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CAPITOLO PRIMO Le persone e la famiglia PA_340_DeGioia_DirittoCivile_2017_1.indb 21 29/03/17 10:05

CAPITOLO PRIMO Le persone e la famiglia - latribuna.it · Società La capacità giuridica delle società, in mancanza di ... duttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità

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CAPITOLO PRIMO

Le persone e la famiglia

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Art. 1 c.c.Capacit giuridica.[I]. La capacit giuridica si acquista dal momento della nascita.[II]. I diritti che la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati allevento della nascita.[III]. (Omissis) (1)(1) Questo comma stato abrogato dal D.Lgs. Lgt. 14 settembre 1944, n. 287.

GIURISPRUDENZA RILEVANTE

Sommario: 1. Nascituro: diritto a nascer sano. 2. Societ.

1. Nascituro: diritto a nascer sanoIl nascituro ha il diritto a nascer sano, in virt, in particolare, degli art. 2 e 32 cost. (nonch dellart. 3 della Dichiarazione di Diritti fondamentali dellUnione europea che esplicitamente prevede il diritto di ogni individuo allintegrit psico-fisi-ca). Per tale motivo, sia la mancata informazione, sia la prescrizione di un farmaco ritenuto tera-togeno devono essere ritenute dai giudici come fonti autonomi di responsabilit nei confronti del nascituro, per la violazione dellobbligo di non prescrivere farmaci potenzialmente lesivi del bene salute. Cass. civ., sez. III, 11 maggio 2009, n. 10741

2. Societ La capacit giuridica delle societ, in mancanza di specifiche limitazione stabilite dalla legge, gene-rale, sicch possono porre in essere qualsiasi atto o rapporto giuridico, inclusa la donazione, ancor-ch esuli od ecceda od, anche, tradisca lo scopo lucrativo perseguito, dovendosi ritenere che log-getto sociale costituisca solamente un limite al potere deliberativo e rappresentativo degli organi societari, la cui violazione non determina la nullit dellatto, n la sua inefficacia, ma, eventualmente, la responsabilit degli amministratori che lo han-no compiuto. Cass. civ., sez. III, 21 settembre 2015, n. 18449

Prima questione Esiste un diritto a non nascere se non sano?

}}Norme del codice civile collegateArticoli: 254; 320; 462; 784; 1223; 2043.

NORMATIVA RILEVANTE

CostituzioneArt. 2[I] La Repubblica riconosce e garantisce i diritti in-violabili delluomo, sia come singolo sia nelle for-mazioni sociali, ove si svolge la sua personalit, e richiede ladempimento dei doveri inderogabili di solidariet politica, economica e sociale.Art. 3[I] Tutti i cittadini hanno pari dignit sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di ses-so, di razza, di lingua, di religione, di opinioni poli-tiche, di condizioni personali e sociali.[II] compito della Repubblica rimuovere gli osta-coli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libert e leguaglianza dei cittadini, impe-discono il pieno sviluppo della persona umana e leffettiva partecipazione di tutti i lavoratori allorga-nizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Art. 32[I] La Repubblica tutela la salute come fondamen-tale diritto dellindividuo e interesse della colletti-vit, e garantisce cure gratuite agli indigenti.[II] Nessuno pu essere obbligato a un determi-nato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non pu in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

Legge 19 febbraio 2004, n. 40 Norme in ma-teria di procreazione medicalmente assistita (PROCREAZIONE ASSISTITA).Art. 1Finalit1. Al fine di favorire la soluzione dei problemi ripro-duttivi derivanti dalla sterilit o dalla infertilit uma-na consentito il ricorso alla procreazione medical-mente assistita, alle condizioni e secondo le modali-

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t previste dalla presente legge, che assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito.2. Il ricorso alla procreazione medicalmente assi-stita consentito qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere le cause di steri-lit o infertilit (1).(1) La Corte Costituzionale, con sentenza 5 giugno 2015, n. 96 (in Gazz. Uff., 10 giugno 2015, n. 23), ha dichiarato lillegittimit costituzionale dei commi 1 e 2 nella parte in cui non consentono il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili, rispondenti ai criteri di gravit di cui allart. 6, comma 1, lettera b), della legge 22 maggio 1978, n. 194 (Norme per la tutela sociale della maternit e sullinterruzione volontaria della gravidanza), accertate da apposite strutture pubbliche.

Legge 22 maggio 1978, n. 194 Norme per la tu-tela sociale della maternit e sullinterruzione volontaria della gravidanza. Art. 1.Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione co-sciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternit e tutela la vita umana dal suo ini-zio.Linterruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non mezzo per il controllo delle nascite.Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nellambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono

e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonch altre iniziative necessarie per evitare che lo aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite.Art. 4.Per linterruzione volontaria della gravidanza en-tro i primi novanta giorni, la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gra-vidanza, il parto o la maternit comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichi-ca, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del conce-pito, si rivolge ad un consultorio pubblico istituito ai sensi dellarticolo 2, lettera a), della legge 29 luglio 1975 numero 405, o a una struttura socio-sanitaria a ci abilitata dalla regione, o a un medi-co di sua fiducia.Art. 6.Linterruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi novanta giorni, pu essere praticata:a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna;b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malforma-zioni del nascituro, che determinino un grave pe-ricolo per la salute fisica o psichica della donna.

}ORIENTAMENTO CONTRARIOCass. civ., sez. III, 29 luglio 2004, n. 14488Lordinamento positivo tutela il concepito e levoluzione della gravidanza esclusivamente ver-so la nascita, e non anche verso la non nascita, essendo pertanto (al pi) configurabile un diritto a nascere e a nascere sani, suscettibile di essere inteso esclusivamente nella sua positiva accezione: sotto il profilo privatistico della responsabilit contrattuale o extracon-trattuale o da contatto sociale, nel senso che nessuno pu procurare al nascituro lesioni o malattie (con comportamento omissivo o commissivo colposo o doloso); sotto il profilo - la-tamente - pubblicistico, nel senso che debbono venire ad essere predisposti tutti gli istituti normativi e tutte le strutture di tutela cura e assistenza della maternit idonei a garantire (nellambito delle umane possibilit) al concepito di nascere sano. Non invece in capo a questultimo configurabile un diritto a non nascere o a non nascere se non sano, come si desume dal combinato disposto di cui agli art. 4 e 6 della legge n. 194 del 1978, in base al quale si evince che: a) linterruzione volontaria della gravidanza finalizzata solo ad evitare un pericolo per la salute della gestante, serio (entro i primi 90 giorni di gravidanza) o grave (successivamente a tale termine); b) trattasi di un diritto il cui esercizio compete esclusiva-mente alla madre; c) le eventuali malformazioni o anomalie del feto rilevano esclusivamente nella misura in cui possano cagionare un danno alla salute della gestante, e non gi in s e per s considerate (con riferimento cio al nascituro). E come emerge ulteriormente: a) dalla considerazione che il diritto di non nascere sarebbe un diritto adespota (in quanto ai sensi

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dellart. 1 c.c. la capacit giuridica si acquista solamente al momento della nascita e i diritti che la legge riconosce a favore del concepito - art. 462, 687, 715 c.c. - sono subordinati alle-vento della nascita, ma appunto esistenti dopo la nascita), sicch il cosiddetto diritto di non nascere non avrebbe alcun titolare appunto fino al momento della nascita, in costanza della quale proprio esso risulterebbe peraltro non esistere pi; b) dalla circostanza che ipotizzare un diritto del concepito a non nascere significherebbe configurare una posizione giuridica con titolare solamente (ed in via postuma) in caso di sua violazione, in difetto della quale (per cui non si fa nascere il malformato per rispettare il suo diritto di non nascere) essa risulterebbe pertanto sempre priva di titolare, rimanendone conseguentemente lesercizio definitivamente precluso. Ne consegue che pertanto da escludersi la configurabilit e lam-missibilit nellordinamento del c.d. aborto eugenetico, prescindente dal pericolo derivante dalle malformazioni fetali alla salute della madre, atteso che linterruzione della gravidanza al di fuori delle ipotesi di cui agli art. 4 e 6 legge n. 194 del 1978 (accertate nei termini di cui agli art. 5 ed 8), oltre a risultare in ogni caso in contrasto con i principi di solidariet di cui allart. 2 cost. e di indisponibilit del proprio corpo ex art. 5 c.c., costituisce reato anche a carico della stessa gestante (art. 19 legge n. 194 del 1978), essendo per converso il diritto del concepito a nascere, pur se con malformazioni o patologie, ad essere propriamente - anche mediante sanzioni penali - tutelato dallordinamento. Ne consegue ulteriormente che, verificatasi la na-scita, non pu dal minore essere fatto valere come proprio danno da inadempimento contrat-tuale lessere egli affetto da malformazioni congenite per non essere stata la madre, per difet-to dinformazione, messa nella condizione di tutelare il di lei diritto alla salute facendo ricorso allaborto ovvero di altrimenti avvalersi della peculiare e tipicizzata forma di scriminante dello stato di necessit (assimilabile, quanto alla sua natura, a quella prevista dallart. 54 c.p.) pre-vista dallart. 4 legge n. 194 del 1978, risultando in tale ipotesi comunque esattamente assolto il dovere di protezione in favore di esso minore, cos come configurabile e tutelato (in termini prevalenti rispetto - anche - ad eventuali contrarie clausole contrattuali: art. 1419, comma 2, c.c.) alla stregua della vigente disciplina.

}ORIENTAMENTO FAVOREVOLECass. civ., sez. III, 2 ottobre 2012, n. 16754Nel caso in cui il medico ometta di segnalare alla gestante lesistenza di pi efficaci test diagnostici prenatali rispetto a quello in concreto prescelto, impedendole cos di accertare lesistenza di una malformazione congenita del concepito, questultimo, ancorch privo di soggettivit giuridica fino al momento della nascita, una volta venuto ad esistenza ha il diritto, fondato sugli art. 2, 3, 29, 30 e 32 cost., ad essere risarcito, da parte del sanitario, del dan-no consistente nellessere nato non sano, rappresentato dallinteresse ad alleviare la propria condizione di vita impeditiva di una libera estrinsecazione della personalit.

