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VI-No. 2-2016 ITALIANO magazine CENTRUM INFORMATIONIS TOTIUS ORDINIS CARMELITARUM CITOC

CENTRUM INFORMATIONIS TOTIUS ORDINIS CARMELITARUM · 2016-08-31 · Da Santa Maria Maddale-na de’ Pazzi – di cui celebriamo quest’anno il 450° anniversario della nascita –

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VI-No. 2-2016

ITA

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magazineCENTRUM INFORMATIONIS TOTIUS ORDINIS CARMELITARUM

CITOC

P. Christian Körner, O.Carm.

editoriale

Nella copertina di questo numero di CITOC-ma-gazine potete vedere una bella foto del pelle-grinaggio alla Porta Santa dei due Consigli Generali O.Carm. - OCD, il quale si è svolto l’11 giugno scorso. Tra le molte iniziative di questo

anno giubilare, questo è stato senza dubbio un gesto significa-tivo, oltre che un’esperienza unica di comunione, espressa nel messaggio dei due Generali alla Famiglia Carmelitana, il quale si concentra sulla testimonianza di alcuni nostri Santi. Tra di loro, il Beato Tito Brandsma, sul quale offriamo un articolo in occa-sione del giubileo. Infatti il carmelitano olandese è stato presen-tato come “Un Padre forte e misericordioso” dal Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione in un libro intitolato “I santi nella misericordia”. Questo ci ricorda la sua testimonianza: un uomo che ha saputo coniugare la fer-mezza nella sua opposizione al nazismo con la compassione e la misericordia verso tutti, compresa l’infermiera che gli praticò l’iniezione che lo avrebbe poi ucciso.

Stiamo celebrando quest’anno il 450° anniversario della nascita di Santa Maria Maddalena de’ Pazzi: per questo al centro di questo nuovo numero di CITOC-magazine c’è anzitutto il ricordo di questa ricorrenza. Una nota biografica ci illustra la vita della Santa fiorentina, mentre un articolo ci presenta le cele-brazioni e le varie attività relative all’anniversario. Troviamo poi un contributo molto originale in una lettera delle monache a S. Maria Maddalena de’ Pazzi.

Vogliamo inoltre ricordare altri due anniversari, molto più re-centi. Quest’anno la ONG Carmelitana Karit. Solidarios por la Paz” (Solidali per la Pace) ha compiuto i suoi primi 20 anni di at-tività. Un contributo del suo presidente ci illustra questa grande testimonianza della Famiglia Carmelitana della Regione Iberi-ca. Infine, dopo un anno dalla pubblicazione della sua encicli-ca “Laudato si’”, presentiamo un’interessante riflessione sulla novità ecologica di papa Francesco.

Anche le altre presentazioni offrono un’ampia gamma d’informa-zioni sulla vita attuale dell’Ordine. Tra queste, vogliamo ricordare due missioni fondate recentemente, in Ucraina e ad Hong Kong.

Oltre a questi articoli e ad altre informazioni offriamo anche una selezione delle principali notizie, alcune delle quali già pubblicate in CITOC-online.

Auguriamo quindi a tutti una buona lettura di queste pagine del nuovo numero di CITOC-magazine.

CITOC-magazine è una pubblica-zione semestrale dell’Ordine dei Carmelitani. Le notizie, informazio-ni, articoli, lettere, fotografie e altri materiali offerti alla rivista diventa-no sua proprietà.

DirettoreP. Fernando Millán Romeral, O.Carm.

Direttore editorialeP. Christian Körner, O.Carm.

Consulente editorialeP. Raúl Maraví, O.Carm.

RedattoreP. Joseph Hung Tran, O.Carm.

Corrispondenti:

EuropaP. John Keating, O.Carm.

AfricaP. Conrad Mutizamhepo, O.Carm.

AmericaP. Raúl Maraví, O.Carm.

Asia, Australia e OceaniaP. Benny Phang, O.Carm.

Inviare le informazioni a:Curia Generalizia dei Carmelitani

Via Giovanni Lanza 138 00184 Roma, Italia Tel+39-064620181

Email: [email protected] www.ocarm.org

magazineCENTRUM INFORMATIONIS TOTIUS ORDINIS CARMELITARUMCITOC

contenutoEditoriale

Il beato Tito Brandsma e Santa Teresa di Lisieux, modelli per l’anno della misericordia

Nuovi Vescovi Carmelitani 2016

La Missione dei Carmelitani ad Hong Kong

Il Carmelo in Ucraina

Il più anziano dell’Ordine

Notizie

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24 La novità ecologica

di papa Francesco

28 KARIT20 ° anniversario

8Il beato Tito Brandsma - Un “Padre” forte e misericordioso

450° anniversario della nascita di Santa Maria Maddalena de’ Pazzi

10 L’anniversario

12 Santa Maria Maddalena de’

Pazzi - Profilo biografico

14 “Il Dio di infinita misericordia negli scritti mistici di Santa

Maria Maddalena de’ Pazzi”

16 Lettera delle Monache a Santa

Maria Maddalena de’ Pazzi

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4Sia benedetto per sempre, perché mi ha tanto atteso

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11

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Sia benedetto per sempre, PERCHÉ MI HA TANTO ATTESO

Lettera del Priore Generale O.Carm., R.P. Fernando Millán e del Preposito Generale O.C.D., R.P. Saverio Cannistrà, in occasione del Giubileo della

Misericordia

Alle sorelle e fratelli della famiglia del Carmelo,

Pace!

Lo scorso 11 giugno, accom-pagnati dai nostri rispettivi Consi-

glieri e Definitori Generali, ab-biamo varcato insieme la Porta Santa.

Presi per mano dalla Madre della Misericordia, sotto il dolce sguar-do della nostra Sorella e Signora, la Beata Vergine Maria del Monte Carmelo, anche noi abbiamo vis-suto un pellegrinaggio, esprimen-do così il nostro impegno e sacri-ficio per conseguire la meta della misericordia, il nostro desiderio di convertirci per poter essere mise-ricordiosi come il Padre lo è verso di noi (cfr. Misericordiae Vultus – MV - 14).

Siamo entrati nella Basilica di San Pietro in Vaticano come nel santuario della misericordia, per

incontrarci con la Misericordia fatta carne, desiderosi di parteci-pare intimamente, come la Ver-gine Maria, al mistero dell’amore divino: Gesù Cristo (cfr. MV 24).

Con Lei, attraversando la Porta Santa abbiamo cantato la miseri-cordia del Signore che, nella vita della nostra Famiglia, si estende ed è tangibile “di generazione in generazione” (Lc 1,50; cfr. MV 24). Chiamati a vivere “nell’os-sequio di Gesù Cristo, serven-dolo fedelmente con cuore puro e buona coscienza” (Regola, 2), adempiamo la nostra vocazio-ne con tanta maggior fedeltà, quanto più lo conosciamo e ci immergiamo nel suo mistero. Chi può aiutarci a realizzare questo felice compito meglio di quanto lo possa fare la nostra Sorella e Signora, lei che “ha custodito nel suo cuore la divina misericordia

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in perfetta sintonia con il suo Figlio Gesù” (MV 24)?

“Gesù Cristo è il volto della mi-sericordia del Padre” (MV 1): se vogliamo essere realmente un segno efficace dell’operare della Trinità misericordiosa nel mondo (cfr. MV 2-3), è assolutamente ne-cessario che ci soffermiamo a con-templarlo, che cresciamo nella co-noscenza di Cristo Gesù per poter “cogliere l’amore della Santissima Trinità” (MV 8). Vivere il giubileo della misericordia, prima di impe-gnarci in lavori e attività a favore degli altri, esige da parte nostra che fissiamo lo sguardo in Colui che rende visibile e tangibile l’a-more di Dio (cfr. ibid.). Solo guar-dandolo e meditando i suoi gesti e le sue parole potremo prepararci a donarci gratuitamente agli altri, a realizzare in suo nome dei segni di misericordia e di compassione verso tutti. Tale è l’esempio che ci hanno dato i nostri Santi, che ci hanno preceduto nell’ascesa alla Santa Montagna del Carmelo: co-noscere Cristo per farlo conoscere e amare.

In questa lettera vogliamo perciò invitarvi a contemplare Cristo, sostenuti dalla Santissima Vergine che non distoglie da noi i suoi occhi misericordiosi, e dalla testimonianza di alcuni dei nostri Santi. Vogliamo che essi ci aiutino a convertirci per essere aposto-li del Dio che effonde sul nostro Ordine, sulla Chiesa e sul mondo la misericordia che ha avuto e con-tinua ad avere verso tutti.

Da Santa Maria Maddale-na de’ Pazzi – di cui celebriamo quest’anno il 450° anniversario della nascita – impariamo a con-cepire la misericordia come un at-tributo divino, sinonimo di pace e riconciliazione. Dio ha fatto tutto con un mirabile ordine, ma anche con una grandissima misericordia, che procede dal suo grande e in-commensurabile Amore nei con-fronti delle sue creature. La Santa la respira in tutta la sua ampiezza,

al punto da non poterla esprime-re con le parole (cfr. I quaranta giorni).

Comunque, è nell’Incarnazio-ne del Verbo che la misericordia divina si manifesta in modo defi-nitivo. Ella – il cui nome religioso fu “del Verbo Incarnato” – com-prende che nel seno di Maria, la Madre della Misericordia, Dio ha siglato la pace definitiva col genere umano.

In Cristo, per Santa Maria Mad-dalena, si condensa tutta la mi-sericordia divina, percepibile in ciascuno dei suoi gesti e parole: Egli perdona perfino l’abbando-no dei discepoli nell’Orto degli Ulivi quando, addormentati, lo lasciano da solo nella sua atroce agonia, incapaci di accompagnar-lo almeno con la loro preghiera.

Chinando il capo sulla croce (cfr. Gv 19,30) Gesù, unito al Padre, ha esteso questo perdo-no a tutta l’umanità, realizzando l’atto supremo della misericor-dia: “Il perdono supremo offerto a chi lo ha crocifisso ci mostra fin dove può arrivare la miseri-cordia di Dio” (MV 24). Ma la sua opera misericordiosa non finisce qui. Per Santa Maria Maddalena

l’amore di Cristo continua a farsi conoscere: “Dopo essere salito al cielo, alla destra del suo Eterno Padre, Gesù ci segue manifestan-do di giorno in giorno la sua mi-sericordia che – dal nostro tempo fino al giorno del Giudizio – userà verso tutte le creature; e ci dimo-stra maggiormente questa virtù della misericordia, sopportando tanti peccatori e tante offese che gli vengono fatte” (I quaranta giorni; cfr. I colloqui, 2).

San Giovanni della Croce ci consente di approfondire e com-prendere ulteriormente la dimen-sione personale della misericor-dia divina, che non consiste sol-tanto nel distogliere lo sguardo dai nostri difetti. Per la sua mise-ricordia, il Padre ci fa crescere, ci eleva, invitandoci a fare lo stesso con gli altri: “Tu Signore, torni con letizia e amore a rialzare e onorare colui che ti offende, e io non sollevo e onoro di nuovo chi mi irrita” (Detti di Luce e Amore, 46). Questo rialzarci consiste nell’elevarci alla comunione più intima con lui, come canta l’Ora-zione dell’anima innamorata, che può giustamente essere chia-mata orazione della misericor-dia: “Non mi toglierai, Dio mio,

quanto una volta mi hai dato nel tuo unico Figlio Gesù Cristo, nel quale mi hai concesso tutto ciò che io desidero; perciò io mi ral-legrerò pensando che tu non tar-derai, se io attendo” (ibid., 26).

Dimorando in noi, ci abbellisce con opere degne di se stesso, ci permette di condividere i suoi at-tributi (cfr. Fiamma viva d’amore B, 3,6). E questo, sempre attra-verso il cammino della contem-plazione che ci conduce all’unione con Dio, penetrando nell’insonda-bile miniera di tesori che è Cristo (cfr. Cantico Spirituale B, 37,4).

Per san Giovanni della Croce, Dio vuole essere nostro, darsi a noi (cfr. Fiamma viva d’amore B, 3,6); questo è il senso profondo della sua misericordia: “O cosa veramente degna di ogni ammi-razione e gioia: Dio resta preso da un capello! La causa di questa cattura tanto preziosa va riposta nel fatto che Egli si è fermato a

guardare il volo di questo capel-lo, come si narra nei versi prece-denti: il mirare di Dio è amare, per cui, se Egli, per la sua grande misericordia, non ci avesse prima guardati e amati, come dice S. Giovanni (1 Gv 4,10), e non si fosse abbassato, il volo del ca-pello del nostro vile amore non avrebbe fatto in Lui alcuna presa, non volando tanto in alto da poter prendere questo divino uc-cello delle vette. Ma poiché Egli si è abbassato a mirarci, a invitarci al volo e a renderlo superiore al nostro amore dandoci valore a tale scopo, Egli stesso ha voluto essere preso in volo dal capello, vale a dire, Egli stesso se ne è invaghito, se ne è compiaciu-to e quindi ne è stato preso. Ciò vuol dire: Sul mio collo mirasti, - preso tu rimanesti. È infatti pos-sibile che un uccello di basso volo prenda un’aquila reale dal volo sublime se questa, desiderando

di essere presa, viene in basso” (Cantico Spirituale B, 31,8).

Anche Santa Teresa di Gesù Bambino ha compreso la mise-ricordia in questo modo e ne ha fatto un’esperienza personale: “Ecco il mistero della mia voca-zione, di tutta intera la mia vita […], dei privilegi di Gesù per la mia anima… Egli non chiama quelli che ne sono degni, ma quelli che vuole o, come dice San Paolo: ‘Dio usa misericordia con chi vuole, e ha pietà di chi vuole averla. Quindi non è opera della volontà né degli sforzi dell’uomo, ma di Dio che usa misericordia’” (Ms A 2r°).

Egli è la chioccia che vuole ac-cogliere misericordiosamente i suoi pulcini sotto le ali (Ultimi col-loqui, QG, 7 giugno, 1). Il mondo non comprende la sua tenerezza, la respinge, perciò Teresa si getta con decisione – controcorrente ri-spetto al suo tempo – nelle brac-

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cia dell’amore misericordioso, cui si offre come vittima, affinché Egli non debba “comprimere i torrenti di infinita tenerezza” che desidera effondere sull’umanità (cfr. Ms A 84r°).

