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Cari amici di Luce e Ombra, prima di tutto, i più sinceri auguri per un sereno e creativo 2015 da parte di tutti noi ! La Fondazione/Biblioteca Bozzano –De Boni di Bologna sta at- traversando una fase di ristrutturazione e nuovo ordinamento, e sempre più importante e preziosa è la vostra adesione, che ci consente di andare avanti, conservare, divulgare e ampliare i vastissimi materiali che ospita, svolgere una proficua attività cul- turale e tenere le Giornate di Studio. Vi chiediamo quindi di rin- novare la vostra adesione, che prevede l’invio di Luce e Ombra, unica rivista in Italia ad aver raggiunto il 115° anno di età, e di farla conoscere ai vostri amici e conoscenti che potrebbero esse- re interessati. Per poter proseguire serenamente il nostro lavoro, che tutti noi svolgiamo a titolo di volontariato, abbiamo bisogno di ampliare le adesioni, e per questo ci affidiamo a voi, confidan- do nella vostra generosità e iniziativa. Grazie! Veniamo ora ai contenuti di questo primo numero del 2015, che ci sembra ricco e interessante. Apre la rivista un breve ma intenso articolo di Padre Andreas Resch su una sua personale esperien- za di OBE, che ha avuto per lui conseguenze fondamentali. Segue l’inchiesta del prof. Erlendur Haraldson sulle apparizioni: un la- voro magistrale che in anteprima ha voluto affidare alla nostra rivista. Nella ricorrenza del centenario della nascita del medium Demofilo Fidani ne vengono poi ripercorsi, da parte di Silvio Ra- valdini e Paola Giovetti che l’hanno personalmente conosciuto, i lunghi anni di attività medianica, con la produzione di fenomeni eccezionali quali scrittura e voce diretta, levitazione del medium stesso e altro. Tre articoli, a forma Paola Giovetti, Gianfranco Cuc- coli e Maria Longhena sui suggestivi “Luoghi di forza” ricordano la Giornata di Studio che si è svolta a novembre 2014 nei loca- li della Fondazione. Altri articoli (L’angelo del dolore di S. Laghi, Omaggio a Piancastelli di M. Carraro, Parapsicologia in Egitto di A.Parra, un’intervista all’avvocato Maria Grazia Piccinini, la cui figlia morì nel terremoto de L’Aquila, e Accadeva ieri di Giulia P. Tenti dedicato a Giovanni Papini), il Notiziario e le Recensioni completano il fascicolo. Buona lettura e ancora auguri La redazione di Luce e Ombra

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Cari amici di Luce e Ombra,

prima di tutto, i più sinceri auguri per un sereno e creativo 2015 da parte di tutti noi !

La Fondazione/Biblioteca Bozzano –De Boni di Bologna sta at-traversando una fase di ristrutturazione e nuovo ordinamento, e sempre più importante e preziosa è la vostra adesione, che ci consente di andare avanti, conservare, divulgare e ampliare i vastissimi materiali che ospita, svolgere una proficua attività cul-turale e tenere le Giornate di Studio. Vi chiediamo quindi di rin-novare la vostra adesione, che prevede l’invio di Luce e Ombra, unica rivista in Italia ad aver raggiunto il 115° anno di età, e di farla conoscere ai vostri amici e conoscenti che potrebbero esse-re interessati. Per poter proseguire serenamente il nostro lavoro, che tutti noi svolgiamo a titolo di volontariato, abbiamo bisogno di ampliare le adesioni, e per questo ci affidiamo a voi, confidan-do nella vostra generosità e iniziativa. Grazie!

Veniamo ora ai contenuti di questo primo numero del 2015, che ci sembra ricco e interessante. Apre la rivista un breve ma intenso articolo di Padre Andreas Resch su una sua personale esperien-za di OBE, che ha avuto per lui conseguenze fondamentali. Segue l’inchiesta del prof. Erlendur Haraldson sulle apparizioni: un la-voro magistrale che in anteprima ha voluto affidare alla nostra rivista. Nella ricorrenza del centenario della nascita del medium Demofilo Fidani ne vengono poi ripercorsi, da parte di Silvio Ra-valdini e Paola Giovetti che l’hanno personalmente conosciuto, i lunghi anni di attività medianica, con la produzione di fenomeni eccezionali quali scrittura e voce diretta, levitazione del medium stesso e altro. Tre articoli, a forma Paola Giovetti, Gianfranco Cuc-coli e Maria Longhena sui suggestivi “Luoghi di forza” ricordano la Giornata di Studio che si è svolta a novembre 2014 nei loca-li della Fondazione. Altri articoli (L’angelo del dolore di S. Laghi, Omaggio a Piancastelli di M. Carraro, Parapsicologia in Egitto di A.Parra, un’intervista all’avvocato Maria Grazia Piccinini, la cui figlia morì nel terremoto de L’Aquila, e Accadeva ieri di Giulia P. Tenti dedicato a Giovanni Papini), il Notiziario e le Recensioni completano il fascicolo.

Buona lettura e ancora auguri

La redazione di Luce e Ombra

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ADESIONE ALLA FONDAZIONE

Aderire alla Fondazione Biblioteca - De Boni significa contribuire a gestire una delle più importanti biblioteche di ricerca psichica in Europa. La Biblioteca è un punto di riferimento insostituibile per studiosi, ricercatori e persone interessate alla tematica. A chi aderisce alla Fondazione viene inviata gratuitamente la rivista trimestrale Luce e Ombra, che ne è l’organo ufficiale. Luce e Ombra è la più antica rivista del settore, avendo festeggia-to i cento anni di vita nel 2000.

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Luce e Ombra, vol. 115, fasc. 1, gennaio-marzo 2015, pagg. 3-5

La mia esperienza fuori dal corpo

Andreas Resch

Il dr. P. Andreas Resch è professore emerito di psicologia clinica e para-normologia presso l’Accademia Alfonsiana di Roma, che fa parte dell’U-niversità del Laterano. E’ membro dell’Ordine dei Redentoristi, direttore dell’Istituto per le Zone Frontiere della Scienza di Innsbruck, titolare della casa editrice Resch Verlag, editore della rivista Grenzgebiete der Wissenschaft e di numerosi volumi sulle tematiche “di confine della scienza”. Desidero ringraziare Padre Resch, amico personale da tanti anni, per aver permesso di pubblicare su Luce e Ombra questa sua par-ticolarissima esperienza, che si riallaccia ad altre esperienze della stessa qualità e ha avuto per lui conseguenze fondamentali. (P.G.)

Nel maggio del 2013 mi trovai in condizioni di salute molto preca-rie a causa di una infezione com-pletamente sconosciuta che mi provocò una febbre altissima che potè essere abbassata solo dopo dodici giorni grazie alle cure di un infettologo della clinica universi-taria di Innsbruck. Dopo molte ri-cerche e un consulto dell’Istituto di Medicina Tropicale di Vienna, potè essere fatta una diagnosi e di conseguenza intrapresa una terapia. Questo spiega come mai mi sia trovato molto vicino alla morte.

Il 20 maggio 2013, completa-mente incapace di muovermi e indebolito all’estremo, ma pie-namente consapevole, mi trova- Andreas Resch

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4 Andreas Resch

vo nel reparto di cardiologia della clinica universitaria di Innsbruck, e riflettevo tra me e me. All’improvviso, in piena coscienza, per tutta la larghezza del mio letto nella stanza si aprì una pianura che poco per volta riempì tutto il mio orizzonte. Contemporaneamente vidi me stesso sotto forma di una piccola figura camminare in questa pianura che si dilatava con un contorno bruno fino al firmamento. Ed ecco che mi colse un sentimento infinito di libertà e ampiezza, senza alcuna li-mitazione del corpo e della stanza d’ospedale. Semplicemente ero in cammino con un sentimento completamente sconosciuto di felicità che abbracciava tutto. Sebbene vedessi me stesso camminare in quella pianura, il sentimento di felicità era così potente e coinvolgente che la mia figura divenne qualcosa di totalmente marginale, che si limitava a simboleggiarmi come individuo mentre il mio sentimento di felicità abbracciava tutto quell’orizzonte senza confini. Ero indescrivibilmen-te felice in quel mare di felicità.

Diversamente da altre esperienze fuori dal corpo che conoscevo, non percepii colori luminosi, oggetti o persone, ma soltanto un pano-rama aperto, privo di confini, nel quale mi vedevo muovermi; anche come osservatore ero pervaso da uno sconfinato sentimento di felici-tà, così forte che non esisteva più pensiero, volontà e visione, ma sol-tanto pienezza. Era una qualità totalmente nuova di felicità che non è possibile paragonare a nessun’altra esperienza consapevole nella vita nel corpo. Tutti i tipi di stati alterati di coscienza, come sogno, ipno-si, lucidità, estasi, psico-estasi e biostasi non sono paragonabili a quel sentimento. Non sono in grado di valutare per quanto tempo io sia rimasto in quella condizione, perché la mia percezione del tempo e dello spazio era svanita.

Lentamente la pianura nella quale mi muovevo e l’orizzonte di-vennero sempre più piccoli finchè mi ritrovai nel mio letto e nel mio corpo, con l’improvvisa sensazione di essere in una prigione. Fu uno schock sconfinato, la perdita totale della libertà e della felicità, che in un primo momento mi tolse ogni capacità di orientamento. La sensa-zione di limitatezza e di disagio fisico era così forte che non riuscivo a farmene una ragione. Tentai in ogni modo di ritornare a quella con-dizione senza spazio e senza tempo e di recuperare quel senso di feli-cità, ma fu inutile: inchiodato al tempo e allo spazio, dovetti prendere atto della mia impossibilità di muovermi a causa dell’infezione e della limitatezza del mio letto. Come è noto, le esperienze fuori dal corpo e quelle in punto di morte non possono essere stimolate, avvengono spontaneamente.

Questa limitatezza del letto e della stanza d’ospedale mi davano l’impressione di essere in un altro mondo. Solo molto lentamente di-

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La mia esperienza fuori dal corpo 5

venni consapevole della mia situazione reale. Mi rimase il ricordo di ciò che avevo vissuto, ma l’esperienza stessa era perduta. Con il tem-po ho catalogato quanto avevo vissuto come un’esperienza in punto di morte, tema del quale mi occupo da molti anni, e ho trovato piena corrispondenza con diverse casi di esperienza fuori dal corpo; nel mio vissuto mancavano tuttavia l’esperienza del tunnel, l’incontro con al-tre entità, la percezione di voci, canti o luci: tutto era concentrato sulla sensazione di felicità. Forse nel mio caso si era trattato di una estasi.

Anche accettando tutte le possibili critiche, non si può negare che esiste una dimensione esperienziale libera dalla corporeità, non para-gonabile ad alcuna forma di coscienza come il sogno, l’ipnosi, il senti-mento oceanico ecc. O forse si tratta di un incontro con l’Anima Mundi, o addirittura con la Trascendenza? Di una cosa sono assolutamente convinto: si è trattato di una esperienza sganciata da spazio e tempo, pervasa da una sensazione di felicità che può essere definita soltanto celestiale. Ora per me la morte non soltanto ha perso ogni aspetto ne-gativo, ma è divenuta speranza di un ritorno a ciò che già ho vissuto.

(Traduzione di P. Giovetti)

Summary Prof. P. Andreas Resch, director of the Institut fuer Grenzgebiete der Wissen-schaft (Innsbruck), describes in this short but intense article his particular out-of-body experience in a moment of serious physical desease; an experience of infinite happiness and love, where time and space did not exist and which let him lose any negative aspect of death.

AI LETTORI DI LUCE E OMBRA

Nell’ambito della ristrutturazione in atto alla FondazioneBiblioteca, abbiamo copie in eccedenza della rivista

Luce e Ombra a partire dal 1947 fino ad oggi.Chi fosse interessato ad averne, ce lo faccia sapere

tramite mail a: [email protected] cambio chiediamo le spese

di spedizione e un’offerta libera.

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Luce e Ombra, vol. 115, fasc. 1, gennaio-marzo 2015, pagg. 6-20

Inchiesta sulle apparizioni

Erlendur Haraldsson

Il professor Erlendur Haraldsson è nato a Reykjavik (Islanda) e ha la-vorato come giornalista e scrittore. Ha studiato psicologia a Monaco e a Friburgo in Germania e si è laureato col prof. Hans Bender. Ha svolto una vasta attività di ricerca e insegnamento presso il dipartimento di psichiatria dell’Università di Charlottesville (Virginia, USA); dal 1973 è docente di psicologia all’Università di Reykjavik. Attualmente è profes-sore emerito. Autore di numerose pubblicazioni sui temi delle esperienze in punto di morte e delle apparizioni, il prof. Haraldsson ci ha permesso di pubblicare questo suo studio su casi di apparizioni nel suo paese di origine. (P.G.)

Più di cento anni fa i fondatori della So-ciety for Psychical Research (SPR) fecero il primo studio sistematico sulle appari-zioni1. Con la loro accuratissima analisi giunsero alla constatazione che le appa-rizioni erano frequenti e che le persone che facevano questo tipo di esperienza erano sane e normali.

Un’altra constatazione fu che alcu-ne di questa “allucinazioni” o fantasmi, come li chiamarono, sembravano ave-re una base reale. Alcune dipendevano da eventi che si erano verificati in altri luoghi. Queste “allucinazioni veridiche” furono distinte dalla massa di allucina-zioni senza base reale. Esse sembrava-

no essere più di “semplici allucinazioni”: si collegavano infatti a un

1 Gurney/Myers/Podmore: Phantasm of the Living (1886). H. Sidgwich & Committee: Report on the census of hallucinations (1894)

Erlendur Haraldsson

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Inchiesta sulle apparizioni 7

evento esterno e risultavano di notevole importanza per il percipiente. In questi casi i percipienti hanno la visione di una persona che cono-scono e soltanto in seguito vengono a sapere che proprio nel momento della loro visione questa era inaspettatamente morta. Nelle allucina-zioni veridiche un’informazione ignota al percipiente sembra agire su di lui in maniera inspiegabile. Certe allucinazioni veridiche sono col-lettive, cioè vengono percepite contemporaneamente da più persone.

Fin dalla prima indagine della SPR le allucinazioni veridiche hanno dato spunto a discussioni e speculazioni. Studiosi di impostazione teo-retica e pratica hanno discusso su come esse debbano essere interpre-tate e fino a che punto siano meritevoli di credito. I casi più eclatanti sono rimasti senza spiegazione e non pochi scienziati le hanno inter-pretate come una possibile risposta al problema della continuazione della vita dopo la morte fisica.

Nel 1975 l’autore realizzò in Islanda una vasta inchiesta sulle espe-rienze e le credenze religiose e paranormali. Agli intervistati veniva posta questa domanda: “Ha percepito o sentito la presenza di una per-sona defunta?” Le risposte positive furono il 31% (36% donne, 24% uomini). Un’analoga inchiesta condotta nel 1976 negli USA da McCrea-dy e Greeley (The ultimate value of the American population) dimostrò che l’alta percentuale di contatti con i defunti non era una caratteristi-ca specifica dell’Islanda: la percentuale di risposte positive fu infatti del 27%. In seguito questo aspetto fu integrato nell’European Human Value Study: nell’Europa occidentale il 25% degli intervistati riferì di contatti con i trapassati, negli USA nel 1987 la percentuale salì al 41%. Persino nella Cina comunista il 40% degli studenti universitari disse di aver avuto esperienze di contatto con i trapassati. Nessuno di questi studi riporta però il racconto delle esperienze.

Il presente studio tratta di un progetto che ha richiesto molti anni di lavoro per essere condotto a termine. Nel 1974 conducemmo uno studio rappresentativo di esperienze parapsicologiche in Islanda: il 31% riferì di incontri con defunti. Una ulteriore inchiesta è del 1985; il presente lavoro comprende 337 casi.

Di che genere sono queste esperienze di cui parla una parte non trascurabile della popolazione? Come vengono percepiti i defunti? Quali sensi sono coinvolti? E’ vero che, come dice la voce popolare, queste esperienze avvengono per lo più in ambiente buio e cupo? E’ vero anche che questi eventi si verificano soprattutto quando le perso-ne piangono una persona cara scomparsa e quando si trovano in dor-miveglia o in stato di riposo? Chi sono i defunti e quali caratteristiche mostrano? Esistono le apparizioni veridiche? Quante sono le appari-zioni percepite collettivamente?

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Metodi di indagineI partecipanti all’inchiesta erano per lo più della regione di Reykjavik e di Akureyri; dei 337 intervistati 186 erano uomini e 151 donne; il 29% aveva frequentato solo la scuola d’obbligo, il 58% la scuola superiore e il 13 % l’università. L’età era molto varia: 11% erano al di sotto dei 29 anni, il 25% tra i 30 e i 59, il 18% tra 60 e 69 e il 17% aveva più di 69 anni.

30 domande del questionario che abbiamo utilizzato riguardavano il contenuto e le circostanze della percezione: la forma sensoriale con cui la persona defunta era stata percepita, in che maniera la persona era apparsa e poi scomparsa, condizioni di luce, ora, durata dell’appa-rizione, quando era avvenuta, fino a che punto l’evento era sembrato reale ecc.

20 domande si riferivano all’apparizione stessa: se era stata rico-nosciuta dall’osservatore, se era sua parente, di che sesso era, che età aveva al momento della morte, causa della morte, circostanze di vita della persona defunta ecc.

36 domande si riferivano direttamente all’osservatore: cosa stava facendo al momento dell’apparizione? In che condizioni psicofisiche si trovava? Era in lutto per la morte della persona defunta? Era da solo e insieme ad altri? Nel caso che fossero state presenti altre persone – avevano avuto anche loro la stessa apparizione? Che effetto aveva avuto l’evento sull’osservatore? Che rapporto aveva col paranormale prima dell’evento?

Per raccogliere le testimonianze si era proceduto in questo modo: nel 1980/81 a cinque riviste popolari fu accluso un breve questionario di una sola pagina: si trattava di due giornali per i pescatori e l’indu-stria del pesce (5800 abbonati); due riviste di spiritismo, medianità, teosofia e nuovi movimenti religiosi (3000 abbonati) e una rivista let-ta prevalentamente dalla gente di campagna. La domanda che pone-vamo era questa: “In stato di veglia, avete avvertito o sperimentato la presenza di una persona defunta?”

Se la risposta era sì, ponevamo altre domande: se avevano avuto un’apparizione, se avevano sentito la voce di una persona defunta, udito un rumore, avvertito un contatto e comunque sentito in qualche modo la presenza di una persona defunta. Chiedemmo anche nome, indirizzo e numero di telefono.

Ottenemmo 700 questionari con risposte positive. Alcuni riguarda-vano casi che non rientravano nel nostro programma, come sogni o esperienze con i medium, e furono subito scartati. Con gli altri facem-mo lunghe interviste telefoniche, che registrammo su nastro: questo lavoro si protrasse fino al 1986. Sebbene desiderassimo avere lo stes-

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so numero di testimoni maschi e femmine, alla fine il numero dei ma-schi risultò maggiore di quello delle femmine. Nei casi di visioni collet-tive, intervistammo anche le altre persone coinvolte; avemmo inoltre la possibilità di verificare i dati che i testimoni ci davano attraverso la vasta documentazione sulla popolazione islandese custodita presso l’Università d’Islanda.

L’Islanda è ricca di fiumi e cascate

RisultatiI contatti con i defunti di cui ci parlarono i nostri intervistati erano avvenuti in maniere molto diverse. Per il 90% si trattava di impressioni di carattere sensoriale, cioè visuale, auditiva, tattile, olfattiva o mista. Nel 10% dei casi c’era stata soltanto una forte sensazione di presenza.

Le percezioni visuali sono le più numerose e costituiscono il 60% dei casi. Molto diverso il contenuto, come mostrano questi esempi:

“Avvenne tre anni fa. Sedevo in giardino e leggevo un libro. Quando alzai lo

sguardo vidi mia nonna defunta davanti a me, così come era in vita. Il giorno dopo lo raccontai a mia madre, che disse: ‘Ma è bellissimo! Ieri era il suo com-pleanno!? Io l’avevo dimenticato”.

“Avevo da poco cominciato a lavorare in una fabbrica quando all’altra estre-mità della macchina della quale mi stato occupando vidi passare un uomo. Andò verso una parete nelle vicinanze della macchina e poi tornò indietro. Volli vedere chi fosse, ma non riuscii a trovare nessuno. Quando lo raccontai ai miei

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collaboratori e descrissi l’uomo, loro rimasero convinti che si trattase di un’en-tità che era stata visualizzata anche da altri. Si trattava del precedente diretto-re della ditta, che si era suicidato”.

“Nel febbraio del 1960 portai mia moglie all’ospedale. Era malata da setti-

mane. Andai a trovarla la sera stessa e vidi che indossava una camicia da notte blu. Speravo di rivederla il giorno dopo, ma lei morì quella notte. Il giorno dopo venne mia nuora per scegliere un abito per la sepoltura. Il giorno dopo ancora arrivai a casa tardi e presi il Libro dei Salmi per scegliere i salmi per il funerale. Improvvisamente mi vidi davanti mia moglie, circondata da una luce bianca ovale. La vidi molto chiaramente: teneva le mani sul colletto della camicia da notte, non quella che le avevo visto addosso l’ultima volta, ma una rosa chiaro che portava solo raramente. Mi spavantai e lei scomparve. Non sapevo che cosa avesse scelto per lei mia nuora, ma risultò che aveva scelto proprio quella ca-micia rosa.”

L’80% delle apparizioni visuali furono viste a occhi aperti; nel 7% dei casi

il percipiente vide la persona defunta come con l’occhio spirituale, mentre nel 4% dei casi non risultò chiaro se l’apparizione era stata percepita inte-riormente o esteriormente, come nel caso che segue:

“Da ragazza presi in affitto a Reykjavik una stanza che in precedenza era stata un deposito per legna da ardere e nella quale prima di me non aveva an-cora abitato nessuno.

Una cascata nella verdissima campagna islandese

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Inchiesta sulle apparizioni 11

Non possiedo doti di sensitività, tuttavia poco per volta cominciai a rendermi conto che in quella stanza c’era una persona, un uomo, una presenza benevola, Quando venne l’inverno, cominciai poco per volta a scoprire che aspetto aveva. Era un uomo gentile, e io sentivo che mi chie-deva incessantemente di pregare per lui. Una sera avevo spento la luce e mi ero voltata verso la parete per dormire; ed ecco che mi resi conto che qualcuno mi copriva, come fa una mamma col suo bambino. Era quest’uomo, che si curvava su di me e insieme mi chiedeva di pregare per lui. Non udii parole, era piuttosto come se io fossi penetrata da un messaggio, così almeno mi sembrò…non so come spiegarlo…Compresi il messaggio sebbene non venisse espresso a parole. Quando andai a paga-re l’affitto il padrone mi chiese schrzando se nella stanza avevo notato qualcosa. Subito sua moglie lo rimproverò dicendo che non doveva porre domande del genere. Io non ebbi esitazioni e dissi: ‘Sì, nella mia came-ra c’è un uomo, un uomo giovane, molto cordiale’. Lui sembrò irritato e mi chiese perché dicessi una cosa del genere. Io ripetei che l’uomo era cordiale, si occupava di me e io non avevo problemi. Lui allora mi chiese di descrivere quell’uomo e io lo feci: portamento sicuro, capelli ricciuti, fisionomia insolita che descrissi dettagliatamente. Il padrone di casa fu molto stupito e mi guardò incredulo. Mi chiese se sapessi che cosa era successo in quella stanza e io risposi che non ne avevo la minima idea. Lui allora rispose: ‘In quella stanza molto tempo fa un uomo si è suici-dato e la sua descrizione gli si attaglia perfettamente’. Tutto questo non mi turbò, sentivo che era una presenza benevola e che mi era grata delle mie preghiere”.

Anche le percezioni uditive sono frequenti: il 28% delle esperienze

sono di questo tipo. Ecco due casi raccontati da pescatori che erano stati messi in guardia da un pericolo che li minacciava:

“Ero giovane ed era a pesca da solo su una piccola barca. All’improv-viso sentii una voce che mi diceva in tono di comando di lasciar stare le esche e di remare verso terra. La sentii molto chiaramente. Feci come mi era stato ordinato senza sapere perché. Appena fui entrato in porto si alzò improvvisamente una violenta tempesta, tanto che faticai ad at-traccare. Non riconobbi la voce, ma in seguito la misi in relazione con mio fratello che era annegato in mare poco tempo prima”.

