintedi ungrannumerodi persone.Èperquesto che illibro ha tanto successo. La nostalgia per certi valori del passato che prende formanelle pagine diHessel viene interpretata come un grido di rivolta nei confronti delpresente.Infondo,seneisecoliscorsisiavevainnanzituttopauradellamorte,oggisihasoprattuttopauradellavita».

Perché?

«Gliallarmieconomici,ecologiciesanitari,maanchelaviolenzaoilterrorismo,sonoqui e adesso. Generano un’angoscia quotidiana e immediata che occupa tutto ilnostro orizzonte, impedendoci di proiettarci più in là. Nell’epoca classica, proprioperchégliuominiavevanopauradellamorte,stoicismoedepicureismoprovavanoadelaborare riflessioni in grado di consolarci. Oggi queste forme di consolazionefilosoficanonfunzionanopiù.Moltedellepaurecheciattanaglianononsononuoveinsé,ènuovoperòilloromododifaresistemaelaloropercezione.Nelpassato,datoche le paure erano percepite come locali e concrete, si aveva l’impressione di poterfare qualcosa per prevenirle. Oggi invece, più le paure diventano un groviglioinestricabile,piùsihal’impressionechesiaimpossibileinterveniresulleproblematicheche le alimentano. La sensazione d’impotenza è uno degli elementi costitutivi dellenuovepaure».

Ciòvaleadesempioperlapercezionedellacrisieconomica.Ècosì?

«Ineffetti,difronteallacrisieconomicacisembrachenoncisianosoluzioniefficaci.La crisi è percepita come ineluttabile e inarrestabile. Da qui le paure delladisoccupazione,deldeclassamentosocialeedellapovertà,cheperaltrovannodipari

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passoconilterrorediunsistemachesembraavanzareinmanierainerzialeefuoridaqualsiasi controllo. In fondo, si teme l’incompetenza e l’inconsistenza di coloro chedovrebberogovernare il sistema.Enaturalmente tuttociò implicauncerto fatalismocheproducebattagliesolodifensive.Unavoltasisognavadiabbattereilsistema,oggisisperasolochenoncrollidefinitivamentepernonessernelevittime».

Cisonopoilepaureprodottedallascienzaedallatecnologia...

«Tradizionalmentelepaurenasconodall’ignoranza.Avolteperòanchelaconoscenzapuò angosciarci, come accade talvolta con l’innovazione tecnico-scientifica. Diversescopertedella scienzaci fannopaura,dalnucleareallaclonazione.Oggi,nonostantel’entusiasmo per le nuove tecnologie, l’avvenire ci sembra prefigurare un mondod’incognite.Motivopercuipreferiamononproiettarci troppo inun futuropercepitopiùcomeunaminacciachecomeunasperanza.Questascomparsadeldomanicomeorizzonteoperabileaumentainevitabilmentel’ansianelpresente».

C’èunmodopersottrarsiaquestoinsiemedipaure?

«Più che leminacce concrete, siamo paralizzati dalla superstizione che queste sianopresenti nella nostra vita tutte allo stesso tempo,mescolate e confuse.Bisognerebbequindi essere capaci di districarne il groviglio, isolandole e analizzandolesingolarmente. Solo così è possibile disinnescarle. Occorre quindi un atteggiamentoattivo. La paura globale, che sfugge al controllo della ragione, sembra infatti agiremaggiormente su coloro che si collocano in una posizione di passività nei confrontidella realtà. Chi agisce e interviene ha sempre meno timore di chi subiscepassivamente. In questo senso, l’educazione e l’istruzione possono aiutarci. Laconoscenzapuòtrasformarel’angosciaincuriosità,che,secondome,èilprimopassoper disfarsene. Senza dimenticare che, se è vero che la paura produce regressione,essa può anche diventare un fattore di progresso, dato che, una volta superata laparalisi,cispingeacercaresoluzioniperandareavanti».

Cisipuòabituareallapauraeconvivereconessa?

«Ciò accade spesso, dato che il timore fa parte del nostro paesaggio quotidiano,modificando lenostrevitee inostricomportamenti.Lavitadevecontinuare,quindifiniamo sempre per adattarci. È però una vita mutilata. Per questo credo che siasempremegliocercaredidisfarsidellepaure,smontandoneimeccanismi».«laRepubblica»,28/1/2013,intervistadiFabioGambaro

UlrichBeck

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L’ossessioneimmunitarianellasocietàdelrischioLasicurezzaèilnuovototem.Ilmondociscappasemprepiùdallemani.Semaici

siamoillusidi farlo,oggidicertononlocontrolliamopiù.Terrorismo,cambiamentoclimatico,crisifinanziaria,perdiredinemicirealimasenzavolto.Epoiprecarietànellavoroenegliaffetti.Nonc’èpiùunamattonellaesistenziale,diquellesucuieravamoabituati a stare in piedi, che non sia stata smossa dal grande sisma della post-modernitàglobalizzata.Su questo terreno sconnesso avanza unuomo inevitabilmente traballante. I nuovi

pericoli non sa ancora maneggiarli. I politici, nella medesima condizione, neesageranol’allarmeperchénessunopoipossaaccusarlidinegligenza.Colgrimaldellodell’emergenzafannopassareleggielimitazionidellalibertàchenessunoaccetterebbealtrimenti. Già a nominarli, a parlarne tanto, questi spauracchi intossicano laconvivenzaeildiscorsopubblico.Laloromessainscenaanticipataègiàlacatastrofe.Che poi gli eventi si realizzino omenodiventa quasi un optional. È in questo statofebbrile di paura e ansie – la nuova conditio humana – che dobbiamo imparare amuoverci.Facendounarobustataraallepreoccupazionipersopravvivere.Questa è la lezione che ci consegna Ulrich Beck, uno dei più grandi sociologi

contemporanei e inventore del concetto di Risikogesellschaft, «società del rischio».Illuminandomoltideiparadossidi cui siamospesso ignari spettatori.E regalandoallettore, appesantito dalla narrativa apocalittica di questi tempi, una exit strategymetodologica:«Irischicreanoopportunità».Soloimortinonnecorronopiù.Iviventisenecibano,senzalasciarsisopraffare.Nessuntabù,quindi.

Professore,nell’estatedel2006èstatosventatounpresuntoattaccoadaereidallaGranBretagna verso gli Stati Uniti. Pericolo scampato, ma da allora nessuno può portareliquidiinvolo.Conseguenzaproporzionata?

«Nonè stupefacente– edivertente– chemilionidipasseggeri,nella cuimente si èannidata laminaccia terroristica,accettinogiornodopogiorno limitazionidelgenerealla loro libertà?Miricorda ladanzadellapioggiadegli indiani.Lorodanzavanoperconvincereglideiafarpiovere,noiperprodurreunsentimentodisicurezzadifronteaun’apparentementepresenteminacciaterroristica».

Irischisonodappertutto.Comepossiamocalcolarli?

«Perquantocisforziamo, irischinonpossonoessereevitati.Nellacarriera,sirischiadiprenderelastradasbagliata.Neitrasporti,difareunincidente.Inamore, ilcuorespezzato.E a volte cipiace anche rischiare, correndopiù forteo sfidandounamoreincerto contro ogni probabilità. Ma la minaccia terroristica è fondamentalmentediversa. Non può essere affrontata individualmente, né esiste una base scientifica

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sullaqualevalutarneleprobabilità.Semplicemente,nonsappiamocalcolarla».

Lei descrive il presente distinguendo «incertezze fabbricate» dai rischi cui eravamoabituati.Cispiegameglio?

«Ladifferenzaprincipale stanel fatto che si èperso il controllodel rischio. Succedequando almeno una quantità nel calcolo classico (l’attore, l’intento o il potenziale)diventa ignota. Come succede nel caso del cambiamento climatico, o dei rischiterroristiciefinanziari.Ilnuovopuntocruciale,tuttavia,nonèsololaconsapevolezzadi quest’ignoranza, ma anche che lo Stato risponde fingendo di avere maggioreconoscenza e controllo. Capite l’ironia nell’ostentazione di sicurezza su qualcosaanche se non si sa se esiste! Ciò riporta alla danza della pioggia di cui parlavamoall’inizio».

Maperchédovremmoesserepreoccupatidaciòcheneppureconosciamo?

«Larispostasociologicaè:perchédifronteallaproduzionediincertezzefabbricatelasocietàpiùchemaisiaffidaeinsistesullasicurezzaeilcontrollo.Eciònonsoloèveronelle sfere della politica nazionale e internazionale, ma anche in quelle della vitaquotidiana: lo dimostra la prontezza ad accettare limitazioni delle libertà, come neivoli.Perquestolasocietàmondialedelrischiodeveaffrontarelospiacevoleproblemadidoverprenderedecisionisumiliardididollarioeurooanchesuguerraepacesullabasediun’ignoranzapiùomenoammessa».

Nonsifiniscecosìperconfondereilconfinetrarazionalitàeisteria?

«Certo.Ipolitici, inparticolare,possonofacilmenteesserecostrettiaproclamareunasicurezzachenonriesconoaonorareperchéicostipoliticiditaleomissionesarebberomoltopiùaltidiquellidiunasopravvalutazione.Perquestoinfuturononsaràfacilelimitareeprevenireildiabolicogiocodipotereconl’isteriadelnon-sapere.Equinonosonemmenopensareaideliberatitentatividistrumentalizzarelasituazione».

ScrivendodiBinLaden leipunta ilditocontro imediachecreanounpubblicoper leazioni di al-Qaida. Ma come dovrebbero comportarsi per non cooperareinvolontariamentecolnemicosenzarinunciareallamissionediinformareilpubblico?

«Esagerandounpo’sipuòdirechenonètantol’attoterroristicoquantolasuamessainscenaglobaleeleanticipazionipolitichechecrea,conazioniereazioni,chestannodistruggendo le istituzioni occidentali di libertà e democrazia. Forse se il nuovogoverno Usa, quelli europei e i giornalisti iniziassero a riflettere sull’importanza diquesta messa in scena nel sostenere involontariamente il disegno dei criminali, sipotrebbe inquadrare diversamente il terrorismo. Ad esempio, non come questionemilitare ma di intelligence e di politica, che necessita nuovi tipi di cooperazione

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transnazionale».

Leisostienechenonc’èpiùnemmenobisognodiunacatastrofepercambiareilmondoperchébastagiàlasuaanticipazione.Èdavverocosìfacile?

«Bastaguardareaquell’impagabilecommediadiconversionechesi starecitandosulpalcoscenico mondiale in queste settimane. Sto, naturalmente, parlando della crisifinanziaria. Dalla sera alla mattina l’idea missionaria dell’Occidente, l’economia dimercato,ècollassata.EciòchestaprendendoilsuopostoèunsocialismodiStatoperiricchi,diparipassoconunduroneoliberismoperilavoratorieipoveri.Eccoperchénonmiritengoaffattoallarmistanelsostenerechel’anticipazionedellacatastrofepuòfondamentalmente cambiare la politica mondiale. Tuttavia, ciò apre ancheun’opportunitàdiriconfigurareilpotereinterminidiRealpolitikcosmopolita».

Puòaiutarciconunesempio?

«Sì.FraitantiparallelitralatempestafinanziariaattualeeglianniTrenta,pochisonopiù importanti delle implicazioni dello scontento economico per la sicurezzanazionale. La Grande Depressione ci ha portato la Seconda guerra mondiale, unoscenario che non possiamo ripetere. Oggi dobbiamo reimparare che la politicaeconomica e quella estera non sono domini distinti. Costituiscono anzi un nexusstrategico le cui interconnessioni possiamo scegliere di ignorare a nostro rischio epericolo.Lepolitichedelnazionalismoeconomicodevonoperciòesseresostituiteconnuove regole e istituzioni che evitino il protezionismo e il caos dei tassi di cambio.Sololacooperazioneinternazionalepuòravvivareleeconomienazionali».

Se lapreoccupazione crescente e costanteper i rischi plasmaquella che lei chiama lanuova«conditiohumana»,comepossiamosopravviverle?

