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mercurio
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Capitolo 4
CAPITOLO 4
Apparecchiature, tecniche e risultati
sperimentali: impianto pilota
4.1 Introduzione
L’impianto pilota utilizzato per l’attività sperimentale si trova nella sede distaccata
dell’IRC (Istituto Ricerche sulla Combustione) del CNR (Centro Nazionale
Ricerche) in via Metastasio a Napoli; progettato inizialmente per lo studio del
processo di desolforazione dei fumi di combustione mediante tecnologia Spray Dry,
l'impianto è stato modificato per la sperimentazione contingente secondo criteri di
ottimo economico che consentissero il ripristino delle funzionalità da desolforatore
per realizzare l’abbattimento simultaneo di più inquinanti, in previsione di future
attività sperimentali. Per alimentare il mercurio elementare, è stato considerato lo
stesso sistema di alimentazione previsto in laboratorio, pur se modificato in base a
considerazioni impiantistiche relative all'impianto spray-dry.
Nei seguenti paragrafi si illustreranno l'impianto nella sua configurazione originaria
e le modifiche apportate per permettere l'inizio dell'attività sperimentale
sull'abbattimento del mercurio elementare.
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Capitolo 4
4. 2 Impianto pilota nella configurazione iniziale
L’impianto si sviluppa sui tre livelli di una struttura di acciaio per un’altezza
complessiva di 12 m e un’area di impronta di circa 30 m2, è completamente
coibendato per uno spessore di 60 mm con feltri di fibra minerale (lana di
roccia), protetta da una rete zincata e lamierino in alluminio. Da un punto di
vista funzionale, esso presenta una sezione di generazione dei fumi, che
comprende i serbatoi dell’olio, il bruciatore, la caldaia, il riscaldatore
elettrico e tutte le tubature che conducono i fumi all’ingresso dello spray-
dryer, una sezione di trattamento dei fumi mediante il processo spray-dry,
costituita da una colonna di assorbimento (spray-dryer), dotata di una lancia
per atomizzare la soluzione, una sezione di preparazione della sospensione
adsorbente, che include il serbatoio, le linee dell’acqua e dell’aria e la pompa
peristaltica per la preparazione, lo stoccaggio e l’invio della sospensione o
slurry (grassello di calce) alla lancia, una sezione di post-trattamento dei fumi
posta a valle dello spray-dryer per l’abbattimento del particolato solido; ne
fanno parte un ciclone e un filtro a maniche disposti in parallelo, una sezione
di sicurezza, costituita da torre a pioggia e abbattitore di nebbie e una sezione
di analisi e controllo, che comprende il sistema di analisi della composizione
dei fumi e le apparecchiature per la gestione e il controllo dell’impianto.
4.2.1 Sezione di generazione dei fumi
La sezione di generazione dei fumi comprende un circuito dell’olio dalla cui
combustione si ottiene la corrente da trattare. Il sistema di alimentazione
dell’olio al bruciatore è costituito da due serbatoi (un serbatoio di stoccaggio
al piano terra di capacità pari a 200 l e uno giornaliero al secondo piano,
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Capitolo 4
sopra la caldaia, di capacità 70 l) coibentati e dotati di resistenze riscaldanti
per ridurre la viscosità dell’olio (che raggiunge i 100°C) e consentirne la
movimentazione, e da tubature di collegamento (anch’esse riscaldate fino al
bruciatore) sul cui circuito è inserita una pompa di ricircolo che miscela di
continuo l’olio combustibile evitandone la stratificazione nei due serbatoi.
Per l’asportazione dei depositi che inevitabilmente si formano, invece, nel
bruciatore quando l’olio combustibile raffredda, si procede all’alimentazione
a nafta nelle fasi di avvio e di spegnimento della fiamma. Il relativo
serbatoio, disposto anch’esso al di sopra della caldaia, è un fusto di capacità
pari a circa 30 litri.
Il riscaldamento del serbatoio giornaliero è controllato da un termostato,
mentre il serbatoio di stoccaggio è dotato di un termometro per cui richiede
un controllo manuale. Entrambi i serbatoi dispongono di una valvola di
sicurezza che nel caso di incrementi anomali di pressione permette uno
sfiato, l’uscita cioè di parte dell’olio, evitando così l’esplosione del serbatoio
stesso (venting). Per il serbatoio di stoccaggio, tale valvola è tenuta sempre
aperta e collegata ad un tubo flessibile che allontana i vapori prodotti dagli
oli caldi lontano dall’ambiente di lavoro. Il serbatoio di stoccaggio è
alimentato dai fusti in maniera discontinua, mediante un carrello elevatore e
un ribaltatore.
La caldaia, prodotta dalla Fulgens di Milano e presentata in figura 4.1, ha una
larghezza di 1300 mm, un’altezza di 1750 mm, una lunghezza di 2200 mm
ed un peso di circa 750 kg. La camera di combustione vera e propria occupa
la metà inferiore della struttura con una forma cilindrica avente una
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Capitolo 4
lunghezza di 1350 mm ed una sezione trasversale di 13.35 dm2; è in acciaio
inossidabile AISI 430 (AISI American Iron and Steel Institute Type) ed è
isolata con lana di roccia esternamente. Alimentata ad olio combustibile
denso, è caratterizzata da una potenza di 200.000 kcal/h.
Fig 4.1 Caldaia
I fumi della combustione sono raffreddati in uno scambiatore ad aria, del tipo
a tubi e mantello, alloggiato nel semivano superiore della camera. Lo
scambiatore è stato progettato per portare la temperatura dei fumi al di sotto
dei 200°C, a partire dal valore iniziale valutato in 1800°C, tenendo conto del
rendimento termico utile pari a 0,89: esso deve permettere ai fumi di cedere
all’aria circa 70 kW per cui è costituito da 57 tubi di 1350 mm di lunghezza,
con diametro esterno di 60.3 mm, e spessore pari a 3.91 mm. Il moto
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dell’aria di raffreddamento è garantito da un elettroventilatore - tipo BPN/15
- da 5000 m3/h con P di circa 120 mm e potenza assorbita di 4 kW.
Il bruciatore (figura 4.2) è un modello bi-stadio PRESS 30 N, prodotto dalla
Riello di Legnago (VR): esso presenta una struttura in alluminio e un carter
in lamiera per la protezione dei componenti; l’accesso alla testa di
combustione è facilitata da due guide scorrevoli.
Tale modello può bruciare sia nafte pesanti, sia gasolio, e dispone di due
ugelli alimentati con una portata variabile compresa nell’intervallo 7,530
kg/h (potenze corrispondenti comprese nell’intervallo 85340 kW).
Fig 4.2 Bruciatore
Esso è collegato a due distinti serbatoi di alimentazione, uno per olio
combustibile, l’altro per il gasolio che viene alimentato nella fase di messa in
esercizio e nella fase di spegnimento dell’impianto. L'alimentazione di
gasolio si è resa necessaria per la pulizia degli ugelli e di tutta la linea di
alimentazione del combustibile al bruciatore che risultavano ostruiti, nella
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Capitolo 4
fase di accensione, da olio denso freddo e, quindi, eccessivamente viscoso.
