26
1234 PARTE XVI Malattie infettive Capitolo 199 Campylobacter Gloria P. Heresi, Shaida Baqar e James R. Murphy Le infezioni da Campylobacter jejuni e Campylobacter coli sono zoonosi globali e costituiscono una delle cause più frequenti di infezione intestinale umana. L’infezione può essere seguita da malattie immunoreattive severe e forse da disordini immunopro- liferativi. EZIOLOGIA. La famiglia delle Campylobacteriaceae comprende 20 specie. Quelle note o considerate patogene per gli esseri umani comprendono C. jejuni, C. fetus, C. coli, C. hyointestina- lis, C. lari, C. upsaliensis, C. concisus, C. sputorum, C. rectus, C. mucosalis, C. jejuni subspecies doylei, C. curvus, C. gracilis e C. cryaerophila. Altre specie di Campylobacter sono state isolate da campioni clinici, ma il loro ruolo come patogeni non è stato dimostrato. Il C. jeiuni e il C. coli sono i più importanti patogeni del genere. Sono stati identificati più di 100 sierotipi di C. jejuni. I microrganismi del genere Campylobacter sono bacilli sottili e ricurvi (larghezza 0,2-0,4 m), di solito con estremità rastrema- te, Gram-negativi; non formano spore. La morfologia è varia e comprende microrganismi corti a forma di virgola o di S oppure a forma di “gabbiano”, multispiraliformi e filamentosi. I micror- ganismi sono di solito mobili, con un flagello a uno o a entrambi i poli. I microrganismi di Campylobacter formano piccole (0,5-1 mm) colonie lisce e leggermente sollevate in terreni di coltura solidi. Nelle colture più vecchie possono essere osservate forme di tipo cocco. Una crescita visibile in emocoltura spesso non è evidente fino a 5-14 giorni dopo l’inoculo. La maggior parte dei microrganismi di Campylobacter è microaerofila e non ossida, né fermenta i carboidrati. I terreni di coltura selettivi sviluppati per favorire l’isolamento del C. jejuni possono non supportare ed eventualmente anche inibire la crescita di altre specie di Campy- lobacter. Il C. jejiuni ha un cromosoma circolare di 1,64 milioni di coppie di basi (30,6% G + C) da cui ci si attende la codifica- zione di 1654 proteine e di 54 specie stabili di DNA. Il genoma appare insolito, in quanto virtualmente sono assenti sequenze di inserzione o sequenze associate a fagi e vi sono pochissime sequenze ripetitive. La presentazione clinica differisce in parte in base alla specie (Tab. 199-1). La malattia intestinale di solito è associata al C. jejuni e al C. coli, mentre le infezioni extraintestinali e sistemi- che sono più spesso associate al C. fetus. Tuttavia, la setticemia da C. jejuni è diagnosticata sempre più spesso e può verificarsi senza segni o sintomi gastrointestinali. Meno frequentemente, si osserva un’enterite in associazione all’isolamento di C. lari, C. fetus e di altre specie di Campylobacter. EPIDEMIOLOGIA. Le campilobatteriosi umane derivano più comu- nemente dall’ingestione di acqua potabile o alimenti contaminati come pollame (pollo, tacchino) e latte crudo, o dalla trasmissione da parte di animali domestici (gatti, cani, criceti) e animali di fattoria. Le infezioni sono più frequenti nei contesti con risorse limitate e si verificano prevalentemente tutto l’anno nei Paesi acuta, qualsiasi struttura di sanità pubblica esistente peggiora o addirittura giunge al collasso. Pertanto, un vaccino sicuro, effica- ce ed economico potrebbe essere uno strumento potenzialmente utile per la prevenzione e il controllo del colera. Al momento, la produzione e la vendita dell’unico vaccino anticolerico approvato negli Stati Uniti, che era la preparazione parenterale a base di microrganismi uccisi con fenolo, è stata interrotta (Tab. 198-2). Poiché il vaccino offriva una protezione limitata solo per un breve periodo di tempo ed era altamente re- attogeno (dolore, eritema, infiltrazione locale, febbre e cefalea), non è più raccomandato. Non esistono indicazioni sulla vacci- nazione anticolerica per entrare o uscire da qualsiasi Paese. I viaggiatori in aree endemiche per il colera devono assumere ade- guate precauzioni riguardo all’acqua e agli alimenti. I visitatori di Paesi in cui è stato segnalato il colera, che seguono i comuni itinerari turistici e che fanno uso di sistemazioni standard, hanno un basso rischio d’infezione. Notevoli progressi sono stati fatti nell’ultimo decennio nello sviluppo di vaccini anticolerici orali di ultima generazione. Que- sti nuovi vaccini permettono una sostanziale protezione contro il colera O1 senza effetti collaterali. Tuttavia, nessuno di questi 2 vaccini è disponibile negli Stati Uniti. Uno è un vaccino a base di cellule di V. cholerae O1 intere uccise e di subunità B ricombinante (rBs-WC); l’altro è un vaccino a base di V. cholerae CVD 103 HgR vivo attenuato. Sia il vaccino vivo sia quello vivo attenuato sono autorizzati in alcuni Paesi e attualmente vi è la previsione di una loro maggiore applicazione in sanità pubblica. Nel 2002 l’OMS ha cambiato la sua politica e ha raccomanda- to che l’uso della vaccinazione anticolerica orale sia preso in considerazione in certe situazioni endemiche ed epidemiche, in combinazione con altre strategie di controllo. Ali M, Emch M, von Seidlein L, et al: Herd immunity conferred by killed oral cholera vaccines in Bangladesh: A reanalysis. Lancet 2005;366:44–49. Colwell RR: Infectious disease and environment: Cholera as a paradigm for waterborne disease. Int Microbiol 2004;7:285–289. Heidelberg JF, Eisen JA, Nelson WC, et al: DNA sequence of both chromoso- mes of the cholera pathogen Vibrio cholerae. Nature 2000;406:477–483. Lucas M, Deen JL, von Seidlein L, et al: High-level effectiveness of a mass oral cholera vaccination in Beira, Mozambique. N Engl J Med 2005;352: 757–767. Reidl J, Klose KE: Vibrio cholerae and cholera: Out of the water and into the host. FEMS Microbiol Rev 2002;26:125–139. Ryan ET, Calderwood S: Cholera vaccines. Clin Infect Dis 2000;31: 561–565. Sack DA, Sack RB, Nair GB, Siddique AK: Cholera. Lancet 2004;363: 223–233. Saha D, Karim MM, Khan WA, et al: Single–dose azithromycin for treatment of cholera in adults. N Engl J Med 2006;354:2452–2462. Sur D, Deen JL, Manna B, et al: The burden of cholera in the slums of Kolkata, India: Data from a prospective, community based study. Arch Dis Child 2005;90:1175–1181. World Health Organization: Cholera 2002. Wkly Epidemiol Rec 2003;78: 269–276. World Health Organization: Cholera Vaccines: A New Public Health Tool? Geneva, Switzerland, World Health Organization, 2002. TABELLA 198-2. Compendio dei dati sui vaccini anticolerici approvati a livello internazionale DISPONIBILITÀ ETÀ SCHEMA DI SOMMINISTRAZIONE VIA DI SOMMINISTRAZIONE EFFICACIA PROTETTIVA PROFILO DEGLI EVENTI AVVERSI Vaccino parenterale inattivato con fenolo Non più raccomandato 6 mesi 2 dosi a distanza di 1-4 settimane im 30-50% per 3-6 mesi Elevato Vaccino orale con subunità B ricombinante e V. cholerae O1 intero ucciso Europa 2 anni 2 dosi a distanza di 1-6 settimane Orale 85% nei primi 6 mesi, quindi 50% per almeno 3 anni Basso Vaccino orale con V. cholerae CVD 103 HgR vivo attenuato Canada, America Latina, Europa 2 anni Dose singola Orale 80% per almeno 6 mesi Basso

Capitolo 199 Campylobacter Gloria P. Heresi, Shaida Baqar ... · appare insolito, in quanto virtualmente sono assenti sequenze di inserzione o sequenze associate a fagi e vi sono

  • Upload
    buidang

  • View
    217

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: Capitolo 199 Campylobacter Gloria P. Heresi, Shaida Baqar ... · appare insolito, in quanto virtualmente sono assenti sequenze di inserzione o sequenze associate a fagi e vi sono

1234 ■ PARTE XVI ■ Malattie infettive

Capitolo 199 ■ Campylobacter Gloria P.

Heresi, Shaida Baqar e James R. Murphy

Le infezioni da Campylobacter jejuni e Campylobacter coli sono zoonosi globali e costituiscono una delle cause più frequenti di infezione intestinale umana. L’infezione può essere seguita da malattie immunoreattive severe e forse da disordini immunopro-liferativi.

EZIOLOGIA. La famiglia delle Campylobacteriaceae comprende �20 specie. Quelle note o considerate patogene per gli esseri umani comprendono C. jejuni, C. fetus, C. coli, C. hyointestina-lis, C. lari, C. upsaliensis, C. concisus, C. sputorum, C. rectus, C. mucosalis, C. jejuni subspecies doylei, C. curvus, C. gracilis e C. cryaerophila. Altre specie di Campylobacter sono state isolate da campioni clinici, ma il loro ruolo come patogeni non è stato dimostrato. Il C. jeiuni e il C. coli sono i più importanti patogeni del genere. Sono stati identifi cati più di 100 sierotipi di C. jejuni. I microrganismi del genere Campylobacter sono bacilli sottili e ricurvi (larghezza 0,2-0,4 �m), di solito con estremità rastrema-te, Gram-negativi; non formano spore. La morfologia è varia e comprende microrganismi corti a forma di virgola o di S oppure a forma di “gabbiano”, multispiraliformi e fi lamentosi. I micror-ganismi sono di solito mobili, con un fl agello a uno o a entrambi i poli. I microrganismi di Campylobacter formano piccole (0,5-1 mm) colonie lisce e leggermente sollevate in terreni di coltura solidi. Nelle colture più vecchie possono essere osservate forme di tipo cocco. Una crescita visibile in emocoltura spesso non è evidente fi no a 5-14 giorni dopo l’inoculo. La maggior parte dei microrganismi di Campylobacter è microaerofi la e non ossida, né fermenta i carboidrati. I terreni di coltura selettivi sviluppati per favorire l’isolamento del C. jejuni possono non supportare ed eventualmente anche inibire la crescita di altre specie di Campy-lobacter. Il C. jejiuni ha un cromosoma circolare di 1,64 milioni di coppie di basi (30,6% G + C) da cui ci si attende la codifi ca-zione di 1654 proteine e di 54 specie stabili di DNA. Il genoma appare insolito, in quanto virtualmente sono assenti sequenze di inserzione o sequenze associate a fagi e vi sono pochissime sequenze ripetitive.

La presentazione clinica differisce in parte in base alla specie (Tab. 199-1). La malattia intestinale di solito è associata al C. jejuni e al C. coli, mentre le infezioni extraintestinali e sistemi-che sono più spesso associate al C. fetus. Tuttavia, la setticemia da C. jejuni è diagnosticata sempre più spesso e può verifi carsi senza segni o sintomi gastrointestinali. Meno frequentemente, si osserva un’enterite in associazione all’isolamento di C. lari, C. fetus e di altre specie di Campylobacter.

EPIDEMIOLOGIA. Le campilobatteriosi umane derivano più comu-nemente dall’ingestione di acqua potabile o alimenti contaminati come pollame (pollo, tacchino) e latte crudo, o dalla trasmissione da parte di animali domestici (gatti, cani, criceti) e animali di fattoria. Le infezioni sono più frequenti nei contesti con risorse limitate e si verifi cano prevalentemente tutto l’anno nei Paesi

acuta, qualsiasi struttura di sanità pubblica esistente peggiora o addirittura giunge al collasso. Pertanto, un vaccino sicuro, effi ca-ce ed economico potrebbe essere uno strumento potenzialmente utile per la prevenzione e il controllo del colera.

Al momento, la produzione e la vendita dell’unico vaccino anticolerico approvato negli Stati Uniti, che era la preparazione parenterale a base di microrganismi uccisi con fenolo, è stata interrotta (Tab. 198-2). Poiché il vaccino offriva una protezione limitata solo per un breve periodo di tempo ed era altamente re-attogeno (dolore, eritema, infi ltrazione locale, febbre e cefalea), non è più raccomandato. Non esistono indicazioni sulla vacci-nazione anticolerica per entrare o uscire da qualsiasi Paese. I viaggiatori in aree endemiche per il colera devono assumere ade-guate precauzioni riguardo all’acqua e agli alimenti. I visitatori di Paesi in cui è stato segnalato il colera, che seguono i comuni itinerari turistici e che fanno uso di sistemazioni standard, hanno un basso rischio d’infezione.

Notevoli progressi sono stati fatti nell’ultimo decennio nello sviluppo di vaccini anticolerici orali di ultima generazione. Que-sti nuovi vaccini permettono una sostanziale protezione contro il colera O1 senza effetti collaterali. Tuttavia, nessuno di questi 2 vaccini è disponibile negli Stati Uniti. Uno è un vaccino a base di cellule di V. cholerae O1 intere uccise e di subunità B ricombinante (rBs-WC); l’altro è un vaccino a base di V. cholerae CVD 103 HgR vivo attenuato. Sia il vaccino vivo sia quello vivo attenuato sono autorizzati in alcuni Paesi e attualmente vi è la previsione di una loro maggiore applicazione in sanità pubblica. Nel 2002 l’OMS ha cambiato la sua politica e ha raccomanda-to che l’uso della vaccinazione anticolerica orale sia preso in considerazione in certe situazioni endemiche ed epidemiche, in combinazione con altre strategie di controllo.

Ali M, Emch M, von Seidlein L, et al: Herd immunity conferred by killed oral cholera vaccines in Bangladesh: A reanalysis. Lancet 2005;366:44–49.

Colwell RR: Infectious disease and environment: Cholera as a paradigm for waterborne disease. Int Microbiol 2004;7:285–289.

Heidelberg JF, Eisen JA, Nelson WC, et al: DNA sequence of both chromoso-mes of the cholera pathogen Vibrio cholerae. Nature 2000;406:477–483.

Lucas M, Deen JL, von Seidlein L, et al: High-level effectiveness of a mass oral cholera vaccination in Beira, Mozambique. N Engl J Med 2005;352:757–767.

Reidl J, Klose KE: Vibrio cholerae and cholera: Out of the water and into the host. FEMS Microbiol Rev 2002;26:125–139.

Ryan ET, Calderwood S: Cholera vaccines. Clin Infect Dis 2000;31: 561–565.

Sack DA, Sack RB, Nair GB, Siddique AK: Cholera. Lancet 2004;363:223–233.

Saha D, Karim MM, Khan WA, et al: Single–dose azithromycin for treatment of cholera in adults. N Engl J Med 2006;354:2452–2462.

Sur D, Deen JL, Manna B, et al: The burden of cholera in the slums of Kolkata, India: Data from a prospective, community based study. Arch Dis Child 2005;90:1175–1181.

World Health Organization: Cholera 2002. Wkly Epidemiol Rec 2003;78:269–276.

World Health Organization: Cholera Vaccines: A New Public Health Tool? Geneva, Switzerland, World Health Organization, 2002.

TABELLA 198-2. Compendio dei dati sui vaccini anticolerici approvati a livello internazionale

DISPONIBILITÀ ETÀ SCHEMA DI SOMMINISTRAZIONE

VIA DI SOMMINISTRAZIONE

EFFICACIA PROTETTIVA PROFILO DEGLI EVENTI AVVERSI

Vaccino parenterale inattivato con fenolo Non più raccomandato �6 mesi 2 dosi a distanza di 1-4 settimane

im 30-50% per 3-6 mesi Elevato

Vaccino orale con subunità B ricombinante e V. cholerae O1 intero ucciso

Europa �2 anni 2 dosi a distanza di 1-6 settimane

Orale 85% nei primi 6 mesi, quindi 50% per almeno 3 anni

Basso

Vaccino orale con V. cholerae CVD 103 HgR vivo attenuato

Canada, America Latina, Europa

�2 anni Dose singola Orale 80% per almeno 6 mesi Basso

180-206ANA.indd 1234180-206ANA.indd 1234 23-09-2008 12:38:4423-09-2008 12:38:44

Page 2: Capitolo 199 Campylobacter Gloria P. Heresi, Shaida Baqar ... · appare insolito, in quanto virtualmente sono assenti sequenze di inserzione o sequenze associate a fagi e vi sono

Capitolo 199 ■ Campylobacter ■ 1235

Il modello concettuale dell’enterite da C. jejuni comprende la necessità di meccanismi che permettano l’attraversamento dello stomaco e l’adesione alle cellule della mucosa intestinale e che ini-zino l’accumulo di liquidi nel lume intestinale. La maggior parte dei microrganismi di Campylobacter è acido-sensibile. Si ipotizza che le condizioni dell’ospite associate a riduzione dell’acidità gastrica e gli alimenti in grado di proteggere i microrganismi in transito attraverso lo stomaco rappresentino meccanismi in grado di permettere al Campylobacter di raggiungere l’intestino. Le proteine e i glicani batterici di superfi cie rendono quindi pos-sibile l’aderenza alle cellule della mucosa intestinale. L’accumulo luminale di liquidi è associato a tossine, tra le quali alcune simili a quelle coleriche, a citotossine e a un danno diretto alle cellule mucosali derivante dall’invasione batterica. Il C. jejuni può pos-sedere ulteriori meccanismi che permettono il transito a partire dalla superfi cie mucosa. Questi meccanismi sembrano essere pre-senti in modo differenziato in diversi ceppi di C. jejuni.

In seguito all’analisi del genoma del C. jejuni NCTC 11168, è stata scoperta un’inaspettata capacità di produrre una varietà di carboidrati. Molti hanno caratteristiche di superfi cie che pos-sono, con ulteriori studi, permettere una migliore comprensione della patogenesi della malattia da Campylobacter e della relativa immunità.

Il C. fetus possiede una proteina dello strato S a elevato peso molecolare che fornisce un’elevata resistenza al killing siero-mediato e alla fagocitosi ed è quindi ritenuta responsabile della sua tendenza alla batteriemia. Il C. jejuni e il C. coli sono parti-colarmente sensibili al killing siero-mediato, ma esistono varianti con maggiore resistenza. È stato suggerito che queste varianti resistenti al killing siero-mediato possono essere maggiormente capaci di disseminazione sistemica.

Esiste una forte associazione tra la sindrome di Guillain-Barré e un’infezione precedente da alcuni sierotipi di C. jejuni (vedi Ca-pitolo 615). Un’analogia molecolare tra il tessuto nervoso e questi microrganismi può essere il fattore scatenante della sindrome di Guillain-Barré associata a Campylobacter e della sindrome di Miller-Fisher, una variante della sindrome di Guillain-Barré ca-ratterizzata da atassia, arefl essia e oftalmoplegia. Possono anche essere presenti un’artrite reattiva e un eritema nodoso. La mag-gior parte delle infezioni da Campylobacter non è seguita da com-plicanze immunoreattive e pertanto indica che sono necessari altri fattori oltre all’analogia molecolare per queste complicanze.

MANIFESTAZIONI CLINICHE. Esistono diverse presentazioni cliniche delle infezioni da Campylobacter che uniscono le specie coinvolte e i fattori dell’ospite, come età, immunocompetenza e condizioni sottostanti. La presentazione più comune è l’enterite acuta.

Gastroenterite acuta. La diarrea è di solito causata dal C. jejuni (90-95%) o dal C. coli e raramente da C. lari, C. hyointestinalis o C. upsaliensis. Il periodo di incubazione è di 1-7 giorni. I pa-zienti presentano caratteristicamente feci acquose e non formate o meno frequentemente feci contenenti muco e sangue che sono caratteristiche della dissenteria. Il sangue compare nelle feci 2-4 giorni dopo l’esordio dei sintomi. Sono comuni febbre, vomito, malessere e mialgie. La febbre può essere l’unica manifestazione iniziale, ma il 60-90% dei bambini più grandi lamenta anche do-lore addominale. Il dolore addominale è periombelicale; i crampi possono precedere altri sintomi o persistere dopo che le feci sono tornate normali. Il dolore addominale può simulare un’appendi-cite o un’invaginazione.

L’infezione di grado lieve dura soltanto 1-2 giorni ed è simile a una gastroenterite virale. La maggior parte dei pazienti guari-sce in meno di una settimana, anche se il 20-30% dei pazienti rimane ammalato per 2 settimane e il 5-10% più a lungo. I de-cessi sono rari. In soggetti immunocompetenti, pazienti con ipo-gammaglobulinemia (congenita o acquisita) e pazienti con AIDS sono state riportate una gastroenterite persistente o ricorrente da Campylobacter e l’emergenza di resistenza all’eritromicina nel corso della terapia. L’infezione persistente può simulare una malattia intestinale infi ammatoria cronica. L’eliminazione fecale del microrganismo in pazienti non trattati di solito dura per 2-3

tropicali, mentre possono avere picchi stagionali nelle regioni temperate (tarda estate e prima parte dell’autunno in gran parte degli Stati Uniti). Nei Paesi industrializzati, le infezioni da Cam-pylobacter hanno un picco nella prima infanzia e negli adulti da 15 a 44 anni di età. Ogni anno si stima che si verifi chino negli Stati Uniti 2,4 milioni di casi di infezioni da Campylobacter, con più di 100 decessi.

Anche se i polli sono una classica fonte di Campylobacter, molte fonti alimentari umane di origine animale, tra cui i frutti di mare, possono ospitarlo. Inoltre, molti animali domestici o addomesticati sono portatori di Campylobacter e gli insetti che si trovano in ambienti contaminati possono acquisire il micror-ganismo. L’esposizione diretta o indiretta a questa pletora di fonti ambientali rappresenta l’origine di molte infezioni umane. Tra i lavoratori agricoli può verifi carsi la trasmissione di Cam-pylobacter per via aerea. Vi sono sempre maggiori evidenze che l’uso di antibiotici nei mangimi animali aumenta la prevalenza di Campylobacter antibiotico-resistenti isolati in esseri umani. L’infezione umana può risultare dall’esposizione anche a poche centinaia di unità formanti colonie. Talvolta, il C. jejuni e il C. coli possono diffondersi da persona a persona, perinatalmente e negli asili infantili in cui sono presenti bambini che usano il pan-nolino. Gli individui con infezione da C. jejuni eliminano di solito il microrganismo per settimane, ma talvolta possono eliminarlo anche per alcuni mesi.

PATOGENESI. La maggior parte dei casi di colonizzazione da C. jejuni non causa sintomi. La frequenza delle colonizzazioni asintomatiche da altre specie di Campylobacter è meno ben co-nosciuta. Quando alla colonizzazione fa seguito la malattia, la patologia in genere rifl ette la sede di localizzazione del batterio, sia che si verifi chi o meno una setticemia, sia che si presentino complicanze immunoreattive. I Campylobacter spp. differiscono per quanto riguarda i siti preferiti di colonizzazione e la tendenza a causare batteriemia.

TABELLA 199-1. Campylobacter spp. associate a malattia umana

SPECIE PATOLOGIE UMANE FONTI COMUNI

C. jejuni Gastroenterite, batteriemia, sindrome di Guillain-Barré

Pollame, latte crudo, gatti, cani, bestiame, suini, scimmie, acqua

C. coli Gastroenterite, batteriemia Pollame, latte crudo, gatti, cani, bestiame, suini, scimmie, ostriche, acqua

C. fetus Batteriemia, meningite, endocardite, aneurisma micotico, diarrea

Ovini, bestiame, uccelli

C. hyointestinalis Diarrea, batteriemia, proctite Suini, bestiame, cervi, criceti, latte crudo, ostriche

C. lari Diarrea, colite, appendicite, batteriemia, IVU

Gabbiani, acqua, pollame, bestiame, cani, gatti, scimmie, ostriche, mitili

C. upsaliensis Diarrea, batteriemia, ascessi, enterite, colite, sindrome uremico-emolitica

Gatti, altri animali domestici

C. concisus Diarrea, gastrite, enterite, periodontite

Cavità orale umana

C. sputorum Diarrea, piaghe da decubito, ascessi, periodontite

Cavità orale umana, bestiame, suini

C. rectus Periodontite

C. mucosalis Enterite Suini

C. jejuni subspecies doylei Diarrea, colite, appendicite, batteriemia, IVU

Suini

C. curvus Gengivite, ascesso alveolare Pollame, latte crudo, gatti cani, bestiame, suini, scimmie, acqua, cavità orale umana

C. gracilis Ascesso della testa e del collo, ascesso addominale, empiema

C. cryaerophila Diarrea Suini

180-206ANA.indd 1235180-206ANA.indd 1235 23-09-2008 12:38:4423-09-2008 12:38:44

Page 3: Capitolo 199 Campylobacter Gloria P. Heresi, Shaida Baqar ... · appare insolito, in quanto virtualmente sono assenti sequenze di inserzione o sequenze associate a fagi e vi sono

1236 ■ PARTE XVI ■ Malattie infettive

microscopia in campo oscuro o l’agglutinazione su lattice. La ricerca dell’antigene con test immunoenzimatico ha quasi la stessa sensibilità e specifi cità della coltura. È stato descritto l’utilizzo di sonde DNA specie-specifi che e l’amplifi cazione di geni specifi ci con la reazione a catena polimerasica. Possono essere effettuate diagnosi sierologiche.

L’infezione extraintestinale causata da Campylobacter richiede una terapia antibiotica parenterale con un aminoglicoside, imi-penem o entrambi. Nei pazienti con batteriemia da C. fetus, è consigliabile una terapia prolungata. Sono stati riportati isolati di C. fetus resistenti all’eritromicina.

COMPLICANZE. Un’infezione severa e prolungata da C. jejuni può verifi carsi in pazienti con immunodefi cienza, comprese ipogam-maglobulinemia e malnutrizione. Nei pazienti con AIDS è stato riportato un aumento della frequenza e della severità dell’infe-zione da C. jejuni; la severità è correlata inversamente con la conta di CD4.

Artrite reattiva. Un’artrite reattiva può accompagnare l’enterite da Campylobacter negli adolescenti e negli adulti, specialmente i pazienti positivi per HLA-B27. Essa compare 5-40 giorni dopo l’esordio della diarrea, comprende soprattutto le grandi articola-zioni e si risolve senza sequele. L’artrite è tipicamente migrante e senza febbre. Il liquido sinoviale è sempre sterile. Meno comuni sono un’artrite reattiva con congiuntivite, uretrite e rash, come anche un eritema nodoso. Sono state riportate una nefropatia da IgA e una glomerulonefrite da immunocomplessi da C. jejuni. Altre complicanze sono anemia emolitica ed emorragia rettale.

Sindrome di Guillain-Barré. La sindrome di Guillain-Barré è una malattia acuta demielinizzante del sistema nervoso periferico ca-ratterizzata clinicamente da paralisi fl accida acuta ed è la causa più comune di paralisi neuromuscolare nel mondo (vedi Capitolo 615). La sindrome di Guillain-Barré ha un tasso di mortalità ~2% e 20% dei pazienti con sindrome di Guillain-Barré presenta sequele neurologiche rilevanti. Il C. jejuni è un importante fattore causale della sindrome di Guillain-Barré, che è stata riportata 1-12 settimane dopo una gastroenterite da C. jejuni accertata con coltura in uno su 3000 casi di infezione da C. jejuni. Le copro-colture di pazienti con sindrome di Guillain-Barré all’esordio dei sintomi neurologici hanno portato all’isolamento del C. jejuni in �25% dei casi. Gli studi sierologici suggeriscono che il 20-45% dei pazienti con sindrome di Guillain-Barré presenta evidenze di un’infezione recente da C. jejuni. Il trattamento della sindrome di Guillain-Barré comprende terapia di sostegno, terapia sostitutiva del plasma e immunoglobuline ev.