SENTENZA RISOLUTIVACass. civ., sez. un., 22 dicembre 2015, n. 25767In astratto non pu essere negata la titolarit di un diritto (oltre che della legittimazione attiva) del figlio handicappato alla tutela risarcitoria, non trovando essa un ostacolo insormontabile nellanteriorit del fatto illecito rispetto alla nascita - giacch si pu essere destinatari di

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tutela anche senza essere soggetti dotati di capacit giuridica ai sensi dellart. 1 c.c. - n nelle teorie della causalit giuridica, perch tra causa ed evento lesivo pu intercorrere uno spazio intertemporale, tale da differire il relativo diritto al ristoro solo al compiuto verificarsi delleffetto pregiudizievole purch senza il concorso determinante di concause sopravvenute. In concreto, tuttavia, ove il figlio handicappato lamenti di essere nato non sano perch la propria madre, non essendo stata informata dal medico della ricorrenza della malattia genetica fetale, non ha potuto ricorrere allinterruzione della gravidanza, fa difetto un danno conseguenza, quale consacrato dallart. 1223 c.c., stante che il danno riuscirebbe legato alla stessa vita del bambino e lassenza di danno alla sua morte.

PRINCIPALI PASSAGGI ARGOMENTATIVI- omissis -

Con il secondo motivo i ricorrenti censurano la violazione degli artt. 2, 3, 31 e 32 Cost. e della L. 29 luglio 1975, n. 405, nella negazione del diritto del figlio, affet-to dalla sindrome di Down, al risarcimento del danno per limpossibilit di unesistenza sana e dignitosa.

questo il problema, senza dubbio, pi delicato e controverso della fattispecie le-gale in esame, che ha visto contrapposti due indirizzi di pensiero, di ispirazione anche metagiuridica, contesta di riflessioni financo filosofiche ed etico-religiose, di irriducibile antinomia: segnati spesso da accese intonazioni polemiche in una pubbli-cistica ideologicamente schierata, in favore o contro la presunzione juris et de jure di preferibilit della vita, per quanto malata (problematica, che investe anche temi diversi, come quello della morte pietosa). Anche se debba escludersi un approccio di carat-tere eminentemente giuspolitico - che appartiene al legislatore: spettando, per contro, al giudice linterpretazione della disciplina vigente, sia pure nel pi completo approfon-dimento delle potenzialit evolutive in essa insite - non seriamente contestabile che sulla giurisprudenza pregressa, anche straniera, abbiano influito, ben oltre lordinario, considerazioni antropologiche e soprattutto di equit, intesa come ragionevole atte-nuazione e modificazione apportata alla legge in virt di speciali circostanze.

Nucleo centrale della disamina quello della legittimazione ad agire di chi, al momento della condotta del medico (in ipotesi, antigiuridica), non era ancora sogget-to di diritto, alla luce del principio consacrato allart. 1 c.c. (La capacit giuridica si ac-quista dal momento della nascita), conforme ad un pensiero giuridico plurisecolare.

Natura eccezionale, a questa stregua, rivestirebbero le norme che riconoscono diritti in favore del nascituro, concepito o non concepito, subordinati allevento della nascita (ibidem, secondo comma): quale deroga al principio generale secondo cui non pu reclamare un diritto chi, alla data della sua genesi, non era ancora esisten-te (artt. 254, 320, 462, 784), o non era pi (arg. ex art. 4 c.c.).

Di qui la definizione, nella fattispecie in esame, di diritto adespota, la cui con-figurazione riuscirebbe, prima facie in contrasto con il principio generale sopra richiamato.

Largomento, apparentemente preclusivo in limine, non si palesa, peraltro, insu-perabile; e di fatto stato superato da quella giurisprudenza di legittimit che ha

Questione problematica

Legittimazione ad agire di chi

non ancora soggetto di diritto

Ipotesi eccezionali

Diritto adespota

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opposto che il diritto al risarcimento, originato da fatto anteriore alla nascita, diven-ta attuale ed azionabile dopo la nascita del soggetto.

vero, in tesi generale, che lattribuzione di soggettivit giuridica appannag-gio del solo legislatore, e che la c.d. giurisprudenza normativa, talvolta evocata quale fonte concorrente di diritto, violerebbe il principio costituzionale di separa-zione dei poteri ove non si contenesse allinterno dei limiti ben definiti di clausole generali previste nella stessa legge, espressive di valori dellordinamento (buona fede, solidariet, ecc.): eventualmente riesumando la dicotomia storica tra giu-risprudenza degli interessi (Interessenjurisprudenz), di ispirazione evolutiva, e giurisprudenza dei concetti (Begriffsjurisprudenz), di natura statica: entrambe, peraltro, storicamente ancorate ad una concezione positivistica del diritto.

Ma in realt non punto indispensabile elevare il nascituro a soggetto di diritto, dotato di capacit giuridica - contro il chiaro dettato dellart. 1 c.c. - per confermare lastratta legittimazione del figlio disabile ad agire per il risarcimento di un danno le cui premesse fattuali siano collocabile in epoca anteriore alla sua stessa nascita. Al fondo di tale ricostruzione dogmatica vi , infatti, il convincimento tradizionale, da tempo sottoposto a revisione critica, che per proteggere una certa entit occorra necessariamente qualificarla come soggetto di diritto.

Questa Corte ha gi da tempo negato, pur se in ipotesi di danno provocato al feto durante il parto, che lesclusione del diritto ai risarcimento possa affermarsi su solo presupposto che il fatto colposo si sia verificato anteriormente alla nascita: definendo erronea la concezione che, a tal fine, ritiene necessaria la sussistenza di un rapporto intersoggettivo ab origine tra danneggiante e danneggiato. Ed ha concluso che, una volta accertata lesistenza di un rapporto di causalit tra un com-portamento colposo, anche se anteriore alla nascita, ed il danno che ne sia derivato al soggetto che con la nascita abbia acquistato la personalit giuridica, sorge e devessere riconosciuto in capo a questultimo il diritto al risarcimento (Cass., sez. 3, 22 novembre 1993, n. 11503).

Tenuto conto del naturale relativismo dei concetti giuridici, alla tutela del na-scituro si pu pervenire, in conformit con un indirizzo dottrinario, senza postularne la soggettivit - che una tecnica di imputazione di diritti ed obblighi - bens considerandolo oggetto di tutela (Corte costituzionale 18 febbraio 1975 n. 27; Cass., sez. 3, maggio 2011 n. 9700; Cass. 9 maggio 2000, n. 5881).

Tale principio informa espressamente diverse norme dellordinamento.Cos, la L. 19 febbraio 2004, n. 40, art. 1, comma 1 (Norme in materia di pro-

creazione medicalmente assistita) annovera tra i soggetti tutelati anche il concepito CAI fine di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilit o dalla infertilit umana consentito il ricorso alla procreazione medicalmente assi-stita, alle condizioni e secondo le modalit previste dalla presente legge, che assi-cura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito). Analogo concetto riflesso nella stessa L. 22 maggio 1978, n. 194, art. 1 (Norme per la tutela sociale della maternit e sullinterruzione volontaria della gravidanza), qui in esame, che retrodata la tutela della vita umana anteriormente alla nascita (Lo Stato garantisce

Tutela del nascituro

Fondamento normativo

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il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternit e tutela la vita umana dal suo inizio). Anche la L. 29 luglio 1975, n. 405 (Istituzione dei consultori familiari) afferma lesigenza di proteggere la salute del concepito (art. 1: Il servizio di assistenza alla famiglia e alla maternit ha come sco-pi ...-, c) la tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento). Infine, nellambito della stessa normativa codicistica, lart. 254, prevede il riconoscimento del figlio nato fuori del matrimonio anche quando questi sia solo concepito, ma non ancora nato.

Entro questa cornice dogmatica si pu dunque concludere per lammissibilit dellazione del minore, volta al risarcimento di un danno che assume ingiusto, ca-gionatogli durante la gestazione. Tesi, che del resto neppure collide con la teoria della causalit, posto che ben possibile che tra causa ed evento lesivo intercorra una cesura spazio-temporale, tale da differire il relativo diritto al ristoro solo al com-piuto verificarsi delleffetto pregiudizievole, purch senza il concorso determinante di concause sopravvenute (cfr. art. 41 c.p.).

Qui la particolarit risiederebbe nel fatto che il medico sia, in ipotesi, lautore mediato del danno, per aver privato la madre di una facolt riconosciutale dalla legge, tramite una condotta omissiva che si ponga in rapporto diretto di causalit con la nascita indesiderata; e la soluzione verrebbe, in tal modo, ad essere identica alla diversa ipotesi della responsabilit del medico verso il nato disabile per omessa comunicazione ai genitori della pericolosit di un farmaco somministrato per sti-molare lattivit riproduttiva (Cass. 11 maggio 2009 n 10741), o di una malattia della gestante suscettibile di ripercuotersi sulla salute del feto.

Se dunque lastratta riconoscibilit della titolarit di un diritto (oltre che della legittimazione attiva) del figlio handicappato non trova un ostacolo insormontabile nellanteriorit del fatto illecito alla nascita, giacch si pu essere destinatari di tu-tela anche senza essere soggetti dotati di capacit giuridica ai sensi dellart. 1 c.c., occorre scrutinare a fondo il contenuto stesso del diritto che si assume leso ed il rapporto di causalit tra condotta del medico ed evento di danno.

Sotto il primo profilo, in un approccio metodologico volto a mettere tra paren-tesi tutto ci che concretamente non indispensabile, per cogliere lessenza di ci che si indaga, si deve partire dal concetto di danno-conseguenza, consacrato allart. 1223 c.c. e riassumibile, con espressione empirica, nellavere di meno, a seguito dellillecito. In siffatta ricostruzione dogmatica, il danno riuscirebbe pertanto legato alla stessa vita del bambino; e lassenza di danno alla sua morte Ed qui che la tesi ammissiva, in subiecta materia, incorre in una contraddizione insuperabile: dal momento che il secondo termine di paragone, nella comparazione tra le due situa-zioni alternative, prima e dopo lillecito, la non vita, da interruzione della gravidanza.

E la non vita non pu essere un bene della vita; per la contraddizion che nol consente.

Tanto meno pu esserlo, per il nato, retrospettivamente, lomessa distruzione della propria vita (in fieri), che il bene per eccellenza, al vertice della scala assio-logica dellordinamento.

