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a coerenza tra bisogni e prodotti è fonte di si- curezza e richiede un’attenta valutazione dei prodotti assicurativi già in portafoglio e di quelli proposti dagli operatori. La relazione tra investi- tore e strumenti assicurativi è spesso basata sulla delega: come non chiediamo al medico di moti- varci i medicinali prescritti, così non discutiamo le soluzioni proposte dal mercato. Ma se del me- dico ci si fida, non si può dire lo stesso dei merca- ti finanziari. Basti ricordare che nelle analisi an- nuali di Consumer Market Scoreboard sulla fidu- cia dei cittadini nei confronti dei servizi di cui frui- scono, assicurazioni vita, investimenti, pensioni e banche non occupano posizioni di rilievo. Ma se la delega non rassicura, ancor meno praticabile è il "fai-da-te", così come essere chirurghi o avvo- cati di se stessi non è per nulla consigliabile. Tra il fidarsi (o l’affidarsi) del tutto e diventare esperti c’è però una terza via: confrontarsi con gli operatori non sulla tecnica di prodotto ma sulla coerenza tra bisogni e soluzioni. A tal fine, proponiamo una lista di controllo in set- te punti, che aiuta i cittadini a capire se i prodotti assicurativi sono coerenti con le loro esigenze in termini di: 1) Tipo di rischio: ad esempio, i rischi con cui un cittadino dovrebbe confrontarsi sono la premorienza, l’invalidità da infortunio e malat- tia, le malattie gravi, la perdita di autosufficienza, le spese sanitarie, la responsabilità civile, il furto e incendio abitazione, la disoccupazione, le spese legali, la longevità e il passaggio generazionale. 2) Tipo di prestazione, che può essere espressa in forma di capitale una tantum o rendita periodica. Il capitale serve a proteggere il patrimonio, la ren- dita a tutelare il reddito. 3) Tempo di inizio, che specifica se la prestazione è immediata o differi- ta. 4) Durata della copertura, cioè il periodo en- tro il quale si è coperti dai rischi. 5) Andamento delle prestazioni, che può rimanere costante o modificarsi durante la vita del prodotto. 6) Tipo di versamento, che può essere periodico o unico. 7) Presenza di strumenti di ripartizione del rischio, franchigie o scoperti, che pongono una quota del danno a carico dell’assicurato. Una riflessione a parte meritano i costi. Se sono differenti dalle medie, è bene approfondirne il mo- tivo, che può derivare da qualche peculiarità del prodotto stesso o dalla qualità del servizio ad es- so abbinato. Se riusciamo a confrontarci con il mercato sulla effettiva coerenza tra bisogni e so- luzioni, questo aumenta la consapevolezza qua- litativa delle coperture che abbiamo, di quelle mancanti o da rivedere. La quantità di protezio- ne, invece, deriva dall’analisi dei bisogni. E ana- lizzare i bisogni per se stessi e per la propria fami- glia è un imperativo categorico per ciascun citta- dino-risparmiatore accorto. © RIPRODUZIONE RISERVATA L risparmio dietro le quinte di Andrea Giacobino Le sette regole d’oro per una buona polizza di assicurazione ANTONIO MARIA MIRA ROMA er venti anni sono state favorite le grandi centrali elet- triche a biomasse, un assistenzialismo con la "droga" degli incentivi. A prescindere dal rapporto con il terri- torio e i suoi prodotti, dalla qualità e dalla provenienza del materiale utilizzato. Così sono sorti, soprattutto al Sud, enor- mi impianti da decine di Mw, in particolare quelli cosiddetti a "biomasse solide", dove cioè si brucia materiale legnoso. Dei veri "mostri" che di ambientale hanno molto poco, visto che per produrre 1 Mw elettrico sono necessarie 15mila ton- nellate di legname. Si inquinerà poco (ma con queste di- mensioni i dubbi sono legittimi) ma sicuramente si dovrà ta- gliare molto bosco, oppure ricorrendo alle importazioni dai Paesi del Terzo Mondo, per le quali si bada poco alla qualità e dove non poche volte si nascondono vere e proprie truffe o disboscamenti illegali. Ma ora si cambia, sia sotto la pressione di una maggiore e vera attenzione all’ambiente, sia su iniziativa della Ue che negli incentivi, molto diversi da Paese a Paese, vede aiuti di Stato mascherati. Restano però, e anzi vengono rilanciate, eredità di un passato sbagliato che potrebbero nuovamen- te penalizzare le produzione virtuose, efficienti e veramen- te "amiche" dell’ambiente. Come quelle raccolte dall’Aiel Cia, l’Associazione italiana energie agroforestali che punta sugli impianti di piccola taglia e, come spiega il direttore ge- nerale Marino Berton, «su un sistema legato alla gestione forestale sostenibile». La storia comincia alla fine degli anni ’90 con gli incentivi Cip6 per le energie rinnovabili dei quali hanno goduto soprattutto i grandi impianti elettrici. Si è poi passati ai "certificati verdi", sempre incentivi e sempre a favore soprattutto dei "grandi". Il passo successivo sono le nuove tariffe incentivanti, questa volta destinate solo a impianti medi, al di sotto dei 5 Mw. In- centivi comunque "ricchi" visto che il Gse (il gestore elettri- co) arriva a pagare i produttori anche il doppio. E non si trat- ta di pochi soldi, visto che questi incentivi vengono poi paga- ti dalle bollette di tutti, per un totale di 5,8 miliardi l’anno. E si arriva al prossimo decreto del Ministero dello Sviluppo e- P conomico (girano alcune bozze) che dovrebbe cambiare tut- to o quasi. Si privilegiano, infatti, gli impianti al di sotto dei 300 Kw e che utilizzano sottoprodotti agricoli o forestali, rispetto a quelli che funzionano con prodotti "dedicati", come nel ca- so del mais per quelli a fermentazione. «È un passo avanti – sottolinea Berton – perché valorizza le imprese agricole e pro- muove una gestione forestale sostenibile». Ma c’è un passato che resiste. Infatti le vecchie centrali con- tinuano a funzionare con le nuove norme e, addirittura, quel- le obsolete potranno operare il revamping, una sorta di ri- strutturazione ma sempre restando di taglia grande. Come per quello nella valle del Mercure (vedi altro articolo) che Ber- ton definisce «un’assurdità». Infine c’è la vicenda degli ex zuccherifici, una quindicina, che vogliono riconvertirsi in centrali a biomasse. «Nel decreto – denuncia Berton – c’è per loro una sorta di riserva indiana, con condizioni molto più favorevoli». Da un lato si prevedono so- lo per questi nuovi 120,5 Mw elettrici, mentre il resto delle biomasse si deve accontentare di 90. Inoltre l’energia prodotta sarà pagata 280 euro a Mwh contro 246 di quella derivata da sottoprodotti. Una bella differenza. Ma ora finalmente si muove l’Europa con un documento di indirizzo, delle vere linee guida, per mettere ordine in un pa- norama comunitario nel quale ogni Paese fa sostanzialmen- te come vuole, nascondendo aiuti di Stato dietro agli incen- tivi. Ora la Ue dice che ogni Paese può continuare a scegliere la forma di incentivi che vuole, ma questi non possono supe- rare il 60-70% degli investimenti per l’impianto (attualmente si supera abbondantemente). Questo vale per tutte le energie rinnovabili, ma proprio per le biomasse c’è una deroga per gli impianti al di sotto dei 500 Kw elettrici, perché sono legati al territorio e oltretutto costano di più. «Si esce finalmente dalla logica dell’assistenzialismo degli in- centivi spot – commenta Berton –. È una sfida, ma ce la pos- siamo fare. Però abbiamo bisogno di un migliore accesso al credito. Chiediamo al governo un fondo di garanzia per i pic- coli produttori, per sostenere gli investimenti, favorendo co- sì le tecnologie più efficienti e l’utilizzo di biomasse veramente certificate». © RIPRODUZIONE RISERVATA SAIPEM Nuovi contratti per 600 milioni di euro Saipem, la società di infrastrutture per l’ener- gia del gruppo Eni, si è aggiudicata nuovi con- tratti di ingegneria e costruzione offshore per un valore totale superiore ai 600 milioni di euro. U- no dei contratti più significativi è stato asse- gnato da Saudi Aramco, con attività di installa- zione a mare che saranno eseguite al largo del- le coste dell’Arabia Saudita. L’altro riguarda un contratto assegnato da Eni per il progetto East Hub Development nell’offshore di Luanda in An- gola. VOLKSWAGEN Il dieselgate manda in rosso i conti 2015 Secondo indiscrezioni partite da Wolfsburg, lo scandalo dieselgate manderà in rosso i conti del marchio Volkswagen per il 2015. I 6,5 mi- liardi di euro accantonati serviranno per la mag- gior parte per coprire costi di manutenzione e