“A me – confessa nella sua au-tobiografia – [Dio] ha donato la sua Misericordia infinita ed è at-traverso essa che contemplo ed adoro le altre perfezioni Divine! Allora tutte mi appaiono raggianti d’amore, perfino la Giustizia […] Che dolce gioia pensare che il Buon Dio è Giusto, cioè che tiene conto delle nostre debolezze, che conosce perfettamente la fragilità della nostra natura” (ibid. 83 v°).

Teresa non parla basandosi sulla scienza o sulla conoscenza umana. Narra la propria espe-rienza! L’esperienza di un Amore che si abbassa fino al cuore umano più povero, che lo guari-sce e lo rialza senza tener conto né delle sue miserie né dei suoi delitti. Amore che ella s’impe-gnerà a far conoscere, sedendo-si perfino alla tavola dei pecca-tori, dei non credenti (cfr. Ms C 6r°); Teresa ci fa capire ancora una volta che soltanto colui che sperimenta la Misericordia che è Cristo, può essere misericordioso come il Padre.

Così ci appare il Beato Tito Brandsma. Per lui, l’esperienza di Dio non è il privilegio di una élite spirituale: tutti sono chia-mati a godere della comunione e dell’intima unione col Dio miseri-cordioso, che dà se stesso senza misura e attende solo l’accoglien-za del cuore umano, adattandosi alle nostre condizioni concrete, senza nulla rigettare della nostra natura e assumendo perfino il peccato per redimerci ed esaltar-ci, come ci ha mostrato nell’In-carnazione. Dobbiamo crescere ogni giorno nella comprensio-ne di questo Mistero per poterlo adorare non solo dentro di noi, ma anche in tutto ciò che esiste e soprattutto nel prossimo, del

quale dobbiamo metterci a servi-zio nelle realtà concrete.

Tito ce ne dà l’esempio con la sua stessa vita: nonostante fosse chiamato a svolgere incarichi im-portanti, per lui non c’era niente di più fondamentale che prestare attenzione a quanti avevano bi-sogno di aiuto, attraverso il dia-logo, la capacità di riconciliazione e la dedizione pastorale, intesa come desiderio di portare a Cristo i più bisognosi.

La sua solidarietà col popolo ebraico, nell’ora dell’imposizione in Olanda delle misure antisemite da parte del governo di occupa-zione tedesco, si fonda sul suo amore alla misericordia e alla giustizia. Senza temere le conse-guenze, si mette dalla parte dei disperati, vuole dar voce a coloro cui è stata strappata, difende anche la libertà della stampa cat-tolica di fronte alle imposizioni totalitariste del nazismo.

Tutto ciò finisce per condurre anche lui nei campi di concentra-mento ove soffre, sì, patimenti e umiliazioni, ma continua anche ad essere apostolo di compassione e riconciliazione: condividendo con gli altri la scarsa razione di cibo, incoraggiando tutti, ascoltando le confessioni, perfino di qualcu-no tra i suoi aguzzini! Come lui stesso aveva affermato: “Medi-tare l’inesauribile misericordia di Dio ci previene dal cadere nella disperazione”.

Al termine della vita, imitan-do Gesù misericordioso che sulla croce perdonò i suoi nemici, Tito fu il volto della misericordia anche per l’infermiera incaricata di ucci-derlo, come ella stessa confessò diversi anni dopo nella sua di-chiarazione giurata, regalandole il suo rosario prima di morire.

Sorelle e fratelli: fondandoci su questi – e su tanti altri – testimo-ni della nostra Famiglia, possiamo avventurarci e varcare con gioia la Porta Santa di quest’anno giu-bilare. Seguiamo coraggiosamen-

te le loro orme, aumentiamo la nostra comunione con Cristo, ac-cresciamo il nostro amore verso di Lui e confessiamo ogni giorno l’Amore che ha per noi. Facciamo-lo conoscere e amare! Questo è il modo in cui nella Famiglia del Carmelo dev’essere vissuta la mi-sericordia, soprattutto in un anno speciale come questo.

Sì, con la nostra Sorella e Madre Teresa di Gesù anche noi vogliamo dire: Sia benedetto per sempre, Colui che tanto ci atten-de! Abbiamo imparato insieme con lei a raccontare a tutti com’è buono e grande il Signore.

Quando, descrivendo nelle Set-time Dimore il mistero del dono totale di Dio alla persona, la sua penna indugia dinanzi all’abis-so dell’ineffabile, di ciò che non si può dire, è il suo desiderio di parlare a tutti della bontà di Dio a farle superare l’ostacolo per con-tinuare a scrivere.

E questo, per dirci che non c’è altro modo di essere davvero spi-rituali, che rallegrando il Padre ed essendo schiavi di Cristo; riusci-remo a far questo nella misura in cui porteremo gioia agli altri e diventeremo loro servi, rendendo visibile il nostro amore a Dio e ai fratelli attraverso le opere (cfr. Castello interiore, 7,4).

Piaccia a Dio che, per l’inter-cessione della nostra Sorella la Beata Vergine del Monte Carme-lo e del suo Sposo san Giusep-pe, nostro Patrono, il cuore della Famiglia del Carmelo continui ad ardere nel fuoco della conoscen-za e dell’amore a Cristo Gesù af-finché tutti noi che ne facciamo parte, spinti dallo Spirito Santo, siamo apostoli della Trinità mise-ricordiosa, comunicandola a tutti con le parole e le opere.

I vostri fratelli

P. Fernando Millán Romeral, O.Carm., Priore GeneraleP. Saverio Cannistrà, OCD., Preposito Generale

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Il beato Tito Brandsma

eSanta Teresa di

Lisieux, modelli per l’anno della misericordia

Il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione ha pubbli-cato, in occasione del Giubileo straordinario della

Misericordia indetto da Papa Francesco con la Bolla Misericordiae Vultus dell’11 aprile 2015, una serie di sussidi pasto-rali indirizzati alle chiese locali per la celebrazione del Giubileo. Nel sesto sussidio, intitolato “I santi nella miseri-cordia”, il dicastero presenta una serie di figure che possono ispirare questa

dimensione fondamentale della fede. Tra queste, il dicastero presenta con il titolo “Riconoscenza per il Dio giusto e miseri-cordioso” la testimonianza di Santa Teresa di Lisieux, mettendo in evidenza la ricca dottrina di Teresina sulla misericordia; invece, con il titolo “Un Padre forte e misericordioso”, viene presen-tata quella del beato Tito Brandsma, un uomo che ha saputo coniugare la fermezza nella sua opposizione al nazismo con la compassione e la misericordia verso tutti, compresa l’infermiera che gli praticò l’iniezione che lo avrebbe poi ucciso. Che il beato Tito Brandsma, Santa Teresa di Lisieux e tutti i santi carmelitani ci aiutino a vivere con gioia e profondità quest’anno speciale per la vita della Chiesa.

P. Antonio Maria Sicari, ocd.

IL BEATO TITO BRANDSMAUn “Padre” forte e misericordioso

A tutti è nota la pa-rabola del Padre misericordioso che accoglie il figlio prodigo,

mille volte raccontata e imitata nella storia cristiana. Qui voglia-mo darne una esemplificazione storicamente accaduta, in cui tale paternità è colta nell’atto di una misericordiosa “rigenerazio-ne” della creatura perduta, che si converte proprio mentre uccide colui che la rigenera. È la storia sconvolgente di padre Tito Bran-dsma (1881-1942), carmelitano

olandese, deportato e ucciso dai Nazisti nel campo di Dachau (Per tutta la documentazione, cfr. F. Millán Romeral, Il coraggio della verità. Il Beato Tito Brandsma, ed. Ancora, 2012.).

Aveva allora 59 anni; era pro-fessore di Filosofia e di “Storia della Mistica” all’Università Cat-tolica di Nimega, di cui era stato anche Rettore Magnifico. Già nel 1936, quando ancora le notizie non erano così diffuse né così certe, aveva collaborato a un libro intitolato “Voci olandesi sul trattamento degli ebrei in Ger-

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Stampato col permesso del Ponti-ficio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione.

mania”, scrivendo: “Ciò che si fa ora contro gli ebrei è un atto di vigliaccheria. I nemici e gli avver-sari di quel popolo sono davvero meschini se ritengono di dover agire in maniera così disumana, e se con questo pensano di ma-nifestare o di aumentare la forza del popolo tedesco, ciò è l’illusio-ne della debolezza”.

In Germania reagirono definen-dolo “Un professore maligno”. Ma Brandsma, consapevole della sua responsabilità di educatore, non desistette. Nell’anno scolastico 1938-39 già offriva ai suoi stu-denti dei corsi sulle “funeste ten-denze” del nazionalsocialismo, in cui affrontava tutte le tesi nodali: valore e dignità di ogni singola persona umana (sana o malata), uguaglianza e bontà di ogni razza, valore indistruttibile e primario delle leggi naturali rispetto ad ogni ideologia, presenza e guida di Dio nella storia umana contro ogni messianismo politico e ogni idolatria del potere. E sapeva di avere tra i suoi ascoltatori anche delle spie del partito.

Nel 1941 scoppiò in Olanda la questione della pubblicazione sui quotidiani cattolici degli annunci del “Movimento Nazionalsociali-sta Olandese”. La circolare di Tito (Assistente ecclesiastico delle testate giornalistiche cattoliche) non si fece attendere: “Le dire-zioni e le redazioni sappiano che dovranno rifiutare formalmente tali comunicati, se vogliono con-servare il carattere cattolico dei loro giornali; e questo anche se un tale rifiuto conducesse il gior-nale ad essere minacciato, ad essere multato, ad essere so-speso temporaneamente o anche definitivamente. Non c’è niente da fare. Con questo siamo giunti al limite. In caso contrario non dovranno più essere considera-ti cattolici... e non dovranno né potranno più contare sui lettori e sugli abbonati cattolici, e dovran-no finire nel disonore”.

Qualche mese dopo il prof. Brandsma venne arrestato e de-portato nel campo di Dachau, dove fu assoggettato ad ogni an-gheria e a vere torture. E quando fu necessario ricoverarlo nella sezione ospedaliera del campo, la sua sorte fu segnata. Quello che avvenne lo sappiamo oggi da una testimone di eccezione: pro-prio da colei che lo uccise e che si è poi convertita perché il ricordo di P. Tito non l’aveva più abban-donata. Faceva l’infermiera, ma obbediva per paura agli ordini disumani dell’ufficiale medico. È stata lei a raccontare che Tito “al suo arrivo in infermeria stava già nella lista dei morti”. È stata lei

a raccontare gli esperimenti che si facevano sui malati, anche su Tito, e di come le si scolpivano dentro, senza che lei lo volesse, le parole con cui egli sopportava i maltrattamenti: “Padre, sia fatta non la mia volontà, ma la tua”. È stata lei a raccontare come tutti i malati la odiassero e la insul-tassero sempre con i titoli più infamanti, odio che lei cordial-mente ricambiava; e come fosse rimasta scossa perché quell’an-ziano prete la trattava, invece, con la delicatezza e il rispetto di un padre: “Una volta mi prese la mano e mi disse: ‘Che povera ra-gazza sei, io pregherò per te!’”.

Ed è a lei che il prigioniero regalò la sua povera corona del rosario, fatta di rame e di legno, e quando costei irritata ribatté che quell’oggetto non le serviva perché non sapeva pregare, Tito le disse: “Non occorre che tu dica tutta l’Ave Maria, di’ soltanto: ‘Prega per noi peccatori’”.

Ed è a lei che, quel 25 luglio 1942, il medico del reparto diede l’iniezione di acido fenico perché glielo iniettasse in vena. Era un gesto di routine, l’infermiera l’a-veva ormai compiuto centinaia e centinaia di volte, ma la poveret-ta ricorderà poi “d’essere stata male per tutta quella giornata”.

L’iniezione venne fatta alle due meno dieci e alle due Tito morì: “Ero presente quando spirò... Il dottore era seduto vicino al letto con uno stetoscopio per sal-vare le apparenze. Quando il cuore cessò di battere, mi disse: ‘Questo porco è morto!’”.

Dei suoi aguzzini, P. Tito aveva sempre detto: “Sono anch’essi figli del buon Dio, e forse rimane in loro ancora qualche cosa...”. E Dio gli concesse proprio quest’ultimo miracolo. Il dottore del campo chiama-va sarcasticamente quella

iniezione di veleno “iniezione di grazia”. Ed ecco che, mentre l’in-fermiera gliela iniettava, era l’in-tercessione di Tito che infondeva davvero in lei la grazia di Dio. E la poveretta, ai processi canonici, spiegò che il volto di quel vecchio prete gli era rimasto impresso nella memoria per sempre perché vi aveva letto qualcosa che ella non aveva mai conosciuto. Disse semplicemente: “Lui aveva com-passione di me!”. Come Cristo.

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450° anniversario della nascita

di SANTA MARIA

MADDALENA DE’ PAZZI

Il 450° anniversa-rio della nascita di Santa Maria Madda-lena de’ Pazzi è stato aperto solennemente

il 2 aprile con una celebrazione al monastero di Careggi, a Firenze, in Italia, dove riposano le spoglie della santa. In questa data ricor-re la nascita della mistica fioren-tina, avvenuta nel 1566.

L’Eucaristia è stata presiedu-ta dal cardinale di Firenze, Giu-seppe Betori, e concelebrata da numerosi sacerdoti. Tra i con-celebranti era presente il Priore Generale, P. Fernando Millán Ro-meral, accompagnato da alcuni membri della Curia Generale: il Vice Priore Generale, P. Christian Körner, il Consigliere Generale per l’Europa, P. John Keating, il Procuratore Generale, P. Micha-el Farrugia, l’Economo Generale, P. Carl Markelz e il Delegato per le monache, P. Mario Alfarano. Anche la presenza della famiglia carmelitana era numerosa con di-versi frati dei conventi di Firenze e Castellina, le suore dell’Istituto di Nostra Signora del Carmelo e tanti laici carmelitani.

Nell’omelia il Cardinale ha ad-ditato l’esempio della santa nel coltivare una conoscenza trasfor-mante del Signore Risorto, così come suggerivano le letture della liturgia. Ha poi letto il telegram-ma del Papa, firmato dal Segre-tario di Stato, Card. Pietro Paro-

lin, con cui “si associa al comune rendimento di grazie al Signore per aver dato alla Chiesa così si-gnificativa figura di discepola del Vangelo e maestra di spiritua-lità”. E alla fine ha impartito la benedizione papale con relativa indulgenza plenaria.

