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Collana Scilla
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... il senso è coglierestaccare, strappare.Si dice di fiori e di frutti,di api che succhiano il polline.Di chi si gode la vitama anche ne è consumato.Trascrivete, in margine, le voci:carpo carpsi carptum carpere.
Paolo Ruffilli
In copertina:Nave in tempesta © Claudio Granaroli, 2012
dittico, acrilico su tela, cm 329 X 236
Samuele Editore, marzo 2015via Montelieto 50 33092 Fanna (PN)
tel. 0427777734 fax. email: [email protected]
www.samueleeditore.it
ISBN 978-88-96526-54-5
Emilio Di Stefano
PRovvISoRIE CoNCluSIoNI
un timoroso che si cimenta metaforicamente come“pescatore di scoglio”. Pescare dallo scoglio è un’avventura,un modo di gettare l’amo e raccogliere che presenta piùdifficoltà e richiede una certa esperienza. lo scoglio ha la suamorfologia, esigendo una ritualità diversa da qualsiasi altromodo di pescare. Ma una volta acquisita ritualità e sapienza ilpescatore di scoglio diventa un maestro. è questo il profilosegreto ideale di Emilio Di Stefano, poeta ma anche delicatoautore di canzoni per bambini, che torna in libreria con questovolume di poesie dopo molti anni di assenza, esattamentedalla sua prima opera poetica intitolata Cocci (1977).In questo suo nuovo lavoro egli racconta ciò che è accadutonel costume della nostra vita dal lontano tempo del suoesordio, una specie di “computo dei passi e dei sospiri” adefinire la qualità degli eventi che da allora ci hannoaccompagnati. In questo computo si forma l’ossatura dellasua sorte di uomo e di poeta. Non si tratta mai di unalamentosa nenia al setaccio del rimpianto o del mugolio “deifili tra i telai”, ma del puntuale sfogliare delle molte caselle cherappresentano l’unità globale, almeno per quanto è possibile elo fa spesso attraverso l’uso lessicale trasformato nei decenni.una poesia ad ampio spettro (direbbe il farmacista), modernae diretta, capace di rappresentare un poeta saggio e,paradossalmente, giovane.
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Giovane come i suoi versi, come l’intendere del mondo, comei risultati ottenuti. Giovane anche nel raccogliere le paroleantiche, quelle che fungono da fotografia che, stranamente,non è ingiallita, né manca di quell’entusiasmo specifico che simanifesta attraverso il sentire e l’espressione dell’educazionesentimentale. Ecco, direi che la poesia di Di Stefanotestimonia una sua educazione sentimentale. Assai preziosaoggi come ai tempi andati. Perché è quello il nucleo centraledell’esistere, cioè saper comunicare attraverso la qualità deisentimenti. E sembra che il poeta sia maestro in questo. Di Stefano non tradisce il suo ruolo dove anche l’amore èmateria prima di riflessione (più che di passione). l’amore“riflettuto” acquisisce così il ruolo della freccia che sta adindicare la direzione giusta per sistemarsi sullo scoglio.
Ludovica Cantarutti
PRovvISoRIE CoNCluSIoNI
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CoquElICotS
I
Si fa a cent’anni, come tante cose che verranno ad occhi chiusi e ci si giura, la poesia.quando, se non può dire, – è vecchia e risaputa la sentenza magistrale –si fa, si sfa per ammansire il tempo. E non per vanagloria d’avere indovinato la cinquina;che già un ambo basta e avanza, se succede.
Dovrebbero avere un secolo i poeti; col portaombrelli vuoto, disarmati,avvezzi alle intemperie della pioggiache bagna e lava,per non recriminare sull’ombelico dell’eterno o salmodiare.
tanto si vola, in basso fino al tonfoe non c’è scavatrice che ci salva.Nemmeno se si canta da tenori.
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II
Cent’anni; e sillabare tra bonacce immaginate,di cose leggerissime, banali: dell’oro rinato nelle spighe, di un’ombra, un cane, un fumo, di un respiro,di certi petali da pocoaccesi e già cullati dentro un nomebuffo, da solletico, retrò. Come la stella della stimma nerasopra una guancia, in bacio,............................................... coquelicots!
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lA GIoStRA
Il rugliare del cielo di quando s’addensa e si sciogliee all’amo dei pescatori di scoglioè solo il pane raffermo,col piombo e l’argento scalfiti del mare.
Attende la giostra alla riva i suoi nuovi squittii,aggrappati a vecchi cavalli sdruciti, già pronti al prossimo giro.
.........
.........
– Ci arrampicammo a quell’albero, sa... –disse la donna – con l’eskimo ... e qualche bandiera. Era... –Era...
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AI PIEDI DEll’AzAlEA
E allora si semina, si aspetta la luna nuova,il sapore dell’alba tra nicchie di stelle nascoste all’imbrunire.