Una pompa centrifuga a bassa velocità provvede alla ricircolazione del
combustibile nel serbatoio di stoccaggio e all’iniezione attraverso gli ugelli,
portando l’intero circuito alla pressione di 25 bar. La regolazione dell’aria di
combustione avviene attraverso una serranda mossa da un motorino
regolabile, con possibilità di chiusura in sosta. Il combustibile, prima di
essere inviato in camera di combustione, deve essere preriscaldato, affinché
entri nel campo di infiammabilità e raggiunga condizioni di viscosità ottimali
per essere finemente polverizzato. In tal modo si favorisce un’efficace
miscelazione con l’aria e quindi una buona combustione. Per questa ragione,
nel bruciatore è presente un riscaldatore elettrico di 2,8 kW. Inoltre, tutte le
tubazioni utilizzate per la movimentazione dell’olio denso sono state
opportunamente coibentate e riscaldate. La temperatura di preriscaldamento è
regolata da tre termostati: il termostato di regolazione impedisce
l’avviamento del bruciatore se la temperatura del combustibile non ha
raggiunto il valore prefissato; il termostato a contatto di minima interviene
arrestando il bruciatore nel caso in cui la temperatura del combustibile
scenda al di sotto del valore prefissato; il termostato a contatto di massima
disinserisce le resistenze quando, a causa di un’avaria del termostato di
regolazione, si registra un sensibile aumento della temperatura del
preriscaldatore. Un ulteriore dispositivo di sicurezza, una cellula
fotoelettrica, posta direttamente in camera di combustione arresta
l’alimentazione nel caso di assenza di fiamma. Sono, infine, presenti un
doppio filtro di mandata, e un manometro con rubinetto di protezione.
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Capitolo 4
Il riscaldatore (15.PD.01), prodotto dalla FATI (Milano), è alimentato a 380
V e utilizza una potenza di circa 5 kW. Esso consta essenzialmente di due
cilindri coassiali: nel cilindro interno sono alloggiate due resistenze elettriche
da 2,5 kW, mentre la corrente gassosa fluisce nel cilindro esterno. Il sistema
è esternamente rivestito da lana di roccia che funge da isolante termico. Il
riscaldatore è gestito da un sistema di controllo e i valori di settaggio sono
impostati tramite un quadro elettrico, come mostrato in figura 4.3, separato
dal sistema di controllo generale.
Il riscaldatore viene utilizzato per regolare la temperatura dei fumi e nella
fase di preriscaldamento dell’impianto. L’aria di preriscaldamento è
prelevata dal circuito del compressore esterno; la relativa elettrovalvola di
apertura è comandata dal calcolatore.
Fig 4.3 Quadro di controllo del riscaldatore
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Capitolo 4
Immediatamente a monte e a valle del riscaldatore sono presenti due
termoresistenze che misurano la temperatura dei fumi e permettono al
sistema di controllo di impedire pericolose sovratemperature.
4.2.2 Sezione di abbattimento gas acidi: reattore di contatto
gas-sospensione di tipo spray dryer
Lo spray-dryer è costituito da un cilindro in acciaio inox AISI 316L del peso
di 270 kg, altezza di 2.6 m e volume di circa 0.27 m3. L’altezza dello spray-
dryer è stata fissata in maniera tale che, per un ampio intervallo di portate di
fumi in ingresso, il processo di evaporazione delle gocce e il simultaneo
assorbimento con reazione avvenga all’interno della colonna.
I fumi entrano nella colonna orizzontalmente (Fig. 4.4) attraverso una
tubatura di sezione rettangolare (60 mm per 115 mm) - ridotta rispetto alla
precedente per aumentarne la velocità - e disposta in basso, tangenzialmente
rispetto al cilindro.
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Capitolo 4
Fig 4.4 Ingresso fumi allo spray dryer
Grazie all’elevata componente tangenziale della velocità si genera un moto
elicoidale, proprio nel punto in cui i fumi incontrano la sospensione
nebulizzata mediante la lancia (posta sul fondo del reattore). Ciò consente
una buona miscelazione tra i fumi e lo slurry, che lungo il reattore
procederanno in equicorrente descrivendo il moto ascensionale: la
configurazione d’ingresso dei fumi, tangenziale con angolo di swirl retto
rispetto alla sospensione, realizzando turbolenza nella parte bassa della
colonna, incrementando i coefficienti di scambio rispetto ai casi di adduzione
direttamente in equicorrente o in controcorrente. Lo svantaggio è che parte
dei fumi, per la variabilità del campo di moto, sfuggono al contatto con lo
slurry, con riduzione dell’area di scambio. Lo spray-dryer presenta alle sue
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Capitolo 4
estremità due portelloni che possono essere usati per le operazioni di
manutenzione.
In particolare, attraverso il portellone inferiore si può invece verificare
l’eventuale deposizione di fuliggini al fondo e si può esplorare il condotto di
adduzione dei fumi.
A distanza relativa di 300 mm sono presenti sette termocoppie che
permettono di rilevare il diagramma di temperatura in asse e nel tempo. In
particolare, la figura 4.5 mostra che uno degli alloggiamenti destinato ad una
termocoppia, dunque, rimossa, sia stato utilizzato come punto di iniezione
del carbone direttamente in colonna per realizzare l'abbattimento di mercurio
nella corrente gassosa da trattare. Per questo, tra la prima e la seconda
termocoppia, è stato posizionato un tubicino di acciaio, mediante il quale
viene iniettato il carbone dentro la colonna, alla cui estremità è realizzato un
becco d’oca.
Prima del tubicino si trova un cilindro in teflon opportunamente forato,
costituito da due ingressi è da una uscita.
In uscita è collegato il tubo di acciaio, un ingresso è attraversato da una
corrente d’aria la quale per le caratteristiche costruttive del cilindro, forato in
modo da creare un venturi, aspira una portata di aria e di carbone dall’altro
ingresso. Il carbone aspirato è fornito dalla macchina del carbone descritta
nel paragrafo successivo 4.2.3.
In ingresso dal fondo della colonna è posizionata la “lancia di
atomizzazione”, spiegata in seguito.
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Capitolo 4
In figura 4.5 vengono rappresentate con T1 … T5, le cinque termocoppie
presenti lungo la colonna, mentre T6 identifica la termocoppia situata in
prossimità del punto di prelievo.
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Capitolo 4
Fig 4.5 Schema della colonna spray-dryer
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Capitolo 4
4.2.3 Sezione di preparazione e di alimentazione della
sospensione di idrossido di calcio
In questa sezione si provvede, mediante la miscelazione di due diverse
correnti (slurry di calce a concentrazione costante e acqua di diluizione) alla
preparazione della sospensione assorbente e al suo successivo invio allo
spray-dryer in forma finemente nebulizzata mediante una pompa peristaltica
e una lancia di atomizzazione.