Al termine della celebrazione il Priore Generale ha ringraziato tutti i presenti e in particolare le monache che, pur essendo una piccola comunità, continuano a mantenere desti lo spirito e l’in-segnamento di S. Maria Maddale-na de’ Pazzi.

Poi, il 25 maggio, festa di Santa Maria Maddalena de’ Pazzi, il Priore Generale ha presieduto la messa nell’ “Eremo S. Maria degli Angeli” a Scandicci (Firenze). Questo monastero è stato fonda-to nel 1987 sulle colline opposte a quelle di Careggi. In un clima di grande familiarità e di festa si sono svolti la celebrazione euca-ristica e il seguente banchetto. Oltre a P. Fernando erano pre-senti altri otto carmelitani, tra cui alcuni della Curia Generale, e tre postulanti della Provincia Ita-liana. Vi era un gran numero di sacerdoti del clero diocesano, tra cui il Vicario della zona, della co-munità di San Leolino e dell’Ope-ra Madonnina del Grappa. Inoltre hanno arricchito la celebrazione le suore dell’Istituto Nostra Si-gnora del Carmelo, alcuni terzia-ri e tanti amici delle monache. Il

Priore Generale ha tratteggiato la figura della santa cogliendo quegli aspetti che si riferiscono alla misericordia, alla vita reli-giosa e alla riforma della Chiesa in sintonia con le celebrazioni del Giubileo della Misericordia e del recente Anno della Vita Consa-crata, e con quanto sta operando papa Francesco.

In occasione di questo 450° anniversario, la Penitenzieria Apostolica ha concesso a tutti i monasteri carmelitani di essere luoghi dove si può lucrare l’in-dulgenza plenaria durante tutto l’anno, che va dal 2 aprile 2016 al 25 maggio 2017. Lo stesso vale per le chiese e le cappelle a lei dedicate.

Sono tante le attività e le ini-ziative, che si stanno svolgendo e sono in programma in diversi conventi e monasteri carmelita-ni, per commemorare la nascita di Santa Maria Maddalena de’ Pazzi. Sul sito ufficiale dell’Or-dine si trova la pagina www.ocarm.org/mmp450 dedicata a questo 450° anniversario. Vi si trovano informazioni sugli eventi principali della Curia e delle Pro-vince, notizie sulle pubblicazioni che riguardano la santa, sussidi formativi e liturgici, la presenta-zione di alcune figure significati-ve che si sono ispirate a S. Maria Maddalena.

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L’8 giungo 2016, il Santo Padre, Papa Francesco, ha nominato vescovo della Diocesi di Cajazeiras, in Brasile, il Segretario Generale dell’Ordine, P. Francisco de Sales Alencar Batista, O.Carm., della Provincia di Pernambuco.

P. Francisco de Sales Alencar Batista è nato a Arari-pina, in Brasile, il 17 aprile del 1968. Dopo aver pro-fessato nell’Ordine il 24 gennaio del 1988, è stato or-dinato sacerdote il 25 novembre del 1995. Tra i suoi vari impegni, dal 2005 al 2011 ha servito l’Ordine come Priore Provinciale, dal 2012 al 2013 come Vice Priore del Centro Internazionale S. Alberto (CISA) a Roma e dal dicembre 2013 fino a oggi come Segreta-rio Generale.

P. Paul Horan, O.Carm.Il 28 maggio 2016, il Santo Padre, Papa

Francesco, ha nominato vescovo della diocesi di Mutare, nello Zimbabwe, P. Paul Horan, O.Carm., della Provincia di Irlanda.

P. Paul è nato a Drangan, in Irlanda, il 17 ottobre del 1962. Dopo aver professato nell’Ordine il 1 settembre del 1990, è stato ordinato sacerdote il 7 giugno del 1997. In questi ultimi anni ha lavorato nello Zim-babwe ed è attualmente il Priore della casa del prenoviziato a Nyazure, Rusape nello Zimbabwe.

Nuovi Vescovi Carmelitani 2016

Il 28 giungo 2016, il Santo Padre, Papa Francesco, ha nominato vescovo della Diocesi di Malang, in Indonesia, P. Henricus Pidyarto Gunawan, O.Carm., della Provincia di Indonesia.

P. Henricus è nato a Malang, in Indonesia, il 13 luglio del 1955. Dopo aver professato nell’Ordine il 15 gennaio del 1976, è stato ordinato sacerdote il 7 febbraio del 1972. Dal 2012 è stato rettore del “Philosophical and Theological Higher Institute ‘Widya Sasana’”.

P. Francisco de Sales Alencar Batista, O.Carm.

P. Henricus Pidyarto Gunawan, O.Carm.

A P. Paul, O.Carm., P Francisco de Sales, O.Carm., e P. Henricus, O.Carm. gli auguri più gioiosi dall’intera Famiglia del Carmelo

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Santa Maria Maddalena de’ Pazzi - PROFILO BIOGRAFICO

Sr. Marianna Caprio, O.Carm.

Secondogenita di quattro fratelli, Caterina nasce a Firenze il 2 aprile 1566 da Camillo

de’ Pazzi e Maria Buondelmonti. Nell’ambiente agiato di questa nobile famiglia, che spontanea-mente la chiama Lucrezia come la nonna paterna, la piccola cresce serena e sensibile al tratto este-tico della sua condizione. Il suo cuore si apre con semplicità alla presenza di Dio e alle sollecitazio-ni dello Spirito; la si può vedere, presa da compassione, cedere la sua merenda ai bisognosi o ac-costare con amabilità i bambini poveri per insegnar loro le prime verità di fede. La profonda pietà della mamma, nonché la fre-quentazione dei Padri gesuiti, che i genitori coltivano regolarmente, contribuisce ad imprimere nell’a-nimo di Caterina quel “sensus ec-clesiae” che tanto avrebbe inter-pellato la sua coscienza credente.

A otto anni, è affidata come educanda alle monache di San Giovannino. Le religiose, cui non sfugge l’indole contemplativa della bambina, la preparano alla Prima comunione e da lì a poche settimane Caterina è matura ab-bastanza da offrire a Dio la sua

verginità. Ha dieci anni e ora che non le è più necessario, per sen-tire il “profumo” di Gesù, acco-starsi alla mamma subito dopo che questa si è comunicata, si volge con ardore alla meditazio-ne dell’umanità di Gesù. Come impara a leggere, si imbatte nel Simbolo atanasiano, restando-ne profondamente avvinta; pa-rimenti, apprezza le meditazioni di sant’Agostino e la Passione del Signore di Loarte, la cui lettu-ra le è consigliata dal gesuita P. Andrea Rossi che ne sta seguen-do il percorso spirituale.

Non ha ancora diciassette anni quando manifesta apertamente il suo desiderio di consacrarsi a Dio nella vita religiosa. Superando le iniziali opposizioni dei suoi, entra nel vicino monastero di Borgo San Frediano, fra le Carmelitane di S. Maria degli Angeli, che la accolgono con gioia e la ammet-tono come postulante l’8 dicem-bre 1582. Questa comunità, ben conosciuta e stimata dal vescovo di Firenze, attrae particolarmente la giovane per la possibilità di ri-cevere anche quotidianamente la comunione eucaristica.

Due mesi dopo l’ingresso in mo-nastero, il 30 gennaio 1853, Ca-terina riceve l’abito carmelitano

e, con esso, il nuovo nome di sr M. Maddalena. Al termine dell’an-no di noviziato le viene chiesto di rimandare la professione fino a quando vi sia anche qualche altra novizia pronta. M. Madda-lena però si ammala gravemente arrivando quasi in fin di vita nel giro di tre mesi. Disperando della ripresa – giacché neanche i mi-gliori medici della città riescono a fare una diagnosi certa di quella che oggi chiameremmo tuberco-losi polmonare – la priora decide di farle emettere i voti in articulo mortis.

Circa un’ora dopo la professio-ne, Maddalena vive una profonda esperienza di rapimento in Dio, come testimoniano le sorelle che, andando a visitarla in infermeria, sorprendono la diciottenne infer-ma completamente trasfigurata in tutta la sua bellezza. A partire da quella data – è il 27 maggio 1584, domenica della Ss.ma Tri-nità – il Signore la visita ogni mattina per quaranta giorni, ri-velandole le insondabili profon-dità del suo amore. Questi fre-quenti episodi provocano molto disagio alla giovane che deside-ra vivere nel nascondimento la sua esistenza al Carmelo, ma è evidente che tanta grazia deve

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essere in qualche modo raccolta e custodita; pertanto le sorelle cominciano ben presto ad anno-tare quanto esce dalla bocca di Maddalena durante le estasi e ciò che ella stessa deve riferire per obbedienza alla maestra e alla priora. Per quanto è possibile esprimerlo a parole, l’intensità di queste esperienze porta con sé la sofferta percezione dell’ingra-titudine umana di fronte all’ec-cedente dono di Dio, Amore non amato; ce ne dà il resoconto la trascrizione del manoscritto I quaranta giorni, che inaugura le testimonianze della sua avventu-ra mistica.

Verso la fine di quello stesso anno, si apre per lei un nuovo pe-riodo di favori divini in cui Gesù, Verbo umanato, la intrattiene in intense conversazioni (raccolte nei Colloqui) che rivelano sempre più il coinvolgimento sponsale di Maddalena nei sentimenti di Cristo. È in una di queste estasi che Gesù le dona di partecipare alla sua passione e morte in coin-cidenza con la settimana santa del 1585: l’impressione delle stimmate nell’anima, la corona-zione di spine, la crocifissione, ogni scena evangelica è ripresen-tata al vivo in quell’esile corpo tormentato. Finché, la domenica in Albis, Maddalena riceve dal suo Sposo divino l’anello delle nozze mistiche.

Nel manoscritto Revelatione e Intelligentie, le consorelle ripor-tano fedelmente l’incalzare della grazia di Dio che, nei giorni che vanno dalla vigilia di Pentecoste alla domenica della Ss.ma Trinità (8 – 15 giugno 1585), ammette Maddalena alla rivelazione delle profondità della sua vita trinita-

ria. Le viene comunicato ciò che intercorre fra le divine Persone e come l’uomo possa compiere la sua vocazione soprannaturale lasciando operare in sé questo mistero che lo inabita. Centrale, in tale comprensione, è la mis-sione salvifica del Verbo, Amore fatto carne nel seno purissimo di Maria, e l’intuizione dell’amore morto quale massima espressio-ne del dono estremo.

L’ultimo giorno di questa inten-sa ottava di Pentecoste, Madda-lena percepisce chiaramente che è arrivato il momento in cui Dio, come le aveva più volte annun-ciato, vuole sottrarle la fruizio-ne sensibile della sua presenza. Cominciano così cinque durissi-mi anni di tentazioni e tormenti durante i quali è come gettata in una “fossa dei leoni” fino ad esser ridotta a un “nichilo”. In queste prove interiori – descritte nella Probatione – Gesù la sostiene ma non le risparmia quella radicale purificazione che la spoglia e la semplifica, rendendola massima-mente ricettiva alle sue visite. Nel vivo del crogiolo, però, Maddale-na riceve anche luci soprannatu-rali sulle condizioni della Chiesa del suo tempo – così restia ad implementare quel rinnovamento auspicato dal Concilio di Trento – e si sente interiormente “co-stretta dalla dolce Verità” a coin-volgersi in maniera fattiva nel ri-chiamare alle loro responsabilità prelati, cardinali e persino il papa Sisto V. Le dodici lettere che le vengono dettate in estasi nell’e-state 1586 sono riportate dal manoscritto Renovatione della Chiesa. I cinque anni di prova ci restituiscono una Maddalena del tutto trasformata; il Signore le ha fatto percorrere un itinerario divi-

nizzante di cui oggi può senz’al-tro considerarsi maestra e guida.

Dopo la Pentecoste del 1590, le è finalmente concesso di rien-trare nell’ordinarietà della vita quotidiana, come aveva sempre desiderato. Salvo pochi, seppur importanti, episodi estatici (rac-colti nella seconda parte della Probatione), i suoi giorni scor-rono fra le mansioni assegnatele (per la sua maturità spirituale le vengono affidate le giovani in for-mazione) e quei servizi, fra i più umili, che lei stessa va a cercarsi. Nel suo spirito intanto si afferma l’esperienza di quel “nudo patire” che l’avrebbe unita definitiva-mente allo Sposo crocifisso.

I sintomi della tubercolosi si fanno più evidenti nel 1603. Il progressivo abbandono delle forze non è soccorso nemmeno dal conforto sensibile della vici-nanza di Dio; la sua sola presen-za in comunità è divenuta agli occhi delle sorelle ostensione vivente di un capolavoro ormai ultimato. Venerdì 25 maggio 1607, alle tre del pomeriggio, sr M. Maddalena, a 41 anni di età, consegna lo spirito.

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“IL DIO DI INFINITA MISERICORDIA NEGLI SCRITTI MISTICI DI

SANTA MARIA MADDALENA DE’ PAZZI”P. Charlò Camilleri, O.Carm.

La celebrazione del 450° anni-versario della nascita di S. Maria Madda-

lena de’ Pazzi non poteva trovare collocazione migliore che all’interno del Giubileo della misericordia! Davvero possiamo chiamare questa santa l’annunciatrice della Divina Misericordia: “O Dio, sommamente misericordio-so e altissimo, la tua miseri-cordia non ha limiti! Davvero tu ami le tue creature! É più forte il tuo desiderio di atti-rare a te l’uomo, che il desi-derio dell’uomo di venire fino a te!”.

Quali sono le radici di questa lode alla divina misericordia nella nostra santa? Le prime tracce di questa consapevo-lezza sono da ricercarsi nel fatto che Maddalena si è resa conto che Dio aveva posto il suo sguardo su di lei fin dalla sua concezione nel grembo della madre e, sebbene non avesse fatto nulla per me-ritare di essere scelta, Dio l’ha voluta per Sé. In questo senso, la santa ha compre-so che quando Dio mostra misericordia, Egli vive il suo

amore per la creatura. Pos-siamo dire che l’amore di Dio è la sua misericordia e la sua misericordia non è altro che amore. La misericordia non nasce dalla capacità emotiva di aver pietà di qualcuno, ma scaturisce dall’amore. Dio ha misericordia di noi, perché gli siamo cari. Nella lingua maltese si nota ancora di più questa unione tra l’amore e la misericordia; infatti ci si rife-risce a qualcuno che per noi è caro, familiare, vicino con il termine ‘amato’, che deriva, appunto, da ‘misericordia, amore’.