Il glicine – pensi – andrà vicino all’aiuola;là, il rosmarino e la rosa, magari.
tu intanto, Mirò, sbadigli coerente al tuo orso annerito dall’acido polivalente,alle aureole muffe verdine, addensate,occasi, per me, di un altro universo.Più in là di Plutone. Può darsi.
E il callo della scommessa ritorna.
Così già mi rinfranco nel risveglio,del buono che certo nasconde per te l’amico di pezza che oggi si lascia leccareai piedi dell’azalea.
l’ERPICE
I
Forse perché la porta stridee occorre cominciare timorosi a spolverare la stadera per il computo dei passi e dei sospiri; o perché tanti di amati e conosciuti,senza documenti di legge, col minimo bagaglio, non da stiva,(a mano, da low cost, essenzïale)sono già passati alla frontiera.
Cerco l’abborracciato fazzoletto a quadri, remotissimo retaggio di un barlumee quasi lo riempio e porto a riva i fichi colti all’alba o un sammarzano da farti riprovare.
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II
Per me, qualche t-shirt colorata e se c’è posto un po’ del naturale tuo silenzio innaturale,un brio di stelle, e l’agitato scodinzolio del cane.
S’è fatto tardi, s’apparecchia l’erpice.E il suono già si stendenel nugolo dei fili tra i telai.
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SPERo IN uN INCIAMPo DEl SIlENzIo
Cerco il segno di un privilegioin qualche ombra,sagoma nera di boscoo frastagliato incerto di una nuvola,aggrappato al sugherodi un’attesache sogna squarci e voci.
Spero in un inciampo del silenzioe nell’assenza mi godo quella macchia di gelatosul tuo quasi taffetà.
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vERDE SMERAlDo
l’opaca lontananza, segnatacol filo di ferro nelle curve dei monti.E la casa, la casa dico,cadente nell’obliquo del verde – verde smeraldo – artificiale.
Non era stato il tuo un errore di pigmenti o prospettiva.Sapevi dipingerli i quadri.
Poi, per fortuna,c’era la polvere degli annisul bordo, vicino alla cornice, a fare più solido il pendio.
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Coi capelli carota,dopo una pioggia d’Agostohai il fresco della tua erba d’Irlanda.
verrei da te a raccogliere il verde,le scritte sui muri graffiati di Belfast,i nasi uncinati del tuo amico pittore quovadisgià un poco scrostati.
E là nell’azzurra distesa, mia Flora-Carota, al tatto, all’olfatto, ai fili di seta disfatti nel gioco di un bacio più lungo del giorno, brindare.
Se non ci fossi già stato con Google,sarei lì, piccola fata turchina,per qualche bacca di bosco,per la volpe sopravvissuta,per quelle ali sopra i cannetidi cui sapresti raccontare il volo.
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BEtullE
la pelle della scorza di betulla,carta nautica del cosmoper nodi, ellissi e solchi,si sfa se ne accarezza il ditoi labbri ruvidi delle cicatrici.
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luNEttES
le lunettes che si scordano ovunque,che ti accorgi d’averle perduteproprio quando vorresti fermare qualcosa;hanno un nome armonioso:la dolcezza di un chiaro improvviso;è quasi un misfatto chiamarle con modi banali: occhiali.
lunette sa invece di ali, frammenti di lunache fendono l’arianel buio di una stanza.
Era terra la luna. Si dice.
Nuotare, bagnarsi la mano in quel nulla che filtra, disperdere il tuttocol gesto di un clown direttore d’orchestra.
Ho chiuso e riaperto la porta.Più volte. Anche sul bianco laccato in cucinale ho viste:macchie d’inchiostro, voracicerchi lasciati dal vino:
lunettes – se troppo vicine –con qualche pretesa di dire.
le lunettes, dimenticate– non è un male; a voltecol conto correntedell’acqua del gas della lucesi è come felici del caso! –per non stare a scrutare i contornidi una camera oscura.
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DEttAGlI
qualcuno notò il sentore di muschio,la fresca lacoste, le scarpe di tela,gli occhiali da vista, le chiavi di casaed altri dettagli del viso.
Rasato da poco,si disse alla fine;un altro si spinse alla voce dell’urloe al colore degli occhi:cangianti, azzurrini.
lui, con gli arti scompostidistratti dal resto,la giacca inzuppata, le moschee un biglietto del tram, sembrava più uomo in quell’abbandono.Più in là, un vigile leggeva le carte. E la fila impaziente strombazzava.
DuNquE
S’è poi fermato il merlo – o era il pettirossodal corsaletto insanguinato –a picchiettarele molliche rafferme sul balcone. Dunque:c’era da un latoil mio riflesso bruno,dall’altro il prunocoi frutti ancora acerbi.E un ticchettio d’eco nell’aria...
[il timer del forno,l’orologio al quarzo alla parete?]