Lo slurry (sospensione al 40% in peso di idrossido di calcio) viene preparato
in un serbatoio del volume di 200 litri. In tale serbatoio è presente un
mescolatore a motore che mantiene uniforme la concentrazione di idrossido
di calcio nella sospensione. A valle del serbatoio è presente, quindi, una
pompa peristaltica, dopo la quale la linea si biforca: attraverso una valvola è
possibile un riciclo verso il serbatoio, attraverso un'altra valvola lo slurry
passa attraverso un misuratore di portata e va ad unirsi alla linea dell’acqua.
Agendo sul riciclo e sul numero di giri della pompa, è possibile variare in
continuo le portate di alimentazione allo spray-dryer, necessarie per la
sperimentazione.
La linea dell’acqua di diluizione è corredata di una serie di valvole e
strumenti di misura che consentono il controllo e il monitoraggio costante
della portata. Nell’ordine troviamo una valvola manuale, un misuratore di
portata, una valvola a spillo, un manometro e un’elettrovalvola, comandata
attraverso il software CUBE.
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Capitolo 4
L’aria è disponibile (grazie ad un compressore rotativo) ad una pressione di 7
atmosfere: un regolatore di pressione permette di laminarla al valore
desiderato. A valle del regolatore, nell’ordine, troviamo un misuratore di
portata, una valvola a spillo, un termometro e un manometro. Vi sono, infine,
un’elettrovalvola comandata dal CUBE e una valvola di intercettazione a
sfera, attraverso la quale l’aria viene inviata alla lancia.
L’atomizzatore, costruito dalla Dumag, modello GS40, è montato su una
lancia munita di condotti coassiali per il liquido e per l’aria compressa
(figura 4.6).
Fig. 4.6 Lancia e Atomizzatore
L’aria di atomizzazione passa attraverso otto fori coassiali di diametro pari a
3 mm e viene accelerata in un condotto cilindrico fino a velocità
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Capitolo 4
ultrasoniche; all’estremità di tale condotto viene deviata in direzione radiale
verso la camera di risonanza mediante un ugello convergente di altezza
variabile. La camera di risonanza è una cava circolare di circa 3 mm di
larghezza e di circa 2,5 mm di altezza, lievemente inclinata rispetto alla
perpendicolare all’asse dell’ugello e chiusa superiormente da un piattello di
diametro pari a 12 mm nel cui centro c’è il foro, di 1,7 mm di diametro, di
fuoriuscita della sospensione.
La sospensione è inviata nella sezione centrale e fuoriesce in una zona dove
viene atomizzata per l’effetto combinato del getto d’aria ad alta velocità e
delle onde di pressione. La sezione particolarmente elevata del condotto del
liquido consente un’agevole atomizzazione di sospensioni.
4.2.4 Sezione di post-trattamento dei fumi
I fumi provenienti dallo spray dryer possono essere inviati al ciclone o al
filtro a maniche (i depolveratori a secco sono disposti in parallelo), oppure,
tramite un ulteriore by-pass, direttamente alla torre a pioggia.
Il filtro a maniche (figura 4.7) è prodotto dalla Dalamatic (modello DU 102)
ed è posto al primo piano dell’impianto. L’ingombro è di 1.875 m di altezza,
per una base di 1.1m per 1.6 m; il peso è di 790 kg. Esso è dotato di dieci
tasche per una superficie filtrante totale di 10 m2. Per la portata di aria
polverosa e la temperatura dei fumi previste da progetto, la superficie scelta
assicura perdite di carico inferiori ai 300 mmH2O e velocità di filtrazione
conformi alle norme regionali vigenti in Campania (velocità di filtrazione per
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Capitolo 4
le ceneri volanti pari a 1,6-2,5 m/min). Le maniche del filtro sono costituite
di Terylene™ la cui base chimica è il polietilen-tereftalato, materiale
caratterizzato da una buona resistenza all’azione degli acidi e a temperature
maggiori di 100°C (non superiori comunque a 130-140°C, per tempi
prolungati). La trama disordinata delle fibre, inoltre, presenta spazi vuoti
molto ridotti, pertanto garantisce efficienze altissime, fino al 99,95%. La
pulizia delle tasche avviene con il metodo dei getti pulsanti: una portata di 4-
7 m3/h di aria compressa viene introdotta ad una pressione di 4-5 atmosfere
per tempi brevissimi (qualche decimo di secondo) ad intervalli di venticinque
secondi, in controcorrente al flusso dei gas. La centralina di controllo
provvede a cambiare continuamente i punti di iniezione, disposti esattamente
al di sopra di ogni manica. Tuttavia va sottolineato che non è necessaria una
pulizia spinta: la formazione del cake di polveri sui pannelli non fa che
aumentare l’efficienza di rimozione, in quanto è in grado di separare dalla
corrente d’aria particelle che hanno dimensioni inferiori a quelle degli
interstizi tra le fibre del filtro. Il pannello filtrante, infatti, quando non è
completamente libero da particolato diventa capace di rimuovere polveri di
dimensioni anche submicroniche. L’intero filtro a maniche è coibentato con
lana di roccia ed è avvolto da sottili fasce riscaldanti per evitare che la
temperatura dei fumi scenda al di sotto della temperatura di rugiada con
conseguente formazione di condense.
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Capitolo 4
Fig 4.7 Filtro a maniche
In parallelo al filtro a maniche è presente un ciclone, fabbricato in acciaio
AISI 316. Il diametro del corpo del ciclone è pari a 240 mm, il diametro di
uscita del gas è 120 mm, mentre il diametro dello scarico misura 100 mm,
per un’altezza globale di 1000 mm (suddivisa in 386 mm del cilindro, 454
mm della parte troncoconica, 160 mm della bocca di uscita); il peso è di 50
kg. Diversamente dall’altro depolveratore a secco, il ciclone non presenta
superfici filtranti, si basa su un principio completamente diverso: la sezione
di ingresso fumi nel ciclone viene progettata con una geometria tale da
forzare la corrente gassosa a compiere un moto elicoidale grazie al quale si
sviluppa una forza centrifuga che spinge la frazione solida, dotata di
maggiore inerzia, a impattare sulle pareti. Le particelle solide così separate
ricadono al fondo per gravità. Si comprende come, pur essendo il ciclone
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Capitolo 4
meno ingombrante e più semplice a livello costruttivo rispetto al filtro a
maniche, sia però meno efficiente nella rimozione del particolato, differenza
che diviene sempre più marcata al diminuire delle dimensioni delle
particelle: il ciclone infattioffre una efficienza media pari al 50-80% per
particelle di diametro compreso tra 5 e 20 m.
Ci sono, poi, delle tracce scaldanti, dispositivi installati lungo i condotti dei
fumi, dall’uscita dello spray-dryer fino immediatamente a monte della torre a
pioggia, necessarie a mantenere i fumi al di sopra della temperatura di
rugiada, evitando l’insorgere dei fenomeni di condensa.
Tecnicamente le tracce scaldanti sono dei cavi elettrici autoregolanti, dotati
di un nucleo conduttivo a contatto esterno col tubo (e quindi non diretto col
fluido), che producono un riscaldamento distribuito. Tale nucleo è costituito
da un polimero miscelato con particelle di grafite, alimentato con due cavi di
rame a diversa tensione, rivestito con una guaina isolante polimerica e con
una calza di rame per la protezione meccanica e la messa a terra. Ad alte
temperature, la matrice polimerica si espande, rompendo alcuni dei
collegamenti in grafite tra i conduttori di rame, e regolando, così, il
riscaldamento.
