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MODULO 4
RELAZIONALE –
formazione e consultazione dei lavoratori
CHE COSA E’ LA COMUNICAZIONE?
E’ l’insieme di capacità umane e strumenti utili allatrasmissione e circolazione dei messaggi e delle informazioniper il raggiungimento di specifici obiettivi
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I 5 ASSIOMI DELLA COMUNICAZIONE
L’IMPOSSIBILITA’ DI NON COMUNICARE
“Non si può non comunicare”
1°ASSIOMA
I 5 ASSIOMI DELLA COMUNICAZIONE
CONTENUTO E RELAZIONE
“Qualsiasi comunicazione ha un aspetto di contenuto e di relazione”
Ogni comunicazione comporta un aspetto di metacomunicazione che determina la relazione tra i
comunicanti
2°ASSIOMA
I 5 ASSIOMI DELLA COMUNICAZIONE
LA PUNTEGGIATURA DELLA SEQUENZA DI EVENTI
“La natura di una relazione dipende dalla punteggiaturadelle sequenze di comunicazione tra i comunicanti ”
Il modo di interpretare la comunicazione è in funzione della relazione tra i comunicanti.
3°ASSIOMA
I 5 ASSIOMI DELLA COMUNICAZIONE
COMUNICAZIONE NUMERICA ED ANALOGICA
“Gli esseri umani comunicano sia con illinguaggio numerico che con quello analogico”
4°ASSIOMA
I 5 ASSIOMI DELLA COMUNICAZIONE
INTERAZIONE COMPLEMENTARE E SIMMETRICA
“Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetricio complementari, a seconda che siano basatisull’uguaglianza o sulla differenza ”
5°ASSIOMA
La retroazione è fondamentale per attuare un‘efficace formazione in quantopermette la verifica del messaggio inviato. Se le informazioni vanno in un solosenso, da emittente a ricevente, si ha la trasmissione di informazioni ma nonla vera comunicazione.
L’emittente traduce in unlinguaggio messaggio che
viene al trasmesso ricevente che lo deve
decodificare
Schema della comunicazione
TIPOLOGIE DI COMUNICAZIONE
Esistono quattro tipologie di comunicazione:
1. Funzionale
2. Informativa
3. Creativa
4. Formativa
1. COMUNICAZIONE FUNZIONALERiguarda tutte le informazioni di tipo operativo necessarie a supportarei diversi processi produttivi e decisionali interni, nonché l’attività deglioperatori “di confine” a frequente contatto con il pubblico deiclienti/utenti e dei fornitori esterni.
2. COMUNICAZIONE INFORMATIVAConcerne tutte le informazioni necessarie a far conoscerel’organizzazione nel suo complesso o importanti parti di essa, i suoiprodotti, le sue politiche nei confronti dei diversi “clienti” e “fornitori”,siano essi interni o esterni all’organizzazione.
TIPOLOGIE DI COMUNICAZIONE
3. COMUNICAZIONE CREATIVAE’ quella che si realizza in tutte le situazioni poste in essere per realizzareoccasioni di dialogo sia verticale che orizzontale tra gli attori organizzativi(meetings, feste, riunioni, presentazioni, attività ludiche per creare senso diappartenenza e spirito di gruppo...) dove “il sapere” si trasferisce (anche) dalbasso verso l’alto e viene “creato” soprattutto in modo informale.
4. COMUNICAZIONE FORMATIVAConcerne, innanzitutto, l’attività formativa vera e propria effettuata sia incontesti formativi specialistici sia sul luogo di lavoro; riguarda inoltre lemodalità di condivisione della strategia, della missione, dei valori, della culturae della simbologia dell’impresa utili per “formare” e coinvolgere a loro voltacollaboratori e clienti/utenti.
TIPOLOGIE DI COMUNICAZIONE
115
METODI DI COMUNICAZIONE
VERBALE NON VERBALE
Parlata
Scritta
COMUNICAZIONE VERBALE PARLATA
Quando noi parliamo con un’altra persona c’è sempre un aspettoparticolare della relazione in atto, costituita dal fatto che oltre allanotizia in sé si dà un’informazione aggiuntiva e non palese(“metacomunicazione”) che stabilisce il modo in cui deve essere presala notizia. Così la comunicazione si definirà “congrua” (coerente)quando contenuto e relazione esprimono lo stesso messaggio,“incongrua” (non coerente) quando i messaggi sono discordanti.Gli elementi verbali che contribuiscono a definire tale congruità sonoil ritmo, il tono, la cadenza e l’intensità della voce.
METODI DI COMUNICAZIONE
COMUNICAZIONE VERBALE SCRITTA
Questo tipo di comunicazione ha regole e caratteristiche ben precise (sintassi, grammatica, stile, etc.).
I principali errori che si commettono solitamente nella stesura di un testo sono:·eccessiva lunghezza·eccesso di dettagli tecnici anche quando non necessari·scarsa chiarezza sulle azioni richieste·necessità di essere letto interamente per poter trovare i punti principali.
METODI DI COMUNICAZIONE
COMUNICAZIONE NON VERBALE
La comunicazione non verbale consiste in molteplici manifestazioni veicolate omeno dal corpo umano: trattasi di ogni elemento di espressione che prescindedall’uso della voce.
