Chimica Generale

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M. Avitabile G. Musumeci

Elementi di Chimica generale

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Lorigine 5

CAP. I Struttura della materia1.1. Meccanica razionale e meccanica ondulatoria 8 1.2Le particelle e le antiparticelle 11 1.3 Il quark8 1.4. Le interazioni 16 1.5 Il principio di indeterminatezza10 1.6. I nucleoni e loro stati quantici 11 1.7. Isotopi ed isobari20 1.8. Il decadimento nucleare 21 1.9 Materia adronica ed atomi 22

Cap. II I sistemi e loro evoluzione2.1. Sostanze e composti 27 2.2. Stato di un sistema 28 2.3. Miscugli e soluzioni 31 2 4. La misura 32

Cap. III Latomo3.1. Evoluzione del concetto di atomo 31 3.2. Modello di Bohr-Sommerfield: orbitali atomici 33 3.3. Lorbitali esterni e regola dellottetto 35 3.4 tavola periodica 36 3.5 Le propriet periodiche 31

Cap. IV Le reazioni chimiche4.1. Energia di reazione 42 4.2 Meccanismi di reazione 43 4,3 Tipi di reazioni 43

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4.4. Cinetica di reazione

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La terra era una massa informe e vuota e le tenebre erano sulla superficie dellabisso . Cos ha inizio il racconto della Creazione nel racconto biblico. L' universo ancora increato, privo denergia e allo stato di "zero entropia", vi figurato come "massa abissale informe e vuota, immersa nelle tenebre". E Dio dissse: e la luce fu. Sappiamo che la luce formata da una infinita moltitudine di particelle che chiamiamo e che essi rappresentano la forma radiante della energia. Con si deve allora intendere la pi attuale significazione di energia . Cio adatta al suo scopo creativo. Si pu affermare che levoluzione del pensiero scientifico, sia consistito nei diversi e continui tentativi di trovare una esauriente spiegazione al concetto espresso in questi pochi brevi versi biblici.

LorigineIl desiderio di esplorare oltre i limiti del mondo conosciuto, appartiene alla natura umana. E oltre questi confini che luomo, sin dai suoi primi albori intellettuali, ricerca le sue origini ed allora che concepisce il soffio perenne dellinfinito spazio che tutto che riempie tutto di s e dell infinito tempo che si dilata fino alleterno. In origine doveva essere solo quello incomprensibile tutto-nulla-infinito. Possiamo immaginarci l origine come un punto dello spazio-tempo dove era condensata tutta la materia-energia. Raggiunta una temperatura elevatissima, di miliardi di miliardi di gradi, quella materia doveva esitare lintero creato entro uno spazio dilatato di un fattore pari a 1030 .in un tempo incredibilmente breve durato appena 10-30 secondi. Questa teoria, meglio conosciuta come teoria della ipotizza che, a seguito di quella colossale esplosione di materia primordiale, sebbene la temperatura cadesse rapidamente, per tutta la durata del primo minuto si doveva mantenere sopra i dieci miliardi di gradi Kelvin. Per lungo tempo luniverso si present come un plasma caldo di particelle libere da cui doveva in seguito nascere la materia barionica, la materia cio fatta di particelle elementari instabili e particelle stabili (nucleoni ed elettroni) assieme a particelle di luce primordiale fatte di sola energia (fotoni). Leptoni e barioni formavano una sorta di brodo primordiale caldissimo con cui ebbe origine lintero universo. Dopo circa 10.000 anni di espansione, luniverso si era raffreddato sufficientemente perch anche lultima delle particelle cariche venisse incorporata a formare le particelle atomiche: i protoni si combinavano attraverso varie reazioni nucleari, per formare i diversi nuclei atomici. Da quel momento dovevano

note

Chimica generaletrascorrere circa un miliardo di anni perch, per effetto dellespansione, quella materia primordiale si raffreddasse abbastanza per consentire il formarsi delle prime stelle e delle prime galassie. Una volta giunti in un ambiente relativamente pi freddo i nuclei che si erano andati formando, catturavano gli elettroni prodotti dallo stesso decadimento neutronico che li aveva generati, dando cos origine ai primi atomi. La materia primordiale era cos diventata materia elementare. Ma la sua inarrestabile evoluzione continuava e gli atomi ulteriormente rafffreddati cominciarono a stabilire tra loro dei legami. La materia elementare si era trasformata in materia molecolare. Per i successivi 13 miliardi di anni l universo continu ad espandersi (e a raffreddarsi) fino a raggiungere le dimensioni attuali. il Sole, e i pianeti che lo circondano, si formarono allincirca 5 miliardi di anni fa. La terra era una sfera incandescente formata prevalentemente di idrogeno e elio, ma anche di elementi pesanti come carbonio, azoto, ossigeno, ferro e silicio che erano stati proiettati nello spazio dallesplosione della supernova che aveva avuto modo di sintetizzare al suo interno molti elementi pesanti a partire da idrogeno e elio, prima di disintegrarsi. Terminata la scrematura cosmica rimasero sul posto gli elementi che cominciarono a differenziarsi, per azione della gravit, in un nucleo centrale formato quasi esclusivamente di ferro e nichel, in un mantello sovrastante costituito di ossidi di elementi pesanti e in una crosta superficiale fatta soprattutto di silicati di elementi leggeri come alluminio, potassio e sodio. Durante la formazione e il consolidamento della crosta i gas pi leggeri in parte reagirono con gli elementi pi pesanti e in parte si dispersero nello spazio. In particolare si allontan quasi tutto lelio, che un gas leggero e niente affatto reattivo, mentre una parte dellidrogeno, lelemento pi leggero di tutti, si combin con altri elementi formando composti idrogenati semplici come il metano (CH4), lammoniaca (NH3), lacido solfidrico (H2S) e lacqua (H2O). Attraverso le spaccature presenti nella crosta si liberavano molecole allo stato gassoso che andavano formanto quella che possiamo considerare la primordiale atmosfera della Terra, sicuramente priva di ossigeno, e piuttosto ricca di idrogeno. Le condizioni ambientali dovevano essere diverse da quelle attuali e in particolare doveva essere diversa la composizione dell'atmosfera che avvolgeva il nostro pianeta e, sicuramente, priva di ossigeno, anche qualora lossigeno fosse stato presente in piccole tracce, questo avrebbe immediatamente reagito con molti degli elementi esistenti, ossidandoli. Ma Come ha avuto inizio la vita sul nostro pianeta? Quali processi fisici e chimici hanno potuto trasformare la materia molecolare in uno stupefacente organismo vivente? Per quella continua ineluttabile trasformazione che investe ogni cosa oggetto delluniverso le molecole si dovevano organizzare in livelli strutturali sempre pi elevati. L evoluzione della materia molecolare, iniziata sul nostro pianeta circa cinque miliardi danni or sono, sarebbe proseguita con la selezione di alcune specie molecolari, adatte a sostenere e sviluppare la vita. Con levoluzione di alcune specie

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Chimica generalemolecolari, per cos dire privilegiate, si dovevano concretare i tre regni della natura: il regno minerale (costituito dai corpi inorganici), ed il regno dei sistemi viventi distinto in regno vegetale ed animale. Se non si accetta l'ipotesi che la vita possa essere arrivata sulla Terra provenendo dallo spazio gioco forza ammettere la possibilit della generazione spontanea, con una differenza, tuttavia, rispetto al passato. Prima di Pasteur si pensava infatti che il processo generativo avvenisse velocemente e continuamente, mentre la moderna teoria sull'origine spontanea della vita sostiene che il processo sia avvenuto lentamente e una volta sola. Due sono le ipotesi sulla su questa generazione spontanea: quella autotrofa e quella eterotrofa. Secondo la prima di queste ipotesi il primo essere vivente sarebbe stato un autotrofo cio un organismo simile alle attuali piante verdi, capace di sintetizzare sostanze organiche utilizzando sostanze inorganiche attraverso quella complessa serie di reazioni chimiche, che prende il nome di fotosintesi clorofilliana; nella seconda ipotesi il primo essere vivente sarebbe stato un eterotrofo, cio un organismo che non in grado di fabbricarsi da solo gli alimenti, ma deve prenderli gi belli e pronti da altri organismi viventi. Lipotesi autotrofa nasce dallosservazione che gli animali (eterotrofi) per vivere hanno bisogno delle piante (autotrofe), mentre le piante per vivere non hanno bisogno di nessuno. Ma come possibile, ci si chiede, che gli autotrofi, che sono organismi costituiti di sostanza organica ben organizzata, siano comparsi prima delle sostanze che essi stessi producono? Gli studiosi, ritenendo molto improbabile la comparsa di organismi complessi in un ambiente fatto di forme molecolari semplici, si sono orientati verso laltra ipotesi avviando ricerche volte a dimostrare la possibilit di una transizione spontanea dal semplice al complesso, cio dal mondo inorganico delle piccole molecole a quello organico delle grandi molecole e poi ancora oltre fino alle strutture finemente coordinate presenti negli esseri viventi. Le prime idee al riguardo furono avanzate, alla fine degli anni Venti, dal biologo anglo-indiano John Burdon Sanderson Haldane (1892-1964). Egli partiva dall'osservazione che la Terra primitiva doveva avere caratteristiche molto diverse da quelle attuali. In essa, tanto per cominciare, non c'era la vita, mentre in quella attuale la vita c'. Se oggi si formasse spontaneamente del materiale organico - egli faceva notare - questo verrebbe immediatamente fagocitato da qualche organismo vivente, mentre sulla Terra primitiva, senza la presenza di organismi viventi, la materia organica che fosse comparsa spontaneamente non sarebbe stata decomposta dai batteri o da altri microrganismi e quindi avrebbe avuto tutto il tempo per svilupparsi ed eventualmente accrescere la sua complessit. Le stesse idee di Haldane erano state avanzate, in precedenza, da un ricercatore sovietico, Aleksandr Ivanovic Oparin. Le idee di Haldane e Oparin non vennero accettate di buon grado da chi riteneva che la vita non poteva essere nata attraverso l'incontro fortuito di atomi, e per tale motivo non poteva che essere il frutto di un intervento divino. Ad esempio le proteine - essi dicevano - sono molecole molto complesse e pretendere che si possano formare attraverso l'incontro casuale degli atomi che le costituiscono privo di logica.