“Mi trovavo su una barca da pesca, il tempo era tempestoso e pio-veva, tuttavia avevamo gettato le reti e dovevamo essere svegliati la mattina dopo alle sei. Io dormivo con gli altri nella piccola cabina, un uomo stava di sorveglianza. Alle cinque circa io e gli altri ci svegliammo quando qualcuno gridò: ‘Alzatevi!’ Andai alla porta della cabina e chiesi

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all’uomo di guardia se aveva chiamato. Lui disse di no, era ancora pre-sto. Mi rimisi nella cuccetta e non mi era ancora addormentato quando qualcuno gridò di nuovo:’Alzatevi! Volete alzarvi dunque!’ Era come se qualcuno gridasse ad appena due metri di distanza. Ci svegliammo tutti e saltammo dal letto, cosa che mi colpì, perchè in genere i marinai non reagivano così prontamente. Dissi al macchinista di mettere in moto e di manovrare in modo da recuperare le reti. Quando lui entrò nella sala macchine si accorse che la dinamo aveva preso fuoco. Solo a fatica riu-scì a togliere la corrente e a bloccare tutto. Sono convinto che se fosse arrivato più tardi le fiamme ci avrebbero avvolto e ci sarebbe stata un’e-splosione. Non riconobbi la voce che si esprimeva alla tipica maniera dei marinai. Ho però motivo di ritenere che fosse il mio defunto nonno”.

Non di rado (30% dei casi) si tratta di percezioni auditive che ripro-ducono caratteristiche tipiche della persona defunta in oggetto:

“Poco tempo dopo la morte di mio padre andai a casa sua con mio fratello. Sapevamo che non c’era nessuno. Ed ecco che udimmo il nostro anziano padre al piano di sopra alla sua scrivania; poi si mosse, andò in giro per la stanza, aprì la porta e la richiuse. Noi ci fermammo e rima-nemmo in ascolto. Dissi: ‘Non c’è alcun dubbio, è lui!’ E mio fratello: ‘E’ chiaro come il sole…!’ Salimmo ma non trovammo nessuno. E tuttavia l’avevamo sentito senza possibilità di dubbio. Aveva 85 anni quando era morto, aveva il tipico passo strascicato degli anziani”.

Prendemmo subito contatto col fratello il quale ci confermò che ri-cordava benissimo quel fatto. Quando gli leggemmo il racconto sopra riportato confermò ogni cosa.

Nel 13% dei casi si è trattato di percezioni tattili, della sensazione di essere toccati. Due terzi di queste percezioni erano collegate ad altre percezioni di tipo diverso. Ecco un esempio:

“Mia madre e mio suocero morirono a pochi mesi di distanza uno dall’altro e io percepii uno di loro, credo che fosse mia madre. Ero sedu-to davanti a un tavolo e stavo lavorando quando sentii qualcuno venire verso di me da dietro, chinarsi su di me e toccarmi forte le spalle. Dappri-ma pensai che fosse qualcuno della casa: mi voltai, ma non vidi nessuno. Allora mi resi conto di cosa era stato…una presa fredda e solida! Rimasi molto colpito e mi alzai di scatto pensando che forse qualcuno aveva cercato di consolarmi dato che era piuttosto depresso. Avevo la sensa-zione precisa che qualcuno fosse venuto a confortarmi…Non ho mai più avuto un’esperienza del genere.”

Il caso che segue unisce percezione auditiva, visuale e tattile:

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Inchiesta sulle apparizioni 13

“Nella notte successiva alla morte di mio marito non riuscivo a dor-mire. Ero a casa nel mio letto e mi sentivo molto sola. Improvvisamente mi resi conto che lui era accanto al letto. Sembrava avvolto nella neb-bia. Lo vidi e sentii una mano che mi accarezzava i capelli mentre lui recitava un paio di versi di una famosa poesia che diceva quanto fosse bello riposare e poi un giorno destarsi colmi di gioia eterna. Dopo questa esperienza mi sentii completamente cambiata”.

Le esperienze olfattive sono quelle meno rappresentate, soltanto il 4%. Alcuni casi di questo genere sono veramente molto interessanti anche se nella letteratura non è mai stata prestata loro molta attenzio-ne. Ecco tre casi:

“Vivevo a Sandgerli, dove da due mesi avevamo comprato una casa. Mio marito era al lavoro, io ero sola a casa. All’improvviso vidi un uomo entrare dalla porta anteriore e andare in cucina. Tutto avvenne in piena luce e svanì velocemente. Subito dopo percepii un forte odore di liquo-re. Io non faccio mai uso di alcool. Arrivò mio marito e chiese chi fosse venuto in visita. Gli risposi che non era venuto nessuno. ‘Ma qui c’è un fortissimo odore di liquore!’ Io insistetti nel dire che non era venuto nes-suno. Quando il giorno dopo mio marito venne a cena, disse: ‘Non c’è da stupirsi che ieri sera ci fosse in casa tanto odore di liquore. Erlingur, dal quale abbiamo comprato la casa, si è perso ieri nel Siglufjord.’ Erlingur aveva l’abitudine di bere molto alcool e si temeva che fosse caduto nel porto e fosse annegato. Due settimane più tardi il mare portò a terra il suo cadavere. Al momento della mia apparizione non avevo idea di quel-lo che era accaduto.”

“Scesi dal letto e sentii improvvisamente un ben preciso profumo, quello che usava sempre mia moglie, che era morta già da qualche tem-po. Per quel profumo non c’era spiegazione ne’ motivazione: io penso che mia moglie volesse attirare la mia attenzione su di lei e in questo modo confortarmi”.

Mia nipote morì di cancro ai polmoni. Le persone con questa malattia hanno un cattivo odore, l’odore di qualcosa che va in putrefazione. Una domenica mattina, qualche tempo dopo la sua morte, sentii molto chia-ramente in cucina, dove stavo lavorando, questo cattivo odore. Mi guar-dai intorno cercandone la causa, ma non trovai niente. Un’ora dopo suo marito venne inaspettatamente a trovarmi: io misi subito in relazione i due fatti. Non pensavo a lei, perché dalla sua morte era passato parecchio tempo, almeno un anno. Era lo stesso odore che aveva addosso quando era gravemente ammalata. Pensai a lei solo quando arrivò suo marito”.

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14 Erlendur Haraldsson

Circa il 10% delle persone raccontarono fatti che consistevano sem-plicemente in una forte sensazione di presenza. Ecco qualche esempio:

“Avevo dei problemi agli occhi e non mi sentivo bene.. Una mattina – ero sveglia ma con gli occhi chiusi – ebbi l’impressione che la mia de-funta madre fosse accanto al mio letto. Lei si curvò su di me e io credetti anche di sentire il suo respiro. Ero sveglissima ma non volevo aprire gli occhi perché ero sicura che non l’avrei vista. Sono certa che lei fosse là e controllasse lo stato dei miei occhi. Per tutto il tempo che rimase sapevo che era curva sul mio viso”.

“Mi ero appena alzato. Una donna defunta, che avevo conosciuto bene, venne da me e mi prese tra le braccia. Questa percezione durò solo alcuni secondi. Quando lo raccontai a mia figlia, lei mi disse: ‘La notte scorsa anche io l’ho sognata’.

“Ero in campagna e volevo far visita a mio nonno. Il viaggio era pia-cevole e non avevo fretta: avevo intenzione di fermarmi per due giorni a Blanda. All’improvviso avvertii la presenza di mio nonno accanto a me. Immediatamente pensai che fosse morto, andai all’ufficio postale e telefonai. Mi fu confermato che era morto il giorno prima”

Un vulcano islandese in attività

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Inchiesta sulle apparizioni 15

Circostanze delle esperienze La nostra inchiesta non fornisce alcuna conferma della credenza co-mune che le apparizioni si presentino prevalentemente nell’oscurità o al crepuscolo. La metà dei casi (52%) è avvenuta o in piena luce del giorno (36%) o con la luce elettrica, il 33% al crepuscolo, il 10% al buio e circa il 4% in condizioni variabili.

Si ritiene anche che le apparizioni si presentino di frequente quan-do la coscienza non è pienamente attiva oppure si trova in stato di rilassamento. Nella metà dei nostri casi (49%) il percipiente era al la-voro o comunque in qualche modo attivo. Il 22% stava riposando. Una percentuale del 28% ha avuta la sua esperienza subito prima di ad-dormentarsi o al risveglio, sovente in maniera molto forte. Il caso che segue si verificò al risveglio di un uomo sulla barca da pesca:

“Avvenne nell’estate del 1966. Mi trovavo tra veglia e sonno, ma di colpo mi svegliai completamente. Vidi un uomo accanto alla stufa della cabina, chino su di essa, intento a fare qualcosa. Notai che l’uomo non faceva parte dell’equipaggio; mi mossi per controllare ma in quel mo-mento lui scomparve. In seguito venni a sapere che era morto bruciato in quella stessa cabina. Non era morto tra le fiamme, era stato soffocato dal fumo. Ricordo benissimo che indossava un pullover blu e aveva una sciarpa intorno al collo. La mia descrizione corrispondeva esattamente a quanto sentii dire in seguito su di lui”.

Nella letteratura sulle apparizioni si legge che il lutto è una della cause principali, se non la causa delle percezioni. Tra i nostri perci-pienti soltanto il 21% era in lutto quando aveva avuto l’apparizione. Le apparizioni sembrano quindi relativamente indipendenti dallo sta-to di coscienza della persona che le percepisce.

La maggioranza degli incontri (84%) riguardava persone note al percipiente. Più o meno la metà dei defunti (46%) erano parenti, il 24% conoscenti, il resto (30%) estranei che furono identificati soltan-to in seguito sulla base di informazioni.

Sorprendentemente le apparizioni erano soprattutto di uomini (67%).

Incontri con persone morte di morte violentaNel caso che segue la persona percepita aveva commesso suicidio:“Jakob era ricoverato in un sanatorio nel quale lavoravo. Era depresso e io cercavo in tutti i modi di rendere il suo soggiorno più piacevole.Un giorno lo invitai a farci visita a casa: lui era originario della stessa regione di mio marito e avrebbero potuto parlare insieme di tante cose. Lui accettò volentieri e promise di venire il giorno dopo. Quella notte mi

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16 Erlendur Haraldsson

svegliai con la sensazione di essere totalmente priva di forze. Ero come paralizzata. All’improvviso mi accorsi che la porta della camera da letto si apriva e sulla soglia c’era Jakob col viso coperto di sangue. Lo guardai per un bel pezzo, incapace di parlare o di muovermi. Poi lui scomparve e io ebbi l’impressione che chiudesse la porta dietro di sé. Tornai in me, svegliai mio marito e gli raccontai quello che avevo visto. ‘Sono certissi-ma che al sanatorio è successo qualcosa!, gli dissi. Appena si fece giorno telefonai e chiesi notizie di Jakob. Mi fu risposto che durante la notte si era tolto la vita”.

Interrogammo il marito il quale ci confermò che sua moglie l‘aveva svegliato verso la mezzanotte e gli aveva raccontato quello che aveva visto. Fino alla mattina non avevano saputo niente del destino di Jakob. La percipiente, che intervistammo nel 1982, non conosceva il cognome di Jakob. Dopo ulteriori ricerche riuscimmo a identificare Jakob e ad avere altre notizie su di lui. La mattina dell’8 ottobre 1962 si scoprì che Jakob era scomparso dalla sua camera. Fu chiamata la polizia e poche ore dopo lo si trovò a qualche centinaio di metri sotto il ponte del fiume che passava vicino al sanatorio. Era affogato. Aveva due grandi ferite alla testa e gravi fratture al cranio, il che spiega come mai la percipiente l’avesse visto col viso coperto di sangue. Il fiume scorre tra rocce laviche molto frastagliate, certamente responsabili delle ferite alla testa. Una ragazza che lavorava al sanatorio e che a mezzanotte stava tornando a casa da una serata danzante, aveva incontrato Jakob, il quale le aveva detto che era uscito dalla sua stanza dalla finestra. Prima di sparire nel buio, aveva detto alla ragazza di portare i suoi saluti a sua moglie.

La nostra indagine ha mostrato che un numero molto alto di ap-parizioni (30%) riguardavano casi di morte violenta (incidente 23%, suicidio 4,49%, assassinio 5%). Più o meno la stessa proporzione si riscontra nella già citata inchiesta Phantasm of the Living: la morte violenta sembra quindi essere un fattore predisponente delle appari-zioni. Risulta anche che nei casi di morte violenta si modifichi alquan-to il rapporto tra percipiente e percepito; cioè chi percepisce è spesso un estraneo, o quasi estraneo, rispetto all’apparizione. Al contrario nei casi di morte naturale il rapporto tra percipiente e percepito risulta più stretto (parenti, amici intimi e così via).

Incontri in prossimità della morteUn’altra caratteristica importante degli incontri con i trapassati ri-guarda la frequenza delle apparizioni in prossimità della morte. Nel 14 % dei casi in cui l’ora della morte era nota, si è constatato che l’in-contro era avvenuto nel giro di 24 ore prima o dopo l’evento. Nella

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Inchiesta sulle apparizioni 17

metà dei casi (7%) nel giro di un’ora. Ancora più sorprendente è il fatto che nella maggioranza dei casi (86%) la persona che aveva avu-to l’apparizione non sapeva che la persona che aveva visto era morta o morente. Addirittura nelle apparizioni avvenute nel giro di un’ora l’89% dei percipienti ignorava totalmente la morte della persona per-cepita. Ecco due esempi:

“Mia moglie ed io avevamo in affido una bambina di due anni e mez-zo. Una notte mi svegliai con l’impressione che accanto al letto ci fosse una donna che mi disse. ‘Mi chiamo Margret’. Poi scomparve attraverso la porta. Guardai l’orologio e vidi che erano esattamente le 3,30. Il gior-no successivo venni a sapere che la nonna della bambina, che abitava in una regione lontana, era morta improvvisamente di infarto esattamen-te a quell’ora. Si chiamava Margret. Io non sapevo nulla del suo stato di salute e non ricordavo il suo nome. In vita mia non l’avevo mai vista”.

La moglie del percipiente ci confermò che suo marito le aveva rac-contato il fatto subito la mattina dopo, prima di sapere della morte di Margret.

Il caso che segue ebbe come protagonista un noto parlamentare:“Sono stato per 18 anni membro del Parlamento e in questo periodo

ho avuto contatti con molte persone con cui ero in ottimi rapporti. Una di queste era Karl Kristjansson. Eravamo amici e anche dopo il nostro pensionamento rimanemmo saltuariamente in contatto. In un giorno d’inverno, come facevo di solito dopo pranzo, andai nella stalla e mi misi a lavorare: dopo un poco mi resi conto all’improvviso che Karl era davanti a me e mi diceva una cosa strana: ‘Sei stato fortunato, ce l’hai fatta!’ Poi scomparve. La sera stessa la radio annunciò la sua morte. Venni a sapere anche che era stato colto da infarto ed era stato portato nell’ospedale civile di Reykjavik, dove era morto. Un anno prima anch’io ero stato portato in quell’ospedale in seguito a un infarto, ma fortunata-mente mi ero ripreso e diversamente da lui ero tornato a casa. In questo contesto mi furono chiare le sue parole:’Sei stato fortunato!’.”

Scopo e significato delle apparizioniIl caso sopra riportato suggerisce la domanda del significato delle ap-parizioni. Nella nostra inchiesta nel 28% dei casi l’apparizione sem-brava avere uno scopo ben preciso. Ecco un esempio:

“Avvenne poco tempo dopo la morte di mio padre. Ero a letto e dor-mivo, ma mi svegliai di colpo con la sensazione che accanto a me ci fosse qualcosa. Vidi infatti mio padre, lo guardai bene, allungai la mano e lo toccai. Era come sempre, indossava una camicia azzurra…Scese dal let-to e andò nella camera di fronte alla mia, quella che aveva occupato lui.

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18 Erlendur Haraldsson

Alla parete era appeso un grande orologio, in passato mi aveva pregato di darlo a suo nipote a Reykjavik…”

Il padre del percipiante era tornato per ricordare al figlio la sua pro-messa.

Nei rimanenti casi non abbiamo individuato uno scopo, all’infuori forse di quello di far capire che “il defunto era presente”, quindi vivo.

Incontri collettiviNella metà dei nostri casi (167) all’apparizione era presente una se-conda persona. Siamo stati in grado di raccogliere diverse testimo-nianze. Eccone una:

“Avevo circa 20 anni. A mezzogiorno mio padre e io eravano seduti in cucina. Io vidi molto chiaramente una donna venire verso di noi; non dissi niente, ma mi accorsi che anche mio padre la vedeva. Gli chiesi che cosa vedesse e lui rispose: ‘Di sicuro la stessa cosa che vedi tu’. Poi disse che conosceva quella donna che era morta qualche tempo prima. Due o tre ore dopo mio padre, che era pastore, ricevette una telefonata: il marito della donna che ci era apparsa era morto. Noi l’avevamo vista nell’ora in cui lui era trapassato”.

Interrogammo il padre della percipiente, che ci confermò il raccon-to della figlia.

Ecco ora il caso di un giovane che fu visto da più di due persone in un periodo in cui viveva in una regione lontana. L’apparizione non fu percepita nello stesso momento e neppure nello stesso luogo:

“Stavo pattinando quando mi sembrò di vedere il mio amico Erik. Pensai che fosse una cosa senza senso e continuai a fare i miei volteggi. Poco dopo me lo rividi vicino, e di nuovo pensai che non era possibile, che era senz’altro un’allucinazione e cercai di pensare ad altro. Provai un’impressione strana, un po’ comica, mi guardai intorno e vidi il suo viso. Allora fui certo che Erik era morto. Andai a casa e ne parlai. Natu-ralmente tutti mi dissero che dicevo delle follie. La mattina dopo arrivò un telegramma con la notizia della sua morte. Non avevamo il telefono”.

Erik aveva la tubercolosi ed era morto in sanatorio all’età di 16 anni. Quando interrogammo la sorella del percipiente, Thora, lei ricor-dò che suo fratello era pallido e sconvolto quando era tornato a casa e aveva raccontato che era venuto Erik e lui l’aveva visto. Thora ci disse che anche altre persone avevano visto Erik dopo la sua morte, sebbene mai due persone contemporaneamente. A Thora era capitato questo:

“Avvenne d’inverno. Cercavo di riunire le pecore e di farle entrare nel fienile, ma non ci riuscivo, loro continuavano ad andare dove volevano. Vidi allora che Erik era accanto alla porta. Con la mano indicava la di-

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Inchiesta sulle apparizioni 19

rezione ovest, dove viveva sua madre. Poi scomparve e io riuscii a far entrare le pecore. In quell’inverno la madre di Erik morì di tubercolosi”.

Thora era del parere che, indicando la fattoria dove viveva sua ma-dre, Erik avesse voluto mostrare la sua preoccupazione per lo stato di salute di lei e far capire che sarebbe morta presto, cosa che in effetti avvenne, anche se non subito.

Un’analisi accurata dei casi ha mostrato che spesso le osservazioni collettive non avvengono contemporaneamente. Lo dimostra il caso che segue, riferito da un noto avvocato islandese:

Avvenne subito dopo la fine dei miei studi, Stavo tornando a casa da una serata di ballo e non avevo bevuto una sola goccia di alcool. Era-no circa le quattro del mattino ed era chiaro come d’estate. Sulla mia strada dalla città verso casa passavo su una collina spoglia di vegeta-zione quando mi venne incontro una donna un po’ curva, con uno scial-le sulla testa. Non le prestai attenzione, ma quando mi fu vicina lei mi diede il buongiorno. Io non reagii. Subito dopo mi accorsi che la donna aveva cambiato direzione e mi seguiva a poca distanza. Provai un certo disagio, trovai strana la cosa. Se mi fermavo, si fermava anche lei. Per tranquillizzarmi, cominciai a pregare. Quando arrivai nelle vicinanze della mia casa, lei scomparve. La casa nella quale abitavo confinava con la clinica psichiatrica dove lavorava mio padre. Andai nella mia stan-za, mio fratello Agnar si svegliò e disse tutto assonnato: ‘Che cosa ci fa qui questa vecchia? Perché l’hai portata con te?’ Gli dissi di non dire stupidaggini e di rimettersi a dormire, anche se sapevo bene che cosa intendeva dire. In quel momento io non vidi la donna, ma mio fratello sembrava vederla. Lasciai la stanza per andare a bere un caffè; quando tornai Agnar si svegliò di nuovo e chiese: ‘Che cosa fa ancora qui questa donna?’ Gli dissi di smetterla, non c’era nessuna donna, lui vaneggiava e doveva rimettersi a dormire. Il giorno dopo a pranzo dissi a mio fratello: ‘Che sciocchezze dicevi stanotte? Continuavi a parlare di una donna nel-la nostra camera da letto’. ‘Sì’, rispose lui, ‘mi sembrava che una donna anziana fosse entrata nella nostra camera insieme a te’. Allora nostro padre prestò attenzione e mi chiese:’Questa notte hai visto qualcosa?’ Io allora gli raccontai della donna. ‘E’ strano’, osservò lui, ‘stamani alle tre circa è morta la vecchia Vigga’. La descrizione che gli feci corrispondeva perfettamente alla persona che mio padre conosceva.”

Interrogammo anche il fratello, che confermò ogni cosa.

DiscussioneChe cosa possiamo imparare dalla nostra raccolta di dati sulle appari-zioni di defunti? Fino a che punto sono paragonabili ai dati raccolti più

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20 Erlendur Haraldsson

di cento anni fa dai grandi ricercatori britannici?Noi abbiamo raccolto dati che sono molto simili a quelli del lavo-

ro pioneristico britannico – in un altro tempo e in un altro Paese. Ciò conferma l’analogia generale di simili esperienze al di là dei condizio-namenti temporali e spaziali. Le apparizioni collettive e i casi in cui i percipienti ricevono impressioni corrette su persone che al momento della percezione sono a loro sconosciute dimostrano che l’opinione della scienza ufficiale che ritiene che si tratti di “allucinazioni” è at-tualmente insoddisfacente, così come apparve insoddisfacente ai ri-cercatori Myers, Podmore, Gurney e Sidwick più di cento anni fa. Noi riteniamo che questa casistica costituisca una indicazione positiva nel senso del proseguimento della vita dopo la morte.

Di particolare interesse l’analisi dei casi di apparizioni di persone morte di morte violenta: chi è morto in questo modo si manifesta so-vente anche nei casi di reincarnazione (ricordi spontanei dei bambini) e attraverso i medium (personalità cosiddette “drop-in”). Sono casi che rivestono un carattere che può essere definito invasivo anche per-ché non di rado la persona defunta è sconosciuta al percipiente e assu-me un ruolo attivo che esclude la partecipazione inconsapevole di chi percepisce. A mio giudizio è molto importante portare avanti ulteriori ricerche sia nel campo delle apparizioni che in quello medianico per le importanti implicazioni relativamente al problema della sopravviven-za alla morte.

(traduzione di P. Giovetti)

SummaryPersonal encounters with the dead are reported by 25% of Western Europe-an and 30% of Americans. 337 Icelanders reporting such experiences were in-terviewed at length. They reported sensory experiences (apparitions) of a de-ceased person, 69% visual, 28% auditory, 13% tactile and 4% olfactory. Fewer than half of the experiences occurred in twilight or dankness. In half of the cases the experiencers were actively engaged or working. Very prominent were appa-ritions of those who died violently; in the majority of the cases the percipient did not know that the person had died. A fair number of collective experiences were reported. The author suggests that apparitions may support the hypothesis of life after death.

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Luce e Ombra, vol. 115, fasc. 1, gennaio-marzo 2015 21

Pillole di saggezza

Per iniziare bene il 2015, 115° anno di vita della nostra rivista, eccovi un’antica, sempre nuova parabola proposta da Roberto Assagioli, il creatore della psicosintesi, e che noi a nostra volta proponiamo alla riflessione dei nostri lettori:

“Un visitatore entrò nel cantiere dove nel Medioevo si stava costruendo una cattedrale, incontrò un tagliapietre e gli chie-se: ‘Che cosa stai facendo?’ L’altro rispose con malumore: ‘Non vedi, sto tagliando delle pietre’. Così egli mostrava che conside-rava quel lavoro increscioso e senza valore.

Il visitatore passò oltre e incontrò un secondo tagliapietre al quale pose la stessa domanda.

‘Sto guadagnando da vivere per me e la mia famiglia’, rispo-se l’operaio, mostrando una certa soddisfazione.