commerciali relativi al caso emissioni, ma non compenseranno le perdite sulle mancate ven- dite di questi mesi. Nella prima parte dell’anno il marchio Volkswagen aveva portato 1,43 mi- liardi di utili all’intero gruppo. INPS Un milione di lavoratori pagati in voucher Il numero dei lavoratori retribuiti con i buoni la- voro, i cosiddetti voucher, nel 2014 ha supera- to il milione (1.016.703). Lo comunica l’Inps spie- gando che sono 212,1 milioni i buoni lavoro ven- duti nel primo semestre 2015. Dallo studio e- merge che la vendita dei voucher è progressi- vamente aumentata nel tempo, registrando un tasso medio di crescita del 70% dal 2012 al 2014 e del 75% nel primo semestre del 2015 rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente. CATTOLICA ASSICURAZIONI Multa da 2 milioni di euro dall’Antitrust L’Antitrust ha multato Cattolica Assicurazioni con una sanzione di 2 milioni di euro per «pra- tiche commerciali scorrette, in quanto aggres- sive». Il Garante ha spiegato che la compagnia assicurativa determinava nei consumatori me- di «un indebito condizionamento» attraverso l’i- noltro di atti di citazione che generavano il con- vincimento che fosse preferibile pagare un im- porto richiesto anziché esporsi a un contenzio- so giudiziario. La storia/1 La strana idea della centrale dentro il Parco del Pollino La storia/2 In Calabria la Fattoria ideale tra formaggi doc e biogas ROMA na centrale elettrica in un Parco na- zionale? Sembrerebbe assurdo. An- cor di più se il Parco è uno dei più im- portanti d’Italia, se nell’area ci sono alcuni piccoli e bellissimi paesi. Assurdo anche se la centrale sarà a biomasse, perché grande, trop- po grande. Accade nella valle del Mercure, dal nome del fiume che la attraversa, nel Parco na- zionale del Pollino. Qui, nel comune di Laino Borgo, al confine tra Lucania e Calabria, ne- gli anni ’70 l’Enel costruisce una centrale a lignite, il car- bone di più bassa qualità e fortemente inquinante. Due blocchi da 75 Mw, un vero "mostro" tra i boschi. Ma al- lora non c’era ancora il Parco, istituito solo nel 1991. E l’at- tenzione all’ambiente era molto bassa. Si va avanti co- sì fino alla fine degli anni ’80 quando l’Enel chiede la ri- conversione dell’impianto a biomasse solide, cioé a com- bustione di materiale legnoso, riducendo la potenza a 35 Mw, comunque molto grande per centrali di questo tipo. L’Enel ci punta molto. Di lì passano linee elettrica ad alta tensione e ci sono altre centrali idroelettriche, inoltre la presenza del fiume è molto preziosa. Insom- ma per l’azienda elettrica il luogo è ideale. Le prima autorizzazioni arrivano quando or- mai il Parco è nato. E quindi la centrale si tro- verebbe nel cuore del territorio protetto. L’i- ter autorizzativo è comunque lungo e com- plesso anche perché la gente comincia a pro- testare, dopo essersi informata. Nasce il Fo- rum per la tutela dell’ambiente e della lega- lità Stefano Gioia, che prende il nome da una medaglia d’oro al valore civile. E l’associazio- ne "ambiente e legalità" non è casuale, visti i grandi interessi della criminalità organizzata sulle biomasse, in particolare in Calabria, co- me denunciato dalla Procura nazionale anti- mafia (nostro articolo pubblicato il 3 ottobre scorso). La gente non crede più alla promes- sa di posti di lavoro che, comunque saranno molto pochi, e teme soprattutto per la salute e l’ambiente. Anche perché le grandi dimen- sioni della centrale richiederanno molto ma- teriale da bruciare, almeno 100 tonnellate al giorno. Dove approvvigionarsi? Lo si dovreb- be fare in un raggio di 120 chilometri, ma vorrebbe dire in aree protette. Sarà legno importato? Da dove? In che modo, visto che la località è difficile da rag- giungere? Questi ed altri dubbi non fermano però l’iter mentre nel 1997 la vecchia centra- le chiude. Due anni fa arri- va l’autorizzazione in una Conferenza di servizi ge- stita da un dirigente regio- nale che era lì illegittimamente. Parte così il ricorso al Tar che blocca tutto, una decisione confermata poi anche dal Consiglio di Stato. Per superare l’opposizione deve intervenire il governo. Così l’11 giugno il Consiglio dei mi- nistri dà il via libera, subordinato al rigido ri- spetto delle prescrizioni dell’Aia ma anche al- la deroga che le due regioni devono votare ri- spetto al Piano del Parco che vincolava la cen- trale ad appena 2 Mw. Un Piano approvato dai 52 comuni, dalle due province e dalle due regioni che costituiscono la comunità del Par- co. Fino ad ora né Calabria né Lucania han- no votato la deroga e tutto rimane fermo. Antonio Maria Mira © RIPRODUZIONE RISERVATA U Enel vuole riconvertire un vecchio impianto a lignite chiuso nel ’97 Il governo ha dato un via libera condizionato Le comunità locali si oppongono ROMA ormaggi di altissima qualità, ma an- che energia pulita da biomasse, pro- dotta con gli scarti dell’agricoltura, in un territorio ad alto rischio legalità. Valo- rizzazione dei prodotti tipici, difesa del- l’ambiente, cooperazione e servizio per gli altri produttori agricoli. E ancora attività di- dattica. È la "Fattoria della Piana" di Can- didoni in provincia di Reggio Calabria, al confine col Vibonese, terra di potentissimi clan della ’ndrangheta. Nata nel 1936, si è trasfor- mata negli ultimi anni in una modernissima azien- da fortemente legata al territorio e alla sua tradi- zione, grazie soprattutto all’impegno e alla fantasia del direttore, Carmelo Ba- sile. Un vero simbolo di qualità e impegno, al pun- to da rappresentare la "buona Calabria" nel Pa- lazzo Italia dell’Expo. Cooperativa di allevatori, la più grande fat- toria della provincia, produce formaggi del- la tradizione calabrese col latte delle pro- prie mucche (900 capi in stalle modernis- sime con "massaggiatori" automatici e pan- nelli fotovoltaici), e di pecore e capre di pa- stori dell’Aspromonte, del Monte Poro e del- la Sila crotonese. Qualità dei prodotti e gran- de attenzione all’ambiente. La Fattoria è, infatti, energicamente autonoma e total- mente ecosostenibile. Questo grazie all’im- pianto di biogas e alla centrale agroenerge- tica da 998 kw, la più grande del centro-sud. Il letame, i liquami, il siero, gli scarti agrico- li, propri e di altre aziende, vengono tra- sformati in gas poi bruciato producendo e- nergia elettrica e termica. L’energia così pro- dotta equivale a quella necessaria ad illu- minare 1.700 abitazioni e a riscaldarne 700. Il 30% dell’energia elettrica viene usata di- rettamente in azienda, così totalmente au- tonoma, mentre il 70% finisce nella rete na- zionale. L’energia termica viene invece usata per riscaldare i fermentatori nonché per produrre acqua calda a 75° per il caseificio, il ristorante agrituristico e gli uffici. Energia pulita, doppiamente attenta al- l’ambiente. Il biogas (metano) che viene bruciato nel grande gene- ratore è, infatti, il frutto del- la fermentazione giornalie- ra di 30 tonnellate di liqua- mi e letame zootecnico, 20 tonnellate di siero di latte, 2 tonnellate di silomais, 35 tonnellate di pastazzo di a- grumi e ancora resti di pro- duzioni di olio e ortaggi. Un vantaggio per la fattoria e per altri produttori agrico- li. La centrale è infatti capa- ce di valorizzare la biomas- sa presente nel letame di 20mila capi ovi- coli, nel letame e nel siero di latte di mille bovini, nel siero di latte di 20mila ovini, nel pastazzo proveniente dalla lavorazione de- gli agrumi di 700 ettari, nella sansa prove- niente dalla lavorazione del prodotto di mil- le ettari di uliveto, negli scarti di verdure, or- taggi, frutteti e vinacce esauste. Un vero ecosistema autosufficiente. Anche perché i resti della trasformazione in biogas diventano ottimo concime biologico per la produzione di foraggi. Un vero "laboratorio all’aperto" che ospita scuole e gruppi che vi possono svolgere tante attività didattiche. (A. M. M.) © RIPRODUZIONE RISERVATA F Nata nel 1936 è ora un moderno modello ecosostenibile in un territorio dominato dalla ’ndrangheta. Virtuosa e autosufficiente, vende l’energia prodotta Il caso Sta per finire l’epoca dell’assistenzialismo per le grandi centrali elettriche alimentate con materiale non sempre «eco». Barton dell’Aiel Cia: «Ora arrivi dal governo un fondo di garanzia per gli impianti virtuosi» 20 Sabato 10 Ottobre 2015 ECONOMIA&LAVORO Biomasse, stretta Ue sugli incentivi Gli aiuti alle rinnovabili non potranno superare il 60-70% del costo degli impianti