Argomentazione

Esclusione

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Capitolo primo le persone e la famiglia

Anche considerando norma primaria lart. 2043 c.c., infatti, viene meno, in ra-dice, il concetto stesso di danno ingiusto; oltre che reciso il nesso eziologico, sia pure inteso in base ai principi della causalit giuridica e nella sua ampiezza pi estesa, propria della teoria della condicio sine qua non (generalmente rifiutata, pe-raltro, in materia di illecito civile).

Non si pu dunque parlare di un diritto a non nascere; tale, occorrendo ripetere, lalternativa; e non certo quella di nascere sani, una volta esclusa alcuna respon-sabilit, commissiva o anche omissiva, del medico nel danneggiamento del feto. Allo stesso modo in cui non sarebbe configurabile un diritto al suicidio, tutelabile contro chi cerchi di impedirlo: che anzi, non responsabile il soccorritore che pro-duca lesioni cagionate ad una persona nel salvarla dal pericolo di morte (stimato, per definizione, male maggiore). Si aggiunga, per completezza argomentativa, che seppur non punibile il tentato suicidio, costituisce, per contro, reato listigazione o laiuto al suicidio (art. 580 c.p.): a riprova ulteriore che la vita - e non la sua negazio-ne - sempre stata il bene supremo protetto dallordinamento.

- omissis -

Mancanza di danno ingiusto

Seconda questioneIl soggetto nato dopo la morte del padre naturale verificatasi per fatto illecito di un terzo durante la gestazione ha diritto al risarcimento del danno per la perdita del relativo rapporto?

}}Norme del codice civile collegate

Articoli: 2043; 2059.

NORMATIVA RILEVANTE

CostituzioneArt. 2[I] La Repubblica riconosce e garantisce i diritti in-violabili delluomo, sia come singolo sia nelle for-mazioni sociali, ove si svolge la sua personalit, e richiede ladempimento dei doveri inderogabili di solidariet politica, economica e sociale.Art. 29[I] La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come societ naturale fondata sul matrimonio.[II] Il matrimonio ordinato sulla eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dellunit familiare.Art. 30[I] dovere e diritto dei genitori mantenere, istru-ire ed educare i figli, anche se nati fuori del ma-trimonio.

[II] Nei casi di incapacit dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.[III] La legge assicura ai figli nati fuori del matri-monio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.[IV] La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternit.Art. 32[I] La Repubblica tutela la salute come fondamen-tale diritto dellindividuo e interesse della colletti-vit, e garantisce cure gratuite agli indigenti.[II] Nessuno pu essere obbligato a un determi-nato trattamento sanitario se non per disposi-zione di legge. La legge non pu in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

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Diritto civile. Le questioni pi rilevanti e le sentenze risolutive

}ORIENTAMENTO CONTRARIOCass. civ. 28 dicembre 1973, n. 3467In tema di danno ingiusto al nascituro, la risarcibilit del danno presuppone che il soggetto dan-neggiato sia gi venuto ad esistenza al momento del fatto lesivo, per cui la relativa azione non spetta al soggetto che si pretenda leso da fatti dannosi verificati anteriormente alla sua nascita.

}ORIENTAMENTO FAVOREVOLECass. civ., sez. III, 10 marzo 2014, n. 5509Il soggetto nato dopo la morte del padre naturale, verificatasi per fatto illecito di un terzo du-rante la gestazione, ha diritto nei confronti del responsabile al risarcimento del danno per la perdita del relativo rapporto e per i pregiudizi di natura non patrimoniale e patrimoniale che gli siano derivati.

PRIMA SENTENZA RISOLUTIVACass. civ., sez. III, 3 maggio 2011, n. 9700Anche il soggetto nato dopo la morte del padre naturale, verificatasi per fatto illecito di un terzo durante la gestazione, ha diritto nei confronti del responsabile al risarcimento del danno per la perdita del relativo rapporto e per i pregiudizi di natura non patrimoniale e patrimoniale che gli siano derivati.

PRINCIPALI PASSAGGI ARGOMENTATIVI- omissis -

Si sostiene che chi sia nato successivamente alla morte del padre pu ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali verificatisi in contempo-ranea alla nascita o posteriormente a questa, essendo irrilevante la non con-temporaneit fra la condotta dellautore dellillecito ed il danno, che ben pu verificarsi successivamente, secondo quanto chiarito da Cass. pen. n. 11625 del 2000.

La sentenza in particolare criticata per essersi allineata al principio enun-ciato dalla risalente Cass. n. 3467 del 1973 (espressasi nel senso che hanno ca-rattere eccezionale e sono dunque di stretta interpretazione le disposizioni di legge che, in deroga al principio generale dettato dallart. 1 c.c., comma 1, prevedono la tutela dei diritti del nascituro), esplicitamente ritenendo inapplicabile alla fattispecie in esame il pi recente indirizzo giurisprudenziale (di cui a Cass. n 10741 del 2009, emessa sulla scia di Cass. nn. 14488 del 2004 e 11503 del 2003, tutte della 3^ sezione civile) secondo il quale il concepito, pur non avendo una piena capacit giuridica, comunque un soggetto di diritto, perch titolare di molteplici interessi personali riconosciuti dallordinamento sia nazionale che sopranazionale, quali il diritto alla vita, alla salute, allonore, allidentit personale, a nascere sano; di-ritti questi rispetto ai quali lavverarsi della condicio iuris della nascita condizione imprescindibile per la loro azionabilit in giudizio ai fini risarcitori.

Si afferma che tali principi sono applicabili anche alla perdita del rapporto pa-rentale.

Questione problematica

Orientamento contrario

Perdita del rapporto parentale

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Capitolo primo le persone e la famiglia

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2.- Il motivo, anche se per ragioni non in tutto coincidenti con quelle prospettate dalla ricorrente, fondato in relazione alladdotta violazione dellart. 2043 cod. civ. (non anche dellart. 462 c.c., che attiene alla capacit a succedere ed dunque del tutto estraneo al caso, concernente una domanda di risarcimento formulata iure proprio dalla figlia nata dopo la morte del padre).

Il collegio ritiene che non si ponga alcun problema relativo alla soggettivit giuri-dica del concepito, non essendo necessario configurarla per affermare il diritto del nato al risarcimento e non potendo, daltro canto, quella soggettivit evincersi dal fatto che il feto fatto oggetto di protezione da parte dellordinamento.

Il diritto di credito infatti vantato dalla figlia in quanto nata orfana del padre, come tale destinata a vivere senza la figura paterna. La circostanza che il padre fosse deceduto prima della sua nascita per fatto imputabile a responsabi-lit di un terzo significa solo che condotta ed evento materiale costituenti lillecito si erano gi verificati prima che ella nascesse, non anche che prima di nascere potesse avere acquistato il diritto di credito al risarcimento. Il quale presuppone la lesione di un diritto (o di altra posizione giuridica soggettiva tutelata dallordinamento), che nel caso in scrutinio da identificarsi con il diritto al godimento del rapporto parentale (Cass. nn. 8827 e 8828 del 2003 e Cass., sez. un., n. 26972 del 2008), certamente inconfigurabile prima della nascita. Cos come solo successivamente alla nascita si verificano le conseguenze pregiudizievoli che dalla lesione del diritto derivano.

Del rapporto col padre e di tutto quanto quel rapporto comporta la figlia stata privata nascendo, non prima che nascesse. Prima, esistevano solo le condizioni ostative al suo insorgere per la gi intervenuta morte del padre che la aveva con-cepita, ma la mancanza del rapporto intersoggettivo che connota la relazio-ne tra padre e figlio divenuta attuale quando la figlia venuta alla luce.

In quel momento s verificata la propagazione intersoggettiva delleffetto dellil-lecito per la lesione del diritto della figlia (non del feto) al rapporto col padre; e nello stesso momento sorto il suo diritto di credito al risarcimento, del quale dunque diventato titolare un soggetto fornito della capacit giuridica per essere nato.

Non revocato in dubbio il nesso di causalit fra illecito e danno, inteso come insieme di conseguenze pregiudizievoli derivate dallevento (morte del pa-dre), sicch non pu disconoscersi il diritto al risarcimento della figlia. La relazione col proprio padre naturale integra, invero, un rapporto affettivo ed edu-cativo che la legge protegge perch di norma fattore di pi equilibrata formazione della personalit. Il figlio cui sia impedito di svilupparsi in questo rapporto ne pu riportare un pregiudizio che costituisce un danno ingiusto indipen-dentemente dalla circostanza che egli fosse gi nato al momento della morte del padre o che, essendo solo concepito, sia nato successivamente.

2.1.- Questa corte ha, del resto, gi esplicitamente negato, pur se in ipotesi di danno provocato al feto durante il parto, che lesclusione del diritto al risarcimento possa affermarsi sul solo presupposto che il fatto colposo si sia verificato anterior-

Soggettivit giuridica del concepito

Diritto al godimento del rapporto parentale

Rapporto con il padre

Propagazione intersoggettiva dellillecito

Nesso di causalit tra illecito e danno

Fatto colposo anteriore alla nascita

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mente alla nascita, definendo erronea la concezione che, al fine del risarcimen-to del danno extracontrattuale, ritiene necessaria la permanenza di un rapporto intersoggettivo tra danneggiante e danneggiato; ed ha concluso che una volta accertata, quindi, lesistenza di un rapporto di causalit tra un comporta-mento colposo, anche se anteriore alla nascita, ed il danno che sia derivato al soggetto che con la nascita abbia acquistato la personalit giuridica, sor-ge e devessere riconosciuto in capo a questultimo il diritto al risarcimento (cos Cass. 22 novembre 1993, n. 11503, sub n. 3 della motivazione; contra, tuttavia, anche se con affermazione meramente assertiva, Cass. 21 gennaio 2011, n. 1410, sub n. 2 della motivazione).

Analogo orientamento stato espresso, tra le altre, da Cass. 9 maggio 2000, n. 5881, anchessa concernente un caso di lesione provocata al feto, che ha conside-rato un errore giuridico il voler ragionare in termini di acquisto del diritto in rappor-to a fatti idonei a determinarlo, per prodottosi prima della nascita, quando nel caso si tratta, per la persona, una volta nata, di non subire inerme una menomazione che, prodottasi durante il completamento della propria formazione anteriore alla nascita, produce i suoi effetti invalidanti rispetto al dispiegarsi della propria individualit di persona che esiste (cos in motivazione, sub 4.1.).