L’attenta osservazione della congruità fra atteggiamenti non verbali e parole, abbinata comunque alla necessità di verificare sempre le ipotesi che si fanno(ad esempio il nostro interlocutore potrebbe avere un atteggiamento incongruo per delle preoccupazioni che non conosciamo) è in grado di fornirci preziose informazioni aggiuntive che possono rendere la nostra comunicazione più efficace.Non è semplice, perché i segnali corporei si possono facilmente fraintendere.
METODI DI COMUNICAZIONE
COMUNICAZIONE NON VERBALE
E’ possibile individuare due categorie principali:
Codice (o Sistema)
CINESICO – GESTUALE
Comportamento spaziale, comportamento
motorio- gestuale, comportamento mimico del
volto, comportamento visivo
• Mimica facciale
• Sguardo
• Postura
• Orientazione
• Gestualità
Codice (o Sistema)
PROSSEMICO EAPTICO
• Uso del territorio, contatto
• Uso dello spazio interpersonale
• Contatto diretto tra persone
METODI DI COMUNICAZIONE
COMUNICAZIONE NON VERBALE
Si fa rientrare nel non verbale anche ciò che è legato all’uso voce edella parola ma non al suo significato letterale, quindi lecaratteristiche paraverbali, ossia il modo in cui si parla
Codice (o Sistema)
PARAVERBALE
•Tono della voce
•Silenzio
•Pause
METODI DI COMUNICAZIONE
COMUNICAZIONE NON VERBALE
Gli elementi della comunicazione non verbale sono:
✓Posture✓Movimenti✓Gesti✓Mimiche✓Suoni e rumori✓Odori e sapori✓Tatto✓Immagini
METODI DI COMUNICAZIONE
La comunicazione è un processo che consiste nel far nascere un significato nella mente del ricevente.
Una comunicazione complessa è:- più difficile da schematizzare per i destinatari- più difficile da ricordare- più difficile da capire.
Quando siamo veramente interessati agli altri e quindi desiderosi di stabilirecon loro un rapporto di empatia (cioè cercare di comprendere gli altriimmedesimandosi nelle loro ragioni), possiamo adottare dei comportamentifavorevoli.
QUALI I COMPORTAMENTI FAVOREVOLI?
QUALI I COMPORTAMENTI FAVOREVOLI?
ASCOLTARE: Per ben comunicare serve saper ascoltare. Saper ascoltare presuppone due piani:✓ assumere atteggiamenti congrui✓ usare giuste pause di silenzio
RIFORMULARE: Quest’azione permette di avere sempre presente la complessità del rapporto comunicativo e rende possibile far luce tra le varie argomentazioni dell’altro riformulando e ripetendo i concetti generali.
FOCALIZZARE: Mettere a fuoco ciò che è veramente essenziale.Quest’azione torna utile in presenza di interlocutori che tendono adisperdersi riportando esempi e situazioni non strettamente connessiall’oggetto della comunicazione. E’ bene non perdere di vista l’obiettivoprimario assegnato al colloquio ed alla comunicazione, mettendo inevidenza gli argomenti più importanti.
VERIFICARE: Consensualmente con il/i destinatari. In questa fase verrannoripercorse le tappe della comunicazione chiedendo all’interlocutore confermadi quanto è stato detto.
RIASSUMERE: Quando si presume di essere arrivati alla fine di un dialogo odi un intervento è importante riassumere quanto è stato detto, riprendendole parti essenziali.
QUALI I COMPORTAMENTI FAVOREVOLI?
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10 REGOLE PER COMUNICARE
1. Partire da ciò che si conosce: “con chi sto parlando, cosa conosco di lui o di
lei”. Conoscere qualcosa del nostro interlocutore può essere un buon gancio per iniziare una conversazione
2. Dal generale al particolare. Procedere per tappe approfondendo i dettagli
specifici per il nostro obiettivo.
3. Adeguare il numero di informazioni: dare un numero di informazioni troppo
elevato può confondere chi ci ascolta, riducendo la sua attenzione. Limitare leinformazioni a quelle più importanti.
4.Non dare nulla per scontato: ciò che a noi può apparire superfluo da
comunicare potrebbe rendere più facile l’acquisizione dei concetti per il ricevente.
5.Attenzione al linguaggio. Utilizzare parole e termini adeguati al livello
culturale del nostro interlocutore.
6.Curare il non verbale del nostro interlocutore: è utile osservare i
segnali corporei che sono indice delle emozioni. Se l’interlocutore mantiene unbuon contatto visivo, sorride e non incrocia le gambe, questi possono esserepotenziali segnali di una buona comunicazione.
10 REGOLE PER COMUNICARE
127
7.Fare uso di esempi: metafore, motti, proverbi rendono i concetti più vivi e
vicini alla propria esperienza; permette una memorizzazione migliore per ilricevente.
8.Procedere logicamente. Non utilizzare una valanga di parole e non fare voli
pindarici passando da un argomento ad un altro: è certa una confusione del nostrointerlocutore. È opportuno nell’esposizione seguire un filo logico legando in modoconsequenziale i vari argomenti.