L’altro proseguì e trovando un terzo tagliapietre chiese an-che a lui cosa stesse facendo. Questi rispose gioiosamente: ‘Sto costruendo una cattedrale!’ Egli aveva compreso il significato e lo scopo del suo lavoro, si era reso conto che la sua opera umile era altrettanto necessaria quanto quella dell’architet-to e quindi in un certo senso aveva lo stesso valore della sua. Perciò eseguiva il suo lavoro volentieri, anzi con entusiasmo”.

Ed ecco il commento di Assagioli: “Ricordiamo l’esempio di quel saggio operaio, riconosciamo e restiamo sempre con-sapevoli che per quanto le nostre capacità sembrino limitate e umili le nostre occupazioni, in realtà siamo particelle della Vita Universale, partecipiamo allo svolgimento del Piano Co-smico, siamo ‘collaboratori di Dio’. In questo modo potremo accettare ogni situazione, svolgere ogni compito volontero-samente, con costante buon umore”.

Buon anno nuovo a tutti!

Luce e Ombra

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Luce e Ombra, vol. 115, fasc. 1, gennaio-marzo 2015, pagg. 22-37

RICORDANDO DEMOFILO FIDANI

Una medianità eccezionale

Paola Giovetti

Venti anni fa, nel 1994, moriva a Roma, la città dove era nato e sempre vissuto, Demofilo Fidani, pittore e sceneggiatore, ma soprattutto me-dium: l’ultimo grande medium a effetti fisici, insieme a Roberto Setti del Cerchio Firenze 77, mancato prematuramente dieci anni prima. Dopo di loro, di quel livello non ce ne sono stati più.

Demofilo Fidani era nato nel 1914. Quando lo conobbi, nel 1981, aveva 67 anni ed era un bel signore alto, distinto, simpatico, molto brillan-te e ironico nella sua tipica parlata romanesca. Io scrivevo allora per La Domenica del Corriere, lui aveva de-ciso di rendere finalmente pubbli-ca la sua medianità che fino a quel momento era nota solo al ristretto gruppo di amici con i quali da de-cenni sperimentava, e aveva scelto me e il mio giornale, che riteneva il più adatto, per parlare di sé e far co-noscere la straordinaria fenomeno-logia che grazie a lui si produceva. Fu così che andai a trovarlo, conob-bi lui, sua moglie Mila, i suoi amici:

fui accolta con semplicità e fiducia, come un’amica di vecchia data, e in casa Fidani mi trovai subito a mio perfetto agio. Grazie alla disponibi-lità dimostratami, potei raccogliere tante testimonianze e partecipare a parecchie sedute dove ebbi modo di vedere molte cose. Ne riporto qui una sintesi, cominciando dal modo insolito in cui Demofilo aveva preso coscienza della sua medianità.

Demofilo Fidani

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Ricordando Demofilo Fidani 23

A vent’anni, mi raccontò, aveva cominciato a prendere parte a se-dute di carattere familiare organizzate dal suo amico Renato Piergili, che divenne poi medico. Appassionato di spiritismo e medianità, mol-to preparato in materia e desideroso di sperimentare in proprio, Pier-gili aveva infatti invitato un gruppo di amici, tutti giovani sui vent’anni, a riunirsi periodicamente per tentare di fare delle sedute. All’inizio ot-tennero raps e movimenti del tavolo, poi gradualmente sempre di più; Renato preparò un cartellone con le lettere ed ebbero inizio le prime conversazioni. Si manifestarono le prime “guide”: Beatrice, che disse di essere stata una concertista di Torino vissuta nella seconda metà dell’Ottocento, e la sua amica Eleonora che in vita era stata modista. I dati delle due donne furono controllati e trovati esatti – e questi furo-no i primi fenomeni importanti ottenuti dal gruppo.

Va detto che fino a questo momento Demofilo Fidani non si era affatto reso conto di essere lui il responsabile della fenomenologia: partecipava alle sedute come gli altri, non cadeva in trance, anzi era piuttosto scettico e critico. Col tempo però aveva cominciato a chie-dersi chi poteva essere il medium – perché un medium doveva pur esserci, e Beatrice indicò proprio lui. Per controllo Demofilo provò a restare assente dalle sedute e si potè constatare che senza di lui non succedeva niente.

Va a Renato Piergili il merito di aver saputo condurre Demofilo a una sempre maggior consapevolezza e a un affinamento graduale del-le proprie capacità. Ebbero inizio le scritture automatiche e fu proprio mentre scriveva che Demofilo cadde per la prima volta in trance. E per decenni le sedute si sono svolte mentre Demofilo dormiva, e lui si dispiaceva molto di doversi accontentare di ascoltare le registrazioni e di vedere gli scritti e gli apporti senza partecipare consapevolmenre a niente. Qualche anno prima che io lo conoscessi, aveva chiesto alle sue entità di poter partecipare da sveglio e loro lo avevano acconten-tato: poco per volta aveva cominciato a svegliarsi per qualche minuto, poi sempre più a lungo, finchè aveva potuto stare sveglio per tutta la durata della seduta.

Con la scrittura automatica arrivarono i primi messaggi di notevole valore etico. Si presentò intanto un altro spirito guida, che fornì molte prove di identificazione: disse di chiamarsi Gino Becapese e di aver avuto in vita una piccola legatoria in via del Pantheon. Il negozio non esisteva più da molti anni, ma un vecchio negoziante della zona affer-mò di ricordare bene un Gino Becapese che quando lui era ragazzino aveva una legatoria in quella strada. Dopo trent’anni Gino ha lasciato il posto a Carlo, che era ancora la guida del gruppo quando io cominciai a frequentare le sedute di Demofilo.

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24 Paola Giovetti

Oltre agli spiriti guida, nel corso delle sedute si sono manifestate tante altre entità; soprattutto parenti e amici defunti dei presenti, che si esprimevano per voce diretta o scrittura diretta: fenomeni rarissimi che ben pochi medium sono stati in grado di produrre.

Assistere a una seduta a voce diretta, una voce cioè che non si ma-nifesta attraverso il medium, ma è indipendente da lui e scaturisce da diversi punti della stanza prendendo dal medium solo l’energia neces-saria a manifestarsi, è un’esperienza particolare ed emozionante. Da Demofilo ho sentito voci squillanti e voci roche, voci di uomo, donna, vecchio, bambino, tutte diverse tra loro e molto caratteristiche: voci che rispondevano alle domande dei presenti, scherzavano, davano con-sigli, parlavano contemporaneamente a tu per tu con persone diverse, in colloqui individuali oppure si rivolgevano a tutti i presenti con parole di valore generale. Carlo addirittura mi concesse un’intervista rispon-dendo con spirito e disponibilità a tutte le domande che volli porgli.

I discorsi svolti a voce diretta venivano spesso completati e integra-ti per iscritto: anche in questo caso con una modalità eccezionale, cioè con la scrittura diretta. L’idea di provare a ottenere questo fenomeno era stata come sempre di Renato Piergili, che aveva veramente l’animo del ricercatore. Fin dagli inizi dell’attività egli aveva infatti cominciato a mettere sui mobili fogli e matite. Per un certo tempo non successe niente, poi arrivarono dei segni, degli scarabocchi, delle lettere e infine dei messaggi firmati, vergati con calligrafie diverse tra loro e diverse da quelle dei presenti. Oltre che in italiano, anche in lingue stranie-re: inglese, tedesco, latino, francese, una volta anche maltese. Qualche volta arrivarono anche dei disegni riproducenti i volti delle entità.

Quando cominciai a frequentare Demofilo, la produzione di scrit-ture avveniva in questo modo: un pacco di fogli per macchina da scri-vere veniva posto su un tavolino basso che stava in mezzo ai presenti (Demofilo assisteva sempre in disparte, seduto su un seggiolone ap-poggiandosi con le braccia a un tavolo che aveva davanti a sè: temeva sempre di andare inconsapevolmente in trance e non voleva correre il rischio di cadere).

Accanto ai fogli, alcune penne dipinte con la vernice fosforescente, in modo da essere ben visibili. A un certo punto della seduta le penne si muovevano, si alzavano, si sentiva un velocissimo fruscio, lo scor-rere rapido sulla carta: questione di pochi secondi, poi le penne ri-cadevano sui fogli e alla fine delle seduta, quando si riaccendeva la luce, si trovavano 8-10 fogli riempiti di scrittura: saluti per qualcuno dei presenti, esortazioni dello spirito guida, messaggi di tipo morale, comunicazioni personali per un membro del gruppo o anche per una persona assente.

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Ricordando Demofilo Fidani 25

Sono arrivati anche messaggi firmati da personalità di grande spes-sore: Carducci, Leopardi, D’Annunzio, Trilussa, Kant e altri. In mia pre-senza arrivò un messaggio in tedesco firmato “Otto Bartoli”, un medico svizzero vissuto nel secolo scorso, che interveniva – mi dissero – abba-stanza spesso. Tradotto il messaggio era questo:

Esempio di scrittura diretta firmata Rudolf Steiner

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26 Paola Giovetti

“Osserva bene! Il gallo non inghiotte una sola goccia d’acqua senza rivolgere lo sguardo al cielo. E la colomba non becca un sol chicco di grano senza chinarsi verso la polvere in segno di preghiera. Ciò che essi fanno inconsapevolmente, tu fallo consapevolmente, affinchè non ti deb-ba vergognare davanti a loro!”

Esempio di scrittura diretta in francese

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Ricordando Demofilo Fidani 27

Nel 1980 fu chiesta alla presunta entità Einstein una definizione della scienza, e la risposta fu questa:

“Nella mia vita nella materia sono stato come un fanciullo sulla riva del mare, divertendomi nel trovare di tanto in tanto un sassolino più liscio e una conchiglia più leggiadra del solito, mentre il grande mare, il grande, immenso, infinito oceano della verità mi stava ancora inesplo-rato dinanzi”.

Ritratti di entità, alcuni dei quali riconosciuti

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28 Paola Giovetti

Le entità parlavano spesso di Dio, che chiamavano “la Grande Luce”. A una domanda sulla vita eterna si ottenne questa risposta:

“La vita eterna è la cosa più sublime, più bella che ci possa essere. Essa non ha alcun riferimento col tempo materiale. E’ un continuo desi-derio, una continua tensione dello spirito: un desiderio di amore, per co-noscere sempre più e sempre meglio la bellezza impossibile a descriversi della Grande Luce”.

Messaggio della guida spirituale “Carlo”

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Nelle sedute di Demofilo si producevano anche apporti: per lo più oggetti provenienti dal mondo della natura: conchiglie, fiori, sassi che cadevano dall’alto ed erano destinati a qualcuno dei presenti. Per me ci fu un sasso, che arrivò al buio producendo a mezz’aria un rumore simile a una fucilata. Lo trovammo sul tavolino al centro della stanza, profumatissimo: per anni ha conservato quell’aroma.

Le sedute di Demofilo si concludevano sempre con una sua levi-tazione, che costituiva un fenomeno straordinario e per certi aspetti anche divertente. Demofilo me lo spiegò così: “Fino a non molto tempo fa alla fine delle sedute succedevano ancora dei fenomeni: raps, spo-stamento di sedie e supellettili, sportelli che si aprivano. Tutte cose inutili, dovute evidentemente alla mia energia medianica ancora in azione e non sfruttata in modo intelligente. Io allora protestai e chiesi a Carlo se non fosse possibile un miglior uso di quei residui di energia medianica. Fui esaudito in una maniera superiore alle mie aspettative. Da allora infatti ogni mia seduta si conclude con la mia levitazione fino al soffitto, sedia compresa, e ritorno”.

“Che sensazioni provi mentre vieni sollevato?” gli chiesi. “Ho sempre un po’ paura, sono emozionato. Sono certo che non mi

succederà mai niente, che loro non mi lasceranno cadere, però non posso impedirmi di avere timore. E’ una curiosa sensazione sentirsi sollevare da mani invisibili così in alto…Poi la sedia spesso dondola…insomma, non vedo l’ora che mi posino per terra!”

Ho assistito alcune volte alle “ascensioni” di Demofilo, che pur avve-nendo al buio potevano essere seguite in quanto egli spesso veniva illu-minato da luci medianiche; e allora lo si poteva vedere benissimo sol-levato a mezz’aria, ricavandone un effetto quantomeno sconcertante!

Che la levitazione avvenisse realmente, anche se non è mai stata documentata da fotografie, è cosa che nessuno dei partecipanti ha mai messo in dubbio: la voce di Demofilo, che commentava il fatto con ap-prensione raccomandandosi di essere riportato giù sano e salvo, ve-niva chiaramente dall’alto, spesso nello scendere i piedi della sedia o quelli di Demofilo finivano addosso a qualcuno, lo spiraglio di luce che penetrava dalla finestra socchiusa consentiva di vedere la sagoma di Demofilo che veniva portata in alto e poi riportata a terra. In più c’era-no le luci medianiche.

Il caso Aldo GiuffrèA questa rapida carrellata voglio aggiungere la descrizione di un fatto avvenuto in casa di Demofilo Fidani nel maggio 1982, me presente, che ha avuto come protagonista il noto attore teatrale e cinematogra-

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fico Aldo Giuffrè, che gentilmente mi ha autorizzato a pubblicarlo. Come molti ricorderanno, nell’inverno del 1981 Liana, moglie di

Aldo Giuffrè, era morta in un incidente stradale mentre viaggiava su una macchina guidata dall’attore Gino Bramieri. Quella morte pre-matura e improvvisa aveva lasciato Giuffrè inconsolabile e nella sua ricerca di un possibile contatto con sua moglie si era messo in contat-to con me, che poco tempo prima avevo scritto per La Domenica del Corriere vari articoli su Roberto Setti e il Cerchio Firenze 77, perché facessi il possibile per farlo partecipare a una seduta. Giuffré e sua mo-glie credevano in questa fenomenologia e ne avevano anche qualche esperienza. Telefonai a Luciana Campani, sorella di Roberto, le spiegai la situazione e Aldo fu invitato. Però nonostante la buona volontà di tutti non fu possibile arrivare a un incontro per gli impegni teatrali di Giuffrè. Questo avveniva nella primavera del 1981, da allora non avevo più avuto sue notizie.

Ed ecco che alla fine di maggio 1982 io partecipo a una seduta di Demofilo. Come al solito, quando si riaccendono le luci troviamo di-versi fogli scritti con calligrafie varie: messaggi rivolti ai presenti o a persone assenti che tramite i partecipanti avevano rivolto domande alle entità. Uno di questi fogli tuttavia risultava incomprensibile: ini-ziava con le parole “Mio caro Aldo” ed era firmato “Liana”.

Solo dopo un pezzo mi resi conto che il messaggio poteva essere per Aldo Giuffrè. Questo il testo:

“Mio caro Aldo, so che tu cerchi un mezzo di consolazione, ma credi-mi che nessuno giova ai bisognosi, soprattutto quando uno spirito come il tuo deve ancora superare uno stadio che poi lo conduce alla rassegna-zione. Importante è che tu sappia intanto che io ti sono molto vicina e soprattutto ti esorto a non abbandonarti dal lato fisico, perché la ma-teria deve fare il suo corso. Sappi, carissimo Aldo, che io non ho sofferto nulla e non ho alcun risentimento per nessuno. Ti abbraccio forte forte e mando il mio amore a chi ha ancora un buon ricordo di me. Tua Liana per sempre”.

Inutile dire che questo messaggio costituì una enorme sorpresa per tutti. Subito lo comunicai a Giuffrè che lo accolse con gioia e com-mozione. Poco tempo dopo si incontrò con Demofilo e a breve sca-denza partecipò a una seduta insieme a Milena, sorella di Liana. In quell’occasione arrivò un altro messaggio e addirittura si sentì la voce di Liana, che esortava a credere nella vita dopo la morte e alla propria costante vicinanza.

In seguito Aldo Giuffrè mi ha scritto una lunga lettera per parlarmi delle sue impressioni: ne riporto qualche stralcio:

“La prima cosa che mi è parsa straordinaria è stata la casualità con

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la quale sono venuto in contatto con Demofilo Fidani. Per impegni di lavoro per un anno non ero riuscito ad andare a Firenze; e quando fi-nalmente libero dal lavoro stavo per contattati di nuovo per chiederti cosa dovessi fare, tu mi hai telefonato per darmi la notizia sconcertante e meravigliosa del messaggio di Liana. Quello che mi ha sconvolto è sta-to questo contatto inaspettato, non cercato in quel momento, e che io attribuisco alla volontà di Liana di cercare una strada, l’unica forse che potesse portarmi la sua parola. Evidentemente aveva capito che l’unica persona che potesse farmi giungere quel messaggio eri tu, con cui avevo avuto dei contatti…”

Durante la seduta la voce di Liana era stata riconosciuta da Aldo e dalla sorella. Liana aveva rassicurato i suoi cari della sua condizione, aveva detto di essere felice e aveva tenuto a “ringraziare Sandra”. San-dra, mi spiegò Aldo, era una signora che dopo la morte di Liana era entrata in casa Giuffrè per occuparsi dell’andamento domestico e della figlia ancora ragazzina. “Liana non l’aveva conosciuta, non sapeva nep-pure della sua esistenza. Anche questo ringraziamento a Sandra mi è sembrata una cosa straordinaria”, concluse Aldo Giuffrè.

Di episodi di questa qualità è stata costellata l’esperienza mediani-ca di Demofilo Fidani. Di uno dei più eclatanti tratta l’articolo di Silvio Ravaldini.

Il caso De Boni: verifica grafologica di una “scrittura diretta” ricevuta durante

una seduta di Demofilo Fidani

Silvio Ravaldini

Nel settembre 1986 moriva a Verona il dottor Gastone De Boni, che tutti gli aderenti alla Fondazione ben conoscono. Poco tempo dopo sua figlia Lina partecipò ad alcune sedute di Demofilo Fidani, nel corso delle quali giunse per scrittura diretta un messaggio di Gastone. Tale grafia, confrontata con quella autografa, apparve subito sorprenden-temente uguale. Ma il nostro giudizio non aveva alcun valore probati-vo non avendo noi alcuna competenza in grafologia.

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32 Silvio Ravaldini

D’accordo con Lina De Boni, decidemmo allora di far esaminare questa scrittura diretta da esperti qualificati. Inviammo quindi all’Isti-tuto Grafologico Girolamo Moretti di Urbino due campioni di scrittura: uno, autografo, tolto dal quaderno di appunti del quale Gastone De Boni si era servito negli ultimi tempi di vita per aggiornare il suo noto volume L’uomo alla conquista dell’anima; l’altro, la scrittura diretta ot-tenuta nel corso della seduta del 7 novembre 1986. Il quesito posto all’Istituto Grafologico, al quale non fu fornita alcuna notizia circa la provenienza dei reperti inviati, fu questo: “Si desidera sapere se i due scritti appartengono alla stessa persona”.

Scrittura autografa di Gastone De Boni

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In data 1° marzo 1988 l’Istituto Grafologico rispondeva con la let-tera riprodotta qui di seguito, confermando che i due scritti erano da attribuirsi a una sola persona e chiedendoci alcuni dati aggiuntivi qualora avessimo desiderato una relazione motivata. Trasmettemmo le notizie richieste, specificando che si trattava di un uomo affetto da morbo di Parkinson (i disturbi psicomotori erano per altro già stati rilevati dal grafologo), che il primo scritto, quello su carta rigata, era stato eseguito dal soggetto all’età di 76 anni (quando De Boni stava ag-giornando il suo libro), mentre l’altro, quello su carta bianca, era stato eseguito all’età di 78 anni (De Boni morì a 78 anni e la sua scrittura diretta era stata ottenuta 45 giorni dopo il decesso). Dell’ultimo scritto si tacque ancora la provenienza.

Scrittura diretta dell’ “Entità” Gastone De Boni

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34 Silvio Ravaldini

I° Lettera dell’ Istituto Grafologico Moretti 1/3/88

Riproduciamo le due lettere dell’Istituto Moretti, con parere perita-le che conferma che i due scritti provengono da unica mano.

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36 Silvio Ravaldini

Parere peritale dell’Istituto Grafologico Moretti, 17/3/1988

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Ricordando Demofilo Fidani 37

Di fronte a un fenomeno che ha riscontri oggettivi più unici che rari, ci si può chiedere come esso si produca; si potrebbe infatti pensare anche a un falso perpetrato da un medium o da qualcuno d’accordo con lui. Ma la relazione peritale sotto riprodotta afferma chiaramen-te il contrario. Poiché il soggetto era affetto da morbo di Parkinson, il grafologo specifica che “va escluso un imitatore non affetto da tale morbo”. Inoltre la relazione si sofferma sulle caratteristiche delle due scritture, che si presentavano analoghe, in particolare per quanto ri-guardava la “pressione” e i “gesti fuggitivi”, aggiungendo: “sono questi ultimi dei gesti cui nessun imitatore avrebbe pensato perché era più semplice costruire una lettera che, pur fatta con stentatezza, fosse stata ben leggibile nella sua conformazione calligrafica”. La perizia del grafo-logo termina con le parole:

“Sulla base di tutti questi rilievi tra loro solidali si deve concludere con certezza per l’analogia, cioè che i due scritti appartengono a una stessa persona”.

In altre parole: la relazione peritale eseguita dall’Istituto Grafologi-co Moretti ci fornisce la conferma della sopravvivenza della personali-tà “Gastone De Boni” al processo trasformativo della morte.

SummaryThe article describes the exceptional phenomena of the medium Demofilo Fi-dani of Rom (1914-1994). He started his mediumship when he was 20, devel-oping gradually incredible capacities: lights, apports, materializations, direct writing, direct voices, levitation of objects and of the medium himself. The au-thor could be present in several séances and ask many persons, who were pres-ent for years and years. Demofilo séances were privat for many decades because they were not compatible with his job. Only when Demofilo retired it as possible for him to let know what happened in his house.During a séance Lina, the daughter of De Boni received a message signed Gas-tone De Boni, her father, previous director of Luce e Ombra, who deceased one month before (September 1986). In order to obtein a proof of identification, Sil-vio Ravaldini sent the message to the Italian Graphological Institute G. Moretti (Urbino) together with one page of the note-book De Boni was using when alive. The writing of De Boni was very particular because he was affected by the Par-kinson desease. After examination of the two samples, the Institute confirmed that they were written by the same person.

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Luce e Ombra, vol. 115, fasc. 1, gennaio-marzo 2015, pagg. 38-40

Affinchè non succeda mai più

Paola Giovetti

Maria Grazia Piccinini, avvocato a Lancia-no, è una donna determinata e coraggiosa che ha sofferto il più grande dolore che una madre possa provare: il 6 aprile 2009, nel terremoto de L’ Aquila, ha perso la figlia Ilaria.

Ilaria Rambaldi aveva 25 anni ed era laureanda in ingegneria civile-architettura. Morì insieme al fidanzato nel crollo del pa-lazzo di sei piani nel quale abitava: unica casa moderna, apparentemente molto bel-

la, a crollare. Sono crollati palazzi antichi in quel terremoto, spiega la mamma Maria Grazia Piccinini, le case moderne hanno avuto lesioni ma non ci sono stati morti. Invece il condominio dove hanno perso la vita Ilaria e tanti altri studenti è crollato totalmente, ridotto a un muc-chio di macerie. Perché?

“Perché hanno costruito dove non si doveva costruire”, è la rispo-sta. “Il sottosuolo è carsico, ci sono caverne di oltre 8 metri riempite di terreno da riporto. In città lo si sapeva, tant’è vero che quella zona è denominata ‘le grotte’. Quello italiano è un territorio sismico, esclu-sa la Sardegna e parte del Salento: infatti ogni 5/6 anni abbiamo un terremoto. Ci sono state incuria e negligenza, è stato sottovalutato il rischio. Da tempo c’erano ogni giorno scosse che impaurivano, ma la Commissione Grandi Rischi rassicurava, diceva che a L’ Aquila biso-gnava imparare a convivere con quelle scosse… E così i ragazzi sono rimasti: sono morti 55 studenti universitari che studiavano la Dome-nica delle Palme, studiavano seriamente, non erano andati a casa. Fu mio marito, che è comandante dei vigili del fuoco, a tirar fuori nostra figlia dalle macerie, dopo 36 ore di ricerca…”

Maria Grazia Piccinini racconta anche che Ilaria aveva una sorta di

Ilaria Rambaldi

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Affinchè non succeda mai più 39

oscuro presagio di quello che poi è successo: “Fin dall’agosto prece-dente aveva ansia, angoscia, piangeva senza sapere perché. Stava pre-parando la tesi, io volevo organizzarle la festa di laurea, ma lei diceva di lasciar stare, ripeteva che neppure sapeva se alla laurea ci sarebbe arrivata. Non voleva fare progetti di lavoro… Secondo me aveva perce-zioni vaghe di ciò che doveva succedere”.

