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179 Capitolo V Disponibilità di acque superficiali: possibilità di regolazione degli invasi e possibilità di derivazione da traversa

Capitolo V Disponibilità di acque superficiali ... · dall’entità (massima) della portata derivabile rapportata alla portata media del corso d’acqua e dal livello di variabilità

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Capitolo V Disponibilità di acque superficiali: possibilità di regolazione degli invasi e possibilità di derivazione da traversa

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5.1 Generalità sulle curve di possibilità di regolazione degli invasi e curve di possibilità di derivazione da traversa 5.1.1 Le curve di possibilità di regolazione 5.1.1.1 Cenni della teoria La costruzione della curva probabilistica di possibilità di regolazione dei deflussi consente di determinare il volume d’invaso V necessario ai fini dell’erogazione di un volume annuo E generico, a meno di un prefissato rischio di deficit. La determinazione di V dipende essenzialmente dalla variabilità che caratterizza il regime delle portate e che condiziona fortemente la possibilità di sfruttare quote consistenti del deflusso naturale. Il metodo applicato è quello cosiddetto dei “periodi critici”, che ben si presta al caso di deflussi prevalentemente superficiali, cioè con quote trascurabili di apporto sorgentizio. 5.1.1.2 La regolazione pluriennale Per livelli di erogazione sufficientemente alti, corrispondenti a frazioni significative del deflusso medio annuo, può essere prioritariamente valutato il volume di compenso necessario a garantire la data erogazione globalmente su scala annua, prescindendo dalla variabilità dell’erogazione e dei deflussi all’interno dell’anno. Alla base della costruzione della curva di possibilità di regolazione pluriennale c’è il seguente concetto: per far fronte ad un deficit, rispetto all’erogazione, che si verifica con fissata probabilità in un anno singolo, occorre immagazzinare acqua nella capacità di compenso; se il livello di erogazione è elevato, tuttavia, la compensazione sul singolo anno (deflusso ‘minimo’ DΦ) può non essere sufficiente a garantire l’erogazione in più anni consecutivi, pur se in questi si ha un deflusso superiore a DΦ. Poiché la curva di possibilità di regolazione fornisce coppie (V,E) tali da consentire una erogazione E con fissato rischio di deficit, essa deve valere sia che il deficit sia dovuto ad un anno di scarsi deflussi sia che dipenda da un biennio, triennio, quadriennio etc., complessivamente scarsi. Va pertanto determinato il volume di compenso necessario per assicurare la data erogazione nei K anni (regolazione K-ennale) attraverso il calcolo dei valori, relativi alla probabilità Φ, delle variabili DK = media su K anni del deflusso D, con K variabile con continuità. Nella costruzione della curva si individua, quindi, il massimo tra i deficit relativi all’anno, biennio etc., di pari frequenza, per stabilire quale sia il volume di compenso necessario a garantire l’erogazione E alla data frequenza. La curva di possibilità di regolazione pluriennale ha pertanto espressione:

Vp,Φ = max|K [(K−p)E − K DK,Φ ]

dove p = deficit volumetrico ammesso una volta ogni K anni, ovvero percentuale del deficit sull’erogazione che è possibile ammettere una tantum in K anni. Detti R = rischio di deficit in un anno e RN = rischio di deficit in N anni, la probabilità cumulata Φ rispetto alla quale vanno determinati i minimi deflussi in K anni è pari a: Φ = R e Φ = RN , (5.1)