note

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La radiazione ultravioletta del Sole sar stata sicuramente una fonte di energia importante per la sintesi dei composti organici, ma non lunica, anche perch quel tipo di radiazione oltre che formarle, decompone molte molecole organiche. Le altre radiazioni elettromagnetiche provenienti dal Sole e in particolare la componente visibile di esse, non ebbero alcuna efficacia per le sintesi primordiali dei composti organici, mentre saranno determinanti nei successivi stadi dello sviluppo della vita. Molto importante, invece, per le sintesi organiche primordiali, fu lenergia derivante dalle scariche elettriche. Secondo la teoria dellevoluzione sulla terra sono apparsi dapprima esseri molto semplici, dai quali sono derivati, col trascorrere dei tempi geologici le forme di vita pi complessa. Gli studiosi, ritenendo molto improbabile la comparsa di organismi complessi in un ambiente fatto di forme molecolari semplici, si sono orientati verso unipotesi di una transizione spontanea dal semplice al complesso, cio dal mondo inorganico delle piccole molecole a quello organico delle grandi molecole e poi ancora oltre fino alle strutture finemente coordinate presenti negli esseri viventi. Prove sicure sulla composizione dellatmosfera primitiva non ce ne sono, ma di una si pu esser certi e cio che in quellatmosfera non esisteva ossigeno libero, O2, nemmeno in quantit modestissime. Come si formarono allora gli oceani primordiali nei quali si suppone si venivano organizzando le prime forme di vita? Un ruolo molto importante per le sintesi organiche primordiali, dovette giocarlo lenergia derivante dalle scariche elettriche. I primi organismi svilupparono la capacit di elaborare pigmenti fotorecettori in grado di realizzare la sintesi di nuovi composti utilizzando la luce solare quale fonte di energia. Da un punto di vista strettamente biochimico ogni organismo vivente pu essere considerato una complessa soluzione acquosa di macromolecole organiche in continua evoluzione dinamica e in grado di processare (metabolizzare) altri composti attraverso complesse sequenze di reazioni chimiche (metabolismi) da cui ricava lenergia necessaria al mantenimento delle sue stesse funzioni vitali. Per far ci egli abbisogna di molecole adeguate allo scopo e sempre pi specializzate. Con la comparsa della vita comunque doveva iniziare un nuovo tipo di evoluzione dovuta alla selezione di quelle molecole, ritenute dagli organismi viventi adatte al mantenimento delle loro funzioni vitali. Questa scelta, operata dagli stessi organismi sulla base del principio di selezione funzionale doveva portare alla affermazione di solo quattro grandi classi di composti naturali: protidi, glicidi, lipidi ed acidi nucleici, come oggi li conosciamo sono il risultato di quella lenta e continua selezione operata dalla materia vivente sin dal suo primo apparire. Dal regno animale dovevano ancora evolvere i primi vertebrati e con essi i primati da cui ha origine il primo ominide a postura eretta: lhomo erectus. Dapprima arboricolo scende poi sul terreno e conquista la prateria, e affinata la sua mano come strumento di presa, diventa homo abilis. La stazione eretta, rendendo libere le mani, ha aperto ad essa un campo di attivit con cui impegnava le sue facolt cognitive e con esse ha inizio un circolo virtuoso attivitpensiero con

Chimica generalecui impara ad elaborare il suo linguaggio ed a migliorare le sue capacit di comunicazione: tutto ci gli permette di affermare la sua migliore qualit che quella di formulare nuove idee. Cos, divenuto sapiens, avrebbe infine conquistato l'ultimo e pi elevato gradino dellintera scala evolutiva, essendo egli divenuto il solo animale in grado di produrre la forma pi evoluta di pensiero che la base di ogni sua conoscenza. Levoluzione doveva cos concludersi con laffermazione delle scienze umane, grazie al cui progredire, stato possibile ripercorrere oggi le tappe di questa incredibile storia cosmica che si trova tutta scritta, capitolo dopo capitolo, nelleterno libro del Creato.

note

Alla conquista della conoscenzaLorigine della chimica risale agli albori della conoscenza umana; la stessa parola di significato molto incerto, e sembra collegarsi alle storie mitiche sulle origini della disciplina alla quale ha dato il nome. Questa parola, infatti, veniva fatta derivare da Cham, uno dei figli di No; o da Kema, un libro dei segreti dell'arte egizia; o da Chemie (o Chamie), uno dei nomi dell'antico Egitto, dal quale si pensava provenissero le conoscenze naturali pi remote e pi vere. Tuttavia, malgrado la remota antichit del nome, e la conseguente incertezza sulle sue origini, questa scienza deve essere considerata una delle pi esaltanti conquiste dellingegno umano. Da Empedocle di Agrigento, (V secolo a.C.), l'uomo consider la materia come composta da 4 elementi combinati fra loro a formare "ogni cosa" che si potesse vedere o toccare: erano questi l'Acqua, l'Aria, la Terra e il Fuoco. Nella medesima epoca, due greci geniali, Leucippo e Democrito, affermavano che la materia non era divisibile in parti sempre pi piccole all'infinito, ma formata da innumerevoli particelle indivisibili: gli atomi. Tuttavia il dotto Aristotele di Stagyra era di opinione contraria e con la sua autorit influenz non soltanto i contemporanei, ma anche il Medio Evo e praticamente tutto il Rinascimento. Aristotele riconosceva i 4 elementi di Empedocle ai quali associava coppie di qualit tratte dalle antitesi dualistiche: caldo-freddo e umido-secco. II Fuoco era l'elemento al massimo grado caldo e secco, l'Aria al massimo grado calda e umida, l'Acqua fredda e umida, la Terra fredda e secca. La materia primaria si caratterizzava nelle diverse sostanze per combinazioni variabili dei 4 elementi, in diverse sfumature di preponderanza di una qualit sull'antagonista. Per tutto il medioevo e fino al tutto il XVII secolo si distingueva tra le conoscenze che appartenevano piuttosto alle tradizioni di tipo artigianale allora presenti nella medicina, nella farmacia, nella metallurgia, nella tintoria, nella vetreria, nella profumeria, nella estrazione e produzione di sostanze fermentabili, e

Rappresentazione delle relazioni aristoteliche elementari.

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note

Chimica generalecos via - che non ad una scienza vera e propria, nella quale era prevalente il ruolo della teoria sulla pratica, sulla conoscenza delle cause che non sullosservazione degli effetti. Molte concezioni filosofiche generali sulla natura, sulla materia e sulle loro trasformazioni, presenti nei testi di alchimia, costituivano un patrimonio intellettuale comune a tutti gli uomini di scienza e sovente lalchimista era anche medico, filosofo ed astrologo. Il linguaggio ed i simboli che servivano a denotare determinate sostanze o classi di sostanze, cui si attribuiva carattere spirituale, erano comuni. Linsieme dottrinario alchemico consisteva in un metodo con cui procedeva lalchimista riassunto nelle due operazioni opposte:. Gli obiettivi fondamentali dell'opera alchemica era la trasmutazione dei metalli in oro e la scoperta di una medicina universale in grado di guarire tutte le malattie e riportare l'organismo alla sua integrit originaria erano le manifestazioni

Il mercurio alchemico sublimato e sciolto nella propria acqua e nuovamente coagulato

pi appariscenti e sensibili dell'alchimista. I sette metalli (oro, argento, rame, stagno, piombo, ferro e mercurio) erano in relazione coi sette astri (Sole, Luna, Venere, Giove, Terra, Marte, Mercurio); ed entrambi con le parti anatomiche e le sette viscere dell'uomo. I metalli erano in relazione anche con le qualit morali degli esseri umani: il piombo corrispondeva al loro stato di imperfezione interiore, alla loro caduta; l'oro, invece, alla perfezione dovuta alla loro rinascita e alla loro liberazione, tramite una conoscenza concepita come illuminazione e unione intima col tutto. In questo contesto, la trasmutazione dei metalli vili (a partire dal piombo, il pi vile ed imperfetto di tutti) in oro era appunto segno visibile e allusione metaforica di una rigenerazione spirituale. Per queste sue finalit l'alchimia pu essere considerata piuttosto che una chimica prescientifica, un sapere mistico e sovrarazionale. Il dogma fondamentale era l'idea della perfettibilit della materia e della sua tendenza alla stabilizzazione. I diversi metalli avevano la stessa origine: o erano prodotti dalla mistione degli stessi principi eterogenei, o derivavano da una materia prima omogenea. I metalli, infatti, erano considerati composti e non corpi semplici e come tali chimicamente distinti e irriducibili. In quanto composti o prodotti della evoluzione finalistica di una materia prima, essi si trovavano a diversi stadi del processo naturale di questo perfezionamento, che dovevano concludere con la finale trasmutazione in oro. La formazione e lo sviluppo naturale dei minerali e dei metalli nelle viscere della terra erano considerati analoghi a quelli dello sviluppo degli organismi viventi: cos come il feto conteneva in s le potenzialit dell'uomo adulto, allo stesso modo era possibile naturalmente il passaggio graduale dai metalli imperfetti alloro. Le differenti propriet possedute dai metalli rappresentavano stati accidentali di imperfezione che potevano essere loro tolti artificialmente per condurli, cos, allo stadio finale di perfezione, cio all'oro un metallo prodotto di una amicabile e perfettissima mistione di sostanze elementali, con egual quantit e qualit, l'una e l'altra apportionate e sottilissimamente purifiate grazie al calore esistente nelle viscere della

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Chimica generaleTerra (Pirothecnia, 1540). Paracelso nel suo Tresor de Tresors ci descrive le tre sostanze che compongono ogni cosa ossia lo zolfo, il mercurio ed il sale: queste tre sostanze si uniscono formando ci che si chiama un corpo. Wilhelm Homberg sosteneva che i metalli erano formati dai principi del mercurio e dello zolfo, o materia della luce. Il processo di metallizzazione sarebbe avvenuto grazie ad una lenta e differenziata penetrazione della materia della luce nel mercurio, attraverso successivi e continui gradi di perfezionamento, fino alla formazione dell'argento e poi dell'oro. Per questo raggiungimento . Fu tuttavia grazie agli sforzi di quegli studi che si ponevano seppur scompostamente la basi di una nuova scienza basata sullo studio della trasformazione della materia e delle sue leggi. Per laffermazione del un metodo scientifico nella ricerca dobbiamo attendere laffermarsi del pensiero galileiano con cui si enunciano i principi del metodo sperimentale. La scienza abbandona con Galieo le pretese di un sapere sistematico e chiuso per divenire consapevolmente un metodo aperto, affrancato dai ceppi della tradizione dogmatica; il seme gettato dal grande italiano era destinato a dare ben presto i suoi frutti. Il XVII I. secolo segna laffermazione dei principi della scienza moderna cui viene riconosciuta la centralit nel complesso della cultura. Boyle che rigett per primo lantica teoria degli elementi pu essere considerato il primo chimico scientifico. Le grandi scoperte chimiche avvennero nella seconda met del secolo XVIII Ci che caratterizza la chimica di questo periodo la capacit sperimentale. A. Lavoisier nella ssua opera Trattato elementare di Chimica enuncia una moderna definizione di corpo puro e di elemento. Egli fornisce inoltre una spiegazione scientifica del fenomeno di combustione come combinazione dei corpi con lossigeno che gli permette una chiara enunciazione del principio di conservazione della materia con cui ebbe impulso lo sviuppo dei principi della analisi quantitativa che permise lenunciazione delle prime leggi ponderali. Alla fine del Settecento, Jeremias Benjamin Richter enunci un altro principio di conservazione della chimica, quello della neutralit dei sali nelle reazioni di doppio scambio: se si mescolavano due soluzioni neutre di sali, e si aveva una reazione fra questi, i prodotti finali erano anch'essi neutri. Da ci Richter dedusse che gli elementi dei reagenti iniziali e dei prodotti finali dovevano trovarsi in rapporti determinati per quanto riguardava le loro masse. Ma Richter elabor (1792) anche una fondamentale legge della combinazione chimica, la legge degli equivalenti, secondo la quale le quantit di alcali (o di acidi) che si combinano con qualsiasi acido (o alcale) conservano tra loro gli stessi rapporti nelle combinazioni con tutti

note

Laboratorio alchemico

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notegli altri acidi (o alcali).