TRATTAMENTO. Terapia sostitutiva dei liquidi, correzione degli squilibri elettrolitici e terapia di sostegno sono la pietra angolare del trattamento dei bambini con gastroenterite da Campylobacter (vedi Capitolo 337). I farmaci antimotilità possono causare una malattia prolungata o fatale e non devono essere utilizzati.

La necessità di una terapia antibiotica nei pazienti con ga-stroenterite non complicata è controversa. I dati suggeriscono una minore durata dei sintomi e dell’eliminazione intestinale se viene iniziata precocemente nel corso della malattia una terapia con eritromicina etilsuccinato azitromicina nei pazienti con for-ma dissenterica di enterite da Campylobacter. La maggior par-te dei microrganismi di Campylobacter è sensibile a macrolidi, aminoglicosidi, cloramfenicolo, imipenem e clindamicina e sono resistenti a cefalosporine, tetracicline, rifampicina, penicilline, trimetoprim e vancomicina. La resistenza agli antibiotici del C. jejuni è divenuto un problema rilevante a livello mondiale. Si è sviluppata una resistenza ai chinolonici ed è correlata all’uso dei chinolonici in medicina veterinaria. Gli isolati di Campylobacter resistenti all’eritromicina restano infrequenti e l’eritromicina o l’azitromicina sono i farmaci di scelta se è necessaria una tera-pia. Gli antibiotici sono raccomandati nei pazienti con la forma dissenterica della malattia, febbre elevata o un decorso severo e nei bambini con immunosoppressione o con malattia sottostante. La sepsi è trattata con antibiotici per via parenterale come ami-noglicosidi, meropenem o imipenem.

settimane. Il range può variare da pochi giorni a diversi mesi. I bambini più piccoli tendono a eliminare i microrganismi per periodi più lunghi. Nei pazienti che hanno avuto un’appendicec-tomia nel corso di un’infezione da C. jejuni sono state riportate appendicite acuta, linfoadenite mesenterica e ileocolite.

Batteriemia. Con l’eccezione delle infezioni da C. fetus, la bat-teriemia da Campylobacter si verifi ca più spesso nei bambini malnutriti, nei pazienti con malattia cronica o defi cit immunitario e nelle età estreme. Il C. fetus provoca batteriemia negli adulti con o senza infezioni focali identifi cabili. La maggior parte ha condizioni sottostanti come neoplasie maligne o diabete mellito. La batteriemia, quando sintomatica, è associata a febbre, cefalea e malessere. Una febbre ricorrente o intermittente è associata a sudorazione notturna, brividi e calo ponderale se la malattia è prolungata. Possono verifi carsi letargia e confusione, ma segni neurologici focali sono insoliti senza una meningite o una malat-tia cerebrovascolare. Il dolore addominale è frequente; diarrea, ittero ed epatomegalia sono meno comuni. Può essere presente tosse, ma l’interessamento del parenchima polmonare è insolito. I risultati dell’esame obiettivo sono poco rilevanti, a eccezione dell’aspetto ammalato del paziente. Può essere osservata una leucocitosi moderata. Sono state descritte sia una batteriemia asintomatica transitoria sia una setticemia rapidamente fatale. È stata descritta una batteriemia prolungata di 8-13 settimane con recidive e remissioni spontanee, specialmente in ospiti immuno-compromessi. Nei pazienti con infezione da HIV, la batteriemia è più frequente, con aumento di morbilità e mortalità. Segnalazioni occasionali descrivono una batteriemia da C. upsaliensis. Il tas-so di batteriemia da Campylobacter può essere sostanzialmente sottostimato.

Infezioni extraintestinali focali. Le infezioni focali causate dal C. jejuni si verifi cano soprattutto nei neonati e nei pazienti immu-nocompromessi, causando infezioni che comprendono meningite, pancreatite, colecistite, infi ammazione di ileo e cieco con dolore del quadrante inferiore destro che simulano appendicite, IVU, ar-trite, peritonite, miocardite, pericardite ed endocardite. Il C. fetus mostra una predilezione per l’endotelio vascolare, provocando endocardite, pericardite, trombofl ebite e aneurismi micotici; le infezioni focali comprendono meningite, artrite settica, osteo-mielite, IVU, ascessi polmonari e colangite. Il C. hyointestinalis è stato associato a proctite, il C. upsaliensis ad ascessi mammari e il C. rectus a periodontite.

Infezioni perinatali. Le infezioni perinatali severe, anche se in-frequenti, sono di solito causate dal C. fetus e, raramente, dal C. jejuni. Le infezioni materne da C. fetus e C. jejuni, che possono essere asintomatiche, possono risultare in aborto, natimortalità, parto prematuro o infezione neonatale con sepsi e meningite. L’infezione neonatale da C. jejuni è associata a diarrea che può essere ematica; il C. fetus raramente causa diarrea.

DIAGNOSI. La presentazione clinica dell’enterite da Campylobac-ter è simile a quella dell’enterite causata da altri enteropatogeni batterici. La diagnosi differenziale comprende Shigella, Salmonel-la, Escherichia coli invasiva, E. coli O157 : H7, Yersinia enteroco-litica, Aeromonas, Vibrio parahaemolyticus e amebiasi. Leucociti fecali si trovano in almeno il 75% dei casi e sangue nelle feci nel 50% dei casi.

La diagnosi di Campylobacter è di solito confermata dall’iden-tifi cazione del microrganismo in coltura. Si usano comunemente terreni selettivi, come i terreni di Skirrow o Butzler, e le condi-zioni microaerofi le (ossigeno al 5-10%). Alcuni ceppi di C. jejuni crescono meglio a 42 °C. Sono disponibili metodi di fi ltrazione che possono arricchire preferenzialmente di Campylobacter il campione a causa delle minori dimensioni del microrganismo. Queste metodiche permettono la successiva coltura del campione arricchito in un terreno senza antibiotici. Ciò migliora il tasso di isolamento di quei Campylobacter inibiti dagli antibiotici com-presi nei terreni selettivi standard.

Per una diagnosi rapida di enterite da Campylobacter, pos-sono essere utilizzati la colorazione diretta con carbofucsina di uno striscio fecale, i test di immunofl uorescenza indiretta, la

180-206ANA.indd 1236180-206ANA.indd 1236 23-09-2008 12:38:4523-09-2008 12:38:45

Page 4: Capitolo 199 Campylobacter Gloria P. Heresi, Shaida Baqar ... · appare insolito, in quanto virtualmente sono assenti sequenze di inserzione o sequenze associate a fagi e vi sono

Capitolo 200 ■ Yersinia ■ 1237

no simulare un’appendicite. La Yersinia pseudotuberculosis è più spesso associata a linfoadenite mesenterica. La Yersinia pestis, l’agente della peste, causa più frequentemente una linfoadenite febbrile acuta (peste bubbonica) e meno frequentemente si presen-ta come peste setticemica, polmonare o meningea. La peste non trattata ha un signifi cativo tasso di mortalità. Altri microrganismi del genere Yersinia sono cause infrequenti di infezioni degli esseri umani e la loro identifi cazione è spesso un indicatore di un defi cit immunitario. Le yersiniosi sono zoonosi, possono colonizzare gli animali domestici e si osservano nella maggior parte delle aree del mondo. L’infezione degli esseri umani risulta più spesso dal contatto con animali infetti o con i loro tessuti, dall’ingestione di acqua, latte o carne contaminati, o, per la Y. pestis, dal morso di pulci infette. L’associazione con la malattia umana è meno chiara per la Y. frederiksenii, la Y. intermedia, la Y. kristensenii (queste ultime 3 sono state recentemente separate dalla Y. enterocolitica), la Y. bercovieri, la Y. mollaretii e la Y. rohedi.

200.1 • YERSINIA ENTEROCOLITICA EZIOLOGIA. La Y. enterocolitica è un coccobacillo Gram-negativo di grandi dimensioni che presenta una scarsa o assente bipolarità quando viene colorato con il blu di metilene e la carbolfucsina. Questi anaerobi facoltativi crescono bene sui comuni terreni di coltura e sono mobili a 22 °C ma non a 37 °C. La Y. enterocolitica comprende ceppi patogeni e non patogeni.

EPIDEMIOLOGIA. Questo microrganismo è trasmesso agli esseri umani attraverso alimenti, acqua, contatti con animali ed emo-derivati contaminati. La trasmissione può avvenire da madre a neonato. La Y. enterocolitica sembra avere una distribuzione glo-bale, ma raramente è causa di diarrea tropicale. Negli Stati Uniti si verifi ca circa un’infezione da Y. enterocolitica accertata con una coltura su 100 000 abitanti/anno, e l’infezione può essere più frequente in Europa Settentrionale. I casi sono più frequenti nei mesi più freddi, nei maschi e nei soggetti più giovani. La maggior parte delle infezioni pediatriche si verifi ca in bambini 7 anni di età, soprattutto nei 1 anno di età.

I serbatoi naturali della Y. enterocolitica comprendono ro-ditori, conigli, maiali, pecore, bestiame, cavalli, cani e gatti. Il contatto con animali selvatici o con animali domestici colonizzati è una fonte comune di infezioni umane. Le tecniche colturali e molecolari hanno permesso di ritrovare il microrganismo in diversi alimenti e nell’acqua. Una fonte di infezioni sporadiche da Y. enterocolitica è costituita dagli scarti di lavorazione del maiale ( trippa). In uno studio, il 71% degli isolati umani non era distinguibile dai ceppi isolati dai maiali. La Y. enterocolitica è una malattia professionale per i macellai. In parte a causa della sua capacità di moltiplicarsi a temperature di frigorifero, la Y. enterocolitica viene talvolta trasmessa per iniezione ev di fl uidi contaminati, compresi gli emoderivati.

Le infezioni da Y. enterocolitica sono aumentate, mentre le infe-zioni da Y. pseudotuberculosis sono diminuite, portando all’ipo-tesi che il primo microrganismo stia sostituendo il secondo in una nicchia ecologica. Si ritiene che, in parte, l’allevamento animale di massa, lo sviluppo di fabbriche di prodotti a base di carne con conservazione basata sulla catena del freddo e il commercio in-ternazionale di carne e animali siano la causa dell’aumento della prevalenza della yersiniosi negli esseri umani.

PATOGENESI. Nella maggior parte dei casi, i microrganismi pe-netrano nell’organismo attraverso il tratto digerente e provoca-no ulcere mucose nell’ileo. Si verifi cano lesioni necrotiche delle placche di Peyer e linfoadenite mesenterica. Se si sviluppa una setticemia, possono essere osservate lesioni suppurative negli or-gani infetti. L’infezione può scatenare un’artrite reattiva e un eritema nodoso.

Adesione, invasione e produzione di tossine sono stati stabiliti come meccanismi essenziali della patogenesi. Componenti bat-teriche, alcune associate con l’apparato di secrezione di tipo III

PROGNOSI. Anche se la gastroenterite da Campylobacter è di so-lito autolimitata, i bambini con immunosoppressione, compresi quelli con AIDS, possono presentare un decorso protratto o seve-ro. La setticemia nei neonati e negli ospiti immunocompromessi comporta una prognosi sfavorevole, con una mortalità stimata del 30-40%.

PREVENZIONE. La maggior parte delle campilobatteriosi umane è sporadica e viene acquisita indirettamente o direttamente da ani-mali infetti o da alimenti contaminati. Gli interventi per minimiz-zare la trasmissione comprendono la preparazione degli alimenti in condizioni che garantiscano l’eliminazione di Campylobacter e che prevengano la ricontaminazione dopo la cottura (evitare l’uso delle stesse superfi ci, degli stessi utensili e degli stessi contenitori sia per gli alimenti cotti sia per quelli crudi), assicurandosi che le risorse idriche non siano contaminate, che l’acqua sia tenuta in contenitori puliti e prendendo misure per la prevenzione della trasmissione diretta dai soggetti infetti o dagli animali domestici infetti. L’allattamento al seno sembra ridurre la malattia sintoma-tica da Campylobacter ma non riduce la colonizzazione.

Sono in corso di studio diversi approcci vaccinali, compreso l’uso di microrganismi vivi attenuati, vaccini in subunità e vaccini con microrganismi interi uccisi.

Amieva MR: Important bacterial gastrointestinal pathogens in children: A pathogenesis perspective. Pediatr Clin North Am 2005;52(3):749–777.

Angulo FJ, Nargund VN, et al: Evidence of an association between use of anti-microbial agents in food animals and anti-microbial resistance among bacteria isolated from humans and the human health consequences of such resistance. J Vet Med B Infect Dis Vet Public Health 2004;51(8–9):374–379.

Friedman CR, Hoekstra RM, Samuel M, et al: Risk factors for sporadic Cam-pylobacter infection in the United States: A case-control study in FoodNet sites. Clin Infect Dis 2004;38(Suppl 3):S285–S296.

Fullerton KE, Ingram LA, Jones TF, et al: Sporadic campylobacter infection in infants: a population-based surveillance case-control study. Pediatr Infect Dis J 2007;26:19–24.

Hannu T, Mattila L, Rautelin H, et al: Three cases of cardiac complications associated with Campylobacter jejuni infection and review of the literature. Eur J Clin Microbiol Infect Dis 2005;24:1–4.

Hughes R: Campylobacter jejuni in Guillain-Barré syndrome. Lancet Neurol 2004;3(11):644.

Karlyshev AV, Ketley JM, Wren BW: The Campylobacter jejuni glycome. FEMS Microbiol Rev 2005;29(2):377–390.

Lukinmaa S, Nakari UM, Eklund M, et al: Application of molecular genetic methods in diagnostics and epidemiology of food-borne bacterial pathogens. APMIS 2004;112:908–929.

Moore JE, Corcoran D, Dooley S, et al: Campylobacter. Vet Res 2005;36:351–382.

Nataro JP: Vaccines against diarrheal diseases. Semin Pediatr Infect Dis 2004;15:272–279.

Samuel MC, Vugia DJ, Shallow S, et al: Epidemiology of sporadic Campy-lobacter infection in the United States and declining trend in incidence, FoodNet 1996–1999. Clin Infect Dis 2004;36(Suppl 3):S165–S174.

Yuki N, Odaka M: Ganglioside mimicry as a cause of Guillain-Barré syndro-me. Curr Opin Neurol 2005;18(5):557–561.

Capitolo 200 ■ Yersinia James R. Murphy

e Gloria P. Heresi

I membri del genere Yersinia della famiglia delle Enterobacteria-ceae comprendono più di 10 specie denominate, 3 delle quali sono state accertate come patogeni umani che provocano malattie differenti che verranno descritte separatamente. La Yersinia ente-rocolitica, di gran lunga la più frequente Yersinia causa di malattia umana, provoca febbre, dolore addominale e diarrea che posso-

180-206ANA.indd 1237180-206ANA.indd 1237 23-09-2008 12:38:4523-09-2008 12:38:45

Page 5: Capitolo 199 Campylobacter Gloria P. Heresi, Shaida Baqar ... · appare insolito, in quanto virtualmente sono assenti sequenze di inserzione o sequenze associate a fagi e vi sono

1238 ■ PARTE XVI ■ Malattie infettive

corso del trattamento per la Y. enterocolitica, specialmente se hanno un’infezione gastrointestinale con complicanze o un’infe-zione extraintestinale.

COMPLICANZE. In associazione con l’infezione da Y. enterocoliti-ca sono state riportate artrite reattiva, eritema nodoso, eritema multiforme, anemia emolitica, trombocitopenia e disseminazione batterica sistemica. La setticemia è più frequente nei bambini più piccoli e l’artrite reattiva in quelli più grandi. L’artrite sembra mediata da immunocomplessi e nelle articolazioni interessate non sono presenti batteri vivi.

PREVENZIONE. La prevenzione verte sulla riduzione dei contatti con le fonti ambientali di Yersinia. L’interruzione o la sterilizza-zione della catena che si estende dai serbatoi animali agli esseri umani ha il maggiore potenziale per quanto riguarda la riduzione delle infezioni e le tecniche utilizzate devono essere adattate ai serbatoi presenti in ciascuna area. Non esiste un vaccino.

200.2 • YERSINIA PSEUDOTUBERCULOSIS

La Y. pseudotuberculosis è così denominata in quanto causa nelle cavie lesioni similtubercolari. Il microrganismo ha una di-stribuzione mondiale e la malattia da Y. pseudotuberculosis è meno frequente della malattia da Y. enterocolitica. La forma più comune della malattia è una linfoadenite mesenterica che produce una sindrome simile all’appendicite. La Y. pseudotuberculosis è associata a una malattia simile alla sindrome di Kawasaki nell’8% circa dei casi (vedi Capitolo 165).

EZIOLOGIA. La Y. pseudotuberculosis condivide molte caratteristi-che morfologiche e colturali con la Y. enterocolitica e si differenzia biochimicamente da quest’ultima in base all’attività dell’ornitina-decarbossilasi, alla fermentazione di saccarosio, sorbitolo, cello-bioso, e ad altri test, anche se si verifi ca una certa sovrapposizione tra le specie. Possono essere utilizzati anche antisieri contro gli antigeni somatici O e la sensibilità ai fagi di Yersinia per differen-ziare le 2 specie. Sono state descritte sequenze DNA specifi che per sottospecie che permettono la differenziazione con sonde e primer specifi ci di Y. pestis, Y. pseudotuberculosis e Y. enterocolitica. La Y. pseudotuberculosis è più strettamente correlata alla Y. pestis rispetto alla Y. enterocolitica.

EPIDEMIOLOGIA. La Y. pseudotuberculosis è un microrganismo zoonosico i cui serbatoi sono costituiti da roditori selvatici, lepri, cervi, animali di fattoria, diversi uccelli e animali domestici, tra cui gatti e canarini. La trasmissione agli esseri umani avviene at-traverso il consumo di animali contaminati, contatto con questi o contatto con una fonte ambientale, spesso acqua, contaminata da animali. Le infezioni sono più comunemente riportate in Europa, nei maschi e in inverno. Recentemente sono state pubblicate le evidenze dirette della trasmissione di Y. pseudotuberculosis attra-verso il consumo di lattuga. La batteriemia da Y. pseudotuber-culosis è un problema che si osserva sempre più frequentemente nei pazienti con infezione da HIV.

PATOGENESI. Segni caratteristici dell’infezione sono le ulcere mu-cose di ileo e colon e una linfoadenite mesenterica. Granulomi epitelioidi necrotizzanti possono essere osservati nei linfonodi me-senterici, ma l’appendice è frequentemente normale da un punto di vista macroscopico e microscopico. I linfonodi mesenterici sono spesso l’unica fonte per l’isolamento dei microrganismi. Gli antige-ni della Y. pseudotuberculosis si legano direttamente alle molecole HLA di classe II e possono funzionare da superantigeni, il che può spiegare la malattia clinica simile alla sindrome di Kawasaki.

MANIFESTAZIONI CLINICHE. Una pseudoappendicite con dolore addominale, dolore del quadrante inferiore destro, febbre e leu-cocitosi è la presentazione clinica più comune. Enterocolite e diffusione extraintestinale non sono frequenti. Si osservano spes-

batterico, possono sopprimere attivamente le capacità immuno-logiche, suggerendo che l’immunosoppressione può contribuire alla patogenesi. La motilità sembra essere un requisito per la patogenesi di Y. enterocolitica. I sierogruppi che predominano nella malattia umana sono 0 : 3, 0 : 8, 0 : 9 e 0 : 5,27. I tratti di virulenza sono codifi cati a livello sia cromosomico sia plasmidico. Gli individui con sovraccarico di ferro come nell’emocromatosi, nella talassemia e nella malattia a cellule falciformi, sono ad alto rischio d’infezione, forse perché i ceppi patogeni richiedono ferro.

MANIFESTAZIONI CLINICHE. La malattia si presenta più spesso co-me enterocolite con diarrea, febbre e dolore addominale. L’enteri-te acuta è più comune nei bambini più piccoli, mentre nei bambini più grandi e negli adolescenti si può osservare una linfoadenite mesenterica che può simulare un’appendicite. Le feci possono es-sere acquose o contenere leucociti e meno frequentemente sangue e muco franchi. La Y. enterocolitica viene eliminata nelle feci per 1-4 settimane. Si può osservare come i contatti familiari di un caso possano essere frequentemente colonizzati da Y. enteroco-litica in modo asintomatico. La setticemia da Y. enterocolitica è meno comune e si osserva più spesso in bambini molto piccoli (3 mesi di età) e in soggetti immunocompromessi. L’infezione sistemica è associata ad ascessi splenici ed epatici, osteo-mielite, meningite, endocardite e aneurismi micotici. Faringite essudativa, polmonite, empiema, ascessi polmonari e sindrome da distress respiratorio acuto sono di osservazione infrequente. L’infezione da Y. enterocolitica in soggetti immunocompromessi può presen-tarsi con aspetti fi sici e TC suggestivi di cancro del colon con metastasi epatiche.

Le complicanze reattive comprendono eritema nodoso, poliar-trite, artrite e la sindrome uveite-rash. Queste possono essere più frequenti in popolazioni selezionate (europei settentrionali), in associazione con HLA-B27, e sono più frequenti nelle femmine.

DIAGNOSI. La coltura di Y. enterocolitica è la principale metodica diagnostica. Il microrganismo è facilmente coltivabile da siti nor-malmente sterili, ma richiede procedure speciali per l’isolamento dalle feci dove altri batteri possono impedire la proliferazione della Y. enterocolitica. L’arricchimento a freddo in cui il campione viene mantenuto in soluzione fi siologica tamponata può risulta-re nella crescita preferenziale di Yersinia, ma questa procedura richiede settimane. Molti laboratori non eseguono di routine le procedure necessarie per isolare la Y. enterocolitica e occorre richiedere specifi camente colture espressamente rivolte alla ricer-ca di questo microrganismo. Un’anamnesi di contatto con fonti ambientali di Yersinia e il riscontro di leucociti fecali sono utili indicatori della necessità di una coltura per la Y. enterocolitica. L’isolamento colturale di una yersinia dalle feci deve essere segui-to da esami che confermino che l’isolato è un patogeno.

DIAGNOSI DIFFERENZIALE. La presentazione clinica è simile ad altre cause batteriche di enterocolite. La diagnosi differenziale più comune è tra Shigella, Salmonella, Campylobacter, Clostridium diffi cile, Escherichia coli enteroinvasiva e la malattia intestinale infi ammatoria (vedi Capitoli 333 e 337).

TRATTAMENTO. L’enterocolite che si verifi ca in un individuo im-munocompetente è una malattia autolimitata e non è stato sta-bilito alcun benefi cio dalla terapia antibiotica. Occorre trattare i pazienti con infezione sistemica e i bambini molto piccoli in cui è comune una setticemia. Molti microrganismi di Yersinia sono suscettibili a trimetoprim-sulfametoxazolo (TMP-SMZ), aminoglicosidi, cefalosporine di 3a generazione e chinolonici. Il TMP-SMZ è il trattamento empirico raccomandato nei bambini, in quanto la maggior parte dei ceppi è sensibili e ben tollerata. Nelle infezioni severe come in una batteriemia, le cefalospori-ne di 3a generazione con o senza aminoglicosidi sono effi caci. La Y. enterocolitica produce lattamasi a e b, responsabili della resistenza a penicilline e cefalosporine. I pazienti che assumono deferoxamina devono interrompere la terapia ferro-chelante nel

180-206ANA.indd 1238180-206ANA.indd 1238 23-09-2008 12:38:4523-09-2008 12:38:45

Page 6: Capitolo 199 Campylobacter Gloria P. Heresi, Shaida Baqar ... · appare insolito, in quanto virtualmente sono assenti sequenze di inserzione o sequenze associate a fagi e vi sono

Capitolo 200 ■ Yersinia ■ 1239

zione una mutazione con delezione del gene che codifi ca CCR5 (CCR5-delta32). L’aumento della frequenza di tale mutazione nelle popolazioni europee presenta un vantaggio collaterale in quanto fa sì che il 10% dei soggetti di discendenza europea sia resistente a HIV-1.

La modalità più comune di trasmissione della Y. pestis agli esseri umani è attraverso il morso di pulci infette. Si ritiene che storicamente la maggior parte delle infezioni umane sia derivata dal morso di pulci che avevano acquisito l’infezione da ratti urbani infetti. Meno frequentemente, l’infezione è causata dal contatto con fl uidi o tessuti corporei infetti o dall’inalazione di goccioline infettive. La peste silvana può esistere come infezione zoonosica stabile oppure come malattia epizootica con elevata mortalità dell’ospite. Possono essere infetti scoiattoli di terra, scoiattoli delle rocce, cani della prateria, ratti, topi, linci, gatti, conigli e chipmunk. La trasmissione tra gli animali avviene di solito in seguito al morso di pulci o per l’ingestione di tessuti contaminati. La Xenopsylla cheopis è la pulce più comunemente associata alla trasmissione agli esseri umani, ma è stato dimostra-to che �30 specie di pulci sono vettori competenti, e la Pulex irritans, la pulce umana, può trasmettere la peste e può essere stata un vettore importante in qualche epidemia storica. Maschi e femmine sono affetti dalla peste allo stesso modo e la trasmis-sione è più comune nelle regioni e nelle stagioni fredde, forse a causa delle differenze di temperature nelle infezioni da Y. pestis nelle pulci portatrici.

L’assenza di diversità dei nucleotidi nel genoma della Y. pestis conferma l’opinione che essa sia emersa in tempi relativamen-te recenti nella storia evolutiva dal patogeno gastrointestinale strettamente correlato Y. pseudotuberculosis, probabilmente dal sierotipo 0 : 1b.

PATOGENESI. Nella forma più comune di peste, le pulci infette rigurgitano i microrganismi nella cute del paziente nel corso del pasto. I batteri passano nei linfonodi regionali, dove la Y. pestis si moltiplica, risultando nella peste bubbonica. In assenza della rapida istituzione di una terapia specifi ca, può verifi carsi una batteriemia, con la formazione di lesioni purulente, necrotiche ed emorragiche in molti organi. Per una virulenza piena sono neces-sari sia geni cromosomici sia geni plasmidici. La peste polmonare si verifi ca quando viene inalato materiale infetto. Il microrgani-smo è altamente trasmissibile dai pazienti con peste polmonare e dai gatti domestici con infezione polmonare. Tale elevata tra-smissibilità e la morbilità e la mortalità elevate sono alla base del tentativo di usare la Y. pestis come arma biologica.

MANIFESTAZIONI CLINICHE. L’infezione da Y. pestis può presen-tarsi sotto forma di diverse sindromi cliniche oppure può essere subclinica. Le 3 principali presentazioni cliniche della peste sono la peste bubbonica, setticemica e polmonare. La peste bubbonica è la forma più frequente e comprende l’80-90% dei casi negli Stati Uniti. Dopo 2-8 giorni dal morso di una pulce, linfonodi delle dimensioni di 1-10 cm, o bubboni, che sono caratteri-stici per la dolorabilità, si trasformano in linfonodi drenanti localizzati a livello della regione inguinale (più comunemente), ascellare o cervicale, a seconda del sito di inoculazione. Sono comuni febbre, brividi, perdita di forza, prostrazione, cefalea e lo sviluppo di setticemia. La cute può evidenziare morsi di insetto o lesioni da trattamento. Possono svilupparsi porpora e gangrena delle estremità in seguito a coagulazione intravascolare disseminata. Queste lesioni possono essere all’origine del nome “morte nera”. La peste non trattata ha una mortalità �50% degli individui sintomatici. La morte si può verifi care 2-4 giorni dopo l’esordio dei sintomi.