Biomasse, stretta Ue sugli incentivi · sugli impianti di piccola taglia e, come spiega il direttore ge-nerale Marino Berton, «su un sistema legato alla gestione forestale sostenibile»

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  • a coerenza tra bisogni e prodotti è fonte di si-curezza e richiede un’attenta valutazione dei

    prodotti assicurativi già in portafoglio e di quelliproposti dagli operatori. La relazione tra investi-tore e strumenti assicurativi è spesso basata sulladelega: come non chiediamo al medico di moti-varci i medicinali prescritti, così non discutiamole soluzioni proposte dal mercato. Ma se del me-dico ci si fida, non si può dire lo stesso dei merca-ti finanziari. Basti ricordare che nelle analisi an-

    nuali di Consumer Market Scoreboard sulla fidu-cia dei cittadini nei confronti dei servizi di cui frui-scono, assicurazioni vita, investimenti, pensioni ebanche non occupano posizioni di rilievo. Ma sela delega non rassicura, ancor meno praticabile èil "fai-da-te", così come essere chirurghi o avvo-cati di se stessi non è per nulla consigliabile. Tra ilfidarsi (o l’affidarsi) del tutto e diventare esperti c’èperò una terza via: confrontarsi con gli operatorinon sulla tecnica di prodotto ma sulla coerenza trabisogni e soluzioni. A tal fine, proponiamo una lista di controllo in set-

    te punti, che aiuta i cittadini a capire se i prodottiassicurativi sono coerenti con le loro esigenze intermini di: 1) Tipo di rischio: ad esempio, i rischicon cui un cittadino dovrebbe confrontarsi sonola premorienza, l’invalidità da infortunio e malat-tia, le malattie gravi, la perdita di autosufficienza,le spese sanitarie, la responsabilità civile, il furto eincendio abitazione, la disoccupazione, le speselegali, la longevità e il passaggio generazionale. 2)Tipo di prestazione, che può essere espressa informa di capitale una tantum o rendita periodica.Il capitale serve a proteggere il patrimonio, la ren-

    dita a tutelare il reddito. 3) Tempo di inizio, chespecifica se la prestazione è immediata o differi-ta. 4) Durata della copertura, cioè il periodo en-tro il quale si è coperti dai rischi. 5) Andamentodelle prestazioni, che può rimanere costante omodificarsi durante la vita del prodotto. 6) Tipodi versamento, che può essere periodico o unico.7) Presenza di strumenti di ripartizione del rischio,franchigie o scoperti, che pongono una quota deldanno a carico dell’assicurato.Una riflessione a parte meritano i costi. Se sonodifferenti dalle medie, è bene approfondirne il mo-

    tivo, che può derivare da qualche peculiarità delprodotto stesso o dalla qualità del servizio ad es-so abbinato. Se riusciamo a confrontarci con ilmercato sulla effettiva coerenza tra bisogni e so-luzioni, questo aumenta la consapevolezza qua-litativa delle coperture che abbiamo, di quellemancanti o da rivedere. La quantità di protezio-ne, invece, deriva dall’analisi dei bisogni. E ana-lizzare i bisogni per se stessi e per la propria fami-glia è un imperativo categorico per ciascun citta-dino-risparmiatore accorto.