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Con: RN = 1 − (1−R)[1/(N−K+1)] (5.2) Tenendo conto che il deflusso annuo è distribuito con legge normale delle radici cubiche (vedi formule capitolo precedente), si ha: (DΦ)1/3 = µ(D1/3) + uΦ σ(D1/3) (5.3) mentre per DK,Φ vale: (DK,Φ)1/3 = µ(D1/3) + uΦ σ(D1/3) / K ] (5.4) Queste relazioni derivano dall’espressione: σ(DK) = σ(D)/ K (5.5) che è valida per variabile casuale Normale. La relazione che consente di determinare DK,Φ può anche essere approssimata da: (DK,Φ)1/3 = [µ (D)]1/3 [1 + (uΦ CVD) / (3 K)] (5.6) se si hanno a disposizione solo le statistiche dei dati non trasformati. Le grandezze fondamentali richieste per l’applicazione del metodo sono, pertanto: l’esponente della trasformata di Box-Cox, di cui si è detto al capitolo precedente, che definisce la distribuzione di probabilità del deflusso annuo, il valor medio e lo scarto quadratico medio della serie trasformata del deflusso annuo. Tali grandezze consentono di determinare la grandezza derivata: DK,Rn (deflusso medio in K anni disponibile con rischio Rn di deficit in N anni). 5.1.1.3 La regolazione stagionale Per erogazione non superiore a DΦ, (deflusso annuo ‘minimo’ con rischio Φ di non raggiungimento) il volume complessivamente disponibile annualmente è sufficiente a garantire, con rischio Φ di deficit, l’erogazione complessiva annua E. Guardando l’evoluzione mensile dei deflussi e delle erogazioni, tuttavia, si riconosce che la variabilità dei primi rende necessario accumulare volumi nei mesi invernali per compensare il deficit estivo. In queste condizioni si parla pertanto di regolazione stagionale. Il volume di compenso necessario alla regolazione stagionale è tanto maggiore quanto più sostenuta è la richiesta nei mesi estivi rispetto a quelli invernali. Dipende, quindi, fortemente, dalle caratteristiche dell’utenza (irrigua, potabile/industriale, promiscua). L’utenza irrigua è caratterizzata da una richiesta che si concentra nei mesi estivi. In questi mesi l’erogazione viene ripartita attraverso frazioni cj del volume E di erogazione annua, per cui l’erogazione nel mese j è pari a cj E.

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Volendo compensare la richiesta mensile a partire dal mese più sfavorito (quello di minor deflusso e maggior richiesta) e procedendo poi con il bimestre, trimestre, etc., il volume necessario risulta: Vs,Φ = max|k [Ek − dk,Φ] (5.7) dove: dk,Φ = Σk dj,Φ (5.8) è il deflusso complessivo disponibile in k mesi consecutivi (k = 1÷6) a meno del rischio Φ, e: Ek = Σk cj E (5.9) è l’erogazione nello stesso periodo. S’intende che risulta: Σk cj =1 (5.10) Per livelli di erogazione sufficientemente elevati si può tuttavia far direttamente riferimento al compenso sull’intera stagione irrigua, ottenendo: Vs,Φ = E − dΦ (5.11) ove con dΦ è indicato il deflusso nell’intera stagione secca (maggio-ottobre) disponibile a meno di un rischio Φ. La stagione secca, periodo nel quale i deflussi sono mediamente inferiori alla dodicesima parte del deflusso medio annuo µ(D), è stata qui valutata come compresa nel periodo maggio-ottobre. Un uso industriale o potabile della risorsa comporta prelievi sostanzialmente costanti nell’arco dell’anno. Per determinare il volume di compenso relativo alla data erogazione si fa riferimento alla sola frazione di erogazione di pertinenza dei mesi estivi, avendo quelli invernali medie superiori al dodicesimo di µ(D) e quindi tali da non richiedere compenso alcuno. E’ opportuno precisare che l’erogazione media mensile relativa all’utenza costante non può in nessun caso superare µ(D)/12, essendo quest’ultimo il limite idrologico di utilizzazione. Per utenza costante si ha, quindi, come compenso stagionale: Vs,Φ = 6/12 E − dΦ (5.12) Nell’uso promiscuo, infine, il compenso necessario si valuta in misura corrispondente all’incidenza delle diverse utenze. Detta, ad esempio, C% la percentuale di erogazione assegnata all’utenza costante, il volume Vs,Φsarà ricavato come: Vs,Φ = C% 6/12 E + (1−C%)E − dΦ (5.13) Laddove si voglia prevedere, in aggiunta al rischio di deficit, anche un deficit volumetrico di erogazione p prefissato, si opera sostituendo alla grandezza E la quantità E*=(1−p)E.