Si è valutato in 22 W/m il flusso di calore perso dalle tubature per unità di
lunghezza, alla temperatura del gas di 80°C. Si è scelto perciò, da catalogo, il
modello che a quella temperatura eroga una potenza di circa 20 W/m per
dissipazione di energia elettrica. Vista la modesta lunghezza dei tubi, la
dispersione di calore è quasi interamente compensata dalle tracce scaldanti.
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Capitolo 4
4.2.5 Sezione dei trattamenti di sicurezza.
A valle dei depolveratori a secco i fumi devono subire un trattamento che
svolge una funzione di sicurezza quando si effettuano ‘prove in bianco’, cioé
nel caso di by-pass o malfunzionamento dello spray-dryer o dei
depolveratori.
Per tal motivo, nell'impianto troviamo una torre a pioggia o scrubber (figura
4.8) è fabbricato in acciaio AISI 316L ed è composto di due cilindri coassiali
sovrapposti; il cilindro inferiore ha un diametro e un’altezza di 60 cm, il
cilindro superiore ha un diametro di 30 cm ed un’altezza di 240 cm. Il peso
complessivo è di 320 kg. Lungo l'altezza della colonna ci sono due sistemi di
spruzzo per l’acqua, ognuno dei quali è costituito da quattro ugelli a diverse
portate (da 3.5 gal/h a 20 gal/h). In questo modo, i getti mandano l’acqua a
360° formando una cupola che lambisce le pareti della torre intercettando i
fumi. Peraltro, una discreta aliquota d’acqua viene spedita assialmente dagli
ugelli a portata più bassa, in modo che la nebulizzazione occupi tutto il
volume.
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Capitolo 4
Fig. 4.8 Scrubber
L’acqua, venuta a contatto coi fumi, viene scaricata attraverso tubi di troppo
pieno e inviata ad una vasca di raccolta da 1 m3 posta al piano terra.
Periodicamente, il contenuto viene scaricato in fognatura dopo
neutralizzazione. Le goccioline che per le loro dimensioni sono
inevitabilmente trascinate dalla corrente, vanno separate prima
dell’immissione dei fumi in atmosfera.
A valle della torre a pioggia, troviamo obbligatoriamente il deminster, cioè
un dispositivo che funga da abbattitore di nebbie. Si tratta di un separatore a
pacchi lamellari in acciaio prodotto dalla ditta Forain di Milano (tipo SLY
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Capitolo 4
106). La corrente viene spinta dalle lamelle a numerosi cambiamenti di
direzione: in questo modo le gocce d’acqua urtano contro le pareti
aderendovi e vengono deviate in opportune canalette. Questo sistema fa sì
che l’efficienza del separatore sia superiore al 99% già per le particelle di
diametro pari a 10 m. Con una portata di 250 Nm3/h, le perdite di carico
sono di circa 25 mmH2O. L’ingombro dell’apparecchiatura, flange comprese,
è di 0.436 m di diametro massimo per 1.460 m di altezza.
Subito a monte del camino c'è l'estrattore, un ventilatore di aspirazione (470
x 820 x 890 mm) che fornisce la prevalenza necessaria a vincere le perdite di
carico cui sono soggetti i fumi nell’attraversamento dell’impianto di
abbattimento. Il motore dell’estrattore è azionato da un invertitore che
consente di regolarne la velocità di rotazione. È prodotto dalla Delta
Electronics Inc., della serie VFD, con alimentazione trifase a 440 V e
potenza installata di 3.7 kW. Quest’apparecchiatura elettronica ha il compito
di tagliare la curva sinusoidale di corrente alternata, cambiandone
fittiziamente la frequenza e il valore di picco. L’accensione dell’invertitore
viene effettuata dal computer attraverso il software CUBE; la frequenza di
funzionamento è, invece, controllabile attraverso la tastiera digitale posta
sull’apparecchiatura stessa. Ad ogni frequenza di esercizio corrisponde una
velocità di rotazione del ventilatore. L’avviamento dell’estrattore deve essere
effettuato in modo graduale: un transitorio troppo brusco potrebbe, infatti,
portare ad uno spegnimento della fiamma della caldaia o imporre pericolose
depressioni a monte. Il raggiungimento della portata desiderata nell’impianto
è realizzato, aumentando la frequenza per gradini. La fase di arresto è per sua
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Capitolo 4
natura più lenta, grazie all’inerzia meccanica del gruppo motore-ventola e
grazie alla resistenza elettrica di frenatura, che regola automaticamente la
caduta della frequenza quando viene dato il comando di STOP da tastiera.
4.2.6 Sezione di analisi e controllo
Le apparecchiature incluse in questa sesta sezione servono al controllo, al
monitoraggio e alla registrazione, in tempo reale, di tutto ciò che avviene
nell’impianto.
Il sistema previsto per il rilevamento della concentrazione degli inquinanti
presenti nella corrente gassosa, consiste in un insieme di analizzatori e
sensori concentrato in un armadio (del peso di 400 kg, alto 2.40 m per una
base di 1.10 m2 (figura 4.10), prodotto dalla Maihak Italia di Milano. Il
sistema è in grado di monitorare la composizione dei fumi in tre punti diversi
dell’impianto mediante tre sonde di prelievo (e relative tubazioni di
collegamento) disposte subito a monte dello spray-dryer, subito a valle di
esso e a valle del filtro a maniche.
Tutti i omponenti (apparecchiature, tubi pneumatici, morsettiere e altri
componenti elettrici) sono montati a vista, staffati o ancorati alle pareti
interne, in modo da garantire una completa accessibilità per le frequenti
operazioni di manutenzione. Lo schema pneumatico dell’intero sistema di
analisi è riportato sul telaio esterno, su un pannello di controllo da cui è
possibile effettuare i comandi più comuni; attraverso led luminosi, inoltre, è
82
Capitolo 4
possibile rilevare eventuali anomalie di funzionamento (relative a portata,
temperatura, pressione, presenza di condensa...) in concomitanza delle quali
il controllore mette automaticamente in blocco il sistema, arrestando
Fig. 4.10 Sistema di misura
l’aspirazione.
Il sistema di campionamento dei fumi è progettato in modo che una modesta
frazione della corrente di fumi da analizzare venga inviata al sistema di
analisi, separata dal particolato senza alterazioni chimiche. La sonda
(diametro 40 mm) è costituita da un tubo di estrazione in AISI 316, resistente
alla corrosione e alle alte temperature, e da un contenitore riscaldato recante
un filtro sinterizzato della porosità di 2.
83
Capitolo 4
In figura 4.11 è riportata la sonda di prelievo.