«Beh, io non sono Gesù, non ho tutte le risposte, neppure per le domande piùcentrali.Macontroilsemedelcorrente,diffusosentimentodiapocalisse,michiedo:qual è lo stratagemma intrinseco che la societàmondiale del rischio si è inventato?Sebbene alcuni insistano nel vedere un eccesso di reazione ai rischi globali, questiultimi hanno anche una funzione illuminante. Destabilizzano l’ordine esistente epossono anche essere visti come un passo vitale verso la costruzione di nuoveistituzioni; confondono i meccanismi dell’irresponsabilità globale e li aprono aun’azionepolitica».

Già prima della crisi finanziaria esisteva un altro grave problema, quello dellaprecarietàdellavoro.Comeinfluiscesullasocietàquestamodernaincertezza?

«La ‘flessibilità del mercato del lavoro’ è diventata sia un mantra politico che unarealtà. Specialmente per le generazioni più giovani la flessibilità significa una

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ridistribuzionedeirischi:viadalloStatoedall’economia,everso l’individuo. I lavoridisponibili sono sempre più di breve durata e facilmente terminabili. Perciò‘flessibilità’ significa: forza e coraggio, le tue competenze e la tua conoscenza sonoobsoleteenessunopuòdirticosadeviimparareperchécisiabisognoditeinfuturo!Iocredochedovremmodistingueretraansia(sentimentodiretto,concreto,urgenteepersonale, come la fame e la violenza) e paura (indiretto, astratto, impersonale). Lapolitica della paura, così necessaria per affrontare ad esempio il cambiamentoclimatico,èminatadallepolitiched’ansia,indottedall’aversperimentatol’insicurezzalavorativa».

Possibile che il timorediunacatastrofe futura sia l’unicomodoper far comportare lagente in unmodo più rispettoso dell’ambiente? E quanto ciò accresce le nostre ansiequotidiane?

«Diciamo anche che si sta sviluppando un ‘capitalismo verde’, parti importantidell’economiaglobalechiedonoun’azionepoliticafortecontroilclimatechangeanchecome fonte per nuove opportunità di crescita. Questi non sono neosamaritani cheagisconoperspintaumanitaria.Tuttaviailconsensoglobalesullaprotezionedelclimacreanuovimercati,comesempreaccadequandounrischioglobalevienericonosciutocometale.EiprincipiprecauzionaliabbracciatidagliStatiincoraggianolaproduzionea zero emissioni e tecnologie energetiche efficienti, con chiare ricadute economiche.In questo caso l’anticipazione di una catastrofe futura può insegnare non tanto allagente, ma ai governi e alle aziende ad aprire nuove strade per guadagnare. Haragione,però,quando si chiede se lepersone sianopronte– e finoa chepunto–aunostiledivitapiùambientalista.Èunadomandaancoraaperta».

Torniamoalrischiofinanziario.Comestaminandolafiduciainnoistessi?

«Cercandodiguardaredietrol’angolo,cisonoduescenaridaconsiderare.Nelprimo,il 2009 sarà ‘solo’ l’anno di una grave recessione mondiale, con tutte le sueimplicazioni sociali e politiche, come la radicalizzazione di ineguaglianze socialiall’internoetralenazioni,altilivellididisoccupazione,nuovitipidiscontridiclasseecosì via. Ma il punto centrale di questo scenario soft è che dopo uno o due annil’economiamondiale si stabilizzerà e ilmondo apparirà di nuovo com’era prima. Ilsecondoscenarioèinveceilseguente:nel1989ilmondohasperimentatoilcrollodelcomunismo.Ventiannidopoquellodelcapitalismo.Lafedenelliberomercatoèciòche ha fatto dell’Occidente appunto l’Occidente. Perlomeno in teoria, menointerventodelgovernoc’eraemeglioera:ilmantraècheimercatilasannopiùlungaditutti.Questoritornellogiustificalanostrarepulsioneperilcomunismo,ladistanzafilosoficadal sistemacinese e l’approccio riformistadelle societàmoderne, sia che sitrattidimercatodellavorochediuniversità.Edèquichesicollocalafondamentale

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dissoluzionedell’identitàedellarazionalitàoccidentali:potremomaifidarcidinuovodelmercato?Chi ci salverà dai suoi disastri interni, se non la stessa rovina?Alcunidicono, e lo vorrebbe anche il buon senso: banchieri, esperti,ministri del Tesoro, iprimi responsabili di questo caos! Ma non è come chiedere a Bin Laden diorganizzarelaguerraalterrore?».

L’ultima,manonmeno importante, instabilità riguarda l’affettività.Tantianni fa leiscrisse Il normale caos dell’amore. Possiamo dire che anche le relazioni sentimentalisonovittimedella«Risikogesellschaft»?

«Lepersonesi sposanoperamoreedivorzianoperchénehannoancorabisogno.Lerelazioni sonovissutecomese fossero intercambiabili,nonperchévogliamo liberarcidel peso dell’amore ma perché la legge dell’amore vero lo esige. La quotidianabattaglia tra i sessi,chiassosaomuta,dentroo fuori ilmatrimonio,è forse lamisurapiùvividadellafamediamoreconlaqualeciassaltiamol’unl’altro.‘Paradisoora!’èilgridodiquegliesseriterrenicheilparadisool’infernolotrovanoquiodanessunaaltraparte.Moltihannoprovatochelibertàpiùlibertànonèugualeadamore,mapiùverosimilmente a qualcosa che lominaccia. Detto ciò, no, gli innamorati non sonovittime ma protagonisti, agenti della Risikogesellschaft. Il rischio, la prevedibilecatastrofedell’amore,chivuoleperderseli?».«laRepubblica»,21/12/2008,intervistadiRiccardoStaglianò

AlainTouraineQuandolostranierodiventaunaminaccia«Viviamo in una s92ocietà in cui ci sentiamo spesso minacciati. La

mondializzazione, le catastrofi naturali, la crisi economica, le difficoltà della vitaquotidiana.Abbiamolasensazionedinonriuscirepiùafarfronteaminaccechesonospesso indefinite e imprevedibili. Ci sentiamo senza difese e incapaci di agire, diconseguenza abbiamo paura. Una paura indistinta che trasferiamo sugli altri,soprattuttosuglistranieri».Alain Touraine non ha dubbi: la xenofobia è una reazione che rivela le

contraddizioni di una società sempre più disgregata e incerta. «Attraverso laxenofobia si manifesta la paura di chi, al di là del passaporto, è diverso da noifisicamente,ma anche sul pianodella cultura, della religioneodegli stili di vita. Lecaratteristichedell’altro,però,sonosolounpretestoperpoterproiettaresudiessolenostreangosce».«Rifiutando l’altroapartiredaquestaoquella caratteristica, la xenofobiamette in

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moto una dinamica che giunge perfino a negare l’umanità dell’altro, dichiarandolononumanoinquantointegralmentediversodanoi.Ladisumanizzazionedell’altroèunadelleconseguenzepiùgravidellaxenofobia».

Significacheloxenofoboirrigidisceeassolutizzalanozionedialtrodasé?

«Per loxenofobodiventa impossibilevivere insiemeaglialtri,neiconfrontideiqualiagisce un vero e proprio tabù. Gli altri sono percepiti come essere impuri, la cuipresenza minaccia una comunità idealizzata come pura e quindi da preservare daeventuali contaminazioni. In questo modo nasce lo straniero assoluto, che diventaunaminacciaglobaledacuicisidevedifendere.Condottoalleestremeconseguenze,tale ragionamento produce il razzismo, vale a dire la forma più radicale dellaxenofobia. Naturalmente, chi è xenofobo si muove sempre sul piano generale,stigmatizzandoun’interacomunità,anchesepoi,sulpianopersonale,avràsempreunamico arabo, senegalese o rumeno da esibire per respingere ogni accusa dixenofobia».

Lesembracheoggilaxenofobiasiaincrescita?

«Sì,enaturalmenteciòmipreoccupamolto,perchési trattadiunsegnoinquietanteper la nostra società. Certo, se ci si colloca in una prospettiva storica, dobbiamoriconoscerechelastoriadelmondoèspessostatadominatadalrifiutodeglialtri,deibarbari, dei diversi. In passato, abbiamo avuto situazioni molto più gravi di quelleodierne, come quelle nate dalla tratta degli schiavi e dal colonialismo. Oggi però,dopoun lungoperiodo in cui la xenofobia sembravaprogressivamente arretrare,misembra che si stia tornando indietro. Si ritorna alla barbarie. E la xenofobia è unadellesuemanifestazioni».

Qualisonolecauseditaleevoluzione?

«Viviamo in una società più aperta e mobile, nella quale i contatti tra popolazionidifferenti sono più facili e costantemente in crescita. È una situazione che produceconseguenze contraddittorie. Accanto all’apertura e alla disponibilità, si manifestaanche l’esasperazionedell’inquietudinechealimenta il rifiutodeglialtri.Maquandoun’intera comunità viene osteggiata e respinta, finisce per ripiegarsi su se stessa,sprofondando nel risentimento. Il riflusso comunitario e la xenofobia sonostrettamenteintrecciati.Sialimentanovicendevolmente».

Laxenofobianasceanchedaunacrisid’identità?

«Certamente,ma non è combattendo chi è diverso da noi che si rafforza la nostraidentità. Al contrario, la coscienza della propria identità si accresce nel dialogo conl’altroda sé. Inognicaso, èveroche laxenofobianascequandoun’identità si sente

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fragile di fronte a minacce non immediatamente riconoscibili. Per di più lamondializzazione, oltre a rimettere in discussione la nostra identità, minaccia lanostracapacitàdiagire.Semprepiùspessocisentiamodebolie impotenti. Inalcunesituazioni, comeha sottolineato il sociologoAlainEhrenberg,assistiamoaunveroepropriocrollodell’Io.Alloradiventafacilescaricarelaresponsabilitàditalesituazionesuqualcunaltrocheèriconoscibileattraversoquestaoquellacaratteristicaspecifica.La minaccia imprecisa e sfuggente diventa così immediatamente identificabile equindipiùfaciledarespingere.Èladinamicadelcaproespiatorio».

Difronteaquesteproblematiche,lasinistraèspessoaccusatad’ingenuitàedieccessivacomprensioneperglistranieri.Chenepensa?

«In passato, in nome dei valori dell’Illuminismo, la sinistra ha giustificato lacolonizzazione. Quindi non è vero che essa sia sempre stata dalla parte degli altri.Detto ciò, è vero che oggi la sinistra viene spesso accusata di essere troppoaccondiscendente nei confronti degli immigrati. Personalmente, non lo credo.Semplicemente, cercadi resistere aundiscorsodominante cheutilizza il temadellasicurezzapergiustificareundiscorsoxenofobo.Naturalmente,lasicurezzaèundirittodi tutti che va garantito, specie alle popolazioni più deboli e precarie. Non bisognaperò cadere nella demagogia, rendendo responsabili delle nostre difficoltà interigruppi di popolazioni. Oggi tutte le statistiche ci dicono che la criminalità è operasoprattuttodigiovaninonimmigrati.Laminacciacriminalevienequindidall’internodel paese, non dall’esterno. Non sono gli immigrati che vivono nell’insicurezza aminacciare la nostra sicurezza. Bisogna continuare a ripeterlo e cercare di elaborarepolitiche in grado di tenere insieme accoglienza degli altri e diritto alla sicurezza.Anchesecertociònonèsemprefacile».

Cosasipuòfareconcretamenteperfararretrarelaxenofobia?

«Aldilàdeldiscorsoclassicochetentad’interveniresullecausesocialiedeconomicheche alimentano la paura, mi sembra importante favorire il dibattito e le decisionipolitichealivellolocale.Èimportantechecisiaundialogodirettotraicittadiniegliamministratori politici, perché solo così diventa possibile elaborare politiche efficacichenonsianoxenofobe.Ladiscussioneèinsostituibile,perchéconsentedismontareedecostruireildiscorsodellaxenofobia,mostrandoaicittadinichegliimmigratinonsono unaminaccia. La riflessione e la discussione consentono di evitare le reazioniirrazionali.Solocosìsisfuggeallapaura».«laRepubblica»,20/5/2008,intervistadiFabioGambaro

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Ilpuntodivistadi...