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5.1.1.4 La condizione iniziale del serbatoio La curva di possibilità di regolazione pluriennale assume che il solo disporre del volume di compenso corrispondente alla data erogazione sia sufficiente ad assorbire il deficit causato dal basso valore di deflusso. Ciò implica che il serbatoio si trovi in condizione di massimo invaso all’inizio dell’anno (idrologico) scarso. Tale assunzione contrasta con il fatto che necessariamente bisogna far fronte al deficit nella stagione secca precedente l’anno in questione, per cui l’ipotesi di serbatoio pieno ad inizio dell’anno è irrealistica. Un’ipotesi realistica è che il serbatoio abbia compensato, nella stagione secca precedente, un deficit estivo medio. Infatti, non c’è nessuna particolare ragione per cui prima di un anno (o di un K-ennio) critico la stagione secca debba essere anch’essa caratterizzata da bassi valori del deflusso. Per tener conto di questa particolare condizione iniziale del serbatoio, bisogna aggiungere al compenso pluriennale un compenso supplementare che porti in conto il deficit “strutturale” estivo. Tale termine supplementare, V*, sarà valutato come: V* = E − µ(d) Uso Irriguo V* = 6/12 E − µ(d) Uso Industr./Potab. (costante) V* = C% 6/12 E + (1−C%)E − µ(d) Uso Promiscuo 5.1.1.5 La regolazione totale Da tutte le premesse fatte risulta che, a partire dal valor minimo ammesso per l’erogazione, che è qui fissato pari al volume di deflusso stagionale corrispondente al rischio Φ di non superamento, il volume di compenso necessario a fornire una generica erogazione E, con rischio Φ di fallanza, corrisponde a: VΦ = max[Vp,Φ + V*, Vs,Φ ] (5.14) cioè all’inviluppo inferiore della curva di regolazione stagionale e di quella di regolazione pluriennale “corretta” con il fattore aggiuntivo V*. Si prende, cioè, il massimo compenso, a pari erogazione risultante, dalle due curve Vp,Φ+ V* e Vs,Φ. Per le ipotesi assunte in precedenza, il valore di compenso è nullo se l’erogazione è inferiore al valore dΦ di deflusso stagionale disponibile a meno di una probabilità Φ. 5.1.2 Le curve di possibilità di derivazione 5.1.2.1 Definizioni La derivazione delle acque da traversa comporta, nella quasi generalità dei casi, l’impossibilità di modulare i deflussi in arrivo onde assorbirne le variazioni a vantaggio della regolarità della derivazione stessa. La funzionalità dello schema traversa - canale di derivazione (quest’ultimo di solito denominato gronda) è quindi tanto maggiore quanto minori sono le oscillazioni naturali delle portate nel corso d’acqua. I pur minimi volumi di accumulo necessari al buon funzionamento idraulico delle derivazioni consentono tuttavia di riferirsi alle oscillazioni delle portate medie giornaliere (e talora settimanali) dei corsi d’acqua, prescindendo dalle portate orarie.

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Come si può facilmente intuire, il grado di utilizzazione delle fluenze naturali in una sezione dipende dall’entità (massima) della portata derivabile rapportata alla portata media del corso d’acqua e dal livello di variabilità delle portate, ad esempio medie giornaliere, in alveo. Risulta quindi utile considerare la massima portata derivabile di progetto in termini adimensionali, rapportandola alla media generale q delle portate del corso d’acqua per ottenere un rapporto di derivazione rd. Il valore di progetto di rd dovrà consentire, fermi restando requisiti di ordine idraulico e strutturale, di conseguire gli obiettivi idrologici e gestionali in base ai quali l’opera viene predisposta, obiettivi che sono ovviamente legati alla derivazione di un certo volume annuo di acqua. Nella pratica tecnica si procede di solito ad una valutazione solo parziale dell’efficienza della gronda al variare di rd, determinando la modalità con cui la portata media derivata E[Qrd] varia con rd. La curva (E[Qrd], rd) chiamata dall’Evangelisti curva di utilizzazione del corso d’acqua, può essere, infatti, agevolmente ottenuta dalla curva di durata riferita a tutto il periodo storico di osservazione. Va precisato che adoperando la curva di durata media del corso d’acqua, cioè quella, molto utilizzata, che si ottiene mediando tra le diverse curve di durata calcolate anno per anno, si otterrebbe un risultato diverso e meno corretto. Non sembra inutile osservare che, comunque, disponendo dei dati di portata media giornaliera, è immediato calcolare per via diretta il valor medio del volume derivato, mediante semplice sommatoria delle portate derivabili; queste ultime saranno pari a quella massima di progetto quando in alveo è presente una portata maggiore di questa, oppure a quella disponibile nel caso opposto. In considerazione del fatto che le curve (E[Qrd], rd) sono analoghe a quelle di possibilità di regolazione, in uso per il dimensionamento dei serbatoi, sembra opportuno che esse vengano indicate con il nome di curve medie di possibilità di derivazione dei deflussi. Tuttavia il dato medio determinato sull’intero periodo di osservazione ha una utilità relativa, in quanto non porta con sé alcuna nozione della variabilità da anno ad anno del dato di portata media annualmente derivata Qrd . Infatti, l’obiettivo idrologico, in termini di portata derivabile, va anche definito in base al rischio di non raggiungimento del volume che si vuole derivare connesso ad un dato rapporto di derivazione. È anche utile osservare che le curve medie di possibilità di derivazione forniscono un’indicazione del volume idrico realmente utilizzabile solo nel caso in cui i volumi derivati sono piccoli se confrontati con il volume di regolazione di un eventuale invaso recipiente. Nel caso contrario, infatti, per mancanza di capacità utile di detto invaso, i volumi derivabili potrebbero risultare non completamente invasabili, e quindi non utilizzabili. In ogni caso, la funzionalità e l’efficienza dei sistemi gronda - invaso recipiente rispetto a date ipotesi di utilizzazione dei deflussi andrebbero testate con specifici modelli di simulazione. Per quanto detto, sembra opportuno fissare come requisito di progetto quello di derivare una portata media annuale Qrd,Φ riferita ad un generico rapporto di derivazione rd e corrispondente a una probabilità Φ di non raggiungimento. Fissata la probabilità Φ, la curva che si ottiene per Qrd,Φ al variare di rd può definirsi curva probabilistica di possibilità di derivazione dei deflussi relativa ad una probabilità di deficit pari a Φ. Tale deficit si verifica in media una volta ogni T anni, essendo T = 1/Φ il periodo di ritorno del deficit di probabilità Φ.

