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Appunti integrativi del corso di Complementi di Metodi Matematici per la Fisica tenuto dal prof. Stefano Sciuto nell’ A.A. 2010/2011

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Appunti integrativi del corso di

Complementi di MetodiMatematici per la Fisica

tenuto dal prof. Stefano Sciuto nell’ A.A. 2010/2011

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Indice

1 Equazioni alle derivate parziali quasi lineari del I ordine, in duevariabili indipendenti 11.1 Curva iniziale e problema di Cauchy . . . . . . . . . . . . . . . . 2

1.1.1 Esempio 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61.1.2 Esempio 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91.1.3 Esempio 3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

1.2 L’equazione di Burgers non viscosa . . . . . . . . . . . . . . . . . 131.2.1 Scelta di condizioni iniziali particolarmente semplici . . . 161.2.2 Scelta di altre condizioni iniziali, che portano all’urto . . 171.2.3 Il problema di Riemann . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 181.2.4 Considerazioni generali sull’urto nell’equazione di Burgers 20

1.3 Soluzione generale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 221.3.1 Di nuovo sul problema di Cauchy . . . . . . . . . . . . . . 231.3.2 4 esempi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24

1.4 Ancora sulle caratteristiche, in vista delle equazioni del II ordine 28

2 Equazioni alle derivate parziali quasi lineari del I ordine, in nvariabili indipendenti 312.1 (Iper)superficie iniziale e problema di Cauchy . . . . . . . . . . . 32

2.1.1 Un esempio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 342.2 Soluzione generale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36

2.2.1 Un esempio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36

3 Sistemi di equazioni alle derivate parziali quasi lineari del Iordine, in due variabili indipendenti 37

4 Equazioni alle derivate parziali quasi lineari del II ordine, indue variabili indipendenti 414.1 Problema di Cauchy e curve caratteristiche . . . . . . . . . . . . 41

5 ERRATA CORRIGE al cap.7 degli appunti di MMF2 on line 45

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Capitolo 1

Equazioni alle derivateparziali quasi lineari del Iordine, in due variabiliindipendenti

La piu generale equazione a derivate parziali (PDE) quasi lineare (ovvero li-neare nelle derivate di ordine piu alto) del I ordine, in due variabili indipendenti,e:

a(x, y, u) ∂xu+ b(x, y, u) ∂yu = c(x, y, u), (1.1)

dove a(x, y, u), b(x, y, u) e c(x, y, u) sono funzioni note delle variabili indipen-denti x, y e della funzione incognita u = u(x, y).

Ogni u = u(x, y) soluzione della (1.1) descrive una superficie integralenello spazio (x, y, u).

Essa puo anche essere descritta in forma implicita1 come U(x, y, u) = 0.Usando l’espressione delle derivate di funzioni date in forma implicita 2:

∂xu = −∂xU∂uU

, ∂yu = −∂yU∂uU

,

l’eq.(1.1) diventa:

a(x, y, u) ∂xU + b(x, y, u) ∂yU + c(x, y, u) ∂uU = 0, (1.2)

quindi lineare ed omogenea nelle derivate prime della funzione incognita U(x, y, u).

Prima di entrare nel cuore della trattazione facciamo un cenno al metodo della

Separazione delle variabili

Puo essere utile verificare anzitutto se e possibile separare le variabili: porre u(x, y) =X(x)Y (y) e vedere se i coefficienti a(x, y, u), b(x, y, u) e c(x, y, u) permettono di scriverel’equazione che ne segue:

a(x, y,XY )

X

dX

dx+b(x, y,XY )

Y

dY

dy=c(x, y,XY )

XY,

1Anzi questa e la forma piu generale, che permette di descrivere anche il caso in cui ad unacoppia (x, y) corrispondano piu valori di u, come per esempio per una superficie sferica.

2Si ricavano da 0 = dU = ∂xU dx+ ∂yU dy + ∂uU du, ponendo rispettivamente dy = 0e dx = 0. Come al solito, l’analisi dimensionale aiuta la memoria.

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nella forma di un primo membro dipendente solo da x, uguagliato a un secondo membrodipendente solo da y; in tal caso si uguagliano entrambi a una costante arbitraria e ci si riducea una coppia di equazioni a derivate ordinarie.

Risoltele, si trova una classe di soluzioni particolari della (1.1); se la (1.1) e lineare nellafunzione incognita u, e non solo quasi lineare, le sue soluzioni saranno combinazioni lineari(generalizzate, cioe serie o integrali, se necessario) delle soluzioni particolari trovate.

Questo metodo e molto utile per i problemi agli autovalori di operatori lineari (per esempio

in Meccanica Quantistica), ma serve molto meno quando si debba affrontare il problema di

Cauchy, che e quello che piu ci interessa qui.

Nel seguito ci concentreremo quindi sul metodo delle caratteristiche.Ne esistono due versioni, a seconda se si cerchi la soluzione particolare

passante per una curva iniziale data (problema di Cauchy), oppure se sicerchi la soluzione generale, che dipende da una funzione arbitraria (questageneralizza la dipendenza da n costanti arbitrarie, propria delle equazioni aderivate ordinarie di ordine n).

1.1 Curva iniziale e problema di Cauchy

Il problema di Cauchy consiste nel richiedere che la superficie integrale siasoluzione dell’eq.(1.1) e passi per una CURVA INIZIALE data:

Γ :

x = xΓ(s)y = yΓ(s)u = uΓ(s),

(1.3)

dove xΓ(s), yΓ(s), uΓ(s) sono funzioni differenziabili di un parametro reale s, ilcui intervallo di variazione e stabilito di volta in volta.