ItesticheseguonosonotrattidalvolumeacuradelCensisedellaFondazioneRoma,Paureglobali,Laterza,Roma-Bari2009.

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FrankFurediLeregoleimpalpabiliperdiffonderepauraCosac’èdi specialenelmodo incuiabbiamopauranelventunesimosecolo?Cosa

c’è di diverso dal modo in cui i nostri genitori e i nostri nonni avevano paura nelpassato?Noiparliamosempredipiùdellapaura,usiamoquesto terminesemprepiùspesso

nei nostri discorsi [...], a tal punto da aver anche adottato un numero di rituali dipaura: è come se trasmettessimo un messaggio, un avvertimento ai nostri amici efamiliari, per spaventarli. Ogni settembre, quando inizio il mio corso all’università,sonoobbligatodalla legge adire aimiei studenti cosa fare in casod’incendio, comeunahostesssuunaereo.Vi sono rituali della paura, che non sappiamo riconoscere, che sono molto più

insidiosidellamanipolazionedellapauraascopipolitici.Adesempio,inInghilterrasiverifica una curiosa situazione televisiva per la quale i programmi che hanno comeoggetto argomenti di paura finiscono normalmente con una voce fuori campo chedice: «Se sei stato disturbato o agitato da questo programma televisivo, chiama ilnumero...».Giustoperricordarti:«Haiavutopaura?Dovrestiaverne».Questi rituali di paura ci ricordano in continuazione di avere paura. Il rituale di

paurapiùridicolodituttisihaall’aeroportoconlaripetizionedellestessedomande:«Quella è la tua valigia? Qualcuno ha toccato la tua valigia?». Queste domandevengonoformulatemilioniemilionidivolte,vengonosprecateoreperfarlo.Ciòcheè interessante è chenessun terrorista èmai stato individuato rivolgendoquesteduedomande.Questisono iritualidipaurachenoiusiamoinmodocodardoeabitualeperdareunsensoalnostrotentativodisconfiggerla.Credosiaimportanterealizzarechelapauraèculturalmentedefinita.Ognisocietà,

ogni cultura, ha un approccio differente verso la paura. Ad esempio, nell’Europamedievale, la paura non era una brutta cosa; molte persone, specialmente diinclinazione religiosa, sostenevano che la paura diDio, ad esempio, fosse una virtùpositiva.Lapaurainsénonhanecessariamenteconnotazioninegative.

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Attraversoiltempo,ognigenerazionehapaurediverse:imieinonnineglianni ’30avevano paura della disoccupazione; i miei genitori, che vivevano negli anni ’50,eranoconsapevolidellapauradellaguerranucleare.Ognigenerazionehadiversitipidipaureeciòchedobbiamocapireècosacaratterizzalanostrapaura.Hoevidenziatosetteregoledellapaurachecredosianoadatteainostritempi.Laregoladipaurapiùinteressanteèchelapaura,perlaprimavoltanell’esperienza

umana,èdiventataunproblema inse stessa. Inaltreparole, lapaurasièdistaccatada qualsiasi oggetto specifico, qualsiasi punto focale tangibile. Parliamo, infatti, diatomizzazionedellapaura.Leforzedell’ordine,inAmericaeinInghilterra,fannounalistadelleloromissioni

eogni forzadipoliziaasseriscediessere lanumerounonella lottaalcrimine.Tuttoquestoha senso: se sei lapolizia, combatti il crimine.Ma il secondo impegnoche lapolizia si è dato è combattere la paura del crimine. Quindi, prima si combatte ilcrimine e poi la paura che si hadi esso.È interessante vedere che in Inghilterra, lapoliziaimpiegapiùuominietempoacombatterelapauradelcrimine,cheilcriminestesso.Èciòchevienechiamato«gestionedell’emozione».Questoindicachelapauradelcriminesièdistaccatadaquellochefannoglistessicriminali.Lastessadinamicasiverificaapropositodelterrorismo.Parliamospessodellapaura

delterrorismocomepotenzialmentemoltopiùoffensivarispettoallarealtà.Altro esempio è l’ipocondria. Vi sonomedicine che servono a curare la paura di

malattiecronicheedottorichenondevonocurareilcancro,malepersonechehannopauradiammalarsidicancro.Viviamo inuna culturadove la paura stessa si è separata e distaccata da qualsiasi

esperienzaumanaspecifica.Ecredochequestosiaunosviluppomoltointeressanteedimportante.Unasecondaregola importantecheriguarda lapauraèche lapauravienesempre

più associata a qualcosa di fluttuante, che può essere collegata a diversi ambiti diesperienze.Lunedì posso tranquillamente alzarmi, lavarmi i denti, fare colazione, dare

un’occhiata al giornale e leggere che si parla d’influenza aviaria. Martedì faccio lestessecose,equandoaproilgiornale,scoprochec’èunproblemaancorapiùgrandedell’aviaria e del terrorismo, che è l’obesità infantile: i bambini in Inghilterramoriranno ancora prima dei loro genitori, e questo fa senz’altro paura. Entromercoledì,verròasaperechelenuovepaurehannoachefarecolcibogeneticamentemodificato.Iltempodiarrivareavenerdìeavròscorsouninterorepertoriodipaure.Ciòchestarealmenteaccadendoècheognisingolapauravaarinforzarequellache

verràdopo.Lapauracontinuacosìafluttuarecomeunfantasmanell’aria.Èevidenteche ciò che abbiamoèun interessantemovimento fluttuante, in cui lapaura si puòattaccare,inunbrevelassoditempo,perfinoadesperienzecontraddittorie.

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La terza interessante regola della paura dice che la paura stessa è diventataun’ideologia,unaprospettiva.Una delle cose di cui mi preoccupo, da persona interessata alla vita pubblica, ai

dibattitiliberiecivili,èilmodoincuiimovimentipoliticisonoarrivati,attraversolospettro psicologico, ad usare la paura come una risorsa culturale da cui possonoattingereconsenso.Dicosempreaimieistudentiche,decinediannifa,ladifferenzatradestraesinistra

era ideologica;eramoltochiaroche ideesostenesse ladestraealtrettantovalevaperlasinistra.Aigiorninostri,lasostanzialedifferenzatraladestraelasinistraintuttoilmondo, è data dal tipo di paura che portano alla nostra attenzione. E se si dàun’occhiata alla strutturadelle politichedella sinistra e a quelladelle politichedelladestrasipotrànotarechesonomoltosimili.Lasoladifferenzastanelfattocheunacidicediaverpauradeicriminaliodegli immigrati,e l’altradi temere ilcambiamentoclimatico,l’ambienteoalcunequestionilegateallasanitàpubblica.Trovo tutto questo abbastanza fastidioso, perché, invece di esserci una crescita

intelligente,parlandodeiproblemiesistentiall’internodellanostrasocietà,discutiamodiqualèlacosadicuidovremmoaverepiùpaura.Sotto molti aspetti, i politici che manipolano la paura a loro piacimento

rappresentano la dimensione meno caratteristica dell’esperienza contemporanea: ipoliticimanipolanolapauradaitempidiMachiavelli,quindinonc’ènientedinuovo.Ciòchevièdinuovoèilmodoincui,inconsapevolmente,lepersonechefannopartedella vita pubblica, hanno interiorizzato la paura. Perciò credo che lo sviluppointeressantechec’ènellavitapoliticaèilmodoattraversocuilapauraèdiventataunaprospettiva in sé, che spinge l’intera classe politica a diventarne in un certo sensodipendente.Laquartaregoladellapauradicechelapauranonèrappresentatacomequalcosadi

tangibile, di chiaro, di specifico o di visibile.Non la puoi annusare, vedere, sentire.Sono invece le minacce ad essere in crescita e ad essere rappresentate comeincalcolabiliesconosciute.DonaldRumsfeld,cuifupostaladomanda:«Dovesitrovanolearmididistruzione

di massa?», rispose: «L’assenza di evidenza non è l’evidenza dell’assenza». In altreparole,soloperchélaminaccianonèquidavantianoi,nonvuoldirechenonsiaunproblema; quello che ci spaventa è quello che non possiamo vedere, e il problemadiventa quindi ancora più grande. Il fatto che non riusciamo a trovare le armi didistruzione di massa sta a significare che il pericolo è di gran lunga più grande diquanto sospettiamo, perché non lo si può vedere. Rumsfeld disse: «Io non sonopreoccupato per le minacce che conosco, né per quelle che non conosco; io sonopreoccupato per quelli che chiamo gli ‘sconosciuti sconosciuti’». Lui è interessato aiproblemiche«nonconoscenonconosce»...

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L’idea diminacce presenti e incalcolabili forma il paradigmadi paura che prevaleall’internodellanostrasocietà.Equandoc’èl’ideadellaincalcolabilitàdelleminacce,alloranonseneconosceneanchelanatura.Adesempio,quasiognisingolaminacciaglobaledicuileggiamoècollegataadunpericoloirreversibile.Cihannodettoche,acausa dei pericoli irreversibili, queste sonominacce che non possiamo prepararci afronteggiare nel momento in cui le vediamo o scopriamo qualcosa di loro, madobbiamofarequalcosaadesso.Questosichiamaapproccioprecauzionalealpericolo.Quindi nel caso dell’Iraq, la tesi fu: non possiamo aspettare che vi sia una pistolafumante,perché seaspettiamoquelmomento,vuoldirechedoposarà troppo tardi.Una paura, essendo così incalcolabile, ci dà il diritto a prevenire queste cose,muovendocisubito:allorasiparladiguerra.Lacosada sottolineare è chenon solo lepersoneche fannopartediunambiente

militareparlanodiquesto.Lareazioneriguardoalcambiamentoclimaticoèlastessa:non possiamo aspettare che il ghiaccio dell’Artico si sciolga, che gli orsi polari siestinguano,dobbiamofarequalcosaadesso.Virtualmente,ognisingoloambitoèinteressato–nonpossiamoaspettarepercolpa

diquesteminacce.Lapaurapreventivadiventa lamonetadiscambiogiornalieradeldialogopubblico.Non parliamo di questo solo in relazione ad argomenti che riguardano ilmondo

intero,maincontriamoancheminacceintimeepersonali.Adesempio,unadellecosechemidàpiùfastidioècheinEuropaadessosidicecheseunbambinosoffre,ohaun’esperienzanegativa,quell’esperienzarovinerà ilbambinoavita.Dobbiamoperciòfare qualcosa, non possiamo aspettare. In Inghilterra, i bambini vengono fasciati inalcunescuoleprimadifarligiocare,enonvengonofattiagitaretroppo,perevitarechesifaccianomale.Quindirimangonoinclasse,invecediandareagiocarefuori.Quello di cui sto parlando è l’incalcolabilità sconosciuta che si collega all’idea di

pericoloirreversibile,conconseguenzechesipossonoripercuoterealungotermine.La quinta regola della paura, quella che io trovo più preoccupante, si basa sulla

coltivazionedellapaura.Nella società occidentale abbiamo completamente trasformato il significato di

persona. Oggi, nella nostra società, la persona è stata definita in un modo tale dapoterla identificare con la paura. Aver paura è una parte essenziale dell’identità diuna persona. E, senza dubbio, vediamo sempre di più la paura come un’identità eun’esperienza.Quellodicuihaipauraidentificachisei,formailtuostiledivita.Lepersonenonriesconopiùadaffrontareleproblematichedituttiigiornicomelo

si faceva nel passato, hanno molta meno forza. In inglese, usiamo la parola«vulnerabile»associataaiproblemidellavitadituttiigiorni.Infatti,lavulnerabilitàèlacaratteristicadeterminantedellapersonachevivenelventunesimosecolo.Noinonsiamo vulnerabili ad uno o due problemi, ma dipende tutto dall’esperienza