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5.1.2.2 Determinazione delle curve probabilistiche in presenza di dati Nei sistemi idrici qui considerati, la valutazione dell’efficienza della derivazione eseguita mediante un impianto ad acqua fluente a servizio di una gronda può essere riferita ad una scala temporale annua (in questo caso ci si riferisce all’anno solare ma nulla cambia se l’aggregazione è fatta sull’anno idrologico). Il dato di deflusso derivato su base annua è rilevante in quanto i volumi vengono invasati e non direttamente consegnati all’utenza, per cui entrano nel meccanismo della regolazione degli invasi recipienti. L’analisi su base annua, inoltre, è utile perché semplifica le fasi di determinazione della distribuzione di probabilità dei volumi derivati, in quanto il processo di base è generalmente stazionario se considerato nell’intervallo annuale, e ciò consente di individuare più chiaramente alcune proprietà delle curve oggetto di questo studio. L’analisi probabilistica dei volumi derivati richiede innanzitutto che venga definita la variabile aleatoria di interesse, che è stata qui assunta come il rapporto tra la portata derivata media annua e la portata media che fluisce nel corso d’acqua, rapporto indicato con qrd, = Qrd / q. Data una serie storica di portate medie giornaliere e fissato il rapporto di derivazione, la serie delle portate adimensionali qrd per tutti gli anni a disposizione è ottenibile immediatamente determinando anno per anno il valor medio delle portate giornalmente defluite al disotto della soglia rd q. Le serie di qrd qui analizzate sono state dedotte dai dati di portata media giornaliera disponibili per tutte le stazioni idrometriche del Servizio Idrografico Italiano che hanno storicamente funzionato, con almeno 10 anni di osservazione, in Basilicata. L’analisi è stata impostata sull’ipotesi che la grandezza qrd sia distribuita con legge Normale, ipotesi che è emersa dall’osservazione in carta probabilistica delle frequenze cumulate di questa variabile, relative a ciascuna delle serie esaminate. Accertato che le serie in esame possono essere trattate come estratte da una popolazione Normale, la costruzione della famiglia di curve probabilistiche di possibilità di derivazione è immediata. Basta infatti adoperare le medie e le varianze delle serie qrd, ottenute al variare di rd, per calcolare i valori qrd,Φ per qualsiasi probabilità cumulata Φ, usando la relazione qrd,Φ = E[qrd] + uΦ σ[qrd] (5.15) in cui E[qrd] e σ[qrd] rappresentano rispettivamente la media e lo scarto quadratico medio di qrd , mentre uΦ è il valore che la variabile normale standard assume in corrispondenza della probabilità cumulata Φ. Operando in questo modo si possono costruire le curve probabilistiche di possibilità di derivazione per le sezioni di interesse, di cui un esempio è riportato nella figura 5.1, relativa alla sezione Basento a Gallipoli, approssimabile con la derivazione del Basento a Trivigno. 5.1.2.3 Regionalizzazione delle curve La disponibilità di dati di portata media giornaliera in sezioni di interesse rispetto ad un’ipotesi di derivazione delle portate è un’eventualità improbabile, da considerare come un’eccezione alla regola. Di norma, quindi, la costruzione delle curve di possibilità di derivazione viene ad essere effettuata in assenza di dati idrometrici diretti, adoperando criteri di similitudine idrologica che possono eventualmente derivare da un’analisi regionale della variabile in studio.