Chimica generale

Attraverso una serie di ricerche condotte dal 1797 al 1809 sulla composizione degli ossidi metallici del ferro, del rame, dello stagno e su alcuni solfuri metallici (soprattutto del ferro), arriv ad enunciare la legge delle proporzioni definite, secondo la quale ogni composto chimico era costituito da una proporzione fissa e costante dei componenti, indipendente dalle condizioni sperimentali nelle quali esso veniva formato. Per Proust, dunque, nelle sue produzioni materiali la natura era rigorosamente discontinua, e agiva secondo regole ponderali precise e immutabili. Lo stesso poteva dirsi della sperimentazione artificiale di laboratorio: questa dava luogo a composti esattamente identici a quelli naturali poich esattamente identici erano i rapporti ponderali in atto tra i reagenti. Riprese alla met del XIX secolo, esse costituirono il punto di partenza per la formulazione della legge di azione di massa degli equilibri chimici enunciata nel 1879 dai danesi Maximilian Guldberg e Peter Waage. Nei primi decenni dellottocento linglese Davy poneva i fondamenti dellelettrochimica ottenendo lisolamento del sodio e del potassio per elettrolisi e dimostrando al contempo che il cloro era un corpo semplice e che lidrogeno era lelemento comune a tutti gli acidi. Nel 1860 s svolgeva a Karlsruhe (Germana) un Congresso che riunva 130 chimici pi influenti d'Europa allo scopo fare il punto sulla conoscenza raggiunta in relazione alle teorie atomiche e definire una convenzione sul significato dei termini, le simbologie ed il peso degli atomi. Per Cannizzaro, fu l'occasione per la divulgazione delle sue idee sui i pesi molecolar ed i pesi atomici di quasi tutti gli elementi allora conosciuti. Negli anni successivi tutti i chimici, convinti dell'esattezza del metodo di Cannizzaro, poterono usufruire di una pi precisa e completa tabella di pesi atomici relativi, ricavati sperimentalmente e completata ad opera del gruppo di Berzelius. Con l'opera di Cannizzaro la Chimica prendeva definitivamente il suo avvio. Ma tutto il grandissimo insieme di ricerche che ha avuto luogo lungo i tre secoli di ricerche e studi dovevano concludersi con una radicale riconsiderazione sulla reale struttura della materia. Uno di questi aspetti riguarda il suo carattere particellato e discontinuo questione che verr affrontata con laffermazione della equivalenza materia-energia, equivalenza basata sul presupposto che entrambe sono formate da gruppuscoli, i quanta; ponendo cos le basi di una nuova meccanica non pi razionale bens quantistica,

Sondando la materia infino ai suoi ultimi componenti strutturali si dovette ammettere che ognuno dei gruppuscoli che formavano gli atomi accanto al comportamento proprio delle particelle manifestava comportamenti propri delle onde (diffrazione, interferenza ecc.). Accanto12 12

Chimica generale

note

alla tradizionale meccanica razionale, che descriveva il comportamento dei corpi fisici, veniva elaborata una nuova meccanica che veniva perci detta ondulatoria , basata cio sul presupposto che lenergia posseduta da quelle particelle subatomiche doveva essere descritta in termini onde di opportuna lunghezza e frequenza. Il primo esempio di connessione tra variabili di tipo corpuscolare e ondulatorio si ha nei lavori di M.Planck sulla radiazione termica e di Albert Einstein sulleffetto fotoelettrico. Lipotesi essenziale della meccanica ondulatoria, formulata da L.V.de Broglie nel 1924, che ad ogni particella sia associata unonda. Grazie a E. Schrdinger la nuova meccanica disponeva di una equazione con cui veniva descritta la legge di propagazione di queste onde materiali e dei previsti livelli di energia associata. La meccanica quantistica coordina in uno schema coerente le teorie elaborate per superare le difficolt che le teorie classiche incontravano, nellinterpretazione di alcuni fenomeni, in particolare di quelli spettroscopici. Nello stesso tempo W.Heisenberg sviluppava la meccanica delle matrici. Il riconoscimento della equivalenza tra la meccanica delle matrici e meccanica ondulatori segn la nascita della meccanica quantistica, formulata nella sua forma attuale da P.A.M.Dirac Saranno queste ultime teorie a consentire lattuale poderoso sviluppo di quel sapere autonomo e distinto che ancora oggi chiamamo col nome misterioso di

Chimica

scienza sperimentale che si occupa dello studio della materia e deille leggi che governano ogni sua trasformazione nei suoi duplici aspetti, macroscopici e microscopici.

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Chimica generale

Nelle questioni naturali la cognizione degli effetti quella che ci conduce allinvestigazione e ritrovamento delle cause, senza quella il nostro sarebbe un camminare alla cieca. Galileo Galilei (I dialoghi dei Massimi sistemi ) Il metodo sperimentale si realizza in quattro tempi che sono: osservazione, ipotesi , verifica, conclusione. La ricerca comincia con losservazione dei fenomeni che si intendono studiare. Si avanza una ipotesi teorica sulla legge che esso sembra esprimere. Si procede quindi nel lavoro di verifica sperimentale che inizia con la raccolta dei dati di misura di cui si valuta la laccuratezza, ripetitivit e la riproducibilit, nel senso che debbono sempre poter essere ripetuti in qualsiasi altro luogo ed qualsiasi altro momento. la verifica delle ipotesi poste in premessa permette la conclusione dello studio con la formulazione di un eventuale enunciato di carattere universale. Ciascuna ipotesi pu essere sempre soggetta a revisione, giammai lo possono ciascuno dei dati ottenuti sperimentalmente .

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Chimica generale

note

1 I primi 92 elementi esistono in natura, gli altri 11 sono stati creati in modo artificiale. Il peso a cui ci riferiamo il "peso atomico", dato dalla somma dei pesi dei suoi componenti, ed il stingue gli elementi il "numero atomico", che corrisponde al numero di protoni contenuto nel nucleo dell'atomo. Gli elementi chimici sono contraddistinti da un simbolo, uno diverso dall'altro, costituito da una o due lettere, come potete vedere dalla tabella che segue. Quindi anche il numero degli a relativamente pochi elementi vengono costruiti tutti gli svariatissimi aspetti della materia che conosciamo, ossia vengono formate le molecole. Tabella dei pesi atomici relativi degli elementi

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Elementi di CHIMICA GENERALE

note

Chimica generale

CAP. I1.1 Materia ed energia

La materia

Isaac Newton

Albert Einstein

Quello di materia un concetto che ha subito nel tempo parecchie variazioni di significato. Esso compare descritto nel di I. Newton come uno dei due oggetti fondamentali della meccanica classica, essendolaltro il moto. Spetta ad A.L. Lavoisier averne dimostrato per primo il principio di conservazione. Nel XIX secolo fattosi pi complesso il quadro concettuale della fisica, accanto al concetto di materia si associano i concetti di massa ed energia. Il problema dei rapporti tra questi enti fisicamente distinti doveva essere risolto da A. Einstein con la sua teoria ristretta della relativit. Questa, per molti aspetti rivoluzionaria teoria, afferma il principio di equivalenza tra massa ed energia per cui lesistenza della materia presuppone lesistenza della energia essendo luna direttamente convertibile nellaltra. Facendo ricorso ad una definizione classica possiamo affermare semplicemente che materia tutto ci che occupa uno spazio in quanto dotato di massa e chiamare corpo ogni sua porzione definita da un preciso contorno volumetrico. La tendenza dei corpi a permanere nel loro stato di quiete (o di moto uniforme) chiamata inerzia e la sua misura quantitativa massa. Il valore della massa una grandezza invariante cio indipendente dalla situazione fisica del corpo stesso (sua velocit, forze agenti su di esso, suo calore, ecc.). La descrizione delle leggi di moto o dello stato di quiete di ciascuna massa sono raccolte nellambito della meccanica razionale ove la definizione classica di massa ricavata dalla legge di Newton:

F= ma (1)Qualsiasi corpo possiede oltre la massa anche energia, che risulta essere proporzionale alla velocit, v, che il corpo assume nello spazio, essendo la costante di questa proporzionalit la massa stessa del corpo. Questo tipo di energia prende il nome di quantit di moto, q, il cui valore espresso dalla relazione:

q = mv (2)Ogni corpo in movimento possiede dunque una determinata quantit energia il cui valore direttamente proporzionale alla velocit dello spostamento. Se il corpo aumenta la sua velocit (accelera) perch aumentata la sua energia, ma la sua massa, m, rimane costante sempre la stessa (invariante); essa rappresenta la costante di proporzionalit tra lenergia, espressa come quantit di moto, q, e velocit, v, posseduta dal corpo di massa. Tuttavia, per velocit elevatissime, cio paragonabili a quella della luce, lo schema della meccanica classica non vale pi e quanto descritto dalla meccanica razionale deve essere sostituito dalle leggi della meccanica relativistica. Prima di Einstein comunemente si operava una distinzione tra l'energia, E, e massa, m, ma Einstein con la sua famosa equazione ricavata dalla teoria della relativit generale, annull questa distinzione considerando le due grandezze equivalenti, essendo Energia e materia due grandezze della stessa natura e quindi di-

Chimica generalerettamente proporzionali tra di loro; la costante di questa proporzionalit risult essere pari al quadrato della velocit della luce e lintera equivalenza veniva scritta come:

note

E = m c2 (3)La (3) ci permette di affermare che possibile ricavare energia dalla materia, come avviene nei reattori nucleari e, viceversa, si pu ottenere materia dallenergia, come avviene negli acceleratori di particelle. Dato il valore di c molto grande, basta una piccola quantit di materia per ottenere una grandissima quantit di energia, e, viceversa, necessaria tantissima energia per ottenere una piccola quantit di materia. La massa associata ad ogni particella elementare, non pi una grandezza invariante ma aumenta con laumentare della velocit per cui per tutte le particelle di massa finita risulta impossibile raggiungere una velocit v che uguagli la velocit della luce, c (pari a 298.000Km/sec); tale valore limite irraggiungibile giacch la massa avrebbe valore infinito stessa in accordo alla relazione relativistica di Einstein: MolecoleAtomiparticelle elementari. Ciascuna molecola formata da un insieme ordinato di atomi u l t er i o r me n te sc i n d ib i l i i n particelle pi semplici di massa infinitesima il cui moto non pi descrivibile negli stessi termini descritti dalla meccanica classica, ma richiede una nuova meccanica: la meccanica ondulatoria e la succedanea meccanica quantistica