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determinante di ognuno. Utilizziamo anche il termine «gruppi vulnerabili», quindinonsiamovulnerabilisolamentecomeindividui,mavisonointerigruppichelosono.Sonoibambini,glianziani,gliimmigrati,ledonne,idisabili,emisembracheun’altrafettasostanzialedellasocietàfacciaanch’essapartediungruppovulnerabile.Lasestaregoladellapaurarisiedenelfattochenellanostrasocietàlapaurapossiede

un intenso carattereprivatizzato, individualizzato. Sta crescendo inun sensoprivatomoltoforteemoltodiversodalpassato.Nelle precedenti esperienze storiche, le persone avevano paura insieme.Avevamo

tutti paura del comunista, della guerra nucleare, della disoccupazione: queste sonopaurecheuniscono,dicuiabbiamofattoesperienzacomeunacomunità.Nellanostrasocietà,lapauraèdiventataprivatizzataealtamenteindividualizzata,e

ilproblemastanelfattochevivereunapauradasoli,inmodoprivatoedindividuale,èun’esperienzamoltopiùdifficiledagestire.Quandoaverepauraèqualcosachesifainisolamento,dasoli,equandolecosedi

cuihaipaurasonodiversedaquelledicuihapaurailtuovicinooaltrepersonechevivono in altre comunità, sicuramente la conseguenza sulla tua vita sarà più chedistruttivaenegativa.Èmoltodifficile,adesempio,esseresolidaliconaltrepersone.Quandosihapaura

diminaccecontraddittorie,laverasolidarietàèmoltodifficiledaottenere.Lasettimaregoladellapauratrattaqualcosadimoltodifficiledagestire.Vorrei sostenere che una delle paure interessanti che abbiamo oggi, che non

ammettiamo, di cui nonparliamomai in pubblico, è la paura di noi stessi.Tutte lepaure di cui stiamo parlando si basano su un potente stato generale dimisantropiacheesisteall’internodellanostrasocietà.Oggi amareggia il fatto che noi non consideriamo più la specie umana

positivamente,comespecialeedunica.Ognivolta incuisiusa laparola«umano»,èsempre più spesso intesa in senso negativo. Parliamo di umani e dell’impatto chehanno sull’ambiente. Pensiamo che la presenza di altre persone sulla terra sia unacosa negativa, perché la specie umana è essenzialmente distruttiva e ha unaconnotazionenegativa.Ero inAustralia alcunimesi fa, e uno deimiei colleghi, anche lui un politico,mi

disse che si dovrebbe introdurre una tassa sull’anidride carbonica prodotta daibambini.Quindi ibambininonsarebberopiùquellemeravigliosecreaturedateneretra le braccia, ma dei piccoli inquinatori che creeranno ancora più disagio perl’ambiente.C’è una visione davvero negativa dell’umanità: non è mai stata così debole e di

scarsa influenza come nella società contemporanea. L’impatto umano vuol diredistruggere l’ambiente, ilpianeta.C’èpoichivuoleche l’impattoumanocontinuiadespandersi,echino.

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Credosiadalprofondochevengonoquestepaure.Qualcosa a cui ho pensatomolto negli ultimi tempi è che il nostro dibattito sulla

pauranonèincentratosullapaurainquantotale,maquellodicuistiamocercandodiparlareèilproblemadelsignificatonellasocietàdelventunesimosecolo.In unmondo dove è sempre più difficile parlare una lingua che parla di giusto e

sbagliato, condividere valori comuni basati su uno spazio morale, crediamo chel’unico modo tramite cui sia possibile per noi dare un qualsiasi tipo di definizionemoralesiaattraversolapaura.Il problema della paura diventa un veicolo attraverso cui diamo significato e

definizioneallavita.Una volta che la paura è diventata il cuore centrale del significato, allora ogni

esperienza umana arriverà ad un’avvertenza cautelativa. E se questo dovessesuccedere, non sarebbe una sorpresa che i nostrimedia diventassero sempre di piùun’istituzionedevota edossessionatadal trasmettere l’idea che ilmondo là fuori siapericoloso.

DavidAltheideComeimediacostruisconoeamplificanolepaureDiscutere di quella che io definisco «propagandadella paura» è unpo’ come fare

un’escursionenelGrandCanyon.Chi ha visitato l’Arizona e ilGrandCanyon sa dicosa parlo: si cammina a lungo e si pensa di fare grandi progressi, ma, allo stessotempo,sipensadiandareall’indietro.Tuttavia,iosonounottimistaesocheallafineseneesce,ancheseesausti.QuellocheèsuccessoconlaguerrainIraqeilterrorismononèdissimiledaquello

cheaccade con il crimine.Vorrei soffermarmi suquella che iodefinisco la «retoricadella paura».Negli anni sono state fattemolte dichiarazioni e la ragione per cui neparlo è perché hanno avuto delle conseguenze su quello che io chiamo il «discorsodellapaura».Quandolatualinguainiziaacambiareeiniziainserirenuovisignificatiasimbolinellatuavisionedelmondo,significacheiltuomondostacambiando.Unimportantesociologo,PeterBerger,nonmoltotempofahadetto:«Lacosapiù

importantechesiimparadiqualcunoèciòchesidàperscontato».Nel2001,GeorgeBushhadettoche«AlQaedastaal terrorecome lamafiastaal

crimine»,unafrasemoltoimportante.Nel2004,all’epocadelleelezioni,ilvice-presidenteDickCheneyhadetto:«Sefate

la scelta sbagliata, il pericolo è che saremo colpiti di nuovo, e saremo colpiti inmanieradevastante».

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EancoraGeorgeBushhadetto:«Elimineremoilmondopericoloso».Ehaaggiunto:«Abbiamo bisogno di un presidente che capisca la lezione dell’11 settembre 2001 eche per proteggere l’America dobbiamo andare all’attacco. Dobbiamo bloccare gliattacchiprimacheavvenganopernonesserecolpitidinuovo.IlnostrouomoèJohnMcCain».Questo tipo di linguaggio è molto importante per capire cosa succede con il

terrorismo.Una definizione molto diffusa di «terrorismo» è «l’atto o la minaccia di violenza

deliberata per generare paura e il conseguente comportamento in una vittima e/opubblicodell’attoodellaminaccia».Laquestioneacui isociologieglistudentidicomunicazionedimassaodicultura

popolaresonosempre interessatièquali siano leconseguenze involontariedialcunedellenostreazioni.Peresempiose il terrorismovuoldiregenerarepaura,èpossibilechelosforzoperfermareilterrorismo,inclusoil linguaggiochepotremmoutilizzare,contribuiscaall’incertezzaeallapauradellavita.Dall’11 settembre 2001, molte cose sono cambiate nella nostra vita quotidiana. I

controlli di routine agli aeroporti ne sono un esempio lampante. Li facciamocontinuamente, anche se ci sono pochissime prove che questi realmente possanofermare le attività terroristiche nel modo in cui vengono praticati. Ciò che invecequesticomportamentifannoèinstillareinchiunquevoli«l’ideacheiltuocorpo,noniltuotelefonocellulare,puòessereperquisitoeispezionatodaaltrialloscopodifartistare al sicuro». In altre parole, è una merce. Questa è la dichiarazione che unagiovane madre con bambino ha fatto alcuni mesi fa, dopo un raiddell’«Immigrazione»inMississippi.L’intensificazione dei raid negli Stati Uniti, soprattutto in Arizona, hanno trovato

fondamentonell’assuntochegliimmigraticlandestinipossonoessereanchepotenzialiterroristi.Significativoquantodichiaratodaunamadrenelcorsodel raid incui600persone sono statemesse in stato di fermo: «Ho pianto tutto il tempo, non sapevocosafare,nonsapevamocosastessesuccedendoperchétuttihannoiniziatoacorrere,alcunipensavanochefosseunabomba,poiabbiamocapitocheeral’‘Immigrazione’».Hostudiato il linguaggiodellapaurapermolto tempo:alcunimidicevanocheera

sufficiente che guardassi la televisione o leggessi i giornali. In un libro che hopubblicato svariati anni fa, Creating Fear: News and the Construction of Crisis, hoanalizzato ilmodo in cui la paura viene utilizzata nelle cronache, nei giornali, nelleriviste, principalmente negli Stati Uniti, ma anche in alcuni Paesi dell’Europaoccidentale e ho riscontrato una cosa alquanto sorprendente: l’utilizzo della parola«paura»ènotevolmenteaumentato.Giàprimadell’11settembre, lapauracomparivasuigiornali,enonsoloneititolio

in prima pagina, ma nelle pagine di finanza, di sport, perfino nelle pagine di

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giardinaggio.Utilizzandolametodologiacheabbiamosviluppato,eladisponibilitàdiunamassicciabase informativa, siamo stati ingradodi individuarequaliproblemi equestioni siano associati alla paura e lo abbiamo fatto per molto tempo. Abbiamoriscontratochelapauranonfadistinzionediargomento.Nellarappresentazionegraficadiunamiaricercadicontentanalysis sul temadella

pauraneimedia,sivedeche,inunafase,lapauraèstrettamenteassociataalcrimine,successivamente paura e crimine si allontanano e compare l’associazione paura edroghe,poipauraedroghesiallontananoecomparepauraeimmigrazione,eperunpo’,soprattuttonegliStatiUniti,sonoassociatepauraeAids.Pauraecrimineèunlegamecheèsemprestatomoltoforte.PauraegangnegliStati

Unitisonostatiassociatia lungoepoièsuccessaunacosastrana:pauraegang sonoscomparsi, ed è comparso il termine gang da solo. Noi pensiamo che sia dovuto alfatto che ormai gang è sinonimo di paura, è un fenomeno che implica la paura. Equestosuccedeancheconilterrorismo.Eccocomesisnodaildiscorsodellapaura.Una comunicazione pervasiva, la consapevolezza simbolica e l’aspettativa che

pericolo e rischio siano una caratteristica centrale della vita quotidiana, si sonoimposti. Come è successo? Quando chiedo ai miei studenti se la loro vita è piùpericolosa o più rischiosa di quella dei loro nonni, lamaggior parte risponde senzaesitazione «sì».La lorovita èpiùpericolosadi quelladei lorononni che vivevano elavoravano nelle fattorie, nelle miniere, nel settore edile, con gli animali, ecc. Lestatistiche sugli incidenti dicono il contrario, ma, in effetti, ciò che conta è lapercezione,elapercezioneècheoggilavitasiamoltopericolosaeminacciosa.Comesispiegatuttoquesto?Lapauraèrealeinmoltepartidelmondoeinmoltedellenostrecomunità.Nonc’è

dubbiochesevivessimonelDarfur, inRuanda, inSierraLeone,comehadettounodeimiei studenti inunadissertazionemoltoprovocatoria apropositodell’incapacitàdelle Nazioni Unite di proteggere i cittadini della Sierra Leone, la paura sarebbeassolutamente reale, non sarebbe solo una percezione,ma in varie parti delmondononsembraesserecosì.Quindiciòcheèsuccessoneglianniècheimassmediaelaculturapopolarehanno

svoltounruoloimportanteperlacrescitadellapaura,enonèsuccessoconunintentomalizioso,mapenso che sia successo semplicemente a causadella ricercadiqualità,perattirarepiùpubblico.Infatti, per circa 30-40 anni, la risposta è stata l’intrattenimento. Poi le cose sono

diventate sempre più sofisticate, il format dell’intrattenimento si è trasformato, orasappiamocheattiriamopiùpubblicoseinsistiamosupaura,surischio;seutilizziamoscenari incui ipericoli, i rischi sonoevocativi; seutilizziamoscenarie immaginiconcui la gente si identifica; se utilizziamo scenari e immagini che sposano bene lanarrativaculturalechegiàtrattadirischioepericolo.