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L’analisi regionale tende ad individuare parametri omogenei su zone ben delimitate, oppure situazioni di dipendenza statistica tra parametri relativi al comportamento della variabile ed altre grandezze, fisiche o idrologiche, misurabili o stimabili per altra via. Da quanto riportato in precedenza per il caso di sezioni con dati, risulta evidente che i parametri delle curve di possibilità di derivazione da regionalizzare sono la media e lo scarto quadratico medio relativi ad ogni rapporto di derivazione. In particolare occorrerà identificare le modalità con le quali questi parametri statistici variano da sito a sito. Va segnalato, a tal proposito, che questo tentativo di regolarizzare gli andamenti ottenuti dall’applicazione della procedura sopra descritta risponde anche alla necessità di individuare pochi parametri in grado, da un lato, di attenuare alcune irregolarità delle curve, attribuibili a difetti di campionatura dovuti alla limitata lunghezza delle serie storiche disponibili, dall’altro di semplificare la ricerca di quelle grandezze di chiaro significato fisico-statistico che controllano l’andamento delle curve stesse. Per quanto riguarda la media E[qrd], nel campo dei valori di rd di interesse tecnico, è possibile ritenere valida una relazione del tipo: E[qrd] = α + β log rd (5.16) Dalle analisi effettuate risulta, inoltre, che i valori dello scarto σ[qrd] varino in maniera piuttosto casuale all’interno di una banda molto ristretta, evidenziando una tendenza all’omogeneità su una scala regionale, anche a fronte della presenza nella regione di bacini profondamente diversi sotto il profilo idrogeologico. 5.1.2.4 Analisi regionale della media e della varianza di qrd Data la possibilità di parametrizzare facilmente le relazioni E[qrd] e σ[qrd], la generalizzazione dell’espressione (5.16) per l’applicazione a sezioni fluviali prive di dati idrometrici richiede che i coefficienti α e β in essa contenuti vengano legati a variabili suscettibili di determinazione indiretta in funzione di caratteristiche idrologiche del bacino. Si sono quindi inizialmente ricercate relazioni tra le medie E[qrd] delle diverse stazioni ed i rispettivi coefficienti di variazione CV delle portate medie giornaliere. Le relazioni ottenute sono: α = 0.73 CV−0.49 (5.17) β = 0.32 − 0.031 CV (5.18) La (5.16) si può quindi esprimere compiutamente in funzione di CV, con minime semplificazioni, come: E[qrd] = (2CV)−1/2 + 1/3 (1−0.1CV) ln rd (5.19) Per quanto riguarda lo scarto σ[qrd] su base regionale è risultato che la dipendenza di σ[qrd] da rd non varia apprezzabilmente da stazione a stazione e può sempre essere espressa in termini del rispettivo valor medio pesato regionale σR [qrd]. Questa dipendenza è espressa dalla relazione:

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σR [qrd] = 0.10 + 0.09 ln rd (5.20) In definitiva, mediante la (5.19) e la (5.20), la (5.15) diventa: qrd,Φ = (2CV)−1/2 + 1/3 (1−0.1CV) ln rd + 0.1 uφ [1 + ln rd] (5.21) espressione immediatamente utilizzabile per il tracciamento delle curve probabilistiche di possibilità di derivazione in funzione del solo valore CV del coefficiente di variazione delle portate medie giornaliere. In termini dimensionali, le portate medie annualmente derivabili con un rapporto di derivazione rd e corrispondenti ad una probabilità di deficit pari a Φ saranno immediatamente calcolate tramite la relazione: Qrd,Φ = q ⋅ qrd,Φ (5.22) utilizzando la stima q della portata media generale del corso d’acqua. Il risultato a cui si è pervenuti costituisce uno strumento tecnico sufficientemente semplice e affidabile per la stima probabilistica dei volumi derivabili con un impianto ad acqua fluente. Infatti, sia la media che lo scarto quadratico medio delle portate medie giornaliere sono grandezze stimabili con buona affidabilità mediante analisi regionale. La stima regionale della prima di esse è stata sufficientemente studiata ed è stata, peraltro, oggetto di indagine nella prima parte di questo lavoro. 5.2 Curve di possibilità di regolazione degli invasi nelle diverse ipotesi di utilizzazione 5.2.1 La valutazione delle curve di possibilità di regolazione per le sezioni di interesse Con riferimento al caso delle sezioni considerate ‘di interesse’, in questo studio è stata effettuata la valutazione delle curve di possibilità di regolazione in accordo con il criterio di seguito descritto. Con riguardo alle sezioni sulle quali esistono invasi, si sono valutate le curve di possibilità di regolazione in base ai seguenti parametri: a) rischio di deficit pari a R=0.2 b) ipotesi di uso irriguo, potabile/industriale e promiscuo, a seconda dei casi. Le curve costruite per le suddette sezioni (Figg. 5.2-5.9) sono relative agli invasi di Acerenza, Basentello, Camastra, Genzano, Pertusillo, S. Giuliano e Monte Cotugno. Le ipotesi relative all’uso sono precisate come segue: • uso costante (potabile/industriale): si assegna consumo costante nei diversi mesi dell’anno e pari ad 1/12 dell’erogazione annua complessiva • uso irriguo: si assegna una legge di erogazione, con riferimento ai mesi presunti irrigui, attraverso i coefficienti cj descritti, per cui l’erogazione nel mese j è pari a cj E/12, con E=erogazione annua. Pur potendo disporre dei coefficienti calcolati attraverso i dati di erogazione gentilmente forniti dagli enti gestori di alcune delle dighe della Basilicata, si è preferito far riferimento alla legge di erogazione esposta nel prospetto che segue, che media i valori ottenuti dai diversi dati forniti.