Occasionalmente, la Y. pestis può causare un’infezione sistemi-ca a indurre i sintomi sistemici osservati con la peste bubbonica senza causare un bubbone (peste setticemica primitiva). A causa del ritardo diagnostico legato all’assenza del bubbone, la peste setticemica comporta un tasso di mortalità più elevato rispetto alla peste bubbonica. In alcune regioni, la peste setticemica senza bubbone può comprendere ¼ dei casi.

so sovraccarico di ferro, diabete mellito ed epatopatia cronica in associazione con un’infezione extraintestinale da Y. pseudo-tuberculosis. Può verifi carsi interessamento renale con nefrite tubulointerstiziale, azotemia, piuria e glicosuria.

DIAGNOSI. I linfonodi mesenterici interessati rimossi al momento dell’appendicectomia possono permettere l’isolamento colturale del microrganismo. L’ecografi a di bambini con febbre non spie-gata e dolore addominale può rivelare un quadro caratteristico di ingrossamento dei linfonodi mesenterici, ispessimento dell’ileo terminale e nessuna immagine dell’appendice. La Y. pseudotuber-culosis è raramente isolata nelle feci.

DIAGNOSI DIFFERENZIALE. Devono essere prese in considerazio-ne un’appendicite (più frequentemente), una malattia intestinale infi ammatoria e altre infezioni intra-addominali. Sindrome di Kawasaki, malattia stafi lococcica o streptococcica, leptospirosi, sindrome di Stevens-Johnson e malattie vascolari del collagene, compresa l’artrite reumatoide giovanile a esordio acuto, possono simulare la sindrome con febbre prolungata e rash.

TRATTAMENTO. La linfoadenite mesenterica non complicata da Y. pseudotuberculosis è una malattia autolimitata e la terapia antibiotica non è necessaria. Una batteriemia confermata dalla coltura deve essere trattata con un aminoglicoside, ampicillina, cloramfenicolo o una cefalosporina di 3a generazione.

COMPLICANZE. Può verifi carsi una malattia con presentazione simile alla malattia di Kawasaki. Vi può essere febbre della durata di 1-2 giorni, lingua a fragola, eritema faringeo, un rash scar-lattiniforme, fessurazione, arrossamento ed edema delle labbra, congiuntivite, piuria sterile, desquamazione periungueale e trom-bocitosi. Sono stati descritti aneurismi coronarici. All’infezione possono fare seguito eritema nodoso e artrite reattiva.

PREVENZIONE. L’evitamento dell’esposizione ad animali potenzial-mente infetti e pratiche adeguate di manipolazione degli alimenti possono prevenire l’infezione. La natura sporadica della malattia rende diffi coltosa l’applicazione di misure mirate di prevenzione.

200.3 • PESTE ( YERSINIA PESTIS)EZIOLOGIA. La Y. pestis è un coccobacillo Gram-negativo, non mobile e che non forma spore. Il batterio ha diversi fattori cro-mosomici e associati a plasmidi che sono essenziali per la sua virulenza e per la sua sopravvivenza nei mammiferi e nelle pulci. Esso condivide la colorazione bipolare con la Y. pseudotubercu-losis. La Y. pestis può essere differenziata dalla Y. pseudotuber-culosis mediante reazioni biochimiche, la sierologia, la sensibilità fagica e le tecniche molecolari. Il genoma della Y. pestis è stato pubblicato. Si tratta di un potenziale agente di bioterrorismo (vedi Capitolo 711).

EPIDEMIOLOGIA. La peste è endemica in almeno 24 Paesi e ogni anno ne vengono riportati almeno 3000 casi. Negli Stati Uniti, la peste è più comune a ovest di una linea che va dal Texas orientale al Montana orientale. La peste è rara negli Stati Uniti (0-40 casi riportati per anno) e l’80% dei casi si verifi ca in New Mexico, Arizona e Colorado. La trasmissione agli esseri umani avviene più comunemente da fonti animali selvatiche, anche se molti casi di peste da inalazione recentemente riportati ai Centers for Disease Control and Prevention (CDC) erano associati all’esposizione a gatti domestici randagi. La forma epidemica della malattia uccise circa ¼ della popolazione europea nel Medioevo nel corso di una di diverse epidemie o pandemie. L’epidemiologia della peste epidemica comprende l’estensione dell’infezione dai serbatoi zo-onosici ai ratti urbani, Rattus rattus e Rattus norvegicus, e dalle pulci dei ratti urbani all’uomo. Non si osservano più epidemie. Si ipotizza che la pressione selettiva esercitata dalle pandemie del Medioevo in Europa abbia reso più frequente nella popola-

180-206ANA.indd 1239180-206ANA.indd 1239 23-09-2008 12:38:4523-09-2008 12:38:45

Page 7: Capitolo 199 Campylobacter Gloria P. Heresi, Shaida Baqar ... · appare insolito, in quanto virtualmente sono assenti sequenze di inserzione o sequenze associate a fagi e vi sono

1240 ■ PARTE XVI ■ Malattie infettive

ore ev) e cloramfenicolo (100 mg/kg/die suddivisi ogni 6 ore ev). La gentamicina è preferibile nelle donne gravide. La resistenza verso questi agenti e le recidive sono rare. La Y. pestis è sensibile ai fl uorochinolonici in vitro, che sono effi caci nel trattamento della peste sperimentale negli animali. La Y. pestis è sensibile alla penicillina in vitro, ma questo antibiotico non è effi cace nel trattamento della malattia umana. Una malattia di grado lieve può essere trattata con cloramfenicolo o tetraciclina nei bambini �9 anni di età. Si nota un miglioramento clinico entro 48 ore dall’inizio del trattamento.

La profi lassi postesposizione deve essere effettuata nei contatti stretti dei pazienti con peste polmonare. La profi lassi antibiotica è raccomandata entro 7 giorni dall’esposizione per i soggetti con contatto stretto e diretto con un paziente con peste polmonare o per quelli esposti a un aerosol accidentale o terroristico. Gli schemi terapeutici raccomandati comprendono un ciclo di 7 giorni di tetraciclina, doxiciclina o TMP-SMZ. I contatti di casi con peste bubbonica non complicata non richiedono la profi lassi. La Y. pestis è un potenziale agente di bioterrorismo che può richiedere la profi lassi contro le perdite di massa (vedi Capitolo 711).

PREVENZIONE. L’evitamento dell’esposizione ad animali e pulci infetti è il metodo migliore per la prevenzione dell’infezione. Ne-gli Stati Uniti, occorre una particolare attenzione negli ambienti abitati da roditori serbatoio di Y. pestis e dai loro ectoparassiti. I pazienti con peste devono essere isolati in caso di sintomi polmonari e i materiali infetti devono essere maneggiati con estrema attenzione. È disponibile un vaccino per gli individui ad alto rischio.

Yersinia enterocolitica

Abdel-Haq NM, Asmar BI, Abuhammour WM, et al: Yersinia enterocolitica infection in children. Pediatr Infect Dis J 2000;19:954–958.

Bottone EJ: Yersinia enterocolitica: Overview and epidemiologic correlates. Microbes Infect 1999;1:323–333.

Centers for Disease Control and Prevention: Yersinia enterocolitica gastroente-ritis among infants exposed to chitterlings–Chicago, Illinois, 2002. MMWR 2003;52:956–958.

Crosbie J, Varma J, Mansfi eld J: Yersinia enterocolitica infection in a patient with hemachromatosis masquerading as proximal colon cancer with liver metastases: Report of a case. Dis Colon Rectum 2005;48:390–392.

Jones TF, Buckingham SC, Bopp CA, et al: From pig to pacifi er: Chitterling-associated yersiniosis outbreak among black infants. Emerg Infect Dis 2003;9:1007–1009.

Nelson KM, Young GM, Miller VL:. Identifi cation of a locus involved in sy-stemic dissemination of Yersinia enterocolitica. Infect Immun 2001;69(10):6201–6208.

Ray SM, Ahuja SD, Blake PA, et al: Population-based surveillance for Yersinia enterocolitica infections in FoodNet sites, 1996–1999: Higher risk of dise-ase in infants and minority populations. Clin Infect Dis 2004;15(38;Suppl 3):S181–S189.

Schulte R, Grassl GA, Preger S, et al: Yersinia enterocolitica invasin protein triggers IL-8 production in epithelial cells via activation of Rel p65-p65 homodimers. FASEB J 2000;14:1471–1484.

Yersinia pseudotuberculosis

Nuorti JP, Niskanen T, Hallanvuo S, et al: A widespread outbreak of Yer-sinia pseudotuberculosis O:3 infection from iceberg lettuce. J Infect Dis 2000;89(5):766–774.

Press N, Fyfe M, Bowie W, et al: Clinical and microbiological follow-up of an outbreak of Yersinia pseudotuberculosis serotype Ib. Scand J Infect Dis 2001;33:523–526.

Sieper J: Disease mechanisms in reactive arthritis. Curr Rheumatol Rep 2004;6(2):110–116.

Wren BW: The yersiniae–a model genus to study the rapid evolution of bac-terial pathogens. Nat Rev Microbiol 2003;1(1):55–64.

Peste (Yersinia pestis)

Barde R: Plague in San Francisco: An essay review. J Hist Med Allied Sci 2004;59(3):463–470.

La peste polmonare è la forma della malattia meno comune, ma anche la più pericolosa e fatale. La peste polmonare può derivare da disseminazione ematogena o raramente, come peste polmonare primitiva, in seguito all’inalazione del microrganismo da un essere umano o un animale con polmonite pestosa o po-tenzialmente da un attacco biologico. I segni di peste polmonare comprendono una polmonite severa con febbre elevata, dispnea ed emottisi.

Possono verifi carsi meningite, tonsillite o gastroenterite pesto-se. La meningite tende a essere una complicanza tardiva in seguito a un trattamento inadeguato. Tonsillite e gastroenterite possono verifi carsi con o senza un’evidente formazione del bubbone o linfoadenopatia.

DIAGNOSI. Nei pazienti con febbre e anamnesi di esposizione a piccoli animali in aree endemiche occorre sospettare la peste. Pertanto, si sospetta la peste bubbonica in un paziente con un linfonodo dolente e ingrandito, febbre e prostrazione, che è sta-to esposto a pulci o roditori negli Stati Uniti Occidentali. Una recente esperienza di campeggio o la presenza di morsi di pulce aumentano l’indice di sospetto.

La Y. pestis è rapidamente trasmessa agli esseri umani nel corso di certe manipolazioni di laboratorio di routine. Pertan-to, è imperativo notifi care con chiarezza a un laboratorio se viene inviato un campione sospetto di contenere la Y. pestis. La diagnosi di laboratorio si basa sulla coltura batteriologica o sulla visualizzazione diretta con colorazione di Gram, Giemsa o Wayson di aspirati linfonodali, sangue, espettorato o essudati. La Y. pestis cresce lentamente in condizioni colturali di routine e cresce meglio a temperature diverse da quelle usate per le colture di routine in molti laboratori clinici. I sospetti isolati di Y. pestis devono essere inviati a un laboratorio di riferimento per la con-ferma. Sono necessarie speciali precauzioni di contenimento per la spedizione. I casi di peste devono essere riportati immediata-mente ai dipartimenti sanitari locali e statali e ai CDC.

DIAGNOSI DIFFERENZIALE. La colorazione di Gram della Y. pestis può essere confusa con l’Enterobacter agglomerans. Forme lievi e subacute di peste bubbonica possono essere confuse con altri disordini che provocano linfoadenite e linfoadenopatia localizza-ta. La peste setticemica può essere indistinguibile da altre forme di sepsi batterica fulminante come la tularemia e la malattia da graffi o di gatto. Le manifestazioni polmonari della peste sono simili a quelle di antrace, febbre Q e tularemia, tutti microrga-nismi con un potenziale di guerra batteriologica/bioterrorismo. Pertanto, la presentazione di un caso sospetto e specialmente qualsiasi gruppo di casi richiedono la segnalazione immediata. Altre informazioni su questo aspetto della peste e sulle relative procedure possono essere trovate sul sito www.bt.cdc.gov.

TRATTAMENTO. I pazienti con sospetta peste bubbonica devono essere messi in isolamento fi no a 2 giorni dopo l’inizio del trat-tamento antibiotico per prevenire la potenziale diffusione della malattia se il paziente sviluppa una polmonite. Il trattamento di scelta per la peste bubbonica è consistito storicamente nella streptomicina (30 mg/kg/die, dose massima 2 g/die, suddivisi ogni 12 ore im per 10 giorni). Tuttavia, la streptomicina im è inappropriata per la setticemia, in quanto l’assorbimento può essere irregolare se la perfusione è scarsa. La scarsa penetra-zione a livello del sistema nervoso centrale della streptomicina la rende un farmaco inappropriato per la meningite. Inoltre, la streptomicina può non essere ampiamente e facilmente disponi-bile. Setticemia e meningite vengono di solito trattate con altri aminoglicosidi, doxiciclina o cloramfenicolo. Negli Stati Uniti, la gentamicina (bambini, 7,5 mg/kg im o ev suddivisi in 3 dosi giornaliere; adulti, 5 mg/kg im o ev 1 volta al giorno). I tratta-menti alternativi comprendono doxiciclina (45 kg, 4,4 mg/kg/die ogni 12 ore ev, dose massima 200 mg/die; �45 kg, 100 mg ogni 12 ore ev o 200 mg ev 1 volta al giorno), ciprofl oxacina (30 mg/kg/die suddivisi ogni 12 ore, dose massima 400 mg ogni 12

180-206ANA.indd 1240180-206ANA.indd 1240 23-09-2008 12:38:4523-09-2008 12:38:45

Page 8: Capitolo 199 Campylobacter Gloria P. Heresi, Shaida Baqar ... · appare insolito, in quanto virtualmente sono assenti sequenze di inserzione o sequenze associate a fagi e vi sono

Capitolo 201 ■ Aeromonas e Plesiomonas ■ 1241

sviluppato una colonizzazione. L’Aeromonas possiede diversi fattori potenziali di virulenza, comprese le emolisine �- e �-, le fi mbrie di adesione e altre proteine di adesione, enterotos-sina, citotossina, aerolisina, proteasi, chitinosi e un sistema di secrezione di tipo III. L’�-emolisina si è dimostrata citotossica per diverse linee cellulari. L’enterotossina causa l’accumulo di liquido nelle anse ileali di coniglio, aumenta la concentrazio-ne intracellulare di adenosina monofosfato ciclico nell’epitelio intestinale di coniglio e cross-reagisce immunologicamente con la tossina colerica. L’A. sobria è l’isolato clinico maggiormen-te enterotossico. Un’attività citotossica con effetti citopatici e intracellulari si osserva nell’89% degli isolati di Aeromonas. Gli effetti citopatici comprendono arrotondamento delle cellule ospiti, condensazione nucleare, perdita di adesione e morte cel-lulare. Gli effetti intracellulari sono costituiti da vacuolazione citoplasmatica con perdita della defi nizione nucleare seguita da distruzione cellulare. L’aerolisina è un’enterotossina citotossica con attività enterotossica, citotossica ed emolitica. Si trova nel 15% degli isolati ed è descritta come un fattore di virulenza estremamente potente associato alla malattia intestinale mediata da Aeromonas. La proteasi può avere un ruolo nelle manifesta-zioni extraintestinali delle infezioni da Aeromonas. Pochi ceppi producono tossina Shiga.

Il siero umano in genere promuove la fagocitosi e il killing intracellulare di Aeromonas. L’assenza di questa attività del siero è stata associata a una prognosi sfavorevole.

MANIFESTAZIONI CLINICHE. La colonizzazione da Aeromonas può essere asintomatica oppure essere causa di malattia, com-prese enterite, infezione invasiva focale e setticemia. Individui evidentemente normali da un punto di vista immunologico pos-sono presentarsi con ciascuna manifestazione, ma la malattia invasiva è più comune nei soggetti immunocompromessi. Negli esseri umani, l’infezione da Aeromonas è associata a 3 sindromi distinte: enterite, infezioni della cute e dei tessuti molli e setti-cemia.

Enterite. La più comune manifestazione clinica dell’infezione da Aeromonas è l’enterite, che si verifi ca primariamente nei bam-bini 3 anni di età. L’Aeromonas è la 3a o 4a causa più comune di diarrea batterica dell’infanzia ed è stata isolata nel 2-10% dei pazienti con diarrea e nell’1-5% dei soggetti di controllo asin-tomatici. La malattia diarroica è spesso acquosa e autolimitata, anche se è stata descritta una sindrome simil-dissenterica con sangue e muco nelle feci. Nei bambini sono comuni febbre, dolo-re addominale e vomito. L’enterite causata da A. hydrophila e A. sobria tende a essere acuta e autolimitata, mentre 1/3 dei pazienti con enterite da A. caviae ha una diarrea cronica o intermittente che può durare 4-6 settimane. L’A. sobria e l’A. caviae sono più frequentemente associate a diarrea del viaggiatore. Le compli-canze dell’enterite da Aeromonas comprendono invaginazione, defi cit di accrescimento staturo-ponderale, sindrome uremico-emolitica, batteriemia ed ernia intestinale con strangolamento. L’infezione da A. caviae può simulare una malattia intestinale infi ammatoria.

Infezioni della cute e dei tessuti molli. L’A. hydrophila è la specie predominante associata a infezioni di cute e tessuti molli, con picco d’incidenza nei mesi estivi. Le infezioni di cute e tessuti molli sono la 2a più comune presentazione di Aeromonas. I fattori predisponenti comprendono i traumi locali e l’esposizio-ne ad acqua dolce contaminata. Sono state riportate infezioni dei tessuti molli da Aeromonas causate da morso di alligatori, traumi sportivi, morso di zecche e salassoterapia medica con sanguisughe. Lo spettro delle infezioni di cute e tessuti molli è ampio e vario, da un nodulo cutaneo localizzato a fascite necro-tizzante, mionecrosi e gangrena gassosa potenzialmente fatali. La cellulite da Aeromonas non è distinguibile da quella causata da altri patogeni batterici che provocano cellulite, ma deve essere sospettata nelle ferite successivamente a contatto con una fonte acquatica, soprattutto in estate.

Setticemia. La setticemia da Aeromonas, la 3a più frequente presentazione dell’infezione, è associata a un elevato tasso di

Brubaker RR: The recent emergence of plague: A process of felonious evolu-tion. Microb Ecol 2004;47(3):293–299.

Centers for Disease Control and Prevention: Imported plague–New York City, 2002. MMWR 2003;52:725–727.

Daya M, Nakamura Y: Pulmonary disease from biological agents: Anthrax, plague, Q fever, and tularemia. Crit Care Clin 2005;21(4):747–763.

Dennis DT, Chow CC: Plague. Pediatr Infect Dis J 2004;23(1):69–71.Duncan CJ. Scott S: What caused the Black Death? Postgrad Med J 2005;

81(955):315–320.Hinnebusch BJ: The evolution of fl ea-borne transmission in Yersinia pestis.

Curr Issues Mol Biol 2005;7(2):197–212.Marketon MM, DePaolo RW, DeBord KL, et al: Plague bacteria target immune

cells during infection. Science 2005;309(5741):1739–1741.

Capitolo 201 ■ Aeromonas e Plesiomonas

Norma Pérez, Gloria P. Heresi e James R.

Murphy

I microrganismi Aeromonas e Plesiomonas causano enterite e meno frequentemente infezioni cutanee e dei tessuti molli e set-ticemia. Questi microrganismi sono comuni nelle acque dolci e salmastre e in piante e animali a contatto con l’acqua.

201.1 • AEROMONAS

EZIOLOGIA. I microrganismi di Aeromonas sono membri della famiglia delle Aeromonadaceae e in precedenza erano classifi ca-ti nella famiglia delle Vibrionaceae. Sono bacilli Gram-negativi ossidasi-positivi e anaerobi facoltativi che fermentano il glucosio. L’ibridazione del DNA riconosce �15 genospecie, di cui 7 sono note come patogeni umani. Le specie più spesso associate a infe-zione umana sono l’A. hydrophila, l’A. veronii biotipo sobria e l’A. caviae. L’Aeromonas infetta molti animali a sangue freddo e a sangue caldo. I ceppi di Aeromonas si suddividono in 2 gruppi maggiori: microrganismi psicrofi li che infettano gli animali a sangue freddo e microrganismi mesofi li mobili che infettano esseri umani e altri animali a sangue caldo.

EPIDEMIOLOGIA. I microrganismi di Aeromonas sono ubiquitari e si trovano in diversi ambienti acquatici d’acqua dolce e salmastra, compresi fi umi e torrenti, pozzi e acque fognarie. Essi vengono isolati più spesso da fonti acquatiche nel corso dei mesi caldi. La prevalenza d’infezione umana può o meno essere stagionale, evidentemente a seconda delle condizioni locali. Alcune specie possono resistere alla clorazione dell’acqua. I microrganismi di Aeromonas sono stati isolati da carne, latte, frutti di mare, alghe e vegetali consumati dagli esseri umani. La maggior parte delle infezioni umane è associata all’esposizione ad acque contaminate. Negli esseri umani si verifi ca una colonizzazione asintomatica da Aeromonas ed è più comune negli abitanti delle regioni tropicali. Si stima che negli Stati Uniti l’Aeromonas causi più del 13% dei casi di gastroenterite riportati e fi no al 18% dei casi di diarrea del viaggiatore. Le infezioni da Aeromonas contratte nei siti di disastri naturali e che si manifestano a distanza nei luoghi di raccolta delle persone evacuate sono un fenomeno di recente riconoscimento. Dalle zecche è stata isolata l’A. hydrophila. Con la salassoterapia medica con sanguisughe deve essere effettuata la profi lassi contro l’A. hydrophila.

PATOGENESI. I dati clinici ed epidemiologici dimostrano che mol-ti microrganismi di Aeromonas sono patogeni enterici. Tuttavia, volontari adulti che avevano assunto 104-1010 unità formanti colonie di Aeromonas non hanno sviluppato diarrea o hanno

180-206ANA.indd 1241180-206ANA.indd 1241 23-09-2008 12:38:4523-09-2008 12:38:45

Page 9: Capitolo 199 Campylobacter Gloria P. Heresi, Shaida Baqar ... · appare insolito, in quanto virtualmente sono assenti sequenze di inserzione o sequenze associate a fagi e vi sono

1242 ■ PARTE XVI ■ Malattie infettive

spore, ossidasi- e catalasi-positivo, mobile, con 2-5 fl agelli polari. La P. shigelloides è associata con enterite acuta e molto raramente con infezioni extraintestinali. Il genere è stato inserito tradizional-mente all’interno della famiglia delle Vibrionaceae e considerato strettamente correlato al Vibrio cholerae e all’Aeromonas. Tutta-via, sia le analisi genetiche che il profi lo antigenico indicano una relazione più stretta con la famiglia delle Enterobacteriaceae, e la P. shigelloides è stata recentemente riclassifi cata dalle Vibrio-naceae alle Enteroacteriaceae.

EPIDEMIOLOGIA. La P. shigelloides è ubiquitaria nelle acque dolci e storicamente è stata ritrovata più spesso nelle acque calde e tropicali, anche se vi sono sempre più segnalazioni di isolamenti in regioni fredde. La P. shigelloides colonizza numerosi animali a sangue freddo e caldo e può causare ma-lattia nei gatti. Si ritiene che l’infezione degli esseri umani sia il risultato del consumo di acqua o alimenti contaminati e forse del contatto con animali colonizzati. Il ruolo svolto dagli animali colonizzati nell’ecologia dell’infezione umana è poco conosciuto. La colonizzazione asintomatica da P. shigelloides è comune in alcune regioni tropicali e subtropicali e più rara nei climi più freddi. La maggior parte dei pazienti ha viaggiato all’estero o riferisce un’esposizione ad acqua o alimenti poten-zialmente contaminati. Negli umani la malattia clinica inizia da 24 ore a circa 4 giorni dopo il contatto con il microrganismo. L’esposizione alla P. shigelloides sierotipo 17 può immunizzare le popolazioni nei confronti della Shigella sonnei, in quanto questi microrganismi condividono lo stesso lipopolisaccaride della parete cellulare.

PATOGENESI. Le evidenze epidemiologiche indicano che la P. shi-gelloides è un enteropatogeno. Tuttavia, la capacità diarrogena della P. shigelloides non è stata confermata dall’ingestione del microrganismo da parte di volontari. Il meccanismo dell’enterite non è noto, ma sembra che la specie possa causare sia una malat-tia secretiva sia una malattia invasiva. La maggior parte dei ceppi di P. shigelloides secerne una �-emolisina ritenuta il principale fattore di virulenza associato all’infezione intestinale. I dati in vitro evidenziano come gli isolati di P. shigelloides interagisca-no con cellule di origine enterica, le cellule Caco-2. Il tipo di internalizzazione batterica differisce, suggerendo diversi fenotipi patogeni, il che potrebbe spiegare il diverso spettro clinico.

MANIFESTAZIONI CLINICHE. Nelle popolazioni pediatriche, l’en-terite da Plesiomonas è di solito secretiva (fi no all’84% dei casi) ma occasionalmente può essere dissenterica (∼16%), con sangue e muco. La frequenza della diarrea secretiva rispetto a quella dissenterica tende a raggrupparsi in base alle segnalazioni delle epidemie, suggerendo che il tipo di presentazione si associa alle popolazioni umane o alle popolazioni batteriche. I sintomi comprendono diarrea (100%), febbre (50%), cefalea, crampi addominali (più frequenti con l’aumentare dell’età), nausea, vo-mito (∼70%) e artralgie transitorie. La diarrea è frequentemente lieve e acquosa, senza una disidratazione signifi cativa. Con le feci possono essere eliminati sangue, muco o entrambi, men-tre possono essere visualizzati leucociti nelle preparazioni fecali soggette a colorazione. La malattia di solito si risolve in circa 2 settimane, ma le segnalazioni descrivono una diarrea di durata �4 settimane (fi no al 13% in una casistica).

Le infezioni extraintestinali sono rare e di solito si verifi cano nei pazienti con condizioni sottostanti, come immunodefi cienze, neoplasie maligne, malattia a cellule falciformi e cirrosi, oppure in quelli con altri fattori di rischio identifi cabili (dialisi perito-neale, esposizione ad ambienti contaminati). Raramente, è stata documentata una batteriemia associata all’enterite in bambi-ni altrimenti normali. La malattia extraintestinale comprende setticemia, meningite, osteomielite, artrite settica, artrite reatti-va, cellulite, endoftalmite, colecistite, pseudoappendicite, colite pseudomembranosa, proctite, orchiepididimite e piosalpinge. Una sepsi neonatale a esordio precoce con meningite è rara ma comprende la maggior parte dei casi riportati di meningite da

mortalità del 27-73%. La setticemia da Aeromonas si verifi ca di solito in pazienti con condizioni sottostanti come una malattia epatobiliare o una neoplasia maligna, ma può verifi carsi anche in soggetti evidentemente immunocompetenti. L’Aeromonas può essere l’unico microrganismo isolato oppure può fare parte di una sindrome batteriemica polimicrobica. La setticemia da A. hydrophila tende a verifi carsi in pazienti con malattia sottostante meno severa. L’A. caviae tende a essere associata a setticemia polimicrobica ed è isolata più spesso nei pazienti con malattie sottostanti. Una batteriemia da A. sobria ha causato la produzio-ne di gas intravascolare disseminato e il successivo decesso acuto in una ragazza adolescente precedentemente in buona salute.

Altre infezioni. L’Aeromonas è una rara causa di gastroenterite necrotizzante, endocardite, meningite, osteomielite, artrite pioge-na, endoftalmite, infezioni dell’orecchio, IVU, peritonite, miosi-te, cellulite, fascite necrotizzante, colecistite, ascesso polmonare, ascesso epatico, embolia settica e polmonite. L’Aeromonas è stata associata a polmonite da aspirazione dopo quasi-annegamento.