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Manmanochequesto format siè insediatosempredipiù,èaumentato ilnumerodipersonechevolevanocompariretralenotizie; ipoliticisonodiventatibravissimiainquadrare le questioni in modo da suggerire paure e pericolo. Quindi, i loromessaggi sono stati utili allo scopo e ai giornalisti e anche buona parte dellaprogrammazioneèservitaalloscopo.Etuttoquestohaavutoconseguenzetremende.IservizisulcriminehannoavutoconseguenzesorprendentinegliStatiUnitieintuttoilmondo,consideratocomelecolleghiamoalterrorismo.Qualcunosostienechel’ansiaeconomicapotrebbeessereconsideratacomeilnuovo

terrorismo, il terrorismo dei tempi moderni. La cosa mi persuade moltissimo.Concentrarcisulcriminenonsolononcihaportatoaniente,macihafattoconosceretutti i crimini spettacolari e sensazionali che avvengono negli Stati Uniti, crimini eviolenze orribili che, per fortuna, avvengono molto raramente e colpiscono pochepersone, nonché le guerre di droga che hanno portato la gente negli Stati Uniti aperdonareipoliticichepromuovonosforziveramenteduriperarrestarneiltraffico.Neglianni ’80sispingevamoltosul«salvare ibambini»: ibambinie lapaurasono

legati molto strettamente. Forse qualcuno di voi conoscerà Amber alert (unprogrammaper ladiffusionedi informazionisulsequestrodiminori)checonsiste inquesto: negli ultimi anni ogni volta che ci si trova in presenza del sospetto che unbambinosiastatorapito,siainpericoloosisiaperso,intutteleautostradedegliStatiUniti,soprattuttodelloStatodoveèsuccesso,compaionodeisegnaliautostradalichesi chiamano amber alert, dei messaggi che avvertono gli automobilisti a guardarsiintorno.Lacosainteressanteèchemoltesegnalazionisirivelanodeifalsiallarmi.Negli Stati Uniti sono state approvate delle leggi decisamente draconiane sul

crimine, forsequalcunoneha sentitoparlare, come il famoso«three strikes and youare out» (tre infrazioni e sei fuori). Il crimine è talmente dilagante che i criminaliabitudinari devono essere messi in prigione e dopo il terzo reato vengono punitiobbligatoriamenteconl’ergastolo.Questohaavutoeffettidisastrosiemoltifunzionariinizianooraariconsiderarealcunediquestecose.Parlandodipiùdellapaura,soprattuttoallalucediciòcheèsuccessoconlaguerra

inIraq,riconosciamocheèstatomessoingiocoqualcos’altroechelapauraassomigliasottilmente a ciò che potremmo chiamare «politica della paura», che si riferisce allapromozioneeall’utilizzodapartedeidecisoridiciòchepensailpubblicodelpericolo,del rischio e della paura per raggiungere certi scopi. La guerra in Iraq non sarebbeavvenuta nel modo in cui è avvenuta, soprattutto nel nostro Paese, senza che icittadini fosseropreparatiperquestodamoltidecennidi interventi sul crimine.Peresempio, per poter fermare le guerre di droga negli Stati Uniti, i funzionari statalihanno approvato interventimolto duri, alcuni dei quali sono stati definitino knocklegislation(la leggedelnonbussare): significa che se c’èun sospettatoperquestionirelative alladroga ed è sottoosservazioneperpoter evitare che si liberi delle prove,

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nonsidevebussareallaportaeaspettarechedialeprove,masidevesemplicementebuttaregiù laportae fareunraid incasa.Questa leggeè stata invigore finchénonsonostaticommessitroppierroriesonomortidegliinnocentiperchélapoliziaavevasbagliatoindirizzo.Ilrisultatodella«politicadellapaura»èchecertecosediventanoapocoapocopiù

accettabili.NegliStatiUnitisiparlamoltodisorveglianza,dialterazionedellelibertàcivili.Per

la prima volta nella storia, gli Stati Uniti sono implicati in questioni di tortura, inalcune azioni molto negative; l’idea importante della «politica della paura» è chemanterremolagentealsicuroelofaremoconqualsiasimezzonecessario;selagentedavveropensadiessereinpericoloallorasosterràquestotipodiazioni.Tuttoquestoporta ad aumentare la sorveglianza e il controllo sociale, molti ora si consideranovittimepotenziali, inattesadisubireunqualsiasioltraggio.L’architetturadellapaurainiziaamodificarelanostravita,ciblindiamo,lavitapubblicainiziaadeteriorarsi,lagentediventapiùsospettosarispettoaglistranieri.Negli Stati Uniti si è parlato molto negli ultimi 20 anni della promozione tra i

bambini di atteggiamenti stranger-danger (straniero-pericolo): il concetto è che lostraniero non è solo potenzialmente pericoloso, ma è probabile che lo siaeffettivamente, e quindi è bene non parlargli. Siamo anche molto preoccupati se inostri bambini giocano all’aria aperta senza essere controllati. Gli sforzi permonitoraretuttoquesto,percontrollareognitipodiintrusione,sivedono.EseguiamomoltissimitestperladroganegliStatiUniti,quasituttiimieistudentisonosottopostidi routine a test per la droga qualsiasi cosa debbano fare – vincere una borsa distudio,ottenereunpostodilavoro,fareatletica.InalcunidistrettiscolasticinegliStatiUniti i test sulla droga sono obbligatori per gli studenti che vogliono fare attivitàextrascolastiche.Lasorveglianzaèaumentataalpuntochel’Unioneperidiritticiviliamericaniparla

di«complessoindustrialedellasorveglianza»,secondocuic’èmoltointeresseemoltibenefici ne derivano. Esiste il «business della paura»: ci sono molte aziende cheinstallanoallarmicontroilfurto,aumentanoicontrolliperdroga,aumentailnumerodi telecamere che la gente si fa installare senza fare attenzione alle ricerche chedimostrano che le telecamere non hanno molto effetto sulla riduzione dei furti.Tuttavia,comprarequestecosefasentiremegliolagente.Gli Stati Uniti e la Cina hanno intrapreso progetti comuni per lo sviluppo di

tecnologie per la sorveglianza per migliorare la procedura per il riconoscimentofacciale. L’intento è di associare un numero telefonico a un viso, alla posizione intemporealediunadeterminatapersona.Dobbiamo renderci contodella logica dell’intrattenimento, della logica deimedia,

che ha cambiato le nostre istituzioni sociali. Il pubblico ora si aspetta che le cose

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seguano la logica dei media, si aspetta un determinato ritmo, una determinatavelocità.Quindidobbiamoessereconsapevolidicomefunzionalalogicadeimedia,dicomelapaurasvolgaunruoloimportanteinquestimessaggi.Dobbiamo fornire alternative a tutto questo, dobbiamo organizzare conferenze,

simposi,dobbiamofareinmodocheigiornalistiparlinoconiricercatori.ConferenzeescambiconigiornalistinonsonomoltofrequentinegliStatiUniti.Moltideinostrigrandigiornalisti,maanchegliufficistampaaziendali,nonsonointeressatiaciòcheinongiornalistihannodadire.Questo si legamoltobenecon lapoliticadellapaura,dallaqualemolteorganizzazionieStatitraggonovantaggio.Lapaurasiaccumulaecredosiaimportantetenereamenteunacosa:passiamoda

unoscenariodipauraaunaltroespessolapaurasistratifica.MoltedellepercezionisullaguerrainIraqeinMedioOrienterisalgonoaun’ideachecisièfatta30annifa,all’epoca della crisi iraniana degli ostaggi: c’erano immagini del mondo arabostupefacentiemoltecontinuanoagirare.Una società che ha paura è una società pericolosa. Dobbiamo fare attenzione al

linguaggiocheusiamo,dobbiamoenfatizzareilpericoloeilrischio,manonlapaura.Cosìsaràcomela lungapasseggiatanelGrandCanyon:cicosteràfatica,maallafineselavoriamotuttiinsiemeeduramenteneusciremobene.

RobertCastelLapauradiperderelaprotezionedelloStatosocialeUnodeipuntidi vistapiù interessantiper capire la genesidei fenomenidiffusidi

paura sociale è la crisi dello Stato sociale classico, la crisi dello Stato protettore,intendendo con esso la forma di uno Stato sociale che si è sviluppata nei principaliPaesidell’EuropaoccidentalesoprattuttonelperiodochehaseguitolaSecondaguerramondialeecheharaggiuntol’apiceversolametàdeglianni’70.Èall’iniziodegli anni ’70che si è iniziatoaparlaredi crisi, che si èpoidimostrata

ben più di una turbolenza passeggera; e in effetti si trattava del cambiamento delmodellodi capitalismo, l’uscitadal capitalismo industriale e il passaggio aunnuovoregimedicapitalismopiùaggressivochegiocaormai laconcorrenzapiùesacerbataalivello planetario. Questo nuovo modello di capitalismo danneggia gli equilibri e iregolamenticheeranostaticreatiprimaelacuichiavedivoltaeraloStatosociale.Sipuòdunqueparlare,amioavviso,dicrisiattualedelloStatosocialecomerimessa

in discussione di ciò che è stato definito «compromesso sociale» degli anni ’60-’70,vale a dire, di alcuni equilibri tra gli interessi di mercato, giocati in termini dicompetitività,diefficaciadelleimpreseegliinteressidelmondodellavoromisuratiin

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terminidisicurezzaediprotezionedeilavoratori.Questo equilibrio era certamente fragile eunpo’ acrobatico,magarantivadi gran

lunga la protezione alla maggior parte dei cittadini dell’Europa occidentale efondamentalmente aveva permesso di procedere negli anni che hanno seguito laSeconda guerra mondiale di pari passo tra uno sviluppo economico notevole e ilprogresso sociale continuo in termini di diritti sociali, diritti del lavoro.Schematizzando, si può affermare che la crisi di questa forma di Stato sociale puòessereinterpretatacomelaridefinizione,lacontestazionedeiduepilastriprincipalisuiqualipoggiavaloStatosocialeecioè,innanzitutto,ilsuocaratterenazionale.LoStatosociale siè, infatti, costruitonelquadrodegliStati-nazionecomeFrancia,

Germania, Gran Bretagna, Italia e la sua forza partiva dal fatto che questi Stati-nazionedisponevanodiunmarginediautonomiaalquantoimportanteperdefinireefinanziare le proprie politiche economiche e sociali. Evidentemente, nell’eradell’europeizzazione e della globalizzazione la base su cui poggiava la costruzionedelloStatosocialesitrovaadesserequantomenopiùfragileederosa.Insecondoluogo,questoStatosocialesièsviluppatosottol’impulsodellosviluppo

economico e della pressoché piena occupazione che ha seguito la Seconda guerramondiale e supponeva condizioni di lavoro stabili in una situazione salariale solida.Le trasformazioni importanti che hanno riguardato il mercato dell’occupazione sitraducono ora in disoccupazione di massa o precarizzazione delle condizioni dilavoro, cassa integrazione del mondo del lavoro, che lacera profondamente questomodellosocialealqualeeranocollegate leprincipaligaranziedeldirittodel lavoroedellaprevidenzasociale.Come si possono allora combattere le paure? Ebbene, le fonti della paura sono

molteplici;neaffronteròsolounachecredosiamoltospecificaemoltoimportantealcontempo, lapauradiperdere leprotezionidi cui si dispone.Questo sentimentodiinsicurezza è molto diffuso nei Paesi definiti sviluppati, che sono in realtà i Paesiprotettimegliorispettoalmondointero.Aver paura, provare il sentimento di insicurezza non è solo non avere sicurezze,

viverecomeinunagiungla;puòanchedipenderedall’avereprotezionialquantofortichediventanofragiliedallapauradiperderle;puòavereachefareconlasensazionedi credere di averle ritrovate come un tempo, quando si era condannati a viveregiornodopogiornoallamercédell’esistenza.Credo che questo sentimento di insicurezza sociale sia oggi largamente condiviso

neiPaesicherestanoipiùfavoriticomeilnostroedèanche,credo,ciòchegiustificauna riflessione sul ruolo dello Stato sociale. In tali Paesi è lo Stato che è riuscito avincere l’insicurezzasocialeecosì l’indebolimentodiquestoStatosociale sfocianellapaura di ritrovarsi nell’insicurezza e nell’incertezza del domani, che regnavalargamenteprimadellacreazionediquestoStatosociale.