E= m0c2/(1-v2/c2)

(4)

dove v la velocit della particella di massa a riposo m0 e c la velocit della luce. Dalla (4) si pu vedere facilmente che il valore limite di energia si ha per v = c, a questo valore corrisponde un valore di massa inerziale infinita. Questa velocit limite dunque raggiungibile solo dalle particelle praticamente prive di massa tali sono i fotoni, che si devono considerare non gi come vere e proprie particelle di massa definita bens come particelle di energia definita (quantum). Il moto di queste particelle, non pi descrivibile in termini di quantit di moto come previsto dalla meccanica classica, ma richiede una nuova meccanica: la meccanica ondulatoria. La fisica delle particelle elementari ammette per ogni particella elementare un duplice aspetto, quello corpuscolare e quello ondulatorio: al movimento di una particella corrisponde la propagazione di un gruppo di onde e, viceversa, ad una propagazione ondosa corrisponde uno sciame di particelle. Le equazioni di moto delle particelle elementari, anzich dalle classiche funzioni lineari, sono quindi meglio rappresentate da equazioni donda formulate tenendo conto delle opportune correzioni ricavate dalla teoria dei quanti. Poich per una particella classica l'energia funzione della posizione e della velocit, M. Born afferm che la probabilit di trovare una particella di massa m nella posizione x allistante t era espressa proprio da una funzione d'onda (x, t) . L'ipotesi essenziale della meccanica ondulatoria, formulata da L. V, de Broglie nel 1924, che al moto di ogni particella sia associata un moto ondoso. Tale ipotesi trov conferma sperimentale nell'osservazione degli effetti di diffrazione che si verificano quando un fascio di elettroni incide su di un cristallo; esperienze analoghe sono state successivamente effettuate anche con altre particelle (p.e. i neutroni) ottenendo sempre risultati che si accordano con le teorie di de Broglie. La meccanica ondulatoria parte dal presupposto che il comportamento dei costituenti ultimi della materia possa essere descritto mediante onde di opportuna frequenza () e lunghezza d'onda (= 1/). Questa meccanica, valida per le particelle elementari (quali sono, ad esempio, gli elettroni), permette la descrizione della loro quantit di moto e degli stati gli stati energetici ad esso associati, che risulta essere non pi proporzionale alla loro massa, bens alla frequenza dell onda che ne descrive il moto:

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note

Chimica generale

E = h (5) essendo h la nuova costante di proporzionalit che prende il nome di costante di Planck. Un postulato fondamentale di questa teoria che le particelle elementari possono scambiare energia solo per valori discreti di energia , perci detti quanta denergia. Il primo esempio di connessione tra variabili di tipo corpuscolare e ondulatorio si ha nei lavori di M. Planck sulla radiazione termica e di A. Einstein sull'effetto fotoelettrico. Restava insoluto, tuttavia, il problema di trovare la legge di propagazione per queste onde di materia; il merito della soluzione spetta a E. Scrdinger, che ragion in analogia con la meccanica classica arrivando a formulare l'opportuna equazione d'onda. Nel caso di sistemi per i quali l'energia totale indipendente dal tempo, l'equazione di Schrdinger prevede l'esistenza di stati stazionari e di calcolare i relativi valori energetici (livelli). La meccanica ondulatoria ha originato (insieme alla meccanica delle matrici) la moderna meccanica quantistica che fornisce la descrizione pi accreditata dei fenomeni fisici che coordina in uno schema coerente rende conto dellesistenza dei livelli energetici di energia stazionaria che dipende dalla struttura interna del sistema. Un atomo pu avere qualsiasi valore di energia traslazionale ma solo determinati valori di energia per ciascuno degli elettroni perinucleari, i cui stati energetici sono descritti da numeri interi che vengono detti numeri quantici. Gli elettroni possono passare da un livello, E1, allaltro, E2, solo se scambiano il quantum di energia corrispondente alla differenza dei due livelli quantici, ovvero alla differenza delle loro frequenze donda; infatti dalla (5) si ricava: E2-E1= h2 h1 = h(2 1) (6)

1.2 AntimateriaLa materia allo stato molecolare quella che conforma la realt del mondo in cui viviamo. Sulla superficie del nostro pianeta la materia esiste allo stato molecolare. Sono le molecole che realizzano i corpi distinti in sostanze minerali e organismi viventi. Ciascuna molecola formata da un insieme ordinato di atomi cos detti perch erano una volta considerati indivisibili. Ci che si ritiene indivisibile oggi cosa ben diversa dagli atomi di Democrito che sono risultati essere ulteriormente scindibili in particelle pi semplici cui si da il nome di elementari . Il principio che caratterizza tutte le particelle elementari quello della loro indistinguibilit. Secondo questo principio due particelle aventi le stesse caratteristiche sono tra loro identiche e non possono essere in alcun modo distinte; da questo principio discende il principio di identit. Cos, ad esempio, due elettroni sono tra di loro indistinguibili e per essi vale lidentit: da cui consegue la semplice relazione: 18 18

e= e

Chimica generalee e = 0 (7) in cui il significato matematico ci ben chiaro, ma non altrettanto lo il corrispondente significato fisico. Com possibile azzerare per sottrazione di una particella da un'altra? Quale realt fisica si cela sotto questa semplice relazione? Siamo nel 1928, a quel tempo Dirac era alle prese con la sua equazione con la quale descriveva il comportamento di un elettrone che considerava come una particella che alla propria massa associava una determinata quantit di energia (il quantum); questa equazione, per qualunque soluzione di energia positiva, forniva altrettante soluzioni che mostravano valori di energia negativa, in netto contrasto con il senso fisico comune, che attribuisce un significato solo alle particelle con masse ed energia di valore positivo. Egli intu allora che doveva esistere un tipo diverso di elettrone, prima dallora sconosciuto, con una carica elettrica positiva e che chiam , cio un elettrone di massa uguale ma carica elettrica opposta; con questa ipotesi Dirac poteva ora dare dava una corretta interpretazione alle equazioni in cui comparivano le masse di segno negativo: il loro significato fisico andava interpretato come: m = antiparticella = m+ (8) Queste antiparticelle, teorizzate in base alle equazioni della meccanica quantistica, furono in seguito scoperte sperimentalmente. Nel (1932) veniva scoperto lantielettrone cui venne dato il nome di positrone; nel 1956 veniva scoperto lantiprotone, cio la particella di massa unitaria e carica elettrica negativa. In seguito veniva verificata sperimentalmene la presenza delle altre antiparticelle. Per ciascuna delle particelle note coesistevano altrettante anti-particelle (antiprotoni, anti-elettroni, anti-neutroni, ecc,) ciascuna avente massa uguale alla corrispondente particella ma energia di segno e carica opposta. Trovava sostegno sperimentale cos lipotesi delleffettiva esistenza di quella che era stata gi chiamata l, cio di una materia tutta fatta di antiparticelle. In linea di principio possiamo supporre, infatti, che come linsieme delle particelle forma la materia cos linsieme delle antiparticelle forma lantimateria. Accanto ad ogni particella coesistono dunque altrettante anti-particelle (antiprotoni, antielettroni, antineutroni, ecc,) ciascuna avente massa uguale alla corrispondente particella ma energia di segno e carica opposta. E cos ipotizzabile un mondo fatto di antimateria cio tutto costituito di antiparticelle che danno vita ad antiatomi in cui i nuclei sono formati da antiprotoni ed antineutroni attorno cui orbitano i positroni. Per questi antiatomi varrebbero le stesse leggi che valgono per i nostri atomi e sarebbero le nostre particelle ad avere vita breve. Nel nostro mondo fisico, le particelle sembrano essere pi numerose rispetto alle antiparticelle, ci per la brevissima vita media di queste ultime. Quando sincontrano particella e antiparticella avviene il fenomeno dell annichilazione, cio entrambe scompaiono e al loro posto compare una equivalente particella di energia radiante pura, corrispondente alla loro massa in accordo alla equivalenza data dalla (3) e (5): E = h = mc2 con: h = costante di Planck, = frequenza della radiazione emessa, m = massa delle particelle annichili-

note

Energia materia+antimateria La creazione simultanea di una coppia negatone-nositone (elettrone negativo-elettrone positivo) pu avvenire in prossimit di un nucleo ad alta energia per effetto di una interazione forte (decadimento ad uno stato meno eccitato). Questo processo ha costituito una evidente conferma del principio relativistico di equivalenza tra massa ed energia di Einstein ed ha anche confermato la teoria quantistica di Dirac in quanto le previsioni teoriche sono risultate in ottimo accordo con i dati sperimentali: Energia elettrone + positone

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note

Chimica generalete, c = costante, (pari alla velocit della luce). Adesso possiamo comprendere meglio il significato della (6) che alla luce della (7) diventa:

Lelettrone anche chiamato negatone: lantielettrone anche chiamato positone.

e + e+ = 0 (9) Levento descritto nella (9) meglio conosciuto come processo di annichilazione della coppia particella antiparticella. Tutti i costituenti fondamentali della materia vanno a coppie; per ogni tipo di particella vi un antiparticella di uguale massa, ma opposta per quanto riguarda ogni altra propriet (carica elettrica, spin, ecc.). Il processo di accoppiamento particella-antiparticella stato ampiamente dimostrato sperimentalmente e coppie di esse sono state create, mediante collisioni ad alta energia, allinterno degli acceleratori di particelle. Nel 1930 Carl David Anderson, facendo interagire un fotone ad alta energia con il campo elettromagnetico di un nucleo, osservava la contemporanea formazione di una coppia elettrone-antielettrone. Losservazione sperimentale della produzione fu realizzata alla fine del 1974 a Brookhaven (New York) e Stanford (California) con fasci di elettroni e positoni ad alta energia che si scontravano in corrispondenza di opportuni apparati di rilevazione. Lesperimento permise di accertare che la di nuove particelle di materia era bilanciata con la creazione di altrettante antiparticelle di antimateria. Il principio di annichilazione descritto dalla (9) sancisce, al contrario, che quando si incontrano una particella con la propria antiparticella esse annullano tanto la loro carica quanto la loro massa che si trasforma in una corrispondente quantitum di energia radiante sotto forma di una coppia di raggi gamma. Questo processo deve dunque essere inteso come reversibile nel senso che lenergia di due fotoni che interagiscono pu essere interamente convertita nella massa di una coppia particella-antiparticella. Il processo di annichilazione deve essere dunque considerato come un processo reversibile. La massa delle due particelle che si annichilano trasformata in due corrispondenti fotoni gamma () emessi in direzioni opposte cos come e due fotoni gamma che interagiscono creano una corrispondente coppia particella antiparticella:..