La proiezione sul piano (x, y) della curva Γ, descritta dalle prime due equa-zioni di (1.3):

Γ0 :

{x = xΓ(s)y = yΓ(s)

(1.4)

si chiama Curva portante i dati, i quali dati sono contenuti nella terzaequazione u = uΓ(s).

ATTENZIONE: Spesso la curva Γ e data in una forma implicita, per esempiosotto forma della CONDIZIONE INIZIALE:

u(x, f(x)) = g(x), (1.5)

con f e g funzioni note e x in un intervallo prefissato.In tal caso, per evitare di confondersi con le notazioni, conviene riportarsi

alla forma parametrica (1.3), anche se nell’esempio proposto cio consiste sempli-cemente nell’identificare la coordinata x con il parametro s, scegliendo quindi:xΓ(s) = s, yΓ(s) = f(s), uΓ(s) = g(s).

Non tutte le curve iniziali sono lecite; come mostreremo piu avanti (al passo6), perche il problema sia ben posto, ovvero perche esista una e una sola solu-zione, almeno localmente (cioe in un intorno della curva iniziale), e necessario esufficiente che su tutti i punti della curva iniziale (1.3) valga

det

∣∣∣∣ a bx′Γ(s) y′Γ(s)

∣∣∣∣ 6= 0, (1.6)

2

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dove x′Γ(s) = dxΓ(s)ds , y′Γ(s) = dyΓ(s)

ds e ovviamente i coefficienti a e b dell’equa-zione (1.1) sono calcolati in xΓ(s), yΓ(s), uΓ(s) .

Come si vedra oltre (in un commento al passo 3), cio equivale a richiedere cheper nessun valore della terna (x, y, u) la curva portante i dati sia tangente allaproiezione sul piano (x, y) della curva caratteristica passante per quel punto.

Passo 1

Verificare che la curva iniziale soddisfi l’eq.(1.6), se del caso restrin-gendo l’intervallo su cui varia il parametro s.

ATTENZIONE: Nei punti x, y, u per cui vale a(x, y, u) = b(x, y, u) = 0l’eq.(1.6) non puo mai essere soddisfatta, in qualunque modo si scelga la curvainiziale; tali punti sono detti punti singolari dell’equazione.

Passo 2

Scrivere il SISTEMA CARATTERISTICO (in forma parametrica) di 3equazioni differenziali ordinarie del I ordine accoppiate:

dx

dτ= a(x, y, u),

dy

dτ= b(x, y, u),

du

dτ= c(x, y, u), (1.7)

dove naturalmente sono funzioni del parametro reale τ anche le x, y, u da cuidipendono i coefficienti a, b, c.

Passo 3

Risolvere il sistema caratteristico trovando la famiglia di CURVE CA-RATTERISTICHE :

λ :

x = xλ(τ, c1, c2, c3)y = yλ(τ, c1, c2, c3)u = uλ(τ, c1, c2, c3),

(1.8)

dipendenti da 3 costanti arbitrarie c1, c2, c3.

Commenti al passo 3

Basta conoscere un punto di una curva caratteristica per fissarla completa-mente e quindi sapere come u evolve su di essa in funzione di x, y; ne segueche due curve caratteristiche non possono mai intersecarsi, ne autointersecarsi,salvo che eventualmente nei punti singolari dell’equazione.

Le prime due equazioni di (1.8) danno le proiezioni delle curve carat-teristiche nel piano (x, y), spesso chiamate esse stesse per brevita curve ca-ratteristiche (talvolta le indicheremo con λ0); in generale, nulla vieta che taliproiezioni possano intersecarsi, purche nel punto di intersezione i corrispondentivalori di u siano diversi.

Il sistema (1.7) mostra che in ogni punto la tangente a una curva caratteri-stica ha coseni direttori proporzionali ai coefficienti a, b, c della PDE (1.1) e ciospiega il significato della condizione (1.6).

Non esiste una ricetta universale per risolvere il sistema caratteristico; in ge-nerale si puo solo dire che conviene partire da eventuali equazioni disaccoppiatedalle altre.

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CASO PARTICOLARE a).Se l’eq.(1.1) e lineare omogenea nelle derivate prime, cioe se c = 0,

si puo risolvere subito la terza equazione trovando uλ = u0 e sostituire talecostante nelle altre due equazioni al posto di u.

In questo caso particolare, e solo in questo, u e costante su ogni lineacaratteristica; si possono allora etichettare le proiezioni delle curve caratteristi-che nel piano (x, y) con il corrispondente valore di u; questo sara molto utileper esempio nello studio dell’equazione di Burgers.

CASO PARTICOLARE b).Se entrambi i coefficienti a, b dell’equazione non dipendono da u, le (proiezio-

ni delle) curve caratteristiche nel piano (x, y) sono a loro volta indipendenti dau e possono essere disegnate una volta per tutte prescindendo da u. In questocaso particolare anche le proiezioni delle curve caratteristiche nel piano (x, y)non possono mai intersecarsi, ne autointersecarsi, salvo che eventualmente neipunti singolari dell’equazione, dove la loro tangente non e definita.

ATTENZIONE: i casi particolari a) e b) sono del tutto indipendenti; peruna data PDE, possono verificarsi entrambi, oppure solo uno dei due, o nessunodei due.

Le curve caratteristiche sono di fondamentale importanza perchela loro conoscenza permette di risolvere completamente le PDE del Iordine3.

Infatti e facile dimostrare il seguente:

TEOREMA: ogni curva caratteristica giace completamente su unasuperficie integrale.

DIMOSTRAZIONE: Se a partire da un punto arbitrario mi muovo su unasuperficie u = u(x, y), gli incrementi saranno legati da:

du = ∂xu dx + ∂yu dy.

Se a partire dallo stesso punto mi muovo su una curva caratteristica, gliincrementi saranno dati da:

du = c dτ, dx = a dτ, dy = b dτ.