9.Verificare il feedback: ogni atto comunicativo, verbale o non verbale che sia,
ha sempre un contenuto di ritorno che confermerà all’altro che siamo o non siamod’accordo con il suo messaggio. Questo può avvenire solo se l’interlocutore haseguito quanto esposto da colui che parla.
10 ReGoLe peR coMunIcaRe
10. Fare una sintesi: se effettivamente ci interessa che il messaggio
arrivi all’altro, dovremmo attivarci per Facilitare il compito di acquisizioneed archiviazione nella memoria dell’interlocutore.
Il consiglio è citare tre o quattro punti chiave dell’oggetto della conversazione, senza portare inutili riferimenti o affermazioni che possono distrarre l’attenzionedell’altro
10 REGOLE PER COMUNICARE
La motivazione propria e dei collaboratori
COSA E’ LA MOTIVAZIONE
Dal latino “MOTUS” motivazione indica un movimento, quindi il dirigersi di un Soggetto verso un oggetto desiderato, verso unoscopo.
chi è efficiente, rende, lavora sodo
Sul lavoro c’è:
chi non prova piacere in quello che fa
LA DIFFERENZA È DATA DALLA MOTIVAZIONE
La motivazione è qualcosa di interiore che solo la persona può
controllare.
La motivazione propria e dei collaboratori
I manager possono creare un ambiente di lavoro che favorisce e sostieneuna forte motivazione da parte dei lavoratori:
✓Creare un ambiente che aiuta i collaboratori a soddisfare i loro bisogni psicologici oltre che al bisogno economico;
✓ definire dei chiari obiettivi di performance per i loro collaboratori;
✓favorire una performance elevata attraverso gli incentivi economicie i rinforzi psicologici
La motivazione propria e dei collaboratori
Cosa è la motivazione (De Beni – Moè-2000)
Configurazione organizzata di esperienze soggettive che
consente di spiegare l’inizio, la direzione, l’intensità e la
persistenza di un comportamento diretto ad uno scopo.
La motivazione propria e dei collaboratori
Motivazioni intrinseche: si affronta un compito per ottenerequalcosa di diverso dall’attività in sé, come premi, elogi, incentivi, approvazione sociale.
Motivazioni estrinseche: si affronta un compito non per finalità esterne ma per sé stessi.
Questa classificazione ha il limite di non considerare i bisogni
dell’individuo.
La motivazione propria e dei collaboratori
LA GERARCHIA DEI BISOGNI DIMASLOW
La motivazione propria e dei collaboratori
Classificazione dei bisogni – David Mc Clelland
Bisogno di affiliazione: Creare dei gruppi di lavoro per aumentare le opportunità di affiliazione
Bisogno di realizzazione:
Assegnare degli incarichi sfidanti che incrementino le possibilità disoddisfazione professionale
Bisogno di potere:
Lasciare ai collaboratori un maggior controllo sul loro lavoro, per responsabilizzarli attraverso il potere decisionale.
La motivazione propria e dei collaboratori
Importante è non solo raggiungere i risultati concordati ma
occorre raggiungerli all’interno di alcune regole culturali
proprie dell’organizzazione
Nel nostro gruppo di lavoro c’è condivisione dei valori?
rispetto per gli altri
onestà e integrità
correttezza
……
La motivazione propria e dei collaboratori
Il ruolo del dirigente rispetto ai valori:
✓ Alimentare e consolidare il sistema dei valori
✓ Creare senso e significato per i propri collaboratori
✓ Costruire un ruolo ponte tra i bisogni e i valori dell’organizzazione e i bisogni e i valori delle singole persone
✓ Promuovere e mantenere un buon clima organizzativo efacilitare la sedimentazione di processi motivazionali
La motivazione propria e dei collaboratori
Caratteristiche di buon rinforzo
Motivante:
✓ Contingente
✓ Specifico
✓ Credibile
✓ Appropriato
Demotivante:
➢ Impegno vs approvazione
➢ Viene dato a tutti
➢ Comparazione
➢ Disparità
La motivazione propria e dei collaboratori
Motivazione all’apprendimento
Il bisogno di conoscenza come curiosità, coscienza dei limiti del sapere giàposseduto e volontà di risolvere le contraddizioni e le lacune
Il bisogno di successo inteso come capacità dipadroneggiare e controllare l’ambiente, di sentirsicompetenti ed efficaci
La motivazione propria e dei collaboratori
Motivazione alla riuscita
✓ Tendenza al successo (speranza di riuscita)
✓ Tendenza ad evitare il fallimento (paura dell’insuccesso)
La motivazione propria e dei collaboratori
Riconoscimenti extra-monetari
✓Responsabilizzazione e conferimento di potere decisionale al collaboratore
✓Elogio pubblico del collaboratore
✓Elogio informale del collaboratore
La motivazione propria e dei collaboratori
E’ importante creare una cultura organizzativadistesa e gradevole?
✓Offrire occasioni di formazione e sviluppo
✓Permettere la flessibilità necessaria a seguire anche i problemipersonali
✓Rispettare la diversità dei lavoratori
✓ Favorire i disabili
✓ Fornire occasioni di socializzazione al di fuori dellavoro
La motivazione propria e dei collaboratori
E’ importante mantenere unacomunicazione aperta
La motivazione propria e dei collaboratori
Cosa fare per i demotivati?