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Coefficienti di ripartizione dell’erogazione per uso irriguo

GEN FEB MAR APR MAG GIU LUG AGO SET OTT NOV DIC

Cj 0 0 0.05 0.14 0.22 0.23 0.22 0.11 0.03 0 0

• uso promiscuo: in tale ipotesi, parte del volume è erogato stagionalmente per irrigazione e parte rifornisce una utenza costante. Fermi restando i coefficienti mensili da attribuirsi alla frazione di uso irriguo, il dato da assegnare qui è la percentuale di ripartizione tra i due usi. L’esame delle erogazioni fornite dagli invasi della Basilicata ci ha consentito di ipotizzare una percentuale C% realistica per quelli di essi ad uso effettivamente promiscuo. Tale percentuale si avvicina molto al 50%, valore che è stato qui usato per le elaborazioni. 5.2.2 Curve di possibilità di regolazione e bilanci idrici Le curve di possibilità di regolazione sono strumenti per la valutazione dell’effetto di modulazione esercitato dagli invasi sui deflussi naturali. Il loro impiego è necessario per determinare il livello di utilizzabilità della risorsa disponibile in una certa sezione in funzione delle dimensioni dell’invaso. L’insieme di queste determinazioni nell’ambito di uno schema di utilizzazione delle risorse idriche producono un bilancio idrico per lo schema. Prima di passare alle fasi operative di queste determinazioni, si ritiene utile premettere alcuni concetti generali sul significato statistico che va attribuito ai suddetti bilanci. I deflussi annui che si considerano sono legati ad un rischio di deficit, nel senso che esiste un rischio, stimato, che un determinato anno essi non si rendano disponibili. Se questo rischio, ad esempio, è del 20%, si può anche dire che i deflussi ad esso corrispondenti non vengono a realizzarsi, in media, solamente una volta ogni 5 anni. è però sempre possibile, proprio in base alla natura aleatoria del fenomeno ed al significato di media, che detti deflussi vengano a non essere raggiunti più volte in 5 anni. Potrebbe verificarsi cioè, per ipotesi, che l’anno successivo all’anno nel quale il deflusso ha assunto un valore D leggermente inferiore a D0.20, il deflusso assuma un valore ancora più basso, diciamo D0.10 (valore atteso, in media, una volta ogni 10 anni), e che l’anno ancora seguente si renda disponibile un valore ancora più basso, ad esempio D0.05 (valore atteso, in media, una volta ogni venti anni). è chiaro che, nell’ipotesi che detti valori dei deflussi siano stati ben stimati in senso probabilistico, ci si dovrebbe attendere negli anni a seguire valori dei deflussi considerevolmente maggiori, tali cioè che a quei valori D0.20, D0.10 e D0.05, precedentemente verificatisi, nel lungo periodo, corrispondano effettivamente frequenze di non superamento, rispettivamente, di una volta ogni cinque, dieci e venti anni. E’ utile aggiungere che, considerando nel suo insieme l’evento qui preso ad esempio, cioè la sequenza dei tre anni, ad esso corrisponderebbe una frequenza media di apparizione bassa (valutabile secondo le procedure indicate), senz’altro inferiore ad un triennio ogni dieci anni. Occorrerebbe cioè attendersi un triennio così siccitoso, per ipotesi, una volta ogni trenta, cinquanta, o più anni, in funzione del valore medio triennale di deflusso verificatosi. Nell’eseguire un bilancio, inoltre, occorre tener presente l’efficienza delle opere e le diverse possibili ipotesi gestionali della risorsa idrica. Proveremo, qui di seguito, a chiarire questi concetti. Un’opera di utilizzazione è tanto più efficiente, cioè consente un livello di utilizzazione dei deflussi annui tanto più elevato, quanto più è capace di rendere la curva cronologica delle disponibilità prossima alla curva cronologica delle richieste idriche. Nel caso, ad esempio, di un’utilizzazione di tipo irriguo, un