Sostituendo nella prima equazione, si ottiene un’identita se e solo se u =u(x, y) soddisfa la PDE (1.1) e quindi e una superficie integrale.

q.e.d.

Ne segue che per trovare la superficie integrale della PDE (1.1)che passa per la curva iniziale Γ basta collezionare tutte le curvecaratteristiche che passano per Γ.

Passo 4

Fissare le costanti arbitrarie c1, c2, c3 imponendo che i punti delle curvecaratteristiche individuati da τ = 0 giacciano sulla curva iniziale Γ.

Simbolicamente, a scopo mnemonico: λ(τ = 0) = Γ.

3Vedremo che cio non succede per le equazioni di ordine superiore.

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Piu precisamente: risolvere il sistema di 3 equazioni

λ(τ = 0) = Γ :

xλ(0, c1, c2, c3) = xΓ(s),yλ(0, c1, c2, c3) = yΓ(s),uλ(0, c1, c2, c3) = uΓ(s),

(1.9)

nelle 3 incognite c1, c2, c3, esprimendole cosı tutte in funzione dell’unico pa-rametro s; cio significa che per ogni punto della curva iniziale (cioe per ognivalore di s) abbiamo individuato la curva caratteristica che vi passa, fissando lecorrispondenti costanti arbitrarie c1(s), c2(s), c3(s).

ATTENZIONE: Il parametro τ e del tutto superfluo per descrivere le carat-teristiche; il suo valore serve solo a dirci in quale punto siamo di ogni caratte-ristica; non cambierebbe nulla se anziche il parametro τ usassimo il parametroτ ′ = f(τ), con f(τ) qualsiasi funzione derivabile e invertibile; in particolare pos-siamo fissare il punto τ = 0 dove ci pare; l’utilita del parametro τ sta in questoPasso 4, con la scelta di fissare τ = 0 proprio nel punto in cui le caratteristicheche ci interessano intersecano la curva iniziale.

ATTENZIONE: La condizione (1.6) garantisce che localmente la curvainiziale individua in modo univoco un insieme di caratteristiche che spazzano unasuperficie integrale. Bisogna pero assicurarsi caso per caso che cio sia vero ancheglobalmente, bisogna cioe controllare che nessuna proiezione di caratteristicasul piano (x, t) incontri la curva portante i dati piu di una volta; se ci fossero duepunti di intersezione (x1, y1) e (x2, y2), il valore di u in (x1, y1) determinerebbeil valore di u su tutta la corrispondente caratteristica, in particolare in (x2, y2);quindi non sarebbe lecito fissare arbitrariamente il dato u(x2, y2).

Passo 5

Tra le∞2 caratteristiche4 selezionamo le∞1 che passano per la curva inizia-le, sostituendo le costanti arbitrarie presenti nell’eq.(1.8) con le funzioni c1(s),c2(s), c3(s); si ottiene cosı la superficie integrale in forma parametrica:

S :

x = xS(τ, s)y = yS(τ, s)u = uS(τ, s),

(1.10)

Commenti al passo 5

1) Con un po’ di ginnastica sulle derivate delle funzioni date in forma im-plicita, lo studente puo facilmente verificare che effettivamente la u = u(x, y)che segue dalla (1.10) soddisfa all’equazione (1.1); verificare che soddisfa allecondizioni iniziali (1.3) e invece immediato.

2) Le prime due equazioni di (1.10) descrivono la proiezione nel piano (x, y)della famiglia di caratteristiche che ci interessa: s individua la caratteristica eτ il punto su di essa; fissati x e y uno puo graficamente individuare la (o le)proiezioni delle caratteristiche che passano per quel punto e quindi i relativi s eτ ; infine, sostituendo nella terza equazione di (1.10) ottenere il corrispondentevalore di u(x, y), risolvendo cosı esplicitamente l’equazione.

Questo e formalmente fatto nel prossimo passo.

4Le costanti arbitrarie sono 3, ma fissano non solo le caratteristiche ma anche la posizionesu di esse.

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Passo 6

La soluzione u = u(x, y) in forma esplicita si ottiene infine ricavando iparametri τ e s in funzione di x e y dalle prime due equazioni della (1.10) esostituendoli nella terza.

Cio e possibile se e solo se il relativo Jacobiano non si annulla, cioe se:

d(xS , yS)

d(τ, s)= det

∣∣∣∣ ∂τxS ∂τyS∂sxS ∂syS

∣∣∣∣ 6= 0;

per la proporzionalita fra la coppia (∂τxS = ∂τxλ, ∂τyS = ∂τyλ) e la coppia(a, b), stabilita dalle equazioni delle caratteristiche (1.7), cio succede se e solose e soddisfatta la condizione (1.6)5 .

Commento al passo 6

Nel caso particolare a), la funzione incognita u rimane costante sulla carat-teristica, quindi la terza equazione di (1.10) e u = uS(s); per trovare u = u(x, y)in forma esplicita, basta ricavare s dalle prime due equazioni di (1.10), senzapreoccuparsi di τ .

Passo 7

VERIFICAVerificare che la soluzione u = u(x, y) cosı trovataa) sostituita nell’equazione (1.1) la renda un’identita,b) passi per la curva iniziale Γ, nella forma di eq.(1.3) o di eq.(1.5), ovvero

uΓ = u(xΓ, yΓ), oppure uΓ(xΓ, f(xΓ)) = g(xΓ), sia un’identita.

1.1.1 Esempio 1

Consideriamo l’equazione:

−y ∂xu+ x ∂yu = 0. (1.11)

Prima osservazione: Il punto x = y = 0 e un punto singolare (sul piano(x, y), qualunque sia il valore di u, ed e l’unico.