Il primo passo è chiedersi se si sta facendo tutto per motivarlo.
Tenere conto dei problemi esterni al lavoro.
Mantenere un clima di attenzione e collaborazione.
La motivazione propria e dei collaboratori
Un gruppo può esistere solo a condizione che tra i suoi membri ci siareciprocità di comunicazione e di relazioni.
In questo senso, la comunicazione che si sviluppa al suo interno, rivesteun ruolo fondamentale ed è un pre-requisito indispensabile perl’esistenza stessa del gruppo.
La comunicazione in gruppo si può sostanzialmente suddividere su 4 livelli:
1. quello dei contenuti
2. quello dei metodi
3. quello dei processi comunicativi
4. quello delle dinamiche di gruppo
La comunicazione nel gruppo: la riunione
La comunicazione all’interno di un gruppo può essere condotta con varie tecniche, una delle quali è quella del brainstorming molto utile quando la comunicazione in un gruppo è finalizzata alla produzione e creazione di idee.
Può essere, al contrario, necessario ricorrere a tecniche di negoziazione e gestione del conflitto qualora sorgessero divergenze all’interno di un gruppo o, sempre a tale scopo, saper attivare il consenso interno.
Per fare questo, può essere opportuno:
• chiedere a ciascuno pareri e motivazioni• pretendere fatti, definizioni o spiegazioni• verificare discrepanze tra fatti ed opinioni• cambiare idea di fronte a fatti/opinioni inoppugnabili• riconoscere differenze e analogie tra i diversi punti di vista nel gruppo• favorire l’empatia• non mettersi sulla difensiva quando c’è contrapposizione• elencare pregi/difetti di ciascuna opinione.
La comunicazione nel gruppo: la riunione
La comunicazione nel gruppo: la riunione
Bipolare o bidirezionale - che avvieneesclusivamente tra due poli o entità delgruppo seguendo una direzione di’’andata e ritorno’’
A cerchio o anello - che avviene tra due opiù entità tramite un sistema dicomunicazione richiuso su se stesso, incui, ogni singola entità riceve delleinformazioni e le riporta, ancherielaborandole, all’entità successiva
La comunicazione nel gruppo: la riunione
La comunicazione all’interno di un gruppo può strutturarsi in diversi modi:
Segue….
a ruota o stellare - che avviene tra due o piùentità passando, però, attraverso un ’’elemento
centrale’’. In un gruppo di lavoro, questa modalità comunicativa per cui tutti comunicano con X e X
comunica con tutti, pare risulti piuttosto efficace, in particolare, quando è necessario che
determinate decisioni vengano prese con rapidità
a rete - che avviene tra tutti i membri di un gruppodove tutti comunicano con tutti, ovviamente,rispettando turni di parola e tempi di espressionedi ciascuno.
La comunicazione nel gruppo: la riunione
La comunicazione nel gruppo: la riunione
Come organizzare e gestire una riunione
La riunione è uno degli strumenti di comunicazione interna maggiormente utilizzati in tutti gli ambienti e i contesti di lavoro, ma spesso viene utilizzata in maniera errata e risulta pocoproduttiva.
Le riunioni possono avere scopi differenti: • possono essere realizzateper informare o comunicare qualcosa;
• per condividere decisioni prese;
• per discutere un argomento al fine di arrivare
• ad una scelta comune.
Per rendere efficace una riunione è importante tenere presente le sue diverse fasie organizzare al meglio e in modo puntuale ognuna di esse.
La comunicazione nel gruppo: la riunione
Fase di preparazione
Nel momento in cui si decide di convocare una riunione è necessario che ilconduttore:
✓ definisca in maniera chiara quali obiettivi ci si prefigge con quell’incontroequindi, sulla base di questi, identifichi i partecipanti e i rispettivi ruoli;
✓ prepari un elenco degli argomenti da discutere e li ordini, individuando la maniera logica e sequenziale in cui affrontarli in modo da poter stilare l’ordine del giorno;
✓ stabilisca i tempi e la durata massima, che non dovrebbe comunquemaisuperare le due ore, oltre ai tempi da dedicare ad ogni argomento;
✓ predisponga tutto il materiale e le informazioni necessarie;
✓ convochi i partecipanti, consegnando loro l’ordine del giorno ed eventuali materiali che è necessario leggere prima dell’incontro
La comunicazione nel gruppo: la riunione
Fase di gestione
Il conduttore che coordina e controlla la situazione, monitora i tempi e mantiene la discussione coerente con l’obiettivo dell’incontro.