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MaqualisonoleragioniprincipalidellacrisidelloStatosociale?La prima è la perdita di potere degli Stati-nazione. Lo Stato sociale è uno Stato

nazional-sociale.Questaespressione,chenonhachiaramentenienteachevedereconil nazional-socialismo, sottolinea la caratteristica che ha lo Stato sociale di essersisviluppato in un quadro nazionale; più esattamente nel perimetro di alcuni Stati-nazionedell’Europaoccidentalecheavevanounaposizionedominantenell’economiadel mondo. Ciò significa che Paesi come l’Italia e la Francia avevano il potere dicontrollareiprincipaliparametridellorosviluppoeconomicoesocialeedidispiegareallo stesso tempopolitiche sociali ambiziose sullabasediquesto rapportodi forza inun’economiadeicambiineguali.Laglobalizzazionedegliscambielaliberacircolazionedimerciecapitalifainmodo

chequestiStati-nazionenonabbianopiùautonomiasufficienteperattuarelorostessilepropriepoliticheeconomicheesociali.CenesiamobenresicontoinFranciadopol’arrivo al potere del presidente Mitterrand nel 1980, che ha voluto rilanciare unapolitica d’ispirazione kennedyana e degli avanzamenti sociali e poi, ben presto, èarrivatoalfallimento,oalmenoalblocco,ealcambiamentodirottadellapolitica.Maquesto cambiamentodi rotta, appunto, vuol dire che la Franciaha capito che

non poteva essere sola ad assumersi rischi esagerati sul piano della concorrenzainternazionaleagliinizideglianni’80,enonpotevaabbandonarel’Europa.Da allora, è ancora più evidente in un’economia sempre più globalizzata, che il

territorio nazionale non è più il perimetro sufficiente per controllare il flusso degliscambi, il che vuol dire che ci sarebbe bisogno di istanze transnazionali diregolamentazionepernonlasciareilcampoliberoallasemplicedinamicaeconomica.Sul piano europeo sorge la questione di un’Europa sociale e, a livello mondiale,

l’esigenza di istituzioni internazionali dotate di poteri reali per controllareeffettivamente il mercato.Ma allo stesso tempo credo che sia sufficiente enunciarequesteesigenzepervederequantosiamolontanidallameta[...].Citroviamoinunasituazionealquantoproblematica:èverocheloStato-nazioneha

perso importanza e che non rappresenta sicuramente più l’unità di misura persviluppare protezioni sociali efficaci, ma al contempo si può constatare un grandedeficitdiistanzeinternazionalicheavrebberoilpoteredi«addomesticareilmercato»rispettoaunaconcorrenzaimpietosachesisviluppaalivelloplanetario.NeconseguechenonbisognerebbesotterrareloStatonazionaletroppopresto,cioè

primadiaverlosostituitoconqualcos’altro,perchérestalaprincipaleistanzapoliticaeconsentediscegliereedecidereinmateriadipoliticasociale.Siamodunqueingraveimbarazzo perché siamo indotti, da una parte, ad affermare la necessità delsuperamento dello Stato sociale, ma, al tempo stesso, se si pensa che le protezionisociali esistono per combattere contro l’insicurezza sociale, si è portati nellacongiuntura attuale adifenderle, a tentaredi salvare e a rimettere alla prova il loro

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ruolodi tutela, inmancanzadel quale il sentimentodi insicurezza che attanaglia lesocietàrischiadiestendersi.Vorrei aggiungere una seconda ragione che, a mio avviso, può spiegare la crisi

attualedelloStatosociale.In effetti non si constata solo nel perimetro d’intervento, ma anche attraverso la

modalità di funzionamento dello Stato. Lo Stato ha esercitato il ruolo di protettoregarantendo una copertura generalizzata dei rischi che riguardano grandi categorieomogenee della popolazione attraverso il ruolo fondamentale che è stato svolto daigrandiassicuratori,grazieallapresa incaricocollettiva.È lastabilitàdellecondizionidi lavoro ad aver permesso queste forti protezioni sociali in una condizione dioccupazionesolida.Ealloraoggiquestovuoldirechel’efficaciadiquestoStatosocialepassava attraverso questi grandimeccanismi di regolamenti collettivi. La previdenzasociale richiede la gestione di una vasta organizzazione nazionale di aiuto reciprocoobbligatorio.Loscopofinaledaraggiungereèlarealizzazionediunpianochecopralatotalità della popolazione del Paese contro la totalità dei fattori di insicurezza. Èdunque come dire che queste protezioni sociali sono o erano protezioni generali avocazione universale e si capisce che con la disoccupazione di massa e laprecarizzazionedei rapporti di lavorounnumero crescente di cittadini si trovi al difuori delle protezioni generali e, andando più a fondo, si assiste a una de-collettivizzazione profonda dell’organizzazione del lavoro e delle relative protezioni.Gli individui sono sempre più lasciati a loro stessi, staccati dai protettori collettivi;siamo sempre più una società di individui e più omeno tutti si pensano in questitermini, ma ne consegue che da una ventina d’anni lo Stato sociale tradizionale oclassico è stato contestato per il suo funzionamento burocratico, che funzionerebbecome una sorta di distributore automatico delle risorse, che rischia dideresponsabilizzaregliutenti.A questo Stato sociale oggi rimproveriamo di essere incapace di farsi carico della

specificitàdellesituazioniconcrete,dellasingolaritàdelle traiettoriepersonali inunasocietà sempre più mobile. E di fronte a questa esigenza di essere più vicino allenecessitàdeicittadini,loStatosocialesitrovacomesconnesso,esenzapresasuquestasocietàfluida,semprepiùliquida,comeladefinirebbeZygmuntBauman.Edèperquestocheoggic’èunvastoconsensoneiconfrontidiun’altramodalitàdi

funzionamento dello Stato che diventerebbe esso stesso, in un certo qual modo,flessibile, capacedi intervenirepiùdavicinoneiproblemidegli individui,nelle loronecessità,per rinforzare le lorocapacità.UnoStatosocialeattivo,cheabbiapresa suunasocietàmobile.CitroviamodifronteadunasfidaterribilepereffettuareunataleridefinizionedelloStatoedèperquestochelasituazionenonèfacile.Credo che lo Stato sociale classico avesse una costruzione efficace per vincere

l’insicurezzasociale.Eogginonpuòcertofunzionarecomeinpassato;masisaciòche

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silasciaenonsisaciòchesitroverà.Ri-sviluppare questo Stato sociale pone problemi difficili: c’è anche il sospetto e il

rischioperalcunichequestaesigenzadiridispiegamentodelloStatosocialesiapagataconilsuoindebolimentooaddiritturailsuostraniamento.E,soprattutto,chequestoStato sociale rischi anche di essere sopraffatto perché lo Stato-nazione non è più ilperimetro sufficiente a partire dal quale si possono regolare i flussi di scambimondiali.Bisognerebbe farsi carico dell’esistenza di uno Stato sociale efficace, adattato alla

congiunturaattuale,unelementoessenzialepercombattereleinsicurezzeelepaure,di cui una delle fonti principali è proprio l’insicurezza sociale che cresce quando loStato sociale abbandona il suo ruolo protettore. Bisogna arrivare ad un nuovoContrattoSociale,diversodaquellodelcapitalismoindustriale,madavveroforte tragliinteressidimercatoegliinteressideilavoratoriedeicittadini,sottol’egidadiunoStatosocialerinnovato.

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L’insicurezzaincifreACURADELL’OSSERVATORIOEUROPEOSULLASICUREZZA,DEMOS&PI,OSSERVATORIODIPAVIAEFONDAZIONEUNIPOLIS

Igraficie le tabelleriportatiquidi seguitosonotrattidalRapportodell’OsservatorioEuropeosullaSicurezza,realizzatodaDemos&PieOsservatoriodiPaviaperFondazioneUnipolis.IlRapporto,direttodaIlvoDiamanti,conlacollaborazionediPaolaBarretta,FabioBordignon,MartinaDiPierdomenicoeAntonioNizzoli,analizzalapercezionesocialeelarappresentazionemediaticadellasicurezzaneimaggioriPaesieuropei.LaversionecompletadelRapportoèdisponibileescaricabiledalsitowww.fondazioneunipolis.org

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PrioritàedemergenzesecondoicittadiniinEuropaQualisono,secondoLei,idueproblemipiùimportanticheilsuoPaesedeveaffrontareinquestomomento?(valoripercentuali)

Primascelta:percentualedipersonechehannoindicatociascunproblemacomeilpiùimportantedaaffrontare.

Primapiùsecondascelta:percentualedipersonechehannoindicatociascunproblemaalprimooalsecondopostoinordinediimportanza.

Fonte:OsservatorioEuropeosullaSicurezza,sondaggioDemos&Pi-PragmaperFondazioneUnipolis,gennaio2014(n.casi:5000)

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Lagraduatoriadelle«paure»inItalia(percentualidipersonecheaffermanodisentirsi“frequentemente”preoccupatesuciascunaspettoperséeperlapropriafamiglia-Seriestorica)

* dove il dato del 2009 non sia disponibile, il trend è stato calcolato rispetto al primo valore della sequenzatemporale

Fonte:OsservatorioEuropeosullaSicurezza,sondaggioDemos&PiperFondazioneUnipolis,gennaio2014(n.casi:2016)

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Gliindicidell’insicurezzainItalia(valoripercentuali-Seriestorica)

Insicurezzaglobale, percentuale di persone che si sono dette “frequentemente” preoccupate per almeno una fraquestequattroquestioni:a)ambienteenatura;b)sicurezzaalimentare;c)guerre;d)globalizzazione

Insicurezzaeconomica,percentualedipersonechesisonodette“frequentemente”preoccupateperalmenounafraquestequattroquestioni:a)soldipervivere;b)pensione;c)disoccupazione;d)risparmi

Insicurezzapolitica,percentualedipersonechesisonodette“frequentemente”preoccupateper l’instabilitàdellapoliticaitaliana

Insicurezza legata alla criminalità, percentuale di persone che si sono dette “frequentemente” preoccupate peralmenouna fra queste quattro questioni: a) furti in appartamento; b) furto deimezzi di trasporto; c) scippi eborseggi;d)aggressionierapine

Insicurezzaassoluta,percentualedipersonechesidichiaranoinsicuresutredimensioni(Insicurezzaeconomica,InsicurezzaglobaleeInsicurezzalegataallacriminalità)

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LacriminalitàinItaliaSecondoLeic’èmaggioreominorecriminalitàinItaliarispettoa5annifa?(valoripercentuali-Seriestorica)

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LacriminalitànellazonadiresidenzaNellazonaincuivive,secondoLei,c’èmaggioreominorecriminalitàrispettoa5annifa?(valoripercentuali-Seriestorica)

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Gliatteggiamentisull’immigrazioneinItaliaOraleillustreròalcuneopinionisutemimoltoattuali.Mipuòdirequantosisented’accordoconesse?(valoripercentualidiquantisidichiaranomoltoomoltissimod’accordo)

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Leregolesull’immigrazioneSecondoLeiiPaesidell’UnioneEuropeadovrebberoadottareregoleecomportamenticomunirispettoagliimmigrati(dirittisociali,politici,ecc.)oppureogniPaesedovrebbedecidereedagireinmodoautonomo?(valoripercentuali,alnettodeirispondenti)

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FiducianelleistituzioniinItaliaeinEuropaQuantafiduciaprovaneiconfrontidelleseguentiistituzioni?(valoripercentualidicolorochedichiaranomoltissimaomoltafiducia,alnettodellenonrisposte)

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L’andamentodelledisuguaglianzeinItaliaSecondoLei,inItalia,ledifferenzetrachihapocoechihamoltonegliultimidieciannisono...(valoripercentuali-Seriestorica)

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L’impattodellacrisisullefamiglieinItaliaCipuòdiresenellasuafamiglia,nell’ultimoanno,qualcuno...(valoripercentualidiquantirispondono“Sì”-Seriestorica)

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IldeclinodelcetomedioinItaliaSecondoLei,oggi,lasuafamigliaaqualeclassesocialeappartiene?(valoripercentuali-Seriestorica)*

*Nonrisposte:Mag.2006:0,6%;Nov.2008:0,3%;Mag.2011:1,0%;Gen.2014:0,4%

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L’agendadell’insicurezza(Rai1perl’Italia,RTVEL1perlaSpagna,BBCOneperlaGranBretagna,France2perlaFranciaeARD1perlaGermania)(edizionediprimaseratadelleprincipaliretipubblicheeuropee,confronto16dicembre2013-5gennaio2014,inpercentualesulcomplessivodellenotizieansiogene)

Fonte:OsservatorioEuropeosullaSicurezza,rilevazioneOsservatoriodiPaviaperFondazioneUnipolis

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L’agendadeitemidelleprimepaginedeiprincipaliquotidianieuropei(Italia,Francia,Germania,GranBretagnaeSpagna)

Fonte:OsservatorioEuropeosullaSicurezza,rilevazioneOsservatoriodiPaviaperFondazioneUnipolis

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CronistoriadellepaureACURADIANTONELLOGUERRERA

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Unacronologiadellapaurahaunsenso,soprattuttonellasocietàliquidaesfuggentedescritta da Zygmunt Bauman, dove si sommano, anche a causa dimedia e socialnetwork,innumerevolistimolinegativieallostessotempo«spettacolari»che,aldi làdellepaure individualiequotidiane,possonoprovocarepaurecollettive,oggettive,avolteindotteocomunquecicliche,segnandoindelebilmentelavitadiunacomunità,diunanazioneodiintericontinenti.È vero, forse l’Occidente vive l’epoca più sicura della sua storia.Ma questo, oggi,

non è sufficiente a sopire la devastante incertezza, o per lomeno la sua percezioneriflessa,chepermealasocietàcontemporaneaperlecauseelencatedaBauman,dallaprecarietà allo sradicamentodeipuntidi riferimentopassati comeStato e comunità,cherendevanol’uomomenosolodifrontealpresenteealfuturo.Una cronologia completa delle paure dell’uomo sarebbe un’impresa patafisica.