CONDIZIONE INIZIALE:

u(x, 0) = g(x), (1.12)

con g(x) funzione nota; preciseremo dopo l’intervallo in cui puo variare x.

Dalla condizione iniziale segue subito la CURVA INIZIALE:

Γ :

xΓ(s) = syΓ(s) = 0uΓ(s) = g(s).

(1.13)

5In realta noi abbiamo richiesto solo che la (1.6) valga sulla curva Γ; ma e tutta latrattazione che stiamo facendo che vale solo localmente, nell’intorno di Γ.

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Ovviamente la Curva portante i dati Γ0 e l’asse x, o meglio una sua parte,come vedremo dopo; possiamo subito escludere l’origine, che e punto singolare,quindi dovremo almeno avere s 6= 0; i dati sono uΓ(s) = g(s) con g(s) nota.

Passo 1

Calcoliamo il determinante dell’eq. (1.6):

det

∣∣∣∣ a bx′Γ(s) y′Γ(s)

∣∣∣∣ = det

∣∣∣∣ −yΓ(s) xΓ(s)x′Γ(s) y′Γ(s)

∣∣∣∣ = det

∣∣∣∣ 0 s1 0

∣∣∣∣ = −s 6= 0,

e vediamo che l’eq. (1.6) e sempre soddisfatta, salvo che nel punto singolarex = s = y = 0.

Passo 2

Scriviamo il SISTEMA CARATTERISTICO di 3 equazioni differenzialiordinarie del I ordine accoppiate:

dx

dτ= −y, dy

dτ= x,

du

dτ= 0.

Passo 3

Si vede che siamo sia nel CASO PARTICOLARE a), con c = 0, che b), coni coefficienti a, b dell’equazione (1.1) indipendenti da u.

Risolvendo la terza equazione troviamo quindi subito u = u0, dove u0 e unacostante arbitraria.

La soluzione delle prime due6 si puo scrivere nella forma:

λ0 :

{x = r cos(τ − τ0)y = r sin(τ − τ0)

(1.14)

dove r > 0 e τ0 sono costanti arbitrarie; la terza e u0.

Abbiamo cosı trovato le CURVE CARATTERISTICHE (e ovviamentesottinteso che si tratta delle proiezioni sul piano (x, y)), che sono cerchi centratinell’origine, di raggio r.

Per evitare che la curva portante i dati Γ0 incontri le caratteristiche piu diuna volta, il parametro s non si puo muovere su tutto l’asse reale, ma bisognalimitarsi per esempio al semiasse positivo: s > 0; ovviamente avremmo potutoscegliere s < 0 in modo altrettanto legittimo.

Per completezza, osserviamo che, se e solo se la funzione f(x) fosse pari,ammettere qualsiasi s 6= 0 non sarebbe contradditorio, ma solo ridondante.

Passo 4

Fissiamo le costanti arbitrarie r, τ0 e u0 imponendo che i punti del-le curve caratteristiche individuati da τ = 0 giacciano sulla curva iniziale Γ:simbolicamente: λ(τ = 0) = Γ.

6Se uno non ci arriva da solo, puo seguire il metodo standard per la trattazione delleequazioni a derivate ordinarie accoppiate: basta ricavare y dalla prima equazione e sostituirenella seconda per ottenere un’equazione di secondo ordine nella sola variabile x.

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Otteniamo il sistema di 3 equazioni

λ(τ = 0) = Γ :

r cos τ0 = s,−r sin τ0 = 0,u0 = g(s),

la cui ovvia soluzione e τ0 = 0, r = s e u0 = g(s).

Passo 5

Sostituendo in eq.(1.14) otteniamo la superficie integrale in forma pa-rametrica:

S :

x = s cos τy = s sin τu = g(s)

(1.15)

Passo 6

La soluzione u = u(x, y) in forma esplicita si ottiene infine ricavando ilparametro s in funzione di x e y dalle prime due equazioni della (1.15): s =√x2 + y2 (con la radice presa con il segno +, perche abbiamo scelto s > 0)7, e

sostituendolo nella terza:

u(x, y) = g(√x2 + y2), (1.16)

Passo 7

VERIFICA

E’ evidente che la u(x, y) di (1.16) soddisfa la condizione iniziale (1.12) perx > 0.

Basta poi calcolare le due derivate parziali di u(x, y) per verificare che laequazione (1.11) e identicamente soddisfatta.

L’esempio scelto e piuttosto banale; non foss’altro che per le reminiscenze di MeccanicaQuantistica, uno dovrebbe accorgersi subito che e conveniente passare a coordinate polaripiane, in modo che l’equazione diventi ∂ϕu(r, ϕ) = 0 e la condizione iniziale u(r, 0) = g(r); intal modo la soluzione diventa ovvia.

Si puo anche usare il metodo della separazione delle variabili, ma questo e proprio innatu-

rale, perche nasconde la simmetria presente nel problema (enfatizza le coordinate cartesiane

a scapito delle polari); se uno insiste, trova la soluzione particolare u(x, y) = exp[c(x2 + y2)]

con c arbitraria; moltiplicando per una C(c) opportuna e integrando su c, uno puo ottenere

una generica funzione di r, ma non e certo il modo piu furbo.

7potremmo anche ricavare τ , ma in questo caso non ci serve.

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1.1.2 Esempio 2

Consideriamo l’equazione:

y ∂xu+ x ∂yu = u. (1.17)

piuttosto simile a quella dell’esempio precedente; per comodita del lettore ri-porteremo nuovamente tutti i passaggi, a costo di ripeterci.

Prima osservazione: Il punto x = y = 0 e un punto singolare (sul piano(x, y), qualunque sia il valore di u, ed e l’unico.