DIAGNOSI. La diagnosi viene posta mediante isolamento colturale di Aeromonas. Il microrganismo cresce facilmente nei terreni standard quando il materiale da esaminare è normalmente sterile. Tuttavia, l’isolamento del microrganismo in campioni contenenti numerosi batteri è più diffi cile, presumibilmente perché i batteri competitori crescono più di Aeromonas. L’uso di terreni selettivi come agar-sangue supplementato con ampicillina o come agar di MacConkey contenente Tween 80 e ampicillina facilita l’iso-lamento. La maggior parte (∼90%) dei ceppi produce �-emolisi in agar-sangue. I ceppi fermentanti il lattosio possono essere tra-scurati nei campioni di feci se il laboratorio clinico non esegue di routine test all’ossidasi sui batteri fermentanti il lattosio isolati in terreno di MacConkey o non fa uso di routine di terreni selettivi per l’isolamento di Aeromonas. Continuano a essere scoperti fattori di virulenza e geni delle tossine, che costituiscono una sfi da all’identifi cazione e alla classifi cazione delle specie dell’Ae-romonas. Per l’identifi cazione dei geni vengono utilizzati criteri biochimici come anche diversi test molecolari tra cui ibridazione del DNA, reazione a catena della polimerasi (PCR), PCR con DNA polimorfo amplifi cato in modo randomizzato (RAPD) e analisi del polimorfi smo della lunghezza dei frammenti di restri-zione. Non esiste un consenso rispetto alla migliore metodica di identifi cazione.

TRATTAMENTO. L’enterite da Aeromonas è di solito autolimitata e può non essere indicata la terapia antibiotica. Dati di studi clinici non controllati suggeriscono che la terapia antibiotica abbrevia la durata della malattia. È ragionevole considerare la terapia antibiotica nei pazienti con diarrea protratta, malattia simil-dis-senterica o condizioni sottostanti come una malattia epatobiliare o uno stato di compromissione immunitaria. Esiste una resisten-za uniforme dell’Aeromonas all’ampicillina. La setticemia deve essere trattata con un aminoglicoside o con una cefalosporina di 3a generazione. Altre opzioni comprendono aztreonam, imipe-nem, cloramfenicolo, trimetoprim-sulfametoxazolo (TMP-SMZ) e chinolonici. Molte specie hanno sviluppato una multiresistenza, specialmente ai chinolonici.

PREVENZIONE. La riduzione del contatto con acque ambientali dolci e salmastre contaminate e anche con gli alimenti contami-nati, specialmente per le persone con immunocompromissione, dovrebbe ridurre il rischio di infezioni da Aeromonas. In vitro, Aeromonas esprime proteine LamBlike che permettono ai batteri di aderire alla superfi cie delle cellule ospiti. Queste proteine sono potenziali antigeni target per lo sviluppo di vaccini.

201.2 • PLESIOMONAS SHIGELLOIDES

EZIOLOGIA. La Plesiomonas shigelloides è l’unica specie del ge-nere, che comprende almeno 107 sierotipi. La P. shigelloides è un bacillo Gram-negativo anaerobio facoltativo e che non forma

180-206ANA.indd 1242180-206ANA.indd 1242 23-09-2008 12:38:4523-09-2008 12:38:45

Page 10: Capitolo 199 Campylobacter Gloria P. Heresi, Shaida Baqar ... · appare insolito, in quanto virtualmente sono assenti sequenze di inserzione o sequenze associate a fagi e vi sono

Capitolo 202 ■ Pseudomonas, Burkholderia e Stenotrophomonas ■ 1243

Capitolo 202 ■ Pseudomonas,

Burkholderia e Stenotrophomonas

Robert S. Baltimore

La Pseudomonas e la Burkholderia sono diffuse in tutto l’ambito naturale e sono abbondantemente presenti nel suolo, nelle acque e sulle piante. La maggior parte delle infezioni umane dovute a queste specie è opportunistica e si verifi ca in neonati di basso peso alla nascita e in lattanti e bambini con ridotte difese dell’ospite, come quelli con ferite traumatiche, fi brosi cistica, neoplasie mali-gne, ustioni estese, malnutrizione (specialmente nelle popolazioni povere) e defi cit immunitari primitivi, come anche nei pazienti in terapia immunosoppressiva. La Pseudomonas aeruginosa è una causa importante di infezioni nosocomiali, comprese le infezioni postchirurgiche.

Molte specie in precedenza considerate comprese nel genere Pseudomonas sono state riclassifi cate sulla base dell’omologia dell’RNA ribosomiale. Specie precedentemente classifi cate come P. cepacia, P. mallei e P. pseudomallei sono ora Burkholderia cepacia, B. mallei e B. pseudomallei. La P. maltophilia è ora Stenotrophomonas maltophilia.

Solo poche delle molte specie identifi cate di Pseudomonas e Burkholderia sono patogene per gli esseri umani; di queste la P. aeruginosa è di gran lunga la più comune. Altre specie occasio-nalmente riconosciute come patogeni umani comprendono B. cepacia, S. maltophilia, P. fl uorescens, B. putrefaciens, B. pseu-domallei e B. mallei.

202.1 • PSEUDOMONAS AERUGINOSAEZIOLOGIA. La P. aeruginosa è un bacillo Gram-negativo, stretta-mente aerobio. Può moltiplicarsi in un’ampia varietà di ambienti che contengono minime quantità di composti organici, in quanto può utilizzare qualsiasi fonte di carbonio. I ceppi provenienti da campioni clinici possono produrre �-emolisi in agar-sangue; mol-ti producono pigmenti tra i quali piocianina, pioverdina e altri che si diffondono nel terreno di coltura intorno alle colonie, co-lorandolo. I ceppi di Pseudomonas possono essere differenziati a scopi epidemiologici in base alla tipizzazione sierologica, fagica e della piocina e mediante l’analisi dei polimorfi smi della lunghezza dei frammenti di restrizione del genoma utilizzando l’elettroforesi su gel in campo pulsato.

EPIDEMIOLOGIA. Il tasso di batteriemia da P. aeruginosa nei bam-bini è 3,8/1000 pazienti con più di 10 anni con un tasso di mortalità del 20%; i tassi variano in base alla prevalenza delle malattie sottostanti. La P. aeruginosa e altri microrganismi di questo gruppo penetrano facilmente nell’ambiente ospedaliero su abiti, cute e scarpe dei pazienti o del personale ospedaliero, nel tratto gastrointestinale dei pazienti o con piante o verdure intro-dotte in ospedale. Può far seguito la colonizzazione di qualsiasi sostanza umida o liquida; una crescita dei microrganismi può essere osservata in qualsiasi serbatoio idrico, compresa l’acqua distillata, e nelle cucine e lavanderie dell’ospedale, in alcune so-luzioni antisettiche e nelle attrezzature utilizzate per la terapia respiratoria. La colonizzazione di cute, faringe, feci e mucosa na-sale dei pazienti è bassa al momento del ricovero in ospedale ma aumenta fi no al 50-70% in caso di ospedalizzazione prolungata e con l’uso di antibiotici ad ampio spettro, chemioterapia, venti-lazione meccanica e cateteri urinari. La fl ora microbica intestinale dei pazienti può essere alterata dall’uso di antibiotici ad ampio spettro, che riducono la resistenza alla colonizzazione e permet-tono alla P. aeruginosa presente nell’ambiente di colonizzare il tratto gastrointestinale. Le alterazioni della mucosa intestinale associate a farmaci, specialmente a quelli citotossici, e l’enterite nosocomiale possono fornire una via attraverso la quale la P. aeruginosa si diffonde ai linfatici o nel circolo.

P. shigelloides; il tasso di mortalità è molto elevato (80%). La setticemia ha un elevato tasso di mortalità negli adulti.

DIAGNOSI. Un’anamnesi di viaggi all’estero, ingestione di frutti di mare crudi, o di esposizione ad acque contaminate o a un animale con diarrea suggerisce una possibile infezione da P. shigelloides. So-no tipiche infezioni miste con Salmonella, Aeromonas e rotavirus, specialmente nei pazienti pediatrici. La coltura e l’isolamento del microrganismo dalle feci o da liquidi corporei sterili sono essenziali per la diagnosi. La P. shigelloides cresce bene nei tradizionali ter-reni enterici, anche se possono essere necessarie tecniche selettive per isolare il microrganismo da colture miste e per differenziare la P. shigelloides da Shigella spp. La P. shigelloides può non essere riconosciuta dai laboratori clinici che non eseguono di routine un test all’ossidasi. È in corso di sviluppo una metodica molecolare a scopi diagnostici, ma non è ancora utilizzata di routine.

TRATTAMENTO. L’enterite da P. shigelloides è di solito autolimita-ta. Nei casi associati a disidratazione i pazienti rispondono favo-revolmente alla soluzione reidratante orale. La terapia antibiotica è riservata ai pazienti con diarrea ematica prolungata. I dati di studi clinici non controllati suggeriscono che la terapia antibio-tica riduce la durata dei sintomi. La maggior parte dei ceppi di P. shigelloides sono sensibili a TMP-SMZ, cefalosporine, carba-penemici e chinolonici, che negli Stati Uniti non sono approvati per l’uso nei pazienti 18 anni di età. La P. shigelloides è comu-nemente resistente a penicilline ad ampio spettro, streptomicina e azitromicina. Recentemente è stata riscontrata una resistenza in alcuni ceppi a TMP-SMZ, chinolonici e tetracicline.

Gli antibiotici sono essenziali per la terapia della malattia gastrointestinale. È ragionevole una terapia empirica con una cefalosporina di 3a generazione, in quanto la maggior parte degli isolati è sensibile in vitro. La terapia defi nitiva deve essere guidata dalla sensibilità del singolo isolato.

Aeromonas

Lau SM, Peng MY, Chang FY: Outcomes of Aeromonas bacteremia in patients with different types of underlying disease. J Microbiol Immunol Infect 2000;33:241–247.

O’Ryan M, Prado V, Pickering LK: A millennium update on pediatric diarrheal illness in the developing world. Semin Pediatr Infect Dis 2005;16(2):125–136.

Shiina Y, Ii K, Iwanaga M: An Aeromonas veronii biovar sobria infection with disseminated intravascular gas production. J Infect Chemother 2004;10:37–41.

Vila J, Marco F, Soler L, et al: In vitro antimicrobial susceptibility of clinical isolates of Aeromonas caviae, Aeromonas hydrophila and Aeromonas veronii biotype sobria. J Antimicrob Chemother 2002;49:701–702.

Vila J, Ruiz J, Gallardo F, et al: Aeromonas species and traveler’s diarrhea: Clinical features and antimicrobial resistance. Emerg Infect Dis 2003;9(5):552–555.

Plesiomonas shigelloides

Ampofo K, Graham P, Ratner A, et al: Plesiomonas shigelloides sepsis and splenic abscess in an adolescent with sickle-cell disease. Pediatr Infect Dis J 2001;20:1178–1179.

González-Rey C, Svenson SB, Bravo L, et al: Serotypes and anti-microbial susceptibility of Plesiomonas shigelloides isolates from humans, animals and aquatic environments in different countries. Comp Immunol Microbiol Infect Dis 2004;27:129–139.

Khan AM, Furuque SG, Hossain MS, et al: Plesiomonas shigelloides-associ-ated diarrhoea in Bangladeshi children: A hospital-based surveillance study. J Trop Pediatr 2004;50(6):354–356.

Maluping RP, Lavilla-Pitogo CR, DePaola A, et al: Antimicrobial susceptibility of Aeromonas spp., Vibrio spp. and Plesiomonas shigelloides isolated in the Philippines and Thailand. Int J Antimicrob Agents 2005;25(4):348–350.

Woo PC, Lau SK, Yuen K-Y: Biliary tract disease as a risk factor for Plesi-omonas shigelloides bacteraemia: A nine-year experience in a Hong Kong hospital and review of the literature. New Microbiol 2005;28(1):45–55.

180-206ANA.indd 1243180-206ANA.indd 1243 23-09-2008 12:38:4523-09-2008 12:38:45

Page 11: Capitolo 199 Campylobacter Gloria P. Heresi, Shaida Baqar ... · appare insolito, in quanto virtualmente sono assenti sequenze di inserzione o sequenze associate a fagi e vi sono

1244 ■ PARTE XVI ■ Malattie infettive

P. putrefaciens o P. stutzeri, ascessi da P. fl uorescens e cellulite, setticemia e osteomielite da S. maltophilia. Setticemia ed endocar-dite da S. maltophilia sono state associate anche all’uso di droghe per via endovenosa.

Infezione di ustioni e ferite . La superfi cie di ustioni o ferite è frequentemente popolata dalla Pseudomonas e da altri micror-ganismi Gram-negativi; questa iniziale colonizzazione da parte di un basso numero di microrganismi aderenti è un prerequisito necessario per la malattia invasiva. La colonizzazione da parte di P. aeruginosa della sede di un’ustione può evolvere in una sepsi dell’ustione, che presenta un elevato tasso di mortalità quan-do la densità dei microrganismi raggiunge una concentrazione critica. La somministrazione di antibiotici può ridurre la fl ora microbiologica sensibile, permettendo la proliferazione di ceppi relativamente resistenti di Pseudomonas. La moltiplicazione dei microrganismi nei tessuti devitalizzati o associata all’uso pro-lungato di cateteri urinari o intravenosi aumenta il rischio di setticemia da P. aeruginosa, un problema maggiore nei pazienti ustionati (vedi Capitolo 74).

Fibrosi cistica. La P. aeruginosa è comune nei bambini con fi brosi cistica, con una prevalenza che aumenta con l’aumentare dell’età e della severità della pneumopatia (vedi Capitolo 400). L’infezione iniziale può essere causata da ceppi non mucoidi, ma dopo un periodo di tempo variabile predominano i ceppi mucoidi di P. aeruginosa, che si incontrano raramente in altre condizioni. L’infezione inizia insidiosamente o anche asintomaticamente e la progressione ha una rapidità molto variabile. Nei bambini con fi brosi cistica, gli anticorpi non eradicano il microrganismo e gli antibiotici sono solo parzialmente effi caci; pertanto, dopo che l’infezione si è cronicizzata non può essere eradicata com-pletamente. Cicli ripetuti di antibiotici selezionano ceppi di P. aeruginosa altamente antibiotico-resistenti.

ANATOMIA PATOLOGICA. Le manifestazioni patologiche delle infe-zioni da Pseudomonas dipendono dalla sede e dal tipo di infezio-ne. A causa della sua produzione di tossine e di fattori invasivi, si può spesso osservare l’invasione da parte del microrganismo dei vasi sanguigni con conseguente necrosi vascolare. In alcune infezioni si verifi ca una diffusione lungo i tessuti con necrosi e formazione di microascessi. Nei pazienti con fi brosi cistica sono state riportate una forma focale di bronchite/bronchiolite focale e una forma diffusa che hanno portato allo sviluppo di una bronchiolite obliterante.

PATOGENESI. La P. aeruginosa è un classico patogeno opportuni-sta. È raramente patogeno nei soggetti che non hanno un fattore di rischio predisponente. La necessità di ossigeno per la crescita può spiegarne l’assenza di invasività dopo aver colonizzato o anche infettato la cute. L’invasività della P. aeruginosa è mediata da diversi fattori di virulenza. Essa produce un’endotossina che è coinvolta nell’invasività nell’infezione acuta e che induce una risposta infi ammatoria. Essa produce anche numerose esotossine, tra cui l’esotossina A , che provoca una necrosi locale e facilita l’invasione batterica sistemica, e l’esoenzima S , che agisce sia come adesina sia come tossina cellulare e che inoltre sembra ridurre le difese dell’ospite. Pertanto, la Pseudomonas causa la malattia in 3 stadi. La colonizzazione e l’adesione batteriche sono facilitate da pili o fi mbrie e dall’adesione opportunistica all’epitelio danneggiato da una pregressa lesione o da una pre-gressa infezione. Un mucopolisaccaride può inibire la fagocitosi, mentre proteine extracellulari, proteasi, elastasi e la citossina (nota in precedenza come leucocidina) digeriscono le membrane cellulari, e gli anticorpi producono una permeabilità vascolare capillare e inibiscono la funzione leucocitaria. La disseminazione e l’invasione del circolo fanno seguito all’estensione del danno tissutale locale e sono facilitate dalle proprietà antifagocitarie dell’endotossina, dell’esopolisaccaride mucoide e dalla scissione a opera della proteasi delle immunoglobuline G. L’esopolisaccaride mucoide avvolge il microrganismo e può rivestire le colonie di un biofi lm che protegge i bacilli dalle difese dell’ospite, come anti-corpi e complemento, nonché dagli antibiotici. L’ospite risponde all’infezione producendo antibiotici contro l’esotossina (esotos-sina A) e l’endotossina della Pseudomonas. La compromissione delle difese dell’ospite a causa del trauma, della neutropenia, della mucosite, dell’immunosoppressione o dell’alterazione del trasporto mucociliare spiega il ruolo predominante del micror-ganismo nel produrre infezioni opportunistiche.

MANIFESTAZIONI CLINICHE. La maggior parte dei pattern clinici (Tab. 202-1) è correlata a infezioni opportunistiche (vedi Ca-pitolo 177) o è associata a shunt e cateteri a permanenza (vedi Capitolo 178). La P. aeruginosa può essere introdotta in una ferita minore di una persona sana come microrganismo invasore secondario; possono farne seguito cellulite e un ascesso localizza-to con essudazione di pus verdastro o bluastro. La caratteristica lesione cutanea di Pseudomonas, l’ecthyma gangrenosum, causa-ta da inoculazione diretta o da diffusione secondaria a setticemia, inizia sotto forma di macule rosee e progredisce fi no a formare noduli emorragici e infi ne ulcere con centro ecchimotico e gan-grenoso con formazione di un’escara, circondata da un’areola rosso intenso.

Epidemie di dermatite e IVU causate da P. aeruginosa sono state riportate in individui sani dopo l’uso di piscine pubbliche, piscine gonfi abili, idromassaggi o bagni caldi (hot tub) di proprie-tà familiare. Le lesioni cutanee della follicolina si sviluppano da diverse ore a 2 giorni dopo il contatto con queste fonti idriche. Le lesioni cutanee possono essere eritematose, maculose, papulose o pustolose. La malattia può variare da poche lesioni sparse a un interessamento diffuso del tronco. In alcuni bambini possono essere associati alle lesioni cutanee malessere, febbre, vomito, faringodinia, congiuntivite, rinite e tumefazione mammaria.

Microrganismi del genere Pseudomonas diversi dalla P. aeru-ginosa raramente causano malattia nei bambini sani, ma sono stati riportati polmoniti e ascessi da B. cepacia, otite media da

TABELLA 202-1. Infezioni da Pseudomonas aeruginosa

INFEZIONE COMUNI CARATTERISTICHE CLINICHE

Endocardite

Polmonite

Malattia della valvola tricuspide nativa con abuso di droghe endovenose

Compromissione dei meccanismi di difesa dell’ospite locali (polmone) o sistemici.

La patogenesi può essere nosocomiale (respiratoria), batteriemica (neoplasia maligna) o dovuta a una clearance mucociliare anormale (fi brosi cistica). La fi brosi cistica è associata a Pseudomonas aeruginosa mucoide che produce slime capsulare.

Sistema nervoso centrale Meningite, ascesso cerebrale; diffusione contigua (mastoidite, tragitti fi stolosi a livello del derma, sinusite); batteriemia o inoculazione diretta (trauma, chirurgia).

Otite esterna Orecchio del nuotatore; climi caldo-umidi; contaminazione di piscine.Otite esterna maligna Lesione necrotizzante distruttiva, febbrile e tossica, torpida e invasiva,

in lattanti, pazienti neutropenici immunosoppressi o in pazienti diabetici; associata a paralisi del 7° nervo cranico e mastoidite.

Mastoidite cronica Drenaggio, edema ed eritema auricolare; perforazione della membrana del timpano.

Cheratite Ulcera corneale; cheratite da lente a contatto. Endoftalmite Trauma penetrante, chirurgia, ulcera corneale penetrante;

progressione fulminante. Osteomielite/artrite settica Ferite penetranti del piede e osteocondrite; abuso di droghe

endovenose; articolazioni fi brocartilaginee, sterno, vertebre, pelvi; osteomielite da frattura aperta; torpida; pielonefrite e osteomielite vertebrale.

Infezione delle vie urinarie Iatrogena, nosocomiale; IVU ricorrenti in bambini, pazienti con strumentazione e pazienti con ostruzione o calcoli.

Infezione del tratto intestinale Immunocompromissione, neutropenia, tifl ite, ascesso rettale, ulcerazione, raramente diarrea; peritonite nella dialisi peritoneale.

Ecthyma gangrenosum Disseminazione metastatica; emorragia, necrosi, eritema, escara, lesioni discrete con invasione batterica dei vasi sanguigni; anche noduli sottocutanei, cellulite, pustole, ascessi profondi.

Infezioni cutanee primitive e secondarie

Infezione locale; ustioni, trauma, ulcere da decubito, infezioni dell’alluce, unghia verde (paronichia); dermatite da idromassaggio; follicolite diffusa e pruriginosa, lesioni eritematose, vescicolopustolose o maculopapulose.

180-206ANA.indd 1244180-206ANA.indd 1244 23-09-2008 12:38:4623-09-2008 12:38:46

Page 12: Capitolo 199 Campylobacter Gloria P. Heresi, Shaida Baqar ... · appare insolito, in quanto virtualmente sono assenti sequenze di inserzione o sequenze associate a fagi e vi sono

Capitolo 202 ■ Pseudomonas, Burkholderia e Stenotrophomonas ■ 1245

pia comprendono ceftazidima, cefepima, ticarcillina-clavulanato e piperacillina-tazobactam. La gentamicina o un altro aminogli-coside può essere utilizzato concomitantemente per un effetto sinergico. La ceftazidima si è dimostrata estremamente effi cace nei pazienti con fi brosi cistica (150-250 mg/kg/die suddivisi ogni 6-8 ore ev). Anche azlocillina, mezlocillina o piperacillina-tazo-bactam (300-450 mg/kg/die suddivisi ogni 6-8 ore ev) si sono dimostrate effi caci come terapia per i ceppi sensibili di P. aeru-ginosa se associati a un aminoglicoside. Altri antibiotici effi caci comprendono imipenem-cilastatina, meropenem e aztreonam. La ciprofl oxacina è effi cace ma non è approvata negli Stati Uniti per i soggetti 18 anni di età a eccezione del trattamento delle IVU o quando non sono disponibili altri agenti a cui il microrganismo sia sensibile. È importante basare un trattamento continuativo sui risultati dell’antibiogramma in quanto la resistenza della P. aeruginosa a 1 o più antibiotici è in aumento.

La P. aeruginosa presenta una resistenza intrinseca e acquisita agli antibiotici. Può sviluppare diverse modalità di resistenza at-traverso mutazioni genetiche e lo sviluppo di nuovi enzimi e altre proprietà, eludendo in tal modo l’attività di diversi antibiotici. Le unità intensive di tutti gli Stati Uniti hanno documentato un tasso crescente di resistenza della P. aeruginosa a tutte le princi-pali classi di antibiotici.

Può verifi carsi una meningite da un focolaio contiguo, come un focolaio secondario quando è presente batteriemia, o dopo pro-cedure invasive. La meningite da Pseudomonas è trattata prefe-ribilmente con ceftazidima in associazione con un aminoglicoside come la gentamicina, entrambi per via ev. Quando la terapia ev non è effi cace, può essere necessario un trattamento intraventri-colare o intratecale con gentamicina, ma non è raccomandato per l’uso di routine.

TERAPIA DI SUPPORTO. Le infezioni da Pseudomonas variano in severità da superfi ciali a severe presentazioni settiche. Nelle infe-zioni severe sono spesso presenti un interessamento multisistemi-co e una risposta infi ammatoria sistemica. La terapia di supporto è simile alla sepsi severa causata da altri bacilli Gram-negativi e richiede il supporto della pressione arteriosa, ossigenazione e un’appropriata terapia con fl uidi.

PROGNOSI. La prognosi dipende soprattutto dalla natura dei fat-tori sottostanti che predispongono il paziente all’infezione da Pseudomonas. Nei pazienti severamente immunocompromessi, la prognosi per i pazienti con sepsi da P. aeruginosa è infausta, a meno che non sia possibile intervenire su fattori di suscettibilità come la neutropenia o l’ipogammaglobulinemia. Anche la resi-stenza del microrganismo agli antibiotici di prima scelta riduce le probabilità di sopravvivenza. L’esito può essere migliorato con una terapia antibiotica combinata ed è migliore quando sono presenti una porta d’entrata a livello delle vie urinarie, l’assenza o una risoluzione della neutropenia e il drenaggio di infezioni localizzate. La Pseudomonas può essere isolata nei polmoni della maggior parte dei bambini deceduti per fi brosi cistica e può es-sere responsabile del lento deterioramento di questi pazienti. nei bambini che sopravvivono a una meningite da Pseudomonas la prognosi per uno sviluppo normale è infausta.

PREVENZIONE. La prevenzione delle infezioni da P. aeruginosa non è un problema per gli individui sani fuori da un ospedale, ma dipende dalla limitazione della contaminazione degli ambienti sanitari e dalla prevenzione della trasmissione ai pazienti. Sono necessari effi caci programmi di controllo delle infezioni ospeda-liere per identifi care ed eradicare le fonti del microrganismo il più rapidamente possibile. La Pseudomonas può crescere nell’acqua distillata, in alcuni disinfettanti, nelle soluzioni per alimentazione parenterale e nei farmaci. Nei reparti di neonatologia, l’infezione può essere trasmessa ai lattanti dalle mani del personale, dalle superfi ci dei lavandini, dai cateteri e dalle soluzioni utilizzate per detergere i cateteri da aspirazione.

Un’accurata attenzione al lavaggio delle mani, particolarmente con una soluzione contenente iodio o con soluzioni a base di

Soggetti immunocompetenti. I bambini con leucemia o altre neo-plasie maligne debilitanti, in particolare quelli sottoposti a terapia immunosoppressiva e neutropenici, sono estremamente sensibili alla setticemia da invasione del circolo da parte della Pseudomo-nas dal quale il paziente è già colonizzato, di solito a livello del tratto respiratorio o gastrointestinale. I segni di sepsi sono spesso accompagnati da una vasculite generalizzata e si possono osser-vare lesioni necrotico-emorragiche in tutti gli organi, compresa la cute, dove hanno l’aspetto di noduli o aree ecchimotiche di colore violaceo che divengono gangrenose ( ecthyma gangrenosum). Si può verifi care una cellulite perirettale emorragica o gangrenosa o anche ascessi, associati con ileo e grave ipotensione.

Polmonite nosocomiale. Anche se non è una causa frequente di polmonite acquisita in comunità nel bambino, la P. aeruginosa è una causa di crescente importanza di polmonite acquisita in comunità negli adulti e di polmonite nosocomiale, specialmente di polmonite associata a ventilatore, in pazienti di tutte le età. La contaminazione di ventilatori, tubi, sondini e umidifi catori da parte della P. aeruginosa è nota storicamente, ma attualmente è infrequente grazie alla disinfezione appropriata e alla sostituzione regolare delle attrezzature. Tuttavia, la colonizzazione delle vie respiratorie superiori e del tratto gastrointestinale può essere seguita dall’aspirazione di secrezioni contaminate da P. aeru-ginosa, con una polmonite severa. Sembra che l’uso pregresso di antibiotici ad ampio spettro sia un fattore di rischio per la colonizzazione da ceppi antibiotico-resistenti di P. aeruginosa. Una delle situazioni più diffi cili è la diagnosi differenziale tra co-lonizzazione e polmonite nei pazienti incubati. Spesso questa si-tuazione può essere risolta utilizzando tecniche colturali invasive come la broncoscopia con spazzolamento bronchiale o lavaggio broncoalveolare quantitativo.