Ciononostante, qui si tenterà di ripercorrere le paure collettive più influenti esignificativedeldopoguerra.Questoancheperrileggerepanicoetimoripassaticonlaluciditàdel «giornodopo».Sono semplici flashback, alcunigenerali emondiali, altripiùspecificielocali(inognimodo,consideratiingranpartedaun’otticaitaliana),peraffrontare,comeEpicurosfidavalapauradeglidèiedellamorte,lenuovefobie.

1969-1980Gliannidipiombo

ComeinGermaniaconlaRoteArmeeFraktion,inItalialacontestazionegiovanileeilSessantottovengonoaffiancatidamovimentiestremisti,attiterroristicieaddiritturatentatividicolpodiStato (come il«golpeBorghese»nel1970), inun’erasegnatadaquella chemolti hannodefinito la «strategiadella tensione». Il timore e l’incertezzanel paese, nella morsa di carneficine, estremismi di destra e di sinistra e servizideviati, è ai massimi livelli. Perché a essere sotto attacco è lo Stato, che vacilla.Ripercorrere qui e in poche righe tutti quei tragici avvenimenti è impossibile. Nericorderemosoloalcuni.Il panico scoppia definitivamente nel 1969. Il 12 dicembre, dopo alcuni atti

terroristici minori, esplodono diverse bombe a Roma e a Milano, dove alle 16:37

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avvienela«stragedipiazzaFontana»:ilbilancioèdi17mortie88feriti.Seguirannoaltrestragi,spessosenzanomenéesecutoriomandanti,che,proprioperquestolorocarattere oscuro, agghiacciante e indefinito, aumenteranno esponenzialmente lepaure collettive di un intero paese: daGioia Tauro (1970) allaQuestura diMilano(1973), da piazza della Loggia e Italicus (1974) alla stazione di Bologna (1980). Ilgiorno dopo quest’ultima carneficina, Eugenio Scalfari su «la Repubblica» firma uneditorialedaltitolo«Undemoniomanovraquestafollia».

Ma la paura dilaga nella popolazione anche per gli omicidi, tra i tanti, di uominisimbolodelloStato,delleistituzioni,delgiornalismoedellapolitica,cheevidenzianola mostruosità del terrorismo e, nel contempo, la fragilità dell’Italia. Il caso piùsconvolgente è il rapimento e l’omicidio, nel 1978, dell’allora presidente dellaDemocraziacristianaAldoMoro,permanodelleBrigateRosse.Lapauralegataalterrorepoliticoritorneràprepotenteduedecennidopo,stavoltaa

livelloglobale.

1981-oggiAIDS

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Dopo la sua scoperta, avvenuta ufficialmente nel 1981, cresce anno dopo anno nelmondola fobiadiquestanuovapatologia,peralcunigià inevitabileepidemia, legataaglieroinomanimasoprattuttoall’attosessuale.Dopo la morte dell’attore americano Rock Hudson nel 1985 e poi del cantante

britannicoFreddieMercury (frontmandeiQueen)nel 1991, ilmondo comincia adaveredavveropaura.Le campagne di sensibilizzazione e scioccanti pubblicità-progresso crescono a

dismisura,perpoi iniziarea scemarenelcorsodeglianni.Ora,comerivelanoalcunistudi, sembra ritornare la tendenza al sesso non protetto, spesso preferito daadolescentieanziani.Edunquelapaura.

1985-2010Lacatastrofeambientale

Aldilàdelcasospecificodelnucleare,letemutissimecatastrofiambientaliavvengonoacausadell’azionedell’uomo,direttao indiretta.Comepermalattieedepidemie, sitrattadipaurecicliche,ma,adifferenzadiquesteultime,unavoltaesploseediffusoilterroredi vivere inunmondocorrotto, opeggio «a tempodeterminato», si tende alegarletraloro,ancheadistanzadimoltotempo.Perché,inquestocaso,ilcolpevole,e cioè l’azione irrispettosa dell’uomo nei confronti della natura, è sotto gli occhi ditutti.

Ilbucodell’ozono,peresempio,èstatounospauracchio inquietantedal1985 finoagli anni Zero, poi sopito nell’immaginario collettivo anche grazie ad alcuni datirassicuranti (secondo lo scienziato britannico Jonathan Shanklin potrebbe«richiudersi» entro il 2080). Oggi, al suo posto, tra le tantemostruosità ambientaligeneratedall’uomo,fascalporel’inquinamentodiPechinoedellaCina,simbolodello

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sfruttamentoinopinatoedistruttivodellerisorsenaturaliedell’equilibrioambientale.Nel 2010, invece, avviene la più grande catastrofe ambientale americana, quella

causatadallapiattaformapetroliferaDeepwaterHorizon(dellaBritishPetroleum)nelGolfo delMessico, travolto da 780milioni di litri di olio nero che hannodevastatol’ecosistemadell’area.

1986Lapauraatomica-Chernobyl

Il26aprile1986èilgiornodeldisastronuclearediChernobyl.Lanotiziaeilpanico,alla stregua delle nubi radioattive sprigionate dalla centrale, si espandono in tuttaEuropa.Èunavvenimentocrucialeche,dopolebombesuHiroshimaeNagasakinel1945, lo spauracchio della guerra nucleare Usa-Urss innescato dal primo vero testatomicodei sovietici nel 1949 e il gravissimo incidentenella centrale diThreeMileIsland (Stati Uniti, 1979), sensibilizza profondamente la popolazione del VecchioContinenteche,perlaprimavoltanellasuastoria,vienetoccatadirettamentedaunacatastrofeatomica.

Dopol’incidente,cosìcomeèaccadutoinGiapponeinseguitoall’ultimatragediadiFukushima (marzo 2011), i movimenti antinucleari crescono vertiginosamente,soprattuttoinItalia.Qui,unannodopoChernobyl,unreferendum(poiribaditonel2011)esprimeilnietdeicittadiniallacostruzionedicentralinucleari.Secondo il filosofoHans Jonas, di fronte all’invenzionenucleare che rende la fine

del mondo molto più razionale, aver paura è diventato un obbligo che ci ricordaquantosiamovulnerabili.

1990-oggi

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LapauradellostranieroLaxenofobia,cioèlapauraneiconfrontidellostraniero,negliultimidecennisegnatidallaglobalizzazione,dallenuovemigrazionidimassa(inparticolaredaAsiaeAfrica,verso l’Occidente) e dalmulticulturalismo, ha assunto nuove forme e ha provocatodiverse reazioni. In Italia, per esempio, in passato ha lasciato il segno la paura neiconfronti degli albanesi, scatenata dall’arrivo dimolti profughi e fuggiaschi dopo ladestabilizzantecadutadelcomunismoel’anarchiadel1997.

L’albanese,perunaparted’Italia,diventacosì ilcaproespiatoriodell’insicurezza.Ec’èchiarrivapersinoadiredi«spararesuibarconi».Il28marzo1997,poi,latragedia:una navemilitare italiana sperona in acque internazionali una carretta stracolma diprofughialbanesiprovocandolamortedioltrecentopersone.Oggi,neimedia,degli«albanesi»sisenteparlaremoltoraramente.Più in generale, comunque, la xenofobia è un sentimento su cui si giocanomolte

campagne elettorali. La legge Bossi-Fini del 2002, per esempio, che criminalizzal’entrata illegalediunextracomunitario sul territorio italiano,è statounodeicavallidi battaglia dei governi Berlusconi. Tuttora in vigore, oggi è duramente criticata dapiùparti,soprattuttodopoleultimetragediedelmareallargodiLampedusa.

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Mac’èchi,ancoraoggi,considera laBossi-Finigiusta, soprattuttoa finipolitici. Inunpostdel10ottobre2013sulsuoblog–dovelapauradellostranieroeragiàstatasubdolamente evocata il 16 maggio dello stesso anno, dopo la strage perpetrata aMilanodaAdamKabobo,ungiovane ghanese conproblemimentali – il leaderdelMovimento5StelleBeppeGrillohascrittocheseilsuopartitosifossepresentatoalleelezioni promettendo l’abolizione del reato di clandestinità, avrebbe ottenuto«percentualidaprefissotelefonico».

1994-2006Unabomber

In Italia, una delle paure collettive più subdole e inquietanti scatenate da un luposolitario,folleeinafferrabileèstataquelladi«Unabomber»,attentatoreserialeattivotra1994e2006chehaterrorizzatosoprattuttoilNord-Est.

Il panico ha coinvolto trasversalmente la popolazione, in quanto Unabomberdisseminava ordigni in luoghi comuni e spesso molto affollati come spiagge esupermercati, colpendo anche bambini. Per lungo tempo, il terrore suscitato da

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Unabomberhacostrettogli italiani aprendereogni formadiprecauzioneanchenelfarelaspesa.

anni2000Rapineeronde

Tra la fine degli anniNovanta e l’inizio del nuovo secolo cresce esponenzialmente,soprattuttonelNordItalia,lapauradellerapine,spessolegateaomicidieincerticasiperpetratedastranieri.Iltuttonell’ambitodelgraveedestabilizzanteproblemadella«sicurezza»inItalia,chenelmondoglobalediventauntemasemprepiùcentrale.LaLegaNorddiUmbertoBossieForzaItaliadiSilvioBerlusconicostruisconoparte

del loroconsensocavalcandoquesta enormepauracollettiva,proponendopunizioniesemplaridaFarWest,incerticasipersinolapenadimorte.Unodegliomicidipiùclamorosidell’epocaèquellodeiconiugiPellicciardi,seviziati

euccisi il 21 agosto2007 inquello che saràpoi rinominato«massacrodiGorgo». Ilcaso, sconvolgente per l’efferatezza degli assassini, scatena un’ondata di rabbia,indignazione, ma anche di paura. Si torna a parlare della «sicurezza fai-da-te», dinormemolto più indulgenti nei confronti di chi spara a un ladro in casa fino allecosiddette «ronde» cittadine, cavallodi battagliadellaLegaNord e extrema ratio diunacomunitàinpredaalpanico.

anni2000IlmurodiIsraele

Se nel 1989 a Berlino crolla un muro che aveva diviso la città, la Germania e ilmondo, la paura degli attentati degli estremisti palestinesi ha fatto sì che Israeleergessenegliultimidecennibarriereo,incerticasi,verieproprimuriaiconfiniconlaCisgiordania(dal2000inpoi)econlastrisciadiGaza(giàapartiredal1994).La decisione è stata molto criticata nel resto del mondo. E se gli attentati,

soprattutto kamikaze, sono calati in Israele, allentando il terrore collettivo, unariconciliazionetraIsraeleePalestinasembrasemprepiùlontana.