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lA PIPA E l’AlAMBICCo
Si vive per la morte. E allora?Si spegne all’improvviso il lume, cala il sipario nella sala. E quindi?Per il momento,scintille e fuoco da giganti incatenati; questo è quanto.
Poi c’è l’ambrato del pulviscolo,le piume alla finestradella giovinetta immacolata, il tuono e lo splendore della vetta.
Ma è lo stesso. Si vive nella morte e ci impaurail dubbio oltre l’attesa.
Ci resta poco: la pipa, l’alambicco,le orecchie del coniglio nel cilindroprima dell’ “oplà, l’avevo detto!”.
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tRECENto CHIloMEtRI l’oRA
Nessun pensiero di addii e di ignote lontananze, oggi. Elegante siluro, la motrice amarantosi faceva ammirare.Intorno la gente di sempre, ansimante. Normale.
un’ora. un’ora soltanto Milano-Bologna.
Nel lieve rumore pensavoa brune traverse ritmatea scambi battuti più fortea quell’oscillare di corpi,di sogni da niente e cartoni.
Sciolti, i pensieri nel cicaleccio e il belato bevevano rugiadeal sibilo dei freni, agli odori di scarpate.
Era muto il mio treno amaranto da trecentochilometril’ora.
un’ora di iPod, per la giovane dagli occhi senza colore, le palpebre spente,viva nel battere solo della punta del piede.
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StASERA
Dammi un senso,un appuntamento su Skype,su Facebooksu quello che vuoi.Inventa una chat.vediamoci l’ultimo film di vanzina.la replica almenodell’ultima serie di Mardok.
Dammi un senso.Col il circo dei cuochi,il canto dei sosia imperfettie giochiamo anche noi.Potremmo gustare una pizza piccina, magari del vino...
C’è un ciclo sugli anni cinquantapiù avanti col dito. tu pigia!Diremo:– Son morti già tutti... davvero?– Già tutti, già morti, davvero?– Davvero.
Dammi un senso stasera, però.
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I Crakers, le olive, il tocco di classe,la bianca cucina pulita...i rotoloni Regina,la tim, la Marcuzzi...oppure, vediamoci Blob.
Dammi un senso alla vita, stasera.
lA SEttIMANA
Raccattareore scarmigliate tra refusicome la bimbasu una gamba solasospesa tra due spicchi d’infinito.
A un palmo dalla mano c’era il primo,di un gioco antico in fuga sul domani.Correva l’altro, appena un po’ sfrangiato,nel volto nebuloso di un pantano.
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lE CASE All’AvANA
le case all’Avana hanno sguardi turchini di finestre in attesa.
Socchiuse conchiglie di perlesanno di fumo e cucina di barbe non rasedi iridi al sole aragostadi spine e di grani in corone.
Raccontano ai mortile vecchie signoredell’aria che tremasul viso dei bimbidalle ginocchia sporche di sale.
Dal mare alla terra quel sale rappreso.Per dargli qualcosa che il mare non ha.
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luNA*
quando mi fissi attentaad ogni mio piccolo pensieromi chiedo a cosa pensi quando pensi; se tracimi la tua dose naturalee cogli il verso che fa senno e folle volo.
Mi illudo che ti arriviper qualche strano labirintoevanescenteil flusso degli abbagli nella mente,quel suo lallare ipotesi e truismi.
Nell’ora incerta che si apre al giornodi luminosi riverberi di stelle,mi spieghi timida, guaendo,di questo mio giardino senza fioriil tarlo del rinascere caparbiodell’edera selvaggia, della cicoria matta e la gramigna.
* meticcio, quasi maremmano, di taglia media 31
touRBIlloN
Nessuno mi ha chiesto se avessivoglia di entraree nessuno dirà a che ora è l’uscita,la fine del film, l’ultima corsa del tram.Non che mi importi.
Nessuno mi ha chiesto in che ruolovolessi giocare,né in quale quadrantedi latta o d’argentonascondere i piedie infine ruotare.
Non che mi importi: girare è girare.
Mi tengo il cappello di lana,il gioco di biglie,e un po’ addormentato mi stringo comunque – se solo durasse! –a questo stupore di vita.
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lE PERFEttE CAtAloGAzIoNI
tra luci senza nome,timide promesse della notte,il fumo della Politex– RACColtA, RICIClAGGIo
DI MAtERIAlE PlAStICo
PER PAIl E IMBottItuRE DI DIvANI –treno a vapore controvento,piroscafo sul Nilo o sull’oceano,primo, secondo, sesto Novecento,obliquo sbandiera sinuosol’ordinato fluire del logos.
Il libro delle catalogazioni perfette,sinossi dell’universale che abbraccia e segna i nodi della storia!
Ho masticato per sentirne il gustoanche l’odore del cardo.
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lE CAMPANEllE
... così ci si commuove. quasi fino al pianto. troppo buoni! Come certe friabili nastrine. Dolcissime.