Gli scritti mistici di Mad-dalena ci trasmettono la sua esperienza spirituale; in essi la Santa fa uso del termine misericordia in modo esplici-to e diretto circa 1020 volte e sempre mentre sta parlan-do di Dio. La maggior parte dei suoi scritti sono, in realtà, la trascrizione fatta dalle sue consorelle di quanto lei espri-meva a parole durante le sue estasi. Si tratta perciò della comunicazione che Maddale-na faceva del mistero che si stava rivelando davanti al suo sguardo mistico; come attra-verso una specie di predica-

zione lei annunciava il mi-stero di Dio nella Chiesa. Da queste trascrizioni sono nati ben cinque volumi: I qua-ranta giorni; I Colloqui; Le Rivelazioni e intelligenze; La Probazione. Ad essi dobbia-mo affiancare altri scritti di genere diverso, come le Let-tere personali indirizzate da Maddalena a familiari e amici, come anche i consigli che era solita dare alle sue consorelle e che esse hanno raccolto in un volume.

Qui di seguito cercheremo di soffermarci su alcune con-siderazioni specifiche riguar-danti il tema della misericor-dia così come emerge dagli scritti della Santa.

La misericordia come ri-medio all’indifferenza

Uno dei temi che maggior-mente emergono nella dot-trina di Maddalena è senza dubbio quello della Divina Misericordia, in contrasto con l’indifferenza e l’ingratitudine dell’uomo. In molte occasioni la Santa riflette sull’indiffe-renza dell’uomo nei confronti di Dio e chiede, in modo sor-prendente, che cosa richieda

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Dio nell’uomo, per poterlo attira-re a sé: “O grande Amore, che cosa desideri? La conoscenza? O forse la bontà, la gentilezza? O la misericordia? La bontà o l’a-more?”. Maddalena pone queste domande, nel suo sforzo di com-prendere il motivo per cui l’uomo reagisca in modo così negativo a Dio e lo fa mentre si immerge nella meditazione della Passio-ne di Gesù Cristo, che è, come lei dice, “il ramoscello di ulivo di Dio, ramoscello di pace e miseri-cordia” e nella meditazione delle sofferenze che Egli ha subito dalle mani degli iniqui. Le ferite di Cristo sulla croce stillano ab-bondantemente misericordia, in modo tale che l’anima possa ab-beverarsi ad esse e divenire “in tutta umiltà così misericordio-sa, spinta da grande generosità, verso i suoi simili, nei loro biso-gni spirituali e materiali”.

In tal modo, attraverso la mi-sericordia, viene curata la malat-tia dell’indifferenza. Sì, per l’in-differenza e per il cuore freddo, Dio offre la medicina della mi-sericordia, che scioglie il cuore e spinge verso Dio e verso i fra-telli. L’anima che si abbevera alla fonte della misericordia, che sgorga dalle ferite di Cristo, si sente alleggerita dalla presa che la tiene legata alle cose materia-li di questo mondo e con grande agilità essa diventa tutta dedita a servire Dio e l’uomo. In altre parole, possiamo dire che l’anima diventa come Cristo e vive total-mente per il suo santo Nome.

“Il suo nome è misericordia”

Maddalena de’ Pazzi riflette anche sul significato del Nome di Cristo. In Cielo, dice la Santa, “il Nome di Cristo è bellezza; ma sulla terra esso è misericordia e

amore; mentre all’inferno è giu-stizia”. Per noi e per la nostra salvezza il Nome di Cristo è Mise-ricordia, perché Egli “in ogni cosa agisce con misericordia e questa misericordia è realizzata attra-verso il grande amore che Egli nutre per tutte le creature”. La creazione, infatti, non è altro che il risultato della sua misericordia: la redenzione scaturisce dalla misericordia, il dono del Corpo e Sangue di Cristo nell’Eucaristia è reso possibile grazie alla miseri-cordia, poiché “il suo nome è mi-sericordia”, come si legge anche nel libro scritto da papa Fran-cesco, intitolato appunto “Il suo nome è misericordia”.

E poiché il suo nome è miseri-cordia, la sua identità è miseri-cordia, o come dice Maddalena, “Il suo stesso essere è miseri-cordia” e insiste: “Nessuno può veramente comprendere appieno questa misericordia, se non Dio stesso”. Noi non possiamo com-prendere Dio completamente. Possiamo intuire che Egli è mi-sericordia grazie al suo modo di agire nei nostri confronti; è così che Egli ci mostra la sua giusti-zia, anche quando è necessario che siamo da Lui rimproverati. Ed egli ci rimprovera perché la nostra vita migliori e perché im-pariamo a tenerci lontani da ciò che è dannoso per noi, per gli altri e per la nostra relazione con Lui. Il suo rimprovero, datoci at-traverso la sua misericordia, ci fa rientrare in noi stessi e ci riavvi-cina a lui, in modo tale che siamo pronti a ricevere il suo perdono, offerto tramite l’unione con lui.

Maddalena puntualizza che anche verso chi si trova all’in-ferno “Dio agisce in modo mi-sericordioso e giusto”; la mise-

ricordia, infatti, non può andare contro ciò che è giusto e retto e la giustizia non sarebbe tale, se non riflettesse l’amorevolezza di Dio verso di noi; al contrario sarebbe solo una punizione vendicativa, cosa che non appartiene affatto a Dio, come dice la santa: “Con una misericordia tanto grande, Tu trattieni all’interno, e non ti vendichi delle offese che ti arre-chiamo”. Maddalena sottolinea che la contrapposizione che noi sentiamo tra Giustizia e Divina Misericordia è suscitata da Luci-fero e immagina che in tal modo il diavolo ci offra come una scala per innalzarci verso questo Dio di misericordia, ma noi fatichiamo a salirla con passo deciso, perché è come se avessimo delle spine ai piedi, in quanto dimentichia-mo che Dio ha distrutto questa contrapposizione inesistente tra Misericordia e Giustizia. Nel suo amore per noi, Egli ci ha donato il suo unico Figlio fatto uomo. Questo amore, espresso nella sua giusta misericordia e nella sua amorosa giustizia, ci spinge a vivere costantemente nella verità e nell’amore di Dio, abbracciati dalla sua misericordia:

“O, mio Dio gentile, quale mi-sericordia potrò io mai ricevere da te, se a te non mi abbando-no completamente? Abbi miseri-cordia di me, mio Dio! So bene che non ne sono degna, ma che meriterei piuttosto mille inferni. Nonostante ciò, posso davvero pregare per ricevere questa mi-sericordia, o Dio, poiché essa ti appartiene ……… (intenzione)

Così, mio Dio, tutto ciò che posso fare è pregare per aver mi-sericordia! Ti prego, non lasciar-mi uscire da luoghi in cui molti bestemmiano il tuo Nome”.

450o

Aniversario

Lettera delle Monache a

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Sorelle Carmelitane di Cerreto

Carissima Maddalena,

ti scriviamo con confidenza qual-che riga. Ti parliamo con familia-rità, da sorelle, superando i con-fini del tempo e raggiungendoti là

dove tu sei ora, nel cuore della Trinità. Nella tua vita terrena hai bramato questo incontro e ardevi dal desiderio di infuocare la Chiesa tutta di questa

passione. Ti sentivi spinta da Dio stesso a correre per “svegliare il mondo”. Sai

bene che oggi papa Francesco chiede a noi consacrati di sve-

gliare il mondo con la nostra vita. E allora ci viene spon-taneo ritornare col pensiero a te, alla tua ansia evange-lizzatrice, al tuo bisogno di comunicare a tutti l’amore di Dio, al tuo invito appas-sionato, alle sorelle del tuo

monastero, di avere capaci-tà di occhi e di mani tali che

queste “nuove” monache «non sempre stanno nel cuore che è il

talamo nascoso e secreto della sposa anima, né ancora sempre nel costato…

perché quando alquanto si è stato nel talamo se-creto del cuore, si deve scorrere e farsi un poco alla finestrella del costato per chiamare tante e tante anime che si vanno perdendo; il che si deve fare con uno ansioso e amoroso desiderio della salute di esse» (Probazione I, 259).

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Ti immaginiamo, con la tua fragile costituzione fisica, quasi ancora bambina, intraprendere le vie di Dio scegliendo tra i tanti monasteri di Firenze proprio il Carmelo perché, al tempo, l’unico in cui si poteva ricevere la comu-nione tutti i giorni. Un privilegio e una grazia che già tu, ancora se-dicenne, comprendevi in tutta la sua portata.

Ci perdonerai se ai nostri occhi risulta un po’ inusuale il tuo modo di concepire e vivere la vita mo-nastica, fortemente influenzata da una teologia negativa, i cui frutti potevano essere solo severa mortificazione e austera peniten-za. Ma eri figlia del tuo tempo. Questo, tuttavia, non ci allontana da te, anzi ci sprona a trovare, nei linguaggi dell’oggi, la semantica di una ascesi del nostro essere carmelitane, monache, contem-plative pienamente coinvolte nella dialettica costruttiva di memoria e profezia di un carisma ancora vivo e vivificante.

Ti guardiamo nella tua condizio-ne di monaca, inserita nella vita della tua comunità, conoscendo-ne da vicino e apprezzandone la forza spirituale come gli elementi di fragilità. Devi fare i conti con cambiamenti importanti. Prima eri abituata a gestire il tempo della tua preghiera personale, ora ti sembra di non averne più, ma ti accorgi di essere innestata in una dimensione di vita che afferra tutta la tua persona giorno e notte e che lentamente fa della tua esi-stenza una preghiera continua. Le tue giornate si susseguono scan-dite sempre dallo stesso ritmo di coro, lavoro, meditazione, cella, in un silenzio che avvolge ogni cosa perché, allora come ora, la vita di una monaca contemplativa si snoda nell’ordinarietà, in quel “vuoto e apparentemente inutile” che nel silenzio apre alla contem-plazione e che lentamente trasfor-ma la vita in orazione.

È molto consolante per noi constatare questi aspetti della tua vita nei quali pos-siamo rispecchiarci, rassicu-rate dalla bellezza di un ca-risma inossidabile e di una vocazione che non perde potere né fascino nello scor-rere dei secoli.

Ti vediamo ansiosa di vivere pienamente e profon-damente questa tua chiama-ta. Sei provata dalla malattia ma anche favorita da doni mistici, estasi, rapimenti. E arriva anche per te il buio. Vivi anche tu l’ora dell’ombra, della prova, della fede pura. “Ma solo cerco questo da te o Verbo: che mi doni lume, e che il lume col quale mi co-stringi a camminare così sia vero lume. O amoroso Verbo il tempo che mancherà la luce s’appressa, e viene le tenebre. Viene la luce oscura e la tenebra chiara” (Revela-tione e Inteligentie, 294).

Ti sommergono tentazioni, scrupoli, sofferenze interiori ed esteriori, ma ciò che mag-giormente ti affligge è il pec-cato nella sua oscura realtà, il peccato che si insinua in ogni esperienza umana, che allontana dal cuore di Dio. È per te un tempo di purifica-zione, Dio ti chiede di spe-rimentare profondamente il dolore del più piccolo ele-mento distonico nella rela-zione con lui. È il tempo di perdere te stessa per ritro-varti ancor più donna in un rapporto unico. La tua fede si irrobustisce e quel Crocifisso, che tu abbracci, ti assimila

sempre più a sé al punto da far battere in te il Suo stesso cuore, a sprigionare quell’amore incontenibile per ogni uomo e per la Chiesa da sempre santa e peccatrice.

Ancora una volta scorgia-mo sul tuo profilo tratti del nostro: anche noi, sedotte nell’aura della solitudine per un Amore Eterno, prima o poi gustiamo il sapore aspro della lotta, della fatica del cambiamento, della con-versione del cuore e della mente. Anche per ciascuna di noi ogni giorno è un nuovo passo verso un’adesione sempre più piena, consape-vole, matura, alla statura di Cristo. Ogni giorno cre-sciamo nella coscienza della nostra pochezza, del nostro limite, del nostro peccato, e via via, si fa sempre provo-catorio il grido di misericor-dia che giunge da ogni forma di periferia esistenziale.

Tu hai vissuto negli anni successivi al concilio di Trento, noi siamo figlie dei primordi del terzo millennio e vorremmo che davvero tutti potessero sperimenta-re l’amore di Gesù. In realtà questo si presenta come un tempo di confusione, di grande relativismo etico e di corruzione a tanti livelli. Sembra a volte che il male abbia il sopravvento, che la pace rappresenti una mera utopia, che l’agonia di Cristo si perpetui senza sosta su tutta la terra.

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E il desiderio che bruciava nel tuo cuore di vedere una Chiesa pura, una Chiesa sposa, una Chiesa madre è anche il nostro desiderio. “sia tale la fiamma che esca dal loro monaste-ro che riscaldi tanti cuori ghiacciati nell’amor proprio, nella propria volon-tà e nel desiderio delle cose terrene” (Renovazione della Chiesa, 105).

Come te vogliamo che Gesù trovi accoglienza nel cuore degli uomini. Eppure quante controversie e quante contraddizioni. Tu lo sai, noi viviamo ai margini del mondo, e sembrereb-be che non siamo chiamate da Dio a scendere in campo, in prima linea, come tanti testimoni della fede. In realtà noi, come te, ci sentiamo parte viva della storia come donne, come contemplative e come carmelitane e sappiamo di essere chiamate a scuo-tere le coscienze a tutti i livelli, dal mondo civile a quello ecclesiale.

La tua esistenza terrena ci insegna che, in primo luogo, il nostro compito è partecipare al sacrificio di Gesù che dà la vita per amore e che per fare questo bisogna ogni giorno diventare di più Lui, acquisire vitalmente il suo DNA, abituarci a vivere nello Spirito.

Tu, nella condizione concreta del tuo tempo, maturi ogni giorno sempre più la consapevolezza che Dio ti chiama ad una fattiva opera di rinnovamen-to della Chiesa, un compito ardito, ma obbligato da quello che tu chiami il “dolce volere di Dio”. E il tuo grido raggiunge il nostro oggi, quasi come l’eco della voce di Dio che continua-mente cerca l’uomo.