E’ necessario:
• iniziare e concludere l’incontro nei tempi prestabiliti;
• definire, in fase di apertura, l’obiettivo o gli obiettivi che ci si prefigge di raggiungere conseguentemente, illustrare l’ordine del giorno e le persone che, coerentemente con gli scopi dell’incontro, sono state coinvolte;
• se la riunione è legata a progetti sviluppati anche nel corso di precedenti riunioni, è utile fare un breve riassunto degli elementi emersi, dai quali eventualmente ripartire;
• il conduttore ha anche il compito di guidare la discussione e di fare spesso il punto della situazione per non perdere le fila del discorso e mantenere lo scambio verbale centrato sull’obiettivo;
• il conduttore deve moderare gli interventi degli altri partecipanti, facendo attenzione a limitare chi interviene troppo o parla troppo a lungo e cercando di stimolare chi invece non partecipa in modo attivo
La comunicazione nel gruppo: la riunione
Fase di chiusura
Nonostante spesso ne sia sottovalutata l’importanza, la chiusura della riunione è un passaggio fondamentale per non perdere il senso della stessa e delle considerazioni emerse nel corso dell’incontro.
E’ quindi necessario:
➢ fare una sintesi di quello che è emerso dallo scambio tra i partecipanti;
➢ definire le conclusioni e le soluzioni a cui si è giunti e che sono state condivise, anche se ancora parziali e non definitive;
➢ menzionare e rimandare come elementi di ulteriori approfondimenti futuri eventualipareri discordanti emersi;
➢ assicurarsi che tutti gli argomenti trattati e le decisioni prese siano chiari per tutti.
La comunicazione nel gruppo: la riunione
gestione e prevenzione dei conflitti
Gestione e prevenzione dei conflitti
I porcospini quando hanno molto freddo sil'uno all'altro perraggruppano e
riscaldarsi. Piùsi stringonosi stringono più cominciano a
sentire gli aculei dell'altro porcospino che li ferisce.E allora si separano. Ma tornariavvicinano. E di nuovo si feriscono. E
il freddo e sisi
staccano. Provano e riprovano fino a trovare la giusta distanza per non ferirsi e per non morire di
freddo.
da: I porcospini di Schopenhauer
Il dizionario della lingua italiana Devoto-Oli, riporta sotto la voce conflitto la seguente definizione:
“ Contesa rimessa alla sorte delle armi, guerra. Urto, contrasto, opposizione.”
Gestione e prevenzione dei conflitti
Il concetto di conflitto è correlato:
• alla nostra visione del mondo
• all’interpretazione filosofica escientifica del Mondo e dell’Uomo
• ai loro reciproci rapporti
Molti hanno un atteggiamento sfavorevole verso il conflitto
Altri lo ritengono un’eccellente occasione di sviluppo Il
Conflitto non è un concetto neutrale
Gestione e prevenzione dei conflitti
Serve però un distinguo poiché le problematiche connesse alla relazione tra le persone possono essere :
1. contrasti: ''difetti'' di comunicazione riconducibili alla dimensionedi contenuto, ovvero divergenze di opinioni
2. conflitti: ''difetti'' di comunicazione afferenti alla dimensione della relazione. In queste situazioni, il contenuto della comunicazione passain secondo piano poiché la relazione si sposta prevalentemente sulla relazione, dunque sul 'come' si sta comunicando e non tanto sul 'cosa’.
Un contrasto, se rimane sul piano del contenuto, rimane comunque un
contrasto, forte o debole che sia, e come tale non si trasforma in conflitto e
ciò vale anche per il conflitto.
Gestione e prevenzione dei conflitti
Origini del conflitto
Quando ci attiviamo per raggiungere un qualsiasi obiettivo solo una cosa può essere
prevista con certezza:
• Quanto più è ambizioso l'obiettivo tanto più sarà elevata la probabilità di incontrare ostacoli e affrontare deiconflitti.
• Imparare a GESTIRE IL CONFLITTO significa diventare abili per raggiungere obiettivi efficaci.
Gestione e prevenzione dei conflitti
Una situazione conflittuale tra due persone può essere generata da diverse cause, ed in particolare dalla presenza di:
Soggetti litigiosi: persone che sul piano caratteriale, per propria indole, sono predisposte al conflitto, ovvero tendono a generare situazioni relazionali di tipo conflittuale, al di là del contenuto di comunicazione trasmesso
Scarsità di risorse: alcune situazioni di conflitto possono essere generate da una scarsità di risorse (es guerre civili delle popolazioni africane), ovvero da situazioni in cui una persona necessità di un qualsiasi tipo di risorsa che però non gli vienedata
Lotta di potere: nella relazione tra due persone. Possono essere distinti due piani: piano verticale, quando tra le due persone c'è un rapporto gerarchico; piano orizzontale, quando le due persone sono legate da un rapporto paritario, non gerarchico. La disparità di piano diventa potenzialmente conflittuale quando genera una lotta di potere in cui uno intende prevaricare l'altro
Gestione e prevenzione dei conflitti
Invasione: il conflitto può essere generato anche dall'invasione da parte dell'altro del proprio ambito spaziale, di ruolo professionale, ecc., ovvero quando si verifica un'invasione del proprio uovo prossemico(zona protetta intorno ad ognuno di noi che nessuno può invadere se non viene autorizzatoda noi)