2.2.- Quanto alle modalit di insorgenza del diritto al risarcimento, il caso ora in scrutinio non si differenzia da quello della lesione colposamente cagionata al feto durante il parto, dunque prima della nascita, da cui deriva, dopo la nascita, il diritto del nato al risarcimento per il patito danno alla salute: danno da lesione del diritto alla salute, dunque, e non gi del cosiddetto diritto a nascere sano, che costitui-sce soltanto lespressione verbale di una fattispecie costituita dalla lesione provocata al feto, ma che non ricognitiva di un diritto preesistente in capo al concepito, che il diritto alla salute acquista solo con la nascita.

Cos come, in altro ambito, nullaltro che espressiva di una particolare fattispecie la locuzione diritto a non nascere se non sano, alla cui mancanza questa corte ha, in passato (cfr. Cass. 29 luglio 2004, n 14488, seguita da Cass. 14 luglio 2006, n. 16123), correlato la risposta negativa al quesito relativo al se sia configurabile il diritto al risarcimento del nato geneticamente malformato, nei confronti del medico che non abbia colposamente effettuato una corretta diagnosi in sede eco-grafica ed abbia cos precluso alla madre il ricorso allinterruzione volontaria della gravidanza, che ella avrebbe in ipotesi domandato.

La diversa costruzione che il collegio ritiene corretta consentirebbe invece, nel caso sopra descritto, una volta esclusa lesigenza di ravvisare la soggettivi-t giuridica del concepito per affermare la titolarit di un diritto in capo al nato, di riconoscere il diritto al risarcimento anche al nato con malforma-zioni congenite e non solo ai suoi genitori, come oggi avviene, sembrando del tutto in linea col sistema e con la diffusa sensibilit sociale che sia esteso al feto lo stesso effetto protettivo (per il padre) del rapporto intercorso tra madre e medico; e che, come del resto accade per il padre, il diritto al risarcimento possa essere fatto valere dopo la nascita anche dal figlio il quale, per la violazione del diritto allauto-

Orientamento favorevole

Modalit di insorgenza

del diritto al risarcimento

Diritto a non nascere se non sano

Auto-determinazione

della madre

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determinazione della madre, si duole in realt non della nascita ma del proprio stato di infermit (che sarebbe mancato se egli non fosse nato).

3.- Diversi sono certamente gli interessi incisi, ma tutti risultano presidiati dalla Costituzione, rispettivamente con lart. 32, commi 1 (salute) e 2 (autodeterminazio-ne), art. 29, comma 1 (famiglia) e art. 30, comma 1 (rapporto genitori-figli).

La sentenza conseguentemente cassata con rinvio alla stessa Corte dappello, che decider nel rispetto del seguente principio di diritto: anche il soggetto nato dopo la morte del padre naturale, verificatasi durante la gestazione per fatto illecito di un terzo, ha diritto nei confronti del responsabile al risarcimento del danno per la perdita del relativo rapporto e per i pregiudizi di natura non patrimo-niale e patrimoniale che gli siano derivati.

- omissis -

Interessi costituzional- mente rilevanti

Principio di diritto

SECONDA SENTENZA RISOLUTIVACass. pen., sez. IV, 21 giugno 2000, n. 11625 titolare di un autonomo diritto al risarcimento il minore che abbia subito danni dalla commissione di un reato e che, al momento di tale commissione, bench ancora non nato, fosse gi stato concepito; per quanto concerne il danno morale, esso decorrer dal momento in cui venga accertato il suo verificarsi (ad esempio, dal momento in cui il minore abbia acquisito la consapevolezza, con conseguente sofferenza, della mancanza di una figu-ra genitoriale, venuta meno, nella specie, a seguito di omicidio colposo), dovendosi peraltro escludere la risarcibilit del danno morale relativamente alla vita intrauterina, per mancanza di una valida dimostrazione scientifica in proposito, mentre, per quanto concerne il danno biologico, esso andr risarcito ove venga in concreto accertata una stabile compromissione psico-fisica del minore determinatasi a seguito dellevento delittuoso.

PRINCIPALI PASSAGGI ARGOMENTATIVI- omissis -

A) Il problema della risarcibilit del danno subito da chi, al momento del fatto lesivo, pur essendo stato gi concepito, non era ancor nato, ha dato luogo, in dottrina e giurisprudenza, a un dibattito che non ha trovato ancor oggi una soluzione definitiva anche perch spesso vi si inseriscono valutazioni di natura etica difficilmente separabili da quelle di natura strettamente giuridica.

Dal punto di vista del diritto positivo vigente il dato di partenza costituito dallart. 1, comma 2, cod. civ. secondo cui i diritti che la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati allevento della nascita.

Dalla formulazione di questa norma emergono due regole indiscutibili: che i di-ritti del nascituro, per essere considerati tali, devono essere previsti dalla legge; che, in ogni caso, essi sono subordinati alla nascita (che la dottrina configura, a seconda delle varie tesi, come condizione o come coelemento neces-sario di efficacia). Cos al concepito attribuita la capacit di essere riconosciuto dal genitore naturale (art. 254 comma lo cod.civ.), la capacit di succedere per cau-sa di morte (art. 462 commi 1 e 2) o di acquistare per donazione (art. 784) ecc.; pu

Questione problematica

Dato normativo: art. 1, co. II, cod. civ.

Regole

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Diritto civile. Le questioni pi rilevanti e le sentenze risolutive

essere anche ricordato, al di fuori del codice civile, lart. 85 comma 20 d.P.r. 30 giu-gno 1965 n. 1124 che, anche dopo la modifica introdotta dallart. 7 l. 10 maggio 1982 n. 251, ai fini del diritto alla rendita per i superstiti, nel caso di morte per infortunio sul lavoro, prende in considerazione anche i figli concepiti alla data dellinfortunio. E questa norma richiamata dallart. 21 comma 2 della l. 24 dicembre 1969 n. 990 in tema di assicurazione obbligatoria per i danni derivanti da circolazione stradale. Inoltre la legge prevede diritti anche a favore di chi non sia stato concepito (462 comma 30 e 784 comma 1 cod. civ.).

Non ovviamente il caso, in questa sede, di addentrarsi nella disputa dottrinale, non ancora risolta, sulla configurazione giuridica di questa anticipazione dei diritti rispetto alla nascita che alcuni autori hanno qualificato come sogget-tivit attenuata (o ridotta), altri come un principio di personificazione e altri ancora come una capacit giuridica provvisoria (ma ve ne sono anche di di-verse: pu ricordarsi in particolare, per il suo interesse, quella teoria che distingue nettamente tra personalit e capacit prospettando lipotesi che questultima pos-sa aversi, proprio nei nascituri ma anche nei defunti, senza che vi sia ancora o che non vi sia pi la personalit).

Per quanto risulta il primo caso in cui il problema del risarcimento dei danni, a favore del nascituro, si sia posto nella giurisprudenza italiana quello deciso dal Tribunale di Piacenza con la sentenza 31 luglio 1950 (in Foro it., 1951,1,987) che ri-conobbe la responsabilit per fatto illecito del genitore per aver trasmesso al figlio, allatto del concepimento o con rapporti successivi ad esso, una grave malattia ereditaria della cui esistenza era cosciente. Questa sentenza provoc, allepoca, un vivacissimo dibattito e i commenti furono prevalentemente negativi anche perch fu autorevolmente sottolineato (da F. CARNELUTTI) che lat-to generatore della responsabilit era, in quel caso, il medesimo che aveva creato la vita del danneggiato; non poteva quindi esservi danno perch se latto generatore del danno non fosse stato compiuto non sarebbe esistito il soggetto danneggiato.

Questo caso non fu peraltro portato allesame del giudice di legittimit perch la causa venne, in appello, decisa su un problema attinente alla legittimazione. Ma non pu sfuggire lattualit del caso che oggi potrebbe drammaticamente ripro-porsi per la diffusione della sindrome da immunodeficienza che rende attuale il contrasto, soprattutto di natura etica ma non certo privo di implicazioni giuridiche, tra il diritto alla procreazione e il diritto a nascere sano.

Nella giurisprudenza successiva alla sentenza del Tribunale di Piacenza va se-gnalata la sentenza Corte conti (*) 19 febbraio 1957 (in Giur. it., 1957,111,203) in tema di riconoscimento di pensione di guerra a chi, allepoca del fatto dannoso, non era ancor nato ma gi concepito.

Il problema in esame (sempre risolto negativamente dalla giurisprudenza di me-rito successiva: si vedano App. Roma 14 giugno 1956, in Riv. infortuni e mal. prof., 1957,11,134 e Trib. Lecce 2 febbraio 1960, in Arch. resp. civ., 1960, 300) ha trovato una prima risposta, nella giurisprudenza della Corte di cassazione, con la sentenza 28 dicembre 1973 n. 3467 della III sezione civile. Questa sentenza - pur riguardando, il

Natura giuridica

Tribunale Piacenza 1950

Corte dei Conti 1957

Corte Cassazione

3467/1973

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caso trattato, la sola risarcibilit dei danni morali subiti dal nascituro dopo la nascita - ha affrontato il problema in termini pi generali esaminando il tema della risarcibilit di tutti i danni cagionati al nascituro concepito per responsabi-lit extracontrattuale.

Il fondamento di questa decisione costituito dalla premessa che il nascituro concepito privo di personalit giuridica che acquisisce soltanto con la nascita; dalla conseguenza che i casi in cui la legge attribuisce una limitata capaci-t giuridica al nascituro hanno carattere di eccezionalit e sono quindi di stretta interpretazione; dalla constatazione che il caso in esame non previsto dalla legge. Ha poi ritenuto la Corte, nella sentenza citata, che non fosse neppure possibile fondare la risarcibilit del danno facendo leva sul fatto che un danno ri-sarcibile anche se si verifica successivamente allevento dannoso essendo sempre necessaria una relazione intersubiettiva da ritenersi inesistente se il danneggiato non ancor nato al momento in cui viene compiuto il fatto illecito. Due sono quin-di i versanti sui quali il giudice di legittimit ritenne di fondare la sua conclusione negativa sulla risarcibilit del danno subito dal nascituro gi concepito (successiva-mente nato): quello della limitazione della sua capacit giuridica ai soli casi previsti dalla legge (tra i quali non compresa la capacit relativa ai danni in questione) e quello della necessit, nel caso di responsabilit extracontrattuale, che, alla viola-zione della norma giuridica, si accompagni la violazione di un diritto soggettivo di un soggetto attualmente esistente.