La tua vicenda e l’anelito contagioso di comunicare il Suo amore, che ferve anche nei nostri cuori, ci fa pensare che nonostante il continuo fallimento dell’uomo, Dio non abbandona la spe-ranza di “portare il fuoco sulla terra”. Adamo, Caino, la generazione del di-luvio, quella della torre di Babele, il tuo secolo, il nostro secolo ….

Mentre ti scriviamo, pensiamo alle guerre ideologiche proprie dei nostri giorni o anche a tutta la violenza su-scitata da frange estremiste che in nome di una religione attentano alla

pace, alla sicurezza mondiale, alla vita. O ancora alle centinaia di miglia-ia di profughi, buttati in mare, spe-diti clandestinamente, senza nessu-na sicurezza di raggiungere le nostre terre, derubati di ogni dignità dietro l’alibi della sopravvivenza. Sono tante, forse anche troppe le storie di fallimenti e di rivolte. Eppure Dio non abbandona l’uomo e, sperando contro ogni speranza, continua a chiamare, continua ad amare.

Leggendo i tuoi scritti, cogliamo con immenso piacere che, nonostante alle donne del tuo tempo non fosse con-cesso un abituale accostamento alle Scritture, tu nutrivi, comunque, un grande amore per la Parola e avevi compreso che, già per l’antico popolo di Israele, la fede non è tanto il frutto di una ricerca che l’uomo fa di Dio, quanto piuttosto del movimento di Dio verso gli uomini, espressione della Sua nostalgia di quella bellezza origi-naria dell’opera delle Sue mani che siamo noi. E allora, come un “campa-nuzzo” volevi far memoria alla Chiesa di appartenere a Cristo.

“Tiene il mio Verbo nella man sini-stra un campanuzzo. O Iddio, io amiro vedendoti haver tal cosa, ma qualche gran secreto ci è nascosto per mio am-maestramento. Vuoi per questo che io intenda che devo eccitare le spose tue alla perfetione che ci hai elette, ma vuoi che questo campanuzzo dia un sonoro suono e non faccia fracasso, perché devo avisare e favellare con dolcezza e mansuetudine, e non con asprezza, giovando più assai il parlar mansueto e dolce che l’aspro e severo. Lo tieni dalla man manca che è il lato dove sta il cuore, per mostrarmi che le parole che io dirò hanno a proceder dal’ cuore, dico da un intrinseco amor di Dio e del’ prossimo, e non ho a dir cosa che prima in me stessa non l’ab-bia operata” (Probatione 1, 251).

Tutto questo ci sembra in singola-re sintonia con il tempo del Giubileo della Misericordia, grazie al quale il Sommo Pontefice vuole fattivamente ricordare a tutti gli uomini che appar-teniamo a Cristo attraverso la Chiesa.

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Con uno stile tutto tuo, allarghi il nostro sguardo e ci fai notare che, come contemplative, la nostra esperienza di comunione con la Chiesa non è frutto di un amore astratto, anzi trasmetti un amore così forte per lei che conferma e amplifica la consapevolezza in-teriore della nostra chiamata e del nostro compito nella Chiesa: cercare Dio, in verità e umiltà partendo dal rinnovamento della nostra vita, in una maggiore e purificata fedeltà al vangelo, per noi appello sempre attuale a farci umile intercessione di misericor-dia per tutti.

Noi restiamo nei nostri mona-steri, ma sappiamo che cercare Dio con verità ci condurrà ad in-contrarlo in fratelli e sorelle che in qualsiasi modo ci avvicineran-no e in quanti, forse, non incon-treremo mai, ma per i quali ogni istante della nostra vita è donato perché anche loro si riconoscano figli amati dallo stesso Padre.

Sì, in questo volto di una Chiesa che intercede umilmente davanti a Dio noi riconosciamo il nostro compito odierno: essere sempre alla ricerca costante della verità, aperte a percepire il dolore altrui con compassione grande, alla se-quela della Verità per eccellenza, il Cristo crocifisso e risorto.

Quaerere veritatem: il cammino della nostra comunità, alla ricer-

ca della verità nello stile del dia-logo e dell’incontro, del confron-to, dell’ascolto, dietro la croce di Gesù e con lo sguardo fisso alla sua Risurrezione.

Maddalena, tu come altre sorel-le, hai fatto avanzare di molto la storia del Carmelo sulla via della testimonianza della fede nella consegna totale della vita. In molti modi, tutti encomiabili. Già i nostri padri sul Monte Carmelo, proprio per amore di un “restau-ro” della santa Gerusalemme, piantarono la tenda della loro esi-stenza in uno stile di vita di totale ed esclusiva appartenenza a Dio. Ma poi ci vien da pensare a Teresa la grande, ispirata e trascinata da un incontenibile ardore apostolico a fondare monasteri che si spen-dessero, nell’orazione, per la sal-vezza del mondo. E che dire delle 16 sorelle di Compiègne, morte in difesa della fede minacciata da ideologie pseudo liberali. O della giovane Teresa di Lisieux che con la sua piccola via, dalla sua cella, dal suo letto di dolore, ha guada-gnato il primato di patrona delle missioni…. E ancora più vicina a noi, la grande Edith Stein, ebrea convertita e poi carmelitana, con-sapevole di partecipare, con l’of-ferta della vita, al bene del popolo ebraico. Adesso siete tutte lì, corona di Maria, ad intercedere e a “tifare” per noi. Noi vi guardia-mo tutte, raccogliamo la vostra eredità spirituale e da essa ci

sentiamo spronate a percorrere vie coraggiose di testimonianza dell’Amore.

Carissima Maddalena, prima di lasciarti ci scusiamo per averti trattenuta a lungo sulle nostre frequenze chiacchierando. Ti pre-ghiamo come sorella maggiore e come compagna di viaggio: aiutaci a tenere sempre il cuore rivolto verso Dio, in ascolto, co-stantemente purificato e aiutaci affinché rinnoviamo continua-mente la nostra docilità alla vo-lontà del Padre, perché dal mar-gine della strada, dove la nostra vocazione ci colloca, la nostra vita possa essere testimonianza eloquente e contagiosa dell’amo-re e così contribuire a rinnovare e far risplendere, con genialità femminile, il volto della Chiesa.

Ti stringiamo in un forte ab-braccio affettuoso, corale, di spe-ranza.

Le tue sorelle Carmelitane di Cerreto

LA MISSIONE DEI CARMELITANI AD

HONG KONGP. Heribertus Heru Purwanto, O.Carm.

La missione car-melitana in Hong Kong è stata ini-ziata più di trenta mesi fa. I tre

membri attualmente coinvolti sono tre sacerdoti della Provin-cia Indonesiana. Essi sono He-ribertus Heru Purwanto, Paulus Waris Santoso, che vivono a Hong Kong dal 21 ottobre 2013, e David Tristijanto, che si è unito a loro il 28 marzo 2015.

Cosa stanno facendo attual-mente? La responsabilità prin-cipale di Heribertus è ammi-nistrare una casa per ritiri di proprietà della Diocesi cattolica di Hong Kong. Heribertus abita con David la cui responsabili-tà principale è l’apprendimento della lingua cantonese. Poco fa Paulus è stato nominato vicario parrocchiale nella parrocchia di Santa Teresa, Kowloon Tong, una delle più grandi parrocchie di Hong Kong. Ci sono tre messe nei giorni feriali, mentre nel fine settimana vengono celebrate sei messe.

GUARDANDO INDIETRO

L’idea di avere una comunità ad Hong Kong è stata presen-tata dai nostri confratelli che la-vorano nella Cina continentale. A causa della situazione politi-ca, per i missionari di Beijing è stato ed è tuttora difficile stabi-lire una vera e propria vita co-munitaria. Pertanto, i confratelli che già da qualche anno lavora-vano a Beijing hanno proposto al Consiglio Provinciale della

Provincia Indonesiana di

domandare al Vescovo di Hong Kong se fosse possibile servi-re i fedeli di quella Diocesi. In questo modo si sarebbe costitu-ita una comunità ad Hong Kong, con la speranza che potesse co-stituire un’oasi per i nostri con-fratelli che in Cina si trovano a vivere in situazioni complicate.

Durante l’incontro della regio-ne di Asia, Australia e Oceania, tenuto presso la Casa carme-litana per ritiri a Bali dal 21 al 30 novembre 2008, Albertus Herwanta, Consigliere Generale, ha espresso l’idea di aprire una comunità carmelitana interna-zionale a Singapore, esprimen-do le proprie ragioni. Esami-nandole, Heribertus Purwanto, Priore Provinciale della Provincia Indonesiana, ha proposto Hong Kong invece di Singapore. Hong Kong, infatti, è più strategica di Singapore; inoltre è vicina alla Cina, e ciò permetterebbe di aiutare anche la nostra missione in quel luogo. Albertus Herwan-ta è stato d’accordo e ha espres-so l’idea al Priore Generale e al suo Consiglio, prendendo quindi contatto con il Cardinale John Tong, Vescovo di Hong Kong.

Il Priore Generale, Fernando Millán Romeral, ha appoggiato l’idea. Il primo ottobre 2009 ha redatto una lettera ufficiale per il Cardinale John Tong Hon, chie-dendogli la possibilità di aprire una comunità carmelitana ad Hong Kong (cf. Prot. 375/2009). Il Cardinale John Tong Hon, nella lettera del 3 novembre 2009, ha risposto favorevolmente, affer-mando quanto segue: “Nell’o-

dierno incontro svolto in Curia, ho presentato questa idea e tutti si sono mostrati caldamente fa-vorevoli nell’accogliervi nella nostra Diocesi”.

Heribertus Purwanto aveva terminato il suo periodo come Priore Provinciale e il nuovo Priore Provinciale, Ignatius Joko Purnomo, gli ha chiesto di andare ad Hong Kong per esser-vi il pioniere della presenza car-melitana. Egli ha accettato. Ma c’è stato un improvviso cambia-mento di piani. Heribertus si è dovuto recare a Beijing, poiché il Priore Generale, appena rientra-to dalla sua visita a Beijing, si è reso conto che i nostri confratelli avevano urgentemente bisogno di un altro membro, in quanto la comunità era costituita soltanto da due sacerdoti. Heribertus si è recato a Beijing e si è unito ai due confratelli nell’aprile 2010. Quindi l’apertura della comunità a Hong Kong è stata posticipata.

Finalmente, il 17 agosto 2013 il Cardinale John Tong Hon, Vescovo di Hong Kong, in rap-presentanza della Diocesi, e Ignatius Joko Purnomo, Priore Provinciale dell’Indonesia, per conto della Provincia, hanno fir-mato una convenzione con la quale hanno definito i diritti e i doveri di entrambe le parti. Il 21 ottobre 2013 tre carmelita-ni, Heribertus, Heru Purwanto e Paulus Waris Santoso, sono stati inviati ad Hong Kong per aprire la missione carmelitana. Una volta arrivati, sono stati accolti dai Padri e Fratelli di Maryknoll,

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che li hanno ospitati nella loro grande casa a Stanley.

Come nuovi missionari, Heri-bertus e Paulus hanno imparato la lingua locale, ovvero il can-tonese. Hanno seguito le lezioni offerte dalla Diocesi cattolica di Hong Kong: si tratta di un corso speciale riservato ai missionari. Imparare la lingua locale era, dunque, la prima priorità. Il se-condo passo di questi primi car-melitani ad Hong Kong è stato quello di comprare una casa che potesse essere usata come Centro di Spiritualità. Dunque per diversi mesi hanno cer-cato case in vendita nei Nuovi Territori, poiché in quest’area i prezzi sono più economici ri-spetto ad altre zone (Hong Kong e Kwoloon). Ma anche nei Nuovi Territori i prezzi per una casa erano troppo alti. Il budget for-nito dagli economi missionari dell’Indonesia non era sufficien-te per l’acquisto di un’abitazio-ne. Dunque, dopo aver cercato diverse case in vari luoghi, si sono arresi, affermando: “smet-tiamo di pensare a comprare una casa. È troppo costoso”.

Heribertus e Paulus hanno potuto vivere con i Padri e Fra-telli di Maryknolls a Stanley, go-dendo della loro grande ospita-lità, del panorama mozzafiato e dell’ottimo cibo. Ma hanno com-preso che quella casa non era il posto adatto per coloro che stavano ancora imparando il cantonese. Infatti, in quella co-munità si parlava, si pregava e si celebrava l’eucaristia in ingle-se. Dunque, dopo un anno, He-ribertus e Paulus hanno deciso di lasciare la casa di Maryknoll trasferendosi in una comuni-tà dove potessero praticare la lingua che stavano imparando. Il Rev. Dominic Chan, Vicario

Generale della Diocesi di Hong Kong, ha permesso ad Heriber-tus di trasferirsi presso la Chiesa di Saint Jerome, mentre Tin Shui Wai e Paulus si sono recati nella Chiesa di Saint Anne, a Stanley. Heribertus ha vissuto presso la Chiesa di Saint Jerome per un anno, dal 19 novembre 2014 al 23 novembre 2015, aiutando nelle attività parrocchiali. Paulus ha collaborato nelle attività della parrocchia di Saint Anne per più di un anno.

Il 15 febbraio, un sacerdote ha informato Paulus che le Sorelle colombiane, che gestiscono una casa per ritiri per conto della Diocesi, avrebbero lasciato la propria missione ad Hong Kong a causa della mancanza di perso-nale. Quindi Paulus ha informato Heribertus. L’11 febbraio 2015 Heribertus ha scritto una email al Vicario Generale della Diocesi, chiedendo se l’Ordine Carmelita-no potesse sostituire le Sorelle colombiane nella gestione del Centro per ritiri di Shek O. Il 16 febbraio 2015 P. Dionysius Ko-sasih, Vice Priore Provinciale, si è recato ad Hong Kong per par-tecipare all’incontro dei Carme-litani di Beijing e Hong Kong. Il giorno seguente, lui ed Heriber-tus hanno incontrato il Cardinale

John Tong Hon, Vescovo di Hong Kong, per discute-re sulla possibilità per i car-melitani di gestire la casa per ritiri che veniva lasciata dalle Sorelle colombiane. Il Cardinale John Tong ha suggerito loro di parlare con P. Dominic Chanb, Vicario Generale. Dunque, dopo aver lasciato l’ufficio del Cardi-nale, hanno incontrato P. Domi-nic Chanb nel suo ufficio. Grazie a Dio, il Vicario Generale ha ap-poggiato con gratitudine l’idea di affidare la gestione della casa per ritiri ai carmelitani. Quindi ha suggerito ad Heribertus di chiedere al suo Priore Provincia-le di scrivere una richiesta uffi-ciale al Cardinale John Tong.