Ma la mosca ronza indisponente,la zanzara si posa sulla pelle,un’ape ardita, un bombo, un moscerino...........................
E per le campanellemi hanno dettooccorre il glifosate.
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MAttINo
Fermartia futura memoria,pensiero radentesu un campo di stoppie, ora che i corvi gracchiano nella bruma dell’albae il gelo si arrende.
verrà il tempo di arare,di lasciare cadere allo spagliopromesse.
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BRICIolE
Non sognanonon cantanoi miei amori.
Ma qualche voltatrovano briciolee ridono di niente.
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A lEI CHE CAMMINA
in memoria di S.B.
Sento il suono che fai sul selciato,signora dell’ariache a un passo dal suoloti libri su opache, sgualcite corolle.
Nel ritmo arcano ed antico di punte e di alisul bianco sentiero ti seguo con gli occhi, danzante mio clown,dolcissima ape regina.
E dal letto, disteso,accordo i miei battiti ai tuoi.
lIEvIto MADRE
Almeno non l’avresti perdutodavvero e per sempre; ecco, così la pensavi e avevi forse ragione.vedevi, capivi. tu.– A ben guardare, ogni tanto... –E parevano scuse da occhi cisposi al mattino.o, fosse anche nell’ultimo sogno dell’alba,avevi trovato la dima,diversa dal filo tranciato nei budelli di Cnosso– ...e che andasse da solo! –pensato come atto d’amore.
Sarebbe tornato quel figlio,lo avrebbe potutoper il vitello grasso o la tavola bianca imbandita – il pizzo nel centro –che basta se scalda:col vino ed il pane dal lievito madreperché crescesse genuina l’antica mistura. A ricordo, per te,dei morsi del ventre sulle rive del lagocon lui che pensava a cuori affamati.Chissà, forse avevi ragione.
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I BoCCI
Che profumo hanno i fiori,ora che la tua linfa si è persa, Neda?
I petali che vanno a riappassirenelle sere d’ottone dei muezzinserberanno il tuo respiroper quando impazzirà la primavera.
E Aprile sulle labbra avrà la tua canzone.
o non sarà,quand’anche si svestisse di ogni geloe raccogliessesotto un solo veloogni seme, ogni frutto, ogni pensieroper lasciarli in un istante rifiorire.
tornerà.Per dire dell’affanno di ogni boccioche stende dentro l’aria i suoi colori.
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GENNAIo
Fa’ che venga Natale, Signore,che c’è da resettare il computer;sistemare le mail ricevute,rivedere le foto di Cuba,dare un tocco di grazia al Desk-topcon quella anticata di noi.
Fa’ che venga Natale, Signore,che devo creare il mio filmdi natale dell’anno passato;raccogliere un po’ di paroleda un vecchio cassetto segreto e starmene lì ad ascoltare.
Fa’ che venga Natale, Signore,che ho voglia di mettere fuoriuna stella cometa:le trecce di canapa al ventoe gli omini di carta a scalarla.
Fa’ che venga in fretta Natale, Signore,che c’è da fare il presepeaddobbare l’abete di luciche forse si accendono ancora.
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qualcuna bruciata si potrà riparare;sarà il mio omaggio a Wertheimero a lei che mi crede capace!
Fa’ che venga domani Natale, Signore,che ho bisogno di certe promesse,di accendere un fuoco,scaldarmi le mani,sentirmi più buono a Natale.
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C’ERI
Al don delle campane ho pensato che ti avevo vistoe avevo visto tutti gli altri: (qualcuno a farmi il solletico alla bara,un altro, in fondo, a testa bassa,e chi col pensiero irriverente al conosciuto rabdomante che cercava...).
tranquillo, ho atteso che venissi a salutarmi con un salto.
E quando, incerta, sei arrivata,mi sono acceso un’altra sigarettaed ho aspettato il turno, sorridente.
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vAtICINI
Nell’isola di tufo e di farfallal’auspice carpiva al roco raspante tra gli ulivilo sghembo volo del sopravvissuto,e ne rubava il senso.
..............
..............
..............
l’ho vista quitra larici azzurrinicalare sopra i tetti,leggera, la poiana...– Che fosse una pica un po’ ciarliera cosa importa!
Nell’aria il flauto dolce, la zanzarae un’esse impurad’appretto sul volto celestiale.– Poi si stende bene sopra un foglio –Amaranto o azzurro manto di madonna ?– ... Non lo vede dietro un vetro, alla parete? –
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Ma un volo di zanzara non racconta;e nemmeno il campanaro Frammartino sa parlare...
Così rasenta fratte di forsizie la litania dell’arabo immigratoche sgrana al vaticinio inconcludentel’ubriaca liturgia del suo rosario.