CONDIZIONE INIZIALE:

u(x, 0) = g(x), (1.18)

con g(x) funzione nota.

Dalla condizione iniziale segue subito la CURVA INIZIALE:

Γ :

xΓ(s) = syΓ(s) = 0uΓ(s) = g(s).

Ovviamente la Curva portante i dati Γ0 e l’asse x, da cui dobbiamoescludere l’origine, che e punto singolare; quindi dovremo avere s 6= 0; i datisono uΓ(s) = g(s) con g(s) nota.

Passo 1

Calcoliamo il determinante dell’eq. (1.6) e:

det

∣∣∣∣ a bx′Γ(s) y′Γ(s)

∣∣∣∣ = det

∣∣∣∣ yΓ(s) xΓ(s)x′Γ(s) y′Γ(s)

∣∣∣∣ = det

∣∣∣∣ 0 s1 0

∣∣∣∣ = −s 6= 0,

e vediamo che l’eq. (1.6) e sempre soddisfatta, salvo che nel punto singolarex = s = y = 0.

Passo 2

Scriviamo il SISTEMA CARATTERISTICO di 3 equazioni differenzialiordinarie del I ordine accoppiate:

dx

dτ= y,

dy

dτ= x,

du

dτ= u.

Passo 3

Si vede che siamo nel CASO PARTICOLARE b), con i coefficienti a, bdell’equazione indipendenti da u, ma non nel caso a), perche il coefficiente cdell’eq.(1.1) e diverso da zero.

Risolvendo la terza equazione, che non e accoppiata alle altre, troviamosubito

u = Aeτ , (1.19)

dove A e una costante arbitraria.

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La soluzione delle prime due8 si puo scrivere nella forma:

λ′0 :

{x = r cosh(τ − τ0)y = r sinh(τ − τ0)

(1.20)

nella regione |x| > |y|, e nella forma:

λ′′0 :

{x = r sinh(τ − τ0)y = r cosh(τ − τ0)

(1.21)

nella regione |x| < |y|, dove r, che stavolta puo essere positivo o negativo, e τ0sono costanti arbitrarie.

Abbiamo cosı trovato le CURVE CARATTERISTICHE (e ovviamentesottinteso che si tratta delle proiezioni sul piano (x, y)), che sono iperboli conl’origine come centro, l’asse x e y rispettivamente come asse focale e le rettey = ±x come asintoti; queste rette (piu precisamente le 4 semirette uscenti dalpunto singolare x = y = 0) sono a loro volta linee caratteristiche (per pignoleria,possiamo parametrizzare anche loro con y = ±x = ceτ , con c costante arbitraria,positiva o negativa).

ATTENZIONE: dal punto di vista globale la situazione e qui molto diversadall’esempio precedente: la curva portante i dati (ovvero l’asse x, origine esclusa)incontra le caratteristiche una sola volta, ma solo le λ′0; quindi la soluzione chetroveremo varra solo nella regione |x| > |y| e non ci dira assolutamente nulladi u(x, y) nella regione |x| ≤ |y|; ovviamente in modo altrettanto legittimoavremmo potuto scegliere l’asse y come curva portante i dati e allora avremmotrovato una soluzione valida nella regione |x| < |y|.

Per trovare una soluzione valida in tutto il piano (x, y), dovremmo scegliereuna curva portante i dati che incroci tutte le caratteristiche una e una solavolta; per esempio, l’unione degli assi x e y, origine esclusa, va quasi bene,perche rimangono escluse solo le caratteristiche degeneri y = ±x.

Passo 4

Fissiamo le costanti arbitrarie r, τ0 e A imponendo che i punti del-le curve caratteristiche individuati da τ = 0 giacciano sulla curva iniziale Γ:simbolicamente: λ(τ = 0) = Γ.

Otteniamo il sistema di 3 equazioni

λ(τ = 0) = Γ :

r cosh τ0 = s,r sinh τ0 = 0,A = g(s),

la cui ovvia soluzione e τ0 = 0, r = s e A = g(s).

Passo 5

Sostituendo in eq.(1.20) e eq.(1.19) otteniamo la superficie integrale informa parametrica:

8Come nell’esempio precedente, per arrivarci si puo seguire il metodo standard per la trat-tazione delle equazioni a derivate ordinarie accoppiate: basta ricavare y dalla prima equazionee sostituire nella seconda per ottenere un equazione di secondo ordine nella sola variabile x.

10

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S :

x = s cosh τy = s sinh τu = g(s)eτ

(1.22)

Passo 6

La soluzione u = u(x, y) in forma esplicita si ottiene infine ricavando ilparametro s e il parametro τ , o meglio eτ , in funzione di x e y dalle prime dueequazioni della (1.22)9:

s = sgn(x)√x2 − y2, eτ = sgn(x)

x+ y√x2 − y2

=|x+ y|√x2 − y2

,

e sostituendoli nella terza; si ottiene cosı, naturalmente solo nella regione |x| >|y|:

u(x, y) = g[sgn(x)

√x2 − y2

] |x+ y|√x2 − y2

= g[sgn(x)

√x2 − y2

] √x+ y

x− y.

(1.23)Per esempio, per g(x) = x2 si ha:

u(x, y) = |x+ y|√x2 − y2,

mentre per g(x) = x3 si ha:

u(x, y) = (x+ y)(x2 − y2)

e cosı via.

Passo 7

VERIFICAE’ evidente che la u(x, y) di (1.23) soddisfa la condizione iniziale (1.18).Basta poi calcolare le due derivate parziali di u(x, y) per verificare che la

equazione (1.17) e identicamente soddisfatta.

1.1.3 Esempio 3

Consideriamo l’equazione:

(x+ u) ∂xu+ (y + u) ∂yu = u. (1.24)

Prima osservazione: C’e una linea di punti singolari, dipendenti da u,individuati dalle equazioni x+ u = y + u = 0, ovvero x = y = −u.