Il 4 marzo 2015, P. Ignatius Joko Purnomo, Priore Provincia-le, ha scritto una lettera al Car-dinale John Tong. L’11 marzo 2015 Sua Eminenza ha dato una risposta positiva a quanto chie-sto dal Priore Provinciale, di-chiarando che la Diocesi di Hong Kong permetterà ai carmelitani di operare presso la casa per ritiri di Shek O, ricordando loro però che non può essere utiliz-zata come casa canonica. Ha chiesto pertanto ai carmelita-ni di continuare a cercare una residenza per utilizzarla come

Il Carmelo

in UCRAINA

P. Roman Dabrowski, O.Carm.

Sasiadowice è un pic-colo villaggio situato a metà strada tra Chyro-wa e Sambor in Ucrai-na. Le prime notizie

storiche su questo villaggio risalgono all’anno 1370. La chiesa della comu-nità cattolica romana del villaggio, costruita in legno, è stata consacra-ta nel 1481, anno della fondazione della parrocchia, guidata dal primo parroco, di nome Paolo. Questa chiesa, però, cadde in rovina e così i proprietari terrieri di Sasiadowice, gli Herburts da Felsztyn, costruirono un nuovo tempio, che fu consacrato il 27 novembre del 1600. Bruciato poi dai Tartari nel 1624, fu ricostru-ito nello stesso anno. Questa chiesa è servita come chiesa parrocchiale fino al 1730, quando fu venduta alla comunità ortodossa e la parrocchia fu trasferita a Felsztyn. Ancora oggi essa è utilizzata dalla comunità or-todossa locale per la celebrazione dei riti religiosi.

Nel 1585, al villaggio, avvenne un fatto prodigioso: un contadino trovò, durante il lavoro di aratu-ra nei campi, un bassorilievo di S. Anna; portatolo presso i proprieta-ri terrieri, gli Herburts, essi deci-sero di farne dono alla chiesa par-rocchiale. Ma per tre volte il bas-sorilievo tornò miracolosamente al luogo del ritrovamento. Questo spinse a pensare che si trattasse di un segno con cui il Cielo voles-se indicare il luogo in cui il bas-sorilievo doveva rimanere. Inoltre furono molte le rivelazioni avve-nute nel luogo del ritrovamento. Così gli Herburts decisero di co-struire lì una cappella in legno dedicata a S. Anna e subito di-venne famosa per i miracoli e le grazie.

Nel 1589 fu costruita la chiesa di S.Anna, consacrata succes-sivamente il 15 novembre del 1591 e lì accanto fu costruito anche un convento. Gli Her-

burts desideravano che dei

frati venissero ad abitarvi, in modo da prendersi cura della chiesa. Es-sendo andata a vuoto la richiesta rivolta ai certosini, tentarono di nuovo con i Carmelitani, avendo in-contrato il generale, Henricus Silvio, che si trovava allora a Cracovia. Egli accettò la proposta e i primi Carme-litani giunsero a Sasiadowice nel 1603, dove trovarono il convento, con il refettorio e 12 celle. La nuova fondazione carmelitana venne uf-ficialmente approvata e canonica-mente eretta il 23 luglio del 1603 dal vescovo di Przemysl, Maciej Pstronski, insieme al Generale dell’Ordine Carmelitano Henricus Silvius e al provinciale di Polonia, Stanislaw Gniewkowski. Il primo priore del convento fu Fr. Bartolo-meo Przeworski. Nello stesso anno i Carmelitani furono chiamati a svol-gere il loro ministero presso la par-rocchia di Sasiadowice con la chiesa di San Nicola e presso la parrocchia di Felsztyn con la chiesa, con l’ap-provazione del papa Clemente VIII.

Successivamente i Carmelita-ni costruirono il nuovo convento a Sasiadowice in cui vissero fino al luglio del 1946, quando le autorità del regime comunista sovietico li costrinsero a lasciarlo per tornare nella loro Polonia.

Il convento di Sasiadowice aveva goduto anche di una certa fioritura di vita, basti pensare che vi avevano abitato fino a 17 fratelli. Addirittu-ra alcuni capitoli della provincia di Polonia si sono svolti nel convento di Sasiadowice e, dopo la divisione della provincia polacca, anche alcuni dei capitoli provinciali della provin-cia russa di San Giuseppe.

Nel 1989 la comunità romano-cat-tolica ha riottenuto la chiesa dalle autorità dello Stato e ha ricevuto il permesso per le attività religiose. Così si è potuto dare inizio ai lavori di ricostruzione della chiesa, che era quasi completamente in rovina. A causa della mancanza di materiale sono stati usati i mattoni dell’edifi-

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casa canonica. Finalmente, il primo novembre 2015 è stato firmato un accordo scritto tra la Diocesi cattolica di Hong Kong e l’Ordine Carmelitano Provinciale d’Indonesia.

RIGUARDO LA CASA PER RITIRI DI SHEK O

Si tratta di una piccola casa dove si possono trascorre-re periodi di riposo. Possie-de due camere doppie, tre camere singole, una stanza per le conferenze, due stanze per il riposo, sala da pranzo, parcheggio per le auto, im-pianto audio, equipaggia-mento audio-video, e aria condizionata. Viene offerta la guida spirituale a singoli e a piccoli gruppi. Origina-riamente non era una casa per ritiri. È stata costruita 42

anni fa dal Vescovo Francis Hsu come casa per il Clero diocesano cinese, con l’in-tento di favorire la possibilità di incontrarsi e condividere pensieri ed esperienze. Nel tempo, la casa è caduta in disuso. La Diocesi l’ha con-vertita, quindi, in casa per ritiri per piccoli gruppi. Nel 2003 la Diocesi ha permes-so alle Sorelle colombiane di gestirla. Nella cappella viene celebrata la Liturgia domeni-cale per venire incontro alle esigenze pastorali di coloro che risiedono nelle vicinanze e dei turisti che visitano la zona e le splendide spiagge di Shek O.

È situata alla fine di una splendida penisola chiamata Shek O, che significa letteral-mente “baia rocciosa”. L’in-

tera area è una penisola sulla costa sud dell’Isola di Hong Kong, che si affaccia sul Mare cinese del Sud. Il villaggio di Shek O è circondato dal Parco Nazionale di Shek O, dalla Baia della Grande Onda e dal Capo D’Aguilar. Possiede una splendida spiaggia sabbio-sa e scogliere rocciose eso-tiche. È una meta popolare per i week-end e le vacanze, offrendo un’area per i barbe-cue pubblici e molti ristoran-ti. Le scogliere rocciose sono uno splendido luogo presso il quale praticare gli sport di scalata. Pertanto la speranza dei carmelitani è quella che questa casa per ritiri possa offrire un aiuto spirituale ai tanti visitatori che si recano in questo splendido luogo.

cio precedente. La parte del con-vento rimasta è stata adattata ad abitazione per un sacerdote dio-cesano, rimanendo in funzione anche oggi. Nel 2010 un incendio ha distrutto il tetto e ha in gran parte danneggiato la chiesa e il monastero. Nel mese di agosto dell’anno successivo (2011), alla richiesta dell’Arcivescovo di Lviv Mieczyslaw Mokrzycki, i Carmeli-tani sono tornati a Sasiadowice.

Sono stati ricostruiti il tetto e la sacrestia, che è stata anche gra-dualmente rifornita dei paramenti liturgici, delle vesti e dei beni, di cui era rimasta priva dal tempo del comunismo e dall’ultimo incendio. Attualmente sono in atto lavori di ristrutturazione del refettorio, delle celle e dei bagni, come pure la sostituzione delle finestre. Nella chiesa gli intonachi, le policromie, le volte e gli altari hanno ancora bisogno di ristrutturazione.

Attualmente siamo in tre fratel-li nel convento in Sasiadowice: p.

Roman Dabrowski che è il superio-re della casa, p. Janusz Janowiak e fr. Grzegorz Gadomski. P. Janusz insegna a Lviv nel seminario dio-cesano. Br. Grzegorz è l’econo-mo della casa. Siamo impegnati soprattutto nel lavoro pastorale. La nostra comunità parrocchiale è composta da circa 300 persone, in maggior parte polacchi. Le condi-zioni non sono facili, anche perché la gente qui vive una vita semplice e piuttosto povera. Il paese risen-te ancora molto del conflitto con la Russia. La nostra comunità car-melitana deve affrontare varie ca-renze come la scarsità di acqua, di luce, oppure di internet. Abbiamo recentemente iniziato a installare il riscaldamento centrale. Nono-stante le difficoltà, non possiamo lamentarci.

Desideriamo inviare i nostri cor-diali saluti ai nostri fratelli e so-relle nel Carmelo e chiedervi di pregare per noi e per la nostra missione!

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P. Eduardo Agosta Scarel, O.Carm.

Tra poco scadrà il primo anniversario dalla pub-blicazione dell’enciclica Laudato si’ (da ora in poi abbreviata come LS) di

Francesco sulla custodia della nostra casa comune, la terra; enciclica dap-prima tanto attesa, ma poi altrettanto criticata. Sappiamo che proprio questo è stato il primo documento della Chiesa universale interamente dedi-cato alla questione della custodia del creato. A questo punto qualcuno po-trebbe anche chiedersi in che cosa sia consistita la novità che Francesco ha portato alla nostra comprensione della natura e della relazione che intercorre fra essa e l’uomo. É indubitabile che il papa attuale abbia voluto seguire il cammino già tracciato dai suoi prede-cessori, a partire dagli accenni fonda-mentali del beato Paolo VI sull’ecolo-gia, per passare poi alle lettere di san Giovanni Paolo II, fino a giungere alla magnifica Caritas in Veritate di Bene-detto XVI.

Ponendo le basi su tali fondamenti, Francesco ha tracciato il suo itinera-rio ecologico su tre punti fermi: 1) la ferma convinzione che non è più possi-bile una economia globale dominante che cerca solo un guadagno immedia-to, annullando possibili relazioni eco-nomiche affidate, invece, alla logica della gratuità e del dono; 2) una con-seguente cultura del consumo vorace, che annienta lo spirito delle relazioni fraterne tra le persone; 3) il deterio-ramento ambientale che minaccia le persone più svantaggiate del pianeta, sia oggi che nelle generazioni future.

Su questi tre punti si è sviluppato il percorso di ricerca. Inoltre, restando

fedele al suo stile, Fran-cesco non è sembrato voler

tenere delle riserve. Facendo riferimento al santo di Assisi, il

papa invita tutti gli uomini e le donne a considerare la terra non solo come un luogo da abitare, ma come la “nostra sorella madre terra” (LS 1), stabilendo una relazione di filiale intimità con la natura; suggerimento davvero inedito per il suo afflato mistico. In tal modo è possibile attribuirle una certa qual soggettività, dato che la madre terra, la natura, possiede una sua voce, che grida e “protesta per il danno” a lei causato dagli esseri umani (LS 2). E’ chiaro che questa metafora misti-ca trova riscontro nel testo biblico; il papa, infatti, ci ricorda che la terra, oppressa dagli uomini, “geme e soffre i dolori del parto” (Rom 8, 22). Tutta la Scrittura, del resto, dà ragione di questa nostra filiazione: “anche noi siamo terra”, come ci ricorda France-sco, facendo riferimento a Gen 2, 7. Il linguaggio metaforico della mistica e del testo biblico, permette a Fran-cesco di porre in relazione il pensiero cattolico con le scienze ambientali e l’ecologia.

A partire da questo punto l’enciclica diventa come un appello a una illustra-zione ecologica e a una comprensione dei problemi ambientali prendendo le mosse dalle scienze. Fin dalle prime battute, Francesco mette da parte il termine biblico “dominare” riferito al rapporto tra l’uomo e il creato e offre, come alternativa, una comprensione metaforica che va sotto il concetto di “ecologia integrale”, che richiede nuove categorie, capaci di “trascen-dere il linguaggio della matematica o della biologia e che ci permettano di entrare in contatto con l’essenza dell’essere umano” (LS 11). Già con queste espressioni Francesco apre la porta al linguaggio dello spirito. Detto altrimenti, ecologia integrale significa un modo di vivere in chiave del Regno.

In tal modo l’ecologia integrale pone gli esseri umani in relazione col loro ambiente di vita, con l’intero proces-so evolutivo e con il Creatore stesso. Suppone una comunione trinitaria

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fra Dio, l’umanità e la terra. Così leggiamo nel numero 83 dell’en-ciclica:

l traguardo del cammino dell’u-niverso è nella pienezza di Dio, che è stata già raggiunta da Cristo risorto, fulcro della matu-razione universale. In tal modo aggiungiamo un ulteriore argo-mento per rifiutare qualsiasi do-minio dispotico e irresponsabi-le dell’essere umano sulle altre creature. Lo scopo finale delle altre creature non siamo noi. Invece tutte avanzano, insieme a noi e attraverso di noi, verso la meta comune, che è Dio, in una pienezza trascendente dove Cristo risorto abbraccia e illumina tutto. L’essere umano, infat-ti, dotato di intelligenza e di amore, e attratto dalla pie-nezza di Cristo, è chiamato a ricondurre tutte le creature al loro Creatore”.

Questo testo è rivoluzionario per il magistero ecclesiale circa la relazione tra gli esseri umani e il creato. Esso crea una connes-sione tra la teoria evolutiva pro-posta dalle scienze naturali, già presente nel magistero di Paolo VI, e il linguaggio dello spirito. Possiamo dire che in un certo senso dà un significato nuovo al valore delle creature, che ten-dono a Dio, insieme all’essere umano e per mezzo di esso. Il creato non è semplicemente a di-sposizione dell’uomo, perché egli ne faccia uso come più gli piace, ma l’uomo è corresponsabile del cosmo, per orientare se stesso, e tutto il creato con lui, verso il trascendente. Bisogna imparare a far propria questa “spiritualità” del cosmo. Nel testo dell’encicli-ca di Francesco si possono ap-prezzare alcuni echi del pensiero di Teilhard de Chardin, il gesui-ta antropologo e teologo, per il quale la “grammatica della terra”

si esprime mediante il dispiegarsi evolutivo delle potenzialità pre-senti nella materia creata.