Fig 4.11 Sonda di prelievo
Il portafiltro, rigidamente connesso al tubo di prelievo, rimane all’esterno del
camino e consente una rapida ispezione/pulizia del filtro. Dalla testa della
sonda si diparte la linea di trasporto dei fumi, costituita da un’unica
tubazione in PTFE della lunghezza media di 15 m, diametro interno 6 mm,
resistente fino alla temperatura di 250°C. La sonda è termostatata mediante
una fascia riscaldante con doppio avvolgimento intorno alla calotta
portafiltro; la linea di prelievo, invece, mediante un nastro elettrico
riscaldante (provvisto di doppio rivestimento coibente in materiale cellulare
flessibile e di rivestimento protettivo antigraffio). Un sistema di misura
(sensore PT100) e un controllore consentono di mantenere la temperatura di
140°C in tutta la linea di prelievo e alla ‘testa’ della sonda.
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Capitolo 4
I tubi in teflon sono collegati direttamente all’interno dell’armadio di analisi
al refrigeratore elettrico a compressore, controllato da un microprocessore.
Qui la temperatura dei fumi è ridotta a 4°C in modo da condensare gran parte
dell’umidità e altri composti prossimi alla saturazione presenti nei fumi.
Ciascuna delle tre correnti è sottoposta a due stadi di raffreddamento, di cui il
secondo comune, e ognuno costituito da un serpentino immerso in un fluido
freddo. La condensa viene raccolta in vaschette in PVC, svuotate
periodicamente da pompe peristaltiche temporizzate gestite dal PLC, e
allontanata lateralmente in un tubo anch’esso in PVC. Per trattenere eventuali
aerosol acidi che si formano a valle del frigo, sul percorso dei gas sono
disposti un filtro metallico coalescente/chimico (trappola di SO3) e un
ulteriore filtro meccanico di sicurezza in PTFE, munito di sensore di
condensa.
Di qui i fumi vengono mandati ad un convertitore catalitico a base di
molibdeno, al fine di convertire tutti gli NOX in NO e di renderli rilevabili
all’analizzatore. Il processo di conversione è catalizzato dalla polvere di
molibdeno contenuta in una cartuccia cilindrica, entro la quale è fatto fluire il
gas, e riscaldata alla temperatura di 400°C (mediante un controllare che
utilizza la misura di una termoresistenza PT 100). In uscita dal convertitore
un filtro-carta trattiene il materiale pulverulento eventualmente rilasciato
dalla cartuccia nella seconda metà della sua vita utile. È prevista, infine, una
valvola a sfera a tre vie per l’esclusione saltuaria del convertitore.
Dopo la conversione, i fumi sono inviati agli analizzatori veri e propri: si
tratta di due MULTOR 610 posti in parallelo e ciascuno preceduto da un
85
Capitolo 4
filtro-carta e da una valvola a spillo per la regolazione delle portate e da un
flussimetro. Il primo analizzatore misura la concentrazioni dei gas acidi - SO2
e NO - e quella del vapor d’acqua sfuggito alla condensazione. Quest’ultima
misura serve per valutare la sensitività incrociata, ovvero l’influenza che il
vapor d’acqua esercita sulla misura di ognuno dei gas acidi; la
compensazione è effettuata automaticamente dall’analizzatore.
La presenza del condensatore a monte impedisce una misura dell’umidità dei
fumi che può essere valutata dunque solo con procedimento teorico,
conoscendo l’eccesso di ossigeno e l’efficienza della combustione. Il
secondo analizzatore, infatti, fornisce le concentrazioni di O2, CO2, CO. Gli
analizzatori sono ‘multicomponente’, cioè sono capaci di effettuare tutte e tre
le rilevazioni simultaneamente e utilizzano differenti principi di misura: a
cella elettrochimica per la determinazione dell’ossigeno (molecola non
caratterizzata da un dipolo elettrico) e a radiazione infrarossa per gli altri
componenti. La cella elettrochimica contiene un elettrolita acido che - a
contatto con l’ossigeno (permeato attraverso una membrana) - genera una
d.d.p. proporzionale al suo contenuto, ovvero alla concentrazione in fase gas.
I fotometri operano sul principio del singolo raggio con modulazione
spettrale, usando il gas stesso che deve essere misurato per rendere selettivo
il sensore. Tutte le misure sono espresse come frazioni volumetriche. Alla
parte ottica si affianca quella elettronica (indipendente dall’elettronica
complessiva dell’armadio) composta da microprocessore, display multi-
funzione e tastiera operativa, con diversi piani di accesso. I risultati delle
analisi sono aggiornati ad intervalli di circa venti secondi sul display del
86
Capitolo 4
singolo Multor e annotabili dall’operatore (lo stazionario della misura si
raggiunge dopo circa tre minuti). Il flusso dei fumi nel circuito dei gas è
garantito da una pompa di aspirazione del tipo a membrana posta a valle del
primo stadio di refrigerazione.
Una seconda pompa aspira dai condotti non inseriti in scansione, in modo da
ridurre i tempi di attesa al cambio della sonda di misura. Un flussimetro di
overflow, posto in mandata alla pompa di aspirazione, ha la funzione di
scaricare in atmosfera la portata in eccesso.
Le operazioni di taratura vengono effettuate manualmente mediante bombole
campione, confrontando il valore della concentrazione certificata (da
memorizzare al display) con quella media letta allo strumento nell’intervallo
di calibrazione. Per ciascun apparecchio va eseguita la taratura dello zero
utilizzando azoto puro (correggendo per differenza tra i due valori), e
successivamente quella dello span dei singoli gas (correggendo per
moltiplicazione): si effettuano sei calibrazioni (l’acqua ne è esclusa, mentre
O2 e CO si calibrano con un’unica operazione) per complessive due ore.
Il gas di calibrazione va iniettato attraverso un suo proprio bocchello di
alimentazione posto sul lato dell’analizzatore, regolando la pressione in
uscita dalla bombola al valore di 0.2 bar, mediante opportuni riduttori di
pressione, onde evitare il danneggiamento degli strumenti. Il gas viene
inviato direttamente al secondo stadio di condensazione.
Durante la calibrazione bisogna sorvegliare che non avvengano anomalie di
funzionamento affinché non ne siano influenzate le misure. Alla fine della
calibrazione, invece, si deve continuare ad alimentare gas prima
87
Capitolo 4
all’analizzatore (per controllare la corretta memorizzazione elettronica della
taratura) e poi ai singoli banchi di analisi (per valutare l’influenza
dell’attraversamento della linea di trasporto).
La calibrazione degli strumenti (o il suo controllo) va effettuata dopo ogni
interruzione di alimentazione ai ‘Multor’, volontaria o accidentale, e
comunque con cadenza mensile. Il tempo previsto dall’avviamento delle
pompe, perché i sensori degli analizzatori siano in condizioni ottimali per la
calibrazione, è di circa due ore.
Per la conduzione di impianti di media complessità ci si avvale di sistemi
automatici di comando opportunamente controllati.