CONDIZIONE INIZIALE:

u(x, x+ 7) = 3. (1.25)

9Il segno ± davanti alla radice e scelto in modo che, per y = 0, si abbia s = x sia per xpositivo che negativo, e non s = |x| come ci direbbe la convenzione usuale per cui una radicedi un numero positivo e presa con il segno +.

11

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Dalla condizione iniziale segue subito la CURVA INIZIALE:

Γ :

xΓ(s) = syΓ(s) = s+ 7uΓ(s) = 3.

La Curva portante i dati e quindi la retta y = x + 7, che non passa daalcun punto singolare.

Passo 1

Il determinante nell’eq. (1.6) e:

det

∣∣∣∣ a bx′Γ(s) y′Γ(s)

∣∣∣∣ = det

∣∣∣∣ xΓ + uΓ yΓ + uΓ

x′Γ(s) y′Γ(s)

∣∣∣∣ = det

∣∣∣∣ s+ 3 s+ 101 1

∣∣∣∣ = −7,

e vediamo che l’eq. (1.6) e sempre soddisfatta.

Passo 2

Scriviamo il SISTEMA CARATTERISTICO di 3 equazioni differenzialiordinarie del I ordine accoppiate:

dx

dτ= x+ u,

dy

dτ= y + u,

du

dτ= u.

Passo 3

Si vede che non siamo ne nel caso particolare a) ne in quello b).Risolvendo la terza equazione, che non e accoppiata alle altre, troviamo

subitou = Aeτ , (1.26)

dove A e una costante arbitraria.Inserendo l’espressione di u appena trovata nelle prime due equazioni, an-

ch’esse si disaccoppiano e diventano facilmente risolubili; si trova:

λ0 :

{x = (Aτ +B)eτ ,y = (Aτ + C)eτ ,

(1.27)

dove B e C sono altre due costanti arbitrarie.

Abbiamo cosı trovato le CURVE CARATTERISTICHE, che non sonocurve note; usando Mathematica lo studente puo visualizzarne qualcuna e vederecome si muovono al variare delle costanti A,B,C.

Passo 4

Fissiamo le costanti arbitrarie A,B,C imponendo che i punti delle curvecaratteristiche individuati da τ = 0 giacciano sulla curva iniziale Γ; otteniamo:

λ(τ = 0) = Γ :

B = s,C = s+ 7,A = 3.

12

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Passo 5

Sostituendo in eq.(1.27) e eq.(1.26) otteniamo la superficie integrale informa parametrica:

λ0 :

x = (3τ + s)eτ ,y = (3τ + s+ 7)eτ ,u = 3eτ

(1.28)

Passo 6

La soluzione u = u(x, y) in forma esplicita si ottiene infine ricavando eτ

in funzione di x e y sottraendo fra loro le prime due equazioni della (1.28)10 esostituendolo nella terza; si ottiene cosı:

u(x, y) =3(y − x)

7. (1.29)

Passo 7

VERIFICAE’ evidente che la u(x, y) di (1.29) soddisfa la condizione iniziale (1.25).Basta poi calcolare le due derivate parziali di u(x, y) per verificare che anche

la equazione (1.24) e identicamente soddisfatta.

1.2 L’equazione di Burgers non viscosa

Come ultimo esempio11 consideriamo l’equazione di Burgers non viscosa

u ∂xu+ ∂tu = 0. (1.30)

che rappresenta il moto unidimensionale di un fluido non viscoso, non soggetto aforze esterne, con velocita u(x, t); ovviamente eq.(1.30) e equivalente a du/dt = 0e quindi, dal punto di vista sostanziale, descrive il moto rettilineo uniforme dellesingole porzioni del fluido, che pero possono avere velocita diverse da punto apunto. La descrizione locale e quindi tutt’altro che banale.

Prima osservazione: Non ci sono punti singolari.

Scegliamo la stessa CONDIZIONE INIZIALE dell’esempio 1:

u(x, 0) = g(x), (1.31)

con g(x) funzione nota; per avere un’evidente rappresentazione della situazione,conviene pensare ad un’autostrada, rettilinea, a una sola corsia e con divietodi sorpasso, con tutte le automobili (puntiformi, per essere precisi) che proce-dono a velocita costante, ma ciascuna con la sua; l’automobile che, all’istante

10Il parametro s non compare nella terza equazione e quindi non ci serve; e ovvio cheabbiamo scelto condizioni iniziali molto semplici, in particolare u costante sulla curva portantei dati, per poter risolvere l’equazione in forma chiusa.

11ma molti altri possono essere trovati su ogni testo sulle Equazioni a derivate parziali eanche negli esercizi proposti per gli esami scritti di questo corso.

13

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t = 0 si trova nel punto x ha velocita g(x) e non ha nessuna intenzione dicambiarla....salvo che vada a sbattere o sia tamponata12.

Se g(x) non e mai decrescente non ci saranno incidenti; in particolare, se inqualche intervallo g(x) e crescente, cioe le macchine che sono piu avanti sonopiu veloci, esse si allontaneranno fra loro (rarefazione). Se invece in qualcheintervallo g(x) e decrescente, cioe le macchine che stanno dietro sono piu veloci,prima o poi si arrivera all’urto.

Dalla condizione iniziale segue subito la CURVA INIZIALE:

Γ :

xΓ(s) = stΓ(s) = 0uΓ(s) = g(s).

Ovviamente la Curva portante i dati e l’asse x; i dati sono uΓ(s) = g(s)con g nota.