Lattanti. La P. aeruginosa è una causa occasionale di batterie-mia nosocomiale nei neonati e comprende il 2-5% dei risultati colturali positivi nelle unità intensive neonatali. Una frequente infezione focale che precede la batteriemia è la congiuntivite. I lattanti più grandi possono occasionalmente presentarsi con una sepsi acquisita in comunità da P. aeruginosa, ma questa è infre-quente. Nelle poche segnalazioni di questo tipo di sepsi, le con-dizioni precedenti comprendevano lesioni cutanee simil-ecthyma, neutropenia transitoria associata a virus e un prolungato contatto con acqua da bagno contaminata o un bagno caldo in vasca.

DIAGNOSI. L’infezione da P. aeruginosa è raramente distintiva da un punto di vista clinico. La diagnosi dipende dall’isolamento del microrganismo da sangue, liquido cerebrospinale, urina o agoa-spirato polmonare, oppure da materiale purulento ottenuto per aspirazione di ascessi sottocutanei o aree di cellulite. Un’eccezione è rappresentata dall’ecthyma gangrenosum, caratteristico dell’in-fezione cutanea da P. aeruginosa. Lesioni cutanee simili possono raramente far seguito a una setticemia da Aeromonas hydrophila, altri bacilli Gram-negativi e Aspergillus. Quando la P. aeruginosa viene isolata da siti non sterili come cute, mucose, urine (emesse) e vie respiratorie superiori, sono utili le colture quantitative per distinguere la colonizzazione dall’infezione invasiva. In generale, �100 000 unità formanti colonie/mL di fl uido o grammo di tessu-to rappresentano un’evidenza che indica un’infezione invasiva.

TRATTAMENTO. Le infezioni sistemiche da Pseudomonas devono essere trattate immediatamente con un antibiotico a cui il micror-ganismo è suscettibile in vitro. La risposta al trattamento può essere limitata e può essere necessario un trattamento prolungato per le infezioni sistemiche in ospiti immunocompromessi.

La setticemia e altre infezioni aggressive devono essere trattate con 1 o 2 agenti battericidi. Mentre il numero di agenti necessario è controverso, poche evidenze dimostrano che più di un agente è necessario per gli individui con immunità normale o per il tratta-mento delle IVU, ma la terapia duplice è spesso utilizzata per un effetto sinergico nei pazienti immunocompromessi o quando la sensibilità del microrganismo è dubbia. È controverso anche che l’uso di 2 agenti ritardi lo sviluppo di resistenza, con evidenze sia a favore sia contro. Gli antibiotici appropriati per una monotera-

180-206ANA.indd 1245180-206ANA.indd 1245 23-09-2008 12:38:4623-09-2008 12:38:46

Page 13: Capitolo 199 Campylobacter Gloria P. Heresi, Shaida Baqar ... · appare insolito, in quanto virtualmente sono assenti sequenze di inserzione o sequenze associate a fagi e vi sono

1246 ■ PARTE XVI ■ Malattie infettive

con 2 o 3 agenti per controllare l’infezione ed evitare lo sviluppo di resistenza. Attualmente non è disponibile alcun vaccino.

BURKHOLDERIA MALLEI ( MORVA). La morva è una grave malattia infettiva dei cavalli e di altri animali domestici e da allevamento causata dalla B. mallei, un bacillo Gram-negativo non mobile che occasionalmente si trasmette agli esseri umani. La B. mallei si acquisisce per inoculazione della cute, di solito a livello di una precedente abrasione, oppure per inalazione di aerosol. Gli ope-ratori di laboratorio possono acquisire l’infezione da campioni clinici. La malattia è relativamente comune in Asia, Africa e Me-dio Oriente. Le manifestazioni cliniche comprendono setticemia, polmonite acuta o cronica e lesioni necrotico-emorragiche della cute, delle mucose nasali e dei linfonodi.

La diagnosi è posta solitamente in base all’isolamento del mi-crorganismo nelle colture dei tessuti infetti. La morva è trattata con sulfadiazina, tetracicline o cloramfenicolo e streptomicina per un periodo di diversi mesi. La malattia è stata eliminata dagli Stati Uniti, ma l’interesse per questo microrganismo è au-mentato a causa della possibilità del suo uso come un agente di bioterrorismo (vedi Capitolo 711). Anche se nella gestione dei pazienti infetti ospedalizzati sono appropriate le precauzioni standard, sono necessarie precauzioni di biosicurezza di livello 3 per il personale di laboratorio che lavora con la B. mallei. Non è disponibile alcun vaccino.

BURKHOLDERIA PSEUDOMALLEI ( MELIOIDOSI). Questa importante malattia dell’Asia Sudorientale e dell’Australia Settentrionale si verifi ca negli Stati Uniti prevalentemente in persone di ritorno da aree endemiche. L’agente causale è la B. pseudomallei, un saprofi ta del suolo e dell’acqua delle aree tropicali. Nelle aree endemiche è ubiquitario; l’infezione fa seguito all’inalazione di polvere o alla contaminazione diretta di abrasioni o ferite. La trasmissione interumana è stata riportata raramente. Le indagini sierologiche dimostrano che nelle aree endemiche si verifi ca un’in-fezione asintomatica. La malattia può restare latente e apparire quando la resistenza dell’ospite è ridotta, talvolta anni dopo l’esposizione iniziale. Il diabete mellito è un fattore di rischio per la melioidosi severa.

La melioidosi può presentarsi come una singola lesione cutanea primaria (vescicola, bolla o orticaria). L’infezione polmonare può essere subacuta e simulare una tubercolosi, oppure può presentar-si come una polmonite necrotizzante acuta. Occasionalmente, si verifi ca una setticemia e si osservano numerosi ascessi in diversi organi del corpo. Sono stati inoltre osservati miocardite, peri-cardite, endocardite, ascessi intestinali, colecistite, gastroenterite acuta, IVU, artrite settica, ascessi paraspinali, osteomielite, aneu-risma micotico e linfoadenopatia generalizzata. La melioidosi può inoltre presentarsi come una patologia encefalitica con feb-bre e convulsioni. È stata recentemente riconosciuta come causa di severe infezioni delle ferite in seguito al contatto con acqua contaminata dopo uno tsunami.

La diagnosi si basa sulla visualizzazione dei caratteristici pic-coli bacilli Gram-negativi negli essudati o in base alla crescita in terreni di laboratorio come eosina-blu di metilene o agar di McConkey. Sono disponibili test sierologici e la diagnosi può essere posta in base a un aumento di 4 volte o più del titolo anticorpale in un individuo con una sindrome appropriata. La B. pseudomallei è stata riconosciuta come possibile agente di bioterrorismo (vedi Capitolo 711).

La B. pseudomallei è sensibile a diversi agenti antimicrobici, tra cui cefalosporine di 3a generazione (specialmente ceftazidi-ma), aminoglicosidi, tetraciclina, cotrimossazolo, sulfi sossazolo, cloramfenicolo e amoxicillina-clavulanato. La terapia deve es-sere guidata dall’antibiogramma; di solito vengono prescelti 2 o 3 agenti come ceftazidima o cloramfenicolo più trimetoprim-sulfametoxazolo, sulfi sossazolo o un aminoglicoside, per le for-me severe o setticemiche. Nella malattia severa è raccomandato un trattamento prolungato di 2-6 mesi per la prevenzione delle recidive. Un’appropriata terapia antibiotica di solito porta alla guarigione.

alcol, prima e dopo il contatto con i neonati, può prevenire o impedire la malattia epidemica. Una meticolosa attenzione, la sterilità delle procedure nell’aspirazione con i tubi endotracheali, nell’inserimento e nella gestione dei cateteri a permanenza, nella preparazione delle soluzioni endovenose e specialmente di quelle per la nutrizione parenterale totale, e una regolare sostituzione dei tubi per la somministrazione ev, riducono grandemente il rischio di contaminazione estrinseca da parte di Pseudomonas e altri microrganismi Gram-negativi.

La prevenzione della dermatite follicolare causata dalla con-taminazione da Pseudomonas di idromassaggi o bagni caldi in vasca è possibile mantenendo l’acqua a un pH di 7,2-7,8 e una concentrazione di cloro libero di 70,5 mg/L.

Le infezioni nei pazienti ustionati possono essere ridotte me-diante l’isolamento protettivo, lo sbrigliamento dei tessuti devi-talizzati e l’applicazione topica di una crema alla sulfadiazina o al mafenide acetato al 10%. Può essere utilizzata la somministra-zione di immunoglobuline ev. Sono in corso di studio approcci preventivi basati sullo sviluppo di un vaccino anti-Pseudomonas e sullo sviluppo di globuline iperimmuni. Attualmente nessun vaccino è stato approvato.

L’infezione da Pseudomonas delle fi stole dermiche comunicanti con lo spazio cerebrospinale può essere prevenuta con la diagnosi precoce e con un intervento correttivo delle lesioni ostruttive.

202.2 • BURKHOLDERIA

BURKHOLDERIA CEPACIA . La B. cepacia è un bacillo fi lamentoso Gram-negativo. È ubiquitario nell’ambiente, ma può essere diffi -cile da isolare da campioni respiratori in laboratorio, in quanto richiede un terreno di base selettivo arricchito per fermentazione e ossidazione supplementato con polimixina B-bacitracina-agar lattosio (OFPBL) e almeno 3 giorni di incubazione.

La B. cepacia è un classico opportunista che raramente in-fetta i tessuti normali ma che può essere un patogeno per gli individui con un danno pre-esistente dell’epitelio respiratorio, specialmente i soggetti con fi brosi cistica. La resistenza a molti antibiotici sembra essere un fattore della sua emergenza come patogeno nosocomiale. Nelle unità di cura intensiva, esso può colonizzare i tubi utilizzati per ventilare i pazienti con insuffi -cienza respiratoria. In alcuni casi, ciò può portare a polmonite invasiva e a shock settico. Anche se è diffuso in tutto l’ambiente, la diffusione interumana nei pazienti con fi brosi cistica si verifi ca sia direttamente, per inalazione di aerosol, sia indirettamente da superfi ci o strumenti contaminati. In certe cliniche, reparti o luoghi di riunione, ciò ha portato al raggruppamento dei pazienti con fi brosi cistica sulla base della colonizzazione da B. cepacia. Le infezioni da B. cepacia nei soggetti con fi brosi cistica in molti pazienti possono rappresentare soltanto una colonizzazione, ma in molti altri sono associate a una sindrome respiratoria acuta con febbre, leucocitosi e insuffi cienza respiratoria progressiva, come anche a deterioramento polmonare progressivo, a un più rapido declino della funzionalità polmonare e a un minore tasso di sopravvivenza. Queste caratteristiche sono diverse rispetto alle infezioni da P. aeruginosa nei pazienti con fi brosi cistica che sono insidiose e meno trasmissibili.

Il trattamento in ospedale dovrebbe comprendere precauzioni standard nonché la separazione dei pazienti colonizzati da quelli non colonizzati. I soggetti con fi brosi cistica in visita o che assi-stono e che non sono colonizzati da B. cepacia possono scegliere di indossare una maschera quando si trovano a una distanza di un metro da un paziente colonizzato. L’uso di antibiotici deve essere guidato dall’antibiogramma eseguito con gli isolati del pa-ziente, in quanto il pattern di sensibilità di questi pazienti è molto variabile e non sono rari ceppi multiresistenti. Ureidopenicilline (mezlocillina, piperacillina), aminoglicosidi, ceftazidima, cipro-fl oxacina e trimetoprim-sulfametoxazolo hanno frequentemente una buona attività. La resistenza agli aminoglicosidi è la regola e la presenza di �-lattamasi inducibili in molti ceppi è probabil-mente la causa dei fallimenti terapeutici riportati con le ureido-penicilline e la ceftazidima. Può essere necessario il trattamento

180-206ANA.indd 1246180-206ANA.indd 1246 23-09-2008 12:38:4623-09-2008 12:38:46

Page 14: Capitolo 199 Campylobacter Gloria P. Heresi, Shaida Baqar ... · appare insolito, in quanto virtualmente sono assenti sequenze di inserzione o sequenze associate a fagi e vi sono

Capitolo 203 ■ Tularemia (Francisella tularensis) ■ 1247

Currie BJ, Fisher DA, Anstey NM, et al: Melioidosis: Acute and chronic disease, relapse and re-activation. Trans R Soc Trop Med Hyg 2000;94:301–304.

Low JGH, Quek AML, Sin YK, et al: Mycotic aneurysm due to Burkholderia pseudomallei infection: Case reports and literature review. Clin Infect Dis 2005;40:193–198.

Stenotrophomonas maltophilia

Denton M, Rajgopal A, Mooney L, et al: Stenotrophomonas maltophilia contamination of nebulizers used to deliver aerosolized therapy to inpatients with cystic fi brosis. J Hosp Infect 2003;55:180–183.

Gulcan H, Kuzucu C, Durmaz R: Nosocomial Stenotrophomonas maltophilia cross-infection: Three cases in newborns. Am J Infect Control 2004;32:365–368.

Lanotte P, Cantagrel S, Mereghetti L, et al: Spread of Stenotrophomonas maltophilia colonization in a pediatric intensive care unit detected by mon-itoring tracheal bacterial carriage and molecular typing. Clin Microbiol Infect 2003;9:1142–1147

Capitolo 203 ■ Tularemia ( Francisella

tularensis) Gordon E. Schutze e Richard

F. Jacobs

La tularemia è una zoonosi causata dal batterio Gram-negativo Francisella tularensis. La tularemia è primariamente una malat-tia degli animali selvatici; la malattia umana è accidentale e di solito deriva dal contatto con insetti che si nutrono di sangue o con animali selvatici vivi o morti. La malattia causata dalla F. tularensis si manifesta con differenti sindromi cliniche, la più comune delle quali consiste in una lesione ulcerosa a livello del sito di inoculo con linfoadenopatia o linfoadenite regionale. Questo batterio è anche un agente potenziale di bioterrorismo (vedi Capitolo 711).

EZIOLOGIA. La F. tularensis, il microrganismo causale della tulare-mia, è un coccobacillo Gram-negativo di piccole dimensioni, non mobile e pleiomorfo. Le 2 principali biovarianti sono la F. tula-rensis biovariante tularensis (tipo A di Jellison) e la F. tularensis biovariante holartica (tipo B di Jellison). Il tipo A causa una ma-lattia più severa negli esseri umani e si trova più comunemente in Nord America; il tipo B si può ritrovare in Nord America, Europa e Asia e causa una malattia meno virulenta. Il tipo A è associato a zecche e lagomorfi (conigli, lepri); il tipo B può essere associato a zanzare, criceti, roditori e animali acquatici e marini.

EPIDEMIOLOGIA. Nel periodo 1990-2000, negli Stati Uniti sono stati riportati 1368 casi in totale di tularemia da 44 stati, con una media di 124 casi per anno (range 86-193) (Fig. 203-1). Quattro stati comprendevano il 56% di tutti i casi di tularemia riportati: Arkansas 315 casi (23%), Missouri 265 casi (19%), South Da-kota 96 casi (7%) e Oklahoma 90 casi (7%).

Trasmissione. Di tutte le zoonosi, la tularemia è insolita a cau-sa dei differenti modi di trasmissione della malattia. Un ampio numero di animali funge da serbatoio di questo microrganismo, che può penetrare sia la cute intatta sia le membrane mucose. La trasmissione può avvenire attraverso il morso di zecche infette o di altri insetti che mordono, per contatto con animali infetti o con le loro carcasse, attraverso il consumo di alimenti o acqua contaminati o per inalazione, come potrebbe avvenire in un la-boratorio. Tuttavia, questo microrganismo non si trasmette da persona a persona. Negli Stati Uniti, conigli e zecche sono i prin-cipali serbatoi. La maggior parte dei casi dovuti all’esposizione ai conigli si verifi ca in inverno, mentre quelli dovuti all’esposizione alle zecche si verifi cano nei mesi più caldi (aprile-settembre). L’Amblyomma americanum (Lone star tick), il Dermacentor

202.3 • STENOTROPHOMONAS

La S. maltophilia (in precedenza Xanthomonas maltophilia o Pseu-domonas maltophilia) è un bacillo Gram-negativo di forma diritta e di lunghezza da breve a media. È ubiquitario in natura e può essere ritrovato nell’ambiente ospedaliero, specialmente nell’acqua corrente, nell’acqua stagnante e nei nebulizzatori. I ceppi isolati in laboratorio possono essere contaminanti, possono essere com-mensali dalla superfi cie colonizzata di un paziente oppure possono rappresentare un patogeno invasivo. La specie è un opportunista. Le infezioni severe di solito si verifi cano nei pazienti che necessita-no di terapia intensiva, compresa quella somministrata nelle unità intensive neonatali, caratteristicamente nei pazienti con polmonite associata a ventilatore o con infezioni associate a catetere. Una prolungata esposizione ad antibiotici è un fattore frequente nelle infezioni nosocomiali da S. maltophilia, probabilmente a causa del suo pattern di resistenza endogena agli antibiotici. Le infezioni più comuni comprendono una polmonite successiva alla colonizzazio-ne delle vie aeree e ad aspirazione, IVU, endocardite e osteomielite. I ceppi hanno una sensibilità agli antibiotici variabile.

Il trattamento deve essere basato sui risultati dell’antibiogramma. Una buona attività è frequentemente dimostrata da trimetoprim-sulfametoxazolo, minociclina, doxiciclina, ticarcillina-clavulanato e cloramfenicolo. Il trimetoprim-sulfametoxazolo è di solito il farmaco di scelta per le infezioni da Stenotrophomonas. Amino-glicosidi, cefalosporine e carbapenemici sono di solito inattivi. Tra i chinolonici, la ciprofl oxacina presenta spesso una buona attività ed è stata usata clinicamente, mentre le più recenti sparfl oxacina e levofl oxacina di solito mostrano una buona attività in vitro.

Pseudomonas aeruginosa

Butbul-Aviel Y, Miron D, Halevy R, et al: Acute mastoiditis in children: Pseu-domonas aeruginosa as a leading pathogen. Int J Pediatr Otorhinolaryngol 2003;67:277–281.

Chusid MJ, Hillmann SM: Community-acquired Pseudomonas sepsis in previ-ously healthy infants. Pediatr Infect Dis J 1987;6:681–684.

Garau J, Gomez L: Pseudomonas aeruginosa pneumonia. Curr Opin Infect Dis 2003;16:135–143.

Grisaru-Soen G, Lerner-Geva L, Keller N, et al: Pseudomonas aeruginosa bacteremia in children: Analysis of trends in prevalence, antibiotic resistance and prognostic factors. Pediatr Infect Dis J 2000;19:959–963.

Hilf M, Yu VL, Sharp JS, et al: Antibiotic therapy for Pseudomonas aeruginosa bacteremia: Outcome correlations in a prospective study of 200 patients. Am J Med 1989;87:540–546.

Keene WE, Markum AC, Samadpour M: Outbreak of Pseudomonas aerugi-nosa infections caused by commercial piercing of upper ear cartilage. JAMA 2004;291:981–985.

Lyczak JB, Cannon CL, Pier GB: Lung infections associated with cystic fi bro-sis. Clin Microbiol Rev 2002;15:194–222.

Obritsch MD, Fish DN, MacLaren R, et al: National surveillance of antimi-crobial resistance in Pseudomonas aeruginosa isolates obtained from inten-sive care units patients from 1993 to 2002. Antimicrob Agents Chemother 2004;48:4606–4610.

Burkholderia cepacia

Hancock REW: Resistance mechanisms in P. aeruginosa and other nonfermen-tative gram negative bacteria. Clin Infect Dis 1998;27(Suppl 1);S93–S99.

Walsh NM, Casano AA, Manangan LP, et al: Risk factors for Burkholderia cepacia complex colonization and infection among patients with cystic fi brosis. J Pediatr 2002;141:512–517.

Burkholderia mallei

Centers for Disease Control and Prevention: Laboratory-acquired human glanders–Maryland, May 2000. MMWR 2000;49:532–535.

Srinivasan A, Kraus CN, DeShazer D, et al: Glanders in a military research microbiologist. N Engl J Med 2001;345:256–258.

Burkholderia pseudomallei

Apisarnthanarak A, Anthanont P, Kiratisin P, et al: A Thai woman with fever and skin lesions. Clin Infect Dis 2005;40:988–989, 1053–1054.

180-206ANA.indd 1247180-206ANA.indd 1247 23-09-2008 12:38:4623-09-2008 12:38:46

Page 15: Capitolo 199 Campylobacter Gloria P. Heresi, Shaida Baqar ... · appare insolito, in quanto virtualmente sono assenti sequenze di inserzione o sequenze associate a fagi e vi sono

1248 ■ PARTE XVI ■ Malattie infettive

specifi ca; pertanto, un’infezione cronica o la reinfezione sono improbabili.

MANIFESTAZIONI CLINICHE. Anche se può variare, il periodo medio di incubazione dall’infezione ai primi sintomi clinici è di 3 giorni (range, 1-21 giorni). L’esordio improvviso di febbre con altri sintomi associati è comune (Tab. 203-1). L’esame obiet-tivo può comprendere linfoadenopatia, epatosplenomegalia o lesioni cutanee. Sono state descritte varie lesioni cutanee, tra cui eritema multiforme ed eritema nodoso. Il 20% circa dei pazienti può sviluppare un rash maculopapuloso generalizzato che occasionalmente diviene pustoloso. Queste manifestazioni cliniche della tularemia sono state suddivise in varie sindromi (Tab. 203-2).

La malattia ulceroghiandolare e la malattia ghiandolare sono le due più comuni forme di tularemia diagnosticate nei bambi-ni. Le ghiandole più comunemente interessate sono di solito i linfonodi auricolari posteriori o i linfonodi cervicali in seguito a un morso di zecca alla testa o al collo. Se è presente un’ulcera, appare eritematosa e dolente e può durare da 1 a 3 settimane. L’ulcera è localizzata a livello della porta d’entrata. Allo sviluppo dell’ulcera fa seguito una linfoadenopatia regionale. Questi lin-fonodi possono variare in dimensione da 0,5 a 10 cm e possono essere singoli o a gruppi. I linfonodi affetti possono divenire fl ut-tuanti e drenare spontaneamente, ma più spesso si risolvono con il trattamento. La suppurazione tardiva dei linfonodi interessati

variabilis (zecca del cane) e il Dermacentor andersoni (zecca dei boschi) sono le zecche che più frequentemente agiscono da vettori. Queste zecche di solito si cibano del sangue di piccoli roditori infetti e successivamente del sangue di esseri umani. La suzione del sangue attraverso un campo contaminato per via fecale trasmette l’infezione.

PATOGENESI. La più comune porta d’entrata per l’infezione uma-na è attraverso la cute o le mucose. Ciò può avvenire attra-verso il morso di un insetto infetto o attraverso una minima abrasione. L’infezione può essere causata anche dall’inalazione o dall’ingestione di F. tularensis. Di solito sono necessari �108 microrganismi per causare infezione in caso di ingestione, ma ne bastano appena 10 per causare infezione in caso di inalazione o di penetrazione nella cute.

Entro 48-72 ore dopo l’iniezione nella cute, può comparire una papula eritematosa pruriginosa o dolente a livello della porta d’entrata. Questa papula può ingrandirsi e formare un’ulcera con una base nera, seguita da linfoadenopatia regionale. Una volta che la F. tularensis raggiunge i linfonodi, il microrganismo può moltiplicarsi e formare granulomi. Può essere presente anche una batteriemia e, anche se può essere coinvolto qualsiasi organo del corpo, il sistema reticoloendoteliale è quello più comunemente interessato.

L’inoculazione congiuntivale può risultare in un’infezione ocu-lare con linfoadenopatia preauricolare. L’inalazione, l’aerosoliz-zazione o la diffusione ematogena dei microrganismi possono causare una polmonite. La radiografi a del torace di questi pazien-ti può rivelare infi ltrati focali disseminati più che aree di consoli-damento. Può essere presente anche un versamento pleurico che può essere ematico. Nelle infezioni polmonari può essere presente un’adenopatia mediastinica; nella malattia orofaringea i pazienti possono sviluppare una linfoadenopatia cervicale. La denomina-zione di tularemia tifoidea può essere usata per descrivere una malattia batteriemica severa, indipendentemente dalla modalità di trasmissione o dalla porta d’entrata. L’infezione stimola l’ospi-te a produrre anticorpi. Tuttavia, questa risposta anticorpale ha soltanto un ruolo minore nel combattere l’infezione. L’organismo dipende dall’immunità cellulo-mediata per contenere ed eradicare questa infezione. L’infezione è di solito seguita da un’immunità

Casi riportati* di tularemia – Stati Uniti, 1990-2000

Numero di casi†

11839

Figura 203-1. Casi riportati di tularemia negli Stati Uniti nel periodo dal 1990-2000, in base alla contea di residenza di 1347 pazienti riportati negli Stati Uniti continentali. In Alaska sono stati riportati 10 casi in 4 contee nello stesso periodo. Le dimensioni dei cerchi sono proporzionali al numero dei casi variando da 1 a 39 casi (Da The Centers for Disease Control and Prevention: Tularemia–United States, 1990-2000. MMWR 2002;51:181–184.)

TABELLA 203-1. Comuni manifestazioni cliniche della tularemia nei bambiniSEGNO O SINTOMO FREQUENZA (%)

Linfoadenopatia 96Febbre (�38,3 °C) 87Ulcera/escara/papula 45Faringite 43Mialgie/artralgie 39Nausea/vomito 35Epatosplenomegalia 35

180-206ANA.indd 1248180-206ANA.indd 1248 23-09-2008 12:38:4623-09-2008 12:38:46

Page 16: Capitolo 199 Campylobacter Gloria P. Heresi, Shaida Baqar ... · appare insolito, in quanto virtualmente sono assenti sequenze di inserzione o sequenze associate a fagi e vi sono

Capitolo 203 ■ Tularemia (Francisella tularensis) ■ 1249

affi dabile. Nel test standard di agglutinazione, un singolo titolo � 1:160 in un paziente con anamnesi e obiettività compatibili può consentire la diagnosi. È diagnostico anche un aumento di 4 volte del titolo in una coppia di campioni prelevati a 2-3 set-timane di distanza. Risposte sierologiche false negative possono essere presenti nelle fasi precoci dell’infezione e nel 30% almeno degli individui sono necessarie più di 3 settimane per ottenere un risultato positivo. Una volta contratta l’infezione, i pazienti possono avere un risultato positivo del test di agglutinazione (1:20-1:80) che può persistere per tutta la vita.

Altri esami disponibili comprendono un test di microaggluti-nazione, un test d’immunoadsorbimento enzimatico, la ricerca nelle urine dell’antigene della tularemia e la reazione a catena polimerasica. Queste metodiche potrebbero essere più diffuse in futuro, ma attualmente hanno un ruolo limitato nella diagnosi di tularemia.