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GolGotA
verrà il tempo di ricomporrele cicatrici di onde incupite,quando la schiuma ribelleche sempre s’imbianca in un anelito d’ariasentivi, smarritanel tutto senza colori.
Cantavano lacrime le sirene della stiva,gementi alla spinta del dazio;e il tonfo di un fuscellopiù lieve faceva la tolda,più cupo il macigno nei cuori.
verrà il tempo di contareil ruvido lasciato sulla pelleda padroni senza casacche di lino,vecchie addormentate in scialli nerie silfidi ruffiane sulle motoa lambire sguardi e voglie da fredde baracche di cartone.
verrà il tempo.E sarà il giorno del Golgota al mattino,con la pietra su un lato, rotolata.
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EPPuRE
Eppure, le scarpe bagnate per gioco,ti inseguocome un bambino la neve.
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Ho SCAvAto NEI NEMBI
Ho scavato nei nembi perché il velo si sollevasse e più di ogni azzurro mi desse la promessa di un’alba.
Ho atteso, parlandoti.
Il tuo silenzio infine mi ha riempitoe ho voluto riabbracciare il giorno.
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CI SARAI tu
Ci sarai tua portarmi dove sai.
la tua presenzasaprà farmi osare:e dopo la parola lo sguardo mi si solleverà.
Nel viso troverò frammenti di povere allegrezze inusitate:il plaid di lana,il bavero non troppo consumato, le Diana blu, la bic col gas raccattata quasi nuova per la strada.
E intanto che camminostringo il pugnoper non lasciarti andare.
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PIXEl
“è IN ARRIvo Al SECoNDo BINARIo...”
lontano, i rumori non vogliono perdersi ancorae intanto, tra poco, la notte. Raccolgo un pezzo di pane:il tuo caldo silenzio,una piega sul viso,(...alsecondobinariol’espresso...)una lacrima appena segnata di rimmel(inarrivoalsecondobinario...)in un lindo quadrato che accocco.
Avrà fame il mio cuore, mi dico.Avrà fame comunque, mi dico.
(da Cocci 1977)51
RIlEGGENDo CoCCi*
Straniata sorella,la storia stridevala rabbia di sempre;ma un canto, brusiodi insetto noioso,talvolta riempivale crepe di maltatra i platani spogli.
Dalla 90si aprivano nudi sentieri,senza scarti né ipotesi;la nebbia, le case a ringhiera,le insegne di sera, i lampioni.
Solo una causa efficiente, un dolo lasciato a guarire,solo un’acerba ferita bambina.
[...luglio, gli Alburni, una mano lontana...]
[1996]
*raccolta di poesie del 197752
lA GIACCA
I
Sapeva di tabacco e di benzina quando decidemmo di liberarlo il quasi reliquario da santuario con le maglie scolorite, il calzoneimbalsamato e quella giacca.
Nella tasca qualche filo bruno,la rollata vela rossa – Monop... di Stat... –e le schegge minuscole, taglienti, di fiale da tempo evaporate.
te l’aveva data il dottore, la giacca.– Brava persona; per bene. Anche se votava DC.Contini? Sì, si chiamava Contini...Un colpo al cuore malato!... Nemmeno il tempo di prenderle le sue medicine!
Ma il grumo rattorto era tuo. lui fumava Muratti; tu l’Alfa.
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II
E poi lo scrigno del pacchetto vuoto, nella tasca all’interno, sopra il cuore:il guscio slabbrato del tuo vizio,l’innocente peccato capitale.
volli comprarle quando ebbi l’età per fingermi più grande.
o fu come scartare in un regaloun po’ di te, nascosto nel tuo fumo.
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FoRSE ERA Il SoNNo
Forse era il sonno dei tuoi occhi chiusia balbettarmi cose;però non ebbi forza di parlarti.E l’ultima domanda mi rimasesull’arco delle labbra.
Con te in attesa di un don benedicente,le mani in croce, stesa sul divano,guardavo indifferente, come a niente,quei fili sottilissimi del capo,
le scarpe deformate dall’usura,le calze corte di lana riciclataquell’angolo di casa a te stranieracon tutta la tua vita accatastata.
Da quando il cuore s’era fatto rocciache non sentiva il vuoto e la distanza?o l’ocra del silenzio era la schiumadel mare addormentato nella sabbia?
Ch’era smarrito lo compresi appenaquando mi ricordai che ti chiamava– l’avevi detto tu, io no, non c’ero –la Candiduccia sua... Ed ebbi pena.
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Di te, di lui, di me e di quel ghiaccioche avrei voluto trasformare in pianto;per il grembiule a fiori provenzale,per quella voglia di dormirti accanto.
Nel caldo, da finestrini giù e onde popdi chi tamburellandolasciava scivolare dal volanteun ghigno bieco all’andatura lenta,andammo.E immaginaiun coro di vestali,cicale senza mirto e senza pallio,prefiche da poco,dozzinali,che fosse un po’ per te, per te un mio canto.