L'ipotesi essenziale della meccanica ondulatoria, formulata da L. V, de Broglie nel 1924, che a ogni particella elementare sia associata un'onda. Tale ipotesi trov conferma sperimentale nell'osservazione degli effetti di diffrazione che si verificano quando un fascio di elettroni incide su di un cristallo; esperienze analoghe sono state successivamente effettuate anche con altre particelle (p.e. i neutroni) ottenendo sempre risultati che si accordano con le relazioni di De Broglie.

m-- + m+ 2 (annichilazione) (10) 2 m-- + m+ (creazione) (11)

La (10) e la (11) pur descrivendo due eventi antitetici, realizzano chiaramente la medesima interazione e vengono rappresentati dallo stesso diagramma spazio-temporale di Feynman letto nelle diverse direzioni (vedi 1.5). Lenergia dunque lessenza della materia, come la materia lessenza dellenergia. Materia ed energia costituiscono, infatti, una sola inscindibile realt, potendosi luna convertire nellaltra e compendiare questa visione nellaforisma secondo cui una particella come un quantum di e viceversa un quantum di energia come una particella di .

1.4. Le interazioniQuando due particelle si trovano in prossimit luna dellaltra, esse interagiscono esercitando una reci20 20

Chimica generaleproca attrazione o repulsione, tale fenomeno prende il nome dinterazione. Linterazione si realizza grazie allo scambio di quanti di azione che variano a seconda della natura delle particelle. Tutti i processi interattivi che si osservano nella realt fisica sembrano essere riconducibili a soli quattro tipi diversi di interazione le cui grandezze fanno riferimento alla intensit di interazione unitaria che quella forte: interazioni forti di intensit unitaria, interazioni elettromagnetiche di intensit 10-2 volte pi piccola, interazioni deboli (10-13) e gravitazionali (10-38). I diversi tipi di interazioni si distinguono ance in base al quanto di azione scambiato per come meglio appresso specificato: Interazione nucleare forte: attrazione reciproca esercitata dai nucleoni nella formazione dei nuclei atomici; la forza dinterazione nucleare non sembra estendersi oltre la distanza pari al raggio nucleare (forza a breve distanza) e non sembra distinguere le particelle che differiscono solo per il valore di carica elettrica (Es. protoni e neutroni; pioni positivi negativi e neutri). La legge che esprime la forza dinterazione nucleare non nota. Il quanto di azione scambiato un tipo di mesone che prende il nome di pione o mesone , particella elementare di massa a riposo intermedia tra quella dellelettrone (me) e quella del protone (1838 me). Interazione nucleare debole: la forza responsabile del decadimento nucleare, cio di quel processo per cui un nucleone, emettendo un elettrone (o un positrone), trasforma il nucleo nel suo isotono isobaro. Le interazioni deboli sono responsabili del decadimento di un mesone p (pione) in un mesone m (muone). Esso svolge un ruolo importante nei processi devoluzione della materia in quanto causa della trasformazione della materia adronica in materia atomica. I quanti di interazione scambiati nei processi di interazione debole sono i bosoni intermedi (W) (vedi diagramma di Feynman di pag.24) Quando un neutrone ddu decade in un protone duu un suo quark cambia il sapore (da d ad u), emettendo al contempo un bosone intermedio W di carica unitaria 1 che a sua volta decade in un elettrone (di carica -1) ed un antineutrino. In tale processo si conserva la carica ma non la parit. Il neutrino una particella di spin 1/2 come l'elettrone e il quark, ma non ha n massa n carica, per cui non interagisce coi fotoni. Non interagisce neanche coi gluoni, ma solo col W (fig. a lato). I W sono bosoni di spin 1, come i fotoni e i gluoni. Essi cambiano il sapore e la carica dei quark (il quark d, di carica - 1/3, viene cambiato in 'quark u, di carica + 2/3) ma non il loro colore . Il W trasporta carica - 1 e la sua antiparticella, W + , porta carica + 1, per cui essi interagiscono anche coi fotoni. Il decadimento beta impiega un tempo molto maggiore di quello caratteristico per le interazioni tra fotoni ed elettroni, per cui si pensa che, a differenza di fotoni e gluoni, i W hanno massa molto alta (circa 80.000 MeV). Interazione elettromagnetica: attrazione esercitata da tutte i corpi dotati di massa e carica elettrica. E responsabile della formazione strutturale degli atomi e delle molecole. Sono le interazioni meglio conosciute; la legge di forza nota come Legge di Coulomb. La forza coulombiana, che pu essere attrattiva (per le cariche eterologhe) o repulsiva (per le cariche omologhe), si esercita anche a grandi distanze. Il quanto di azione scambiato nel processo di interazione elettromagnetica il fotone. Interazione gravitazionale: attrazione esercitata da tutti i corpi anche a grande distanza; essa regola la

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Chimica generaledinamica dei corpi celesti. La legge di forza espressa dalla legge di Newton. Il quanto di azione si suppone essere il gravitone. Nel 1953 Heisenberg iniziava la ricerca di una nuova teoria di unificazione generale, secondo la quale tutte le particelle e tutti i campi di forza dovrebbero derivare da un'unica equazione fondamentale. Il sistema utilizzato per descrivere uninterazione tra particele elementari il cosiddetto diagramma spaziotemporale di Feynman a fianco rappresentato. Nel piano dello spazio-tempo si riportano le interazioni e gli eventi che modificano lo stato posizionale rispetto al tempo. Nella figura riportata a fianco rappresentata linterazione di un elettrone (tratto rettilineo) con un fotone (tratto ondulato). Linterazione fotone-elettrone comporta solo cambiamento delle coordinate dellelettrone mentre scompare il fotone che ha interagito. Lo stesso diagramma pu anche servire per descrivere un processo in cui un fotone si disintegra con creazione di una coppia elettrone-positone (ovvero la coppia annichila la loro massa trasformandola in un fotone). Una conseguenza dello studio delle interazioni la formulazione del principio di conservazione con cui si afferma che durante una interazione energia, carica, spin, quantit di moto e momento magnetico devono rimanere costanti. Se una interazione genera nuove particelle esse dovranno soddisfare il principio di conservazione, pertanto dovranno avere caratteristiche tali che la somma dei loro singoli valori eguagli le grandezze della particella iniziale: allorigine di ogni particella deve sempre corrispondere una antiparticella cio una particella che ha massa uguale ma caratteristiche intrinseche opposte.

Tutte le particelle composte da quark appartengono a una di due possibili classi; quelle fatte da un quark e da un antiquark (mesoni), e quelle da tre quark (barioni); protoni e neutrone sono gli esempi pi comuni di queste ultime. Le cariche dei quark u e d si combinano in modo da dare + 1 per il protone e zero per il neutrone (in basso sono riportati un neutrone a sinistra ed un protone a destra.

1.5. Le particelle elementariSi definiscono elementari tutte quelle particelle che rappresentano i componenti ultimi della materia. Dopo la scoperta dellelettrone il numero delle particelle elementari andato via via aumentando e oggi se ne conoscono un centinaio ma non tutte stabili . Quando due particelle vengono a trovarsi vicine interagiscono scambiando reciprocamente il valore di alcune grandezze ma sempre mantenendo costante il valore di energia, carica elettrica, spin, quantit di moto e momento magnetico. La costanza di queste grandezze durante un processo interattivo permette di formulare i principi di conservazione. Se linterazione genera nuove particelle esse dovranno avere caratteristiche tali che la somma dei loro singoli valori eguagli le grandezze delle particelle iniziali. (Levento descritto dalla (9) osserva il principio di conservazione della carica in quanto relativamente alle cariche elettriche diventa: 0 = +11). Le particelle elementari classificate in base al loro spin si distinguono in fermioni e bosoni: quelle con spin semiintero vengono dette fermioni e quelle con spin intero bosoni. Una seconda classificazione viene fatta a seconda della loro intensit dinterazione (vedi 1.5.): gli adroni sono fermioni sensibili alle interazioni forti (vedi 1.5.), i leptoni sono fermioni sensibili alle interazioni deboli. Le particelle elementari cos sono state convenientemente raggruppate in tre categorie: A) bosoni: Particelle con massa a riposo nulla, tali sarebbero i fotoni i gluoni ed i teorici gravitoni. I gluoni sono le ipotetiche particelle che dovrebbero legare i quark nella formazione di mesoni e barioni.

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Chimica generaleB) leptoni: Gruppo di 12 particelle elementari, 6 sono veri e propri leptoni: elettroni , muoni, particelle tau, tre diversi tipi di neutrini e 6 sono i corrispondenti antileptoni. Si tratta di particelle sensibili sia alle interazioni nucleari deboli sia a quelle elettromagnetiche. I leptoni sono,probabilmente, insieme ai quark le uniche particelle realmente elementari. C) adroni: distinti in mesoni e barioni. I mesoni, particelle instabili con massa a riposo intermedia tra quella dellelettrone e quella del protone, decadono spontaneamente dando origine a particelle stabili (leptoni, neutrini, fotoni). I barioni comprendono i nucleoni protoni e neutroni. La forza di coesione del nucleo dell'atomo (interazione nucleare forte) dovuta allo scambio di un mesone, particella neutra con una massa di circa 200 volte quella dell'elettrone. I primi fasci di mesoni furono generati nel 1948 nel il ciclotrone di Lawrence.

note

1.4. Le particelle fondamentalile particelle elementari certamente stabili sono poche e precisamente i leptoni (elettroni, fotoni, neutrini) e i quark. A queste due categorie di particelle per distinguerle dalle altre particelle elementari instabili si da il nome di particelle fondamentali. Tutte le particelle elementari ma non fondamentali sono instabili nel senso che dopo un certo tempo, pi o meno lungo, decadono originando particelle di massa pi piccola fino a creare particelle di massa leptonica o sistemi stabili di quark. Le particelle formate da quark sono gli adroni distinti in barioni (come i protoni e i neutroni) formati da tre quark e mesoni formati da un quark e da un antiquark tenuti assieme dalla forza dinterazione di gluonica. I mesoni sono tutti instabili mentre dei barioni solo i nucleoni lo sono: il protone comunque stabile mentre il neutrone stabile solo se opportunamente legato ad altri nucleoni. Il modello teorico prevede per i quark sei differenti stati teorici chiamati sapori: up(u), down(d), strano(s), charm (c), alto (t) e basso (b) e tre diverse condizioni chiamate colori (Rosso, verde e blu) che pu cambiare quando un quark emette un gluone: ad esempio un quark u rosso diventa verde u quando emette un gluone rosso-antiverde interagendo con un quark d verde che diventa d rosso. I quark possiedono carica elettrica frazionaria rispetto a quella unitaria dellelettrone: i quark u, c e t hanno carica pari a +2/3 di e, mentre i quark d, s e b hanno carica 1/3 di e (e corrisponde alla carica unitaria dellelettrone). Tutti i barioni sono costituiti da tre quark: il protone ha composizione uud; la sua carica q quindi +1 ((q= 2/3 + 2/3 - 1/3 = +3/3 = +1); mentre il neutrone, che ha composizione udd, ha carica zero (q = 2/3 - 1/3 1/3 = 0). La forza dinterazione dei quark molto forte tanto che la possibilit di rivelarli allo stato libero praticamente impossibile e non mai stata realizzata la loro separazione mediante urti ad alta energia. La materia barionica soggetta ad una evoluzione successiva alla sua formazione, per la quale si riorganizza in materia atomica. Il processo di questa evoluzione il decadimento neutronico. Quando un singolo neutrone decade in un protone perch uno dei suoi quark di sapore u si trasforma in quark di sapore d contemporaneamente si assiste ad emissione di un bosone intermedio , W, di massa molto alta, circa 80.000 Mev e di carica 1 che subito si trasforma in un elettrone ed un antineutrino. Il decadimento neutronico comporta conservazione della carica ma non della parit (vedi 1.7.).