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invaso, capace di immagazzinare le fluenze invernali per poi erogarle nei periodi estivi, è senza dubbio più efficiente di una traversa, che è sostanzialmente priva di capacità di accumulo. L’efficienza sia dell’invaso che della traversa, però, viene ad essere aumentata se l’utilizzazione è di tipo industriale o potabile, con richiesta idrica anche nel periodo invernale. L’interconnessione degli schemi idrici aumenta ancora di più l’efficienza del complesso delle opere, nel senso che è possibile far confluire verso schemi con grosse richieste, e/o grosse capacità di accumulo, le fluenze in surplus di altri schemi idrici aventi limitate richieste e/o carenti capacità di accumulo. Un sistema idrico viene di norma dimensionato per fornire una determinata erogazione in presenza di una determinata disponibilità. Se il sistema contiene grossi invasi a regolazione pluriennale, esso è anche capace di far fronte ad una sequenza di anni, portata in conto nel dimensionamento, nei quali i deflussi scendono al di sotto del valore di erogazione richiesto. Un tale sistema viene posto in crisi quando si verificano deflussi globalmente inferiori a quelli presi a riferimento per il progetto. Negli anni nei quali i deflussi sono superiori a quelli di progetto, i surplus possono essere solo parzialmente utilizzati se gli invasi raggiungono nel frattempo il massimo livello di riempimento. Ciò comporta che, non esistendo un limite superiore per i deflussi, un sistema idrico capace di utilizzare tutti i deflussi che si rendono disponibili nel tempo, dovrebbe avere capacità di invaso infinite. In altre parole, per utilizzare, con rischio nullo di deficit, la portata media di un corso d’acqua, occorrerebbe avere invasi di capacità infinita. Per questo motivo il livello di utilizzazione dei deflussi di un corso d’acqua, inteso come il rapporto tra volume annuo mediamente utilizzato e deflusso medio annuo, è sempre inferiore all’unità. In Basilicata esistono opere, quali ad esempio l’invaso di Monte Cotugno o quello di Genzano, che, per le loro enormi capacità di invaso rapportate ai deflussi medi dei rispettivi bacini imbriferi, consentono livelli di utilizzazione comunque molto prossimi all’unità. Sono queste opere che consentono di aumentare l’efficienza dell’intero sistema idrico, invasando anche le acque in esubero provenienti da altri bacini. Le curve di possibilità di regolazione calcolate nel caso di utilizzazione costante (potabile-industriale) e promiscua (potabile-industriale + irrigua) mostrano che, con buone regole gestionali, il livello di utilizzazione medio dei deflussi superficiali può raggiungere localmente anche valori superiori all’80%. Inoltre, considerando il buon livello di interconnessione esistente con riferimento agli schemi attuali ed a quelli in via di realizzazione, si può ritenere che esso possa raggiungere, agli invasi, valori anche superiori. Con riferimento alle disponibilità, invece, valori del 20% inferiori al deflusso medio annuo si verificano, in media, una volta ogni 2 -3 anni; basti pensare che i valori, D0.20, che mediamente non vengono raggiunti una volta ogni 5 anni, sono dell’ordine di grandezza del 50 - 70% del deflusso medio annuo. Ne discende che, se per un bilancio si prendono a riferimento i valori D0.20 (o valori ancora più bassi), si può considerare che, nell’anno nel quale si verificano questi valori, il loro livello di utilizzabilità agli invasi è prossimo all’unità. Questo discorso potrebbe dar luogo ad un procedimento speditivo per la determinazione del volume idrico disponibile in bacini delimitati da un invaso, sempreché questo non sia particolarmente piccolo (in termini di volume utile) rispetto al volume medio annuo di deflusso naturale (come ad esempio nel caso dell’invaso del Camastra). In generale, invece, il volume annualmente disponibile per l’utilizzazione in corrispondenza di un invaso deve essere valutato attraverso le curve di possibilità di regolazione, muovendosi opportunamente tra le diverse ipotesi di distribuzione dell’erogazione nei diversi mesi dell’anno.