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

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    risparmiodietro le quinte

    di Andrea Giacobino

    Le sette regole d’oro per una buona polizza di assicurazione

    ANTONIO MARIA MIRAROMA

    er venti anni sono state favorite le grandi centrali elet-triche a biomasse, un assistenzialismo con la "droga"degli incentivi. A prescindere dal rapporto con il terri-

    torio e i suoi prodotti, dalla qualità e dalla provenienza delmateriale utilizzato. Così sono sorti, soprattutto al Sud, enor-mi impianti da decine di Mw, in particolare quelli cosiddettia "biomasse solide", dove cioè si brucia materiale legnoso.Dei veri "mostri" che di ambientale hanno molto poco, vistoche per produrre 1 Mw elettrico sono necessarie 15mila ton-nellate di legname. Si inquinerà poco (ma con queste di-mensioni i dubbi sono legittimi) ma sicuramente si dovrà ta-gliare molto bosco, oppure ricorrendo alle importazioni daiPaesi del Terzo Mondo, per le quali si bada poco alla qualità edove non poche volte si nascondono vere e proprie truffe odisboscamenti illegali. Ma ora si cambia, sia sotto la pressione di una maggiore evera attenzione all’ambiente, sia su iniziativa della Ue chenegli incentivi, molto diversi da Paese a Paese, vede aiuti diStato mascherati. Restano però, e anzi vengono rilanciate,eredità di un passato sbagliato che potrebbero nuovamen-te penalizzare le produzione virtuose, efficienti e veramen-te "amiche" dell’ambiente. Come quelle raccolte dall’AielCia, l’Associazione italiana energie agroforestali che puntasugli impianti di piccola taglia e, come spiega il direttore ge-nerale Marino Berton, «su un sistema legato alla gestioneforestale sostenibile».La storia comincia alla fine degli anni ’90 con gli incentivi Cip6per le energie rinnovabili dei quali hanno goduto soprattuttoi grandi impianti elettrici. Si è poi passati ai "certificati verdi",sempre incentivi e sempre a favore soprattutto dei "grandi".Il passo successivo sono le nuove tariffe incentivanti, questavolta destinate solo a impianti medi, al di sotto dei 5 Mw. In-centivi comunque "ricchi" visto che il Gse (il gestore elettri-co) arriva a pagare i produttori anche il doppio. E non si trat-ta di pochi soldi, visto che questi incentivi vengono poi paga-ti dalle bollette di tutti, per un totale di 5,8 miliardi l’anno.E si arriva al prossimo decreto del Ministero dello Sviluppo e-

    Pconomico (girano alcune bozze) che dovrebbe cambiare tut-to o quasi. Si privilegiano, infatti, gli impianti al di sotto dei 300Kw e che utilizzano sottoprodotti agricoli o forestali, rispettoa quelli che funzionano con prodotti "dedicati", come nel ca-so del mais per quelli a fermentazione. «È un passo avanti –sottolinea Berton – perché valorizza le imprese agricole e pro-muove una gestione forestale sostenibile». Ma c’è un passato che resiste. Infatti le vecchie centrali con-tinuano a funzionare con le nuove norme e, addirittura, quel-le obsolete potranno operare il revamping, una sorta di ri-strutturazione ma sempre restando di taglia grande. Comeper quello nella valle del Mercure (vedi altro articolo) che Ber-

    ton definisce «un’assurdità».Infine c’è la vicenda degli ex zuccherifici, una quindicina, chevogliono riconvertirsi in centrali a biomasse. «Nel decreto –denuncia Berton – c’è per loro una sorta di riserva indiana, concondizioni molto più favorevoli». Da un lato si prevedono so-lo per questi nuovi 120,5 Mw elettrici, mentre il resto dellebiomasse si deve accontentare di 90. Inoltre l’energia prodottasarà pagata 280 euro a Mwh contro 246 di quella derivata dasottoprodotti. Una bella differenza.Ma ora finalmente si muove l’Europa con un documento diindirizzo, delle vere linee guida, per mettere ordine in un pa-norama comunitario nel quale ogni Paese fa sostanzialmen-te come vuole, nascondendo aiuti di Stato dietro agli incen-tivi. Ora la Ue dice che ogni Paese può continuare a sceglierela forma di incentivi che vuole, ma questi non possono supe-rare il 60-70% degli investimenti per l’impianto (attualmentesi supera abbondantemente). Questo vale per tutte le energierinnovabili, ma proprio per le biomasse c’è una deroga per gliimpianti al di sotto dei 500 Kw elettrici, perché sono legati alterritorio e oltretutto costano di più. «Si esce finalmente dalla logica dell’assistenzialismo degli in-centivi spot – commenta Berton –. È una sfida, ma ce la pos-siamo fare. Però abbiamo bisogno di un migliore accesso alcredito. Chiediamo al governo un fondo di garanzia per i pic-coli produttori, per sostenere gli investimenti, favorendo co-sì le tecnologie più efficienti e l’utilizzo di biomasse veramentecertificate».

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

    SAIPEMNuovi contratti per 600 milioni di euro

    Saipem, la società di infrastrutture per l’ener-gia del gruppo Eni, si è aggiudicata nuovi con-tratti di ingegneria e costruzione offshore per unvalore totale superiore ai 600 milioni di euro. U-no dei contratti più significativi è stato asse-gnato da Saudi Aramco, con attività di installa-zione a mare che saranno eseguite al largo del-le coste dell’Arabia Saudita. L’altro riguarda uncontratto assegnato da Eni per il progetto EastHub Development nell’offshore di Luanda in An-gola.

    VOLKSWAGENIl dieselgate manda in rosso i conti 2015

    Secondo indiscrezioni partite da Wolfsburg, loscandalo dieselgate manderà in rosso i contidel marchio Volkswagen per il 2015. I 6,5 mi-liardi di euro accantonati serviranno per la mag-gior parte per coprire costi di manutenzione ecommerciali relativi al caso emissioni, ma noncompenseranno le perdite sulle mancate ven-dite di questi mesi. Nella prima parte dell’annoil marchio Volkswagen aveva portato 1,43 mi-liardi di utili all’intero gruppo.

    INPSUn milione di lavoratori pagati in voucher

    Il numero dei lavoratori retribuiti con i buoni la-voro, i cosiddetti voucher, nel 2014 ha supera-to il milione (1.016.703). Lo comunica l’Inps spie-gando che sono 212,1 milioni i buoni lavoro ven-duti nel primo semestre 2015. Dallo studio e-merge che la vendita dei voucher è progressi-vamente aumentata nel tempo, registrando untasso medio di crescita del 70% dal 2012 al 2014e del 75% nel primo semestre del 2015 rispettoall’analogo periodo dell’anno precedente.