Diagnosi differenziale. La diagnosi differenziale della tulare-mia ulceroghiandolare o ghiandolare comprende la malattia da graffi o di gatto (Bartonella henselae), la mononucleosi infettiva, la sindrome di Kawasaki, la linfoadenopatia causata da Sta-phylococcus aureus, streptococco di gruppo A, Mycobacterium tuberculosis, Toxoplasma gondii, micobatteri non tubercolari e Sporothrix schenckii, la peste, l’antrace, la melioidosi e la febbre da morso di ratto. La malattia oculoghiandolare può essere do-vuta anche ad altri agenti infettivi, come B. henselae, Treponema pallidum, Coccidioides immitis, il virus herpes simplex, gli ade-novirus e gli agenti batterici responsabili della congiuntivite pu-rulenta. La tularemia orofaringea deve essere distinta dalle stesse malattie che causano la malattia ulceroghiandolare/ghiandolare e dall’infezione da Cytomegalovirus, herpes simplex, adenovirus e altri agenti virali o batterici. La tularemia polmonare deve es-sere distinta da altri microrganismi non responsivi ai �-lattamici come Mycoplasma, Chlamydia, micobatteri, miceti e rickettsie. La tularemia tifoidea deve essere distinta da altre forme di sepsi come anche dalla febbre enterica (febbre tifoidea e paratifoidea) e dalla brucellosi.

TRATTAMENTO. Tutti i ceppi di F. tularensis sono sensibili alla gentamicina e alla streptomicina. La gentamicina (5 mg/kg/die suddivisi in 2 o 3 somministrazioni ev o im) è il farmaco di scelta per il trattamento della tularemia nel bambino a causa della limitata disponibilità della streptomicina (30-40 mg/kg/die suddivisi in 2 somministrazioni im) e dei minori effetti collate-rali della gentamicina. La terapia viene tipicamente proseguita per 7-10 giorni, ma nei casi lievi possono essere suffi cienti 5-7 giorni. Sono stati utilizzati cloramfenicolo e tetracicline, ma l’elevato tasso di recidive ne ha limitato l’uso nel bambino. Dati preliminari suggeriscono che la F. tularensis è sensibile alle cefalosporine di 3a generazione (cefotaxima, ceftriaxone) ma i case report clinici dimostrano un tasso di fallimento terapeutico quasi universale con questi farmaci. I chinolonici sono attivi contro la F. tularensis e sono stati utilizzati per il trattamento delle forme più lievi di tularemia dovute alla biovariante europea F. tularensis biovariante holartica. Sono necessari ulteriori dati prima che la terapia con chinolonici possa essere raccomandata per la biovariante più comune incontrata in Nord America, la F. tularensis biovariante tularensis.

La defervescenza si verifi ca tipicamente entro 24-48 ore dopo l’inizio della terapia e le recidive sono infrequenti se è stata usa-ta la gentamicina o la streptomicina. I pazienti che non hanno iniziato precocemente una terapia appropriata possono rispon-dere più lentamente alla terapia antibiotica. Si può verifi care la suppurazione tardiva dei linfonodi interessati nonostante una terapia adeguata, ma di solito il contenuto è sterile.

PROGNOSI. Un esito infausto è di solito associato a un ritardo diagnostico e terapeutico, ma con una diagnosi e una terapia tempestive i decessi sono estremamente rari. Il tasso di mortalità per la malattia severa non trattata (per es. polmonite, malattia tifoidea) può essere anche del 30% in queste situazioni, ma in generale il tasso di mortalità globale è 1%.

è stata descritta nel 25-30% dei pazienti nonostante una terapia effi cace. L’esame del materiale proveniente da questi linfonodi rivela la presenza di materiale necrotico sterile.

La polmonite da F. tularensis si presenta di solito sotto forma di infi ltrati parenchimali variabili che non rispondono agli an-tibiotici �-lattamici. Un’infezione correlata a inalazione è stata descritta in operatori di laboratorio che lavorano con questo microrganismo; essa presenta un tasso di mortalità relativamente elevato. È stato riportato che la polmonite può essere causata anche da aerosol provenienti da attività agricole che comportano la contaminazione da roditori (taglio del foraggio, battitura del grano) o dalla distruzione di carcasse animali con un tosaerba. Infi ltrati parenchimali focali e disseminati possono essere dimo-strati anche in altre forme di tularemia. Infi ltrati segmentali dis-seminati, adenopatia ilare e versamenti pleurici sono le anomalie più comuni alla radiografi a del torace. I pazienti possono inoltre presentare tosse non produttiva, dispnea o dolore toracico di tipo pleurico.

La tularemia orofaringea deriva dal consumo di carni poco cotte o di acqua contaminata. Questa sindrome è caratterizzata da faringite acuta, con o senza tonsillite e da linfoadenite cer-vicale. Le tonsille infette possono ingrandirsi e sviluppare una membrana bianco-giallastra che può assomigliare alle membrane della difterite. Si può verifi care anche una malattia gastrointesti-nale che di solito si presenta con diarrea lieve e non spiegata, ma che può progredire fi no a una malattia rapidamente fulminante e fatale.

La tularemia oculoghiandolare è infrequente, ma quando si verifi ca, la porta d’entrata è rappresentata dalla congiuntiva. Il contatto con dita contaminate o resti di insetti schiacciati è la più comune modalità di applicazione dei microrganismi alla congiuntiva. La congiuntiva appare dolente e infi ammata, con noduli giallastri e ulcere puntiformi. Una congiuntivite purulenta associata a linfoadenopatia sottomandibolare o pre-auricolare ipsilaterale è defi nita sindrome oculoghiandolare di Parinaud.

La tularemia tifoidea è di solito associata a un grosso inoculo di microrganismi e di solito si presenta con febbre, cefalea e segni o sintomi di endotossiemia. I pazienti sono tipicamente in condizioni critiche e i sintomi simulano quelli di altre forme di sepsi. I medici che esercitano in una regione di tularemia ende-mica devono sempre prendere in considerazione questa diagnosi nei bambini in condizioni critiche.

DIAGNOSI. L’anamnesi e l’esame obiettivo del paziente possono suggerire la diagnosi di tularemia, specialmente se il paziente vive o ha visitato una regione di endemia. Un’anamnesi di esposizione ad animali o zecche può essere particolarmente utile. I test ema-tologici non sono diagnostici. I risultati delle colture di routine e degli strisci sono positivi soltanto nel 10% circa dei casi. La F. tularensis può essere coltivata in laboratorio di microbiologia in agar-sangue-glucosio-cisteina, ma occorre fare attenzione ad allertare il personale del laboratorio in caso di esecuzione di una coltura, affi nché adotti le adeguate precauzioni per proteggersi dall’infezione.

La diagnosi di tularemia viene posta più comunemente con l’uso di un test standard di agglutinazione su siero altamente

TABELLA 203-2. Sindromi cliniche della tularemia nei bambini

SINDROME CLINICA FREQUENZA (%)

Ulceroghiandolare 45Ghiandolare 25Polmonite 14Orofaringea 4Oculoghiandolare 2Tifoidea 2Altre* 6* Comprende meningite, pericardite, epatite, peritonite, endocardite e osteomielite.

180-206ANA.indd 1249180-206ANA.indd 1249 23-09-2008 12:38:4623-09-2008 12:38:46

Page 17: Capitolo 199 Campylobacter Gloria P. Heresi, Shaida Baqar ... · appare insolito, in quanto virtualmente sono assenti sequenze di inserzione o sequenze associate a fagi e vi sono

1250 ■ PARTE XVI ■ Malattie infettive

piccoli batteri coccobacillari Gram-negativi, aerobi, non formanti spore e non mobili, di diffi cile crescita ma che possono essere coltivati in vari terreni di laboratorio compresi l’agar-sangue e l’agar-cioccolato. Tuttavia, in caso di sospetta brucellosi, il la-boratorio clinico deve essere avvertito in modo da mantenere le colture per �21 giorni allo scopo di assicurare l’eventuale crescita del microrganismo.

EPIDEMIOLOGIA. A causa del miglioramento delle misure sani-tarie, la brucellosi è divenuta rara nei Paesi industrializzati. La brucellosi è presente in tutto il mondo ed è particolarmente prevalente nel bacino mediterraneo, nel Golfo Arabico (Persico), nel subcontinente indiano e in parti del Messico e dell’America Centrale e Meridionale. Nei Paesi industrializzati, l’esposizione ricreazionale o occupazionale ad animali infetti rappresenta un fattore di rischio maggiore per lo sviluppo della malattia. Negli Stati Uniti, il 50% dei casi si verifi ca in California e Texas. Tuttavia, per i bambini, le aree geografi che endemiche per la B. melitensis rimangono aree di aumentato rischio di sviluppare l’in-fezione. In tali aree, può essere utilizzato il latte non pastorizzato di capra o di cammella per l’alimentazione infantile, causando così lo sviluppo di brucellosi. Di conseguenza, un’anamnesi di un viaggio in regioni endemiche o di consumo di alimenti esotici o di prodotti lattiero-caseari non pastorizzati può essere un im-portante indizio per la diagnosi di brucellosi umana.

PATOGENESI. Le vie d’infezione per questi microrganismi com-prendono l’inoculo attraverso tagli o abrasioni cutanee, l’ino-culo del sacco congiuntivale, l’inalazione di aerosol infettivi o l’ingestione di carne o prodotti lattiero-caseari contaminati. Il rischio infettivo dipende dallo stato nutrizionale e immunitario dell’ospite, dalla via d’inoculazione e dalla specie di Brucella. Per motivi che restano da chiarire, la B. melitensis e la B. suis tendono a essere più virulente della B. abortus o della B. canis.

Il maggiore fattore di virulenza per la Brucella sembra es-sere il polisaccaride della parete cellulare. È stato dimostrato che i ceppi contenenti lipopolisaccaride “liscio” possiedono una maggiore virulenza e sono più resistenti al killing da parte dei leucociti polimorfonucleati. Questi microrganismi sono patogeni intracellulari facoltativi che possono sopravvivere e moltiplicar-si all’interno delle cellule fagocitiche mononucleate (monociti, macrofagi) del sistema reticoloendoteliale. Anche se le brucelle sono chemiotattiche per l’entrata dei leucociti nell’organismo, i leucociti sono meno effi cienti nel killing di questi microrganismi rispetto ad altri batteri, nonostante l’assistenza di fattori sierici come il complemento.

I microrganismi che non sono fagocitati dai leucociti sono ingeriti dai macrofagi e si localizzano nel sistema reticoloendo-teliale. Essi risiedono specifi camente in fegato, milza, linfonodi e midollo osseo e causano la formazione di granulomi. Contro il lipopolisaccaride e altri antigeni della parete cellulare vengo-no formati anticorpi. Ciò permette una possibilità diagnostica e probabilmente ha un ruolo nell’immunità a lungo termine. Il principale fattore della guarigione dall’infezione sembra essere lo sviluppo di una risposta cellulo-mediata che risulta nell’at-tivazione dei macrofagi e nella stimolazione del killing intra-cellulare. Specifi camente, i T-linfociti sensibilizzati rilasciano citochine (per es. interferone- e fattore di necrosi tumorale-�, che attivano i macrofagi e ne promuovono la capacità di killing intracellulare).

MANIFESTAZIONI CLINICHE. La brucellosi è una malattia sistemica che può essere molto diffi cile da diagnosticare nei bambini senza un’anamnesi di esposizione ad animali o alimenti. I sintomi pos-sono essere acuti o insidiosi e di solito sono non specifi ci, inizian-do 2-4 settimane dopo l’inoculazione. Anche se le manifestazioni cliniche sono variabili, in molti pazienti può essere dimostrata la classica triade di febbre, artralgie/artrite ed epatosplenomegalia. Alcuni si presentano con una febbre di origine non spiegata (Fever of Unknown Origin, FUO). Altri sintomi associati com-prendono dolore addominale, cefalea, diarrea, rash, sudorazione

PREVENZIONE. La prevenzione della tularemia si basa sull’evita-mento dell’esposizione. I bambini che vivono in regioni infestate endemicamente dalle zecche devono imparare a evitare le aree dove sono presenti questi parassiti e le famiglie devono avere un piano di controllo delle zecche per l’ambiente immediatamente circostante e per i loro animali domestici. Occorre indossare in-dumenti protettivi quando si entra in un’area infestata da zecche ma, cosa più importante, i bambini devono essere frequente-mente controllati per le zecche durante e dopo la permanenza in queste aree. Possono essere utilizzati repellenti cutanei come la N-N-dietil-M-toluamide (DEET), ma sono state descritte reazioni sistemiche in caso di uso non corretto su bambini molto piccoli. Evitare di portare bambini molto piccoli in aree infestate ende-micamente dalle zecche è l’approccio più prudente. Se si fa uso di composti contenenti DEET, questi devono essere utilizzati con parsimonia sulla cute esposta, evitando mani e volto. Il repellen-te deve essere eliminato completamente dopo avere lasciato la regione ad alto rischio. I repellenti per indumenti che fanno uso di permetrina si sono dimostrati un effi cace complemento all’uso di indumenti protettivi. Se sul bambino vengono ritrovate delle zecche, occorre usare una pinzetta per distaccarle direttamente. La cute deve essere detersa prima e dopo questa procedura. I bambini devono imparare anche a evitare animali ammalati o morti. Cani e gatti hanno una maggiore probabilità di portare le zecche all’attenzione del bambino. Occorre insegnare ai bambini l’uso dei guanti per pulire la selvaggina. È disponibile un vaccino per gli adulti ad alto rischio (per es. i veterinari), ma non vi sono raccomandazioni per l’uso in età pediatrica. La profi lassi antibio-tica non è effi cace nella prevenzione della tularemia e non deve essere utilizzata dopo l’esposizione.

Centers for Disease Control and Prevention: Tularemia–United States, 1990–2000. MMWR 2002;51:181–184.

Centers for Disease Control and Prevention: Tularemia associated with a hamster bite, Colorado 2004. MMWR 2005;53:1202–1203.

Centers for Disease Control and Prevention: Tularemia transmitted by insect bites, Wyoming, 2001–2003. MMWR 2005;54:170–173.

Dennis DT, Inglesby TV, Henderson DA, et al: Tularemia as a biological weapon. JAMA 2001;281:2763–2773.

Johansson A, Berglund L, Gothefors L, et al: Ciprofl oxacin for treatment of tularemia in children. Pediatr Infect Dis J 2000;19:449–453.

Roberst JR, Reigart JR: Does anything beat DEET? Pediatr Ann 2004;33:443–453.

Tärnvik A, Priebe HS, Grunow R: Tularemia in Europe: An epidemiological overview. Scand J Infect Dis 2004;36:350–355.

Capitolo 204 ■ Brucella Gordon

E. Schutze e Richard F. Jacobs

La brucellosi umana, causata da microrganismi del genere Bru-cella, continua a essere un problema di salute pubblica di prima grandezza in tutto il mondo. Gli esseri umani sono ospiti acci-dentali e contraggono questa zoonosi dal contatto diretto con un animale infetto o attraverso il consumo di prodotti di un animale infetto. Anche se la brucellosi è ampiamente nota come rischio di malattia professionale per gli adulti che lavorano con il bestia-me, gran parte dei casi nei bambini è dovuta alla trasmissione alimentare ed è associata al consumo di prodotti lattiero-caseari non pastorizzati. La Brucella è anche un agente potenziale di bioterrorismo (vedi Capitolo 711).

EZIOLOGIA. Brucella abortus (bestiame), B. melitensis (capre/peco-re), B. suis (suini) e B. canis (cani) sono i più comuni microrga-nismi responsabili di malattia umana. Questi microrganismi sono

180-206ANA.indd 1250180-206ANA.indd 1250 23-09-2008 12:38:4623-09-2008 12:38:46

Page 18: Capitolo 199 Campylobacter Gloria P. Heresi, Shaida Baqar ... · appare insolito, in quanto virtualmente sono assenti sequenze di inserzione o sequenze associate a fagi e vi sono

Capitolo 204 ■ Brucella ■ 1251

IgG e che il SAT misura la quantità totale di anticorpi agglutinan-ti, la quantità totale di IgG viene determinata trattando il siero con 2-mercaptoetanolo. Questo frazionamento è importante per determinare il signifi cato del titolo anticorpale in quanto bassi livelli di IgM possono rimanere nel siero per un periodo che può variare da settimane a mesi dopo il trattamento dell’infezione. È importante ricordare che tutti i titoli devono essere interpretati al-la luce dell’anamnesi del paziente e dell’esame obiettivo. Possono verifi carsi risultati falsi positivi dovuti alla presenza di anticorpi cross-reagenti contro altri microrganismi Gram-negativi come la Yersinia enterocolitica, la Francisella tularensis e il Vibrio chole-rae. Inoltre, l’effetto prozona può dare risultati falsi negativi in presenza di elevati titoli anticorpali. Per evitare questo problema, il siero testato deve essere diluito a �1 : 320.

Tra i test più recenti, il test immunoenzimatico sembra essere la metodica più sensibile per l’identifi cazione degli anticorpi anti-Brucella. Anche la reazione a catena polimerasica è sempre più di-sponibile, ma attualmente è ancora limitata ai centri di ricerca.

Diagnosi differenziale. La brucellosi può essere confusa con al-tre infezioni come tularemia, malattia da graffi o di gatto, febbre tifoidea e infezioni micotiche come istoplasmosi, blastomicosi o coccidioidomicosi. Le infezioni da Mycobacterium tuberculosis, micobatteri atipici, rickettsie e Yersinia possono essere presenti secondo modalità simili alla brucellosi.

TRATTAMENTO. Molti agenti antimicrobici sono attivi in vitro contro Brucella spp., ma l’effi cacia clinica non sempre correla con questi risultati. La doxiciclina è l’agente antimicrobico più utile e, se associato a un aminoglicoside, è associato a minor numero di recidive (Tab. 204-1). Il fallimento terapeutico con gli anti-biotici �-lattamici, comprese le cefalosporine di 3a generazione, può essere dovuto alla natura intracellulare del microrganismo. Per l’eradicazione di questa infezione sono necessari agenti at-tivi a livello intracellulare. Allo stesso modo, è evidente che un trattamento prolungato è fondamentale per la prevenzione delle recidive della malattia. La recidiva è confermata dall’isolamento di Brucella da settimane a mesi dopo la fi ne della terapia e di solito non è associata a resistenza agli antibiotici.

L’inizio della terapia antibiotica può precipitare una reazione Jarisch-Herxheimer-simile, presumibilmente a causa di un elevato carico antigenico. Raramente è suffi cientemente severa da richie-dere la terapia con corticosteroidi.

PROGNOSI. Prima dell’uso di agenti antimicrobici, il decorso della brucellosi era spesso prolungato e poteva concludersi con il de-cesso. Dopo l’inizio di una terapia specifi ca, la maggior parte dei

notturna, perdita di forza/astenia, vomito, tosse e faringite. Una comune costellazione sintomatologica nei bambini è costituita da rifi uto del cibo, astenia, rifi uto del carico e mancato accrescimen-to staturo-ponderale. Oltre all’epatosplenomegalia, i segni fi sici all’esame obiettivo sono di solito scarsi, a eccezione dell’artrite. Il pattern della febbre può essere ampiamente variabile e può essere interessato virtualmente qualsiasi organo o tessuto.

Se all’esame obiettivo sono presenti anomalie, sono frequen-temente interessate ossa e articolazioni; le articolazioni più fre-quentemente interessate sono l’articolazione sacroiliaca e quelle di anca, ginocchio e caviglia. Anche se nei pazienti con brucellosi possono essere dimostrati cefalea, defi cit dell’attenzione e depres-sione, l’invasione del sistema nervoso centrale si verifi ca soltanto nell’1% dei casi. Sono state descritte anche infezioni neonatali e congenite causate da questi microrganismi. La trasmissione è avvenuta attraverso la placenta, il latte materno e attraverso trasfusioni di sangue. I segni e sintomi associati alla brucellosi sono vaghi e non patognomonici.

DIAGNOSI. Gli esami di laboratorio di routine non sono utili; possono essere presenti trombocitopenia, neutropenia, anemia o pancitopenia. Può essere più utile un’anamnesi di esposizione ad animali o d’ingestione di prodotti lattiero-caseari non pastorizza-ti. Una diagnosi defi nitiva viene posta isolando il microrganismo nel sangue, nel midollo osseo o in altri tessuti. Anche se i sistemi colturali automatizzati e l’uso della metodica di lisi-centrifugazio-ne hanno ridotto il tempo di isolamento da settimane a giorni, è prudente avvertire il laboratorio di microbiologia clinica del so-spetto di brucellosi. L’isolamento del microrganismo può ancora richiedere anche 4 settimane a partire da un campione di sangue. È inoltre consigliabile cautela nell’uso dei sistemi automatizzati d’isolamento batterico, in quanto è avvenuta un’erronea identi-fi cazione degli isolati come altri microrganismi Gram-negativi (Haemophilus infl uenzae di tipo b).

In assenza di risultati colturali positivi, sono stati utilizzati nella diagnosi di brucellosi diversi test sierologici. Il test di ag-glutinazione su siero (Serum Agglutination Test, SAT) è quello più utilizzato e identifi ca anticorpi contro la B. abortus, la B. melitensis e la B. suis. Questo metodo non identifi ca anticorpi contro la B. canis, in quanto questo microrganismo manca del li-popolisaccaride liscio. Nessun singolo titolo è mai diagnostico, ma la maggior parte dei pazienti con infezione acuta ha titoli �1 : 160. Nelle prime fasi della malattia possono essere osservati titoli bassi e questo rende necessario l’esame di sieri della fase acuta e della fase di convalescenza per la conferma diagnostica. Dal momento che i pazienti con infezione attiva hanno una risposta sia IgM sia

TABELLA 204-1. Terapia raccomandata per il trattamento della brucellosi

ETÀ E CONDIZIONE AGENTE ANTIMICROBICO DOSE VIA DI SOMMINISTRAZIONE DURATA

�8 anni Doxiciclina 2-4 mg/kg/die; dose massima 200 mg/die per os 4-6 settimane+Rifampicina 15-20 mg/kg/die; dose massima 600-900 mg/die per os 4-6 settimaneAlternativa:Doxiciclina 2-4 mg/kg/die; dose massima 200 mg/die per os 4-6 settimane+ Streptomicina 20-30 mg/kg/die; dose massima 1 g/die im 1-2 settimaneoppureGentamicina 3-5 mg/kg/die im/ev 1-2 settimane

8 anni Trimetoprim-sulfametoxazolo (TMP-SMZ) +

TMP (10 mg/kg/die; dose massima 480 mg/die) e SMZ (50 mg/kg/die; dose massima 2,4 g/die)

per os 4-6 settimane

Rifamipicina 15-20 mg/kg/die per os 4-6 settimanemeningite, osteomielite, endocardite

Doxiciclina 2-4 mg/kg/die; dose massima 200 mg/die per os 4-6 mesi+ Gentamicina 3-5 mg/kg/die ev 1-2 settimane± Rifampicina 15-20 mg/kg/die; dose massima 600-900 mg/die per os 4-6 mesi

180-206ANA.indd 1251180-206ANA.indd 1251 23-09-2008 12:38:4623-09-2008 12:38:46

Page 19: Capitolo 199 Campylobacter Gloria P. Heresi, Shaida Baqar ... · appare insolito, in quanto virtualmente sono assenti sequenze di inserzione o sequenze associate a fagi e vi sono

1252 ■ PARTE XVI ■ Malattie infettive

o ad aerosol contenenti i batteri. La crescita della Legionella si verifi ca più rapidamente nell’acqua calda e l’esposizione a fonti di acqua calda è un importante fattore di rischio per la malattia. I microrganismi del genere Legionella sono parassiti intracellulari facoltativi e crescono all’interno di protozoi presenti nei biofi lm consistenti di materiale organico e inorganico che si trova nelle tubature e nei serbatoi dell’acqua e di diverse altre specie batte-riche. Casi sporadici di malattia del legionario acquisita in co-munità possono essere attribuiti all’acqua potabile dell’ambiente locale del paziente. I fattori di rischio per l’acquisizione della polmonite sporadica acquisita in comunità comprendono forni-ture idriche non municipali, riparazione delle condutture locali e basse temperature degli scaldabagni, che facilitano la crescita dei batteri o portano al rilascio di un bolo di biofi lm contenente Legionella nell’acqua potabile. La modalità di trasmissione può essere attraverso inalazione di aerosol o per aspirazione. Epi-demie di malattia del legionario sono state associate a protozoi nelle fonti idriche implicate; la replicazione all’interno di cellule eucariote presumibilmente amplifi ca e mantiene la Legionella nel sistema di distribuzione dell’acqua potabile. Epidemie di polmo-nite acquisita in comunità e certe epidemie nosocomiali sono state associate a fonti comuni, tra cui riscaldatori di acqua potabile, torri di raffreddamento dei condensatori a evaporazione, vasche con idromassaggio, umidifi catori e nebulizzatori. La malattia del legionario e la febbre di Pontiac associate ai viaggi sono sempre più coinvolte in epidemie maggiori.

Le infezioni acquisite in ospedale sono più spesso legate all’ac-qua potabile. L’esposizione può avvenire attraverso 2 meccani-smi generali: (1) aspirazione di microrganismi ingeriti, compresi quelli presenti nei preparati per alimentazione gastrica, che sono mescolati ad acqua di rubinetto contaminata; e (2) aerosol da docce e secchiai. La legionellosi extrapolmonare può verifi carsi in seguito all’applicazione topica di acqua di rubinetto contaminata su ferite chirurgiche o traumatiche. Al contrario della malattia del legionario, si sono verifi cate epidemie di febbre di Pontiac in seguito all’esposizione ad aerosol di bagni con idromassaggio, umidifi catori a ultrasuoni e sistemi di ventilazione.

L’incidenza negli adulti di malattia del legionario sporadica acquisita in comunità causata da L. pneumophila è stimata in 7-20 casi/100 000 per anno ed evidenzia differenze geografi che. Le infezioni da Legionella non hanno un pattern stagionale. Lo 0,5-5% dei pazienti esposti a una fonte comune di infezione sviluppa una polmonite, mentre il tasso d’attacco nelle epidemie di febbre di Pontiac è molto elevato (85-100%). In uno studio di grandi dimensioni riguardante adulti e basato sulla comunità, la Legionella era associata al 3% dei casi di polmonite. Considerati tutti insieme, Mycoplasma pneumoniae, Chlamydia pneumoniae e L. pneumophila comprendono il 10-38% di tutte le polmoniti acquisite in comunità e pertanto le attuali linee guida cliniche per la polmonite acquisita in comunità raccomandano la terapia empirica con macrolidi o chinolonici. Come è stato stimato in base alla sieroconversione nei confronti della L. pneumophila nei bambini ospedalizzati con polmonite, è stato osservato un tasso di malattia del legionario alquanto basso. La polmonite acquisita in comunità si verifi ca più spesso in bambini �4 anni di età. La maggior parte delle infezioni nosocomiali è stata riportata come case report; pertanto, la reale incidenza della malattia nei bambi-ni è sconosciuta. I tassi d’infezione nosocomiale negli adulti sono diffi cili da determinare, in quanto molti laboratori ospedalieri non tentano l’isolamento colturale di Legionella. La legionellosi acquisita in ospedale nei bambini è associata a fattori di rischio clinici e a esposizione ambientale. L’acquisizione di anticorpi contro la L. pneumoniae nei bambini sani si verifi ca in modo progressivo nel tempo, anche se questo presumibilmente rifl ette un’infezione subclinica, una pneumopatia lieve o anticorpi che cross-reagiscono con altre specie batteriche.

PATOGENESI. Anche se la Legionella può essere coltivata in un terreno artifi ciale, l’ambiente intracellulare delle cellule eucariote fornisce il sito defi nitivo di crescita. Le legionelle sono parassiti intracellulari facoltativi delle cellule eucariote. In natura, la Le-

decessi è dovuta a un interessamento d’organo specifi co (per es. endocardite) nei casi complicati. Dopo una terapia specifi ca la prognosi è eccellente se i pazienti accettano la terapia prolungata (vedi Tab. 204-1).