u(2/3)

Anti neutrino

Elettrone-1

d(-1/3)

Quando un neutrone ddu decade in un protone duu un suo quark cambia il sapore (da d ad u), emettendo al contempo un bosone intermedio W di carica unitaria 1 che a sua volta decade in un elettrone (di carica -1) ed un antineutrino. In tale processo si conserva la carica (ma non la parit)

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note

Chimica generale

1.6. I nucleoniProtoni e neutroni, li ritroviamo quali costituenti dei nuclei atomici ove addensano la quasi totalit della massa atomica. Le dimensioni nucleari sono dellordine di 10-13 cm, mentre quelle atomiche sono dellordine di 10-8 cm., cio il nucleo circa centomila volte pi piccolo dellintero atomo. Nel nucleo stazionano i protoni, che sono barioni stabili di massa e carica elettrica positiva unitaria, ed i neutroni, di massa anchessa unitaria ma privi di carica elettrica. Data la complessit della realt nucleare la descrizione dei fenomeni nucleari richiede limpiego di modelli teorici in grado di giustificare il loro comportamento. A tali schemi si da il nome di modelli nucleari. Essi si dividono essenzialmente in due classi: la prima classe che presuppose il moto di un nucleone strettamente correlato a quello degli altri componenti e talmente complicato da richiedere lapplicazione di metodi statistici, ad es. il modello a goccia liquida che si mostra particolarmente utile nella descrizione degli stati altamente eccitati; la seconda classe di modelli in cui il movimento di ciascun nucleone descritto considerandolo, in prima approssimazione, come indipendente dagli altri componenti (modelli a particella singola). Il modello a particella singola, detto modello a gusci, ammette che ogni nucleone si muova in un potenziale medio che ne definisce il livello energetico dello stato, a tale livello la meccanica quantistica da il nome di strato o, in analogia al modello quantistici dellelettrone, orbita. Quando le particelle elementari sono costrette a condividere uno spazio limitato, (tale situazione quella delle particelle che costituiscono lo stesso sistema atomico), la loro energia si distribuisce lungo un percorso che prende il nome generico di orbita: fintanto ch la particella occupa una determinata orbita essa non scambia in alcun modo energia (stato energeticamente stazionario). Passare dallorbita ove risiede ad unaltra vuol dire per la particella dover passare da uno stato denergia, E1, ad un altro, E2. La particella dovr, quindi, scambiare il corrispondente quantum di energia che pari alla differenza tra le due quote permesse:

Interazione di un elettrone (tratto rettilineo) con un fotone (tratto ondulato). Linterazione comporta solo cambiamento delle coordinate spazio-temporali dellelettrone mentre il fotone viene assorbito completamente.

E = E 2 E 1= h2h1Le particelle elementari stabili che costituiscono latomo sono dunque: Elettroni (e-), particelle di carica elettrica negativa e massa circa duemila volte pi piccola della massa unitaria di riferimento, che viene detta: unit di massa atomica = uma; e = 1/1870 uma; ossia 1830 e = 1 uma. Si producono, assieme ai protoni, nel processo di decadimento neutronico Protoni (p+), particelle di carica elettrica positiva e massa unitaria. Lunit di massa (atomica) un uma.. I protoni sono particelle stabili. Neutroni (n), particelle di massa unitaria ma prive di carica elettrica. Sono stabili se interagiscono ciascuno con un a coppia, o doppietto, formata da un protone ed un neutrone prende il nome di nucleone. I nucleoni sono stabili e fortemente coesi per effetto della cosiddetta forza di interazione forte.

1.7. Gli stati quantici24 24

Chimica generaleIl postulato fondamentale della meccanica quantistica che ciascuna particella pu scambiare (cedere o assumere) energia soltanto per valori discreti che vengono detti quanta (quantum al singolare). Gli stati di energia permessi ad una qualsiasi particella elementare sono quelli caratterizzati da valori, detti livelli, rappresentati dai relativi numeri quantici. Il numero quantico principale, n. descrive lo stato energetico per essere completamente definito richiede che siano assegnati altri tre valori quantici: la determinazione dello stato energetico richiede quindi una quaterna di numeri. Ciascuno dei nucleoni risulta caratterizzato univocamente da una quaterna di numeri quantici n, l, j, m, cos definiti: n, numero quantico principale e definisce lenergia della particella; n pu assumere tutti i valori interi da 1 a infinito n=1,2,3,4,5... l, numero quantico azimutale e definisce la forma dellorbita; l pu assumere tutti gli (n-1), (n-3), (n5). valori fino a 1, o zero. Ad es. per n=1 si ha un solo valore di l (l =0), per n=2 l= 1, se n=3l= 2, 0 j, numero quantico di spin, ci dice se il moto della particella nellorbita procede nella stessa direzione o in direzione opposta al suo spin; j pu assumere i l+1/2 ed l-1/2 valori positivi. Nellesempio sopra riportato il nucleone che risiede sul terzo livello n=3 avr due diversi numeri di spin: se l=0 J= (1/2) se l=2 J=(1/2) e J=(3/2). m, numero quantico magnetico, ci dice qual lorientazione dellorbita nello spazio rispetto ad una direzione data; m pu assumere i valori che vanno da j, (j-1), (j-2), 0.. fino a j. Nellesempio sopra riportato i cinque valori che m assume per J=(3/2) sono ( 3/2), (1/2), 0, - (1/2), - (3/2). Assegnare una quaterna di valori quantici ad un nucleone, vuol dire definirne completamente lo stato energetico. Per le particelle elementari vale sempre il principio di esclusione detto anche principio di Pauli. Tale principio esclude che possano coesistere nello stesso sistema atomico due particelle caratterizzate dalla stessa quaterna quantica. Utilizzando tutti i valori permessi dai numeri quantici possibile fare un elenco completo delle orbite permesse per ciascun nucleone. Per n=1 si ha un solo valore di l (l=0), un solo valore di j (j=0) e due valori di m (1/2 e -1/2). Al primo livello di energia troviamo quindi due nucleoni ciascuno caratterizzato da una propria quaterna quantica (1, 0, 0, +1/2) e (1, 0, 0, -1/2). I nucleoni che differiscono solo per il numero quantico di spin si dice che formano un doppietto. Ogni nucleone del doppietto vincolato rispetto allaltro dalla forza di legame nucleare. Le grandezze caratteristiche delle particelle sono la loro massa, la carica elettrica, il momento magnetico angolare intrinseco (spin) , il momento magnetico e la parit, per come specificati appresso: 1) La massa che dipende dalla velocit assunta dalla particella stessa, in base alla formula relativistica: m = m0c2/ 1-v2/c2 2) la carica elettrica, che pu essere negativa, positiva o nulla 1,0,+1 3) lo spin o momento angolare intrinseco; la grandezza che esprime il momento di rotazione della particella sul suo asse. Si misura in unit h/2 dove h la costante di Planck, e rappresenta le possibili orientazioni che la particella pu assumere rispetto ad una data direzione (se s il numero quantico di spin il numero di tali orientazioni 2s+1).

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Chimica generale4) Il momento magnetico che pu essere negativo positivo o nullo (si misura in multipli del magnetone di Bhor,, dato dalla relazione =/4m dove e la carica dellelettrone ed m la sua massa). 5) La parit ossia la grandezza che esprime il comportamento della funzione donda associata alla particella (vedi 2.2) rispetto allinversione delle coordinate spaziali. La parit di una particella di momento angolare orbitale l (ovvero con numero quantico azimutale l) risulta essere (-1)l , cio pu essere positiva o negativa a secondo che nellinversione il segno cambi o no. In generale una funzione donda associata ad una particella pu essere rispetto allorigine simmetrica (pari) o antisimmetrica (dispari). Il concetto di parit proprio della meccanica quantistica. La conservazione della parit richiede che se due particelle che interagiscono la cui somma dei valori di l pari prima deve essere pari anche dopo linterazione. Ad esempio due nucleoni con l=4 che interagiscono possono finire uno in un orbita con l=1 e laltro in l =3 essendo sempre un numero pari la somma prima dellurto (l=4+4=8) e dopo lurto (l=3+1=4) . Per tutte i tipi di interazioni la parit, si conserva nel tempo; solo nel caso delle interazioni deboli (responsabili dei processi di decadimento e delle disintegrazioni), la parit non viene conservata.

P+

n + e+

Il positone, e+, si forma anche da processo di decadimento protonico per cui un protone decade in un neutrone emettendo un positone ed un neutrino. I decadimenti sono tipici processi di trasformazione con conservazione di carica: un neutrone di carica elettrica zero decade in un elettrone (carica -1) e in un protone (carica +1) oltre a un neutrino (carica zero); la carica totale dei prodotti del decadimento neutronico quindi zero. Nel decadimento protonico invece si conserva la carica elettrica +1: un protone (carica +1) decade in un positrone (carica +1) e un neutrone e un neutrino entrambi con carica zero.