Ma c’era un velo opaco sull’asfaltoe “Radioitalia solomusicaitaliana”ad inventareun confuso miraggio arcobaleno popolare.
E ti lasciai soltantolo stropicciato di un bocciolo,un salmo breve, un niente,un piccolo, misero tesoro.
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NINFEE
Ai tuoi occhi stagnanti ninfeeferite dal lancio distratto di sassirivelano artigli furiosiin questa infetta primavera.
Ma a un ostinato di rose e di roviai lati della casamatta,là dove tra i muri rappresoè il grido di iena implorante nel rumore di castagnolee olezza indecentel’acre di un blasfemo disamore,quel gioco non lascia che qualche foglia cadere.
S’adagiano altre larve dormienti sul fondo melmoso.
Da verdi ninfee, disteso nel limo,raccogli gli antichi colori.
Saresti stato pittore se un giorno, quel giorno, con gli altri...
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PIXEl
... è il senso,l’apostrofo,il punto e l’accapo,il lungo crinale,l’opaco,il denso di un labile limes:l’uscio di legno marcitolà dove cespi raccolgono brinae molli i fili d’erba si flettonoalle punte del bimbo che spia.
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PRovvISoRIE CoNCluSIoNI
Già più non mi appartienela voce che naviga la mente e sulle labbrasi fa segno di china o di burrone.
Non mi sono più le mie parole.
è questo il saldo,l’ipotesi che salva ogni vagito;la favola del dire che resiste.
C’era una volta... E dico.
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DoMEStICHE
vINtAGE
Come fogli di vecchi giornalile foto di viaggio ingiallite:lulù tra le braccia, bruttina...
– “Non è vero”, dicevi ridendo,“ha soli tre mesi, è piccina...” –
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zuPè
... Poi arrivò la televisione.
quelliin-da-ga-ro-noson-da-ro-noa-na-lizzaro-no
velocigli influssi astrali marini tellurici;le cave, le acque, le fosse.
ondeggiarono le palme, i banani,scoprendo gli ulivi; dove centauri nani dagli zoccoli in tinta raccolsero gemiti acuti di fronde.
Effluvi riflessi sull’acqua di porpora acida invasero i sensi.
quelli cantarono: zu-pé ...zu-u-pé ... – eco – éééééé...zu-u-u-pé ... – sssssshhh... poi eco – éééééé...
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Durò quel miracolo eterno almeno un minuto.Poi zupé sparì alla vista,uscendo dall’angolo acuto.
Rimase, però, più a lungo di un’ora – si dice –nelle menti sedute, in attesa– era Agosto –di pace e meloni.
Nel tulle dorato, zupé cullò per un giro di stelleninfe ammaliate dal canto. Poi...
Con l’indice fermo alle labbraa dire “Silenzio!”, alzi le spalle col capo inclinato:– Ancora, raccontala ancora,che non ho paura;ormai sono grande,di anni ne ho quasi così... –
E lanci la piccola mano nell’ariacome ala distesa a planare.
[per lulù 1990]
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Il CoRMoRANo
Nubi squassate, contortein un urlo di gelo;tumori d’aria e di morte nel cielo.
[Il petrolio nel mare di Alaskairretisce i gabbiani...e pencola il cormorano del Golfo...“te lo compro a Natale,in peluche, trudi ”. lavabile, lui, pare.]
Sulle finestre appannateda odori che scaldano dentroè trina macchiata di luce la pioggia.Si torce per strada, s’incrina...Si perde in un angolo nero.
vi guazzi ignara, Alice,sicuranei tuoi stivali rossi.
[per lulù 1991]
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CREMA GElAto
Abbiamo dipinto la stanza di rosae alla fine vi hai aggiuntoi tuoi simboli maia:il nuovo che deve arrivare.
Ho girato, girato la cosache sembrava una crema gelato:fragola, panna e un tantino di more...
Mi hai detto ridendo:“Mi spiace se non avremo Natale!”
[per lulù luglio 2010]
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INCIAMPI
Come può il mio cuorenon essere felice del tuose batte per quello di un altro– è normale ed è giusto –e che ora– tu credi da sempre; e tu, certo, lo giuri: “per sempre” –risuona– riassunto di carta, romanzo già letto –come traccia invisibile– appena più opaca di un’eco –di un mio vecchio vinile.
Ma il tuo non stride:ti squilla sorrisi e porte nel cielo.
Riuscire a giocare,almeno una volta,con still e rewind!
[per lulù 2010]
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ANNINA
... se è vero che sei la mia metà, dimmidov’è la virgola, il punto, l’accento,il tratto di penna;dove il barattolo dei lapis,l’incognitaper l’effetto taumaturgico sull’anima.Dimmi, se...
tu cuoci, tu lavi e mi stiri le calze.A volte ancora rammendiperché non è giusto sprecare!Fai il pane nel forno, in cucina,ogni tantoper darmi il sapore che inseguoe poi t’arrabatti coi restiper luna e Mirò che da semprehanno saputo capire.