Disconferma: il conflitto interpersonale può essere generato anche da un atteggiamento di disconferma dell'altro, ovvero da un atteggiamento di indifferenza che significa la mancata riconoscenza dell'esistenza dell'altro
Differenza di bilancio: una situazione potenzialmente conflittuale può scaturire quando una persona presume di aver maturato un credito nei confronti dell'altro che però non gli viene restituito. (Ad esempio: “con tutto quello che ho fatto io per te….”) Questa situazione è particolarmente pericolosa perché le due persone possono avere due percezioni diverse rispetto alla propria posizione reciproca
Gestione e prevenzione dei conflitti
ma rientrano anche componenti quali:
• Differenze di obiettivi e di interessi
• Differenze nei valori
• Differenze culturali
• Differenza nella percezione del problema
• Insicurezza
• Resistenza al cambiamento
• Confusione nei ruoli
• Discrepanza fra quello che io e l’altro pensiamo di fare
• Ricerca della propria identità organizzativa
• Bisogni personali
• Povertà o mancanza di comunicazione
Gestione e prevenzione dei conflitti
1. Modo di pensare “tutto o niente”
2. Generalizzazione
3. Filtro mentale
4. Squalifica del positivo
5. Fretta nel trarre le conclusioni
6. Lettura del pensiero
7. Errore della chiromante
8. Trucco del binocolo
9. Ragionamento emozionale10. Etichettare
11. Personalizzare
Le distorsioni cognitive
di un Conflitto relazionale
Gestione e prevenzione dei conflitti
La soppressione del conflitto
RIDUCE
• La creatività individuale e di gruppo
• La qualità delle decisioni collettive
• La comunicazione e la relazione
• Lo sviluppo nelle innovaz
Gestione e prevenzione dei conflitti
•
•
•
•
•
• Favorisce la comunicazione fra i gruppi
• La comprensione reciproca
• Il consenso sugli accordi raggiunti
Promuove la cooperazione
Limita i franchi tiratori
Permette di lavorare con più impegno
Stimola processi creativi
Crea un senso di identità
La sollecitazione del conflitto
Gestione e prevenzione dei conflitti
Prevenzione
Astensione
Imposizione
Minimizzazione
Compromesso
Collaborazione
Le forme di gestione del Conflitto
Gestione e prevenzione dei conflitti
E’ importante sottolineare che il conflitto non può essere risolto, bensì gestito e trasformato in altro, andando ad incidere sulla relazione.
A questo proposito si possono utilizzare alcune strategie:
La metacomunicazione: per riposizionare ad un livello di equilibrio i piani relazionali tra due soggetti, si può decidere di andare oltre al contenuto della comunicazione per spostare la conversazione sul problema di comunicazione insorto. Ovvero si travalica la situazione per parlare della situazione in sé.
Disarmo unilaterale: di fronte ad una persona ''armata'' si può reagire tentando di fargli ''posare le armi'' gettandole per primo, oppure facendoleva su un atteggiamento assertivo.
Gestione e prevenzione dei conflitti
Intervento di una terza persona: alcune situazioni di conflitto possono richiedere, per essere gestite, l'intervento di un soggetto terzo che però per essere efficace deve possedere due caratteristiche: essere equidistante, ovvero mantenere una distanza orizzontale uguale tra le due persone in conflitto, ed essere super partes, ovvero mantenere un'uguale distanza verticale nei confronti delle due persone.
Ristrutturazione: di fronte ad un conflitto si può decidere di riprendere la relazione allo scopo di ristrutturala su piani diversi e più positivi. Rivedere la propria opinione andando incontro a quella dell'altro, ristrutturare cambiando apparentemente la propria posizione allo scopo di sedare l'aggressività (Es. ''Lei ha ragione, ma...'')
Gestione e prevenzione dei conflitti
Conseguenze di un conflitto irrisolto
• Assenteismo
• Problemi psicosomatici
• Aggressività, violenza
• Sabotaggio
• Compulsività, tossicodipendenza
• Mancanza di realtà
• Scarsa motivazione
• Presenza di errori
• Esaurimento psico-fisico delle persone
• Bassa produttività
• Assenza di coinvolgimento e impegno
Gestione e prevenzione dei conflitti
Sostenere il progressosignifica apprendere etollerare una maggioreambiguità e gestire conefficacia una crescenteconflittualità potenziale
OCCORRE IMPARARE A
SVILUPPARE MAGGIORI ABILITÀ
Gestione e prevenzione dei conflitti
PER IMPARARE A CAPIRSI !?
Aspetti normativi - Attività R.L.S.
Il primo importante riferimento legislativo alla figura di un rappresentante dei
lavoratori per la materia della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro è contenuto nell’articolo n° 9 della
Legge n° 300/70 meglio noto come
“Statuto dei lavoratori”.
ART. 9. - Tutela della salute e dell'integrità fisica.
I lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno dirittodi controllare l'applicazione delle norme per laprevenzione degli infortuni e delle malattie professionalie di promuovere la ricerca, l'elaborazione e l'attuazionedi tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e laloro integrità fisica.
Aspetti normativi - Attività R.L.S.
Il vecchio Decreto Legislativo n° 626/94 aveva introdotto il concetto di PARTECIPAZIONE dei lavoratori.
Aspetti normativi - Attività R.L.S.
Partecipazione: l’insieme dei metodi, degli strumenti e delle risorse da
utilizzare per favorire il coinvolgimento dei lavoratori al fine di
accrescere la sicurezza del lavoro.