1.8. Isotopi ed isobariUn neutrone stabile solo se coniugato con un protone, se invece isolato, al contrario, esso sar instabile e costretto entro alcuni minuti a decadere in un protone,un elettrone ed un antineutrino: in pratica, un atomo di idrogeno. Pi in generale, nel processo di decadimento neutronico, detto anche decadimento viene rilasciata una coppia formata di un elettrone nucleare ed un antineutrino; nel decadimento protonico, detto anche decadimento +, vengono emesse le rispettive antiparticelle cio un positrone (antielettrone) ed un neutrino decadimento beta pi, + :

n p+ + e + anti. p+ n +e++Questevento accompagnato da liberazione di una quota discreta (quantum ) di energia pari a 0,786 MeV. Nel nucleo atomico i diversi nucleoni saranno disposti secondo i diversi livelli di energia. Al primo e pi basso livello caratterizzato dal numero quantico principale n=1, possiamo trovare o un neutrone isolato instabile ovvero un protone isolato stabile; nel primo caso si tratta di un atomo di idrogeno allo stato primordiale, nel secondo di un vero e proprio nucleo dellatomo di idrogeno, chiamato anche prozio, simbolo chimico H, il pi semplice di tutti gli atomi . Nello stesso livello n=1 possiamo trovare un doppietto nucleonico formato dalla coppia stabile protoneneutrone (a tale coppia si da il nome di deutone) con un solo elettrone perinucleare. Si forma cos il deuterio, D. Col deutone si completa il livello n=1. Tra i due nucleoni si esercita una intensa forza di reciproca attrazione, che tuttavia diventa repulsiva se essi distano meno di 0,4x10-13 cm; si dice anche che essi formano uno stato di

Decadimento neutronico beta: N P + e + anti Decadimento protonico beta+: P + N + e+ + Cattura elettronica(C.O.): P+ + e- = Annichilazione: e + e+ 2 26 26

Chimica generaledoppietto. Se il nucleo formato da tre nucleoni, una coppia di essi star nel livello n=1 mentre il terzo rimane isolato nel livello superiore n=2; se esso un protone (stabile) si conformer il nucleo dellisotopo di elio He stabile (A=3, Z=2), se invece il il livello n=2 e occupato da un neutrone esso rimarr allo stato isolato e costretto a decadere in breve tempo. Il nucleo cos formato prende il nome di trizio, T, radioattivo. Quando entrambi i livelli n=1 ed n=2, sono occupati dai rispettivi doppietti deuteronici il nucleo viene detto a strati chiusi: tale il caso del nucleo di He4, eccezionalmente stabile e il nucleone ulteriore eventuale dovr collocarsi sul livello n=3. Nel decadimento di un singolo neutrone si forma il pi semplice di tutti gli atomi, qual latomo di idrogeno, nel cui nucleo risiede il protone formatosi e che, grazie alla propria carica elettrica positiva, mantiene in orbita il proprio elettrone. Il decadimento di un neutrone da un doppietto di neutroni produce un nucleone, anchesso stabile, che prende il nome di deuterone (D): nn* np+ + e .Con tale tipo di decadimento si forma un atomo isotopo dellidrogeno il cui nucleo costituito dal deuterone, D+, e sempre da un solo elettrone orbitalico. Il simbolo del deuterio pertanto 2H. Il numero dei protoni nucleari distingue chimicamente un atomo dall altro. A tale numero, si d il nome di numero atomico, e viene indicato con la lettera Z. Il numero che esprime la somma complessiva dei protoni e neutroni prende il nome di numero di massa, e si indica con A. Atomi che hanno lo stesso numero atomico e differiscono per il numero di massa prendono il nome di isotopi. Atomi che hanno lo stesso numero di massa ma numero atomico diverso, prendono il nome di isobari. Un ipotetico nucleo formato da da una popolazione di n neutroni (con n 20 ) tutti allo stato di singoletto, la met di essi sono dstinati a decadere in un isotopo che ha numero di massa pari a n e numero atomico pari a n/2. Protoni e neutroni che si trovano associati a formare i nuclei degli atomi si ritiene che siano essenzialmente la stessa particella in quanto indistinguibili se non per la carica elettrica ma le forze che si esercitano tra di loro i (vedi interazioni forti, 2.2) sono sempre della stessa intensit si tratti di coppie protone-protone, o protone neutrone che neutrone-neutrone. Queste coppie rappresentano lo stesso stato nucleare, la stessa particella, che si presenta in due stati con carica diversa (Z= 0, 1) e alla quale viene dato il nome di nucleone (vedi il modello a quark). La struttura atomica rappresentata essenzialmente da tre tipi principali di particelle: neutroni, protoni ed elettroni. Queste particelle sono qualitativamente identiche per tutte le specie di atomi: solo il numero e la differente combinazione di esse a determinare le differenti propriet fisico-chimiche che distinguono le diverse specie chimiche. Gli atomi hanno un nucleo attorno al quale ruotano gli elettroni. Il nucleo, la porzione in cui concentrata tutta la sua massa (oltre il 99% della massa totale), esso non viene coinvolto in alcuna delle trasformazioni chimiche. l'atomo appare circondato da una zona decisamente meno densa, la nube elettronica. Sono gli elettroni che determinano i cambiamenti che caratterizzano le reazioni chimiche. Il numero di protoni costituisce lidentit chimica di ciascun atomo (numero atomico=Z); dato che ogni elemento formato da atomi uguali, il numero atomico caratteristico di ciascun elemento. I neutroni contribuiscono a dare stabilit al nucleo, anche in presenza di forze di repulsione tra i protoni

note

Le propriet chimiche degli atomi isotopi dello stesso elemento sono assolutamente identiche dato che esse dipendono dal numero atomico.Per distinguere gli isotopi si scrive davanti al simbolo chimico il numero di massa in alto e il numero di atomico in basso

Num.di massa Num. atomico

A

Z

X

Simbolo elemento

il numero atomico spesso si omette perch surrogato dallo stesso simbolo chimico.

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Chimica generaletutti positivi. La presenza dei neutroni nel nucleo contribuisce a determinare la massa dellatomo. Esistono atomi dello stesso elemento che hanno per massa diversa: due atomi dello stesso elemento hanno lo stesso numero Z ma se la loro massa diversa significa che diverso il numero di neutroni. Il numero che si ottiene sommando i protoni e i neutroni di un atomo viene definito numero di massa a indicato con la lettera A Ne consegue direttamente che:A Z = numero di neutroni. Assegnando valore unitario al protone e al neutrone si ottiene facilmente il peso atomico per ciascun isotopo che viene cos espresso in unit di massa atomica (uma). . I nuclei meno stabili sono quelli che contengono un numero dispari di neutroni e di protoni; tutti i nuclei di questo tipo, tranne quelli di quattro elementi, sono radioattivi. In genere, un numero di neutroni molto superiore a quello dei protoni rende il nucleo instabile; i nuclei di tutti gli isotopi degli elementi oltre il bismuto posseggono questa caratteristica, e infatti sono tutti radioattivi. La maggior parte dei nuclei stabili contiene un numero pari di protoni e di neutroni.

note

1.9. La risonanza magnetica nucleare (NMR)Ogni nucleo possiede un momento angolare totale che la somma vettoriale dei singoli momenti angolare dei protoni e neutroni che lo costituiscono. Secondo le regole della meccanica quantistica le componenti del momento angolare in una data direzione possono assumere tutti i valori compresi tra +J e J cio in totale i 2J+1valori. Poich i protoni sono dotati di carica elettrica, la loro rotazione provoca anche la nascita di un dipolo di momento magnetico , che risulta collegato allo spin dalla relazione = p dove (rapporto giromagnetico) una quantit positiva o negativa a seconda che p e siano paralleli o antiparalleli. (Se lo spin del nucleo zero si ha =0). Se un dipolo di momento magnetico viene immerso in un campo magnetico esterno i 2J+1 valori dello spin si separano in livelli energetici discreti che opportunamente registrati forniscono lo spettro di risonanza magnetica, o NMR (nuclear magnetic resonance). La risonanza magnetica viene oggi usata anche come tecnica tomografica per la realizzazione di immagini molto utili nel settore della diagnosi medica. La NMR, a differenza dellindagine detta di tomografia assiale computerizzata (TAC), non impiega radiazioni ionizzanti quali i raggi X ma solo radiofrequenze; si tratta dunque di una tecnica non invasiva priva di rischi sia per il paziente che per gli operatori.

Un nucleone che si trova a livelli energetici superiori decade al livello pi basso consentitocce rappresenta il suo stato fondamentale, cedendo la differenza sotto forma di quantum di energia elettromagnetica, h cio sotto forma di fotone, ad altissima frequenza che prende il nome di raggio gamma, .

1.10. Tipi di decadimento nucleareLa forza di legame tra i nucleoni pu risultare insufficiente a garantire la stabilit di alcuni nuclei i quali, per raggiungere un livello di maggiore stabilit, sono costretti ad emettere alcune particelle. Tale processo stato chiamato decadimento nucleare o pi semplicemente radioattivit, che pu essere naturale, quando la si osserva per sostanze che si trovano in natura sulla crosta terrestre o nellatmosfera. La radioattivit si dice invece artificiale quando essa stata indotta dallintervento delluomo. Il decadimento radioattivo consiste nella transizione di uno stato ad alta energia verso un altro di energia

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note

Chimica generaleminore. Nel decadimento detto beta il nucleo varia il suo numero atomico o per emissione di un elettrone o per emissione di un positrone. In entrambi i casi il suo stato nucleare varier da n a n 1: Il decadimento beta former lisobaro n+1, il decadimento beta+ former invece lsobaro n-1. Se il numero di massa tale da mantenere uno stato di equilibrio, principalmente tra le forze colombiane e le forze dellinterazione nucleare, allora il nucleo risulter stabile. Il generale possiamo dire che se il numero di protoni in eccesso rispetto a questo stato di equilibrio allora esso decadr in un positrone ed un neutrino. I positroni emessi vanno incontro al processo di annichilazione . Le masse delle due particelle scompaiono e trasformata in due fotoni gamma emessi in direzioni contrapposte. Oltre al decadimento protonico (+) si conosce un processo di decadimento neutronico(), il processo responsabile della formazione di materia atomica. Occorre naturalmente che ciascun elettrone sia catturato dal proprio protone, ristabilendo in tal modo la stessa neutralit di carica che il neutrone possedeva prima di decadere. Un terzo tipo di decadimento quello che comporta la cattura, da parte di un protone, di un elettrone perinucleare dello strato K o L, con conseguente sua conversione in neutrone. Questo processo equivalente al decadimento protonico ed spesso in competizione con questo; ad esempio il nuclide Pm141 decade per il 57% per emissione postonica e per 43% per cattura elettronica. La cattura di un elettrone converte un protone in un neutrone (vedi diagrammi di Feynman a lato). Come si pu facilmente costatare, tutti e tre tipi di decadimento si realizzano con conservazione della carica e della massa. I decadimenti beta rientrano nellambito dei processi di interazione debole. La velocit di disintegrazione, definita come periodo di semitrasformazione o tempo di dimezzamento, una variabile specifica e costante per ogni specie isotopica. Il tempo di dimezzamento (t) il tempo richiesto perch si disintegri la met dei nuclei contenuti nel campione radioattivo. Oltre il decadimento per emissione beta esistono le radiazioni conosciute come radiazioni e . Le radiazioni e consistono in vere e proprie particelle (elioni, elettroni o antielettroni rispettivamente) mentre le radiazioni gamma consistono in fotoni ad alta energia. Il decadimento alfa interessa solo isotopi che hanno elevato numero atomico (i cos detti nuclei pesanti).