L’ Aquila, casa dello studente

Dopo la morte di Ilaria, Maria Grazia Piccinini non si è fermata un momento: “Subito ho voluto fare qualcosa perché le cose cambino. Ho creato una Associazione intitolata a mia figlia che porta avanti questo discorso. Ogni anno diamo premi per urbanistica, ingegneria, giorna-lismo, musica composta in memoria delle vittime del terremoto: vo-gliamo che la gente si renda conto. Siamo un paese a grande rischio si-smico, ma facciamo ben poco per la sicurezza. Non dobbiamo snatura-re il territorio, non dobbiamo costruire in luoghi a rischio, dobbiamo fare prevenzione. L’ Associazione è basata sul volontariato, mettiamo la nostra esperienza a disposizione dell’Ordine degli Architetti, degli Ingegneri. E’ una lotta dura perché nessuno vuole investire in preven-zione. Renzi è stato il primo a dire che bisogna mettere in sicurezza le scuole, l’idea è veramente apprezzabile, speriamo che divenga un normale modo di vivere…”

Poi Maria Grazia Piccinini aggiunge: “Mi pare di lavorare in tandem con Ilaria, sento il suo sostegno, quando non sono decisa in una cosa attendo, e sento una guida, non può essere altro che lei!”

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40 Paola Giovetti

Questa mamma razionale e concreta, di grande sensibilità, non ha infatti mai pensato di aver perduto la figlia per sempre, ma ha comin-ciato subito a cercarla: “Volevo parlare con lei, fui indirizzata al Movi-mento della Speranza e lì ho conosciuto chi mi ha insegnato a registra-re le voci. All’inizio non riuscivo, è stato difficile, ma poi ce l’ho fatta: per raggiungere mia figlia avrei sperimentato qualsiasi cosa – purchè onesta e corretta! Qualche volta ho anche scritto messaggi con la scrit-tura automatica, però non so se venga da lei o da me, visto che siamo molto simili, e così ho preferito la psicofonia che è più oggettiva e non consente dubbi. Ilaria in vita era molto generosa, aiutava tutti, a scuola passava i compiti, non lasciava nessuno solo, e secondo me ha conti-nuato anche dopo. L’Associazione, che ora è una Fondazione, penso che l’abbia suggerita, o almeno appoggiata, lei; mi si aprono tante porte che sembravano chiuse, si creano da sole tante opportunità, incontro quasi per caso persone che impensabilmente aiutano…”

Poi questa mamma coraggiosa conclude: “Nonostante tutto mi sen-to fortunata: ho avuto una figlia che non è da tutti avere. Lei è andata via, ma io ho trovato il modo di trasformare la tragedia in qualcosa di positivo. Ho capacità e professionalità che hanno consentito al seme di germogliare, e voglio mettere tutto ciò a disposizione di altri per evitare che simili cose avvengano ancora”.Per saperne di più: www.ilariarambaldionlus.it

SummaryMaria Grazia Piccinini, lawyer, lost her young daughter Ilaria in the terrible heartquake of L’Aquila (April 2009). Ilaria died together with her partner and many other students in the falling down of the modern palace she was living in. Reason of the ruin: the palace was built in the wrong place and in the wrong way. Her mother is now fighting with all her energy in order to catch the atten-tion of the public opinion for the problem of prevention. She is sure to be in touch with her deceased daughter, who – she firmly believes – helps her in this mission.

A tutti i lettoriVi invitiamo a volerci cortesemente inviare

il vostro indirizzo di posta elettronica per una migliore possibilità di contatto e collaborazione.

[email protected]

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Luce e Ombra, vol. 115, fasc. 1, gennaio-marzo 2015, pagg. 41-48

Perch

L’ Angelo del dolore Il dolore e la compassione

Sergio Antonio Laghi

La Compassione è “la Legge delle Leggi, Armonia Eterna, un’Essenza Universale sconfinata, Luce della Giustizia perenne, congruenza di tutte le cose, la legge dell’Amore Eterno”

H. P. Blavatsky (La voce del silenzio)

La compassione è un sentimento molto più profondo e nobile della commiserazione.

La commiserazione ha le sue radici nella paura, nel timore cioè che la stessa sventura che ha colpito un altro e alla quale stiamo assisten-do, possa capitare a noi; spesso inoltre si accompagna a un senso di condiscendenza.

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42 Sergio Antonio Laghi

E’ stato giustamente detto che quando la nostra paura entra in con-tatto col dolore di qualcuno, diventa commiserazione, mentre quando è il nostro amore a incontrare il dolore di qualcuno, diventa compas-sione.

La pratica della compassione comporta la consapevolezza che tut-ti gli esseri viventi, in base alla comune appartenenza all’albero della vita sia pure in grado e in modo diverso, hanno una loro dignità che va rispettata; tutti, sia pure in modo e in grado diverso, sentono e soffrono e la loro sofferenza, spesso causata dalla crudeltà, dall’in-sensibilità e dall’ignoranza dell’Homo Sapiens Sapiens, va condivisa e alleviata.

Angel of Grief, “L’Angelo del Dolore”, è una stupenda opera in mar-

mo e pietra creata dallo scultore americano William Welmore Story nato nel Massachussetts nel 1819, e trasferito in Italia nel 1848. Il monumento funebre eretto in memoria della moglie Evelyn si trova nel Cimitero Inglese di Roma.

Lo scultore lo terminò poco prima di morire. Lì è sepolto insieme alla moglie e al piccolo figlio Joseph.

La scultura di Welmore offre una immagine di straziante umanità. Un Angelo piangente in preda allo sconforto, al dolore più profondo e senza speranza, si accascia su una tomba, un Angelo che evidente-mente ha abdicato alla sua origine e alla sua funzione. Le sue ali, un tempo levate verso l’alto, sono ora inerti e addossate al corpo.

“L’angelo - così lo descrive un critico d’arte - è inginocchiato davan-ti a un piedistallo, con la testa appoggiata sul suo braccio, mentre pian-ge con il volto nascosto. La sua mano penzola impotente oltre il fronte del piedistallo, e la curvatura delle dita così ben dettagliata conferisce un’incredibile sensazione di tristezza e di vuoto all’intera parte frontale della scultura. Alcuni fiori di pietra sono sparsi alla base del piedistallo, come se l’angelo li avesse fatti cadere attanagliato dal dolore in un mo-mento di sconforto. Anche le ali, che normalmente si ergerebbero alte, diritte e fiere, sono tristemente curve e piene di grazia sulla schiena dell’angelo, dando l’impressione che abbia perso la speranza. Il corpo si è come abbandonato totalmente al suo dolore e la sensazione che trasmette l’opera è di straziante umanità.”

Un angelo è un Essere puramente spirituale, un araldo dell’Altis-simo, un messaggero dell’inconscio, portatore di un messaggio tran-spersonale, latore di una realtà che viene da un altro piano di coscien-za, è un portatore di luce. Vederlo piangere è una cosa che desta una emozione profonda e un senso di disagio.

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L’ Angelo del dolore 43

Un angelo che piange e si addolora è un Angelo che ha scelto di rinunciare alla sua natura angelica per divenire un essere umano - e come tale non è più un angelo. Certe caratteristiche degli umani come la compassione non sono proprie degli angeli.

Gesù piange davanti al sepolcro dell’amico Lazzaro, versa lacrime di sangue nell’orto di Getsemani in preda a una angoscia mortale e, sulla croce, esprime compassione per chi lo sta crocifiggendo. Ma Gesù non è un essere totalmente spirituale ne’ un Dio mascherato da uomo, è l’Uomo per eccellenza con tutti i sentimenti e il dolore di un Uomo seppure nello stesso tempo in identità profonda con la Radice Eterna.

Che cosa può fare piangere un Angelo? La scomparsa della perso-na amata, dopo una vita trascorsa insieme nella gioia e nel dolore? Il dolore di un bambino piccolo che assiste ai funerali di sua madre? Il suicidio di una povera creatura? Una madre che vede morire suo figlio, mentre gli altri bambini giocano? Un pulcino neonato che vie-ne gettato vivo nel tritacarne? La vista di un povero rospo mutilato e martirizzato da un gruppo di monelli?

La scoperta dei neuroni specchio, le cellule nervose specializzate che ci permettono di sentire come nostri i dolori e le gioie degli altri, è la conferma tangibile della profonda verità contenuta nelle antiche parole “ut unum sint” e “ta tvam asi”.

Non credo, come affermano i cosidetti “ riduttivisti dall’alto”, che la virtù universale e altissima della compassione si possa ridurre alla presenza di queste cellule nervose, credo al contrario che la Compas-sione universale si serva di queste strutture nervose per potere esse-re percepita dalla creatura umana.

Credo con Platone che ogni cosa abbia una radice in cielo; in altre parole, credo che una funzione inferiore sussista onde vi possa essere un significato superiore e non viceversa come invece affermano i mo-derni assertori del riduzionismo ontologico.

Mi è piaciuto associare l’immagine di questa splendida scultura dell’Angelo piangente con tutti i sentimenti che essa inspira a due fa-mose poesie purtroppo ormai dimenticate, e a me care fino dagli anni dell’infanzia e della giovinezza: “La Priere” di Francis Jammes (1868-1938) messa in musica da George Brassen e “Le Crapaud” (Il Rospo) di Victor Hugo.

Entrambe hanno sempre suscitato in me sentimenti di commozio-ne profonda. Sono immagini che attivano i nostri neuroni specchio e ci rendono migliori nella comprensione e compassione per il prossi-mo, per qualsiasi essere vivente che soffre o che gioisce.

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44 Sergio Antonio Laghi

La Priere

Per il bambino che muore accanto a sua madre mentre degli altri bambini si divertono in giardino;

e per l’uccello ferito che non sa come mai la sua ala, all’improvviso, s’insanguina, e scende giù.

Per la fame e la sete, per il delirio ardente: ti saluto, Maria.

Per i ragazzi picchiati dall’ubriaco che torna a casa, per l’asino preso a calci nella pancia,

per l’umiliazione dell’innocente punito, per la vergine venduta e che è stata spogliata:

ti saluto, Maria.

Per il mendicante che mai ha avuto altra corona che il volo dei calabroni, amici dei gialli frutteti,

ed altro scettro che un bastone per scacciare i cani; per il poeta a cui sanguina la fronte cinta

dalle spine dei desideri che non ha mai raggiunto: ti saluto, Maria.

Per la vecchia che, traballando sotto troppo peso grida, “Mio Dio!”, per lo sventurato le cui braccia non han potuto appoggiarsi ad un amore umano

come Gesù crocifisso a Simone Cireneo; per il cavallo schiacciato dal carro che tirava:

ti saluto, Maria.

Per i quattro orizzonti che crocifiggono il mondo, per tutti coloro cui la carne si strappa e soccombe,

per chi è senza piedi, per chi è senza mani, e per il giusto tacciato d’essere assassino:

ti saluto, Maria.

Per la madre cui han detto che suo figlio é guarito, per l’uccello che soccorre l’uccello caduto dal nido,

per l’erba assetata che beve acqua di mare, per il bacio perduto, per l’amore ricambiato

per il mendicante che ritrova la sua moneta:

ti saluto, Maria

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L’ Angelo del dolore 45

Alle immagini che Francis Jammes evocò più di un secolo fa io vorrei raccomandare alla Madre Eterna anche le vittime, per lo più ignorate, della crudeltà e insensibilità dell’uomo attuale. Innanzitutto i suicidi, gli esseri più disperati, i più bisognosi della carezza e del sor-riso di Dio che la splendida “preghiera in gennaio” di Fabrizio De An-drè meglio non poteva rappresentare (e che non sono ricordati nella “Priere” forse a causa del cattolicesimo in realtà molto dogmatico di Francis Jammes); e poi i feti fatti a pezzi, i bambini seviziati da adulti sadici depravati e feroci, o barbaramente uccisi dagli stessi genitori impazziti, i piccoli dimenticati in un’auto dai genitori e deceduti per il calore.

E vorrei rammentare alla Madre Dolorosa gli orrori degli alleva-menti intensivi dove i pulcini neonati scartati vengono gettati vivi nel tritacarne o chiusi in un sacco e arsi vivi e dove le oche e le anatre vengono ingozzate a forza e gli agnelli appesi a un uncino e sgozza-ti davanti agli occhi atterriti degli infelici compagni di sventura. E le grida strazianti dei maiali al macello e il doloroso muggito dei vitelli trascinati al supplizio e i cuccioli di foca massacrati brutalmente.

Le Crapaud, “Il rospo”, è una splendida toccante poesia di Victor Hugo che mio padre mi leggeva nella traduzione di Giovanni Pasco-li, durante l’infanzia. E’ un brano ispirato a un profondissimo senso di umanità e che dato l’alto valore educativo dovrebbe essere letto e commentato nelle scuole. Ne esiste una splendida traduzione moder-na a firma Barbara X che invito a leggere e meditare.

Questo il fatto descritto da Victor Hugo: un rospo, la cui unica col-pa è la sua cosidetta bruttezza,viene ferito dai passanti e poi preso di mira, dileggiato e torturato da una banda di ragazzi i quali, al culmine del loro crudele e insensato divertimento, decidono la sua sorte: fi-nirà sotto un carro che sta sopraggiungendo trainato da un asino.

Ma l’asino, creatura malridotta e sventurata come il rospo, impar-tisce loro una ineffabile lezione: con un supremo sforzo, sotto i colpi di frusta , riesce a deviare la traiettoria della ruota, e a salvare così la vita al rospo. Questo gesto, con la potenza di un fulmine, fa breccia nel cuore dei ragazzi: dal cielo, dall’alto o forse dal profondo della loro interiorità, si ode allora una Voce che invita tutti ad essere buoni. Que-sto è il messaggio della poesia. Profonde e toccanti sono le parole con cui il Poeta conclude la sua storia:

Oh, quale ineffabile spettacolo! L’ombra misericordiosa,l’anima costretta al buio soccorre l’anima nelle tenebre,l’idiota, mosso a compassione, si curva sull’essere ripugnante,il buon dannato dà speranza a chi è stato accusato di malvagità!

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46 Sergio Antonio Laghi

L’animale che si eleva, mentre l’uomo indietreggia!Nell’irreale serenità del pallido crepuscolo,l’orrenda bestia meditò per un istante e scoprì d’esser partedi quella misteriosa e profonda dolcezza;bastò che un lampo di grazia splendesse nel suo essereper renderla del tutto simile a una stella eterna.L’asino che era rientrato la sera, sovraccarico, distrutto,morente, e sentiva sanguinare i suoi poveri zoccoli consunti,aveva fatto qualche passo in più, aveva scartato e deviatoper non schiacciare un rospo nel fango.Quest’asino meschino, sudicio, straziato dai colpi di bastone,ha mostrato d’esser più nobile di Socrate e più grande di Platone.Che vai cercando, filosofo? Oh, pensatore, stai elucubrando?Volete forse trovare la verità fra queste nebbie maledette?E allora credete, piangete, immergetevi nell’insondabile amore!Chi è buono vede chiaro quando giunge all’oscuro bivio;chi è buono dimora in un angolo di cielo. Oh, saggio,la bontà che rischiara il volto del mondo,la bontà, questo sguardo ingenuo del mattino,la bontà, limpido raggio di sole che scalda l’ignoto,l’istinto che, nella tenebra e nella sofferenza, ama,è quel legame ineffabile e supremoche equipara nell’ombra – ahimè, spesso così lugubre! -Il grande innocente, l’Asino, a Dio il grande sapiente”

La compassione è l’Amore stesso di Dio che tocca il cuore degli uo-mini e si diffonde tramite questi ultimi, come un balsamo, a tutti gli esseri viventi.

“L’amore per il prossimo- scriveva Simon Weil- è l’amore che scende da Dio verso l’uomo. E’ anteriore a quello che sale dall’uomo verso Dio.

Dio è ansioso di scendere verso gli sventurati. Non appena un’ani-ma, fosse anche l’ultima, la più miserabile, la più deforme è disposta ad acconsentire, Dio si precipita in lei per poter guardare ed ascoltare gli sventurati tramite suo. Solo col tempo l’anima si accorge di questa presenza. Ma anche se non trovasse la parola per esprimerla, Dio è pre-sente dovunque gli sventurati sono amati per se stessi”.

La compassione non è un istinto solidaristico di specie come quello delle formiche o delle api, e neppure è una convenzione di categoria come avviene tra gli aderenti a un partito o a una consorteria; essa è la più alta delle virtù e come tutte le virtù è un istinto illuminato dalla consapevolezza.

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L’ Angelo del dolore 47

Ogni uomo compassionevole sente profondamente nel suo intimo che ogni essere vivente ha diritto al rispetto della propria dignità.

L’uomo che, almeno sul nostro pianeta, sembra possedere il grado più alto di intelletto, ha il sacrosanto dovere di proteggere e custodire gli esseri viventi e di salvaguardarne la dignità. Siamo purtroppo an-cora dominati dalla visione antropocentrica dell’uomo dominatore e sfruttatore che attualmente impera nel nostro pianeta. La responsa-bilità dell’uomo in questo campo è enorme: egli ha il dovere di rispet-tare e di fare funzionare il disegno della Creazione.

Mi convincono molto di più certi appassionati interventi in difesa delle creature chiuse nei lager degli allevamenti industriali, da parte di persone che paradossalmente amano definirsi atee o agnostiche, piuttosto che non le tiepide affermazioni di certi illustri porporati che affermano con assoluta certezza che agli animali è preclusa l’eternità.

“Dio dorme nelle pietre, sogna nelle piante, si sveglia negli animali e si contempla nell’uomo”, dice un detto orientale.

“La natura geme e soffre nelle doglie del parto” in attesa di essere “liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio”, afferma S.Paolo.

“Tutta la creazione è una realtà sponsale, in relazione con un Dio sposo innamorato delle sue creature che vuole rendere partecipi del suo amore in stretta comunione e alleanza”, precisa Madre Maria Fiamma Maddalena Faberi in un suo splendida e lucida riflessione sul signifi-cato della sponsalità.

All’uomo dunque, e solo all’uomo, viene affidato il compito di sal-vaguardare tutte le creature in cui è presente sia pure in modo e in grado diverso, l’Unico Olografico, ”Colui che ha mille nomi e non ne ha nessuno”. Praticare la compassione non è solo sentire e condividere interiormente il dolore degli altri, ma operare attivamente contro l’i-gnoranza, la crudeltà e la superbia di chi cerca di trasformare la terra in un inferno.

Il Cristo non ha mani - dice un’antica preghiera del 14°secolo - ha solo le nostre mani per fare il suo lavoro oggi.

Il Cristo non ha piedi, ha solo i nostri piedi per guidare l’uomo sui suoi sentieri.

Il Cristo non ha labbra, ha solo le nostre labbra per raccontare di sé agli uomini di oggi.

Noi siamo l’unica Bibbia che i popoli leggono ancora, siamo l’unico messaggio di Dio scritto in opere e in parole.”

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48 Sergio Antonio Laghi

SummaryThe image of a big angel who cries in the grip of deep pain, abandoned on a tomb, arouses a series of reflections in the human soul and brings back to mem-ory poems and prayers from an almost forgotten past. What brings a creature of light to share the pain of human beings if not compassion? This universal em-pathy is Love itself, which touches the human heart and spreads via the human heart to all living beings.

Il pittore medianico brasiliano Florencio alla Fondazione

Nel pomeriggio del 22 gennaio il pittore brasiliano Florenzio è stato ospite della Bi-blioteca/Fondazio-ne Bozzano-De Boni dove ha tenuto una seduta di pittura in trance: nel corso di meno di due ore ha dipinto 9 quadri di grande formato, lavorando per lo più direttamente con le dita: quadri a firma Renoir, Monet, Van Gogh, Gauguin e altri (un dolente e commovente volto di Cristo addirittura a firma Rembran-dt), nello stile tipico dei rispettivi “autori”. Al risveglio dalla tran-ce Florencio non ha nessuna memoria di quello che è avvenuto e i quadri devono essergli mostrati perché ne prenda notizia. I quadri vengono in genere venduti tra il pubblico presente e il ricavato va a beneficio dei bambini delle favelas che Florencio sostiene nella sua città Salvador de Bahia. Florencio ha 41 anni, svolge l’attività di me-dium da quando ne aveva sedici ed è docente di pedagogia presso l’università della sua città.

Nel prossimo numero di “Luce e Ombra” riferiremo più dettagliata-mente sulla seduta riportando anche le fotografie dei quadri realiz-zati nell’occasione.

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Luce e Ombra, vol. 115, fasc. 1, gennaio-marzo 2015, pagg. 49-73

LUOGHI DI FORZA

Sabato 8 novembre presso la Fondazione/Biblioteca Bozzano De Boni si è svolta una Giornata di studio sul tema “Luoghi di forza”. Riportiamo qui di seguito alcuni degli interventi svolti in quell’occasione.

L’energia del luogo

Paola Giovetti

I cosiddetti “luoghi di forza” sono zone cariche di particolare energia, che gli antichi ben conoscevano, tant’è vero che le scelsero per erige-re monumenti e santuari destinati a imbrigliare e sfruttare al massi-mo le benefiche radiazioni terrestri e a mitigare gli aspetti negativi. Oggi questa antica sapienza è stata in gran parte dimenticata, però probabilmente ognuno di noi ne ha fatto, senza saperlo, esperienza. Chi per esempio – per non citarne che alcuni - ha visitato luoghi come Stonehenge, la Grande Piramide, Delfi, Olimpia, Paestum, l’abbazia di Glastonbury in Inghilterra, la cattedrale di Santiago di Compostela in Spagna o quella di Chartres in Francia, ha certamente percepito la for-za, la pace e l’armonia che queste località emanano, e le avrà attribuite alla bellezza della natura del luogo e dell’edificio. Il che è senz’altro vero, ma c’è qualcosa di più: l’energia del luogo.

Gli antichi parlavano di genius loci, con cui intendevano l’essenza, l’anima, la forza del luogo: una forza percepibile al punto da indurli a interpretarla come una divinità, personificazione degli elementi natu-rali - monte, pianura, fonte o fiume che fosse. E sapevano costruire in modo che la struttura dell’edificio fosse in armonia con la natura cir-costante e creasse con essa un unicum: si pensi al tempio greco e alla sua sempre armoniosa collocazione.

Da dove viene questa energia? La terra non è un organismo inerte e neutro, ma una creatura vivente, dove tutto è collegato e interagisce. E come il corpo umano è percorso dal sistema arterioso e nervoso, così la terra è percorsa e irrorata da un sistema di acque sotterranee e correnti magnetiche che emanano vibrazioni. Tale situazione può produrre risultati diversi, creando luoghi “positivi” (si parla allora di

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50 Paola Giovetti

luoghi “alti” di energia, come quelli sopra citati) e luoghi “negativi”: luoghi cioè che donano energia e benessere, e luoghi che succhiano energia e addirittura possono provocare malattie - le cosìddette zone geopatogene.

In questa sede ci occuperemo dei luoghi positivi. Per individuarli si ricorre oggi a sofisticati sistemi di misurazione, ma gli antichi sa-pevano bene come riconoscerli; sapevano anche fino a che punto tale riconoscimento fosse importante e, per esempio, prima di costruire una città o anche un edificio pubblico recintavano lo spazio prescelto e vi facevano pascolare un gregge. Dopo un anno studiavano il fegato delle pecore, il cui stato di salute indicava se il luogo era idoneo per costruire oppure no.

Il comportamento degli animali è molto significativo al riguardo. Mucche, cavalli, capre, polli evitano i luoghi perturbati e, se costretti a viverci, si ammalano: nelle nostre stalle capitava non di rado di vedere una posta lasciata vuota in quanto il contadino sapeva per esperienza che gli animali collocati lì si ammalavano. Cicogne e colombe evitano di costruirsi il nido su punti che succhiano energia: di qui la voce po-polare che attribuisce fortuna e prosperità alla casa sulla quale esse nidificano. Anche le piante possono fungere da indicatori: infatti, se collocate in zone perturbate, crescono male, il tronco si contorce, non danno frutti, e addirittura si ammalano producendo a volte escrescen-ze che sono veri e propri tumori.