Il Capo V – Consultazione e partecipazione dei lavoratori del Decreto Legislativo
n° 626/94 era dedicato specificamente alla partecipazione dei lavoratori.
Il T.U. (D.Lgs. N° 81/08) dedica alla consultazione e partecipazione dei
rappresentanti dei lavoratori la Sezione VII, composta dagli articoli
dal n° 47 al n° 52 del TITOLO 1 – Consultazione e partecipazione dei
lavoratori
Aspetti normativi - Attività R.L.S.
• Art. 47 Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS);
• Art. 48 Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale (RLST);
• Art. 49 Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo;
• Art. 50 attribuzioni del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;
• Art. 51 Organismi paritetici;
• Art. 52 sostegno alla PMI, ai RR.LL.SS.TT. e alla pariteticità.
In tutte le aziende, o unità pro- duttive, è eletto o designato il
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (R.L.S.)
(art. 47 c.2 D.Lgs. 81/08)
Aspetti normativi - Attività R.L.S.
Aziende o u.p. con meno di 15 lavoratori:
- RLS eletto tra i lavoratori o RLS territoriale o comparto produttivo(RLST).
Aziende o u.p. con più di 15 lavoratori:
- RLS eletto tra i lavoratori nell’ambito delle rappresentanze sindacali. Se mancano le RR.SS.UU. eletto dai lavoratori.
Aspetti normativi - Attività R.L.S.
Il numero, le modalità di designazione o di elezione del Rappresentanteper la Sicurezza, nonché il tempo di lavoro retribuito e gli strumentiper l’espletamento delle funzioni, sono stabiliti in sede dicontrattazione Collettiva.
L’elezione avviene di norma in coincidenza con la giornata nazionale per la
salute e la sicurezza sul lavoro.
Data individuata con D.M. Min. lavoro e Min. Salute di concerto con le
OO.SS..
Aspetti normativi - Attività R.L.S.
Relativamente al numero minimo dei rappresentanti per la sicurezza:
• Aziende o U.P.fino a 200 dip.= almeno 1
• Aziende o U.P. tra 201 e 1000 dip. = almeno 3
• Aziende o U.P. oltre 1000 dip = almeno 6
Aspetti normativi - Attività R.L.S.
Il decreto legislativo n° 81/08 dedica una attenzione particolare al RLST(rapp. Dei lavoratori per la sicurezza territoriale).
Le modalità di elezione sono demandate agli accordi collettivi o, in assenza,ad un decreto del Ministero del Lavoro (sentite tutte le categorieinteressate).
Aspetti normativi - Attività R.L.S.
• L’esercizio delle sue funzioni è subordinato ad una formazione di almeno 64 ore iniziali, da fare entro 3 mesi dalla elezione, con unaggiornamento annuale minimo di 8 ore.
L’accesso ai luoghi di lavoro, da parte del R.L.S.T. può avvenire a seguito di preavviso le cui modalità e termini sono stabiliti in sede di accordo tra le parti sociali. Il preavviso non è necessario in caso di infortunio grave: in questo caso basta la segnalazione all’organi- smo paritetico.
Aspetti normativi - Attività R.L.S.
Se l’azienda non permette l’accesso, il R.L.S.T. segnala il fattoall’organismo paritetico o, in sua mancanza, all’organo di vigilanzacompetente.
L’incarico di R.L.S.T. è incompatibile con altre funzioni sindacali operative.
Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale, svolge una
relazione annuale dell’attività svolta e la invia al Fondo di cui all’art. n° 52.
Altra figura delineata dal D.Lgs. 81/08 è quella di R.L.S. di sito produttivo.
Per sito produttivo si intendono contesti proDuttivi caratterizzati dalla
presenza contemporanea di più aziende o cantieri.
Il rappresentante di sito è nominato tra tutti i rappresentanti operanti nel sito produttivo.
Aspetti normativi - Attività R.L.S.
Si intende per sito produttivo:• Porti;• Centri intermodali di trasporto;• Cantieri con almeno 30000 uomini/giorno.• Contesti complessi con almeno 500 addetti.
• Impianti siderurgici.
Attribuzioni R.L.S.
Il R.L.S. deve disporre:
• Del tempo necessario allo svolgimento del suo incarico.
• Di spazi e mezzi adeguati per l’esercizio della funzione.
• Deve poter accedere ai dati INAIL o IPSEMA anche su dispositivi informatici.
• Accede ai luoghi di lavoro;
• È consultato preventivamente per DVR, DVRI, nomine addetti alle emergenze, nomina RSPP, medico competente.
• Riceve le informazioni dai servizi di vigilanza.
Il R.L.S. deve :
• Riceve la formazione, durante l’orario di servizio, attinente al settore
produttivo di interesse.
• Tale formazione deve essere di almeno 32 ore con verifica di
apprendimento.
• Aggiornamento annuale di almeno 4 ore per aziende dai 15 a 50
lavoratori o di 8 ore per aziende con più di 50 lavoratori.
Attribuzioni R.L.S.
Il R.L.S. deve :
• Promuove eventuali misure di prevenzione.
• Formula osservazioni incaso di visita delle autorità competenti.