Nel nostro caso si fa uso dell’unità di controllo PMC01, prodotta dalla ORSI
Automazione S.p.A. di Genova, la cui interfaccia-utente è costituito da un
personal computer pentium family - model 2 (caratterizzato da una memoria
RAM di 32 MB, frequenza di clock di 166 MHz e capacità dell’hard disk di
1.6 GB). Per la gestione dell’impianto e per la memorizzazione dei dati
raccolti è utilizzato il software CUBE, anch’esso brevettato dalla ORSI, che
utilizza il sistema operativo WINDOWS NT 4.0. Così, attraverso il quadro
sinottico, il calcolatore permette la gestione della caldaia, di tutti i sistemi di
riscaldamento, delle valvole motorizzate, delle elettrovalvole, dell’estrattore,
nonché la lettura di tutti i dati remoti.
Avuto accesso al programma, bisogna effettuare preventivamente
l’operazione di refresh che ‘connette’ il calcolatore al processore e alla
memoria del PMC, aggiornando tutti i dati e rilevando lo stato attuale di ogni
parte elettricamente azionata dell’impianto.
88
Capitolo 4
Per quanto riguarda l’archiviazione, il programma CUBE crea
autonomamente un database nel quale registra i valori delle misure di ogni
grandezza telecontrollata.
4.3 Circuito dei fumi e circuiti di alimentazione e di servizio
Il circuito dei fumi costituisce la linea principale dell’impianto che collega
con tubi di acciaio inossidabile AISI 316 le varie apparecchiature che
compongono il ciclo dal generatore dei fumi fino al camino, per uno sviluppo
di circa 80 m. Il diametro interno delle tubature nell’impianto di trattamento
è di 6 pollici (20,32 cm) con spessore 3 mm mentre nel tratto ascendente
direttamente alla canna fumaria è di 8” (15,24 cm), per ridurre le resistenze al
moto nelle fasi di avvio della combustione. I tubi sono coibentati in lana di
roccia, ad eccezione del camino - realizzata in tubi 500 di acciaio al
carbonio - che è fuori della portata anche accidentale degli operatori. Nella
ciminiera si ottiene così un drastico raffreddamento dei fumi prima
dell’immissione in atmosfera.
Il circuito dell'olio combustibile si sviluppa tra i tre serbatoi e il bruciatore: è
realizzato in acciaio al carbonio con diametro da 1/2”, per una lunghezza
complessiva di circa 25 m.
Il circuito dell’acqua di lavaggio comprende l’alimentazione della torre a
pioggia, nonché gli scarichi dello scrubber, del demister e dei punti bassi del
circuito fumi. È realizzato in tubi di acciaio zincato da mezzo pollice.
89
Capitolo 4
Il circuito dell’aria (utilizzato anche per la pulizia delle maniche del filtro e
per fornire l’aria di atomizzazione alla lancia ad ultrasuoni) è realizzato in
tubi di acciaio zincato da 1/2” e parte da un compressore capace di fornire
una portata di circa 100 Nm3/h alla pressione di settaggio di 7 bar. Esso
occupa un volume pari a 6 m3 ed è alloggiato in una apposita camera, fuori
dalla sala impianti, nel cortile dell’istituto. Il circuito è utilizzato per il
preriscaldamento dell’impianto, per la pulizia delle maniche del filtro, per
fornire l’aria di atomizzazione, tanto al bruciatore quanto alla lancia ad
ultrasuoni.
L’aria comburente e l’aria di raffreddamento della caldaia sono invece
prelevate direttamente dall’ambiente.
4.4 Valvole e dispositivi di misura
L’impianto è dotato di undici valvole a farfalla motorizzate della ditta Auma
Werner di Müllheim (Germania) aventi un diametro massimo di 60 mm; di
queste, le due valvole al camino sono di tipo regolabile e le restanti di tipo
“on-off”.
L’uso delle valvole è quello di variare la portata di fumi alimentata allo spray
dryer mediante opportuni by-pass, di rendere possibile la scelta di diverse
apparecchiature di depolverazione, nonché di rispondere ad ogni altra
esigenza di indirizzamento dei fumi o dell’aria di riscaldamento. Le valvole
90
Capitolo 4
sono in acciaio inox AISI 316, serrate tra due flange scorrevoli in acciaio al
carbonio che fanno battuta su cartelle in AISI 316.
Le valvole (figura 4.12) sono comandabili elettricamente dal calcolatore
tramite il software in dotazione oppure manualmente.
Fig 4.12 Elettrovalvola Auma Werner
Oltre alle valvole motorizzate sono presenti un gran numero di valvole a
sfera e a spillo poste sui circuiti secondari.
Inoltre sui tubi dell’aria sono state disposte alcune elettrovalvole rese
comandabili da calcolatore.Tali elettrovalvole, prodotte dalla Parker (cod.
zb09), lavorano a 48 V e 50/60 Hz e dissipano una potenza di 9W.
Lungo le tubature dell’impianto sono presenti un gran numero di misuratori
di pressione e di temperatura, allo scopo di monitorare le condizioni dei fumi
91
Capitolo 4
che vi fluiscono all’interno; la posizione ed il numero di tali misuratori può
essere desunta osservando il diagramma di flusso.
I misuratori di pressione sono prodotti dalla ditta Cella ed hanno valori di
soglia di 200 mbar. Sulla linea fumi, a valle della caldaia, è presente un
misuratore di pressione che permette di registrare l’insorgere di pericolose
sovrappressioni nella caldaia dovute alla mancata apertura della valvola al
camino; in quest’eventualità si aziona l’apertura degli sfiati automatici. Sulla
linea dei fumi, sia a monte sia a valle dello spray dryer, sono presenti due
misuratori di pressione tramite i quali si può monitorare l’andamento della
pressione in quella che è la più importante zona dell’impianto. Infine sulla
linea che alimenta lo slurry alla lancia di atomizzazione e sulla linea che
alimenta l’aria alla lancia stessa sono presenti altri due misuratori di
pressione. La presenza dei misuratori di pressione in numerose sezioni
dell’impianto si mostra indispensabile nelle prove di tenuta nonché
nell’individuazione di tratti di tubazione sedi di elevate perdite di carico.
I misuratori di temperatura sono prodotti dalla ditta Cella ed hanno un valore
di soglia di 400°C. Sulla linea dei fumi, a valle del demister, è presente il
misuratore della temperatura dei fumi immessi nell’atmosfera. Sulla linea
che alimenta lo slurry alla lancia si trova un misuratore di temperatura.
Lungo le tubature dell’impianto sono presenti inoltre undici termocoppie le
cui misure sono leggibili in tempo reale al calcolatore e registrabili. Tali
strumenti sfruttano l’effetto Seebeck per valutare la temperatura dei fumi in
asse e ne inviano il valore al calcolatore.
92
Capitolo 4
La portata dei fumi nell’impianto è misurata mediante una flangia calibrata o
diaframma.
La flangia calibrata (prodotta dalla Hartmann & Braun di Francoforte),
disposta subito a valle del riscaldatore, è del tipo con prese di pressione agli
angoli ed è conforme alla norma UNI 1023.
Si è pensato di applicare alla flangia stessa alcuni anelli concentrici in acciaio
rimovibili per poter “scegliere” in qualche modo le perdite di carico da
indurre: il diametro adottato infine –conforme alla normativa- è pari a 22
mm, corrispondente a tre anelli.