    CATTOLICA ASSICURAZIONIMulta da 2 milioni di euro dall’Antitrust

    L’Antitrust ha multato Cattolica Assicurazionicon una sanzione di 2 milioni di euro per «pra-tiche commerciali scorrette, in quanto aggres-sive». Il Garante ha spiegato che la compagniaassicurativa determinava nei consumatori me-di «un indebito condizionamento» attraverso l’i-noltro di atti di citazione che generavano il con-vincimento che fosse preferibile pagare un im-porto richiesto anziché esporsi a un contenzio-so giudiziario.

    La storia/1

    La strana idea della centraledentro il Parco del Pollino

    La storia/2

    In Calabria la Fattoria idealetra formaggi doc e biogas

    ROMA

    na centrale elettrica in un Parco na-zionale? Sembrerebbe assurdo. An-cor di più se il Parco è uno dei più im-

    portanti d’Italia, se nell’area ci sono alcunipiccoli e bellissimi paesi. Assurdo anche se lacentrale sarà a biomasse, perché grande, trop-po grande. Accade nella valle del Mercure, dalnome del fiume che la attraversa, nel Parco na-zionale del Pollino. Qui, nel comune di LainoBorgo, al confine tra Lucania e Calabria, ne-gli anni ’70 l’Enel costruisceuna centrale a lignite, il car-bone di più bassa qualità efortemente inquinante. Dueblocchi da 75 Mw, un vero"mostro" tra i boschi. Ma al-lora non c’era ancora il Parco,istituito solo nel 1991. E l’at-tenzione all’ambiente eramolto bassa. Si va avanti co-sì fino alla fine degli anni ’80quando l’Enel chiede la ri-conversione dell’impianto abiomasse solide, cioé a com-bustione di materiale legnoso, riducendo lapotenza a 35 Mw, comunque molto grande percentrali di questo tipo. L’Enel ci punta molto.Di lì passano linee elettrica ad alta tensione eci sono altre centrali idroelettriche, inoltre lapresenza del fiume è molto preziosa. Insom-ma per l’azienda elettrica il luogo è ideale.Le prima autorizzazioni arrivano quando or-mai il Parco è nato. E quindi la centrale si tro-verebbe nel cuore del territorio protetto. L’i-ter autorizzativo è comunque lungo e com-plesso anche perché la gente comincia a pro-testare, dopo essersi informata. Nasce il Fo-rum per la tutela dell’ambiente e della lega-lità Stefano Gioia, che prende il nome da unamedaglia d’oro al valore civile. E l’associazio-

    ne "ambiente e legalità" non è casuale, visti igrandi interessi della criminalità organizzatasulle biomasse, in particolare in Calabria, co-me denunciato dalla Procura nazionale anti-mafia (nostro articolo pubblicato il 3 ottobrescorso). La gente non crede più alla promes-sa di posti di lavoro che, comunque sarannomolto pochi, e teme soprattutto per la salutee l’ambiente. Anche perché le grandi dimen-sioni della centrale richiederanno molto ma-teriale da bruciare, almeno 100 tonnellate algiorno. Dove approvvigionarsi? Lo si dovreb-

    be fare in un raggio di 120chilometri, ma vorrebbedire in aree protette. Saràlegno importato? Da dove?In che modo, visto che lalocalità è difficile da rag-giungere?Questi ed altri dubbi nonfermano però l’iter mentrenel 1997 la vecchia centra-le chiude. Due anni fa arri-va l’autorizzazione in unaConferenza di servizi ge-stita da un dirigente regio-

    nale che era lì illegittimamente. Parte così ilricorso al Tar che blocca tutto, una decisioneconfermata poi anche dal Consiglio di Stato.Per superare l’opposizione deve intervenire ilgoverno. Così l’11 giugno il Consiglio dei mi-nistri dà il via libera, subordinato al rigido ri-spetto delle prescrizioni dell’Aia ma anche al-la deroga che le due regioni devono votare ri-spetto al Piano del Parco che vincolava la cen-trale ad appena 2 Mw. Un Piano approvatodai 52 comuni, dalle due province e dalle dueregioni che costituiscono la comunità del Par-co. Fino ad ora né Calabria né Lucania han-no votato la deroga e tutto rimane fermo.

    Antonio Maria Mira© RIPRODUZIONE RISERVATA

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    Enel vuole riconvertireun vecchio impianto

    a lignite chiuso nel ’97Il governo ha dato un via

    libera condizionatoLe comunità locali

    si oppongono

    ROMA

    ormaggi di altissima qualità, ma an-che energia pulita da biomasse, pro-dotta con gli scarti dell’agricoltura, in

    un territorio ad alto rischio legalità. Valo-rizzazione dei prodotti tipici, difesa del-l’ambiente, cooperazione e servizio per glialtri produttori agricoli. E ancora attività di-dattica. È la "Fattoria della Piana" di Can-didoni in provincia di Reggio Calabria, alconfine col Vibonese, terra di potentissimiclan della ’ndrangheta.Nata nel 1936, si è trasfor-mata negli ultimi anni inuna modernissima azien-da fortemente legata alterritorio e alla sua tradi-zione, grazie soprattuttoall’impegno e alla fantasiadel direttore, Carmelo Ba-sile. Un vero simbolo diqualità e impegno, al pun-to da rappresentare la"buona Calabria" nel Pa-lazzo Italia dell’Expo.Cooperativa di allevatori, la più grande fat-toria della provincia, produce formaggi del-la tradizione calabrese col latte delle pro-prie mucche (900 capi in stalle modernis-sime con "massaggiatori" automatici e pan-nelli fotovoltaici), e di pecore e capre di pa-stori dell’Aspromonte, del Monte Poro e del-la Sila crotonese. Qualità dei prodotti e gran-de attenzione all’ambiente. La Fattoria è,infatti, energicamente autonoma e total-mente ecosostenibile. Questo grazie all’im-pianto di biogas e alla centrale agroenerge-tica da 998 kw, la più grande del centro-sud.Il letame, i liquami, il siero, gli scarti agrico-li, propri e di altre aziende, vengono tra-sformati in gas poi bruciato producendo e-

    nergia elettrica e termica. L’energia così pro-dotta equivale a quella necessaria ad illu-minare 1.700 abitazioni e a riscaldarne 700.Il 30% dell’energia elettrica viene usata di-rettamente in azienda, così totalmente au-tonoma, mentre il 70% finisce nella rete na-zionale. L’energia termica viene invece usataper riscaldare i fermentatori nonché perprodurre acqua calda a 75° per il caseificio,il ristorante agrituristico e gli uffici.Energia pulita, doppiamente attenta al-l’ambiente. Il biogas (metano) che viene

    bruciato nel grande gene-ratore è, infatti, il frutto del-la fermentazione giornalie-ra di 30 tonnellate di liqua-mi e letame zootecnico, 20tonnellate di siero di latte, 2tonnellate di silomais, 35tonnellate di pastazzo di a-grumi e ancora resti di pro-duzioni di olio e ortaggi. Unvantaggio per la fattoria eper altri produttori agrico-li. La centrale è infatti capa-ce di valorizzare la biomas-

    sa presente nel letame di 20mila capi ovi-coli, nel letame e nel siero di latte di millebovini, nel siero di latte di 20mila ovini, nelpastazzo proveniente dalla lavorazione de-gli agrumi di 700 ettari, nella sansa prove-niente dalla lavorazione del prodotto di mil-le ettari di uliveto, negli scarti di verdure, or-taggi, frutteti e vinacce esauste.Un vero ecosistema autosufficiente. Ancheperché i resti della trasformazione in biogasdiventano ottimo concime biologico per laproduzione di foraggi. Un vero "laboratorioall’aperto" che ospita scuole e gruppi che vipossono svolgere tante attività didattiche.