Ma dimmi, se sei la mia metà,dov’è la virgola, il punto, la parola...
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PRoMESSA
Non passerai come un quadro da museo,l’insegna di un motelin autostrada...
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Nota su Emilio Di Stefano
Emilio Di Stefano è nato a Eboli (SA) nel 1953. Risiede dal1976 in provincia di Como. laureato, con lode, alla facoltà diMagistero di Salerno, ha insegnato lettere in una Scuola mediasuperiore. Autore di canzoni per bambini, ha partecipato intale veste a diverse edizioni dello zecchino d’oro. Goccia dopogoccia, Batti Cinque, È meglio Mario, il bambino terribile, Gira! Che èun girotondo..., Facile facile, Un sogno leggerissimo sono tra i suoipezzi più noti e premiati. è stato autore, inoltre, di programmiradiofonici (per “Radio baby” Milano) destinati al mondodell’infanzia. Suoi pezzi – musicati dal maestro Franco Fasanocon cui collabora in maniera quasi esclusiva – sono stati cantatida Mina (Matrioska) e Franco Califano (Fiore di campo diprimavera). Di recente ha collaborato con il maestro MarcoIardella.
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INDICE
Prefazione di Ludovica Cantarutti 7PRovvISoRIE CoNCluSIoNI
Coquelicots 11la giostra 13Ai piedi dell’azalea 14l’erpice 15Spero in un inciampo del silenzio 17verde smeraldo 18Mail 19Betulle 20lunettes 21Dettagli 23Dunque 24la pipa e l’alambicco 25trecento chilometri l’ora 26Stasera 27la settimana 29le case all’Avana 30luna 31tourbillon 32le perfette catalogazioni 33le campanelle 34Mattino 35Briciole 36A lei che cammina 37lievito madre 38I bocci 39
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Gennaio 40C’eri 42vaticini 43Golgota 45Eppure 46Ho scavato nei nembi 47Ci sarai tu 48PIXEl
“è in arrivo al secondo binario...” 51Rileggendo Cocci 52la giacca 53Forse era il sonno 55Ninfee 57Pixel 58Provvisorie conclusioni 59DoMEStICHE
vintage 63zupè 64Il cormorano 66Crema gelato 67Inciampi 68Annina 69Promessa 70Nota su Emilio Di Stefano 72
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SAMuElE EDItoREmarzo 2015
CollANA
I PoetI dI Pordenone, PoesIa del novecento
1. Antologia, Ettore Busetto/umberto Grizzo (prefazione dell’Editore)2. Antologia, Arrigo Bongiorno (prefazione di luigi Bongiorno)3. Antologia, vincenzo Bòsari (prefazione di ludovica Cantarutti)4. Antologia, Giacomo Botteri (prefazione di Mariangela Modolo)5. Antologia, ludovica Cantarutti (prefazione di Carmen lasorella)6. Antologia, Gianni Di Fusco (prefazione di Giorgio Bàrberi Squarotti)7. Antologia, Pieraldo Marasi (prefazione di Alvaro Cardin)8. Antologia, Mario Momi/luigi Molinis/Maria Pina la Marca
(prefazione di Alessandra Santin)9. Antologia, Maria Francesco Di Bernardo Amato/luigi Natale
(prefazione di Marina Giovannelli)10. Antologia, Gli Altri (prefazione dell’Editore)
CollANA scIlla
1. Minatori, Dario De Nardin (prefazione di Gianmario villalta)2. Canti metropolitani, Rossella luongo (prefazione di Paolo Ruffilli)3. Testamento d’amore, Daniele Chiarello (prefazione dell’Editore)4. Accordi nel silenzio, Wilma venerus Ninotti (prefazione di vania Russo)5. il giardino persiano, Arnold de vos (nota autografa di Manlio Sgalambro)6. La pioggia incisa, Federico Rossignoli (prefazione di Gianni Nuti)
FINAlIStA Al PREMIo CAMAIoRE-PRoPoStA 20107. Canzoniere inutile, Alessandro Canzian (prefazione di Elio Pecora)8. La gravità della soglia, Roberto Cescon (prefazione di Maurizio Cucchi)9. Paesaggi di tempo, Maria luigia longo (poesia autografa di umberto
Piersanti e nota dell’Editore)10. Stagliamento, Arnold de vos (saggio introduttivo di luca Baldoni)
FINAlIStA Al PREMIo AlFoNSo GAtto 2010, 11. L’amore del giglio, Natasha Bondarenko, Alejandra Craules Bretòn, Nabil
Mada, Patrick Williamson, Domenico Cipriano (prefazione di Maria luisa Spaziani)