Nel caso in cui si vogliano produrre perdite di carico inferiori per ridurre il
sovraccarico dell’estrattore, si utilizzano due soli anelli, con perdite di carico
di un ordine di grandezza inferiore ma comunque discriminabili.
Per avere inoltre una lettura diretta del p è stato imtrodotto un manometro
differenziale ad U, mentre si è disposta una termocoppia al centro del foro
della flangia e un convertitore analogico-digitale del segnale elettrico per la
lettura della temperatura.
La portata dell’aria di riscaldamento è misurata mediante un rotametro
metallico prodotto dalla ditta ASA di Sesto San Giovanni (Milano). Consta
di un tubo in cui scorre un galleggiante di forma troncoconica. All’interno di
questo è inglobato un magnete permanente che trascina nei suoi movimenti
l’equipaggio mobile dell’indicatore di portata.
Il misuratore di portata dell’aria di atomizzazione è prodotto dalla
Bronkhorst di Ruurlo (Olanda). Esso lavora a pressioni comprese tra 0 e 600
93
Capitolo 4
kPa (6 atm circa) e con portate comprese tra 0 e 3 kg/h. I risultati della
misura sono direttamente disponibili al calcolatore.
4.5 Impianto modificato
L’attività sperimentale si prefigge l’obiettivo dello studio dell’efficienza di
abbattimento dei vapori di mercurio tramite l’iniezione di un solido
adsorbente, nella fattispecie carbone attivo Darco FGD, all’interno di un
reattore di contatto spray-dryer. Per adattarlo allo scopo si sono rese, dunque,
necessarie delle modifiche all’impianto originario mediante interventi tecnici
ad hoc.
Innanzitutto, mentre nell’impianto originario, progettato quale desolforatore,
i fumi modello si realizzavano, come descritto, tramite la combustione di olio
denso commerciale, ricco di composti solforati, ai fini della sperimentazione
contingente, non essendo percorribile la strada della combustione di rifiuti
contenenti mercurio, la corrente da trattare è stata opportunamente
“costruita” facendo fluire aria proveniente dal compressore e
contemporaneamente, iniettando mercurio nel reattore. In questa maniera, si
è sfruttato il circuito dell’aria di preriscaldamento, per ottenere un flusso
d’aria calda, mentre l’invio dell’inquinante è stato realizzato atomizzando
una corrente gassosa satura di mercurio ad opportune concentrazioni, grazie
alla lancia ad ultrasuoni (di cui era dotato il desolforatore per l’alimentazione
dello slurry). Per questo si è sostituito il serbatoio contenente lo slurry con un
94
Capitolo 4
saturatore di mercurio; anche il tubicino di alimentazione della sospensione
alla lancia è sostituito con uno nuovo, di silicone.
L’invio del mercurio tramite la lancia risulta ottimale perché si ottiene con
queste modalità un intimo contatto tra l’aria e l'inquinante stesso a causa
della nebulizzazione.
Nelle figure 4.1,4.15 e 4.16 troviamo una rappresentazione 3D dell'impianto,
ottenuta grazie all’ausilio di archicad: i render dell’impianto 3D (immagine
del modello 3D da un punto di vista scelto a discrezione del disegnatore) in
rosso rappresentano il percorso dei fumi.
95
Capitolo 4
Fig. 4.13 immagine del modello 3D da un primo punto di vista.
96
Capitolo 4
Fig. 4.14 immagine del modello 3D da un secondo punto di vista.
97
Capitolo 4
Fig. 4.15 immagine del modello 3D da un terzo punto di vista.
98
Capitolo 4
Sono stati giudicati di interesse per la sperimentazione solo due dei punti di
prelievo dell’impianto originario: quello a valle dello spray dryer e quello a
valle del filtro a maniche.
Le linee esistenti per il prelievo e il trasporto del gas sono state modificate:
per evitare interazioni acciaio-mercurio, si è provveduto a sostituire la sonda
(in acciaio AISI 316) con un tubicino in PTFE di diametro interno pari a
4mm. In realtà, il tubo in acciaio non è stato rimosso in quanto il tubicino è
stato inserito al suo interno. Il filtro è stato asportato e il tubicino è stato
bloccato tramite un attacco a valle del contenitore portafiltro (figura 4.16).
Fig. 4.16 Sezione del punto di prelievo
Non potendo monitorare tramite analizzatori in continuo la concentrazione
del mercurio, si è dovuta cambiare la tecnica di prelievo, adattarla cioè ad
99
Capitolo 4
una modalità di tipo spot. Per questo motivo dalla testa della sonda è stata
scollegata la tubazione in PTFE che trasportava i gas fino al sistema di
analisi e si è provveduto a predisporre in uscita dalla testa l’attacco per un
tubicino (sempre in PTFE, di diametro interno pari a 4mm, lungo 3 cm) al
quale connettere l’attacco sferico per l’uso dell’analizzatore del mercurio, da
cui è possibile leggere la concentrazione di mercurio nel tempo.
Per realizzare le prove sperimentali è stato necessario attrezzare lo spray
dryer di un sistema di adduzione del solido. Il sistema di adduzione è
costituito da un serbatoio in acciaio, nel quale sono montati un agitatore ad
asse verticale (con più alette calettate) ed una coclea che movimenta il
carbone dal fondo verso l’alto, fino ad immetterlo in un altro serbatoio
cilindrico, più piccolo, in plastica, posto sempre all’interno del serbatoio
grande, non in posizione coassiale ma addossato da un lato alla parete
(Figura 4.17) dotato anch’esso di un agitatore: nel punto in cui le pareti dei
due serbatoi vengono in contatto, c’è un foro (nella parte bassa) passante sia
lo spessore della plastica che dell’acciaio: le palette dell’agitatore del
serbatoio piccolo ruotando spingono il carbone in prossimità del forellino.
100
Capitolo 4
Fig. 4.17 serbatoio d’acciaio grande, serbatoio in plastica piccolo, coclea
flessibile, agitatore grande
Per regolare la velocità di rotazione del motore la macchina è dotata del
dispositivo illustrato in figura 4.18, che consente di visualizzare il numero di
giri tramite un display:
101
Capitolo 4
Fig. 4.18 Dispositivo di regolazione della portata di carbone attivo da
inviare allo spray-dryer
Il serbatoio grande, con tutto quello che contiene, il dispositivo di
regolazione e il motorino di alimentazione degli organi in rotazione sono
alloggiati su un carrello, come mostra la figura 4.19.
Una volta che il carbone viene spinto fuori dal forellino, interviene il sistema
pneumatico, costituito da un tubo in PTFE di che si affaccia al forellino con
una estremità, mentre all’altra sbocca in una cameretta dove arriva aria
compressa da un secondo tubo (sempre in PTFE) creando un effetto
“Venturi”, responsabile del “risucchio” -dal forellino fino alla cameretta- del
carbone, che viene poi “sparato” attraverso un terzo tubo –questo in acciaio-
uscente dalla cameretta e entrante in colonna.