B) Per completezza di analisi va osservato che il caso della risarcibilit dei danni subiti dallembrione o dal feto, per colpa professionale nellattivit di assisten-za medico ospedaliera, ha trovato (superando orientamenti giurisprudenziali di diverso contenuto: v. Trib. Milano 13 maggio 1982, in Resp. civ. prev., 1983, 169, che ha riconosciuto la responsabilit extracontrattuale dellente ospedaliero a favore del nascituro ma non quella contrattuale) una soluzione, che sembra ormai con-solidarsi; si ritenuto, in questi casi, che si ricada nel campo della responsabilit contrattuale (conseguente ad un contratto ritenuto per lo pi di natura atipica) che pu, o meno, affiancarsi a quella aquiliana e che viene spesso privilegiata sia per la diversa distribuzione dellonere della prova (art. 1218 cod. civ.) che per i pi brevi termini di prescrizione previsti per questultima (art. 2947 cod. civ.).

Per la soluzione, positiva in ordine alla risarcibilit, di questi casi si fatto rife-rimento al contratto a favore di terzi considerandosi il nascituro un terzo a favore del quale sono stabiliti i diritti previsti dal contratto di prestazione professionale stipulato dalla madre (o dai genitori) e nel quale sono ricomprese obbligazioni in favore del nascituro quali il suo diritto a nascere sano e a godere di unassi-stenza medico ospedaliera adeguata.

Questa soluzione ha trovato un certo consenso in dottrina (ma vi sono anche orientamenti che configurano il diritto a nascere sano come un diritto proprio del nascituro e fonte di diretta responsabilit contrattuale); in giurisprudenza si espresso in tal senso Trib. Verona 15 ottobre 1990 (in Rass. dir. civ., 1992, 422) che ha ritenuto di natura contrattuale la responsabilit dellente sanitario ospedaliero e

Concepito privo di capacit giuridica

Danni subito dallembrione o dal feto

Contratto a favore di terzi

Responsabilit medica

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Diritto civile. Le questioni pi rilevanti e le sentenze risolutive

di natura extracontrattuale quella del medico responsabile del fatto dannoso (rite-nuta invece di natura contrattuale da Cass., sez. III civ., 1 marzo 1988 n. 2144). Pi di recente stata ribadita, nella giurisprudenza di legittimit, la natura contrattuale della responsabilit dellente ospedaliero verso il paziente ricoverato (Cass., sez. III civ., 1 settembre 1999 n. 9198). Responsabilit ritenuta di natura indiretta, per fatto degli ausiliari (art. 1228 cod. civ.), da Trib. Lucca 18 gennaio 1992, in Foro it., 1993,1, 264.

La Corte di cassazione invece andata di contrario avviso sullammissibilit, nel caso in esame, della possibilit di configurare un contratto a favore di terzi ma pervenuta ugualmente ad una risposta affermativa, sulla risarcibilit di questi dan-ni, facendo riferimento alla categoria dei contratti con effetti protettivi a favore di terzi che consentono, a coloro che sono soggetti a tale protezione, di agire nel caso di inadempimento della prestazione accessoria (v. Cass., sez. III civ., 22 novembre 1993 n. 11503; nella giurisprudenza di merito v., in precedenza, App. Roma 30 marzo 1971, in Foro pad., 1972,1, 552).

Linteresse di questi orientamenti, ai fini dellargomento trattato nel presente giudizio, non costituito tanto dalle categorie indicate (contratto a favore di ter-zi e contratto con effetti protettivi a favore di terzi), ovviamente inapplicabili alla responsabilit aquiliana, ma dalla circostanza che le argomentazioni adottate, al fine di ancorare la responsabilit a favore di un soggetto ancora non venuto in vita, sono spesso analoghe a quelle che di seguito verranno esaminate (e non infrequentemente vengono con esse confuse) sul tema della responsabilit extra-contrattuale.

C) Ritornando al tema della responsabilit extracontrattuale osserva la Corte come, dopo la citata sentenza del 1973 (cui, nella giurisprudenza di merito, si sono adeguati Trib. Roma 12 aprile 1977, in Riv. it. prev. soc., 1979, 995; Trib. Monza 28 ottobre 1997, in Resp. civ. e prev., 1998, 1102) siano stati in giurisprudenza operati vari tentativi per superare linterpretazione restrittiva dellart. 1 comma 2 cod. civile.

Sulla premessa che linterpretazione meramente letterale dellart. 1 comma 2 non consenta di pervenire (neppure se estensivamente interpretato, come possibile per le norme a carattere eccezionale come quella in esame: art. 14 disp. sulla legge in generale) ad un risultato positivo, sullestensione della capacit del nascituro concepito al caso della responsabilit da fatto illecito, si innanzitutto fatto rife-rimento alle norme costituzionali che consentirebbero uninterpretazione adeguatrice della preesistente norma codicistica. In particolare si fatto ri-ferimento:

- allart. 2, riconoscimento e garanzia dei diritti inviolabili delluomo, intendendo-si il concetto di uomo comprensivo anche del nascituro concepito (v. App. Torino 8 febbraio 1988, in Giur. it., 1989,1,1,690; Trib. Monza 8 maggio 1998, in Giur. It., 1999, 42); estensione peraltro contestata da numerosi autori;

- allart. 31 comma 2, protezione della maternit (Trib. Monza 8 maggio 1998 citata);

Contratti con effetti protettivi

a favore di terzi

Superamento dellinterpre-

tazione restrittiva

Interpretazione costituzional-

mente orientata

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Capitolo primo le persone e la famiglia

- allart. 32, tutela della salute, prevista come diritto fondamentale dellindividuo; concetto - quello di individuo - che stato inteso, soprattutto in dottrina, come pi ampio di quello di persona e quindi idoneo a ricomprendere il caso del nascituro concepito (ma, anche in questo caso, vi sono autori che contestano questa inter-pretazione rilevando come il termine individuo sia stato usato per contrapporre questa entit a quella di collettivit e non per ricomprendervi lembrione o il feto).

stata richiamata la l. 22 maggio 1978 n. 194 che, pur prevedendo, in determinati casi, linterruzione volontaria della gravidanza, esordisce, allart. 1, con il riconosci-mento della tutela della vita umana dal suo inizio la l. 29 luglio 1975 n. 405 (istituzione dei consultori familiari) che, allart. 1, prevede, tra gli scopi del servizio di assistenza alla famiglia e alla maternit, la tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento. E, sempre in tema di interruzione della gravidanza, si richiamato quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza 18 febbraio 1975 n. 27 che, nel dichiarare lincostituzionalit dellart. 546 cod. pen. (nella parte in cui sanzionava penalmente laborto anche nel caso di grave pericolo per la salute della madre) ha per riconosciuto fondamento costituzionale alla tutela del concepito.

Si infine fatto anche riferimento, pur riconoscendo linesistenza di un valore giuridicamente vincolante, alle conclusioni del Comitato nazionale per la bioetica, organismo interdisciplinare di nomina governativa, che ha riconosciuto allembrio-ne, non pi collocabile ontologicamente sul piano delle cose, la natura di una struttura biologica umana (v. Trib. Monza 8 maggio 1998 citata).

D) Questo dibattito pone in luce una latente contrapposizione tra concezioni giusnaturalistiche, tese a individuare una personalit giuridica, di cui la capacit giuridica la naturale estrinsecazione, gi nel momento del concepimento e con-cezioni positivistiche che invece pongono esclusivamente la norma a fondamento dei diritti del nascituro. Senza entrare nel merito di questa disputa teorica va per osservato come il concetto di capacit giuridica sia, dal punto di vista del diritto po-sitivo, un concetto del tutto relativo come dimostrato per un verso dallesistenza, nel nostro ordinamento, di capacit speciali e relative per il compimento di singoli atti e da parte di determinate persone e dallesistenza, in diversi or-dinamenti, di norme del tutto contrastanti che prevedono lacquisto della capacit giuridica al momento del concepimento (questo dato comune nelle legislazioni latino americane) ovvero al momento della nascita in vita.

A sostegno dellampliamento della sfera soggettiva del nascituro concepito si inoltre fatto ricorso alla nozione di aspettativa che, con la nascita, diverrebbe un vero e proprio diritto soggettivo (v. Trib. Verona 15 ottobre 1990, cit.) ma si osservato, in proposito, che anche il concetto di aspettativa presuppone un autonomo centro di interessi tutelato riguardando, laspettativa, solo la pro-iezione futura del diritto. Si ancora osservato che il nascituro costituirebbe un centro di interessi giuridicamente tutelato e protetto che, con la nascita, diverrebbe soggetto dotato di personalit giuridica e giuridicamente capace (v. la citata Trib. Monza 8 maggio 1998). Opinione che riecheggia una lontana teoria (F. SANTORO

Legge 194/1978

Comitato nazionale per la bioetica

Contrasto

Nozione di aspettativa

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Diritto civile. Le questioni pi rilevanti e le sentenze risolutive

PASSARELLI), peraltro non pi ripresa dallillustre Autore, secondo cui, gi con il concepimento, si creerebbe una sia pur limitata personalit giuridica che, solo con la nascita, diverrebbe piena.

E) Osserva la Corte come la soluzione di questo delicatissimo problema, che sta appassionando i giuristi da mezzo secolo (e non solo nel nostro paese; in Germania un problema analogo - si trattava della trasfusione di sangue infetto ad una gestan-te che aveva trasmesso al figlio la malattia - stato risolto, positivamente in base al 823 del codice civile tedesco, dal Bundesgericht, Tribunale federale tedesco, con la sentenza 20 dicembre 1952 che ha dato luogo ad analogo dibattito) abbia per trovato soluzioni non appaganti tutte le volte che le medesime sono state ancorate ad una opinabile scelta finalistica che consenta di interpretare (non estensivamen-te ma) analogicamente la norma contenuta nellart. 1 comma 20 del codice civile unanimemente riconosciuta di carattere eccezionale e quindi non suscettibile di tale interpretazione.