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In corrispondenza delle traverse, invece, il livello di utilizzazione è sempre più basso. Anche in anni in cui D è inferiore alla media, infatti, non è possibile utilizzare tutti i deflussi. Il livello annuale di utilizzazione, come mostrato nel capitolo seguente, è legato al rapporto tra portata massima di utilizzazione e portata media annua del corso d’acqua e dipende, inoltre, dal rischio di deficit che si vuole assumere. 5.3 Disponibilità di risorse degli schemi idrici lucani L’organizzazione delle risorse idriche della Basilicata, strettamente connessa a quella della regione Puglia, si articola in grossi sistemi idrici. Di questi schemi alcuni risultano ormai completi, altri mostrano configurazioni in via di completamento, altri ancora appaiono in via di realizzazione, ma altri, indubbiamente, meriterebbero di essere sottoposti ad una fase di studio più approfondita. Gli schemi più importanti sono quello del Sinni – Agri e quello Basento - Bradano - Basentello, ne esistono, però, una serie di altri di minore importanza che se oggi ancora non interagiscono con i due precedentemente menzionati potrebbero, in futuro, essere collegati, del tutto o solo in parte, con i sistemi principali. I risultati di questo studio consentono di effettuare i bilanci idrici (riassunto per schema delle risorse idriche effettivamente utilizzabili) fondati su diversi scenari costituiti dall’ammontare e dalla ripartizione dei fabbisogni di ciascuno schema idrico. Ciò sulla base della conoscenza delle disponibilità idrologiche (medie e con assegnato rischio di deficit) e dei livelli di utilizzazione possibili con le opere esistenti o da realizzare. 5.3.2 Criteri per la determinazione delle risorse idriche utilizzabili Come detto in precedenza, si farà riferimento ai deflussi annui che si rendono disponibili, in media, almeno una volta ogni cinque anni (D0.20 ). Una valutazione delle risorse competenti ad ogni schema, corrispondenti a rischi di deficit superiori a quello del 20% qui considerato (pari ad un periodo di ritorno di 5 anni) può predisporsi seguendo le operazioni di seguito esposte come si vedrà nel capitolo 8. Per gli invasi: 1. Determinazione del volume annualmente utilizzabile a partire dalle curve di possibilità di regolazione relative al rischio del 20%. Dalle ipotesi di utilizzazione considerate (uso irriguo, potabile, promiscuo) si ricavano tre valori, dei quali verrà usato, in assenza di chiare indicazioni sull’effettivo tipo di erogazione, quello relativo all’uso irriguo. 2. Se vi sono bacini interni sottesi da dighe, va sottratta la disponibilità per essi preventivamente calcolata. Nel caso di bacini interni sottesi da traverse, vanno sottratti i volumi da esse derivati, valutati come da punto 4 della lista seguente. 3. Vanno sommati i volumi provenienti da gronde, da collegamenti con altri invasi o da eventuali rilasci a monte. Per le traverse: 1. Determinazione della disponibilità idrica media annua Dm (in Mm3) sull’intero bacino sotteso. 2. Sottrazione di eventuali volumi intercettati in invasi o traverse a monte (v. punto 4) per individuare un nuovo volume di riferimento D’m. 3. Calcolo della portata media annua in m3/s [D’m/(31.5x106)] e del rapporto di derivazione rd (portata massima derivabile rapportata alla portata media).

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4. Individuata la sezione della quale verranno usate le curva di possibilità di derivazione, si seleziona quella corrispondente ad R=0.20 e si determina il livello di utilizzazione qrd dei deflussi (sulle ordinate) corrispondente al rapporto rd precedentemente calcolato. 5. Calcolo del corrispondente volume derivabile come prodotto di D’m e qrd. 6. Calcolo del volume non derivato (e quindi disponibile per successive utilizzazioni) come differenza tra la disponibilità idrica annua D0.20 relativa al bacino, totale o parzializzato (cioè sottratta del D0.20 di bacini interni sottesi da dighe) ed il volume derivabile D’m·qrd ricavato al punto precedente.

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Fig. 5.3

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Fig. 5.5

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Fig. 5.9