102
Capitolo 4
Fig. 4.19 Sistema di adduzione del solido
Il tubo d’acciaio è un cilindro cavo, di diametro esterno di 10 mm e diametro
interno pari a 8 mm, posto orizzontalmente a 90 cm dal fondo della colonna
ma chiuso all’estremità : il carbone esce da un foro praticato sulla sua
superficie laterale, con una velocità del getto che forma un angolo di 45° con
l’orizzontale, grazie ad una conformazione “a scivolo” del foro stesso. In
Tabella 3.2.3-d) vengono riportati i valori di portata ( g/h) al variare del
numero di giri del motore (rps). Inoltre, si riporta in rosso il valore della
portata oraria utilizzata nelle sperimentazioni
rps 2 6 10 20
Q (g/h) 7,9 12,6 17,7 47,2
Tabella 3.2.3-d) Valori della taratura del sistema di adduzione del carbone
103
Capitolo 4
4.6 Dimensionamento del saturatore
Il dimensionamento del saturatore che alimenta il mercurio allo spray dryer tiene
conto di varie grandezze: all’ingresso del saturatore si considera una portata Qo di N2
a temperatura t1, contenente una concentrazione di mercurio pari a cg,o;
analogamente, all’uscita si ha una portata QL di gas (N2 – Hg0) a temperatura t2,
contenente una concentrazione cg,L di mercurio; inoltre, bisogna tener conto delle
concentrazioni di mercurio all’interfaccia liquido-gas in ingresso e in uscita al
saturatore che si indicano rispettivamente cS,o e cS,L, e della portata Qw di acqua,
utilizzata per termostatare il sistema.
Il dimensionamento del saturatore avviene mediante la scrittura di un bilancio di
materia da cui è possibile determinare la lunghezza necessaria ad avere una
concentrazione di mercurio all’uscita pari a cg,L e di un bilancio di energia che
permette di determinare la lunghezza necessaria a portare la corrente di N2 dalla
temperatura di ingresso t1, a quella di uscita t2.
In condizioni stazionarie comporta:
in cui con hm si è indicato il coefficiente di trasporto di materia e con, il valor medio
logaritmico della variazione di concentrazione:
Il pedice S indica la concentrazione, valutata sulla superficie di contatto liquido-gas.
Il valore di cgL deriva da un semplice bilancio di materia sul reattore spray-dry,
volendo ottenere in uscita una concentrazione di mercurio di 100µg/Nm3.
104
Capitolo 4
Indicando con Q2 la portata di aria inviata al reattore spray-dry [60 Nm3/h], T2 la
temperatura della corrente gassosa in ingresso [150°C], c2 la concentrazione di
mercurio [0 μg/Nm3], con Q3 la portata della corrente gassosa in uscita dal reattore
spray-dry, T3 la temperatura della corrente gassosa in uscita [150°C], c3 la
concentrazione di mercurio dopo la miscelazione [100 μg/Nm3], Q1 la portata della
corrente gassosa proveniente dal saturatore [0,08 Nm3/h], T1 la temperatura della
corrente gassosa proveniente dal saturatore [50°C] e c1 la concentrazione di mercurio
in uscita dal saturatore[ cgL μg/Nm3], dal bilancio sul mercurio si ottiene il valore di
cgL:
tenendo conto della variazione delle portate con la temperatura, mediante la legge
dei gas ideali.
Per il calcolo dei coefficienti di scambio di materia si è considerato il modello di
lastra piana, investita tangenzialmente da una corrente gassosa
Vgas
Hg°
105
Capitolo 4
per il quale, la determinazione del coefficiente di materia avviene mediante le
equazioni di seguito riportate:
Per la determinazione delle concentrazioni all’interfaccia liquido-gas,(concentrazioni
di mercurio in fase gas in equilibrio con il mercurio liquido), si è fatto uso della
legge dei gas, ottenendo:
In tale calcolo si è ipotizzato che il mercurio liquido si trovi alla stessa temperatura
dell’acqua di riscaldamento, THg=Tj, mentre ti rappresenta la temperatura della
corrente gassosa, nella sezione i-ma della scambiatore.
Per il calcolo della tensione di vapore del mercurio si è fatto uso della seguente
relazione:
in cui p è misurato in atmosfere e T in Kelvin.
Tenendo conto che cg0=0, in quanto l’azoto in ingresso è privo di mercurio, e
ponendoci nelle peggiori condizioni in cui cS0=cSL=cS, da semplici passaggi
matematici si ottiene che:
5.3 Bilancio di energia
106
Capitolo 4
Facendo riferimento al seguente schema :
in cui si è indicato con mN la portata massica di azoto [Kg/h], mw la portata massica
di acqua [Kg/h], Qcn il calore perso per convezione naturale dalla corrente di acqua
[Kcal/h], QH2O la quantità di calore scambiata dall’acqua di riscaldamento con la
corrente di azoto e QN2 la quantità di calore scambiata dalla corrente di azoto con la
corrente di acqua, il bilancio di energia in condizioni stazionarie restituisce che
QH2O=QN2=Q; esplicitando, si ha:
dove:
avendo indicato con hcn il coefficiente di scambio per la convezione naturale e
ta la temperatura dell’aria ambiente [15 K].
In tale calcolo, si è fatta l’ipotesi che la superficie esterna dello scambiatore fosse
alla stessa temperatura dell’acqua.
Per il calcolo del coefficiente di trasporto hcn si è fatto uso del grafico pag 422 del
Bird, nel quale è diagrammato , in funzione del .
Per il calcolo della lunghezza dello scambiatore si è fatto uso della seguente
equazione:
in cui:
rappresenta la forza spingente e U il coefficiente di scambio globale.
Dai calcoli effettuati si sono ottenuti i seguenti risultati:
107
Capitolo 4
QN2 = 80 lt/h QH2O = 7,5 lt/h De = 5 cm
Di =4,8 cm de =4,2 cm di =4 cm
vN2 = 0,042 m/s vH2O= 0,0047 m/s L = 80 cm
Per motivi di sicurezza sono stati considerati due saturatori, di lunghezza
complessiva pari a 100 cm, costituiti da cinque cilindri di vetro di lunghezza pari a
100 mm e di diametro interno pari a circa 40 mm, comunicanti tra loro mediante
sottili tubicini in vetro del diametro di circa 10 mm e lunghezza di 10 mm.
All’interno dei cilindri viene posizionato mercurio metallico liquido di elevata
purezza prodotto dalla BDH. La sequenza di cilindri e tubicini è stata adottata sia per
realizzare una elevata superficie di contatto tra la fase gassosa e la fase liquida, sia
per ottenere una buona miscelazione della corrente gassosa. Infatti la portata di azoto
è tale da determinare condizioni di moto laminare nei cilindri, pertanto i tubicini
risultano essenziali per la miscelazione del gas e quindi per l’ottenimento di una
miscela satura all’uscita del sistema dei saturatori. In uscita dai saturatori la corrente
di azoto, contenente mercurio, viene miscelata con una corrente gassosa tramite un
venturi, in modo da diluire la concentrazione di mercurio ed evitare cosi condense di
mercurio. La corrente gassosa viene poi inviata al reattore spray-dry tramite una
lancia.
108