    (A. M. M.)© RIPRODUZIONE RISERVATA

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    Nata nel 1936 è ora unmoderno modello

    ecosostenibile in unterritorio dominato dalla

    ’ndrangheta. Virtuosa e autosufficiente, vende

    l’energia prodotta

    Il caso

    Sta per finire l’epoca dell’assistenzialismoper le grandi centrali elettriche alimentatecon materiale non sempre «eco». Bartondell’Aiel Cia: «Ora arrivi dal governo un

    fondo di garanzia per gli impianti virtuosi»

    20 Sabato10 Ottobre 2015E C O N O M I A & L A V O R O

    Biomasse, stretta Ue sugli incentiviGli aiuti alle rinnovabili non potranno superare il 60-70% del costo degli impianti

    TECNAVIA

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  • on si parla mai abbastanza della ne-cessità dell’educazione finanziaria.

    Un’esigenza che dovrebbe nascere fin daibanchi di scuola, ma che poi deve accom-pagnare tutta la vita del cittadino-investi-tore, per permettergli di avere piena con-sapevolezza sui propri risparmi. In altriPaesi più evoluti del nostro, lo Stato si èfatto carico da anni di fornire l’educazio-ne finanziaria ai propri cittadini, conside-

    randoli come veri e propri "azionisti" del-la "società pubblica", quindi meritevoli diapprendere il vocabolario del denaro findalla più tenera età, con appropriate mo-dalità che da basiche possono farsi piùcomplesse quando iniziano a delinearsi ibisogni (studio, casa, pensione) e la ne-cessità di disporre risorse sufficienti persoddisfarli. Un punto significativo sul te-ma viene da una recente sentenza dellaCorte di Cassazione, che ha preso in esa-me l’operato truffaldino di un consulente

    finanziario e il comportamento di un suocliente. Quando affidiamo i nostri rispar-mi a chi è più esperto di noi, solitamente,siamo ben consapevoli di lasciar fare tut-to il lavoro al professionista (un po’ comequando si va dal medico e non lo si consi-glia certo su quale medicina abbiamo bi-sogno o quale esame dovremo sostenere).Ma vi può essere, in partenza, anche unaltro atteggiamento, simile per certi versi,restando nell’ambito della salute, a quel-lo che abbiamo allorché, prima di andare

    in ospedale, consultiamo da noi Interneted elaboriamo per conto nostro la diagnosiper poi fornirla all’esperto. Il cliente di que-sto consulente ha fatto di più: è diventatotalmente amico del professionista da con-segnargli a mano le somme da investire,consentendogli pure di aprire la posta in-viata dalla banca. In alcuni incontri, ilcliente aveva trasferito al consulente in-genti somme di denaro (circa 200mila eu-ro) senza nessuna formalità, e addiritturail professionista aveva potuto incassare u-

    na sostanziosa vincita al SuperEnalottoche era in teoria destinata a comprare ti-toli a medio rischio. Da "medio", però, ilrischio si fece altissimo quando il consu-lente intascò tutte le somme, compreso ilregalo della "dea bendata". Il cliente, fu-rioso, ha chiesto per via giudiziaria l’im-porto maggiorato del "quantum" che a-vrebbe guadagnato se l’investimento fos-se andato a buon fine. Ma prima la Corted’appello ha punito l’imprudenza dell’in-vestitore, affermandone il concorso di col-

    pa al 50% e condannando il consulente alasciare indenne la banca dalla responsa-bilità. Poi la Suprema Corte ha respinto ilricorso del cliente, perché questi ha tra-sgredito alle più elementari regole di pru-denza. Che, quando si tratta dei propri ri-sparmi non è mai troppa, anche quandoli mettiamo nelle mani di un consulenteche lavora per una banca. Essere sprovve-duti non è mai una buona scusa.

    Andrea Giacobino© RIPRODUZIONE RISERVATA

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    19Sabato3 Ottobre 2015 E C O N O M I A & L A V O R O

    Prima regola dell’educazione finanziaria: la prudenza

    Biomasse, dietro al booml’incognita del combustibileANTONIO MARIA MIRAROMA

    a produzione di energia da biomasse in Italia haavuto un vero boom negli ultimi anni. E ovvia-mente crescono dubbi e affari poco chiari (vedi

    altro articolo) su una produzione dove i vantaggi in ter-mini economici e ambientali corrono il rischio di esse-re ridotti o annullati da furbi e affaristi, o anche solo daforzature delle norme.Partiamo da alcuni numeri. Nel 2014 gli impianti a bio-masse, nel loro complesso, hanno prodotto circa 12 TWhpari al fabbisogno elettrico di 4,4 milioni di famiglie, co-me segnala Legambiente sull’ultimo rapporto "Comu-ni rinnovabili". Ed è proprio dal numero di comuni do-ve sono installate centrali a biomasse che emerge il for-te incremento: erano 32 nel 2005, sono arrivati a 2.415lo scorso anno, con una potenza cresciuta dell’800% eche attualmente ha raggiunto i 2.936 MW elettrici e i1.306 termici. In totale il 3,8% dei consumi energeticicomplessivi. Ma va subito fatta una distinzione tra bio-masse solide, gassose e liquide. Le prime riguardanoimpianti dove vengono bruciati materiali di origine or-ganica, sia vegetale che animale. Si trovano in 1.733 co-muni e producono 942 MW elettrici, 1.131 termici. So-no concentrati nelle aree interne del centro-nord, dovevengono bruciati soprattutto scarti agricoli e delle la-vorazioni forestali, e nelle aree costiere del sud vicino aiporti, dove spesso si brucia legname proveniente dal-l’estero. Si tratta di grandi impianti, sovradimensionatirispetto alle risorse presenti sul territorio. È il caso del-la Calabria che nella classifica dei comuni con più po-tenza installata occupa quattro dei primi cinque posti:Strongoli, Crotone, Cutro e Rende, con solo l’altoatesi-no Silandro a interrompere l’elenco. E molti altri im-pianti sono in attesa di autorizzazione o sono stati bloc-cati. Anche perché, oltre a possibili impatti ambientalie a eccessi di produzione, la questione è proprio l’ap-provvigionamento che non dovrebbe andare oltre i 70km, per avere un vero legame col territorio.E la materia in Italia certo non manca: secondo recen-ti studi i residui agricoli annuali ammontano a circa 12,8milioni di tonnellate ai cui vanno aggiunti gli scarti zoo-tecnici. Utilizzare questi e non legno vergine, oltre a unforte risparmio nella produzione (e quindi anche deicosti in bolletta) eliminerebbe materiale che altrimen-ti verrebbe smaltito come rifiuto. Materiale che viene u-tilizzato anche negli impianti a biogas grazie alla com-bustione di gas, soprattutto metano, prodotto dallafermentazione batterica dei residui organici agricolio fanghi di depurazione. I comuni con questi impiantisono 894 con una potenza di 1.165 MW elettrici e 176termici. La maggiore distribuzione è in pianura pa-dana e in Trentino Alto Adige. Impianti molto im-portanti perché riducono le importazioni di metano,ma anche qui l’attenzione deve essere posta sulle di-mensioni, sull’origine delle materie utilizzate evi-tando lunghe distanze e sul residuo finale della fer-mentazione, il cosiddetto digestato che se ben gesti-to può essere un ottimo ammendante (concime) perl’agricoltura, chiudendo il cerchio.Gli ultimi impianti sono quelli a biomasse liquide, quel-li cioè che usano combustibili liquidi derivanti da col-ture agricole, i cosiddetti oli vegetali da bruciare in al-