Nell’antichità le zone di energia positiva sono state utilizzate per erigervi luoghi di culto, su cui successivamente sono state edificate chiese e cappelle cristiane. Particolari vibrazioni energetiche sono presenti nei luoghi dove si sono manifestate entità superiori (appari-zioni della Vergine o di angeli), dove sono vissute personalità straordi-narie come San Francesco o Padre Pio, dove sono custodite e venerate reliquie di santi, i luoghi di pellegrinaggio dove le preghiere degli uo-mini hanno lasciato nel tempo una traccia invisibile ma intensa: valga per tutto l’esempio del camino di Santiago, percorso per secoli da in-numerevoli pellegrini.

Maestri nell’individuare i luoghi positivi sono stati i cinesi, che idearono il Feng Shui, l’antica arte che in Cina è tuttora alla base del rapporto uomo-natura. Il Feng Shui individua le correnti nascoste di energia che percorrono la terra, allo stesso modo in cui i meridiani dell’agopuntura percorrono il corpo umano, insegna a vivere in armo-nia con l’ambiente e a trarre il massimo beneficio dall’essere nel posto giusto al momento giusto. Anche per noi occidentali, nonostante gli abusi perpetrati negli ultimi decenni ai danni della natura e dell’am-biente, le cose stanno gradualmente cambiando. Cambia soprattutto la

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Luoghi di forza 51

coscienza del singolo e poco per volta, silenziosamente, sta nascendo una nuova scienza, la geobiologia, che dalla dottoressa Blanche Merzt, ingegnere, pioniere in questo campo, è stata descritta come una disci-plina “che studia il rapporto tra l’uomo, il suo benessere e la sua salute e il luogo in cui vive, e insegna a vivere in armonia col mondo circo-stante, con l’universo, la terra, gli animali e le piante”. Praticata e divul-gata soprattutto nei paesi anglosassoni, in questo inizio di millennio la geobiologia si sta diffondendo anche in altri paesi, coinvolgendo molte discipline: geologia, architettura, fisica, medicina, radiestesia, archeo-logia, arte, storia, religione.

Come si fa a individuare e misurare l’energia del luogo? Lo stru-mento migliore è e resterà sempre l’uomo, che armato di pendolo o bacchetta rabdomantica reagisce agli stimoli dell’ambiente. Esistono poi altri strumenti di misurazione: il contatore Geiger per registrare la radioattività locale, il geomagnetometro per misurare le anomalie del campo magnetico terrestre statico, il rayometer per la misurazio-ne dell’energia in Hz e l’individuazione delle zone geopatogene, e il biometer per misurare l’intensità dell’energia del luogo. Quest’ultimo strumento, ideato dal fisico francese Alfred Bovis (1871-1947), ha una scala media che va da 0 a 10.000 unità Bovis. Il valore medio neutrale è 6500 unità; al di sotto di questo il luogo sottrae energia all’uomo, al di sopra lo carica fisicamente. Un luogo con 7000-9000 unità Bovis è considerato ottimale per l’uomo; oltre i 9000 il carico può risultare eccessivo per chi vi soggiorna costantemente ; 10.000 unità portano verso una coscienza superiore. La dottoressa Mertz ha misurato luo-ghi con 18.000 unità Bovis e anche più, specie luoghi sacri, traendone la conclusione che la scelta di quel sito non poteva essere casuale. Tali valori, dice, avvicinano alla sfera spirituale.

Facciamo ora un viaggio virtuale tra alcune delle località più celebri del mondo, nelle quali sono stati riscontrati valori altissimi.

Mitreo di San Clemente, Roma. Perfetto esempio di sovrapposizione di luoghi di culto di diversa tradizione nello stesso sito. Sotto all’attua-le basilica ne fu scoperta un’altra protocristiana e più sotto ancora, a un terzo livello, i locali dedicati al culto misterico, iniziatico, del dio persiano Mitra: il mitreo, appunto, a forma di grotta, uno dei più belli e meglio conservati che si conoscano. Al centro, su un cippo, è rappre-sentato il dio Mitra che uccide il terribile toro creato dal dio del male. La volta è trapunta di fori che rappresentano le stelle, dai quali passa-va la luce del sole o della luna. Mitra era considerato il dio del cielo ed era quindi una figura legata all’oltretomba e alla salvezza delle anime dopo la morte.

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52 Paola Giovetti

Stonehenge (Inghilterra). Costruzione megalitica a pietre infisse, ti-pica della fine del neolitico e della prima età del ferro. Le misurazioni col Carbonio 14 lo fanno risalire al 2800 a.C. Il grande cerchio di pie-tra di erge ancora oggi in tutta la sua maestà: nonostante gli insulti del tempo e le massicce asportazioni di materiale avvenute nei secoli, l’imponenza del monumento è straordinaria. Gli enormi massi, le “pie-tre blu”, vengono dai monti Presuli, che si trovano nel Galles a 360 km di distanza. Si ritiene che Stonehenge fosse un sofisticato osservatorio astronomico, testimonianza dell’antico rapporto tra l’uomo e il cielo, e anche un luogo di culto e forse di ricerca scientifica: gli antichi sacer-doti erano esperti astronomi. Luogo straordinario anche dal punto di vista energetico, come hanno testimoniato gli esperti.

Il mitreo di San Clemente a Roma

Stonehenge (Inghilterra)

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Luoghi di forza 53

Teotihuacan (Città del Messico). E’ il più importante centro cerimo-niale dell’America Centrale. Le sue vestigia si estendono per un territo-rio di oltre 36 kmq, al centro del quale si trova il centro rituale, che ne occupa il 10%. Risale al I° secolo d.C. e in lingua nuatl il nome significa “luogo degli dei”. Le due piramidi maggiori sono dedicate rispettiva-mente al Sole e alla Luna: qui sono stati misurati valori intorno alle 20.000 unità Bovis. Un’energia vibrazionale altissima rimasta intatta nonostante il tramontare dei popoli, delle culture e delle tradizioni re-ligiose.

Delphi (Grecia). Collocato in splendida posizione non lontano dal

La Piramide del Sole di Teotihuacan

Il tempio di Apollo a Delfi (Grecia)

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54 Paola Giovetti

golfo di Corinto, il celebre e frequentatissimo santuario nazionale gre-co era dedicato ad Apollo Pizio, cioè uccisore del drago Pitone. Qui la Sibilla accoglieva i pellegrini e in trance dava responsi spesso vera-mente “sibillini”.

Glastonbury (Inghilterra). In questo luogo venne Giuseppe di Ari-matea portando con sé il Graal, la coppa nella quale era stato raccolto il sangue di Gesù in croce; egli costruì una prima piccola chiesa sulla quale poi ne furono edificate altre. Quella di Glastonbury fu una po-tentissima abbazia, il cui abate non volle sottomettersi a Enrico VIII, che lo fece giustiziare e ne incamerò i beni. L’abbazia e i locali adiacen-ti furono distrutti; ciò che resta testimonia però di una straordinaria grandezza. Qui è stata scoperta la tomba di re Artù e della sua sposa.

Taj Mahal (Agra, India). Straordinario mausoleo moghul di mar-mo bianco, fatto edificare dall’imperatore Shah Jahan in onore dell’a-matissima moglie, morta a 38 anni nel dare alla luce il 14° figlio. Il marmo proviene da cave distanti 300 km. Monumento all’amore, per-fetta armonia e simmetria di forme, colori, ambientazione. E’ uno dei monumenti più visitati e ammirati del mondo.

Rovine dell’abbazia di Glastonbury

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Luoghi di forza 55

Castel del Monte (Andria). Situato in zona isolata, collinare e bosco-sa, perfettamente conservato, il castello –di una eleganza pari soltanto all’originalità - ha forma ottagonale e presenta agli spigoli altrettante torri ottagonali; al centro ha un cortile anch’esso ottagonale. Ognuno dei due piani ha otto stanze a forma di trapezio, oggi spoglie ma un tem-po ricche di marmi, arredi e sculture. Di questo monumento si sa poco: sembra che la sua costruzione sia legata ai Templari, i leggendari mona-ci-guerrieri difensori dei luoghi sacri e dei pelligrini. Tradizionalmente però il castello è legato a Federico II, che forse lo volle come castello di

caccia, anche se l’edificio non ha nessuna delle caratteristiche dell’abitazione. Un autentico luogo di forza, il cui fascino è au-mentato dal mi-stero che tutto-ra lo circonda.

Taj Mahal

Castel del Monte

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56 Paola Giovetti

Santiago de Compostela (Spagna). La località è legata a Giacomo il Maggiore, discepolo di Gesù, che dopo la crocifissione si recò a evange-lizzare la Spagna. Dopo aver fondato alcune comunità tornò in Giudea dove Erode Agrippa lo fece decapitare. I suoi discepoli però raccolsero il corpo, lo imbarcarono su una nave e dopo sette giorni di navigazione arrivarono in Galizia. Qui lo seppellirono e sul sepolcro eressero una piccola cappella. Nel tempo però del sepolcro di san Giacomo (Jago per gli spagnoli) si persero le tracce e non se ne seppe più nulla finchè un eremita di nome Pelagio notò una stella luminosissima che illuminava un’altura: chiamò quel sito Campus stellae (il campo della stella, da cui Compostela) e ipotizzò che potesse essere quello dove era sepolto l’a-postolo di Gesù. Gli scavi dimostrarono che aveva ragione. Sul luogo fu edificata una prima chiesa e poi un’altra e il sepolcro di San Giacomo divenne metà di infiniti pellegrinaggi: vi si recarono anche personalità come san Francesco e santa Brigida di Svezia. Secoli di preghiere e pel-legrinaggi hanno dotato questo luogo di una forza straordinaria: al di sopra della cripta dove riposa il corpo del santo sono state riscontrate ben 21.000 unità Bovis.

La cattedrale di Santiago di Compostela

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Luoghi di forza 57

Chartres (Francia). La collina dove sorge la cattedrale è stata luogo di culto e pellegrinaggio fin da tempi antichissimi. All’epoca della conqui-sta della Gallia da parte di Cesare c’era un bosco di querce sacre, con una sorgente venerata dai Celti. Quando la regione fu cristianizzata qui fiorì il culto della Vergine. Varie chiese si sono sovrapposte, quella attuale fu completata nel 1220. Perfetto gotico, esprime pienamente la tensione verso l’alto. Dal punto di vista energetico la cattedrale è stata molto studiata. Sotto la chiesa, a 37 metri di profondità, scor-re un fiume e nella zona dell’altare si incontrano 14 canali artificiali: situazione che rende la cattedrale una sorta di cassa armonica per le vibrazioni del luogo e della sua energia. Le unità Bovis qui riscontrate sono 18.000.

La cattedrale di Chartres

Monte Sant’Angelo (Gargano). Luogo specialissimo, dove sarebbe apparso più volte l’arcangelo Michele per segnalare la sacralità del luogo e interagire nella storia umana. La grotta dell’arcangelo, sulla quale poi Carlo d’Angiò fece costruire una chiesa, è un luogo di gran-de suggestione: grandiosa caverna di potente raccoglimento, da se-coli meta di pellegrini, dove l’arte ha lasciato preziose testimonianze.

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58 Paola Giovetti

La grotta dell’arcangelo a Monte Sant’Angelo

Goetheanum (Dornach, Svizzera). Voluto da Rudolf Steiner come sede per le sue molteplici attività, il Goetheanum (così chiamato in onore di Goethe) sorge presso la cittadina svizzera di Dornach, a pochi km da Basilea, su un terreno che Steiner trovò particolarmente “cari-co” e armonico, e quindi adeguato ai suoi scopi. Costruzione straordi-naria e assolutamente innovativa per i tempi (inizio del XX secolo), il Goetheanum è stato progettato e realizzato personalmente da Steiner. Un luogo di forza al quale l’opera di un uomo speciale ha conferito un’aura inimitabile: per usare le parole di Steiner stesso, “un simbolo della vita spirituale dei tempi nuovi”.

Il Goetheanum di Rudelf Steiner a Dornach

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Luoghi di forza 59

Il luogo di forza personale.Abbiamo fin qui parlato di luoghi speciali; dedichiamo ora due parole a un altro aspetto più semplice e quotidiano, ma non meno impor-tante: il luogo di forza personale. Nella nostra epoca così stressata e frenetica è infatti assai benefico poter contare su un luogo capace di caricare, armonizzare, dare pace. Un simile luogo è importante come il cibo, in quanto la nostra vitalità e il nostro benessere possono di-pendere in vasta misura dal sito in cui viviamo o dove ci tratteniamo a lungo.

Il luogo di forza personale non deve essere necessariamente una celebre cattedrale, un grandioso monumento megalitico o una località ricca di memorie storiche come quelle sopra descritte: può essere un sito senza edifici prestigiosi, poco appariscente o addirittura modesto, ma capace di donare equilibrio e serenità. Può trattarsi anche di un angolo nella libera natura, o addirittura nel proprio giardino. A volte può bastare mettersi sotto un albero sano e appoggiarsi al suo tronco per assorbire la benefica energia della pianta e sentirsi meglio. Persi-no un angolino della casa può fungere da luogo di forza: un luogo cioè particolarmente armonico e raccolto, dove ritirarsi a leggere, riposare, meditare dopo le fatiche della giornata o prima di affrontarne di nuo-ve. Per rendere questo angolino particolarmente gradevole e dispen-satore di energie può essere opportuno collocarvi una fotografia del luogo di forza che si conosce e che ci ha maggiormente coinvolti, per esempio una cascata, una basilica, un antico tempio. In questo modo, rievocando nella memoria le sensazioni e le emozioni provate, l’effetto energetico sarà potenziato. Una volta trovato il proprio luogo di forza, lo si può utilizzare – possibilmente da soli – per raccogliersi e recupe-rare energie.

SummaryIn November 2014 the Fondazione/Biblioteca Bozzano-De Boni organized a one-day conference about “Energy places”. Old people knew very well this en-ergy and how to create buildings and temples which could bridle and make the most of the positive radiations and mitigate the negative ones. In this article P. Giovetti presents the subject in general and describes some of the most famous monuments of the world. In the two following articles the archaeologist Maria Longhena writes about the famous greeck temple of Delfi and the Italian cave of the Sibilla of Cuma; and the architect Gianfranco Cuccoli describes the mag-nificent old European Cathedrals.

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60 Maria Longhena

I santuari di Delfi e di Cuma

Gli oracoli delle Sibille e i luoghi delle forze sotterranee

Maria Longhena

Vi furono luoghi nel mondo antico che di-vennero importanti centri religiosi e meta di pellegrinaggi nel corso di molti secoli.

Il più celebre dell’antica Grecia può es-sere considerato il santuario di Delfi, po-sto sulle estreme pendici del Parnaso, de-dicato al Dio Apollo. Gli scavi archeologici hanno dimostrato che in epoca micenea Delfi, allora chiamata “Pitho”, era la sede di una o più divinità femminili: nel succes-sivo periodo classico, a questo culto ance-strale si sovrappose quello della celebre divinità maschile, tutelare della Luce.

Tuttavia le protagoniste e le rappresen-tanti della religiosità di questo santuario furono soprattutto le “Pizie”, ovvero le sacerdotesse del dio, eredi dell’originaria figura sacra femminile. Prima di proferire i responsi, esse si sottoponevano a un ce-rimoniale propiziatorio: bevevano l’acqua

della fonte Cassiotis, masticavano foglie di lauro e assorbivano i vapori esalati da alcune fenditure del terreno che provocavano uno stato di trance.

Questo era il vero segreto del santuario ellenico, e della sua impor-tanza nata agli albori della storia: la sua ubicazione su un terreno par-ticolare dal punto di vista geologico, che ancora oggi dà al visitatore la sensazione di trovarsi in un luogo carico di energie molto particolari, legate dunque alla terra, oltre che al fascino dei suoi monumenti stra-ordinari e alla bellezza del paesaggio immutato nel tempo.

Rimanendo in ambito classico ma spostandoci in terra italica, un luogo citato dalle fonti storiografiche richiama la sacralità di Delfi.

Il dio Apollo con la lira, statua del I secolo d.C.

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I santuari di Delfi e di Cuma 61

Siamo in Campania, a Cuma, nella zona vulcanica oggi chiamata “Campi Flegrei”: qui, vicino al lago Averno che secondo gli antichi esa-lava vapori talmente tossici da annientare ogni forma di vita, la tradi-zione racconta che sorgeva l’antro della Sibilla.

Questa viene descritta quale tremenda profetessa che predice il fu-turo; a Enea fuggiasco da Troia consente di trovare l’accesso al Mondo dell’Ade, per poter poi continua-re il suo cammino. Anche qui, come a Delfi, la maga-veggente, dopo essere entrata in uno stato di trance, entra in contatto con il mondo dell’oltretomba e riesce a vedere il futuro dei mortali.

Non è un caso che l’antro del-la Sibilla fosse ubicato proprio in un’area geografica ricca di fenomeni vulcanici, fra Cuma e Pozzuoli, dove “ la terra ribolle”. Dobbiamo a Virgilio la descrizio-ne della trasformazione impres-sionante del suo volto e dello stato di incoscienza in cui cadeva al momento dell’oracolo: “E a lei che parla così, davanti all’ingresso, d’un tratto non rimase lo stesso volto, il colore, la chioma composta; ansima il petto, il cuore selvaggio si gonfia di rabbia, sembra più alta e di voce sovrumana …”(Eneide, libro VI)

Un’antichissima tradizione dunque di sciamane o maghe, che prima dell’avvento delle religioni classiche assunsero il ruolo - prettamente femminile – di profetesse e indovine, ruolo che fu espressamente scel-to in base alla conformazione molto speciale di certi luoghi, carichi di energie legate a movimenti tellurici e ad acque o vapori di origine vul-canica. Esalando i vapori e bevendo le acque che scaturivano dalle sor-genti termali – aiutate dall’assunzione di sostanze psicotrope - le Pizie e le Sibille del mondo antico alteravano la coscienza, cambiavano sem-bianze ed entravano in una dimensione inaccessibile ai comuni mortali, stabilendo un contatto tra la vita e la morte, l’umano e il divino.

Mentre a Delfi, là dove un tempo esistevano solo acqua e roccia, sor-se un complesso templare imponente e strutturato, a Cuma, nono-stante l’importanza del culto e dell’oracolo, la Grotta, ovvero l’ “antro” misterioso che ospitava la maga, rimase tale, suggerendo l’idea di una dimensione quasi “selvaggia”, strettamente legata alla natura ed estra-nea all’opera dell’uomo.

L’antro della Sibilla a Cuma

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62 Gianfranco Cuccoli

I misteri delle cattedraliLuoghi di forza, luoghi di mistero

Gianfranco Cuccoli

Si può iniziare dicendo: “sin dai tempi più remoti l’uomo sentì una grande attrazione verso la terra …..“.

“Come avranno potuto comunicare fra loro due uomini preistorici cercando di andare oltre il significato dei pochi suoni gutturali fatico-samente espressi? Con ogni probabilità si saranno seduti l’uno di fronte all’altro, carichi di diffidenza ma al tempo stesso desiderosi di esprimer-si e di divulgare ciò che la loro intelligenza, già per altro sviluppata, suggeriva.

Certo l’incontro sulla riva sabbiosa di una desolata laguna sarà sta-to interrotto da scarsi fonemi male articolati e intervallato da lunghi silenzi finchè uno dei nostri progenitori, quasi a far subito comprende-re all’altro una certa superiorità di pensiero, avrà tracciato con l’indice sulla sabbia un cerchio. Quella semplice figura, così scarna e primiti-va, assumeva il magico significato dell’iniziale esoterismo e cioè della tendenza – sempre presente nell’animo dell’uomo e quindi già insita nel carattere di quel primitivo essere – di trasmettere una sorta di sapienza iniziatica. E perchè mai un circolo e non una qualsivoglia forma geome-trica?

Perchè quella traccia circolare sulla sabbia era l’inconscia proiezio-ne del pensiero, un messaggio di ammirazione verso la natura che stava attorno. Il sole era infatti un disco infuocato, la luna una forma enig-matica a volte circolare......; insomma una infinità di elementi naturali suggerivano al nostro antichissimo progenitore di trasmettere all’altro interlocutore un messaggio ricco di significati misteriosi e non ancora decifrabili.”

E di segni parleremo più ampiamente nel merito del racconto dei segni espressi nelle cattedrali. Infatti, anche a voler prescindere dal significato semantico, il segno, ovvero il segno del cerchio che ho ci-tato un attimo fa, insieme ad altri innumerevoli segni (quadrato ecc.) determinerà gli spazi per la vita in comune, per esempio le dimore, i

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I misteri delle cattedrali 63

luoghi di incontro come le cattedrali, appunto, là dove altri segni, le figure, i racconti figurati e non prenderanno per mano chi li guarderà.

Ritornando a quella riva sabbiosa di una laguna desolata racconta-ta con splendida immaginazione da quel grande studioso di diagram-mazione, esoterismo e architettura che è stato l’architetto bolognese Luigi Vignali, si potrà dire con semplicità che “per forza” l’uomo rivol-geva un’attenzione speciale alla terra. E al cielo. In definitiva erano per lui gli unici punti di riferimento per sopravvivere, quindi tutte le mani-festazioni che la terra e il cielo proponevano, andavano a far parte del bagaglio di esperienze e attaccamento che l’uomo viveva sulla propria pelle, giorno dopo giorno.

L’uomo imparò così ad apprezzare particolarmente quegli aspetti di energia e quei segni che riteneva utili a migliorare la propria esi-stenza, e ad appagare l’innato desiderio di credenza e speranza nella divinità - o meglio ancora, in generale, ad associare a manifestazioni naturali il mistero del loro essere e la sacralità di qualcosa di superio-re, in poche parole della divinità.

Diamo per scontato, quindi, che intorno al primo secolo dopo l’an-no Mille esistessero già, e già da tempo immemore, luoghi in cui vi era-no manifestazioni di particolare energia legati a comportamenti insiti nella struttura stessa della terra, quali ad esempio geomagnetismo, percorsi d’acqua, spesso sotterranei, forze telluriche ecc., senza mai che essi si separassero dall’osservazione e interpretazione dei segni che si potevano rilevare nel cielo. In questi luoghi, che l’uomo consi-derava sacri, erano sorte edificazioni atte a celebrare le più disparate divinità a cui si rivolgeva l’uomo per venerare le stesse e per suppli-care aiuti. Gli edifici di culto si sovrapponevano e/o si sostituivano ai precedenti, a seconda delle credenze prevalenti in quel momento, e ciò avvenne anche per il culto in epoca cristiana.

Questo breve preambolo per meglio inquadrare l’argomento. Allora: le cattedrali, i loro misteri, i segni iconici, le rappresentazio-

ni, le relazioni con i luoghi ove si recepivano forze misteriose, in defi-nitiva la sacralità diffusa che veniva incanalata in un discorso religioso e culturale, legato a un’epoca del tutto particolare. Non mi soffermerò che per un attimo sulle definizioni e differenze storico/etimologiche tra Basilica (Casa del Signore), Duomo (che è sempre Casa del Signore, ma la più importante della città), Cattedrale (Casa del Signore, molto importante e sede della Cattedra del Vescovo). Gli aspetti che la “Casa del Signore” assume in Europa sono molteplici, praticamente tutti nel segno della Croce intesa come manifestazione di fede che ispirerà in Europa per lungo tempo l’edificazione degli edifici sacri cristiani. Ri-cordiamo la prima Basilica di San Pietro, San Marco a Venezia, Santa

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64 Gianfranco Cuccoli

Sabina a Roma dove si può constatare la presenza della diagramma-zione generata dal simbolo del sacrificio del Cristo.

Nei vari passaggi costruttivi si può già vedere l’intensificarsi dell’uso della diagrammazione con l’uso del triangolo o meglio del segno della squadra, che coniugandosi con il cerchio fa capire come le regole iniziatiche fossero già presenti anche in edificazioni sacre definite “romaniche” e che diverranno ancora più pregnanti nei secoli a seguire.

Cercherò in questa sede di puntare l’attenzione sullo sviluppo dell’edificio sacro “Cattedrale” e in particolare sul complesso di ge-nialità, sapere scientifico e iniziatico legato ai luoghi e alle forze mi-steriose dagli stessi, che iniziarono a evidenziarsi verso la fine del primo secolo dopo il Mille, per poi affermarsi in modo evidentissimo nel secondo secolo e oltre, in particolar modo in Francia, dove andava nel frattempo consolidandosi territorialmente il potere della dinastia capetingia.