L’ecologia integrale ha come punto chiave il fatto che “tutto è intimamente in relazione” e per questo l’ecologia e la giustizia so-ciale sono intrinsecamente unite tra loro (cf. LS 137). Nella visio-ne di Francesco, con l’ecologia integrale emerge un nuovo pa-radigma di giustizia, poiché “un vero approccio ecologico diven-ta sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri” (LS 49). E non potrebbe essere diversamente, perché questa è la chiave del Regno!

Come metafora, il concetto di ecologia integrale sembra offrire un collegamento tra due piani: uno immanente e l’altro trascen-dente. Nel piano immanente, essa indica che l’integrità ecolo-gica all’interno di un particolare quadro geografico e la giustizia sociale in questo spazio concre-to sono due facce della stessa medaglia, sono unite, perché noi esseri umani e la natura faccia-

mo parte di sistemi di vita e di sostentamento interdipendenti tra loro. Nel piano trascenden-te, l’ecologia integrale mette in connessione l’esercizio della cu-stodia del mondo naturale con la custodia della giustizia per i più poveri e svantaggiati della terra, che sono oggetto della preferen-za di Dio nella storia rivelata e possiamo dire che proprio in essi Egli si identifica. Perciò l’esercizio della custodia del creato può di-ventare un modo per esprimere o perfino per rendere più facile il nostro contatto con Dio. Ecologia integrale significa che la mia fede e la mia speranza escatologica nei cieli nuovi e nella terra nuova (Ap 21, 1) è equiparabile all’af-fermazione evangelica: “quanto avete fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli, lo avete fatto a me” (Mt 25, 40) e tra questi fratelli più piccoli sono incluse anche le creature del cosmo.

É qui che le nostre comunità di fede devono sentirsi concre-tamente interpellate. La nostra identità carismatica può recu-perare il vincolo spirituale tra l’essere umano, l’ambiente e Dio come sostegno all’iniziativa proposta dal papa nel capitolo

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Il piu’ anziano

dell’Ordine

Il 12 gennaio, P. Constant Dölle, O. Carm., della Provincia Olandese, ha celebrato il suo centesi-mo compleanno presso il suo attuale convento car-melitano a Zenderen. Padre Constant è attualmen-te il membro più anziano dell’Ordine Carmelitano.

La celebrazione è iniziata con una Messa di ringraziamento nella cappella comunitaria, dopo la quale vi è stato un rice-vimento per la famiglia e gli amici che hanno portato le loro congratulazioni.

Assieme al Priore Provinciale dell’Olanda, P. Jan Brouns, O. Carm., hanno partecipato molti Carmelitani. Il Sindaco di Borne, signor R. Welten, si è unito, a sua volta, alla cele-brazione. Durante il ricevimento, P. Edgar Koning, O. Carm., priore di Zenderen, ha letto due lettere: quella del Priore Ge-nerale, e un’altra da parte del Re e della Regina di Olanda.

Padre Constant è nato nel nord dell’Olanda nel 1916. Da ragazzo, la casa nella quale risiedeva con la famiglia era ac-canto a quella della famiglia Hillesum, dove crebbe Etty Hille-sum (1914 – 1943). Quest’ultima morì ad Auschwitz lasciando diari e lettere nelle quali ha testimoniato la propria vita spiri-tuale. Papa Benedetto XVI ha parlato di lei nella sua udienza del Mercoledì delle Ceneri (13 febbraio 2013), dicendo:

“... Sto anche pensando ad Etty Hillesum, una giovane ra-gazza olandese di origini ebree morta ad Auschwitz. Dapprima lontana da Dio, lo ha scoperto guardando in profondità dentro di sé, e scrisse: ‘C’è veramente un pozzo profondo in me. In esso abita Dio. Talvolta vi sono anche io. Ma più spesso sassi e sabbia bloccano il pozzo, e Dio vi è sepolto sotto. A

quel punto bisogna scavare per tirarlo fuori’” (Diari, 97).

Nella sua vita turbata ed inquie-ta, ha trovato Dio nel mezzo della grande tragedia del ventesimo secolo: la Shoah. Questa gio-vane donna fragile ed insoddi-sfatta, trasfigurata dalla fede, divenne una donna piena d’a-more e pace interiore, in grado di dichiarare: “Vivo in costante

intimità con Dio”.

Sebbene fossero vicini di casa a Winschoten, Constant non si ri-

corda di questa ragazza, poiché era

100o

Buon compleanno

Sanny Bruijns

affascinato dal vicino di casa che gli insegnò come suonare il piano. Probabilmente Titus Bran-dsma ed Etty Hillesum si videro nel 1923, quando Titus visitò la scuola, il parroco, e la famiglia Dölle a Winschoten. Padre Con-stant aveva sette anni quando incontrò Titus Brandsma per la prima volta. Gli piacque dal primo istante e capì di potersi fidare di quell’uomo. Dopo l’en-trata nell’Ordine Carmelitano, Constant incontrò padre Titus diverse volte a Zenderen e Mer-kelbeek. L’ultima volta che si in-contrarono fu nel gennaio 1942, poco prima che Titus fosse arre-stato. Dopo 74 anni, Padre Con-stant ancora si ricorda del sorriso di Titus, un sorriso pieno di pura luce. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, Constant divenne un

insegnante di lettere classiche (Greco) e parroco.

Durante la guerra visse la libe-razione della propria città tra le sparatorie mentre diceva messa durante la meditazione quaresi-male. Questa esperienza gli fece capire che liberazione e morte sono molto vicine tra loro. Per questa ragione, quando gli venne chiesto di costruire una nuova chiesa nella città di Dordecth, nell’Olanda orientale, le diede il nome di Christus Resurgens. Tale titolo pone enfasi sul Cristo che risorge, e non sul Cristo Risor-to, perché la risurrezione, il ri-sveglio, è un processo che Dio ci dona ogni giorno.

Poiché Constant conobbe il Beato Titus Brandsma personal-mente, scrisse un libro sul suo

viaggio spirituale: Incontrando l’Abisso. Il viaggio spirituale di Titus Brandsma (Louvaine, Pe-eters 2002). Il libro racconta la storia del Beato Titus, con parti-colare enfasi sulla sua spiritualità.

Sebbene si possa definire un anziano dell’Ordine e si stia av-viando al suo ottantesimo anni-versario di professione religio-sa, ancora si sente ispirato dalla Regola carmelitana. Assieme ai membri della Famiglia Carmelita-na anima un gruppo che si incon-tra ogni mese, per riflettere sul significato della Regola nella vita quotidiana del ventesimo secolo. Questo lo mantiene mentalmente giovane e lo rende un dono pre-zioso per la propria comunità e la Provincia Olandese.

La novità ecologica di papa Francescosegue da pagina 25

conclusivo dell’enciclica. Per spi-ritualità intendo una maniera di vivere in sintonia con i valori e le convinzioni di fede, che reggono le scelte e le decisioni fondamen-tali della vita. Si tratterebbe di un’impostazione di vita nuova, che crea stili differenti e alter-nativi rispetto alla cultura domi-nante, basata sul consumo e lo scarto. A prima vista un impegno come questo non sembra affatto facile; soprattutto richiede fidu-cia nel futuro e nell’essere umano (fede nella resurrezione). Il papa sa che l’uomo di oggi ha le sue radici nel paradiso biblico, là dove il peccato ha purtroppo di-strutto la libertà. E come l’uomo, anche la natura ha subito le con-seguenze del peccato dell’uomo, che ha influito sull’intero cosmo, creando squilibri insanabili. Da ciò deriva che la nostra capacità di custodire il creato è ben lonta-na dall’essere perfetta, ma ogni volta che proviamo ad esercitar-la, noi manifestiamo la nostra fede nella redenzione di tutte le creature.

Dal libro della Genesi noi sap-piamo che Dio non ha dato istru-zioni all’uomo fornendo un ma-nuale per come usare e pren-dersi cura del creato, ma ci ha solamente detto: “custodiscilo e coltivalo”. E questa opera può essere compiuta dall’uomo solo con la sua intelligenza, dono da-togli da Dio, seppure imperfetto. E il papa non manca di esprimere la sua speranza in questa qualità dell’uomo (LS 78, 164, 192). Al numero 124 egli dice esplicita-mente:

In qualunque impostazione di ecologia integrale, che non esclu-da l’essere umano, è indispensa-bile integrare il valore del lavoro, tanto sapientemente sviluppato da san Giovanni Paolo II nella sua Enciclica Laborem exercens. Ricordiamo che, secondo il rac-conto biblico della creazione, Dio pose l’essere umano nel giardino appena creato (cfr Gen 2,15) non solo per prendersi cura dell’esi-stente (custodire), ma per lavo-rarvi affinché producesse frutti

(coltivare). Così gli operai e gli artigiani « assicurano la creazione eterna » (Sir 38,34). In realtà, l’intervento umano che favorisce il prudente sviluppo del creato è il modo più adeguato di prenderse-ne cura, perché 97 implica il porsi come strumento di Dio per aiutare a far emergere le potenzialità che Egli stesso ha inscritto nelle cose: «Il Signore ha creato medicamen-ti dalla terra, l’uomo assennato non li disprezza » (Sir 38,4).

Papa Francesco è un credente felice e ha fiducia nella dignità umana e nella nostra capacità creativa di affrontare le sfide. So-prattutto egli confida nell’essere umano e nell’aiuto di Dio. E pro-prio questa sua fiducia di fondo costituisce la sua spiritualità pe-culiare, che tanto attrae la gente dei nostri giorni. “Camminiamo cantando!”, scrive Francesco quasi a chiusura dell’enciclica. “Che le nostre lotte e la nostra preoccupazione per questo pia-neta non ci tolgano la gioia della speranza” (LS 244).

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ONG CARMELITA KARIT 20 ° anniversario

Karit

Quest’anno la ONG Carmeli-tana Karit Solidarios por la Paz (Solidali per la Pace) ha compiuto i suoi primi 20 anni di attività. Da Citoc-magazine abbiamo chiesto al suo presidente, P. David Oliver, O.Carm., che ci raccontasse cosa significa Karit e ci dicesse qualcosa a riguardo di ciò che questa ONG Carmelitana sta facendo per i più bisognosi. Ecco la sua testimonianza.

P. David Oliver Felipo, O.Carm.

Vent’anni fa un gruppo di car-melitane della Regione Iberica (Spagna e Porto-

gallo), laici, religiosi e religiose decisero di rendere reale l’impe-gno concreto verso i più bisogno-si, gli ultimi, i preferiti da Dio. Il punto di partenza fu la riflessione sulla Giustizia e sulla Pace che questa regione stava sviluppan-do. Il servizio svolto in mezzo al popolo, tra i più poveri, li portò a dare vita a Karit Solidarios por la Paz, la ONG della Famiglia Carmelitana. É, quindi, un’im-portante realtà del Carmelo, da sempre impegnato per un mondo più giusto, fraterno e pacifico. Celebriamo vent’anni di pro-

getti, attività, proposte educative e di sensibilizzazione che hanno avvicinato i carmelitani ai più bi-sognosi, spronandoli a vivere in-sieme a loro: ciò ci ha aiutati a condividere, pensare e disegna-re un futuro insieme ad essi, in modo che la realtà che è toccata loro vivere non li conduca a con-formarsi a tale situazione, ma li spinga piuttosto a progettare un mondo differente, dove il fatto di essere nati in un luogo piuttosto che in un altro non intacchi la dignità con la quale siamo stati creati.

Karit Solidarios por la Paz nasce ispirandosi al torrente dove Elia riceve ‘acqua e pane’ duran-

te il cammino nel quale incon-trerà la vedova a Sarepta, e la sua presenza farà in modo che l’alimento non finisca. Vogliamo essere coloro che portano avanti lo spirito di Elia nella difesa di molti dei nostri fratelli, che come Nabot si vedono privati della pro-pria vigna, di ciò che è necessario per vivere con dignità, di ciò che appartiene loro in quanto figli di Dio, ovvero alimenti, educazio-ne, sanità... diritti fondamenta-li che li aiutano a sviluppare ciò che sono e che hanno. Vogliamo che la nostra presenza non sia altro che una piccola brezza della testimonianza di Dio,

della sua giustizia e della sua bene-volenza. Il nostro “poco” si trasfor-ma in “molto” là dove si realizzano i progetti, dove si riesce a far arri-vare l’acqua, dove si avviano pro-grammi a favore dei più bisognosi del nostro mondo. Il “poco’’ di tutti risulterà “molto” in una farmacia nella campagna della Repubbli-ca Dominicana o in una scuola in Ruanda o Mozambico. Vogliamo essere gli strumenti che rendo-no vicina questa dolce brezza che cambia il cuore delle persone, che risveglia il meglio di essi per offrirsi e per essere.

Un terzo pilastro della nostra na-scita vent’anni fa è costituito dalla presenza concreta delle missio-ni carmelitane in paesi sfortunati. Teniamo lo sguardo fisso, come la schiava del salmo, sulle perso-ne che ricevono l’annuncio della Buona Novella portata dai carme-litani in questi luoghi, per sapere cosa fare, cosa proporre, come aiutare. La presenza di religiosi e religiose è stata la spinta necessa-ria ad organizzarci e farci nascere. Essi avevano bisogno di appoggio e di progetti di aiuto allo sviluppo, e continuano ad averne. L’ONG veniva a costituire un modo per sostenere le varie opere che rea-lizzavano. Abbiamo voluto essere, da allora in poi, un appoggio ed una sicurezza perché non venga meno la presenza carmelitana, che rende visibile Gesù che trasforma il cuore degli uomini e la realtà in cui vivono. Karit Solidarios por la Paz è al servizio di questo processo di trasformazione che le sorelle ed i fratelli, vivendo affianco agli ultimi, intendono realizzare.