Ma linsoddisfazione dei risultati di questa, peraltro lodevole, ricerca nasce so-prattutto dalla constatazione che le norme costituzionali richiamate, cos come quelle ordinarie in tema di tutela della maternit (e potrebbero aggiungersi anche quelle approvate a livello internazionale e comunitario: v. la dichiarazione dei diritti del fanciullo adottata dallAssemblea generale dellO.N.U. il 20 novembre 1959; le raccomandazioni dellAssemblea del Consiglio dEuropa n. 934 del 1982, n. 1046 del 1984, n. 1100 del 1989) sembrano operare su un piano diverso da quello strettamente patrimoniale regolato dallart. 1 e precisamente quello, di prevalente carattere pubblicistico, diretto a fornire una sempre maggior tutela alla maternit, a garantire che essa si svolga nelle migliori condizioni igieniche e sanita-rie, ad evitare che lembrione o il feto possano subire danni di qualsiasi genere, ed in particolare di natura permanente (il diritto a nascere sano), ad evitare, per quanto possibile, la mortalit pre e post natale che ha afflitto le precedenti generazioni e affligge tuttora larghe parti del mondo.

Non v dubbio che, su questo piano, vi sia stato un ampliamento dei diritti della futura madre, di entrambi i genitori e del nascituro; non diversamente, peraltro, da quanto avvenuto in tema di diritto alla salute e protezione della salute in genere, tanto che oggi sono ritenuti azionabili diritti o interessi legittimi un tempo ritenuti interessi non tutelabili o aspettative di mero fatto. Pu aggiungersi che le norme costituzionali invocate possono certamente costituire il presupposto, o un rafforzamento, della tutela civilistica contro i danni ingiusti alla persona (per es. lart. 32 della Costituzione che ha costituito, in un recente passato, il veicolo per giungere alla risarcibilit del danno c.d. biologico, - ma che gi in precedenza era stato invocato al fine della tutela della salute dei lavoratori e di coloro che vivono in ambienti inquinati - e che legittimamente viene richiamato in tema di danni perma-nenti subiti dal nascituro).

Ma appare quanto mai dubbio - il dibattito sviluppatosi e le divergenze di opi-nioni sul fondamento dei singoli orientamenti in precedenza accennati lo dimo-strano - che questo sviluppo e ampliamento della tutela della salute e della

Codice civile tedesco

Limiti

Ampliamento dei diritti

Anticipazione della capacit

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Capitolo primo le persone e la famiglia

dignit del nascituro concepito, coerente con un pi alto livello di civilt giu-ridica raggiunto, riguardi i suoi diritti patrimoniali e consenta, conseguen-temente, di affermare un ampliamento della sua capacit giuridica - o della sua personalit - che, sul piano della disciplina privatistica, rimasta immutata. In nessuna delle norme richiamate (e in nessuna delle decisioni della Corte costituzio-nale invocate) si fa infatti riferimento, a fondamento dellasserita anticipazione della capacit giuridica, ad un ampliamento di tale capacit sotto il profilo patrimoniale. N le forme di protezione anticipata, in precedenza descritte, comportano come conseguenza una tale estensione.

Daltro canto occorre rilevare che mentre per il suo diritto allintegrit, alla salute, ad uno sviluppo psicofisico adeguato (insomma per il diritto ad ottenere che venga posto in essere tutto quanto necessario perch il concepito possa nascer sano) ci troviamo in presenza di norme che garantiscono al feto una tutela attuale, invece, per quanto attiene ai suoi diritti patrimoniali, la tutela, anche in relazione ai limitati casi di capacit, condizionata alla nascita e quindi si tratta di tutela antici-pata ma che pu rivelarsi priva di effetti se la nascita non avviene. E se, in questo caso, la tutela anticipata pu rivelarsi in concreto (giuridicamente) inutile mai potr affermarsi linutilit degli sforzi per garantire una nascita vitale poi non avvenuta.

Per altro verso da rilevare la singolare incoerenza di questo orientamento lad-dove omette di considerare che, con la citata sentenza della Corte costituzionale del 1975, che ha parzialmente abrogato la previgente normativa penalistica in tema di aborto (sottolineando che non esiste equivalenza tra il diritto non solo alla vita ma anche alla salute di chi gi persona, come la madre, e la salvaguardia dellem-brione che persona deve ancora diventare) e con lapprovazione della legge che prevede, in determinate condizioni, linterruzione della gravidanza, la tutela dellembrione si non ampliata ma ridotta essendo stato introdot-to un bilanciamento di interessi (prima sconosciuto o comunque relegato agli stretti confini della non punibilit conseguente allaccertamento dello stato di ne-cessit) tra il suo sviluppo fino alla nascita e la tutela della salute della don-na in stato di gravidanza. La cui dignit, sotto diverso profilo, stata rafforzata (anche se non pu dirsi che ci abbia comportato un restringimento dei diritti del nascituro) con labrogazione dellanacronistico istituto del c.d. curator ventris gi previsto dallabrogato art. 339 cod. civ.

N possono superarsi queste difficolt interpretative con il richiamo, da taluno operato, alla situazione giuridica degli enti di fatto ai quali rico-nosciuta una sia pur limitata soggettivit che ne fa comunque centri di in-teressi legalmente riconosciuti. Questa tesi non condivisibile non tanto per limpropria equiparazione quanto perch, sotto il profilo civilistico e patrimoniale, per questi enti non pu che ribadirsi come le ipotesi di soggettivit, anteriormente o indipendentemente dallattribuzione della personalit giuridica, siano - pur difet-tando una norma di carattere generale come quella prevista dallart. 1 comma 2 - esplicitamente previste dalla legge (si vedano gli artt. da 36 a 42 cod. civ. in tema di associazioni non riconosciute e comitati ed in particolare gli artt. 38 e 41 sulla-

Tutela attuale del feto

Corte Costituzionale del 1975

Enti di fatto

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Diritto civile. Le questioni pi rilevanti e le sentenze risolutive

dempimento delle obbligazioni). E lo stesso pu affermarsi per tutti i soggetti che non abbiano la personalit giuridica (per es. le societ di persone) e, in generale, per quelli che sono stati definiti centri di imputazione non personificati.

Non pu poi non rilevarsi come, ove venisse affermato un simile processo di ampliamento, i limiti e i contorni ne rimarrebbero assolutamente indefiniti. Nel caso in esame si propone unestensione, del tutto ragionevole, della capacit giuridica al fine della tutela per responsabilit aquiliana; ma che cosa potrebbe impedire di invocare tale estensione anche nel campo delle obbligazioni, o della propriet, ogni qual volta un fatto, un atto, un negozio giuridico o un altro evento possano in qual-che modo avere effetti sulla futura situazione giuridica del nascituro concepito (per es. un contratto sicuramente pregiudizievole per i suoi interessi) ? Compito della giurisdizione quello di fornire solide basi interpretative alla soluzione dei problemi etici che hanno implicazioni giuridiche; non quello di sovrapporre la propria visione morale alle norme positive.

F) Al fine di pervenire ad una ragionevole soluzione del problema va preliminar-mente fatta una precisazione che pu valere ad eliminare un equivoco che spesso si annida nelle argomentazioni che vengono svolte sulla capacit giuridica del na-scituro. I danni di cui si discute - secondo la pretesa fatta valere in giudizio - non costituiscono danni del nascituro ma danni di una persona effettivamente nata che, da un fatto illecito compiuto anteriormente alla sua nascita (ma dopo il suo concepimento), ha subito danni le cui conseguenze si manife-stano successivamente alla sua nascita. Quando si parla di danni subiti dal na-scituro concepito si sottintende quindi che sia avvenuta successivamente la nasci-ta. Ci non esclude, ovviamente, che possano aversi danni provocati direttamente sul feto che diverranno risarcibili (a favore del nato) dopo la nascita.

Fatta questa precisazione pu osservarsi che, in realt, nel caso della responsa-bilit extracontrattuale, il problema della tutela del nascituro concepito successiva-mente nato pu trovare una ragionevole e positiva soluzione con lapplicazione dei principi in tema di responsabilit civile per fatto illecito la cui struttura deline-ata dallart. 2043 cod. civ. che, secondo la concezione tradizionale, richiede, per il sorgere della responsabilit, i seguenti elementi: una condotta (qua-lunque fatto); lelemento soggettivo (dolo o colpa); un danno ingiusto; un rapporto di causalit tra la condotta e il danno.

Come reso evidente dal tenore dellart. 2043 (e delle altre norme che discipli-nano la materia), non richiesta esplicitamente lesistenza di un criterio di contem-poraneit tra la condotta e il danno e infatti pacificamente ammesso che il danno possa verificarsi in un momento successivo alla condotta. Questa possibilit non negata neppure dalla citata Cass. 3467-1973 che, peraltro, come si accennato in precedenza, richiede lesistenza del soggetto danneggiato al momento in cui la condotta illecita viene posta in essere ritenendo ineliminabile lesigenza, perch lillecito assuma rilievo giuridico, chesso incida in una relazione intersubiettiva. Ed fin troppo evidente che questa manca ove non esista attualmente il soggetto, la cui sfera giuridica possa essere lesa dallautore del fatto causativo di danno.

Illecito compiuto

anteriormente alla nascita

Art. 2043 cod. civ.

Contemporaneit tra condotta

e danno

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Capitolo primo le persone e la famiglia

In dottrina questa concezione, allepoca in cui veniva enunciata, era ormai supera-ta. Gi nel 1956 un illustre Autore aveva rilevato, proprio con riferimento al problema dei danni al nascituro, che se lillecito e la conseguenza dannosa possono essere separati nel tempo, non necessario che il soggetto passivo gi esista nel momento in cui latto compiuto, cos come non si richiede che tuttora esista lautore dellille-cito nel momento in cui il danno si produce.). La dottrina pi aggiornata ha mante-nuto, anche successivamente, questa impostazione (si legge in uno scritto del 1982: la mancanza di personalit esclude la configurabilit di un diritto del nascituro e pu al massimo escludere la legittimazione attuale di chicchessia ad agire per danni che ancora non si sa se avranno o no un soggetto passivo: non argomento per esclu-dere lazione nellinteresse del nato. Ed anche la ricordata sentenza 20 dicembre 1952 del Bundesgericht (sulla base della citata norma del codice civile tedesco cor-rispondente, anche se diversamente formulata con lindicazione analitica dei danni risarcibili, al nostro art. 2043 cod.civ.) si esprime in termini analoghi sottolinenando lirrilevanza dellinesistenza del soggetto danneggiato al momento in cui viene com-messo il fatto illecito in quanto oggetto della controversia non il danno di un feto o di un non concepito, ma il danno sofferto per essere nato malato, affetto da lue.