Siamo quindi nel periodo immediatamente seguente alla prima Crociata per la conquista dei luoghi Santi del Cristianesimo, di Geru-salemme in particolare.

Quasi per effetto di un sortilegio o di una magia si assiste a un improvviso quanto incredibile fiorire di costruzioni religiose, le Cat-tedrali, che vanno a rappresentare, quasi fossero punti esclamativi in un racconto storico, emergenze straordinarie e quasi sempre fuori scala, nel panorama urbanistico e territoriale della Francia, a cui farà poi seguito una ripetizione per lo più in scala ridotta, nei secoli suc-cessivi, di edifici di culto che riprenderanno almeno in parte le carat-teristiche di quelle primigenie.

E’ quello un momento di particolare fervore religioso, in Francia in particolare, con la ripresa dell’esperienza mistica legata a personaggi di particolare spessore e carisma quale Bernardo da Chiaravalle e del suo particolare riguardo per il culto Mariano.

Assistiamo così al sorgere di ben undici Cattedrali su luoghi (per lo più collinari) già un tempo teatro di riti pagani e/o druidici oppure in sostituzione di preesistenti edifici religiosi cristiani, con la particola-rità di essere disposti sul territorio secondo un disegno in gran parte sovrapponibile con la Costellazione della Vergine. Questo raffronto può, per altro, richiamare la simbologia e il significato esoterico della Madonna Nera che fin dai tempi remoti era considerata la “Dea Ma-dre”, come personificazione della “Madre Terra”.

Partendo da questi presupposti entriamo ora nel “corpo” delle ca-ratteristiche peculiari delle Cattedrali, andando a indagare un po’ più a fondo.

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LINEE DI FORZA - praticamente quasi tutte le Cattedrali di cui par-liamo sorgono in posizioni coincidenti con linee di forza geomagneti-ca, almeno secondo chi ritiene valide le varie ipotesi di diverse forme distributive: linee, nodi, rete, ecc.

PRESENZE DI CORSI D’ACQUA, uno o più sotterranei, confluenti e/o sovrapposti o incrociantisi.

FORZE TELLURICHE sottili (vibrazioni della terra) che difficilmen-te l’uomo è in grado di percepire a livello cosciente.

RICERCA, come caratteristica iniziatica principale, dell’equilibrio del flusso energetico cosmo/tellurico.

TUTTI I SITI SONO SPAZI “SACRI” già da tempo immemore.

Tutte queste caratteristiche hanno come obiettivo principale “la trasformazione dell’uomo in senso religioso”, ma contengono anche messaggi alchemici nascosti di trasformazione dell’uomo. Al di là delle varie interpretazioni che possono venir date al gotico, alle sue origi-ni e ai suoi stilemi (ad esempio l’arco gotico discendente strettissimo delle ogive che erano già comparse nel tardo romanico), mi pare estre-mamente interessante prendere come riferimento interpretativo, non propriamente ortodosso, la magistrale interpretazione che delle Cat-tedrali troviamo nel libro del Fulcanelli “Il mistero delle Cattedrali”.

Come si legge in Wikipedia: “Fulcanelli (.....) è lo pseudonimo di un autore di libri di alchimia

del XX secolo, la cui identità non è mai stata resa nota. Lo pseudonimo utilizzato è formato dall’unione delle parole Vulcano ed Helio, due ele-menti che rimandano ai fuochi alchemici. Si è supposto potesse trattarsi di Jean Julien Champagne, o René Adolphe Schwaller de Lubicz, o Ca-mille Flammarion, o Pierre Dujol o Jules Violle, medico francese. Eugène Canseliet (nato nel 1899) si è sempre dichiarato discepolo di Fulcanelli, che parlò sempre attraverso Canseliet, che a sua volta curò le prefazioni dei suoi libri.”

‘L’art gotique’, scrive, ‘altro non è che una deformazione ortografica della parola argotique, la cui omofonia è perfetta….La cattedrale, dun-que, è un capolavoro d’art goth o d’argot. I dizionari definiscono la paro-la argot come “il linguaggio particolare di tutti quegli individui che sono interessati a scambiarsi le proprie opinioni senza essere capiti dagli al-tri che stanno intorno’.”

Fulcanelli ritiene, al pari di Victor Hugo nel libro Notre Dame de Paris, le Cattedrali veri e propri “Libri di Pietra” mediante i quali si tramandavano conoscenze ritenute tanto straordinarie che solamente poche persone iniziate avrebbero potuto comprendere. Personalmen-

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te ritengo questa interpretazione del tutto condivisibile; ritengo anche che il messaggio contenuto nel linguaggio iniziatico delle Cattedrali sia estremamente interessante. Tra l’altro un sapere fino ad allora inu-suale viene a sovrapporsi e a modificare quasi integralmente il modo di pensare, progettare e costruire questi grandi edifici sacri, creando una accelerazione eccezionale nel progredire delle conoscenze men-tali e pratiche.

Sarà poi una pura coincidenza il fiorire delle Cattedrali, l’acquisi-zione di nuova e segreta sapienza morale scientifica e pratica, con il ritorno dei Templari dalla Crociata?

Penso che ci siano molte possibilità di rispondere: NO!!Cerchiamo ora di mettere una dietro l’altra alcune notizie sui mi-

steri costruttivi e di leggere così qualche pagina dei “libri di pietra”. Le notizie ufficiali che si leggono nei testi sono queste:

Le risorse Le risorse per la costruzione di queste grandi opere architettoni-

che derivavano in gran parte dalle offerte dei fedeli, in denaro e/o so-prattutto in manodopera, con il contributo di somme derivanti dalle rendite vescovili. Non di rado i fondi si rivelavano insufficienti e allora i lavori venivano interrotti. Si hanno così tempi di costruzione gene-ralmente lunghi: 50 anni per quella di Chartres, 60 per Amiens, 80 per Parigi, 90 per Reims, 100 per Bourges, mentre la cattedrale di Be-auvais non venne mai del tutto completata.

Gli architetti Gli architetti erano scelti tra gli scalpellini ed erano coadiuvati da

un mastro muratore, un mastro carpentiere, un mastro fabbro, un ma-stro idraulico, un mastro scultore e un mastro vetraio. Tutti questi ar-tigiani si formavano con un apprendistato di più anni e con viaggi in diversi cantieri, dove potevano osservare le novità del mestiere.

L’architetto presentava al Vescovo e al Capitolo della cattedrale una pianta e un modello della chiesa e se questi venivano approvati dirige-va i lavori, controllando il taglio e la scultura della pietra, organizzando il cantiere, fornendo disegni dei partiti decorativi e delle iconografie e scegliendo i materiali. Gli veniva affiancato un canonico come ammi-nistratore, con il compito di tenere i conti, contrattare gli acquisti e pagare quanto dovuto a lui, ai suoi collaboratori e agli operai.

Il lavoro procedeva con il tracciamento della pianta, lo scavo delle fondazioni, la cerimonia della posa della prima pietra, l’elevazione dei muri, la copertura a volta e infine con la sistemazione di statue e bas-sorilievi. La vecchia chiesa doveva essere preservata per la continua-

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Facciata della Cattedrale di Notre Dame ad Amiens

zione del culto e veniva distrutta solo quando la nuova cattedrale poteva ospitare un altare dove il rito potesse essere svol-to.

La lunga durata dei cantieri e vari motivi contingenti potevano determinare la necessità di variazioni di pianta, o deviazioni di asse, o di-versità nelle misure del-le larghezze delle navate o dell’altezza dei suppor-ti, senza eccessive preoc-cupazioni di simmetria.Si applicavano nella co-struzione formule geo-metriche che venivano poi tramandate ai propri figli o apprendisti, che determinavano le pro-porzioni dell’opera, in continua evoluzione sul-

la base delle esperienze precedenti.Gli architetti godevano di alta considerazione. Soprattutto a partire dal XIII secolo molti di essi hanno lasciato traccia dei loro nomi in iscrizio-ni all’interno dell’edificio:• Jean de Chelles a Parigi (1258);• Pierre de Chelles, Jean Ravy e suo nipote Jean le Bouteiller, nella re-

cinzione del coro della medesima chiesa, nella prima metà del XIV secolo;

• Robert de Luzarche, Pierre e Renaud de Cormont nella cattedrale di Amiens;

• Jean d’Orbais, Jean le Loup, Gaucher de Reims, Bernard de Sois-sons e Robert de Coucy nella Cattedrale di Reims;

• Jean des Champs a Clermont-Ferrand;• Hugues Libergier a Reims (chiesa di Saint-Nicaise);• Jean Vast nella cattedrale di Beauvais;

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Di altri conosciamo le opere grazie alle iscrizioni tombali, come per Pierre de Montreuil (morto nel 1267).

Come sopra detto, questo è quanto si legge nelle cronache e storie ufficiali, ma si ha ben ragione di credere che la tecnologia costruttiva fosse del tutto originale, suggerita con evidenza da cognizioni mate-matiche, geometriche ed esoteriche riconducibili al tempo nuovo per-meato di ermetismo, magie, cabale, in pratica di quelle correnti del misticismo che ritenevano la creazione del mondo come “processo di emanazioni in forma di lettere e di numeri”.

Gli architetti in quel tempo risultavano detentori di insegnamenti segreti, cosmologici al pari dei sacerdoti egizi che dispensavano solo ai loro discepoli un insegnamento magico, occulto, cioè di una dottrina iniziatica applicata all’ ”Arte del Costruire”.

Come dice, ancora magnificamente, Luigi Vignali, “I capi Maestri si affidavano nella progettazione degli edifici cultuali, a ideogrammi costituiti da elementi geometrici inseriti in un cerchio di platoniana memoria. La circonferenza rappresentava l’eclittica celeste con le rela-tive dodici costellazioni e il triangolo equilatero, il quadrato e l’esago-no componevano l’ideogramma-guida per la definizione architettonica delle sezioni trasversali e delle fronti.”

E ancora: “Il reticolo d’impianto planimetrico di una costruzione cultuale era solitamente formato <ad quadratum>, mentre <ad trian-gulum> era la diagrammazione dell’architettura emergente: tale era infatti la “regola” dei franc-macons.”

Difficilmente, però, si sono conservati progetti e calcoli, e i nomi, a parte qualche cronaca del tempo, restano ignoti come quelli degli esecutori di sculture, vetrate ecc.

CARATTERITICHE COSTRUTTIVE E ARCHITETTONICHE

L’orientamentoQuasi tutte le cattedrali hanno l’abside rivolta verso sud-est e la fac-

ciata rivolta a nord-ovest, mentre i transetti del braccio trasversale sono orientati lungo l’asse nord-est / sud-ovest. Questa particolare orienta-zione della chiesa era, così come ogni altro particolare delle cattedrali, non casuale ma deliberatamente voluta, poiché in questo modo il fe-dele, entrando nell’edificio sacro, avrebbe camminato avanzando verso l’Oriente, ovvero verso la Palestina, luogo di nascita del Cristianesimo.

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I misteri delle cattedrali 69

La piantaLa pianta di quasi tutte le cattedrali gotiche ha la forma di una croce

latina. Questo è, secondo Fulcanelli, un ulteriore motivo per conside-rare le cattedrali come edifici esoterici, la croce infatti “é il geroglifico alchemico del crogiuolo”. Ed è nel crogiuolo che la materia prima ne-cessaria per la Grande Opera alchemica muore, per poi rinascere tra-sformata in qualcosa di più elevato (è quel processo di morte e rina-scita iniziatiche che sono alla base dei riti di molte delle associazioni massoniche tra le più famose).

L’elevazioneSi ricerca l’effetto verticale assoluto, quasi a lanciare la costruzione

verso il cielo, quasi a volerlo toccare, e poi alla stregua dei menhir neo-litici, delle piramidi, dei zigurrat a formare una sorta di antenna atta a captare energie cosmiche emergenti dalla terra di sedime. Di frequen-te vengono erette delle torri ai lati della facciata, anche secondarie del transetto (Chartres, Reims ecc.).

La muratura veniva realizzata con blocchi di pietra ben squadrati e in genere era ricoperta all’interno da un intonaco sul quale erano incisi finti giunti tra i blocchi. A volte erano presenti delle catene me-talliche destinate a rinforzare le strutture. All’interno le navate sono separate da grandi archi, sostenuti da pilastri polilobati.

Pianta della Cattedrale di Chartres

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70 Gianfranco Cuccoli

Al di sopra delle arcate la tribuna inizialmente pre-sente (XII secolo) venne in seguito rimpiazzata dal tri-forio (XIII secolo), realizza-to nello spessore del muro e aperto sulla navata centrale o mediante una serie continua di arcate (cattedrali di Char-tres e di Reims), ovvero con arcate inserite a gruppi in un arco maggiore (cattedrale di Amiens). Nel secondo quar-to del secolo la galleria si apre verso l’esterno e tutto lo spazio della parete viene ad essere occupato da finestre altissime, rese possibili dalle volte a crociera che riportano le spinte ai quattro angoli. Le volte sono sorrette da pila-stri costituiti da un insieme di sottili colonne che salgono senza interruzioni fino all’im-posta della volta, dove si tra-sformano nelle nervature di questa, accentuando lo slan-cio verticale.

Le sculture e gli ornamenti“La cattedrale propone de-

gli ornamenti che non vengo-no scelti per piacere, ma per presentare alla vista del popo-lo una teologia della Chiesa” (Georges Duby). Lo stile delle sculture si libera dagli schemi tradizionali e si ha un nuovo repertorio incentrato sull’os-servazione degli elementi del-la natura (foglie, fiori e frutti), mentre si diradano gli animali

Notre Dame de Chartres

Navata della Cattedrale di Beauvais

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I misteri delle cattedrali 71

mostruosi del repertorio romanico. I capitelli si riducono di impor-tanza e dimensione così da non interrompere lo slancio verticale delle colonne che formano i pilastri e proseguono poi, senza soluzioni di continuità, nelle nervature della volta. Il corpo umano viene ad ac-quisire proporzioni e atteggiamenti più naturali e distesi mentre nei portali le sculture, coi loro volumi, prendono il posto delle colonne. Le forme, limitate dalle forme dell’architettura, si fanno sempre più libere. I temi iconografici, destinati a trasmettere l’insegnamento reli-gioso, si definiscono: il Giudizio Universale rappresentato nelle lunette dei portali, su più regi-stri sovrapposti, la Vergine con il Bambino in maestà e le scene della vita del Cristo o della Ver-gine. A questi temi si aggiungo-no poi le occupazioni tipiche delle stagioni e dei mesi o le scienze del Trivio e del Quadri-vio.

Gli scultori lavoravano sulla base delle indicazioni impartite dagli architetti e dei mastri, a loro volta concordate con i ca-nonici, sulla base di disegni.

La simbologiaFonti iconografiche sono so-

prattutto la Bibbia (in particola-re i Salmi, la Genesi, Ezechiele, i Vangeli, l’Apocalisse), ma anche in alcuni casi i Vangeli Apocrifi i testi patristici (Padri e Dottori della Chiesa come sant’Agostino, sant’Ambrogio, san Giovanni Criso-stomo, san Girolamo), i Bestiari protocristiani come il Physiologus, che fu commentato anche da sant’Isidoro vescovo di Siviglia e altri Bestiari molto in voga nel Medioevo, alcuni dei quali illustranti anti-che leggende e credenze riespresse in senso cristiano.

Ricordiamo qui di seguito alcuni simboli che possono assumere diverse connotazioni a seconda dei luoghi: drago, croce, rosone, cer-vo, cigno, cavallo, toro, cinghiale, cane, orso, serpente, gallo, uccelli, gatto, lepre con l’uva, stella, scala e mulino, labirinto, la Vergine nera, pentagramma, stella a sei punte, cripta, pozzo, ecc.

Portale della Cattedrale di Notre Dame de Reims

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72 Gianfranco Cuccoli

Le vetrate Notevole importanza hanno le grandi finestre con vetrate colorate

nelle quali si narravano storie bibliche e vite dei santi. Le vetrate erano realizzate con un mosaico di pezzetti di vetro colorato sopra i quali erano dipinti i particolari, uniti da piombi. Il vetro colorato era ottenu-to mescolando ossidi diversi alla pasta in fusione.

UtilizzoQuesti edifici erano in pratica polifunzionali, dove naturalmente

prevalevano gli aspetti di carattere religioso, ma dove si svolgevano anche altre manifestazioni della vita associativa urbana. Poteva ospi-tare funzioni assembleari, politiche, giurisdizionali, notarili, mercan-tili.

ConclusioneCome per tutti i libri, anche per “i libri di pietra” si dovrebbe arriva-

re all’ultima pagina, ma in questo caso mi pare assai difficile porre la parola fine a un testo immenso come quello delle Cattedrali e dei loro “misteri”.

Vetrate della Cattedrale di Notre Dame de Paris

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I misteri delle cattedrali 73

Ancora più difficile dire che si è correttamente interpretato in que-sta breve relazione il significato vero e profondo dell’edificio Catte-drale e dei suoi misteri, anche e soprattutto in relazione al tema dei luoghi di forza e dell’energia del luogo, quando il luogo in questo caso ha generato edifici sacri dall’enorme complessità come le Cattedrali.

Per chi vi parla due interpretazioni, tra le molte possibili, possono essere riportate, una di carattere alchemico/esoterico:

“La cattedrale è il corpo eterno di nostra Signora, dove il tempo non scorre e dove avviene un fenomeno prodigioso, quello delle mutazioni. L’universo infatti è in continua evoluzione, e così anche l’uomo. Come nel centro della ruota si trova il mozzo, immobile, ma comunque causa del moto, così la cattedrale movimento di pietra si trova al centro delle mutazioni.”

E una un po’ eretica, che mi pare anche abbastanza pratica.La cattedrale doveva poter essere letta con estrema facilità da una

popolazione medievale del periodo 1200/1300, per lo più analfabeta e a cui si doveva e voleva impartire evidentemente una lezione evan-gelica la più completa possibile, tale da elevarla spiritualmente da una parte e stupirla per le enormi dimensioni e la sacralità diffusa dall’al-to. Il tutto con fini più pratici e molto meno religiosi e alchemici, non evocati, ma sempre presenti: tenere costantemente “in riga” il popolo minuto e la plebe in generale.

Infatti compaiono così alla visione dei fedeli veri e propri campio-nari di letture evangeliche raccontate per immagini e sculture, nel complesso di facile impatto e comprensione, ma solo per quello che doveva essere reso pubblico.

Ma a quale migliore predica figurata si poteva pensare?

SummaryCathedrals, with their mysteries, their iconic signs and representations, their connections to the places where one could perceive mysterious forces, the per-vasive sanctity that was channelled into a religious and cultural discourse, at-tached to a distinctive epoch.

One can witness, almost as a result of a spell, a sudden and incredible flouri-shing of religious buildings, cathedrals in fact, which will represent, almost like an exclamation marks in a historical narrative, extraordinary emergencies, al-most always off the charts in the urban and territorial landscape of France, which will then be followed on a smaller scale, in the following centuries, by religious buildings that will resume, at least partly, the characteristics of the primal ones.

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74 Luce e Ombra, vol. 115, fasc. 1, gennaio-marzo 2015

SAPIENZA ANTICA

1. Qual è la prima di tutte le cose?«Dio, perché Egli è sempre esistito.»

2. Qual è la più bella di tutte le cose?«L’Universo, perché è l’opera di Dio.»

3. Qual è la più grande di tutte le cose?«Lo Spazio, poiché esso contiene tutto ciò che è stato creato.»

4. Qual è la più costante di tutte le cose?«La Speranza, poiché essa rimane con l’uomo,

dopo che egli ha perduto ogni altra cosa.»

5. Qual’è la migliore di tutte le cose?«La Virtù, perché senza di questa non vi è nulla di buono.»

6. Qual è la più veloce di tutte le cose?«Il Pensiero, perché in un attimo raggiunge

i più lontani confini dell’universo.»

7. Qual è la più forte di tutte le cose?«La Necessità, poiché essa fa affrontare tutti i pericoli della vita.»

8. Qual è la più facile di tutte le cose?«Dare consigli.»

Ma quando egli venne alla nona domanda, il Saggio pronunciò un paradosso. Egli diede una risposta che il suo saccente interlocutore mai comprese, ed alla quale la maggioranza

degli uomini darebbe solamente un significato superficiale. La domanda fu:

9. Qual è la più difficile di tutte le cose?«Conoscere se stesso»

E il Saggio di Mileto rispose:«Questo era l’ammonimento all’uomo ignorante

da parte dell’antico Saggio; e questo ammonimento vive e vale ancora oggi.

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Luce e Ombra, vol. 115, fasc. 1, gennaio-marzo 2015, pagg. 75-80

Parapsicologia nell’Egitto dei faraoni e nell’Egitto moderno

Alejandro Parra

Alejandro Parra si è laureato in psicologia presso l’Università di Scienze Sociali di Buenos Aires ed è attualmenrte professore associato. E’ mem-bro della Parapsychology Association e della Parapsychology Founda-tion; è inoltre membro associato della Società Argentina per la Ricerca Scientifica.

La storia dell’Egitto, che conta oltre 7000 anni, è la più antica dell’u-manità. L’Egitto è caratterizzato dal lunghissimo fiume Nilo, che di-vide il territorio ed è considerato il catalizzatore della sua civiltà. La sua posizione collega i due continenti Asia e Africa e attraverso il mar Mediterraneo l’avvicina all’Europa. Esso inoltre ha contribuito a dare al carattere egiziano una personalità unica, dovuta – come dice il ro-manziere egiziano Gamal Hemdam - a due fattori: l’ambiente naturale, cioè il Nilo e la sua valle, e il suo contorno multiculturale con le tante subculture.

Tutto ciò ha reso l’Egitto una civiltà profondamente radicata nelle tradizioni delle diverse culture che si susseguirono e sovrapposero nei secoli e che espressero sempre un interesse particolare per il “mondo invisibile”, fino a divenire uno dei suoi principali aspetti culturali.

Parapsicologia nell’Egitto FaraonicoLo studio della personalità umana nell’Egitto Antico, più precisa-

mente nell’epoca faraonica, ebbe inizio con un geroglifico di più di quattromila anni fa, scritto da Ankh Khenso, che recita: “I più grandi segreti dell’universo si trovano sotto la pelle, e non oltre te stesso”. Per l’Egitto antico, la personalità umana si divide in quattro parti: Ab, che si riferisce al cuore, alla mente o al pensiero; Khat che si riferisce al corpo, a tutto ciò che è materiale e sensuale (o sessuale) in relazione col fango della terra; Ba che si riferisce all’anima o allo spirito, che può

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uscire dal corpo al momento della morte e in seguito ritorna al “mede-simo” corpo senza perdere la sua collocazione nell’altra vita immorta-le. Ka infine è il cosiddetto “corpo astrale”, compagno fin dalla nascita e per tutta la vita, che continua a vivere dopo la morte. Non è chiaro se è compagno nel bene o nel male, però custodisce il corpo dopo la morte, come troviamo scritto in numerose tombe.

L’egiziano antico fu anche il primo a riconoscere la medianità, a cre-dere che gli spiriti dei morti possano entrare nei corpi dei medium, che la mente di determinati individui possa ricevere un messaggio dall’oltretomba, che i medium siano in grado di comunicare con al-tri spiriti-guida e che sia possibile “vedere i morti” nel loro passaggio nell’aldilà.

Gli antichi egiziani credevano anche nel malocchio e nella capacità di procurare ferite a distanza o inviare la malasorte a una persona, e usavano portare amuleti per proteggersi dal male: in particolare, l’oc-chio di Horus o l’occhio di Amon Ra e lo scarabeo (Abu Chafer), simbo-lo dell’alba (la salita del sole).

Gli egiziani credettero nella resurrezione prima dei cristiani. La re-surrezione del corpo dipendeva dalle buone o cattive azione delle per-sone. Abbiamo traduzioni di antichi geroglifici trovati nelle piramidi o nelle tombe, in cui le divinità hanno una vera e propria “contabilità” delle buone o cattive azioni e assegnano una ricompensa o un castigo. Per questo la civiltà egizia può essere considerata una cultura che per la prima volta descrive una coscienza morale.