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    ternativa ai combustibili tradizionali. Li troviamo in 274comuni per una potenza complessiva di 828 MW. Unaproduzione in forte espansione (+19% annuo) ma chepone analoghi problemi sull’approvvigionamento e sucome le culture estensive di piante per produrre olii tol-gano terra ad altre produzioni, con un eccesso di con-sumo di suolo. Inoltre, come é ben noto, tali culture so-no spesso in paesi del Terzo Mondo e in mano a grup-pi multinazionali.

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

    ANDREA D’AGOSTINO

    due anni esatti dall’inaugurazione, non man-cano le novità nelle campagne del Vercelle-se. L’impianto di Mossi & Ghisolfi a Crescen-

    tino è ripartito a fine agosto dopo che sono state ef-fettuate alcune modifiche tecniche per ottimizzarel’impiego della paglia di riso che abbonda da que-ste parti. Scarti agricoli per produrre energia: dettocosì sembra semplice, in realtà dietro c’è un com-plesso procedimento tecnologico che richiede mol-te risorse, personale specializzato e soprattutto ter-reni incolti. E, non a caso, l’impianto in provincia diVercelli si estende su una vasta superficie di quin-dici ettari a forte vocazione agricola.Inaugurato nell’ottobre 2013 dopo due anni di la-vori, rappresenta oggi un’eccellenza tutta italiananel settore delle biomasse: vi si produce bioetano-lo, un carburante "bio", da residui agricoli non ali-mentari. In precedenza, questa sostanza veniva pro-dotta da mais, canna da zucchero e da altre produ-zioni vegetali che creavano però gravi conflitti tra l’u-so alimentare e quello energetico, con conseguen-ti contraccolpi negativi sui costi delle derrate agri-cole. Adesso, con la tecnologia Proesa® (Produzio-ne di etanolo da biomassa) messa a punto da Mos-si & Ghisolfi, si è riusciti a superare questo limite, per-ché si è in grado ora di estrarre bioetanolo dalle bio-

    masse lignocellulosiche come l’Arundo Donax, lacanna comune, o da scarti agricoli come la paglia.Questi biocarburanti assicurano inoltre una ridu-zione delle emissioni di gas serra del 90% rispettoall’uso di combustibili di origine fossile, di gran lun-ga superiore alla riduzione raggiunta dai biocarbu-ranti di prima generazione. Il sorgere su un territo-rio a forte vocazione agricola ha permesso oltretut-to allo stabilimento di sfruttare un’ampia varietà dibiomasse disponibili a basso costo e ad un ampioraggio di distanza: oltre alla paglia di riso, di cui l’a-rea è ricca, l’azienda ha sviluppato anche una filie-ra specifica per la canna genti-le, che può essere coltivata suterreni marginali e senza sot-trarre così spazio alla produ-zione agricola ad uso alimen-tare. Quello piemontese è stato ilprimo al mondo nel suo gene-re: merito anche della jointventure tra la Biochemtez, società di ingegneria diMossi & Ghisolfi, il fondo americano TpGed e la da-nese Novozymes, che vi hanno investito 150 milio-ni di euro. Il risultato è un impianto del tutto auto-sufficiente per consumi energetici, che assicura unriciclo continuo dell’acqua (siamo pur sempre inzona di risaie) al 100%, senza produrre reflui dalla

    produzione industriale. E per l’immediato futuro il gruppo sta continuan-do a lavorare sul Progetto Italia, che prevede la co-struzione di due stabilimenti in Sardegna e di unoin Sicilia. «Al momento - fanno sapere dall’azien-da - siamo in fase di discussione con i potenzialiinvestitori esteri, e i nostri tecnici stanno facendotutte le dovute verifiche tecnico-economiche a ga-ranzia di una buona riuscita del progetto». Sul fron-te internazionale, invece, si lavora a due progettinegli Usa e in Cina per due bioraffinerie, sempre atecnologia Proesa; l’impianto americano (a Clin-

    ton, nel North Carolina) pro-durrà 75 milioni di litri l’annodi bioetanolo di seconda ge-nerazione. Ancora più impo-nente il progetto cinese, cheprevede un mega impiantonella regione di Fuyang: unabioraffineria di seconda gene-razione per la conversione di

    circa un milione di tonnellate di biomassa in bioe-tanolo e bioglicole. In questo caso Mossi & GhisolfiChemicals sarà socio di maggioranza della bioraf-fineria e socio di minoranza della centrale, che co-me dimensioni sarà circa quattro volte più grandedi quella di Crescentino.