La pi recente Cass. 11503-1993 citata (che effettivamente, come sostiene il ri-corrente, riguarda un caso diverso avendo affrontato il tema della responsabilit contrattuale; ma dal testo della decisione il problema sembra affrontato in termini generali) ha gi posto in rilievo come limpostazione della sentenza del 1973 non sia condivisibile perch all esclusione del diritto al risarcimento sul solo presupposto che il fatto colposo si sia verificato anteriormente alla nascita sottesa lerronea concezione che, al fine del risarcimento del danno extracontrattuale, sia necessaria la permanenza di un rapporto intersoggettivo tra danneggiante e danneggiato, che non pu essere affatto condivisa. Questa sentenza, peraltro, dopo aver inizial-mente respinto la tesi di un ampliamento della sfera soggettiva, delineata nellart. 1 comma 2, di fatto la riprende perch sostiene che la tutela del nascituro consentita dallesistenza stessa di un centro di interessi giuri-dicamente tutelato.

Ritiene invece questa Corte che debba essere approfondito proprio largomento relativo alla necessit di un rapporto intersubiettivo attuale (nel momento in cui il fatto illecito viene posto in essere), perch possa darsi ingresso alla responsabilit extracontrattuale a favore del nascituro concepito successivamente nato, e questa ricerca non pu che concludersi nel senso che questo requisito non sia necessario ove si tenga conto dellelaborazione giurisprudenziale e dottrinale sul tema della responsabilit extracontrattuale.

Poich la sentenza Cass. 3467-1973 si limita ad enunciare il fondamento teorico del suo assunto (precisando che il fondamento dellilliceit non soltanto nella violazione di una norma giuridica, ma anche nella lesione di un contrapposto diritto soggettivo, nellinvasione, cio, della sfera giuridica altrui), senza peraltro verificar-ne criticamente la perdurante validit, e poich il requisito richiesto (la relazione in-

Indicazioni dottrinarie

Corte di Cassazione 11503/1993

Rapporto intersubiettivo attuale

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Diritto civile. Le questioni pi rilevanti e le sentenze risolutive

tersoggettiva) non esplicitato in alcuna norma di legge linterprete deve ricostruire la genesi della tesi espressa.

Verosimilmente il fondamento di questa tesi da ricercare nelle teorie tradizio-nali che, con variet di argomentazioni, pervengono nella sostanza a ricostruire la responsabilit extracontrattuale come fondata su norme di relazione, non diversa-mente da quella contrattuale, e a ricondurre lillecito alla violazione di un diritto sog-gettivo assoluto con la conseguenza di ritenere ingiusto esclusivamente il danno che un tale diritto leda.

A monte di questa visione (costruita dalla dottrina anche con una lettura integra-trice dellart. 1151 del vecchio cod.civ. che, in verit, nessun appiglio forniva a questa teoria), ovviamente riduttiva dei limiti della risarcibilit, si pone una visione pretta-mente liberista della societ (laissez faire) tesa a non esporre le attivit produttive ad eccessive richieste di danni e a limitare la protezione dal danno ai soli casi in cui i diritti soggettivi (e solo alcuni di essi) siano espressamente attribuiti dalla legge al singolo. Una pi ampia tutela, secondo questa impostazione teorica, sarebbe inoltre fonte di incertezze, per le difficolt di identificare gli interessi protetti, e com-porterebbe uneccessiva discrezionalit dei giudici: si comprende quindi perch, da queste premesse dommatiche (*), si pervenga anche ad affermare il principio della tipicit dellillecito (attribuendo allart. 2043 una funzione ricognitiva dei diritti soggettivi gi previsti da altre norme).

In questa visione dei rapporti giuridici la tesi della necessit della relazione inter-subiettiva trova una sua (certamente non insuperabile ma) logica spiegazione: se danno ingiusto soltanto quello idoneo a ledere un diritto soggettivo assoluto attual-mente esistente (il diritto di propriet, gli altri diritti reali, i diritti della personalit ecc.) comprensibile che si richieda, perch possa realizzarsi la fattispecie della respon-sabilit, lesistenza del soggetto titolare di questo diritto soggettivo nel momento in cui la condotta antigiuridica viene posta in essere. Un diritto soggettivo assoluto non sarebbe configurabile senza lesistenza di una persona cui sia attribuito.

Negli ultimi decenni questa impostazione teorica stata per sottoposta a vivaci critiche tanto che oggi pu ritenersi ampiamente superata. Si invece affermata, pri-ma in dottrina e poi in giurisprudenza, una visione assai meno riduttiva dellillecito con laffermazione dellestensione della risarcibilit del danno ben al di l del-la violazione dei diritti soggettivi assoluti, fino a ricomprendervi la violazione dei diritti (relativi) di credito (tutela aquiliana del credito), di interessi legittimi (si vedano le recentissime sentenze delle sezioni unite civili della corte di cassazione 22 luglio 1999 nn. 500 e 501), di interessi diffusi, di aspettative. E, mentre in passato il danno poteva considerarsi ingiusto solo se ledeva un diritto che la legge attribuiva esplicitamente ad un soggetto, in base a questi pi recenti orientamenti questa quali-ficazione pu aversi anche nei casi in cui un soggetto, non esplicitamente autorizzato da una norma (e qualche volta anche se autorizzato, come si dir in prosieguo), arreca un danno ad un terzo non necessariamente titolare di un diritto soggettivo.

Di questo mutamento teorico stata protagonista la dottrina giuridica. La giu-risprudenza, in particolare quella di legittimit, rimasta pi legata, e lo tuttora,

Teorie tradizionali

Impostazione tradizionale

e suo superamento

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Capitolo primo le persone e la famiglia

almeno nelle enunciazioni astratte, alla concezione tradizionale dellillecito anche se, di fatto, lha ampiamente superata (aggirata: cos si esprimono le sez. un. civili nelle citate sentenze 500 e 501 del 1999) in un primo tempo ricomprendendo nella tutela anche la lesioni dei diritti soggettivi non assoluti e poi ampliando larea tra-dizionale della risarcibilit del danno aquiliano con il riconoscimento della dignit di diritto soggettivo a posizioni giuridiche che tali non erano (le sentenze da ultimo citate ricordano il diritto allintegrit del patrimonio, alla libera determinazione ne-goziale; la risarcibilit del danno da perdita di chance o quello da lesione di legit-time aspettative nei rapporti familiari ed anche nellambito della famiglia di fatto).

Con le pi volte ricordate sentenze delle sezioni unite civili questo processo te-orico ha trovato, anche nella giurisprudenza di legittimit, la sua conclusione non solo perch ha riconosciuto la (sempre negata) risarcibilit del danno provocato dalla lesione dellinteresse legittimo ma perch ha esplicitamente affermato il supe-ramento, anche teorico, della ricordata tradizionale impostazione che individuava il fatto illecito nella lesione del diritto soggettivo.

Logico corollario di questa revisione critica il rifiuto del concetto di tipicit dellillecito e lattribuzione, allart. 2043 cod. civ., non pi delle caratteristiche di norma ricognitiva ma di vera e propria clausola generale di responsabilit civile.

Insomma, in passato lillecito si configurava nellindebita invasione della sfera giuridicamente ed espressamente protetta; oggi pu configurarsi nellinvasione (non vietata ma) non autorizzata di questa sfera intesa in termini ben pi estesi del diritto soggettivo assoluto e che inoltre, con ulteriore estensione della sfera sogget-tiva protetta, pu assumere anche i caratteri di un interesse attribuito al cittadino, alla persona, allindividuo ( lespressione usata dallart. 32 della Costituzione) indi-pendentemente dallesistenza di una norma di relazione che lo tuteli con lesplicita attribuzione di un diritto soggettivo.

Questa elaborazione - che ha il suo fondamento in diverse norme della Co-stituzione, ed in particolare nellart. 2, improntato ad una visione solidari-stica della societ, ma trova vari argomenti di supporto anche nelle norme del codice civile - non rimasta al livello di affermazioni teoriche ma ha costituito il fon-damento dellestensione della tutela giuridica di interessi in passato privi di tutela: si pensi, in particolare, alla tutela della salute (non pi riduttivamente intesa come tutela dellintegrit fisica), a quella dellambiente, agli interessi dei consumatori. Tutti settori nei quali il dato di partenza non costituito da un diritto soggettivo attribuito al singolo ma dallinteresse diffuso di una categoria di persone. Si pensi, sul piano pi strettamente individuale, allestensione della tutela operata riguardo alla lesione del rapporto parentale (v. Trib. Milano 31 maggio 1999 e Trib. Treviso 25 novembre 1998, entrambe in Danno e resp., 2000, 67) o a quella riferita al danno c.d. esisten-ziale (v. Cass. civ., sez. III, 11 novembre 1986 n. 6607; sez. I, 7 giugno 2000 n. 7713).

Questo mutamento teorico - di per s sufficiente ad eliminare ogni rilevanza al requisito della intersoggettivit - ha riguardato anche gli altri elementi dellillecito ed in particolare lesistenza del danno ingiusto e il concetto di colpa.

Clausola generale di responsabilit civile

Estensione della tutela giuridica

Altri elementi dellillecito

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Diritto civile. Le questioni pi rilevanti e le sentenze risolutive

Il danno (ingiusto) viene comunemente inteso in due significati (entrambi con-templati dallart. 2043). Il primo (che spesso viene confuso con il secondo) si riferi-sce alla lesione dellinteresse tutelato (il c.d. bene giuridico protetto del diritto pe-nale) e, sotto questo profilo, non pu mai far difetto; anzi costituisce il fondamento della responsabilit per fatto illecito che oggi si fonda nellinvasione non consentita di una sfera soggettiva comunque tutelata dallordinamento.