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Fenomeni psichici nell’Egitto post-faraonicoIn Egitto convivono molte religioni, così che per l’egiziano moder-

no è normale il dialogo tra il mondo invisibile e il mondo fisico. Ab-biamo molti aspetti di questo dialogo, come la credenza in un solo Dio (Allah), gli angeli, i profeti, i testi sacri (principalmente il Corano), la credenza nella resurrezione, la vita dopo la morte secondo le buone o cattive azioni che l’individuo ha compiuto. L’attività quotidiana nella vita era molto ritualizzata: pratiche di tecniche di guarigione e cura mediante l’uso di libri sacri, celebrazione di cerimonie per la nascita e la morte, pratiche culturali simili al battesimo dei bambini e l’estrema unzione ai moribondi nel cattolicesimo.

“Molte persone credono nell’azione della mente sulla materia (psi-cocinesi), in particolare attraverso la forza della preghiera”, sostiene la psicologa sociale Samah Khaled Zahran dell’Università Ain Shams del Cairo. “Gli egiziani credono fermamente che Allah autorizzi la cura attraverso la fede di chi prega sul paziente infermo, però Allah non interviene direttamente nella cura in quanto questa dipende dalle azioni buone o cattive della persona in oggetto. Quindi, secondo le tradizioni egiziane, Allah non cura direttamente, ma permette che il potere della preghiera (psicocinesi?) del devoto influisca sul paziente infermo. In questo caso Allah decide se la persona può essere cura-ta, oppure si ammala o anche muore. La sua vita dipende in grande misura dal potere della fede, non solo quella dell’infermo ma anche dall’intensità della preghiera del praticante”.

Questa credenza egiziana proviene da antiche tradizioni dell’Egitto antico, che poi influirono sull’Islam e si trasmettono di generazione in generazione nel corso dei secoli: non si tratta di una credenza comu-ne ad altre culture islamiche del Medio Oriente.

“Anche la seconda forma può essere considerata una PK malefica o inversa, ovvero l’azione dell’invidia, della gelosia, del risentimento e di altri sentimenti negativi”, sostiene ancora Samah Khaled Zahran, “e può colpire altre persone attraverso l’effetto nocivo del malocchio o della malasorte”. Uno dei simboli più popolari è l’occhio di Khamisa, oppure quello che gli europei chiamano “la mano di Fatima”, figlia del profeta Maometto, un amuleto d’oro, argento, rame o altri metalli, che dona ai luoghi o alle persone la protezione contro il malocchio e gli effetti nocivi della magia nera.

Lo storico egiziano El Gamily nel suo libro Storia dell’anima (in ara-bo) sostiene che “quando un essere umano dorme la sua psiche (men-te) esce dal corpo, senza destarlo, però resta collegata col dormiente attraverso un cordone che esce dal sognatore e lo aiuta a fare sogni lucidi. Intanto l’anima o lo spirito che è nel suo corpo lo mantiene in

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vita”. Egli afferma anche che “gli egiziani musulmani attribuiscono ai sogni non soltanto la capacità di portare messaggi importanti, ma an-che di presagire il bene o il male, essi cioè sono precognitivi”. Secondo El Gamily gli egiziani ritengono che i sogni siano importanti anche perché sono menzionati nei libri sacri. Furono i sogni a informare del fatto che molti testi sacri (per es. il Corano) furono canalizzati per dettato divino; essi consentirono anche di conoscere gli avvenimenti futuri (per es. le profezie dell’arrivo del profeta Maometto).

Molti egiziani credono fermamente nei santi o “Al Awleaa”. Antro-pologi egiziani come Muhamed El Khesht definiscono “Al Awleaa” un uomo di valore, buono e paziente, puro, modesto, casto, generoso, educato, una persona molto intelligente. I Sufi per esempio credono che queste caratteristiche li aiutino a pensare e meditare sull’universo e a conseguire l’illuminazione. Alcuni Sufi ritengono che questo stato di illuminazione possa modificare le capacità normali dell’individuo o innescare processi che possono produrre fenomeni paranormali, ma ritengono che solo questo cammino possa portare alla santità. Questi uomini-santi dicono di possedere la capacità di guarire con mezzi non convenzionali in medicina, di predire il futuro, di saper rispondere alle domande delle persone o difendere i deboli e gli oppressi.

Il prestigioso sociologo egiziano Amin Eways sostiene che la so-cietà egiziana crede nei poteri occulti invisibili che controllano il mondo fisico. Nella sua tesi di laurea “I messaggi dell’Imam El Sha-fie” Eways descrisse il fenomeno per il quale un Al Awleaa si mette in comunicazione con i suoi “tutori morti“ (equivalenti agli spiriti-gui-da), o esseri cari defunti, il che riflette la credenza nel contatto con gli spiriti e l’accettazione delle pratiche medianiche nel mondo islamico. Eways classifica gli Al Awleaa in tre categorie: (1) guaritori del corpo, (2) guaritori dei matrimoni (che cioè risolvono conflitti matrimonia-li), (3) protettori che soddisfano le necessità o le richieste di altre per-sone. Molti psicologi sociali credono che il fenomeno della credenza in un Al Awleaa svolga un ruolo cruciale nella società da due punti di vista: come una forma di catarsi a causa delle loro sofferenze, per le abilità straordinarie che il popolo attribuisce loro, e anche come una forma di socializzazione in quanto questi santi vengono proposti come modello ideale affinchè i bambini li imitino.

Ricerche recenti in parapsicologia in EgittoIl caso più famoso reso noto dai mezzi di comunicazione è quello di

Sayed, un giovane dell’Alto Egitto che nel 1985 affermò di avere la ca-pacità di piegare monete col potere del suo sguardo (come Uri Geller

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negli anni Settanta). Dava inoltre dimostrazioni di sansonismo, cioè disponeva di una forza inusuale capace di sollevare una macchina di 1500 kg o un camion. Sayed scoprì questa forza straordinaria a sette anni quando disse di aver sradicato con le sue mani un albero con tut-te le radici. Fumava in media 200 sigarette al giorno, mangiava un kg di margarina a colazione, per cena aveva bisogno di 2500 gr di carne di pecora. Aveva undici figli, uno dei quali diceva di aver ereditato da lui le sue capacità, così come Sayed diceva di averle ereditate da suo padre.

Un altro caso ancora più strano è quello di Abd El Kareem, un uomo di 27 anni di Asiut, il quale disse che nel 1989 mentre una mattina stava dicendo le sue orazioni vide una luce a forma di tubo che discen-deva da un disco volante che tre creature verdi con tre occhi avevano collegato con fili elettrici al suo corpo. Da allora quest’uomo era stato in grado di ingoiare vetro e legno senza riceverne danno. El Kareem era un beduino semi-analfabeta, che non conosceva la letteratura ufo-logica; il suo caso suscitò l’interesse di alcuni specialisti che crearono una commissione di quindici membri, tra i quali il dr. Salah Arafa che operava da parte del Dipartimento di Scienze dell’Università Ameri-cana del Cairo, che ritenne che il caso di El Kareem fosse meritevole di essere studiato; altri studiosi spagnoli e inglesi vennero in Egitto per studiare questo caso, ma nessuno fu in grado di portare a termine un’analisi accurata: tutti si ritirarono di fronte allo scetticismo della comunità scientifica egiziana.

Negli ultimi anni non sono state compiute molte ricerche in Egitto e i contributi della comunità psi sono stati scarsi. Qualche contributo interessante comunque c’è stato: per esempio Seramin El Faramawy ha scritto vari articoli sulla parapsicologia per diverse riviste egiziane di divulgazione generale, e ha portato a termine vari esperimenti sul-la “cognizione anomala” e la sua relazione con gli stimoli dell’ambien-te, come lo studio delle vibrazioni elettromagnetiche tra due persone. La psicologa sociale Samah Khaled Zahran dell’Università Ain Shams del Cairo ha compiuto un’inchiesta per determinare quali variabili so-ciali e della personalità influiscono sulla percezione extrasensoriale. Ha studiato il rapporto tra telepatia e sogno psi e la loro relazione con età, igiene, problemi ed esperienze extrasensoriali. I risultati mo-strarono che su queste esperienze influiscono i problemi psicologici e sociali. Un secondo studio analizzò la percezione extrasensoriale in materia di decisioni e relazioni sociali. Zahran esaminò anche il modo in cui gli egiziani considerano le esperienze psichiche e come esse possano influire sulla loro vita sociale; questa inchiesta le suggerì il concetto di “parapsicologia sociale”.

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Di recente (aprile 2014) il parapsicologo argentino Alejandro Parra ha visitato Il Cairo, invitato dalla Segreteria della Cultura del Governo Egiziano e da Amin Al Serafi, direttore delle Attività Culturali del Cai-ro Opera House. Parra ha tenuto una conferenza dal titolo “Esperien-ze straordinarie: la ricerca sui fenomeni parapsicologici e altri eventi inusuali”. In una sala piena di studenti e docenti cairoti desiderosi di far conoscere le proprie esperienze paranormali e quelle dei loro co-noscenti, Parra ha presentato i risultati delle sue ricerche nell’ambito dell’Istituto di Psicologia Paranormale di Buenos Aires. Erano presenti anche l’ambasciatore di Argentina in Egitto, Sergio Baur, e l’addetta culturale dell’ambasciata di Spagna in Egitto, che hanno mostrato un vivo interesse per la tematica.

In conclusione possiamo dire di aver trovato in Egitto un terreno fertile e una prospettiva positiva per il futuro, tanto a livello accademi-co che popolare, nell’intento di educare le nuove generazioni di esper-ti al problema della psi, come essa funziona e come la si può utilizzare, confermando che è importante indagare sui fenomeni psi i quali con-tinuano a rappresentare un grande dilemma e una sfida per la scienza contemporanea.

SummaryThe psychologist Alejandro Parra received his PhD in psychology from the Uni-versidad de Ciencias Empresariales y Sociales of Buenos Aires and he serves as a psychotherapist in general clinical psychological practice in the Clinical Area of the Institute of Paranormal Psychology. Parra is full member of the Parapsy-chology Association. In this article he explores the interest in paranormal and spiritual phenomena in ancient Egypt, whose interest for the “invisible world” was always great, and in modern Egypt. Not many scientific works have been made in the present time, but the author, who was invited in Egypt and could meet the scientific society, realized that in the academic world the interest for this item is present and high.

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Luce e Ombra, vol. 115, fasc. 1, gennaio-marzo 2015, pagg. 81-84

Omaggio a Corrado Piancastelli

Marcello Carraro

Nel luglio 2014 moriva improvvisa-mente il dott. Corrado Piancastelli, giornalista, poeta, scrittore. Una personalità poliedrica impegnata e vivace, conosciuta principalmente per essere il medium dell’Entità “A” (Andrea) del Centro Italiano di Pa-rapsicologia di Napoli (CIP), sciolto dopo la sua morte.

Questa non è la sede adatta per una valutazione critico-letteraria di Corrado Piancastelli, piuttosto sen-tiamo la necessità di scoprire la sua realtà umana, spirituale e mediani-ca, e di ciò vogliamo trattare per far emergere il vero e profondo valore e l’azione svolta dal fratello Corra-do.

Piancastelli non aveva un indi-rizzo “spirituale” forte e prevalen-te, ma era un umanista profondo e attento alle realtà del suo tempo. Complessivamente queste sue notevoli doti, però, sono sempre rima-ste in secondo piano rispetto alle sue eccezionali potenzialità e qualità medianiche, quello straordinario stato di coscienza e fenomeno della personalità che gli permetteva di essere il tramite terreno del Maestro Andrea, suo Spirito-guida, poderosa entità spirituale per logica, sinte-si e razionalità espressiva.

Piancastelli confessava di non sentirsi alla pari, di essere sopraffat-to da questa figura di Maestro spirituale di enorme capacità dialetti-che e sconfinata Conoscenza. Si è trattato infatti di un fenomeno asso-lutamente unico nel suo genere, sicuramente la più grande espressio-ne medianica dei nostri tempi, estrinsecatasi per oltre sessant’anni.

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L’uomo Piancastelli si sentiva schiacciato sul piano umano e soffriva profondamente per non riuscire a esprimere e a far comprendere pie-namente anche le sue capacità culturali e le sue doti umane. Sofferen-za e disagio interiore che lo accompagnarono per gran parte della sua vita. Ѐ per questo che ora vorrei rendere omaggio a questa figura, per il grande sacrificio e impegno che ha espresso durante un lunghissimo periodo della sua esistenza. Pochi hanno capito e inteso la sua profon-da frustrazione, e la tenacia e il coraggio con cui ha portato avanti il suo progetto spirituale, perché Piancastelli era un uomo che intima-mente aveva ben chiara la sua missione, che si è espressa in migliaia di ore di sedute e in un’attività di sperimentazione scientifica su se stes-so nella quale credeva fortemente, come elemento di dimostrazione della validità e importanza del fenomeno medianico.

La medianità a incorporazione gli poneva un altro impegno gravo-so oltre a quello delle lunghe ore di seduta di cui non aveva alcuna memoria: doveva infatti ascoltare o rileggere tutto il materiale delle sedute, oltreché studiarlo se voleva capire cosa era stato detto, e na-turalmente non sempre aveva il tempo per farlo a fronte dei tanti im-pegni di lavoro e di vita, per cui paradossalmente non si considerava un grande conoscitore delle importantissime comunicazioni che suo tramite si producevano. Piancastelli ebbe due validissime collabora-trici: Lia Muccio, la prima moglie, la quale “sbobinava” le sedute dai nastri magnetici, e Erminia Gargiulo che sposò dopo la morte di Lia e che sovrintese a tutta la riproduzione informatica. Purtroppo anche lei morì prima di lui, lasciandolo nuovamente vedovo.

Negli anni 1990-91 Piancastelli entrò in conflitto con il prof. Giorgio di Simone che era stato la sua interfaccia pubblica: con lui era stato molto legato per decenni, sino a quando – appunto in quegli anni – uscì dall’anonimato che aveva fortemente praticato fino a quel momento. Le ragioni dello scontro furono molteplici e sicuramente non ben com-prese e approfondite. Il carattere di Piancastelli non era infatti equili-brato e neppure facile e conciliante. Egli assumeva a volte posizioni ri-gide che lo danneggiavano all’esterno, anche verso amici di lunga data, si considerava infatti il “medium per eccellenza” e non derogò mai da questa posizione, facendo una sola eccezione per Roberto Setti, il me-dium del Cerchio Firenze 77 (morto nel 1984) che considerava una personalità seria e affidabile, rammaricandosi però che non avesse se-guito il suo esempio riguardo alla sperimentazione scientifica. Al di là di questo distinguo, Piancastelli e Setti furono le più grandi persona-lità dell’Alta Medianità del XX secolo e diedero veramente il massimo attraverso la loro medianità e azione per la cultura spiritualista della nostra epoca, ne furono veramente i massimi interpreti.

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Omaggio a Corrado Piancastelli 83

L’ambito del CIP fu il campo d’azione fondamentale di Piancastelli, e in esso non mancarono dissidi e contrapposizioni, nonché molteplici errori d’impostazione metodica e organizzativa, ai quali egli tentò in parte di porre rimedio senza molta avvedutezza complessiva. Il CIP – al di là di tutto ciò – ha rappresentato comunque uno dei punti più avanzati in assoluto dello spiritualismo contemporaneo; lì infatti si svilupparono dottrine e visioni destinate, potenzialmente, a cambiare radicalmente la concezione complessiva della realtà umana, etica, filo-sofica, religiosa ecc. Purtroppo molti temi non furono approfonditi e altri toccati solo marginalmente, altri ancora neppure affrontati, ma il compito era certamente immane e forse totalmente al di là delle pos-sibilità dei singoli e dello stesso contesto. Certamente l’attività di dif-fusione del CIP è stato l’impegno più importante del prof. Giorgio di Si-mone, come lo furono i suoi testi e le sue pubblicazioni, ai quali Corra-do Piancastelli non aggiunse molto, anche se la sua biografia, Il sorriso di Giano, risulta basilare per comprendere la sua personale condizione complessiva. Il fenomeno della medianità di Piancastelli era eviden-temente molto più grande delle sue personali possibilità umane, una sorta di grandezza indescrivibile e incontrollabile, non ben percepita, compresa e sfruttata come tale. Nonostante ciò, Piancastelli applicò tutto se stesso e, a parere di chi scrive, seguì comunque le giuste li-nee d’impostazione e i giusti obiettivi, quelli che complessivamente erano richiesti dal suo momento storico e spirituale. Sviluppò bene la sua funzione pionieristica specialmente nel campo della parapsicolo-gia umanistica a proposito della quale scrisse, in una visuale felice e armoniosa, l’opera I Fondamenti della parapsicologia umanistica, che toccava un tema fondamentale della reale condizione umana e che è forse il migliore in assoluto dei suoi scritti per intuizione e profonda chiarezza espositiva. L’equilibrio esistenziale solitamente mal si asso-cia ai grandi spiriti anche se a questo dovrebbero tendere, però com-plessivamente l’opera di Piancastelli seguì di fatto le grandi visioni e indirizzi del suo Maestro: in questo non vediamo errore alcuno al di là di tutto il malessere non conosciuto della sua personalità.

L’ultimo periodo della sua vita (da metà degli anni Novanta) vide uno scadimento delle condizioni caratteriali – forse influenzate dalla sua grande energia medianica – e divenne iroso, con scatti aggressivi del tutto ingiustificati dei quali era peraltro conscio, come ebbe a con-fessare allo scrivente nel 1996. Aveva perso – diceva – la sua preceden-te calma e serenità.

Piancastelli aveva un grande obiettivo per il quale si batté strenua-mente e in maniera continuativa: voleva dimostrare l’esistenza dell’a-nima, la sua realtà nell’uomo, un progetto certamente ambizioso e

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forse prematuro ma per nulla errato, profondamente coerente con la visione spiritualista, e che parallelamente tendeva a una concezione grandemente scientifica della medianità come fenomeno autentico nell’uomo.

Siamo certi che ora il fratello Corrado ha ritrovato il suo grande Ma-estro di cui è stato il grande e impegnato tramite, e anche tutti coloro che come lui hanno sostenuto la concezione spiritualista. Anche noi lo sentiamo presente e vicino nella grandezza spirituale che certamente possedeva, sicuri di reincontrarlo in un futuro senza tempo. [email protected]

Dal 25 al 27 settembre 2015 a Cattolica il tradi-zione congresso del Movimento della Speranza

Il Congresso del Movimento della Speranza, giunto ormai alla XXIX edizione, si svolgerà a Cattolica dal 25 al 27 settembre 2015, presso le strutture dell’Hotel Waldorf.

Questo il programma in via di definizione:

Luisiana Furlanetto e Nadia Renda: Medianità fisica: la ragione crede a cio’ che l’occhio vedeGabriella Ferrari: “La nostra nascita: 7 abbracci più 2Krisztina Nemeth: HEALING VOICE- Guarigione spirituale attraverso il canto medianicoGianfranco Cuccoli: Archeologia e paranormale: il caso GlastonburyGrazia Francescato: Il mio incontro con gli angeliEdda Cattani: Cos’è il Movimento della SperanzaPaola Gioovetti: Celebrità e misteriDonatella Coda Zabetta: Sulla gioiaOsvaldo Sponzilli: Medicina vibrazionale e mondo dell’AnimaCarluccio Bonesso: Ti sei mai chiesto cos’è la felicitàe altri.

È prevista una Tavola Rotonda guidata dall’attore Enzo Decaro sul tema “La fede e le opere”.Numerosi sensitivi saranno a disposizione per incontri privati.Nel prossimo numero di “Luce e Ombra” sarà pubblicato il pro-gramma definitivo.

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Accadeva ieri

a cura di Giulia P. Tenti

Giovanni Papini intervista uno spiritoGiovanni Papini (1881-1956), scrittore e poeta fiorentino, in-discusso protagonista della vita culturale italiana della prima metà del Novecento, è autore di molti racconti uno dei quali si intitola Intervista con uno spiri-to ed è incluso nel primo volume della sua Opera Omnia. Il raccon-to inizia con queste parole:

“In questi tempi di sedute me-dianiche e di comunicazioni spiri-tiche ho voluto entrare anch’io in rapporti con uno spirito…”

Animato da una insaziabile curiosità intellettuale, Papini si interessò anche dei fenomeni paranormali, avendo compagno in queste sue scorribande esote-riche lo psichiatra RobertoAssa-gioli, anche lui residente a Firen-ze.

A quanto risulta, i due proget-tarono di partecipare alle sedute della medium napoletana Eusa-pia Palladino, celebre per gli stra-bilianti fenomeni fisici che avve-nivano nelle sue sedute: levita-zioni, sollevamenti completi del tavolo, venti freddi, apparizione di mani fantasma che lasciavano le loro impronte nell’argilla, luci inspiegabili, apporti di oggetti e altro ancora. Non abbiamo però

testimonianze certe della parte-cipazione dei due studiosi alle sedute.

Se non a quelle di Eusapia, Papini partecipò di certo ad al-tre sedute medianiche: ne fa te-stimoninza il suo scritto sopra citato che, sia pur pervaso dalla tipica vis provocatoria dell’auto-re, rivela un’ottima conoscenza della materia.

Capovolgendo ironicamente i ruoli, ma non nascondendo at-tenzione e rispetto, Papini va su-bito oltre quella fenomenologia che tanto intrigava gli scienziati del tempo e passa direttamen-

Giovanni Papini

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te ai contenuti del suo colloquio con lo spirito.

“Appena ebbi chiamato lo spiri-to, mi accorsi subito che si tratta-va veramente di una ‘intelligenza intelligente’ e non uno dei ‘soliti ignoti’ che si limitano a traspor-tar tavole come facchini…’Leggo nella tua anima’, cominciò lo spi-rito, ‘che non hai bisogno di giuo-chi scientifici per esser certo del mio potere. Se tu fossi meno intel-ligente, potrei toglierti la seggiola di sotto, far ballare per aria i tuoi libri o tirarti i capelli fino a farti male. Queste sono cose che fanno impressione alle anime semplici e agli scienziati, ma non val più la pena di parlarne…Quello che importa a noi, esseri intelligenti, è stabilire relazioni regolari fra i due mondi ed è per questo che ti parlo’.

Lo spirito viene subito al dun-que e spiega il sorprendente per-chè della sua venuta:

“Voi vi immaginate di fare del-le esperienze servendovi di noi e vi illudete di arrivare a sapere chi siamo, chi siamo stati e cosa fac-ciamo e non vi siete accorti che siamo noi che abbiamo compiu-to queste esperienze per meglio conoscervi! La nostra esistenza è assai più antica delle pratiche spiritiche e siamo proprio noi che le abbiamo volontariamente provocate per sapere qualcosa di più della vostra vita e della vo-stra psicologia. Nei tempi passati soltanto pochi fra noi avevano la curiosità di conoscere gli uomini

e perciò le manifestazioni non av-venivano che in circostanze stra-ordinarie. Da circa mezzo secolo, invece, l’antropologia ha preso fra noi un certo sviluppo e son comin-ciate fra gli spiriti grandi dispute sulla questione se conveniva o no stabilire rapporti regolari con es-seri così inferiori a noi, come siete voi. Finalmente abbiamo deciso di sottomettervi a un periodo di pro-va e di fare una specie di inchiesta sul vostro conto: per questo abbia-mo inventato le sedute spiritiche e abbiamo scelto quegli strumenti di osservazione che voi chiamate medium. Non avendo, come voi, la noia di avere un corpo, abbiamo avuto bisogno dei vostri corpi per ottenere certe sensazioni e pro-durre certi effetti. Sappiate dun-que che il medium non è che una specie di canocchiale in carne e ossa di cui ci serviamo per osser-varvi meglio… Nello stesso tempo in cui credevate di fare spontanea-mente delle esperienze su di noi – e con quali scarsi risultati lo sapete meglio di me – noi siamo riusciti invece a compiere numerosissime esperienze su di voi e siamo giunti ad avere una conoscenza delle vo-stre anime più profonda di quella che voi stessi potete avere”.

L’inchiesta che lo spirito af-ferma di aver portato avanti con i suoi colleghi non è stata, scrive Papini, del tutto favorevole agli esseri umani: paura, curiosità infantile, superficialità, credulo-neria o sciocco scetticismo sono i nostri difetti, quelli che impe-

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discono un contatto reale.. Difetti gravi ma non irrimediabili, com-menta ancora lo spirito, dai quali possiamo emendarci:

“Non abbiamo ancora perduto ogni speranza di rendervi degni di entrare in vera comunione con noi…”

Solo se ci impegnassimo al massimo, aggiunge lo spirito, noi umani potremmo pervenire a un autentico, salutare contatto con l’altra dimensione. Paradossale, ma profondamente vero!