• Partecipa alla riunione periodica (almeno annuale).
• Fa proposte per la prevenzione e la formazionedei lavoratori.
• Avverte dei rischi individuati.
Attribuzioni R.L.S.
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Attribuzioni R.L.S.
• Può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga non sufficiente o non idonee le misure approntate. Le modalità di svolgimento di queste funzioni sono demandate agli accordi nazionali e/o di categoria
• Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza deve disporre del temponecessario allo svolgimento della sua funzione.
Il monte ore a disposizione e le modalità di fruizione sono stabilite in sede dicontrattazione (nazionale o territoriale).
Attribuzioni R.L.S.
• E’ tenuto al segretopro fessionale.
• Ha diritto a ricevere copia del DVR o DUVRI.
• Non può subire pregiudizio dallo svolgimento della sua funzione. Perquesto a lui si applicano le stesse tutele delle rappresentanze sindacali.
• La funzione di RLS è incompatibile con quella di RSPP o ASPP.
Attribuzioni R.L.S.
Organismi Paritetici
Art. 51 comma 1: a livello territoriale sono costituiti organismi paritetici tra leorganizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, quali sediprivilegiate per:
1. Promozione di iniziative formative nei confronti dei lavoratori.
2. Elaborazione e raccolta di buone prassi ai fini prevenzionistici.
3. Sviluppo di azioni inerenti la salute e la sicurezza sul lavoro.
4. Assistenza alle imprese per la attuazione degli adempimenti in materia.
5. Ogni altra funzione a loro delegata dalle Leggi o dalla contrattazione nazionale e/o integrativa.
• Fatto salvo quanto disposto dalla contrattazione collettiva, fungono da prima istanza nella risoluzione delle controversie in merito alla applicazione della legislazione in materia si SSL
• Se dotati di personale formato in materia, possono fornire consulenza alleimprese
• Trasmettono ai Comitati Regionali di Coordinamento una relazione (annuale) relativamente alla attività svolta.
• Trasmettono alle aziende interessate i nominativi dei rappresentanti territoriali.
Organismi Paritetici
Partecipazione e Bilateralità
L’evoluzione della partecipazione, da una prima fase di contrapposizione, diequilibrio di forze tra le parti, si è poi evoluta in controparte consultatapreventivamente e in fase di verifica successiva.
Ambito naturale di questa evoluzione è la contrattazione aziendale (per compartoe/o per azienda).
La crescita, in ordine di importanza,della partecipazione e la sua connotazione,
quale “raffinato” strumento di contrattazione, ha condotto al superamento del
paradigma della conflittualità (con le parti datoriali) per evolversi in cooperazione
con le ragioni d’impresa.
Nascono gli Enti Bilaterali, da non confondere con gli Organismi Paritetici,
riconosciuti nei Contratti Collettivi e deputati ad agire in alcune materie quali:
relazioni sindacali, sicurezza, ambiente, igiene dei luoghi di lavoro, pari
opportunità, assistenza e previdenza.
Partecipazione e Bilateralità
Definizione:
L’Ente Bilaterale è un organismo creato di comune accordo tra le parti sociali che stipulano e rinnovano i contratti nazionali di lavoro
Gli Enti Bilaterali sono articolati su 2 livelli:
Nazionale – compiti di promozione e coordinamento.
Regionale e provinciale – fabbisogni formativi, anagrafe RR.LL.SS., composizione delle controversie.
Partecipazione e Bilateralità
Fondo di sostegno della PMI
L’articolo 52 del D. Lgs. N° 81/08 prevede la creazione, presso l’INAIL, di un fondo destinato a sostenere la PMI, i RLST e la pariteticità.
E’ finanziato:
• a un contributo di tutte le imprese in cui non è stato eletto (o designato) il RLS oRLST, nella misura di n° 2 ore lavorative/anno per ogni lavoratore occupato pressola azienda o unità produttiva;
• Dai proventi delle sanzioni previste dal presente Decreto detratta la differenza diquanto riscosso in base dalla previgente normativa (626/94) nell’anno 2007,incrementato del 10%.
• Da una quota parte dei proventi per le attività di consulenza svolte.
• Da una parte dei finanziamenti previsti all’art.6 del D.Lgs. N° 81/08 (attivitàpromozionali) solo per quanto attiene l’attività formativa a favore dei datori dilavoro delle PMI, piccoli imprenditori, lavoratori stagionali agricoli e lavoratoriautonomi.
Il fondo così costituito dovrà essere destinato:
• Per almeno il 50% a sostegno dei RLST anchecon riferimento alla formazione.
• Finanziamento formazione dei datori di lavoro delle PMI, piccoli imprenditori,lavoratori stagionali agricoli e lavoratori autonomi.
• Sostegno alle attività degli Organismi Paritetici.
• Per l’attività di formazione per le P.M.I. il Fondo può essere incrementato conulteriori entrate.
• Le modalità di funzionamento del Fondo saranno emanate entro 12 mesidall’entrata in vigore del Decreto 81/08.
• I RR.LL.SS.TT. fanno una relazione annuale dell’attività svolta e la inviano al fondo
Fondo di sostegno della PMI