2001-oggiLaCina

LaCina,soprattuttonegliultimianni,ha infusouncertotimore inOccidenteper lasuacrescitaeconomicaapparentemente inarrestabile (caso simileall’Indiaeagli altripaesiBrics),unitaaunastrutturaistituzionalepocolimpidaeacondizionilavorativeoggettivamenteinsostenibiliperl’EuropaegliStatiUniti.Inalcunistratidellasocietà,poi, la comunità cinese, tendenzialmente molto riservata, ha suscitato una certa

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diffidenza.

2001L’11settembreelaguerraglobale

L’attaccopiùdevastantedi sempre sul suoloamericanohageneratouno tsunamidipaura collettiva, potenziata da video strazianti circolati sumedia e internet, che hapochiegualinellastoria.L’11settembre2001,ilcrollodelleTorriGemelle,l’attaccoalPentagono e il disastro aereo inPennsylvania, architettati dal terrorismo islamicodial-Qaida,scatenanelmondounsentimentodiinsicurezzapermanente,quasiatavica.Sull’onda della paura, fomentata da altri inquietanti episodi (vedi i susseguenti

attacchi all’antrace), le misure di sicurezza negli aeroporti e in altri luoghi sensibilicrescono a dismisura; i governi approvanomisure di sicurezza rigide e invasive chelimitano la libertà personale e la privacy (su tutti il Patriot Act diGeorgeW. Bushdell’ottobre 2001, che persinoBarackObamaha in granparte rinnovatonel 2011);crescel’islamofobiainOccidente;innomedellasicurezza,vengonolanciatiinterventimilitaricomequelloinIraqnel2003,controilqualemanifestanomilionidipersoneintuttoilmondo.

Nel terrificante Zeitgeist del tempo, il segretario alla Difesa americano DonaldRumsfeld dichiara che «la guerra sarà vinta quando gli americani si sentiranno dinuovo sicuri». «Dopo l’11 settembre il mondo non sarà più lo stesso», dice ilpresidenteBush.

2004-2005LaguerrasantainEuropa

Dopo l’11 settembre 2001 leminacce terroristiche di al-Qaida e Osama bin Laden

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avevano solo sfiorato l’Europa.Nel 2004 e 2005, però, anche ilVecchioContinentediventaloscenariodicruentiattentati,conlebombediMadrideLondra.Lajihaddiventaatuttiglieffettiglobale,cosìcomeglobalidiventanolarestrizione

dellelibertàpersonali,l’aumentodellasorveglianzaelapaura.Lodimostra,nel2013,l’ultimoscandaloNsa,l’agenziadisicurezzaamericanachenegliultimiannihaspiatomilionidicittadininelmondo,aloroinsaputa.

Maèsololapuntadell’iceberg.Aoggi,laGranBretagna,ilpaesediGeorgeOrwell(autore del Grande Fratello di 1984), è uno dei paesi al mondo con la maggioreconcentrazioneditelecameredisicurezza.Alcunirecentistudiparlanoaddiritturadiunatelecameraogniundiciabitanti.

2003-2009Sars-aviaria-influenzasuina

Oltre all’Aids, la paura collettiva cresce di fronte alla comparsa di altre malattie,soprattutto se sviluppatesi in altri paesi, pronte a invadere il «nostro mondo». Tra2003 e 2009 si è avuto un vero e proprio picco di questo genere, con l’arrivo di«nuoveepidemie»qualiSars,aviariaeinfluenzasuina,chehannoscatenatoilpanicoinEuropa,dovesonoricomparsemascherineealtreprotezioniutilizzateinsituazionidi emergenza pestilenziale. Si tratta di paure che vengono sublimate nel tempo,machehannospessocarattereciclico.

2007-2008GlistupriaRoma

LacampagnaperleelezionidelsindacodiRomanel2008èstataunadellepiùteseecontroverse degli ultimi anni. Permolti osservatori, nella sfida tra FrancescoRutelli

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(centrosinistra) e Gianni Alemanno (centrodestra) è decisivo un cruento fatto dicronaca: l’efferato stupro-omicidio diGiovanna Reggiani, 47 anni, nella periferia diTor di Quinto, avvenuto il 30 ottobre 2007, per il quale sarà poi condannato ilromenoRomulusNicolaeMailat.L’episodio innesca terrore, tensioni, rabbia ma anche speculazioni. La campagna

elettorale vira prepotentemente sulla sicurezza, parola d’ordine di Alemanno. Neimesisuccessivi,imediariportanoaltricasidibrutaleviolenzasudonnenellacapitale.Il 28 aprile 2008, sull’onda della paura e dell’indignazione, Alemanno, nonostantefossearrivatosecondoalprimoturno,vieneelettosindacoalballottaggio.

2008IlcrackdiLehmanBrothers

Nella notte tra il 14 e il 15 settembre 2008, dopo ore di trattative drammatiche,Lehman Brothers, sino ad allora una delle più grandi banche di investimento almondo,dichiarafallimento.Èilpanicosuimercati:il15settembre,allaBorsadiNewYork,l’indiceDowJonesperdeoltre500punti.Uncrollosimilesieravistosolodopol’11 settembre. Il fallimento di Lehman innesca un crack devastante nel sistemabancario e finanziario americani, decisamente deregolamentati dall’amministrazionediGeorgeW.Busheprossimialcollassoacausadell’esplosionedellacrisideimutuisubprime (prestitiadalto tassodi rischio)edellaconseguentebolla immobiliarecheha riempito molte banche, tra cui la stessa Lehman Brothers, di moltissimi titoli«tossici». Gli Stati Uniti entrano in una recessione profonda: tra 2008 e 2009scompaiono9milionidipostidilavoro,ilvaloredegliimmobilicrollainmediadel30per cento. La crisi si sposta in Europa e la paura del «contagio» diventa unaagghiaccianterealtà.

2009-oggiGrecia,austerityetroika

«RischiamodifinirecomelaGrecia».LoabbiamosentitospessoinItalianegliultimi

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anni. IldevastantecrackdiAtene, cheha scatenatounenormecontagio finanziarionell’eurozona, è diventato il simbolo del fallimento politico ed economicocontemporaneo. Nei paesi europei, per molti mesi, la paura è stata quella di uncatastroficoeffettodominoche,inprimis,avrebbecoinvoltopaesieconomicamenteefinanziariamente fragili come Italia e Spagna. Le banche contagiate dalla Greciahannotrematoperdiversimesi.La paura di questo scenario, inquietante e per settimane giudicato come

«imminente» in Italia, ha innescato conseguenze non di poco conto: l’avvio di unariforma strutturale dell’eurozona, soprattutto a livello finanziario, monetario ebancario, per non parlare delle riforme, anch’esse strutturali, nei singoli paesi perridurreildebitoescongiurarenuovicasisimili.Iltuttoconditodaunamassicciadosedi dolorosissimi tagli nell’ambito della famigerata austerity, spauracchio criticato damolti,tracuipremiNobeldell’EconomiacomeKrugmaneStiglitz.A tal proposito, dal 2010 un altro spettro si aggira per l’Europa. È la temutissima

«troika»(ossiairappresentantidiBancaCentraleEuropea,UnioneEuropeaeFondoMonetario Internazionale) che impongono durissime misure di austerità ai paesidell’euroingravecrisifinanziaria,comeGrecia,Irlanda,PortogalloeCipro.Latroikaèun’entitàpercertiversiindefinibile,surreale,disumanizzata,atrattialienache,perlasuaspietatezza,incuteterroreneglieuropei.Cosìla«troikofobia»sièestesaintuttaEuropa.

2010-oggiPauradelfuturodisoccupazionegiovanile,Welfare,pensioni

Strettamente legata alla crisi dell’eurozona, c’è ovviamente anche la crescentedisoccupazioneinEuropa,inparticolarmodoquellagiovanile.Un’altragrandepauradiquestiultimiannièinfattiquelladivederebruciataun’interagenerazionediforza-lavoro. Un dramma umano e sociale, con conseguenze catastrofiche per l’interapopolazione.Idatichesisonosusseguitinegliultimidue-treanni,cheparlanodiunadisoccupazione giovanile in Grecia, Spagna e Italia con cifre intorno al 50%, nonhannofattoaltrocheaccrescerequestospauracchioancoravivointuttoilcontinente.Senza contare il fatto che l’Italia è uno dei pochissimi paesi in Europa, insieme allaGrecia, senza sussidi di disoccupazione per tutti. Situazione che genera ancora piùincertezzeepaure.

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Ma un altro fenomeno è vertiginosamente aumentato negli ultimi anni: i giovanichehannoun lavoro spesso lo conservanoperpoco tempoo comunque inmanieramolto instabile, il che influisce sulla loro vita, rendendola insicura e precaria. Siaccumulano studi e sondaggi che dimostrano come gli under 35 in Italia abbianodecisamentepauradelpropriofuturo,soprattuttoa lungotermine.Difficoltàdi farsiuna famiglia, insicurezza di arrivare alla fine delmese, profondo pessimismo per lafuturacoperturaassistenziale.«Nonavròmaiunapensione»,sisentediresemprepiùfrequentementedaigiovani.Unapauracollettivadettatadaunaprofondainsicurezzadibasechespessoliobbligaatornareacasadaigenitori(l’ultimostudioIstatparladi7milionidigiovaniinquestasituazione).La crisi economica e la spinta dei paesi emergenti ancora poco regolati in questo

senso, in primisCina e India, hannomesso in crisi anche il welfare europeo, fioreall’occhiello del continente. Se paesi solidi come la Germania hanno sinoramantenuto i loro capisaldi assistenziali e pubblici (anche grazie a buone riformestrutturali approvate in passato, ad esempio l’«Agenda 2010» dell’ex cancelliereGerhardSchröder),inaltripaesi,comeSpagna,ItaliaesoprattuttoGrecia,lesicurezzeconquistategrazieadannidibattaglie sindacali e sociali sono statedi recentemoltolimitate.Per quanto riguarda il caso italiano, le manovre dei governi hanno sempre più

spesso, generalmente negli ultimi trent’anni ma con un evidente picco negli ultimidieci, tagliato la spesa pubblica a favore dei privati, dalla sanità all’istruzione,dall’assistenza sociale al sistemaprevidenziale.Nel giugno 2012 viene approvata dalgovernoMonti la «riformaFornero» che, al di là dei tagli, è nota per aver creato ilgraveproblemadegli«esodati»,ossia lavoratorichehannopersoil lavoro,difficilidaricollocareeabbandonatialpropriodestinodalloStatofinoalraggiungimentodell’etàpensionabile.Ma anche altri paesi molto più stabili dell’Italia hanno lanciato messaggi poco

confortanti alle proprie popolazioni. I governi di RegnoUnito e Paesi Bassi, infatti,

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hanno dichiarato pubblicamente nel 2013 che il sistema del welfare dovrà essereripensato,omegliotagliato,perchénonpiùsostenibilenelterzomillennio.

2000-oggiLapauradelcancro

Conilnuovomillennioècresciutavertiginosamente lapaura individualeecollettivanei confronti dei tumori, di cui aumentano sempre più il numero dei casi e lamortalità relativa. Nel febbraio 2014 l’Organizzazione Mondiale della Sanità halanciatounveroeproprioallarme«epidemia»:inmenodivent’anniicasipasserannodai 14 milioni del 2012 ai 22 milioni nel 2030 e le attuali 8,2 milioni di vittimeall’anno nei prossimi due decenni diventeranno 13. Conseguentemente, anche acausadellenuovetecnologie,ècambiatoilmododiesorcizzarequestapaura.Il cancro è la patologia che più terrorizza le persone perché, oltre a provocare

lunghesofferenzee,nelpeggioredeicasi, lamorte,èunmale interiore,chenasceecresce all’interno del corpo.Una condizione talmente agghiacciante che, di recente,hanno fatto scalpore personaggi famosi che hanno parlato pubblicamente del lorocalvario mentre alcuni scrittori, come Christopher Hitchens, Iain Banks (mortirispettivamente nel 2011 e nel 2013) e da ultimoHenningMankell, sulla malattiahannoscrittoundiario.Ancheperesorcizzarelapaura.

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