12. La voce dei padri, Alberto trentin (prefazione di Franca Bacchiega)
13. L’ombra turchese, Gabriella Battistin (prefazione dell’Editore)14. Fulmini e cotone, Alvaro vallar (prefazione di Giacomo vit)15. L’obliquo, Arnold de vos (con un racconto dell’autore)16. il canto della terra, Maria Grazia Calandrone, Carla De Bellis, Gabriela
Fantato, Sonia Gentili, Maria Inversi, Gabriella Musetti, Rossella Renzi, Isabella vincentini (pref. di Willi Pfeistlinger)
17. il destino dei mesi, Nicola Riva (prefazione di Davide Rondoni)18. Le felicità, Guido Cupani (prefazione di Giulia Rusconi)19. Verdi anni, Sandro Pecchiari (prefazione di Roberto Benedetti)20. A lonely pop heart, Andrea Roselletti (prefazione di Giuseppe Moscati)
PREMIo CINquE tERRE - GolFo DEI PoEtI - SIRIo GuERRIERI 2013tERzo PREMIo SAN DoMENICHINo 2013
21. Terra altrui, Natalia Bondarenko (prefazione di Katia longinotti)22. il negozio delle lacrime usate, Sergio Serraiotto
(prefazione di Caterina Rea Furlan)23. istanti, loredana Marano (prefazione dell’Editore)24. Semplice complesso, Rosanna Cracco (prefazione di Claudio Morotti)25. Di tanto in vita, Enza Armiento (prefazione di Salvatore Spoto)26. il libro della memoria e dell’oblio, Marina Giovannelli
(prefazione di Antonella Sbuelz)27. Malascesa, Erminio Alberti (prefazione di Maria Grazia Calandrone)
PREMIo CAMAIoRE PRoPoStA 2013, PREMIo GozzANo GIovANI 201428. Tutto il bene che ci resta, AAvv - con sei poesie di Franco Buffoni
(prefazioni di Roberto vecchioni e Francesco tomada)29. Nel santuario, Patrick Williamson (prefazione di Anne talvaz)
FINAlIStA Al PREMIo CAMAIoRE SPECIAlE 2013, MENzIoNE SPECIAlE
Al PREMIo GozzANo 201430. il tempo rubato, Maria Milena Priviero (prefazione di Angela Felice)31. Teoria del pirata, Riccardo Raimondo (prefazione di Giorgio Bàrberi
Squarotti)32. Disillusioni felici, Sara Albarello (prefazione di Giuseppe vetromile)33. Al ritmo di putipù, Renato Gorgoni (prefazione di Emilio Isgrò)34. Le svelte radici, Sandro Pecchiari (prefazione di Mary Barbara tolusso)35. Primo fiore, luca Francescato (prefazione dell’Editore)36. Riflessi condizionati, Nicola Simoncini (prefazione di Federico Rossignoli)37. Venti, Nguyen Chi trung (prefazione di zingonia zingone,
postfazione di Anna lombardo)
38. i soli(ti) accordi, Carla vettorello (prefazione di Maria Milena Priviero)39. Cossa vustu che te diga, Giacomo Sandron (prefazione di Fabio Franzin)40. Gifted/Beneficato, Patrick Williamson (prefazione di Guido Cupani)41. Provvisorie conclusioni, Emilio Di Stefano (prefazione di ludovica Cantarutti)
CollANA scIlla I MaestrI
1. L’azzurro della speranza, Giorgio Bàrberi Squarotti vINCItoRE DEl PREMIo SAtuRo D’ARGENto 2012
FuorI collana
1. Rose in versi, Maurizio Cucchi, vivian lamarque, Paola loreto, Elio Pecora, umberto Piersanti, Silvio Ramat, Paolo Ruffilli, Maria luisa Spaziani(disegno introduttivo di Catalina lungu)
2. Cronaca d’una solitudine/Una sola voglia, Alessandro Canzian, Federico Rossignoli, in copertina una sanguigna su carta, 1920-1926, di Carlo Sbisà
3. Premio Nazionale di Poesia Mario Momi 2011, testi finalisti 4. Luceafarul, Alessandro Canzian (prefazione di Sonia Gentili)5. Degli amorosi respiri, ludovica Cantarutti6. i territori dell’uomo, Cesco Magnolato, Dino Facchinetti, Sergio De Giusti
Catalogo della Mostra 2-30 marzo 2013, Maniago (Pn) con scritti di ludovica Cantarutti, Marina Giovannelli, Alessandro Canzian
7. Equazione d’amore, Rosanna Cracco (prefazione di Giacomo Scotti)FINAlIStA Al PREMIo lEANDRo PolvERINI 2013
8. internationa Poetry Paublishing House 2014, AAvv (libriccino di presentazione della casa al New York City Poetry Festival 2014)
9. Nella gioia del corpo abitato, Carla vettorello, Federico Rossignoli, Alejandra Craules Bretòn