Passo 1

Verifichiamo che l’eq. (1.6) e soddisfatta:

det

∣∣∣∣ a bx′Γ(s) t′Γ(s)

∣∣∣∣ = det

∣∣∣∣ g(s) 11 0

∣∣∣∣ = −1,

Passo 2

Scriviamo il SISTEMA CARATTERISTICO di 3 equazioni differenzialiordinarie del I ordine accoppiate:

dx

dτ= u,

dt

dτ= 1,

du

dτ= 0.

Passo 3

Si vede che siamo nel CASO PARTICOLARE a), con u = 0, ma non in b),perche il coefficiente a = u dipende da u.

Risolvendo la seconda e la terza equazione troviamo subito

t = τ − τ0, u = u0, (1.32)

con τ0 e u0 costanti arbitrarie.Anche la prima si risolve subito, dato che l’accoppiamento alla terza e

innocuo visto che u = u0 e costante, ottenendo:

x = u0τ + x0, (1.33)

dove x0 e la terza costante arbitraria.

Abbiamo cosı trovato le CURVE CARATTERISTICHE (e ovviamentesottinteso che qui parliamo delle proiezioni sul piano (x, t)); eliminando τ fral’espressione di t e x, si vede subito che sono rette la cui pendenza e intercettodipendono da u0 e x0; poiche queste costanti sono arbitrarie, le posso sceglierecompletamente a caso e quindi riempire il piano (x, t) di tutte le rette possibili

12piu avanti calcoleremo la velocita dopo l’eventuale urto.

14

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e immaginabili, senza alcun costrutto. L’ordine verra portato dalle condizioniiniziali, che selezioneranno solo quelle di interesse per il problema dato.

Passo 4

Fissiamo le costanti arbitrarie u0, τ0 e x0 imponendo che i punti dellecurve caratteristiche individuati da τ = 0 giacciano sulla curva iniziale Γ:

Otteniamo il sistema di 3 equazioni

λ(τ = 0) = Γ :

x0 = s,τ0 = 0,u0 = g(s),

gia bell’e risolto!

Passo 5

Sostituendo in eq.(1.32) e (1.33) otteniamo la superficie integrale informa parametrica:

S :

t = τx = g(s)τ + su = g(s),

che non e altro che la collezione delle caratteristiche che passano per la curvainiziale.

Tutta l’informazione e concentrata in

x = g(s)t+ s, u = g(s), (1.34)

dove abbiamo usato la prima equazione per eliminare τ .La forma di g(s) ci dice quindi quali caratteristiche disegnare nel piano (x, t);

cio fatto, basta leggere il valore di g(s) proprio della caratteristica che passa peruna qualsiasi coppia (x, t) data13 per trovare u(x, t).

Passo 6

Senza dare una forma esplicita di g(s) non e possibile ricavare il parametros in funzione di x e t dalla prima delle due equazioni (1.34); ci si deve quindiaccontentare di una forma implicita della soluzione; la si ottiene sostituendo laseconda delle due equazioni (1.34) nella prima, in modo da ricavare s:

s = x− u(x, t)t (1.35)

e sostituendolo infine nella seconda:

u(x, t) = g[x− u(x, t)t]. (1.36)

Passo 7

VERIFICA

13con t > 0, perche in fisica le equazioni del I ordine nel tempo t ci dicono che succede nelfuturo, ma non ci permettono di leggere nel passato.

15

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E’ evidente che la u(x, t) di (1.36) soddisfa la condizione iniziale (1.31).Per completare la verifica bisogna calcolare le due derivate parziali di u(x, t);derivando la (1.36) si ottiene

∂xu = (1− t∂xu)g′, ∂tu = (−u− t∂tu)g′,

dove g′(s) = dg/ds, da cui:

∂xu(x, t) =g′(s)

1 + tg′(s), ∂tu(x, t) = − ug′(s)

1 + tg′(s), (1.37)

dove s = x − u(x, t)t e il valore a t = 0 di x sulla caratteristica che passa per(x, t).

NOTA: sostituendo le (1.37) in (1.30) si constata che essa e identicamentesoddisfatta.

1.2.1 Scelta di condizioni iniziali particolarmente semplici

u(x, 0) = g(x) =

0 x ≤ 0,vLx 0 ≤ x ≤ L,v x ≥ L.

(1.38)

con v > 0.

Con questa forma molto semplice di g(s), le eq.(1.34) del Passo 5 diventano: x = s, u = 0, s ≤ 0,x = s

Lvt+ s, u = sLv, 0 ≤ s ≤ L,

x = vt+ s, u = v, s ≥ L,(1.39)

ovvero, risolvendo rispetto a s, sempre per t ≥ 0 :s = x, x ≤ 0,s = Lx

L+vt , 0 ≤ x ≤ L+ vt,

s = x− vt, x ≥ L+ vt.

Infine, sostituendo nelle espressioni di u nella (1.39), abbiamo finalmente lasoluzione esplicita:

u(x, t) = 0, x ≤ 0,u(x, t) = vx

L+vt , 0 ≤ x ≤ L+ vt,

u(x, t) = v, x ≥ L+ vt.(1.40)

La verifica e immediata, sia delle condizioni iniziali che dell’equazione dif-ferenziale.

L’eq.(1.40) non ci dice altro che il profilo della soluzione u(x, t) al tempo t elo stesso di quello al tempo t = 0, con la distanza L sostituita da L+ vt, comeera facile immaginare pensando al significato fisico.

16

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Si realizza cosı la rarefazione; supponendo che all’istante iniziale la den-sita lineare fosse costante nell’intervallo (0, L), all’istante t > 0 la densitanell’intervallo (0, L+ vt) sara:

ρ(t) = ρ(0)L

L+ vt.