Questi tre punti, che sono all’o-rigine di Karit Solidarios por la Paz, sono stati riferimenti obbligati del nostro operato durante questi vent’anni. Ora apprezziamo in modo particolare il fatto che questo progetto sia di tutti, indipendente-mente dalla provenienza o dalla struttura di appartenenza. Nella ONG Karit Solidarios por la Paz non si chiede, né si discrimina nessuno per la sua provenienza, stato di vita o condizione. Sono gli ultimi che ci

convocano, è lo spirito del Car-melo che ci unisce ed è il deside-rio di trasformare la realtà ciò che ci muove. Una seconda ragione che ci ha aiutato, ed è costan-temente presente, è la vicinanza con coloro con cui collaboriamo, pur distanti a livello di chilometri e realtà. Quest’incontro nell’im-pegno ci ha sempre caratteriz-zato e continua a consolidarsi grazie alla vicinanza della fami-glia, al senso di appartenenza e alla condivisione di una stessa identità e di uno stesso progetto. Non ci sono intermediari: tutti si sentono parte di questi progetti e di questa realtà, della nostra riflessione e del nostro operato.

La nostra presenza

La presenza di Karit Solidarios por la Paz è duplice. In Spagna, nelle varie delegazioni in cui il gruppo dei soci (religiosi, reli-giose e laici) si riunisce per co-noscere ed avvicinarsi alla realtà dei progetti a cui danno avvio e che finanziano. Ciascuna di loro dà vita a uno o più progetti che nel corso dell’anno verranno rea-lizzati in altre parti del mondo. Ci riuniamo, analizziamo la realtà, la leggiamo da un punto di vista della speranza, la conosciamo meglio grazie al rapporto con la controparte e cerchiamo il modo di coinvolgere il maggior numero di persone per poterla realizza-re. Iniziamo col voler cambia-re la realtà ed è questa stessa realtà, alla quale ci avviciniamo a distanza, a cambiare noi stessi, a trasformarci quando le diamo un nome ed un cognome, situa-zione e contesto. Attualmen-

te abbiamo tredici delegazioni aperte: Madrid, Valladolid, Sevil-la, Malaga, Barcellona, Saragoz-za, Murcia, Elda, Onda, Quart de Poblet, Caudete, Lladò e Villareal.

La presenza realmente im-portante ora e durante questi vent’anni è stata quella dei luoghi in cui abbiamo realizzato proget-ti di sviluppo. Sono quei luoghi in cui una comunità carmelita-na si è resa presente. Luoghi in cui uomini e donne hanno posto nelle mani di Karit Solidarios por la Paz il loro desiderio, la loro speranza e l’intenzione di modi-ficare la realtà, muovere le coor-dinate che li tenevano o tengono limitati ad essere ciò che sono. Sono state comunità più ampie di quelle dei religiosi o religiose, che hanno fatto un’analisi della realtà con il coinvolgimento di altre persone, affinché con la condivisione tra loro e noi quella stessa realtà potesse cambiare, assumere un altro colore, scopri-re spesso raggi di luce e speran-za. E così la nostra presenza du-rante questi vent’anni è stata ed è ancora in Venezuela, Repubbli-ca Dominicana, Perù, Argentina, Colombia, Ruanda, Congo, Cuba, Bolivia, Paraguay, Burkina Faso, Kenia, Mozambico, Timor Leste, Indonesia ed anche in Spagna.

I nostri progetti

Le varie iniziative e progetti che realizziamo si possono divi-dere in quattro grandi gruppi:

1. Progetti di Promozione allo Sviluppo. É la parte che vede implicata la maggior parte delle nostre risorse. Sono pro-

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getti che nascono dalla presenza delle missioni carmelitane e che, una volta pervenuti presso le nostre delegazioni, cerchiamo di accompagnare e finanziare. Sono progetti riguardanti l’educazione, la sanità, l’animazione sociale, l’integrazione, l’accoglienza degli emarginati... Progetti che sono indirizzati alle necessità basila-ri delle persone e alle modalità con cui farvi fronte, creando un futuro personale e comunitario. In questi vent’anni si sono realiz-zati dei progetti che hanno con-tribuito al raggiungimento degli obiettivi del millennio che si è cercato di realizzare e che hanno segnato la cooperazione fino al 2015. Ad oggi stiamo già cercan-do il modo di sviluppare proposte come obiettivi di sviluppo soste-nibile.

2. Sensibilizzazione e comu-nicazione. É un compito perma-nente e spesso poco attraente. Si tratta di presentare, nel luogo dove viviamo, una realtà che ha bisogno di comprensione e soli-darietà. Sensibilizzare è mettere gli ultimi avanti a noi in modo che nessuno li dimentichi, in modo che conoscendoli possiamo essere tutti in grado di amarli. Un secondo importante compito di questa dimensione è la denuncia. Non possiamo restare indifferenti dinanzi all’ingiustizia che ci cir-conda, alla mancanza di risorse o al modo in cui esse vengono di-stribuite. Dobbiamo, e ci sentia-mo chiamati a farlo, sottolineare che alcuni dei nostri privilegi non sono altro che il frutto di un’in-giusta distribuzione della ricchez-za o del modo di abusare di leggi commerciali. Vogliamo anche essere un grido di pace in mezzo a questo nostro mondo, un grido di denuncia dei conflitti elaboran-

do proposte volte alla loro risolu-zione, un invito alla costruzione di un mondo diverso e possibile.

3. Volontariato. Durante questi vent’anni tale aspetto del nostro operato è cambiato e cre-sciuto. Molte persone hanno par-tecipato come volontari in vari progetti. È un’esperienza che cambia veramente la vita di colui che viaggia e si impegna. Non si è più gli stessi dopo aver colla-borato con le sorelle carmelitane nell’animazione della comuni-tà del loro collegio nella Repub-blica Dominicana o dopo essere riusciti a canalizzare l’acqua a José Gálvez o nella Antona, per fare un esempio. Al tuo ritorno, valorizzi e ricollochi il tuo centro, fai in modo che la tua vita abbia un altro senso. Molti giovani sono stati in grado di condividere quest’esperienza e tutti si sono scoperti uomini e donne nuovi. Viaggiare verso sud per impe-gnarsi in questi progetti richiede una preparazione che viene of-ferta dalla ONG Karit Solidarios por la Paz.

4. Educazione per lo svilup-po. Elaboriamo materiale che propone valori diversi, un diffe-rente punto di vista della realtà, finalizzato a favorire l’impegno. Si tratta di un materiale educa-tivo per centri sociali, per gruppi giovanili, per la riflessione degli adulti. L’educazione è il motore reale del cambiamento delle strutture. Crediamo che tale compito debba essere costante e permanente, che non si debba lasciare al caso il cambiamento di tutto ciò che opprime l’uomo, non permettendogli di vivere di-gnitosamente. I nostri materiali vogliono aprire le porte verso un nuovo mondo, stimolarci verso

quei valori che conferiscono di-gnità all’uomo. Avvicinarsi, cono-scere, amare ed impegnarsi per un mondo diverso in cui le perso-ne vengono al primo posto.

Futuro

Ci piacerebbe continuare a cre-scere. Condividiamo alcune delle nostre inquietudini per il futuro:

1. Vorremmo che tutta la Fami-glia Carmelitana ci conoscesse e ci sentisse come una sua compo-nente.

2. Crescere grazie ad altre pre-senze che non siano direttamen-te legate alla Famiglia Carmelita-na della Regione Iberica. Siamo a disposizione del Carmelo.

3. Offrire uno spazio maggiore ed ulteriore materiale per la sen-sibilizzazione e l’educazione nei paesi meno fortunati. Cambiamo ora i nostri cuori e cambierà la realtà degli altri, sia qui che lì.

4. Realizzare progetti o pro-grammi in grado di contribuire ad un cambiamento più incisivo della realtà: favorire il coinvolgi-mento di un maggior numero di organizzazioni, lavorare in rete, garantire una maggiore continui-tà temporale della nostra presen-za a livello di progetti e di pro-grammi, elaborare un piano più ampio finalizzato alla trasforma-zione della realtà grazie alla pre-senza dei carmelitani.

5. Crescere numericamente come soci e delegazioni, sia in Spagna che in Europa.

Puoi visitare la nostra pagina www.karitsolidarios.org o seguir-ci su Facebook. Puoi anche scri-verci a [email protected] o chiamarci al numero +33630 763 248.

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Assemblea delle Madri Fe-derali e delle rappresentanti dei monasteri non federati.

Approfittando del congresso delle Federali di tutti gli Ordini religiosi, organizzato dalla Congregazione per la Vita Consacrata al termi-ne dell’anno dedicato ai consa-crati, le 5 Federali carmelitane (3 della Spagna, 1 delle Filippine e 1 dell’Italia), insieme alla Coordina-trice delle monache brasiliane e alle rappresentanti dei monasteri del Caribe e degli Stati Uniti, sono state invitate dal Delegato Gene-rale ad un incontro che si è svolto dal 3 al 5 febbraio presso il Centro Internazionale Sant’Alberto (CISA), in Roma. Questa assemblea è stata prima di tutto una buona occasione per conoscere la realtà di ogni fe-derazione e dei monasteri che non sono federati e per promuovere la comunicazione e la comunione tra le monache, e tra i monasteri e il resto della Famiglia Carmelitana. In questo senso sono state ac-colte e migliorate le proposte del Segretariato Generale per le Mo-nache presentate da Sr. M. Elena Tolentino (BUR) (vedi citoc-online 112/2014). Inoltre le 15 parteci-panti hanno condiviso l’esperienza e i punti principali emersi durante il Congresso in Vaticano a partire dalla relazione di Sr. M. Martina Simeone (SUT). Altri due momenti importanti sono stati l’incontro con la Postulatrice Generale, Giovanna Brizi, che ha presentato le cause in corso che riguardano le mona-che e ha indicato come procedere nel caso si vogliano iniziare nuove cause, e l’incontro con il Priore Ge-nerale, P. Fernando Millán Rome-ral, che, oltre a condividere alcuni temi, eventi e iniziative all’interno dell’Ordine, ha incoraggiato a con-tinuare questo cammino di comu-nione. Durante le sessioni di lavoro sono state prese due decisioni im-portanti: la celebrazione ogni tre anni dell’assemblea delle Federali e delle rappresentanti dei monasteri

non federati; il modo di procede-re circa l’aggiornamento delle Co-stituzioni delle monache. Alla fine dell’incontro, il Priore Generale ha consegnato al Priore del CISA, Míceál O’Neill, O.Carm.,la macchi-na da scrivere usata per anni da P. B.F.M. Xiberta, O.Carm. (in pro-cesso di beatificazione) e con la quale ha scritto non soltanto i suoi trattati teologici ma anche centina-ia di lettere alle monache.

Secondo libretto della Com-missione internazionale per l’Evangelizzazione e la Mis-sione

Dal 27 al 29 aprile 2016 si è in-contrata la Commissione interna-zionale per l’Evangelizzazione e la Missione dell’Ordine nella Curia Generalizia a Roma. In agenda c’era il feedback da parte dell’Ordi-ne sul libretto “Essere carmelitano oggi: una gioia che si rinnova e si comunica”. È stato distribuito alle province e a tutti i membri della Famiglia Carmelitana attraverso CITOC-online e il sito web. Si è notato che il libretto è stato usato da diverse comunità nelle varie parti del mondo e ha suscitato una risposta positiva. La commissione è molto grata del riscontro. Il se-condo libretto con il titolo “La gioia di essere una comunità contempla-tiva” è ormai disponibile sul nostro sito web www.ocarm.org

L’intenzione della commissione è di coinvolgere le comunità, i gruppi legati alla Famiglia Carmelitana e singole persone per riflettere sulla relazione tra l’Esortazione Aposto-lica di Papa Francesco Evangelii Gaudium e la tradizione spirituale dell’Ordine. Il terzo libretto che sarà pubblicato nel 2017 avrà per tema “La gioia di proclamare la Parola”. Si spera che questi libretti, che contengono sette riflessioni, siano validi per gli incontri delle comunità dei frati, delle monache, delle suore affiliate, degli Istituti Carmelitani, delle comunità locali del Terz’Or-dine e per tutti coloro che sono in qualche modo legati alla nostra spi-ritualità e al nostro carisma.

Durante l’incontro il Sig. Jean Luc Moens (Comunità Emmanuele)

ha parlato su vari approcci all’e-vangelizzazione. La commissione ha anche cominciato a preparare un seminario internazionale sulla proclamazione del Vangelo come sottolineato nel terzo capitolo di Evangelii Gaudium (110-175). Ul-teriori informazioni su questo se-minario saranno comunicate nel corso del prossimo anno.

Notizie dalla Postulazione

In 7 giugno 2016 si è riunita la Sessione Ordinaria dei Cardinali e Vescovi per discutere sulla causa di beatificazione della Serva di Dio Madre Elisea Maria Oliver Molina (1869-1931), fondatrice della Congregazione delle Suore della Vergine Maria del Monte Carme-lo (HVMMC). Con gioia vi infor-miamo che l’esito della votazione è stato positivo. Attendiamo ora che il Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, Card. Angelo Amato, sottoponga al Sommo Pon-tefice le conclusioni della Sessione Ordinaria e autorizzi la Congrega-zione a promulgare il Decreto sulle virtù eroiche di Madre Maria Elisea, che avrà il titolo di venerabile. Perciò ci uniamo fraternamente alla gioia di questa cara congre-gazione carmelitana. Per quanto ad un venerabile non sia concesso nessun culto, questo è un passo fondamentale per giungere al tra-guardo della canonizzazione. Pre-ghiamo Dio affinché, attraverso l’intercessione della Madre Elisea, si ottenga presto un miracolo per la sua beatificazione.

Lo scorso 27 maggio, nella ses-sione n. 144, il Consiglio generale dell’Ordine, su istanza della Pro-vincia maltese, ha espresso parere positivo all’introduzione della Causa di beatificazione e canoniz-zazione del p. Avertano Fenech O.Carm. (1871-1943).

Il 22 giugno, presso la Diocesi di Jundiaí, si è tenuta la Sessione di apertura dell’Inchiesta suppleti-va circa la vita, le virtù e la fama di santità in specie e i fatti straor-dinari in genere del Servo di Dio Dom Gabriel Paulino Bueno Couto (1910-1982), vescovo carmelitano.

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Karmel BaliCasa di Spiritualità Carmelitana a Bali,

Indonesia

Luogo di pace, di silenzio e tranquil-lità dove potrete incontrare gli altri, riscoprire voi stessi ma soprattutto Dio.Un luogo perfetto

per ritiri spiri-tuali, assemblee e convegni di vario genere.

Jl. Baturiti Bedugul No.88, Batunya, Baturiti, Kabupaten Tabanan, Bali, Indonesia

+62 36821416/21407 [email protected]