Nel secondo significato assunto dallespressione (cio di un pregiudizio econo-micamente valutabile) gi da tempo stato sottolineato come la nozione di illeci-to possa anche prescinderne come dimostrato dallesistenza di numerosi casi in cui lordinamento reagisce, a fronte di lesioni di sfere giuridiche pro-tette, anche in mancanza di danno (sono stati fatti gli esempi della violazione del diritto al nome e allimmagine, della concorrenza sleale, della violazione del diritto dautore ecc.) anche se, in questi casi, la repressione dellillecito non prescinde del tutto dal concetto di danno inteso come pregiudizio (chiaro essendo lintento del legislatore di evitare danni futuri).

Pu aggiungersi che altrettanto indiscusso come, allaccertamento della con-dotta illecita potenzialmente lesiva di una sfera giuridicamente protetta, non conse-gua inevitabilmente la condanna al risarcimento dei danni a meno che non venga dimostrata lesistenza del danno ( infatti ritenuto possibile e corretto che, ad una condanna generica, non consegua, in sede di quantificazione definitiva del danno, la condanna in concreto al risarcimento del danno se questo non viene provato o viene ritenuto inesistente).

Da queste considerazioni consegue un giudizio di autonomia tra fatto gene-ratore di responsabilit e danno ingiusto nel senso che, se il secondo non pu esistere (limitatamente alla qualificazione dellingiustizia) senza il primo, questo (il fatto illecito) invece svincolato dallesistenza del secondo posto che fatto illecito pu aversi senza che danno ingiusto venga procurato. E questa autonomia non rafforza certo la tesi dellintersoggettivit ma, al contrario, idonea a contrastarla perch allenta il rapporto tra autore del fatto illecito e chi ha subito il danno.

Sul versante dellelemento soggettivo dellillecito (la colpa, ma anche il dolo) la revisione dommatica (*) stata ancor pi rilevante e i suoi contorni appaiono mag-giormente delineati. Da criterio ineludibile di imputazione della responsabilit si pervenuti ad un sistema che ritiene la colpa elemento non necessario sia per lesi-stenza di numerosi casi di responsabilit oggettiva sia perch esistono financo casi di responsabilit per comportamenti esplicitamente consentiti. Segnale inequivo-cabile del mutamento teorico diretto a sanzionare lillecito non pi sul piano soggettivo della colpa ma su quello, oggettivo, del rischio derivante dalle attivit umane, ed in particolare da quelle di carattere economico, e dalla necessit di ripartire il rischio in una visione non sanzionatoria ma bilancia-trice dei contrapposti interessi.

Sotto il primo profilo (responsabilit oggettiva) si rilevato che non sempre la re-sponsabilit si fonda su un comportamento colposo dellagente ma talvolta suffi-ciente una relazione formale con una cosa o con una persona (si tratta di alcune

Fatto generatore e

danno ingiusto

Elemento soggettivo

Relazione formale

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Capitolo primo le persone e la famiglia

delle ipotesi di cui agli artt. da 2047 a 2054 cod. civ., anche se lostacolo viene comu-nemente aggirato facendo ricorso al concetto di colpa presunta) che prescinde del tutto da ogni relazione tra soggetti di diritto. Sotto il secondo profilo si sono richiamati i c.d. atti leciti dannosi (per es. art. 1328 cod. civ.) che prevedono il risarcimento del danno anche in caso di condotte esplicitamente consentite. In entrambi i casi si sot-tolineato come non venga peraltro meno lingiustizia del danno intesa come garanzia di tutela offerta dallordinamento ad una sfera giuridica soggettiva protetta.

Mancanza attuale di danno (inteso come pregiudizio risarcibile) sul versante del danneggiato; assenza di colpa sul versante del responsabile. Anche questi aspetti valgono a rendere ancor pi sfumata la relazione intersoggettiva tra danneg-giante e danneggiato. Ci in particolare per quanto riguarda lattenuazione del requisito della colpa, che integra lelemento soggettivo dellillecito.

Ci che ricollega la condotta (il fatto) al danno ingiusto invece costituito dal rapporto di causalit (inteso come causalit giuridica e non come causalit mate-riale). Anche il nesso eziologico pu essere inteso in due significati: come rap-porto di conseguenzialit tra condotta (o fatto) ed evento; come nesso tra evento e conseguenze dannose. In entrambi i significati si prescinde (la qualunque criterio di contemporaneit purch esistano (quelle caratteristiche di adeguatezza causale che la (giurisprudenza unanimemente richiede.

N pu ritenersi che un tale criterio (di contemporaneit) sia previsto dallart. 1223 cod. civ. (applicabile alla responsabilit extracontrattuale per il disposto dellart. 2056). Questa norma si riferisce, secondo la dottrina pi avvertita, al secondo si-gnificato di causalit (tra evento e danno risarcibile; la causalit tra fatto ed evento deve invece ricostruirsi in base ad altre norme, in particolare gli artt. 40 e 41 cod. pen. che hanno una portata non solo penalistica) e, laddove richiede che il danno sia conseguenza immediata (oltre che diretta) dellinadempimento o del ritardo, non si riferisce, per comune opinione, ad un concetto di carattere temporale ma intende soltanto escludere i danni per il cui verificarsi linadempi-mento, o il fatto illecito, abbiano costituito soltanto loccasione e non la causa.

Senza contare che la giurisprudenza di legittimit ormai pacificamente orienta-ta nel ritenere risarcibili i danni da responsabilit, contrattuale o extracontrattuale, anche nel caso di danni indiretti e mediati, purch si presentino come effetto nor-male in base al principio della c.d. regolarit causale o causalit adeguata (v., da ultimo, sez. III civile, 19 maggio 1999 n. 4852).

ragionevole trarre da questa ricostruzione la conseguenza, in termini generali, che la norma di relazione non possa essere posta a fondamento della responsa-bilit aquiliana e, per il caso in esame, che la teoria della intersoggettivit non trovi fondamento nel nostro sistema. Conclusione cui peraltro la giurisprudenza di legittimit era gi pervenuta nei casi in cui, non dellesistenza di uno dei due soggetti si discuteva, ma dellinesistenza di ogni rapporto tra danneggiante e dan-neggiato nel momento in cui il fatto produttivo del danno ingiusto veniva posto in essere (Cass., sez. III civile, sentenza 4 maggio 1982, in Foro it., 1982,1,2864) con laffermazione che ogni fattispecie di responsabilit aquiliana non solo postula per

Mancanza attuale di danno

Rapporto di causalit

Art. 1223 cod. civ.

Causalit adeguata

Teoria della intersoggettivit

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Diritto civile. Le questioni pi rilevanti e le sentenze risolutive

definizione la mancanza di un rapporto contrattuale tra danneggiante e danneg-giato, ma nemmeno necessariamente richiede che tra i due soggetti intervenga un incontro sul piano dei meri accadimenti di fatto (si trattava dellazione esercitata dal terzo acquirente di un quadro nei confronti del pittore che, anteriormente alla vendita, lo aveva autenticato - a richiesta del proprietario che poi aveva rivenduto lopera - e successivamente ne aveva disconosciuto la paternit).

Ulteriori conferme della tesi prospettata possono trarsi dallesame di ulteriori aspetti della disciplina dellillecito.

La non necessaria contemporaneit tra fatto illecito e danno ingiusto ha sempre consentito di ritenere risarcibile il danno verificatosi dopo la morte dellautore dellil-lecito. Si pensi ai casi di costruzioni crollate, dopo la morte del progettista o del costruttore (ai quali il crollo sia addebitabile), perch progettate o costruite con criteri inidonei. E, ove si voglia ravvisare la relazione in questione tra il dan-neggiato e gli eredi del responsabile, si pensi ai casi nei quali i danneggiati non era-no ancor nati al momento della progettazione o della costruzione o ai casi, purtrop-po verificatisi, di somministrazione di medicinali pericolosi per la salute, o a quelli di assunzione di materie inquinanti, che abbiano prodotto i loro gravi effetti sulla salute a molta distanza di tempo. Se dovesse essere richiesta lattualit della relazione intersoggettiva questi danni non sarebbero risarcibili, quanto meno nei confronti di coloro che, allepoca in cui venivano poste in essere le condotte causatrici di danni ingiusti, non erano ancor nati mentre pacificamente (e contradditoriamente con lorientamento criticato) ammessa la risarcibilit del danno da costoro subito.

Una conferma della irrilevanza della attualit della relazione intersubiettiva la si ricava dalla giurisprudenza che si affermata in tema di danno c.d. riflesso (o di rimbalzo) subito da coloro che, pur non essendo stati direttamente lesi dal fatto illecito, si trovino in un significativo rapporto con la persona offesa o con il danneggiato tanto da subirne le (indirette) conseguenze. Questa giuri-sprudenza pervenuta, per esempio, a ritenere risarcibile il danno morale dei con-giunti di chi abbia subito per colpa gravi lesioni (si veda la citata Cass. 4852-1999 e ancor prima, nella giurisprudenza di merito, la citata Trib. Milano 13 maggio 1982 e Trib. Verona 31 gennaio 1994, in Foro it., 1994,1,2532) e sarebbe veramente arduo, in tali casi, sostenere (pur nel caso di coesistenza tra i due soggetti) lesistenza di una relazione intersoggettiva tra autore del fatto illecito e chi ha subito il danno riflesso.

In conclusione delle esposte considerazioni pu ragionevolmente affermarsi che il nascituro, concepito allepoca del fatto illecito, e che sia successi-vamente nato, personalmente titolare del diritto di azione per ottenere il risarcimento dei danni ingiusti provocatigli da tale fatto purch si verifichi la nascita e a decorrere da questo momento o da quello in cui si verificano gli effetti dannosi. Se la nascita non si verifica (per fatto colposo dellagente o per altra causa) il danno ingiusto (ovviamente nei confronti del nascituro) non sorge cos come nel caso in cui al fatto illecito (che abbia provocato danni al feto) sia stato posto rimedio e non permangano conseguenze al momento della nascita.

- omissis -

Danno verificatosi

dopo la morte dellautore dellillecito

Danno c.d. riflesso o di

rimbalzo

Conclusioni

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