NEUTRONE(0)

Wanti () elettrone (PROTONE(+1)

Cattura elettronica e conversione di un protone in neutrone

NEUTRONE(0)

positrone(+1)

()

W+PROTONE(+1)

Decadimento protonico con rilascio di un positrone e un neutrino

PROTONE

(+1)

anti() elettrone(-1)

1.11. La formazione della materia atomicaWNEUTRONE(0)

Decadimento neutronico con rilascio di un elettrone e un antineutrino

Abbiamo visto come il decadimento nucleare neutronico converta un neutrone in un protone per contemporanea emissione di un elettrone (particella beta) e un antineutrino. Se consideriamo un singolo neutrone isolato, esso per effetto di una interazione debole in breve tempo, decade dando origine ad un atomo di idrogeno H: n* p+ + = 1H1. = Idrogeno o prozio, numero atomico 1, numero di massa 1, simbolo H. Con questo decadimento la materia neutronica si trasforma in materia atomica, nel nucleo dei quali si1H1

29 29

Chimica generaletrovano i protoni ed altrettanti elettroni richiesti per la formazione degli orbitali. Occorre naturalmente che ciascun elettrone sia catturato dal proprio sistema nucleare che lo ha generato, formando in tal modo un atomo elettricamente neutro. Questa riappropriazione dellelettrone emesso avviene per successivi riavvicinamenti, durante i quali esso realizza traiettorie sempre pi prossime al nucleo, e quindi di energia pi bassa; ciascuno dei livelli energetici occupati dallelettrone prende il nome di orbitale. Il decadimento di un neutrone a partire da due neutroni genera un atomo di deuterio (numero atomico 1, numero di massa 2, simbolo D); La coppia protone-neutrone che si viene a formare prende cos il nome di deuterone. Il processo cos schematizzato: 2n = nn*(instabile) (np+) + D1 (stabile) Il decadimento di un solo neutrone a partire da tre neutroni genera un atomo di trizio (numero atomico 1, numero di massa 3, simbolo T) che a sua volta decade ulteriormente (con una semivita 12,5 anni) dando origine a formazione di un atomo di elio (numero atomico 2 numero isotopico di massa 3, simbolo He): 3n = (Dn*) + = 3 T (radioattivo per decadimento neutronico) + 3He A partire da due coppie di neutroni si ha formazione di una coppia di deuteroni particolarmente stabile cui si d, il nome di particelle alfa (elioni): 4n = (nn* nn*) 2D + 2 = 4He Con analoghi decadimenti si ha formazione del Litio 5, e cos oltre sino a ottenere tutti i diversi isotopi stabili che troviamo sul nostro pianeta. In conclusione: col decadimento neutronico la materia neutronica si trasforma in materia barionica; pertanto se n neutroni legati tra loro con forza nucleare forte decadono, si ha formazione di un atomo che ha n protoni nucleari, ed n elettroni perinucleari, oltre ad n antineutrini. I neutroni che non decadono contribuiscono a mantenere la stabilit del nucleo in quanto servono a smorzare le forze elettrostatiche di repilsiome che si esercitano tra protoni positivamente carichi.

note

Il pi semplice nucleo quello formato da un singolo protone, H, o da un singolo deuterone, cio da un doppietto nucleonico protone-neutrone, D. Il deuterone completa il primo livello di energia. Per un nucleo invece formato da tre nucleoni essendo il primo livello occupato dal doppietto il terzo nucleone si colloca al secondo livello. Se esso un protone. si ha formazione di un elione a massa 3 stabile; se invece si colloca un neutrone esso risulta isolato ed quindi destinato a decadere nell'isobaro elione stabile. Si formato cio il trizione. Una popolazione di n atomi di trizio risulta in un tempo di appena 11 secondi praticamente dimezzata (si dice meglio che la loro semivita di 11 sec). Il secondo livello si completa con una coppia protone neutrone e sia il pi stabile elione a massa 4 il nucleo pi stabile perch completa o ,come si dice in gergo quantistico, chiude il secondo strato: con lelione si ha infatti il primo nucleo a strati chiusi che particolarmente stabile (particella ).

1.12. Numero atomico e numero di massaIl nucleo la parte dellatomo ov concentrata tutta la carica elettrica positiva e, praticamente, tutta la massa. Gli atomi differiscono tra di loro per il numero di nucleoni. Le propriet chimiche e fisiche degli atomi dipendono dal loro numero: se differiscono per il numero dei protoni essi appartengono a specie chimiche diverse, sono invece uguali chimicamente se posseggono lo stesso numero di protoni anche se differiscono per il numero di neutroni. In tutti gli atomi alla somma dei protoni nucleari corrispondono altrettanti elettroni pernucleari, ci permette una perfetta neutralizzazione delle cariche, di conseguenza l'atomo non ha carica elettrica. Al numero dei protoni nucleari si d il nome di numero atomico, e viene indicato con la lettera Z. La massa di un nucleo

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noteIl principio di Heisenberg espresso matematicamente dalla relazione:

Chimica generalerisulta pari alla somma dei protoni, Z, e dei neutroni, N, che vi risiedono. Il numero che esprime tale somma viene detto numero di massa, A (A=Z+N). Tutti i nuclei con uguale Z, seppure con valori diversi di A, appartengono allo stesso elemento chimico, e vengono detti isotopi; tutti i nuclei che hanno lo stesso valore di A, seppure con diversi valori di Z, prendono invece il nome di isobari. Nuclei che hanno lo stesso numero di neutroni e diverso numero atomico prendono il nome di isotoni. Ciascun elemento in realt formato da una mescolanza di isotopi, cos , ad esempio, per lidrogeno, il pi piccolo elemento che si conosca, formato da un solo protone ed un solo elettrone perinucleare. La sostanza comunemente chiamata idrogeno costituita in realt da una miscela di prozio e deuterio naturalmente presenti nella proporzione di circa 1: 6000. Le molecole di H2, HD e D2 contenute nellidrogeno molecolare ordinario possono essere separate sulla base del loro peso molecolare differente in quanto queste molecole sono formate da atomi che hanno massa diversa.

x=errore nella misura d ella posizione; mv= errore nella misura della quantit di moto; h = costante di Planck= =6,62617610-34 Js

1.13. L indeterminazione di HeisembergLa conoscenza di un fenomeno fisico si realizza mediante losservazione e lo studio delle grandezze che vi sono implicate. La misura trasforma ogni grandezza in un numero razionale esprimente il rapporto tra il valore della grandezza osservata e il valore di una grandezza campione, convenzionalmente assunta come unit di misura. Le grandezze possono quindi essere trattate tanto teoricamente, usando i numeri, quanto sperimentalmente, eseguendo le misure. Il metodo sperimentale consiste nel verificare la fondatezza dei principi teorici postulati matematicamente mediante confronto con i valori forniti dalle misure sperimentali. Il limite intrinseco a ciascuna misura dunque il grado di accuratezza della strumentazione impiegata e ciascuna misurazione ha sempre implicito certo grado di incertezza o di approssimazione che dipende dal tipo di strumentazione adottata. Tali incertezze sono sistematiche e determinabili a priori (teoria degli errori). Se intendiamo misurare la massa di in una particella elementare risulta impossibile disporre di alcuna strumentazione in grado di misurare contemporaneamente il valore esatto della sua posizione e della velocit: la misura esatta della posizione genera incertezza nella misura della velocit e viceversa. Tale impossibilit alla base di quella che viene enunciata come Principio di indeterminazione di Heisemberg e costituisce il principio basilare della meccanica quantistica. Tale principio valido per tutte le particelle elementari afferma che: tanto pi e precisa la misura della posizione quanto pi approssimato il valore della quantit di moto e viceversa. Le due grandezze sono tra di loro inversamente proporzionali il che implica che il loro prodotto risulta costante e laccuratezza non pu essere spinta oltre questo valore dato da h (costante di plank):

x x mv h (1.12)la costante h viene detta costante di Planck e vale 6,6256 10-34 x s. Dalla (1.12) risulta evidente che misurando la posizione con lincertezza x, la sua velocit non potr essere misurata simultaneamente con unincertezza 31 31

Chimica generaleminore di h/x. Il principio di Heisemberg indica chiaramente limpossibilit di descrivere con precisione le traiettorie delle particelle elementari che si muovono con una data quantit di moto. Questa difficolt rimossa dalla meccanica quantistica che descrive lo stato di ciascuna particella considerandone solamente i valori di energia (discreta) da assegnare a questultima. Data lestrema piccolezza di h, il principio di indeterminazione non influisce in pratica sulle misure di grandezze macroscopiche, ma interessa esclusivamente i fenomeni che si svolgono nel dominio atomico e nucleare.

note

1.14. RadionuclidiI radionuclidi sono isotopi instabili che decadono per emissione di particelle fino a trasformarsi in isotopi stabili. Esistono radionuclidi naturali quali luranio, il torio il radio e radionuclidi preparati artificialmente mediante bombardamento con particelle ad alta energia (p.e. neutroni, deutoni, elioni) o per irraggiamento con neutroni prodotti dai reattori nucleari o per fissione nucleare o per fissione (frazionamento) del nucleo atomico di un elemento pesante in due o pi parti. Nei primi anni Trenta, gli esperimenti compiuti dai fisici francesi Irne e Frdric Joliot-Curie mostrarono che i nuclei di elementi stabili potevano essere resi radioattivi in modo artificiale, bombardando gli atomi con particelle nucleari accelerate, oppure con radiazioni di frequenza opportuna. Questo procedimento determina la formazione di isotopi radioattivi, detti anche radioisotopi, che sono il prodotto di complesse reazioni nucleari. Lo sviluppo di potenti acceleratori di particelle, che permette di accelerare i proiettili nucleari a energie molto elevate, ha reso possibile l'osservazione di migliaia di reazioni nucleari e lo studio del comportamento di isotopi radioattivi di diversa natura. Nel 1932 i due scienziati britannici John Cockcroft ed Ernest Walton furono i primi a impiegare particelle accelerate artificialmente per disintegrare nuclei atomici. Nel corso di un celebre esperimento, essi bombardarono un bersaglio di litio con un fascio di protoni accelerato da un moltiplicatore di tensione. I nuclei di litio 7 si spezzarono in due frammenti, ciascuno dei quali era un nucleo di elio 4. La reazione nucleare che ha luogo in questo processo pu essere espressa per mezzo dell'equazione: 7 Li+ 1 H =2 4 He; Il litio 7, l'idrogeno fondamentale e l'elio 4 hanno rispettivamente massa 7,018242 uma, 1,008137 uma e 4,003910 uma. La somma delle masse dei reagenti uguale a 8.026379 uma, mentre quella dei prodotti vale 8,007820 uma: la reazione comporta quindi una perdita di massa pari a 0,018559 uma. Ricorrendo all'equazione di Albert Einstein che esprime l'equivalenza tra massa ed energia, si conclude che 1 uma equivale a 931,3 MeV, e che la reazione nucleare indicata accompagnata dal rilascio di 17,28 MeV. La quantit di massa persa si trasforma in energia cinetica dei nuclei di elio.

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note

Chimica generale

1.15. Leggi di decadimentoIl decadimento di un determinato nucleo sempre un fatto casuale e non prevedibile. Il suo comportamento pu quindi essere espresso solo in termini di probabilit e le leggi che lo esprimono sono quindi leggi statistiche cio riferite non al singolo evento bens ad una moltitudine di eventi relativi ad una popolazione, cio ad un numero sufficientemente grande, di isotopi r