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

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    L’allarme

    Non solo rifiuti, c’è anchela «mafia dei boschi»

    ià da alcuni anni la Procura na-zionale antimafia lancia l’allar-me sugli interessi delle mafie

    sulle biomasse. Nel mirino di varie in-chieste è soprattutto la ’ndrangheta, chein particolare gestisce la fornitura e iltrasporto del legame da bruciare nellecentrali. La Procura denuncia «lo sfrut-tamento criminale delle iniziative rela-tive alla green economy, nel cui ambitosi sono ricreate le connection tra centridi potere economico e signorie mafio-se del territorio, finalizzate alla illecitafruizione dei finanziamenti previsti pertali attività, nonchè all’acquisizione deilavori per la realizzazione delle struttu-re di produzione di energia». Così la Pnainserisce questi affari tra quelli delle e-comafie perchè, avverte, «la criminalitàsferra attacchi che vanno ben oltre il set-tore dei rifiuti». Il «punto di contatto» tragli affari sui rifiuti e i nuovi affari nelle e-nergie alternative, denuncia ancora laProcura guidata da Franco Roberti, èproprio la «biomassa».Tre «le attività criminose» descritte nelcapitolo sulla "Criminalità ambienta-le" elaborato dal consigliere RobertoPennisi. La prima riguarda «truffe ag-gravate per il conseguimento di eroga-zioni pubbliche ai danni dello Stato e

    della Comunità europea, tramite sva-riati falsi tendenti a trarre in inganno gliorganismi di controllo, per la produ-zione di energia elettrica "pulita"». Laseconda riguarda «frodi nelle pubbli-che forniture... relativamente a queicombustibili non eco-compatibili, adesempio l’incenerimento di biomassemescolate con rifiuti anche pericolosi».Frode e grave danno ambientale. Cosìcome la terza attività che riguarda le «u-tilizzazioni boschive» e tocca «in parti-colare le regioni ad alta infiltrazione cri-minale» come Calabria e Campania.Qui agisce una vera «mafia dei boschiche gestisce a suo piacimento tutto ilsistema degli appalti dei tagli boschivi:enormi lotti di territorio, la cui utilizza-zione costituisce oggetto di gare indet-te dai comuni montani e che risultanospesso "indirizzate" nella loro aggiudi-cazione tramite i classici metodi inti-midatori e/o corruttivi e collusivi deipubblici amministratori». Legame chespesso, soprattutto in Calabria, finiscenelle centrali a biomasse. Imposto an-che a colpi di attentati, come scopertoda alcune inchieste nelle province diCosenza e Crotone.

    Antonio Maria Mira© RIPRODUZIONE RISERVATA

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    L’impatto proficuo tra profit e non profitANDREA DI TURIMILANO

    o-creazione: potrebbeessere la risposta alladomanda che tanti si

    pongono, dopo lo scandaloVolkswagen, sul futuro dellaResponsabilità sociale d’im-presa (Rsi). Dato che la societàdi Wolfsburg era considerata inquest’ambito un esempio,mentre ora le sue vicende han-no gettato ombre sulla credi-bilità della Rsi.La strada della co-creazione diprogetti a impatto sociale in col-laborazione tra profit e non pro-fit è quella su cui si muove A-shoka, la più grande rete mon-diale di imprenditori sociali. A i-nizio 2015 ha mosso i primi pas-

    si in Italia, ma fino a oggi era so-lo una scommessa: «Oggi pos-siamo dire che Ashoka Italiapartirà», ha annunciato ieri il di-rettore Alessandro Valera, nel-l’incontro a Milano in cui haconfermato che Ashoka Italiasta per essere registrata comepersonalità giuridica e ha pre-sentato il primo fellow italiano.Cioè la prima persona e il primoprogetto di imprenditoria so-ciale (altri sono in via di sele-zione per il 2016) che Ashoka I-talia ha deciso di accompagna-re, far crescere, magari replica-re all’estero. Per amplificarne almassimo l’impatto sociale.Il fellow è Francesca Fedeli, chespinta dall’esperienza persona-le legata al figlio ha dato vita colmarito all’associazione Fight

    the Stroke, che lavora su tecni-che innovative di riabilitazioneper bambini colpiti da ictus. «Sene parla poco - ha detto Fedeli,che col marito Roberto D’An-gelo, esperto di information te-chnology in Microsoft, inter-verrà al World business Forumil 3-4 novembre a Milano - macoinvolge due milioni di bam-bini nel mondo».Il progetto prevede di perfezio-nare queste terapie e di diffon-derne la conoscenza facendorete con operatori del settore efamiglie. Grazie al supporto,fondamentale, di BoehringerIngelheim (partner strategico diAshoka Italia insieme a Enel,Bosch, Vodafone e PwC), chenon sarà solo economico ma dicompetenze. In quanto intorno

    all’obiettivo di co-creare impat-to sociale saranno coinvolti glistessi collaboratori del colossofarmaceutico, "in coerenza colnostro essere imprenditori far-maceutici", ha sottolineato An-tonio Barge, direttore Risorse u-mane in Boehringer.Ieri sono stati presentati altri fel-low italiani di Ashoka, eletti peròper progetti realizzati fuori Ita-lia. Fra questi il direttore di Al-tis-Cattolica, il professor MarioMolteni, entrato nella "famiglia"di Ashoka per il suo impegnonella promozione e formazioneall’imprenditoria sociale in A-frica Orientale col programmaE4impact (Entrepreneurship forimpact), recentemente costi-tuitosi in fondazione.

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

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    ELEZIONE

    L’italiano Visentini è il nuovo segretario della confederazione europea sindacatiÈ un italiano, Luca Visentini, il nuovo segretario generale della Ces,la confederazione europea dei sindacati. È stato eletto alarghissima maggioranza ieri a Parigi dal congressodell’organizzazione. 46 anni, della Uil, ex segretario generale dellaCamera confederale del lavoro di Trieste, Visentini resterà allaguida della Ces per quattro anni in una fase cruciale per il destinodell’Unione europea: se prevarranno le spinte a una maggioreintegrazione delle politiche economiche e sociali, anche ilsindacato europeo avrà la possibilità di conquistarsi un maggioreruolo ai tavoli di Bruxelles. «Dobbiamo riuscire a rappresentaremeglio le forme diverse dal lavoro tradizionale, come i precari e illavoro falsamente autonomo», puntando a «estendere anche a loroi diritti fondamentali, pensionistici, di malattia maternità», ha dettoieri Visentini, secondo il quale la priorità resta quella di «crearenuova occupazione di qualità per i giovani». «È una grande vittoriadi tutto il sindacato italiano», ha commentato il segretario della Uil,Carmelo Barbagallo aggiungendo che «sosterremo il nuovo corsoperché siamo convinti che ci voglia più Europa e più sindacato inEuropa. Ormai, molte decisioni si assumono a livello comunitario».

    IL CONVEGNO

    Appuntamento al Senatocon la filiera «solida»Un settore industriale da tutelare. È quello dellebiomasse solide per l’energia, di cui si discuteràmercoledì prossimo a Roma in un convegno alSenato. All’incontro, promosso dal Comitato E-nergia da Biomasse solide, interverranno Simo-ne Tonon, portavoce del Comitato, AlessandroBrusa di Assorinnovabili e l’ex ministro dell’Am-biente Corrado Clini. Concluderà Giuseppe Ca-stiglione, sottosegretario alle Politiche agricole.

    risparmiodietro le quinte

    Mossi & Ghisolfi a Vercelli hainaugurato il primo impiantoche produce energia da scartiagricoli, e che sarà replicato

    in Cina e negli Usa

    Ma la tecnologia italiana fa scuola

    TECNAVIA

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