PREVENZIONE. La prevenzione della brucellosi dipende dall’effet-tiva eradicazione del microrganismo da bestiame, capre e suini come anche da altri animali. La pastorizzazione del latte e dei prodotti lattiero-caseari per il consumo umano rimane un aspet-to importante della prevenzione. Attualmente non esiste alcun vaccino per l’uso nei bambini e pertanto l’educazione del pub-blico continua ad avere un ruolo preminente nella prevenzione di questa malattia.

Al-Kharfy TM: Neonatal brucellosis and blood transfusion: Case report and review of the literature. Ann Trop Pediatr 2001;21:349–352.

Pappas G, Akritidis N, Bosilkovski M, et al: Brucellosis. N Engl J Med 2005;352:2325–2336.

Patt HA, Feigin RD: Diagnosis and management of suspected cases of bioter-rorism: A pediatric perspective. Pediatrics 2002;109:685–692.

Solera J, Geijo P, Largo J, et al: A randomized, double-blind study to assess the optimal duration of doxycycline treatment for human brucellosis. Clin Infect Dis 2004;39:1776–1782.

Troy SB, Rickman LS, Davis CE: Brucellosis in San Diego—Epidemiology and species-related differences in acute clinical presentations. Medicine 2005;84:174–187.

Tsolia M, Drakonaki S, Messaritaki A, et al: Clinical features, complications and treatment outcome of childhood brucellosis in central Greece. J Infect 2002;44:257–262.

Yildirmak Y, Palanduz A, Telhan L, et al: Bone marrow hypoplasia during Brucella infection. J Pediatr Heme Oncol 2003;25:63–64.

Capitolo 205 ■ Legionella Lucy Tompkins

La legionellosi comprende la malattia del legionario ( polmoni-te da Legionella), altre infezioni extrapolmonari invasive e una malattia acuta similinfl uenzale nota come febbre di Pontiac. Al contrario delle sindromi associate a malattia invasiva, la febbre di Pontiac è una malattia autolimitante che si sviluppa dopo esposizione ad aerosol e può rappresentare una reazione tossica o da ipersensibilità alla Legionella.

EZIOLOGIA. Le Legionellaceae sono bacilli Gram-negativi aerobi, non capsulati e non formanti spore, che si colorano scarsamente alla colorazione di Gram quando questa viene eseguita su strisci di campioni clinici. I microrganismi presenti nei tessuti possono essere meglio visualizzati con la colorazione di Gimenez o con la colorazione all’argento (Mieterle o Warthin-Starry). Gli strisci colorati di Legionella pneumophila prelevati dalla crescita in colonie assomigliano a quelli di Pseudomonas. A differenza di altre Legionella spp., la L. micdadei si colora con la colorazione acido-resistente. Anche se sono state attualmente identifi cate �30 specie del genere, la maggioranza (90%) delle infezioni cliniche è causata dalla L. pneumophila, mentre la maggior parte delle restanti è causata da L. micdadei, L. bozemanii, L. dumoffi i e L. longbeachae. Questi microrganismi sono esigenti e richiedono per la crescita L-cisteina, ione ferrino e �-chetoacidi. Le colonie si sviluppano entro 3-5 giorni in agar con tampone e con carbone-estratto di lievito che può contenere antibiotici selettivi per inibire la crescita di altri microrganismi; la Legionella raramente cresce sui terreni di laboratorio di routine.

EPIDEMIOLOGIA. Il serbatoio ambientale della Legionella in na-tura è l’acqua dolce (laghi, torrenti, acque con inquinamento termico, acque potabili) e la polmonite invasiva (malattia del legionariolegionari) è correlata all’esposizione ad acqua potabile

180-206ANA.indd 1252180-206ANA.indd 1252 23-09-2008 12:38:4623-09-2008 12:38:46

Page 20: Capitolo 199 Campylobacter Gloria P. Heresi, Shaida Baqar ... · appare insolito, in quanto virtualmente sono assenti sequenze di inserzione o sequenze associate a fagi e vi sono

Capitolo 205 ■ Legionella ■ 1253

malattia del legionario nell’adulto comprendono le pneumopatie croniche (fumo, bronchite), l’età avanzata, il diabete e l’insuffi -cienza renale, l’immunosoppressione associata a trapianto d’or-gano, la terapia corticosteroidea ed episodi di aspirazione.

Il numero di casi segnalati di malattia del legionario acquisita in comunità nel bambino è piccolo. Tra questi, una condizione di immunocompromissione, specialmente da trattamento cortico-steroideo, associata a esposizione ad acqua potabile contaminata è il maggiore fattore di rischio. È stata segnalata l’infezione in alcuni bambini con pneumopatia cronica senza defi cit immuni-tari, ma un’infezione in bambini senza alcun fattore di rischio è molto infrequente. Le modalità di trasmissione della malattia acquisita in comunità nel bambino comprende l’esposizione a ne-bulizzati, acqua dolce, refrigeratori per acqua e altri apparecchi che generano aerosol. L’infezione nosocomiale da Legionella si verifi ca più frequentemente della malattia acquisita in comunità nel bambino e le modalità di trasmissione comprendono micro-aspirazione, frequentemente associata a sondini nasogastrici, e inalazione di aerosol. Le infezioni broncopolmonari da Legio-nella si manifestano in pazienti con fi brosi cistica e sono state associate a terapia aerosolica o a tende per nebulizzazioni. La malattia del legionario è stata inoltre riportata in pazienti pedia-trici con asma e stenosi tracheale. La corticoterapia cronica per l’asma è stata riportata come fattore di rischio per le infezioni da Legionella nel bambino.

La febbre di Pontiac nell’adulto e nel bambino è caratterizzata da febbre elevata, mialgie, cefalea ed estrema debilitazione, che durano per alcuni giorni. Possono essere presenti tosse, dispnea, diarrea, confusione e dolore toracico, ma non vi sono evidenze d’infezione invasiva. La malattia è autolimitata senza sequele. Virtualmente tutti gli individui esposti sviluppano una sierocon-versione agli antigeni della Legionella. Un’ampia epidemia in Scozia che ha interessato 35 bambini è stata attribuita alla L. micdadei, isolata da un idromassaggio. L’esordio della malattia è stato di 1-7 giorni (mediana 3 giorni) e tutti i bambini esposti hanno sviluppato titoli signifi cativi di anticorpi specifi ci per la L. micdadei. La patogenesi della febbre di Pontiac non è nota. In assenza di evidenze di una vera infezione, l’ipotesi più probabile è che questa sindrome sia causata da una reazione tossica o da ipersensibilità ad antigeni microbici o protozoari.

DIAGNOSI. La coltura di Legionella dall’espettorato, da altri cam-pioni del tratto respiratorio, dal sangue o dai tessuti, è il gold standard rispetto al quale si devono confrontare i metodi diagno-stici indiretti. I campioni ottenuti dal tratto respiratorio che sono contaminati dalla fl ora orale devono essere trattati e processati per ridurre i contaminanti e quindi seminati su terreni selettivi. Dal momento che queste sono metodiche lunghe e costose, molti laboratori non processano i campioni per la coltura. Il test per l’antigene urinario che identifi ca il sierogruppo I di Legionella pneumophila ha una sensibilità dell’80% e una specifi cità del 99%. Il test è un metodo utile per una diagnosi immediata di malattia del legionario causata da questo sierogruppo, che comprende la maggior parte delle malattie sintomatiche. Negli Stati Uniti, questo test è usato frequentemente in quanto è am-piamente disponibile nei laboratori di riferimento.

I microrganismi possono essere anche identifi cati presuntiva-mente attraverso lo screening anticorpale a immunofl uorescenza diretta, anche se la sensibilità del test è generalmente bassa nella maggior parte dei laboratori, in parte a causa della mancanza di antisieri diretti contro altri sierogruppi e specie di Legionel-la. Questo metodo non è riuscito a diagnosticare l’infezione in diversi casi pediatrici ben documentati. Una diagnosi retro-spettiva può essere posta sierologicamente utilizzando un test d’immunoadsorbimento enzimatico o un test immunoenzimatico per individuare gli anticorpi specifi ci. La sieroconversione può non avvenire per diverse settimane dopo l’inizio dell’infezione e i test sierologici disponibili non identifi cano tutti i ceppi di L. pneumophila o tutte le specie. Considerata la scarsa sensibilità dell’identifi cazione diretta e la lenta crescita del microrganismo in coltura, in caso di evidenze cliniche suggestive, la diagnosi

gionella si moltiplica all’interno dei protozoi che vivono nell’ac-qua dolce. Negli esseri umani, la principale cellula bersaglio della Legionella è il macrofago alveolare, anche se possono essere invasi anche altri tipi cellulari. Dopo l’entrata, i ceppi virulenti di L. pneumophila stimolano la formazione di un particolare fagosoma che consente la replicazione batterica. Il fagosoma è formato da componenti del reticolo endoplasmatico e permette di sfuggire alla via lisosomiale di degradazione. La crescita nei macrofagi avviene fi no al punto della morte cellulare, seguita dalla reinfezione di nuove cellule, fi no a quando queste cellule vengono attivate e possono quindi eliminare i microrganismi intracellulari. L’infezione polmonare acuta severa causa una ri-sposta infi ammatoria acuta e la necrosi; già in una fase precoce è quindi presente un numero maggiore di batteri nello spazio extracellulare in seguito alla replicazione intracellulare, alla lisi e al rilascio di batteri. Successivamente, l’attivazione dei macrofagi e altre risposte immunitarie producono un’intensa infi ltrazione dei tessuti da parte di macrofagi contenenti batteri intracellulari, portando infi ne al controllo della replicazione batterica e alla loro eliminazione. La terapia corticosteroidea comporta un rischio elevato d’infezione interferendo con la funzione dei macrofagi e delle cellule T. Anche se la malattia del legionario acquisita in comunità può manifestarsi in pazienti sani immunocompetenti, i pazienti che hanno un difetto dell’immunità cellulo-mediata sono ad alto rischio di infezione. Come in altre malattie causate da mi-crorganismi intracellulari facoltativi, l’esito dipende criticamente dalle risposte immunitarie specifi ca e non specifi ca dell’ospite, particolarmente le risposte di macrofagi e cellule T.

MANIFESTAZIONI CLINICHE. In origine si riteneva che la malattia del legionario fosse la causa della polmonite atipica associata a segni e sintomi extrapolmonari tra cui diarrea, iponatremia, ipofosfatemia, alterazione dei test di funzionalità epatica, confu-sione e disfunzione renale. Anche se un sottogruppo di pazienti può presentare queste classiche manifestazioni, l’infezione da Legionella causa caratteristicamente una polmonite indistingui-bile dalla malattia prodotta da altri agenti infettivi. Febbre, tosse e dolore toracico sono comuni sintomi di presentazione; la tosse può essere produttiva di espettorato purulento oppure può essere non produttiva. Anche se il classico aspetto radiografi co dimostra infi ltrati che riempiono gli alveoli in modo rapidamente progressivo, nei casi consueti di polmonite l’aspetto radiografi co del torace è ampiamente variabile, con l’aspetto di ombre simil-tumorali, evidenza d’infi ltrati nodulari, infi ltrati unilaterali o bilaterali oppure cavitazione, anche se la cavitazione si osser-va raramente nei pazienti immunocompetenti. Questo quadro si sovrappone in modo sostanziale alla malattia causata dallo Streptococcus pneumoniae. Anche se un versamento pleurico è meno comunemente associato alla malattia del legionario, la sua frequenza è così variabile che né la presenza, né l’assenza di versamento sono utili per la diagnosi differenziale. Se pre-sente, occorre prelevare un campione di liquido pleurico per la coltura.

Pochi aspetti clinici possono facilitare la diagnosi differenziale della polmonite da Legionella da altre cause. La polmonite da Legionella causa una malattia febbrile a esordio acuto, le radio-grafi e evidenziano infi ltrati che riempiono gli alveoli e non vi è una risposta clinica agli antibiotici �-lattamici ad ampio spettro (penicilline e cefalosporine) o agli aminoglicosidici.

Un’infezione concomitante da altri patogeni si verifi ca nel 5-10% dei casi di malattia del legionario; pertanto, la coltura di un altro potenziale patogeno polmonare non preclude la dia-gnosi di legionellosi.

Le segnalazioni di polmonite nosocomiale da Legionella nel bambino evidenziano un esordio rapido, temperature superiori a 38,5 °C, tosse, dolore toracico di tipo pleurico e dispnea nella maggior parte dei casi. Sono comuni anche dolore addominale, cefalea e diarrea. Le radiografi e del torace dimostrano consoli-damenti lobari o infi ltrati bilaterali diffusi, e si osservano ver-samenti pleurici. I sintomi non rispondono al trattamento con antibiotici �-lattamici o aminoglicosidi. I fattori di rischio per la

180-206ANA.indd 1253180-206ANA.indd 1253 23-09-2008 12:38:4723-09-2008 12:38:47

Page 21: Capitolo 199 Campylobacter Gloria P. Heresi, Shaida Baqar ... · appare insolito, in quanto virtualmente sono assenti sequenze di inserzione o sequenze associate a fagi e vi sono

1254 ■ PARTE XVI ■ Malattie infettive

Capitolo 206 ■ Bartonella Barbara W.

Stechenberg

Lo spettro patologico derivante dall’infezione umana da Bar-tonella spp. si è rapidamente espanso negli ultimi due decenni, compresa l’associazione di angiomatosi bacillare con AIDS e malattia da graffi o di gatto, con l’esigente bacillo Gram-negativo B. henselae. Cinque principali specie di Bartonella sono patogene per gli esseri umani: B. bacilliformis, B. henselae, B. quintana, B. elizabethae e, più recentemente, B. clarridgeiae. Diverse altre spe-cie di Bartonella sono state ritrovate in animali, particolarmente roditori e talpe (Tab. 206-1).

I membri del genere Bartonella sono bacilli Gram-negativi aerobi, ossidasi-negativi ed esigenti che non fermentano i carboi-drati. Soltanto una specie, la B. bacilliformis, è mobile per mezzo di fl agelli polari. La crescita ottimale si ottiene su terreni freschi contenenti il 5% o più di sangue di pecora o cavallo in presenza di anidride carbonica al 5%. L’uso della lisi-centrifugazione per i campioni prelevati dal sangue su agar-cioccolato per periodi prolungati (2-6 settimane) favorisce l’isolamento.

206.1 • BARTONELLOSI (BARTONELLA BACILLIFORMIS)La prima infezione umana da Bartonella descritta è stata la bartonellosi, una malattia geografi camente distinta causata dalla B. bacilliformis, che provoca 2 forme predominanti di malattia: la febbre di Oroya, un’anemia emolitica febbrile, e la verruca peruviana (verruga peruana), un’eruzione di lesioni simil-angio-matose. Il microrganismo causa anche un’infezione asintomatica. La bartonellosi è denominata anche malattia di Carrión in onore dello studente di medicina peruviano che si inoculò il sangue di una verruca e dopo 21 giorni sviluppò la febbre di Oroya. Egli morì 39 giorni dopo l’inoculazione, provando in tal modo l’ezio-logia unitaria delle 2 forme cliniche.

EZIOLOGIA. La B. bacilliformis è un piccolo microrganismo Gram-negativo mobile, con 10 o più fl agelli unipolari, che sembrano essere una componente importante dell’invasività. Aerobio obbli-gato, cresce meglio a 28 °C in agar nutriente semisolido conte-nente siero ed emoglobina di coniglio.

EPIDEMIOLOGIA. La bartonellosi è una zoonosi che si osserva sol-tanto nelle vallate montane delle Ande in Perù, Ecuador, Colom-bia, Cile e Bolivia, ad altitudini e condizioni ambientali favorevoli per il vettore, la mosca della sabbia Lutzomyia verrucarum.

di legionellosi deve essere perseguita attivamente, compresa la mancata risposta agli antibiotici usuali, anche quando i risultati di altri studi di laboratorio sono negativi.

TRATTAMENTO. Nella polmonite acquisita in comunità dell’adul-to ospedalizzato, le linee guida raccomandano il trattamento empirico con una cefalosporina ad ampio spettro più un ma-crolide o un chinolonico per il trattamento dei microrganismi atipici (Legionella, Chlamydia pneumoniae, Mycoplasma pneu-moniae). Un trattamento effi cace della malattia del legionario si basa in parte sulla concentrazione intracellulare degli antibiotici. Molti anni fa l’eritromicina (40 mg/kg/die per os o ev), con o senza rifampicina (15 mg/kg/die), era considerata una terapia effi cace. L’azitromicina (10 mg/kg in 1a giornata, senza supe-rare i 500 mg/die, quindi 5 mg/kg/die per 4 giorni per os), la claritromicina (15 mg/kg/die per os) e i chinolonici (ciprofl oxa-cina, levofl oxacina, trovafl oxacina, sparfl oxacina) hanno sosti-tuito l’eritromicina come terapia per i pazienti con infezione da Legionella diagnosticata. I chinolonici non sono approvati nei bambini 18 anni di età. Nelle infezioni severe o nei pazienti ad alto rischio è raccomandata inizialmente la terapia parenterale; il passaggio alla terapia orale può essere effettuato quando il paziente ha una risposta clinica. La durata della terapia orale con azitromicina per la malattia del legionario nell’adulto è di 4 giorni, anche se la terapia può essere continuata nei pazienti immunocompromessi. L’ipoacusia acuta, reversibile, è associata alla terapia parenterale con alte dosi di macrolidi. Il trattamento delle infezioni extrapolmonari, tra cui l’endocardite delle valvole protesiche e le infezioni della ferita sternale, può richiedere una terapia prolungata. In alternativa, può essere usato il trimeto-prim-sulfametoxazolo (TMP-SMZ; 15 mg di TMP/kg/die e 75 mg di SMZ/kg/die).

PROGNOSI. Il tasso di mortalità per la malattia del legionario ac-quisita in comunità nell’adulto ospedalizzato è del 15% circa. La prognosi dipende dai fattori dell’ospite sottostanti ed eventual-mente dalla durata della malattia prima dell’inizio di una terapia appropriata. Nonostante un’appropriata terapia antibiotica, i pazienti possono soccombere alle complicanze respiratorie, come la sindrome da distress respiratorio acuto, associato a ventilazio-ne artifi ciale e intubazione. Nelle segnalazioni di casi in lattanti e bambini prematuri, tutti virtualmente immunocompromessi, si può notare un elevato tasso di mortalità.

Abernathy-Carver KJ, Fan LL, Bogunciewicz M, et al: Legionella and Pneumo-cystis pneumonias in asthmatic children on high doses of systemic steroids. Pediatr Pulmonol 1994;18:135–138.

Benin AL, Benson RF, Arnold KE, et al: An outbreak of travel-associated Legionnaires disease and Pontiac fever: The need for enhanced surveil-lance of travel-associated legionellosis in the United States. J Infect Dis 2002;185:237–243.

Campins M, Ferrer A, Callis L, et al: Nosocomial Legionnaire’s disease in a children’s hospital. Pediatr Infect Dis J 2000;19:228–234.

Famiglietti RF, Bakerman PR, Saubolle MA, et al: Cavitary legionellosis in two immunocompetent infants. Pediatrics 1997;99:899–903.

Garrido RMB, Parra FJE, Frances LA, et al: Antimicrobial chemotherapy for Legionnaires’ disease: Levofl oxacin versus macrolides. Clin Infect Dis 2005;40:800–806.

Gervaix A, Beghetti M, Rimensberger P, et al: Bullous emphysema after Legio-nella pneumonia in a two-year-old. Pediatr Infect Dis J 2000;19:86–87.

Goldberg DJ, Emslie JA, Fallon RJ, et al: Pontiac fever in children. Pediatr Infect Dis J 1992;11:240–241.

Jones TF, Benson RF, Brown EW, et al: Epidemiologic investigation of a restaurant-associated outbreak of Pontiac fever. Clin Infect Dis 2003;37:1292–1297.

Levy I, Rubin LG: Legionella pneumonia in neonates: A literature review. J Perinatol 1998;18:287–290.

Luttichau HR, Vinther C, Uldum SA, et al: An outbreak of Pontiac fe-ver among children following use of a whirlpool. Clin Infect Dis 1998;26:1374–1378.

TABELLA 206-1. Bartonella come causa di malattia umana

MALATTIA MICRORGANISMO VETTORE FATTORE DI RISCHIO PRIMARIO

Bartonellosi B. bacilliformis Mosca della sabbia (Lutzomyia verrucarum)

Vivere in aree endemiche (Ande)

Malattia da graffi o di gatto

B. henselaeB. clarridgeiae (1 caso)

Gatto Graffi o o morso di gatto

Febbre delle trincee B. Quintana Pidocchio del corpo Infestazione da pidocchi nel corso di epidemie

Batteriemia, endocardite

B. henselae B. quintanaB. elizabethae

Gatto per B. henselae Pazienti con immunocom-promissione severa

Angiomatosi bacillare B. henselaeB. quintana

Gatto per B. henselae Pazienti con immunocom-promissione severa

Peliosi epatica B. henselaeB. quintana

Gatto per B. henselae Pazienti con immunocom-promissione severa

180-206ANA.indd 1254180-206ANA.indd 1254 23-09-2008 12:38:4723-09-2008 12:38:47

Page 22: Capitolo 199 Campylobacter Gloria P. Heresi, Shaida Baqar ... · appare insolito, in quanto virtualmente sono assenti sequenze di inserzione o sequenze associate a fagi e vi sono

Capitolo 206 ■ Bartonella ■ 1255

trattamento antibiotico quando vi sono �10 lesioni cutanee, se le lesioni sono eritematose o violacee, o se l’esordio delle lesioni è avvenuto 1 mese prima della presentazione. La rifampicina per os è effi cace nella guarigione delle lesioni. Può essere necessaria l’escissione chirurgica per lesioni deformanti di grandi dimensioni o per quelle che interferiscono con la funzione.

PREVENZIONE. La prevenzione dipende dall’evitamento del vetto-re, particolarmente di notte, mediante l’uso di indumenti protet-tivi e di repellenti per insetti (vedi Capitolo 173).

206.2 • MALATTIA DA GRAFFIO DI GATTO ( BARTONELLA HENSELAE)La presentazione più comune dell’infezione da Bartonella è la malattia da graffi o di gatto (Cat Scratch Disease, CSD), che rappresenta una linfadenite regionale subacuta causata da B. henselae. Si tratta della causa più comune di linfadenite cronica che persiste per più di 3 settimane.

EZIOLOGIA. La B. henselae è stata isolata dal sangue di un gatto sano ed è stata utilizzata in studi sierologici che la indicavano come la causa della CSD. Microrganismi di B. henselae sono anche i piccoli bacilli Gram-negativi pleiomorfi visualizzati con la colorazione di Warthin-Starry nei linfonodi affetti di pazienti con CSD. Lo sviluppo di test sierologici che hanno evidenzia-to la prevalenza di anticorpi nell’84-100% dei casi di CSD, la coltivazione di B. henselae dai linfonodi di pazienti con CSD e l’identifi cazione della B. henselae con la reazione a catena della polimerasi (Polymerase Chain Reaction, PCR) nella maggior par-te dei campioni di linfonodi e del materiale purulento di pazienti con CSD hanno confermato questo microrganismo come la causa della CSD. Casi occasionali di CSD possono essere causati da altri microrganismi; una segnalazione ha descritto un veterinario con CSD da B. clarridgeiae.

EPIDEMIOLOGIA. La CSD è una malattia comune con più di 24 000 casi stimati per anno negli Stati Uniti. È trasmessa per inocula-zione cutanea. La maggior parte dei pazienti (87-99%) ha avuto contatto con gatti, molti dei quali erano gattini 6 mesi di età, e �50% ha un’anamnesi defi nita di un graffi o o di un morso di gatto. I gatti presentano una batteriemia da Bartonella di grado elevato per diversi mesi senza sintomi clinici; i gattini sono più spesso batteriemici dei gatti adulti. L’esatto meccanismo della trasmissione dal gatto all’uomo rimane da chiarire. La trasmis-sione tra gatti avviene attraverso un artropode, la pulce del gatto (Ctenocephalides felis). Nelle aree temperate, la maggior parte dei casi si verifi ca tra settembre e marzo. Ciò può essere correlato alla riproduzione stagionale dei gatti domestici o a una maggiore prossimità agli animali domestici della famiglia in autunno e in inverno. Nelle aree tropicali non esiste prevalenza stagionale. La distribuzione è mondiale e l’infezione si presenta in tutte le etnie.

I graffi di gatto sembrano essere più comuni nei bambini e i maschi sono più interessati delle femmine. La CSD è una malattia sporadica, di solito è affetto soltanto un membro della famiglia, anche se molti bambini giocano con lo stesso gattino. Tuttavia, si possono avere cluster di casi familiari entro qualche settimana l’uno dall’altro. Segnalazioni aneddotiche hanno indicato altre fonti, come graffi di cani, schegge di legno, ami da pesca, spine di cactus e spine di porcospino.

PATOGENESI. Gli aspetti patologici della papula primaria d’ino-culazione e dei linfonodi affetti sono simili. Entrambi presentano un’area necrotica avascolare centrale circondata da linfociti, cel-lule giganti e istiociti. Nei linfonodi affetti si verifi cano 3 diverse fasi d’interessamento, anche se possono coesistere nello stesso linfonodo. Dapprima compare un aumento di volume genera-lizzato con aumento di volume della corticale e ipertrofi a dei centri germinali. Predominano i linfociti. Granulomi epitelioidi

PATOGENESI. Dopo il morso della mosca, le bartonelle entrano nelle cellule endoteliali dei vasi sanguigni, dove proliferano. Pre-senti in tutto il sistema reticoloendoteliale, esse quindi rientrano nel circolo e parassitano gli eritrociti. Esse si legano alle cellule, ne deformano la membrana e quindi entrano nei vacuoli intracellu-lari. La risultante anemia emolitica può interessare anche il 90% degli eritrociti. I pazienti che sopravvivono a questa fase acuta possono o meno sviluppare le manifestazioni cutanee, che sono lesioni emangiomatose nodulari o verruche che possono variare in dimensioni da pochi millimetri a diversi centimetri.

MANIFESTAZIONI CLINICHE. Il periodo di incubazione è di 2-14 settimane. I pazienti possono essere totalmente asintomatici o possono presentare sintomi non specifi ci come cefalea e malessere senza anemia. La febbre di Oroya è caratterizzata da febbre con rapido sviluppo di anemia. Obnubilamento del sensorio e delirio sono sintomi comuni e possono progredire a psicosi conclamata. L’esame obiettivo dimostra segni di anemia severa, ittero e pallo-re, che possono essere associati a linfoadenopatia generalizzata. Nella fase pre-eruttiva della verruca peruviana (Fig. 206-1), i pa-zienti possono lamentare artralgie, mialgie e parestesie. Possono svilupparsi reazioni infi ammatorie come fl ebite, pleurite, eritema nodoso ed encefalite. La comparsa delle verruche è patognomo-nica della fase eruttiva. Esse sono molto variabili per numero e dimensioni.

DIAGNOSI. La diagnosi è posta su base clinica in associazione a uno striscio di sangue che dimostra la presenza dei microrganismi o con un’emocoltura. L’anemia è macrocitica e ipocromica, con una conta reticolocitaria anche del 50%. Si può osservare la B. bacilliformis con la colorazione di Giemsa sotto forma di bacilli rosso-violetti all’interno degli eritrociti. Nella fase di guarigione, questi microrganismi assumono una forma maggiormente coccoi-de e scompaiono dal sangue. In assenza di anemia, la diagnosi dipende dall’emocoltura. Nella fase eruttiva, la presenza delle ti-piche verruche conferma la diagnosi. Per documentare l’infezione è stata utilizzata la ricerca degli anticorpi specifi ci.