Spiritualista per vocazione, Giovanni Papini parlò e scrisse spesso dell’anima:

“Qual è la parte più alta, più ul-tima, più nobile e pura dell’uomo?”

si chiedeva. E rispondeva con si-curezza: “L’anima. Volendo agire sull’uomo in senso innalzante, bi-sogna agire sull’anima; soltanto nella direzione spirituale è possi-bile sperare in un cambiamento di rotta, in un rivolgimento totale degli esseri e dei valori. Nella vita presente dell’individuo è già il seme, il principio della vita futura dell’uomo”.

Fuor di dubbio che l’apertura allo spiritualismo e al mistero ab-bia costituito un terreno predispo-nente per la famosa conversione di Papini al cattolicesimo, che av-venne intorno agli anni Venti con la pubblicazione di uno dei suoi libri più famosi, Storia di Cristo.

L’allegato bollettino è da utilizzarsi per il rinnovo dell’adesione alla Fondazione.

Chi avesse già provveduto, non ne tenga conto.

Ricordiamo che l’adesione alla Fondazione è fondamentale per la vita della Fondazione stessa,

della Biblioteca, della rivista “Luce e Ombra”.

ALL’ATTENZIONE DEI LETTORI

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Notiziario

a cura di Paola Giovetti

XXI° GIORNATA DI STUDIO PRESSO LA FONDAZIONEBIBLIOTECA BOZZANO DE BONI – 16 MAGGIO 2015

Si svolgerà il 16 maggio la XXI Giornata di Studio organizzata dal-la Fondazione/Biblioteca Bozzano De Boni sul suggestivo tema

Le vie infinite della ricerca spirituale

Relatori:

• Krisztina Nemeth (cantante lirica, medium): HEALING VOICE- Guarigione spirituale attraverso

il canto medianico (con coinvolgimento del pubblico)

• Giorgio Bongiovanni (stigmatizzato, ricercatore spirituale): La verità sul terzo segreto di Fatima

• Elena Ledda (studiosa di G. D’Annunzio, archivista): Spiritualità di Gabriele D’Annunzio

• Gianni Monduzzi (scrittore, editore): Cercando Dio a modo mio

• Claudio Maneri (scrittore, ricercatore): Cronaca di una Ri-nascita

Contributo alle spese per sostenere le attività della Fondazione €15.

Si consiglia la prenotazione.

A Bologna il “viaggio oltre la vita” degli EtruschiDal 25 ottobre al 22 febbraio è stato possibile visitare a Bologna, Palazzo Pepoli, sede del Museo della Storia di Bologna, una mo-stra sugli etruschi centrata sul

loro concetto di Aldilà e sulle loro credenze relative al “dopo”. La mostra è stata realizzata in col-laborazione col Museo Nazionale di Villa Giulia di Roma, il maggior museo etrusco d’Italia. In esposi-zione la tomba della Nave, dove il

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tema del viaggio nell’Aldilà è pre-sente per la prima volta, numero-si vasi e sculture relativi al tema del grande viaggio, il clone del Sarcofago degli Sposi rinvenuto a Cerveteri, custodito a Villa Giulia e non trasportabile, e tanti altri oggetti che illustrano il concet-to che gli etruschi avevano della vita oltre la morte. Una mostra originale e istruttiva, che contri-buisce a far conoscere meglio un popolo straordinario rimasto a lungo misterioso.

I programmi della Comunità di FindhornLa comunità di Findhorn in Sco-zia è nata alcuni decenni or sono in collaborazione con le forze della natura ed è tesa a destare il potenziale umano. Un soggior-no a Findhorn offre un approccio olistico e invita a un cambiamen-to personale a livello di ecologia, responsabilità personale, comu-nicazione, amore, gioia.

Ogni anno i responsabili di Findhorn pubblicano una bro-chure con i programmi che ven-gono proposti. Base di tutto è la cosidetta “experience week”, la settimana di esperienza che consente di rendersi conto di ciò che Findhorn è e delle possibilità che offre. Queste settimane sono proposte ogni mese in inglese e a volte anche in altre lingue, tra cui l’italiano. Per il 2015 la set-timana in italiano sarà dal 15 al 21 agosto. Poi durante tutto l’an-no si susseguono corsi di ogni

tipo: dal management alla danza, dalla pittura al giardinaggio, dal gioco della trasformazione alla meditazione e altro ancora. Per maggiori informazioni: www.fin-dhorn.org

Ulisse morì in Italia?Le avventure di Ulisse si conclu-dono, per chi conosce l’Odissea, a Itaca dove il grande viaggiatore ritrova moglie, figlio e regno. Di quello che succede poi, Omero non ci dice niente: il suo libro fi-nisce con un sia pur faticoso hap-py end, al quale si può aggiun-gere lo scontatissimo “e vissero felici e contenti”. Pare però che le cose non siamo andate così e che dopo il ritorno a Itaca l’infatica-bile eroe non sia stato affatto in pace, ma abbia dovuto affronta-re altri guai e altri viaggi. Quan-to meno ce ne parla un libro del professor Nicola Calderone dal titolo La seduzione di pietra (edi-zioni Calosci di Cortona), che si basa sugli storici greci Teopom-po e Licofrone, secondo i quali Ulisse sarebbe arrivato nella città italiana di Gortunaia, nella quale è possibile identificare Cortona. Come mai Ulisse lasciò Itaca? A quanto sembra, per contrasti con la moglie Penelope: l’eroe sareb-be tornato in Italia, dove avrebbe incontrato Enea scampato alla di-struzione di Troia; si sarebbe poi rifugiato a Cortona, dove sarebbe morto e sarebbe stato sepolto. Se non si sa con esattezza dove sia la tomba di Ulisse, ammesso

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che veramente si trovi nella zona di Cortona, è invece certo che a Cortona morì e fu sepolto Pitago-ra: una tomba conosciuta come “Grotta di Pitagora” è ancor oggi molto visitata dai turisti.

A Cervia (RA) a maggio un con-vegno sul tema “Oltre il confine”Si svolgerà nei giorni 22-23-24 maggio 2015 a Cervia (Ravenna), su iniziativa di Carla Castagni-ni, promotrice dell’Associazione Culturale “Casa dell’Albero” di Fossoli (Carpi-MO) un convegno sul tema “Oltre il confine”(Club Hotel Dante – Tel 0544 977448)

Relatori: Giulietta Bandiera, Enzo Braschi, Nader Butto, Mau-ro Cesati Cassin, Cristina Contini, Mario Dalla Torre, Giuliano Falcia-ni, Paola Giovetti, Fabio Manfredi-ni, Luigi Maselli, Don Sergio Mes-sina, Roberto Montefusco, Laura Paradiso, Sue Rowlands, Agnese Sartori, Igor Sibaldi, e altri.

Per informazioniCentro Culturale l’Albero – Fos-soli - [email protected]. 335 6684108

A Milano il 25 aprile un conve-gno su “Cancro e Anima”Si svolgerà a Milano sabato 25 aprile 2015 (h. 10 – 20) pres-so l’Auditorium Pime (via Moi-sè Bianchi 94) un convegno sul tema:

Cancro e Anima La guarigione possibileorganizzato dal Gruppo Edito-

riale AnimaUna giornata per parlare del

nuovo approccio alla malattia, della scelta terapeutica e della rinascita possibile: una guarigio-ne che non riguarda soltanto la malattia in sé, ma anche l’anima della persona ammalata.

Con la partecipazione di noti medici integrati e le testimonian-ze di chi è guarito.

Moderatrice la nota giornali-sta e scrittrice Giulietta Bandiera.

Tra i relatori: Prof. Maurizio Grandi, oncologo; Dott. Erica Poli psichiatra, Prof. Piermario Biava – oncologo, ricercatore e auto-re di libri. Prof. Franco Berrino, medico epidemiologo (cancro e alimentazione), Chiara Stoppa, attrice – autrice del libro e del-lo spettacolo teatrale “Il ritratto della salute - Alla faccia del can-cro”, Dott. Ennio Caggiano, medi-co chirurgo esperto in medicina difensiva; Padre Antonio Gentili, barnabita, esperto di meditazio-ne; Serena Milano, autrice del libro “Ho scelto di guarire”; Ste-fano Tonelli, pittore; Beatrice Del Borrello, ricercatrice spirituale.Iscrizione €20Per informazioni e prenotazioni: Tel. 02 72080619 – Email: [email protected]

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Carmelo di Coimbra: Un cam-mino sotto lo sguardo di Maria- Biografia di suor Lucia di Gesù, Edizioni OCD, Roma 2014, pagg. 532, € 24Dieci anni fa, il 13 febbraio 2005, moriva a Coimbra, nel Carmelo, suor Lucia, la pastorella di Fati-ma: aveva 97 anni, essendo nata nel 1907, ed era l’ultima soprav-vissuta dei tre bambini che nel lontano 1917 erano stati testi-moni delle celebri apparizioni della Madonna. Giacinta e Fran-cisco, suoi cugini, appena più gio-vani di lei, erano morti poco tem-po dopo le apparizioni, come la Madonna aveva preannunciato, Lucia era rimasta “per qualche tempo ancora” per testimoniare. E questo lei aveva fatto, pur nella massima discrezione, per tutta la sua lunga vita.

Entrata nella vita religiosa come novizia nel 1926, prima era stata suora dorotea e poi, a partire del 1948, carmelitana a Coimbra: finalmente la clausura, che aveva sempre desiderato per portersi dedicare totalmente alla contemplazione e alla preghie-ra. Amatissima nel suo Paese e in tutto il mondo cattolico, suor Lucia – pur vivendo in clausura - era sempre rimasta in contat-to con l’esterno attraverso i suoi

scritti ed era ritornata più volte a Fatima per ricorrenze e incontri particolari.

Della sua vita all’interno del monastero, del suo carattere, delle sue esperienze spirituali, delle sue occupazioni si sapeva però pochissimo. Ora questo li-bro, redatto dalle monache del Carmelo di Coimbra sulla base dei loro ricordi personali, del-le lettere di suor Lucia e a suor Lucia e dei tanti altri suoi scritti, viene a colmare una lacuna e ci fa conoscere più da vicino una per-sona che non è esagerato defini-re straordinaria.

Assistiamo così, attraverso le parole di Lucia stessa, a tutte le vicende della sua vita: le appari-zioni, a lei e ai cuginetti, dell’an-gelo che in un certo senso pre-parò i bambini allo Straordinario che doveva venire, le sei appari-zioni della Madonna che ebbero il loro culmine nel “miracolo del sole”; i messaggi della Vergine, le difficoltà che accompagnaro-no e seguirono quegli eventi fino al loro riconoscimento da parte della Chiesa, la morte precoce dei cugini, le scelte di vita di Lu-cia, l’entrata in convento e poi la clausura, gli incontri con i Papi, il famoso terzo segreto di cui tanto si è parlato e certamente si conti-

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a cura di Paola Giovetti

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nuerà a parlare. E poi gli incontri fondamentali, quelli con la Ma-donna che ancora la visitò nella sua cella e di cui Lucia ha lasciato testimonianza.

Con mano felice le compagne di Lucia, le carmelitane, raccon-tano anche la Lucia privata, il suo carattere sempre allegro, il suo gusto per gli amabili picco-li scherzi, la sua generosità nei confronti di tutti, l’immensa de-vozione a Gesù e alla Madonna, l’attesa gioiosa e fiduciosa del gran momento in cui si sarebbe riunita a loro.

Cinquecento e più pagine che si leggono d’un fiato e che, a mio giudizio, chi si interessa di spiri-tualità dovrebbe conoscere.

Raffaele e Tommaso De Chiri-co, Cagliostro, un Nobile Viag-giatore del XVIII secolo, Ed. Mnamon, Milano, novembre 2014, pagg. 432, € 16.Tommaso De Chirico, Il conte di Cagliostro nel suo tempo, Ed. Mnamon, Milano, novembre 2014, pagg. 316, € 14.

Entrambi i libri sono acquista-bili presso il sito amazon.it, nei due formati, ebook1 e stampa2.

1 Il titolo dell’ebook: Cagliostro, un Nobile Viaggiatore del XVIII secolo, racchiude nello stesso formato i due volumi cartacei al prezzo di € 7. E’ reperibile anche presso l’Editore mnamon.it., e nei siti: bookrepublic, hoepli.it, ibs.it, feltrinelli.i2 t. I due libri in formato cartaceo si vendono separatamente, ma ne viene consigliato l’acquisto contemporaneo.

Per contatti con l’Editore: [email protected].

Nati dalla riflessione sugli stu-di di Raffaele De Chirico intorno alla figura del conte di Caglio-stro, trascritti e commentati dal figlio Tommaso, i due libri sono il frutto di un’appassionata ricerca pluridecennale degli autori in bi-blioteche europee e negli archivi di Stato italiani e vaticani.

Il primo libro, che è la stesu-ra autografa dell’opera scritta circa cinquant’anni fa da Raffa-ele, espone una versione inedi-ta della storia del personaggio; il secondo, suddiviso in sezioni, comprendenti le biografie cro-nologiche del conte di Cagliostro, di Giuseppe Balsamo, di Lorenza Felciani e di Serafina Feliciani, gli argomenti e i personaggi con-temporanei, scritto a commento e completamento del precedente volume, offre un’ampia visione panoramica, che si svolge nell’ar-co temporale all’incrocio di due secoli, degli eventi più caratteri-stici della vita del Grande Mae-stro.

La narrazione si presenta come un affresco storiografico del tutto originale, e le figure tratteggiate nei due volumi as-sumono dimensioni epiche, al punto da far apparire irrilevante quanto è stato finora scritto su Cagliostro, personaggio che ha sempre suscitato discordi e op-posti giudizi.

Il testo, nel quale gli autori

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propongono una teoria innova-tiva sulla vita, dai misteri della nascita ai dubbi sulla morte, del conte di Cagliostro, espone, con prove documentate, una teoria del tutto discordante dalla real-tà sinora ufficialmente nota sul protagonista e sui suoi compri-mari, tesi che può essere così sintetizzata: non solo il conte di Cagliostro e Giuseppe Balsamo erano due persone diverse, ma anche le rispettive mogli, Serafi-na Feliciani e Lorenza Feliciani, avevano una differente identità.

A parte questo contenuto, dall’importanza peraltro non se-condaria, il libro è anche il pre-testo per fornire al pubblico in generale, e ai bibliofili appassio-nati alle vicende del XVIII secolo in particolare, una cronaca detta-gliata e commentata del periodo storico che va dalla soppressio-ne della Compagnia di Gesù del 1773 alla Rivoluzione francese del 1789.

I numerosi riferimenti a epi-sodi e a personaggi dell’epoca, che fanno da sfondo alle vicen-de del conte di Cagliostro, coin-volgono il lettore in un clima di suspence tra realtà e romanzo. Nel complesso, tutta l’opera ri-dimensiona l’immagine del con-te di Cagliostro e del ruolo che ha avuto nell’Illuminismo il suo Rito di Massoneria Egizia, testo di profonda impregnazione eso-terica che scuote le coscienze e porta una nuova ventata di spi-ritualismo in una società fondata

sul materialismo scientifico, po-litico e culturale.

(Luce e Ombra)

Donatella Coda Zabetta: Il co-raggio di ascoltarsi – Guardare le cose cambiando prospetti-va, Edizioni Mediterranee Roma 2014, pag. 190, €13,50L’autrice di questo piacevole e simpatico libro, Donatella Coda Zabetta, è una persona singolare. Nata nel 1964, laureata in scienze naturali, dopo più di vent’anni di lavoro imprenditoriale ha deciso di cambiare rotta, di dare un di-verso indirizzo alla sua vita e da qualche anno, più esattamente dal 2009, si dedica a tempo pieno alle cose che la interessano e la coinvolgono veramente: la natu-ra, gli animali (vive, oltre che col marito e i figli, anche con due asi-ni, cinque caprette, tre gatti e un cane), la meditazione, la ricerca interiore e lo studio delle religio-ni e delle antiche medicine tradi-zionali. Un programma davvero invidiabile - e una grande grazia potercisi dedicare completamen-te, anche se per Donatella arriva-re a tanto non è stato indolore e le è costato non poco a livello personale e familiare.

Va detto anche che Donatella canalizza e nel libro di cui ci stia-mo occupando riporta il frutto delle sue meditazioni profonde che le portano conoscenze nuove sui temi che più hanno a che fare con la nostra interiorità e che sono quelli ai quali il libro è dedi-

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cato: spirito e materia, il dolore e la sua accettazione, paure debo-lezze. mente, anima e coscienza, karma e liberazione, il perdono, l’amore, la verità e tanti altri. Le canalizzazioni avvengono in stato di meditazione profonda e portano a Donatella gli insegna-menti di quelli che ha chiamato Maestri della Gerarchia Spiritua-le, che le vengono incontro quan-do lei è nello stato di coscienza giusto.

Come dice il sottotitolo, scopo del libro è mostrare che si posso-no guardare le cose anche in ma-niera diversa da quella abituale e che siamo noi i principali fautori del nostro benessere, della no-stra crescita e del nostro equili-brio interiore. Preso atto di que-sta potenzialità, non resta che mettersi al lavoro per ampliare i nostri orizzonti e dare un sen-so autentico al nostro esistere – e in questo importantissimo lavoro una aiuto può venire dal libro di cui ci stiamo occupando, dal quale si possono distillare piccole-grandi gocce di saggez-za. Il punto di vista dell’autrice sui diversi temi trattati è sem-pre accompagnato da quello dei Maestri, che ampliano, puntua-lizzano, spiegano. Un libro utile, denso di notizie e riflessioni, che si legge con vero piacere.

Louise E. Rhine: Psicocinesi- La Mente domina la Materia, Golem Libri, Roma, pagg. 400 €16.00

Louise Rhine (1891-1983), moglie di Joseph B. Rhine (1895-1980), il “padre” della parapsi-cologia moderna, e sua collega e collaboratrice nell’attività di ricerca presso la Duke University di Durham (North Carolina), ha dato un contributo importantis-simo alla ricerca psichica. Mentre il marito sperimentava in labora-torio col metodo quantitativo e l’analisi statistica, lei raccoglieva esperienze spontanee di telepa-tia, chiaroveggenza, precognizio-ne e psicocinesi (PK): migliaia e migliaia di casi che ha descritto in vari libri, uno dei quali – de-dicato alla psicocinesi – è quello di cui ci stiamo occupando. Edi-to in versione originale col tito-lo Mind over Matter nel 1970, il libro, pubblicato ora in Italia per la prima volta nell’ottima tradu-zione di Alessio Casale, racco-glie una casistica imponente che suggerisce la possibilità che la mente possa influire sulla mate-ria, e viene a colmare una lacuna, in quanto sul tema “psicocinesi” ben poco di sistematico e ben do-cumentato era finora stato pub-blicato nella nostra lingua. Una potenzialità, quella di influire con la mente sulla materia, poco nota ma che merita di essere stu-diata con grande attenzione per-chè la sua dimostrazione potreb-be modificare alquanto la visione di noi stessi.

Come racconta nell’introdu-zione Sally, la figlia dei coniugi Rhine che all’epoca già lavorava-

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no alla Duke, lo stimolo a studiare con metodo la psicocinesi venne da un giocatore d’azzardo pro-fessionista che nel 1934 si pre-sentò nel loro studio sostenendo (e poi dimostrando) di riuscire, in certi casi, a ottenere i risultati voluti nel lancio dei dadi. Dav-vero è possibile influenzare la caduta dei dadi o di altri oggetti con la sola interazione mentale e in maniera misurabile che esclu-da qualsiasi spiegazione alterna-tiva? Di qui ebbe inizio la celebre sperimentazione di laboratorio con valutazione statistica di Jo-seph Rhine con i dadi, nonché l’interesse di sua moglie per la psicosinesi in generale: gli even-ti che si verificano spontanea-mente al momento della morte di qualcuno (caduta di quadri, orologi che si fermano, campa-nelli che suonano da soli ecc.), l’influenzamento della caduta dei dadi, delle biglie e sulle pelli-cole fotografiche, i test di imposi-zione delle mani sulle piante, sui funghi, sugli esseri umani. Una casistica vastissima, che chiun-que si interessi di ricerca psichi-ca dovrebbe conoscere. Il libro contiene anche una utilissima appendice, e cioè un aggiorna-mento sulla psicocinesi dal 1968 ad oggi del noto parapsicologo dott. Massimo Biondi. All’edito-re di Golem Libri vanno quindi di diritto molti complimenti per questa iniziativa che sarà saluta-ta con interesse dalla comunità parapsicologica – e non solo.

Giorgio di Simone: …oltre ogni angolo di cielo… Poesie, Liriche ed Elegie - Edizioni del Centro Studi Italiano di Parapsicologia – Ge-nova 2014. pagg. 84. s. p.Dopo una vita a contatto con i fenomeni paranormali, partico-larmente quelli medianici, scri-vendo libri e articoli ove prevale l’osservazione dovuta alla sua esperienza nel campo della fe-nomenologia paranormale con le relative conseguenze, Giorgio di Simone ci stupisce non poco con questa raccolta, praticamen-te scritta nell’arco di molti anni, che rivela ancora una volta il suo pensiero, dove prevale l’intuizio-ne, come ci dice lo stesso Autore nella premessa.

Giorgio di Simone non crede in Dio nel senso religioso del ter-mine. E’ certo che Dio c’è, che Dio esiste, che è Infinito, per una se-rie di tanti importanti eventi og-gettivi che hanno costellato tutta la sua vita umana: Il soffio di Dio, L’ Anticamera di Dio, La Connes-sione Divina sono i suoi ultimi la-vori che dibattono il problema in una maniera diversa, direi nuova; non è semplice però far accettare concetti e pensieri che vanno ol-tre il conformismo imperante.

Leggendo i versi di Giorgio di Simone si capisce che provengo-no da un’anima che da sempre ha ricercato la più ampia libertà di pensiero e, si può proprio dire, ha “…scandagliato ogni angolo di cielo…”

“Symbole” e l’ “Entità A”, mae-

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96 Luce e Ombra, vol. 115, fasc. 1, gennaio-marzo 2015

stri spirituali di grandissima evo-luzione, che ha studiato e medi-tato a fondo, anno dopo anno, rappresentano le sue certezze, sono i suoi punti fermi, sono i capisaldi dai quali è partito per iniziare l’avventura umana che l’ha portato verso una strada irta di difficoltà, ma anche di grande gratificazione,

Io l’ho seguito per la mag-gior parte della mia vita, in una ricerca che offre tanto materia-le all’uomo di buona volontà: la ricerca dell’anima, che da molti, purtroppo, è considerata super-flua, perché l’anima è ritenuta

un ente astratto, inesistente. Ma Giorgio di Simone ha raggiunto anche un’altra certezza: è sicuro che lo spirito, la nostra interiori-tà, o comunque la vogliamo chia-mare, sopravviva dopo la morte e segua un’evoluzione, una cono-scenza eterna ed infinita.

Io devo ringraziarlo, perché fu lui che mi diede la possibilità, molti anni or sono, di seguire la ricerca dell’anima a più alti livelli.

Dei suoi versi mi piace ricor-dare questi:

Vivere nel tempo vuol dire non essere

(Silvio Ravaldini)

Il 5 per mille per sostenere le attività dellaFondazione Biblioteca Bozzano – De Boni

Caro amico, cara amica,anche quest’anno puoi scegliere a chi destinare, nella Denuncia dei Red-diti, il cinque per mille delle imposte.Destinare il cinque per mille della tua IRPEF (o di quella della tua famiglia se ancora non percepisci un reddito) alla Fondazione Biblioteca Bozza-no-De Boni significa aiutare la Fondazione a mantenere e gestire l’unica Biblioteca privata in Europa aperta al pubblico che conserva materiale pubblicato sulla ricerca psichica e tematiche affini e promuove attività di divulgazione in campo parapsicologico. Per destinare il tuo cinque per mille alla Fondazione, basta segnalarlo al commercialista o al CAF al mo-mento della compilazione della dichiarazione dei redditi e firmare la ca-sella delle associazioni non lucrative indicando il codice fiscale

9 2 0 4 4 9 7 0 3 7 1

Nei modelli che l’Agenzia delle Entrate mette a disposizione per la dichia-razione e il pagamento delle imposte, troverai una sezione integrativa per poter esercitare questa scelta. Lo spazio relativo alla scelta del cinque per mille è simile in tutti i modelli.

Il PresidenteSilvio Ravaldini