TRATTAMENTO. La B. bacilliformis è sensibile a diversi antibiotici, tra cui rifampicina, tetraciclina e cloramfenicolo. Il trattamento è molto effi cace nel ridurre rapidamente la febbre ed eradicare il microrganismo dal circolo. Il cloramfenicolo (50-75 mg/kg/die) è considerato il farmaco di scelta, perché è utile anche nel trattamento di infezioni concomitanti come la Salmonella. Le trasfusioni ematiche e la terapia di supporto sono critiche nei pa-zienti con anemia severa. Per la verruca peruviana si considera un

Figura 206-1. Una singola lesione di grandi dimensioni di verruca peruviana sulla gamba di un abitante delle Ande peruviane. Tali lesioni tendono all’ulce-razione superfi ciale e in seguito alla loro natura vascolare si possono osservare copiose emorragie. Sono evidenti anche ecchimosi sulla cute che circonda la lesione. (Per gentile concessione del Dott. J.M. Crutcher, Oklahoma State Department of Health, Oklahoma City.)

180-206ANA.indd 1255180-206ANA.indd 1255 23-09-2008 12:38:4723-09-2008 12:38:47

Page 23: Capitolo 199 Campylobacter Gloria P. Heresi, Shaida Baqar ... · appare insolito, in quanto virtualmente sono assenti sequenze di inserzione o sequenze associate a fagi e vi sono

1256 ■ PARTE XVI ■ Malattie infettive

solito un’infezione autolimitata con risoluzione spontanea entro poche settimane o mesi.

Una malattia più severa e disseminata si verifi ca in una piccola percentuale di pazienti. Questi pazienti si presentano con febbre elevata spesso persistente per diverse settimane. Anche se i sinto-mi sistemici sono di solito più pronunciati che nella linfadenite isolata, essi sembrano spesso correlati alla febbre, con l’eccezione del dolore addominale e del calo ponderale, che possono essere entrambi molto marcati. Può essere presente una epatospleno-megalia, anche se la disfunzione epatica è rara (Fig. 206-5). Alterazioni granulomatose possono essere osservate nel fegato e nella milza. Un altro comune sito di disseminazione è l’osso, con lo sviluppo di lesioni osteolitiche granulomatose. Queste sono di solito associate a dolore localizzato, senza eritema, dolenzia o tumefazione. Altre manifestazioni infrequenti comprendono neuroretinite con papilledema ed essudati maculari a stella, ence-falite, febbre di origine sconosciuta e polmonite atipica.

DIAGNOSI. Nella maggior parte dei casi, la diagnosi può essere fortemente sospettata su basi cliniche con l’anamnesi di un’espo-sizione a un gatto. I Centers for Disease Control and Prevention hanno sviluppato un test di immunofl uorescenza indiretta (Indi-rect Immunofl uorescent Assay, IFA) che ha dimostrato una buo-na correlazione con la malattia. Sono disponibili in commercio altri test IFA ed enzimatici, anche se sono disponibili pochi dati di confronto. La maggior parte dei pazienti presenta un aumento dei titoli anticorpali alla presentazione; tuttavia, il timing della risposta IgG e IgM alla B. henselae può essere molto variabile. Esiste una cross-reattività tra le varie specie di Bartonella, in particolare la B. henselae e la B. quintana.

Se sono disponibili campioni tissutali, i bacilli possono essere visualizzati con le colorazioni di Gram per tessuti di Warthin-Starry e Brown-Hopp. Il DNA della Bartonella può essere iden-tifi cato con la PCR su campioni di tessuti. La coltura del micror-ganismo non è pratica ai fi ni clinici. L’uso di un antigene per test cutanei preparato mediante il trattamento con il calore dell’aspi-rato purulento da un linfonodo CSD è fortemente sconsigliabile a causa della mancanza di standardizzazione e della potenziale trasmissione di agenti infettivi.

Diagnosi differenziale. La diagnosi differenziale della CSD com-prende virtualmente tutte le cause di linfoadenopatia (vedi Ca-pitolo 490). Le entità più comuni comprendono la linfadenite piogena, primariamente da infezioni stafi lococciche o strepto-cocciche, infezioni da micobatteri atipici e le neoplasie maligne. Le entità meno comuni comprendono tularemia, brucellosi o sporotricosi. Le infezioni da virus di Epstein-Barr, Cytomegalo-

con cellule giganti di Langhans sono sparsi in tutto il linfonodo. Nella fase intermedia, i granulomi divengono più numerosi, si fondono e vengono infi ltrati da leucociti polimorfonucleati. In questa fase inizia la necrosi centrale di questi granulomi, con progressione all’ultima fase e formazione di ampi tratti sinusali ricolmi di materiale purulento. Il materiale purulento può farsi strada anche nei tessuti circostanti. Granulomi simili sono stati osservati nel fegato come anche lesioni ossee osteolitiche nel caso di interessamento di questi organi.

MANIFESTAZIONI CLINICHE. Dopo un periodo d’incubazione di 7-12 giorni (range 3-30 giorni), una o più papule rosse di 3-5 mm si sviluppano a livello del sito d’inoculazione cutanea, spesso con la disposizione di un graffi o di gatto di forma lineare. A causa delle loro piccole dimensioni, queste lesioni sono spesso trascu-rate, ma con una ricerca attenta si possono osservare in almeno 2/3 dei pazienti (Fig. 206-2). La linfoadenopatia è generalmente evidente entro un periodo di 1-4 settimane (Fig. 206-3). Una lin-fadenite regionale cronica è il segno distintivo e interessa il 1° o il 2° gruppo di linfonodi che drenano il sito d’entrata. I linfonodi affetti in ordine di frequenza comprendono i linfonodi ascellari, cervicali, sottomandibolari, preauricolari, epitrocleari, femorali e inguinali. L’interessamento di più di un gruppo si verifi ca nel 10-20% dei pazienti anche se, in un determinato sito, in metà dei casi vi è l’interessamento di diversi linfonodi.

I linfonodi interessati sono di solito dolenti ed è presente un eritema sovrastante, ma senza cellulite. Essi di solito variano in dimensioni tra 1 cm e 5 cm, anche se possono diventare molto più grandi. La suppurazione si verifi ca infi ne nel 10-40% dei casi. La durata dell’ingrossamento dei linfonodi è di solito di 1-2 mesi, con una persistenza fi no a 1 anno in rari casi. Febbre, di solito una temperatura di 38-39 °C, è presente nel 30% circa dei pazienti. Altri sintomi non specifi ci, tra cui malessere, anoressia, astenia e cefalea, interessano meno di 1/3 dei pazienti. Un rash transitorio si può osservare nel 5% circa dei pazienti. Questo consiste soprattutto in un rash maculopapuloso troncale; sono stati segnalati anche eritema nodoso, eritema multiforme ed eri-tema anulare.

La più comune presentazione atipica, osservata nel 2-17% dei pazienti, è la sindrome oculoghiandolare di Parinaud, che è una congiuntivite unilaterale seguita da linfoadenopatia preauricolare (Fig. 206-4). La presunta modalità di diffusione è l’inoculazione oculare diretta in seguito allo sfregamento con le mani dopo contatto con un gatto. A livello del sito d’inoculo si può osservare un granuloma congiuntivale. L’occhio interessato di solito non è dolente e le secrezioni purulente sono scarse o assenti, ma può essere molto arrossato ed edematoso. Può anche essere presente una linfoadenopatia sottomandibolare o cervicale. La CSD è di

Figura 206-2. Bambino con tipica malattia da graffi o di gatto che evidenzia i graffi originari e la papula primaria che subito dopo si è sviluppata prossi-malmente al dito medio. (Per gentile concessione del Dott. V.H. San Joaquin, University of Oklahoma Health Sciences Center, Oklahoma City.)

Figura 206-3. Una linfoadenopatia ascellare destra ha fatto seguito ai graffi e allo sviluppo di una papula primaria in questo bambino con tipica malattia da graffi o di gatto, lo stesso della Figura 206-2. (Da Mandell GL, Bennett JE, Dolin R [editors]: Principles and Practice of Infectious Diseases, 6th ed, Vol 2. Philadelphia, Elsevier, 2006, p 2737.)

180-206ANA.indd 1256180-206ANA.indd 1256 23-09-2008 12:38:4723-09-2008 12:38:47

Page 24: Capitolo 199 Campylobacter Gloria P. Heresi, Shaida Baqar ... · appare insolito, in quanto virtualmente sono assenti sequenze di inserzione o sequenze associate a fagi e vi sono

Capitolo 206 ■ Bartonella ■ 1257

vativa e nell’osservazione. Gli studi dimostrano una discordanza signifi cativa tra attività in vitro degli antibiotici ed effi cacia cli-nica. In molti pazienti, la diagnosi viene presa in considerazione nel contesto della mancata risposta alla terapia con antibiotici �-lattamici di una presunta linfadenite stafi lococcica. Un picco-lo studio prospettico con azitromicina per os (500 mg il 1° gior-no, quindi 250 mg in 2-5a giornata; nei bambini più piccoli, 10 mg/kg/die in 1a giornata e 5 mg/kg/die in 2-5a giornata) ha dimostrato una riduzione del volume linfonodale nel 50% dei pazienti nei primi 30 giorni, ma dopo 30 giorni non vi erano differenze riguardo al volume dei linfonodi. Non è stato osser-vato alcun altro benefi cio clinico. Nella maggior parte dei pa-zienti, la malattia è autolimitata, con risoluzione in un periodo variabile tra qualche settimana e qualche mese, e il trattamento apporta un minimo benefi cio clinico o non ne ha affatto. In caso si prenda in considerazione la necessità di un trattamen-to, azitromicina, claritromicina, trimetoprim-sulfametoxazolo, rifampicina, ciprofl oxacina e gentamicina sembrano essere gli agenti più effi caci.

I linfonodi suppurati che divengono tesi ed estremamente do-lenti devono essere drenati con agoaspirazione, che può dover essere ripetuta. Si devono evitare incisione e drenaggio dei lin-fonodi non suppurati, in quanto possono derivarne fi stole con drenaggio cronico. Raramente è necessaria l’escissione chirurgica del linfonodo.

I bambini con CSD epatosplenica sembrano rispondere bene al-la rifampicina, sia da sola, sia in combinazione con trimetoprim-sulfametoxazolo. Questi pazienti di solito ricevono la rifampicina alla dose di 20 mg/kg per 14 giorni.

COMPLICANZE. Un’encefalopatia si manifesta in almeno il 5% dei pazienti e caratteristicamente si manifesta 1-3 settimane dopo l’esordio della linfadenite con l’esordio improvviso di sintomi neurologici che spesso comprendono convulsioni, comportamen-to violento o bizzarro e alterazione del livello di coscienza. Gli studi di imaging sono generalmente normali. Il liquido cere-brospinale è normale o evidenzia una minima pleiocitosi e un aumento delle proteine. La guarigione avviene senza sequele in quasi tutti i pazienti, ma è lenta e richiede molti mesi.

Altre manifestazioni neurologiche comprendono paralisi del nervo facciale periferico, mielite, radicolite, neuropatia da com-

virus o Toxoplasma gondii di solito causano una linfoadenopatia più generalizzata.

INDAGINI DI LABORATORIO. Le indagini di laboratorio di routine non sono utili. La VES è spesso elevata. La conta leucocitaria può essere normale o leggermente elevata. Le transaminasi epatiche possono essere elevate nella malattia sistemica. L’ecografi a o la TC possono rivelare molti noduli granulomatosi nel fegato e nella milza, che appaiono sotto forma di lesioni irregolari rotondeg-gianti ipodense.

TRATTAMENTO. Il trattamento antibiotico della CSD non è sempre necessario e non è chiaramente utile. Nella maggior parte dei pa-zienti, il trattamento consiste in una terapia sintomatica conser-

Figura 206-4. La congiuntivite granulomatosa della sindrome oculoghiandolare di Parinaud è associata a linfoadenopatia locale ipsilaterale, di solito preauricolare e meno comunemente sotto-mandibolare. (Da Mandell GL, Bennett JE, Dolin R [editors]: Principles and Practice of Infectious Diseases, 6th ed, Vol 2. Philadelphia, Elsevier, 2006, p 2739.)

Figura 206-5. In questa immagine TC di un paziente con interessamento epatico della malattia da graffi o di gatto, l’assenza di enhancement delle le-sioni multiple dopo infusione di contrasto è compatibile con l’infi ammazione granulomatosa di questa entità. Trattato empiricamente con vari antibioti-ci senza miglioramento prima di aver stabilito questa diagnosi, il paziente successivamente è completamente guarito senza ulteriore terapia antibiotica. (Per gentile concessione del Dott. V.H. San Joaquin, University of Oklahoma Health Sciences Center, Oklahoma City.)

180-206ANA.indd 1257180-206ANA.indd 1257 23-09-2008 12:38:4823-09-2008 12:38:48

Page 25: Capitolo 199 Campylobacter Gloria P. Heresi, Shaida Baqar ... · appare insolito, in quanto virtualmente sono assenti sequenze di inserzione o sequenze associate a fagi e vi sono

1258 ■ PARTE XVI ■ Malattie infettive

verifi cano in un periodo di 1 anno o più. Questa forma ricorda la malaria o la febbre ricorrente (Borrelia recurrentis). Si può verifi care una batteriemia afebbrile.

I sintomi clinici di solito comprendono febbre (di solito la temperatura è di 38,5-40 °C), malessere, brividi, sudorazione, anoressia e cefalea severa. Sintomi comuni sono una marcata iniezione congiuntivale, tachicardia, mialgie, artralgie e dolore intenso a livello di collo, schiena e gambe. Gruppi di macule o pa-pule eritematose possono presentarsi sul tronco anche nell’80% dei pazienti. Possono essere presenti splenomegalia o una lieve epatomegalia.

DIAGNOSI. Nelle situazioni non epidemiche è impossibile porre la diagnosi di febbre delle trincee su base clinica, in quanto i segni e sintomi non sono distintivi. Un’anamnesi d’infestazione da pidocchi del corpo o di permanenza in un’area di malattia epidemica deve sollevare il sospetto.

La B. quintana può essere coltivata dal sangue con accorgimen-ti per comprendere la coltura su cellule epiteliali. Sono disponibili test sierologici per la B. quintana, ma vi è una cross-reazione con la B. henselae.

TRATTAMENTO. Non esistono trial clinici controllati; i pazienti con febbre delle trincee hanno risposto rapidamente alla tetraci-clina e al cloramfenicolo con rapida defervescenza.

206.4 • ANGIOMATOSI BACILLARE E PELIOSI EPATICA BACILLARE (BARTONELLA HENSELAE E BARTONELLA QUINTANA)Sia la B. henselae sia la B. quintana causano 2 patologie proli-ferative vascolari, l’angiomatosi bacillare e la peliosi bacillare in soggetti gravemente immunocompromessi, soprattutto in pazienti adulti con AIDS o neoplasie maligne oppure in soggetti sottoposti a trapianto. Le lesioni sottocutanee e le lesioni osteolitiche sono fortemente associate alla B. quintana, mentre la peliosi epatica è associata esclusivamente alla B. henselae.

ANGIOMATOSI BACILLARE. Le lesioni dell’angiomatosi bacillare cutanea, nota anche come angiomatosi epitelioide, sono la forma più nota e facilmente diagnosticabile di infezione da Bartonella negli ospiti immunocompromessi. Esse si osservano primariamen-te nei pazienti con AIDS con conta di CD4 molto ridotta. L’aspet-to clinico può essere molto diverso. Le lesioni vasoproliferative dell’angiomatosi bacillare possono essere cutanee o sottocutanee e assomigliano alle lesioni vascolari (verruca peruviana) da B. bacilliformis nei soggetti immunocompetenti. Si tratta di papule eritematose su una base eritematosa con un collaretto di squame. Esse possono ingrandirsi formando grandi lesioni peduncolate. Può far seguito un’ulcerazione, come anche un’emorragia profusa in seguito a un trauma.

L’angiomatosi bacillare può essere clinicamente indistingui-bile dal sarcoma di Kaposi. Altre considerazioni nella diagnosi differenziale sono il granuloma piogeno e la verruca peruviana (B. bacilliformis). Le masse profonde dei tessuti molli causate dall’angiomatosi bacillari possono simulare una neoplasia ma-ligna.

Le lesioni dell’angiomatosi bacillare ossea interessano comune-mente le ossa lunghe. Queste lesioni litiche sono molto dolorose e altamente vascolarizzate.

Al di sopra di una di queste lesioni si può osservare occasional-mente una placca eritematosa. L’elevato grado di vascolarizzazio-ne, che produce un risultato fortemente positivo alla scintigrafi a ossea con tecnezio-99-metilene difosfonato, rende queste lesioni simili a neoplasie maligne.

Le lesioni possono trovarsi virtualmente in ogni organo, pro-ducendo lesioni proliferative vascolari simili. All’endoscopia o alla broncoscopia queste possono apparire rilevate, nodulari o ulcerative. Esse possono essere associate ad aumento di volume

pressione e atassia cerebellare. È stato segnalato un paziente con encefalopatia che ha presentato un defi cit cognitivo e una perdita della memoria persistenti.

La retinopatia maculare stellata è stata associata a diverse infezioni, compresa la CSD. Bambini e giovani adulti si presen-tano con una perdita del visus unilaterale o raramente bilaterale con scotoma centrale, edema del disco ottico e formazione di stella maculare da essudati che si irradiano dalla macula. Queste alterazioni di solito si risolvono completamente con recupero del visus, di solito entro 2-3 mesi. Il trattamento ottimale della neuroretinite è sconosciuto, anche se gli adulti sono stati trat-tati con doxiciclina e rifampicina per 4-6 settimane con buoni risultati.

Le manifestazioni ematologiche comprendono anemia emoli-tica, porpora trombocitopenica, porpora non trombocitopenica ed eosinofi lia. Una vasculite leucocitoclastica simile alla porpora di Henoch-Schönlein è stata segnalata in associazione a CSD in un bambino.

È stata anche segnalata una presentazione sistemica della CSD con pleurite, artralgie o artrite, masse mediastiniche, aumento di volume dei linfonodi della testa del pancreas e polmonite atipica.

PROGNOSI. La prognosi della CSD in un ospite normale è gene-ralmente eccellente, con risoluzione dei sintomi clinici nel giro di diversi mesi. Occasionalmente la guarigione è più lenta e può richiedere anche un anno.

PREVENZIONE. La diffusione interumana delle infezioni da Barto-nella non è nota. Non è necessario l’isolamento. La prevenzione richiederebbe l’eliminazione dei gatti dall’ambiente domestico, co-sa non pratica né necessariamente desiderabile. La consapevolez-za del rischio rappresentato dai graffi dei gatti (e particolarmente dei gattini) deve essere comunque sottolineata ai genitori.

206.3 • FEBBRE DELLE TRINCEE (BARTONELLA QUINTANA)

EZIOLOGIA. L’agente causale della febbre delle trincee è stato ini-zialmente designato come Rickettsia quintana, quindi è stato assegnato al genere Rochalimaea e successivamente è stato ride-fi nito come B. quintana.

EPIDEMIOLOGIA. La febbre delle trincee è stata per la prima volta riconosciuta come una distinta entità clinica durante la Prima Guerra Mondiale, quando più di un milione di sol-dati delle trincee contrasse l’infezione. La malattia è rimasta quiescente fi no alla Seconda Guerra Mondiale, quando ha di nuovo assunto dimensioni epidemiche. È estremamente rara negli Stati Uniti.

Gli esseri umani sono gli unici serbatoi noti, nessun altro ani-male è infettato naturalmente né sono sensibili i normali animali da laboratorio.

Il pidocchio del corpo umano, Pediculus humanus varietà cor-poris, è il vettore, capace di trasmissione a un nuovo ospite 5-6 giorni dopo avere morso un soggetto infetto. I pidocchi elimina-no il microrganismo per tutto il loro ciclo vitale; non si verifi ca passaggio transovarico.

Gli esseri umani possono avere una batteriemia asintomatica prolungata per anni.

MANIFESTAZIONI CLINICHE. Il periodo di incubazione è in media di 22 giorni (range 4-35 giorni). La presentazione clinica è alta-mente variabile. I sintomi possono essere molto lievi e di breve durata. Circa la metà dei soggetti infetti ha una singola malattia febbrile con esordio improvviso che dura 3-6 giorni. In altri soggetti può manifestarsi una febbre prolungata e continua. Più frequentemente, i pazienti hanno una malattia febbrile periodica con 3-8 episodi che durano ciascuno 4-5 giorni, che talvolta si

180-206ANA.indd 1258180-206ANA.indd 1258 23-09-2008 12:38:4923-09-2008 12:38:49

Page 26: Capitolo 199 Campylobacter Gloria P. Heresi, Shaida Baqar ... · appare insolito, in quanto virtualmente sono assenti sequenze di inserzione o sequenze associate a fagi e vi sono

Capitolo 206 ■ Bartonella ■ 1259

omielite possono essere trattati inizialmente con eritromicina o doxiciclina ev con l’aggiunta di rifampicina o gentamicina. L’uso di un aminoglicoside per un minimo di 2 settimane è associato a una prognosi migliore dell’endocardite. Può verifi -carsi una reazione di Jarisch-Herxheimer. Possono far seguito delle recidive e può essere necessario un trattamento prolun-gato per diversi mesi.

PREVENZIONE. I soggetti immunocompromessi devono prendere in considerazione i rischi potenziali legati al possesso di gatti a causa del rischio di infezioni da Bartonella, come anche di toxo-plasmosi e di infezioni enteriche. Quelli che scelgono di adottare o acquistare un gatto devono procurarsi un gatto �1 anno di età e in buona salute.

È essenziale l’immediato lavaggio di qualsiasi ferita da morso o da graffi del gatto.

Arisoy ES, Correa AG, Wagner ML et al: Hepatosplenic cat-scratch dise-ase in children: Selected clinical features and treatment. Clin Infect Dis 1999;28:778–784.

Bass JW, Freitas BC, Freitas AD, et al: Prospective randomized double blind placebo-controlled evaluation of azithromycin for treatment of cat-scratch disease. Pediatr Infect Dis J 1998;17:447–452.

Bass JW, Vincent JM, Person DA: The expanding spectrum of Bartonella infec-tions: I. Bartonellosis and trench fever. Pediatr Infect Dis J 1997;16:2–10.

Bass JW, Vincent JM, Person DA: The expanding spectrum of Bartonella infec-tions: II. Cat scratch disease. Pediatr Infect Dis J 1997;16:163–179.

Batts S, Demers DM: Spectrum and treatment of cat-scratch disease. Pediatr Infect Dis J 2004;23:1161–1162.

Bryant K, Marshall GS: Hepatosplenic cat scratch disease treated with corti-costeroids. Arch Dis Child 2003;88:345–346.

Carithers HA, Margileth AM: Cat scratch disease: Acute encephalopathy and other neurologic manifestations. Am J Dis Child 1991;145:98–101.

Fournier PE, Lelievre H, Ekyn SJ, et al: Epidemiologic and clinical characteri-stics of Bartonella quintana and Bartonella henselae endocarditis: A study of 48 patients. Medicine 2001;80:245–251.

Fretzayas A, Papadopoulos NG, Moustaki M, et al: Unsuspected extralym-phocutaneous dissemination in febrile cat scratch disease. Scand J Infect Dis 2001;33:599–603.

Jacobs R, Schutze G: Bartonella henselae as a cause of prolonged fever and fever of unknown origin in children. Clin Infect Dis 1998;26:80–84.

Maguiña C, Garcia P, Gotuzzo E, et al: Bartonellosis (Carrión’s disease) in the modern era. Clin Infect Dis 2001;33:772–779.

Maguiña C, Gotuzzo E: Bartonellosis: New and old. Infect Dis Clin North Am 2000;14:1–22.

Metzkor-Cotter E, Kletter Y, Avidor B, et al: Long-term serological analysis and clinical follow-up of patients with cat scratch disease. Clin Infect Dis 2003;37:1149–1154.

Ormerod LD, Dailey JP: Ocular manifestations of cat-scratch disease. Curr Opin Ophthalmol 1999;10:209–216.

Raoult D, Fournier PE, Vandenesch F, et al: Outcome and treatment of Bartonella endocarditis [Original Investigation]. Arch Intern Med 2003;163(2):226–230.

Vermeulen MJ, Rutten GJ, Verhagen I, et al: Transient paresis associated with cat-scratch disease. Case report and literature review of vertebral osteomyelitis caused by Bartonella henselae. Pediatr Infect Dis J 2006;25:1177–1181.

dei linfonodi con o senza un’evidente lesione cutanea locale. In un caso sono state descritte lesioni a livello del parenchima cerebrale.

PELIOSI BACILLARE. La peliosi bacillare interessa il sistema reti-coloendoteliale, primariamente il fegato (peliosi epatica) e me-no frequentemente milza e linfonodi. Si tratta di un disordine vasoproliferativo caratterizzato dalla proliferazione casuale di laghi venosi circondati da uno stroma fi bromixoide contenente numerosi bacilli. Segni e sintomi comprendono febbre e dolore addominale in associazione con risultati anomali dei test di fun-zionalità epatica, in particolare un marcato aumento del livello della fosfatasi alcalina. Possono essere associate un’angiomatosi bacillare o una splenomegalia, con o senza trombocitopenia o pancitopenia.

Le lesioni proliferative vascolari del fegato e della milza appa-iono alla TC come lesioni ipodense sparse nel parenchima. La diagnosi differenziale comprende sarcoma di Kaposi, linfoma e l’infezione disseminata da Pneumocystis carinii o da complesso di Mycobacterium avium.

BATTERIEMIA ED ENDOCARDITE. Sono state segnalate batterie-mia o endocardite da B. henselae, B. quintana e B. elizabethae, associate a sintomi come febbre prolungata, sudorazione not-turna e calo ponderale marcato. Un cluster di casi a Seattle nel 1993 si è verifi cato in una popolazione di senzatetto con alcolismo cronico. Si è ritenuto che questi pazienti con febbre elevata o ipotermia rappresentassero la “febbre delle trincee urbana”, ma non era associata un’infestazione da pidocchi del corpo. Alcuni casi di endocardite con coltura negativa possono rappresentare un’endocardite da Bartonella. Una segnalazione ha descritto l’interessamento del sistema nervoso centrale in due bambini.

DIAGNOSI. La diagnosi di angiomatosi bacillare viene inizial-mente posta con la biopsia. La caratteristica proliferazione dei piccoli vasi con risposta infi ammatoria mista e colorazione dei bacilli con colorazione all’argento di Warthin-Starry la distingue dal granuloma piogeno o dal sarcoma di Kaposi (vedi Capitolo 254). L’anamnesi dei viaggi può di solito escludere la verruca peruviana.

La coltura non è pratica per la CSD, ma è la procedura diagno-stica nel sospetto di batteriemia o endocardite. L’uso della tecnica di lisi-centrifugazione o di agar con infusione di cioccolato o cuore fresco e con sangue di coniglio al 5% con incubazione prolungata possono migliorare i risultati della coltura. Anche la PCR può essere uno strumento diagnostico utile.

TRATTAMENTO. Le infezioni da Bartonella in ospiti immuno-competenti causate dalla B. henselae e dalla B. quintana sono state trattate con successo con agenti antimicrobici. L’angio-matosi bacillare risponde rapidamente a eritromicina, azitro-micina o claritromicina, che rappresentano i farmaci di scelta. Scelte alternative sono doxiciclina o tetraciclina. I pazienti con malattia severa come peliosi epatica, endocardite o oste-

180-206ANA.indd 1259180-206ANA.indd 1259 23-09-2008 12:38:4923-09-2008 12:38:49