1.2.2 Scelta di altre condizioni iniziali, che portano all’ur-to

u(x, 0) = g(x) =

v x ≤ 0,L−xL v 0 ≤ x ≤ L,

0 x ≥ L,(1.41)

sempre con v > o. Queste condizioni, apparentemente molto simili alle (1.38),rappresentano una situazione fisica molto diversa, in cui le macchine piu velocistanno dietro a quelle piu lente e a quelle ferme. Si arrivera quindi all’urto,in un tempo che e molto facile valutare elementarmente; noi applichiamo in-vece il formalismo della risoluzione delle PDE del I ordine con il metodo dellecaratteristiche, perche vederlo al lavoro in casi semplici e il modo migliore perimpadronirsene e poterlo usare in casi piu complicati.

Con questa forma di g(s), l’eq.(1.34) del Passo 5 diventa esplicitamente

x = vt + s, u = v, s ≤ 0,x = vL−sL t+ s, u = vL−sL , 0 ≤ s ≤ L,x = s, u = 0, s ≥ L.

(1.42)

Solo per 0 ≤ t < Lv si puo risolvere rispetto a s, come nel caso precedente,

ottenendo: s = x− vt, x ≤ vt,s = L(x−vt)

L−vt , vt ≤ x ≤ L,s = x, x ≥ L,

da cui abbiamo finalmente la soluzione esplicita:u(x, t) = v, x ≤ vt,u(x, t) = v L−xL−vt , vt ≤ x ≤ L,u(x, t) = 0, x ≥ L.

(1.43)

Anche qui la verifica e immediata, sia delle condizioni iniziali che dell’equa-zione differenziale.

L’eq.(1.43) non ci dice altro che il profilo della soluzione u(x, t) al tempo te lo stesso di quello al tempo t = 0, con l’origine spostata nel punto vt e quindile distanze dall’origine L e x sostituite da L− vt e x− vt, come ovvio pensandoal significato fisico.

17

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Stavolta si realizza quindi la compressione; supponendo che all’istante ini-ziale la densita lineare fosse costante nell’intervallo (0, L), all’istante 0 < t < L

vla densita nell’intervallo (0, L− vt) sara infatti:

ρ(t) = ρ(0)L

L− vt, (1.44)

che tende ad infinito per t→ Lv .

Com’era da aspettarsi, al tempo t = L/v si arriva alla situazione descrittadalla funzione discontinua:

u(x, L/v) = v[1− θ(x− L)],

dove θ e la funzione a gradino di Heaviside:

θ(x) =

{0, x < 0,1, x > 0.

Nella nostra rappresentazione intuitiva, al tempo t = L/v tutte le macchineche al tempo t = 0 stavano nell’intervallo (0, L), con velocita linearmente decre-scenti, sono contemporaneamente arrivate nel punto x = L, in cui quindi sonopresenti tutte le velocita da 0 a v. Se l’autostrada avesse infinite corsie, le mac-chine che stanno dietro sorpasserebbero; negli istanti successivi una foto dallaposizione x ∈ (L,L + vt) farebbe vedere sia la macchina ferma in quel puntonella corsia di destra, che quelle che stanno sorpassando nelle altre corsie, macio porterebbe ad una u(x, t) a piu valori, come seguirebbe dalla (1.43) estesa at > L/v, con x > L in tutte le tre righe.

In un problema unidimensionale cio non e fisicamente consentito e si realiz-za invece l’urto, con densita che tende ad infinito, come previsto dall’eq.(1.44); lo studio di questo fenomeno sara oggetto del sottoparagrafo seguente.

1.2.3 Il problema di Riemann

Ripartiamo dalla situazione al tempo t = L/v del sottoparagrafo precedente,cambiando per comodita l’origine degli assi del tempo e dello spazio, e quindidalle seguenti condizioni iniziali, dette di Riemann:

u(x, 0) = v[1− θ(x)], (1.45)

sempre con v > 0.Con queste condizioni iniziali le caratteristiche:{

x = vt + s, u = v, s < 0,x = s, u = 0, s > 0.

o, piu precisamente, le loro proiezioni sul piano (x, t), si incrociano nel semipianot > 0 e quindi per ogni x ∈ [0, vt] non sappiamo se scegliere per la nostrasoluzione u = 0 o u = v14.

14Lo studente giustamente pignolo notera che con le condizioni iniziali di Riemann ci siamodimenticati la storia al tempo t < 0 discussa nel sottoparagrafo precedente, e quindi le velocitaintermedie, che sarebbero tutte concentrate in s = 0; ma questa dimenticanza e benvenutaperche non fa che liberarci da complicazioni inessenziali.

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Per farla breve, per x ∈ [0, vt] l’equazione di Burgers (1.30) con le condizioniiniziali di Riemann non ammette soluzioni in senso proprio; le stesse condizioniiniziali (1.45) sono date da una funzione discontinua in x, quindi non derivabile.

La fisica del problema ci viene pero restituita dalla soluzione debole.Per poterla trattare correttamente15 scriviamo l’equazione di Burgers nella

forma di un’equazione di continuita:

∂xq + ∂tu = 0, (1.46)

dove q = u2/2.

La dipendenza di q da u puo anche essere piu generale; in tal caso l’eq.(1.30) diventa:

c(u)∂xu+ ∂tu = 0, (1.47)

con c(u) = dq/du; naturalmente cambia il significato fisico, per esempio chi ha le dimensioni

di una velocita e c(u) e non u, ma la trattazione matematica e sostanzialmente identica.

Moltiplichiamo poi l’eq.(1.46) per un generica funzione di prova ρ(x, t),infinitamente derivabile e rapidamente decrescente all’infinito, integriamo suentrambe le variabili e integriamo per parti, ottenendo:∫ ∞

0

dt

∫ ∞−∞

dx (q∂xρ+ u∂tρ) +

∫ ∞−∞

dx u(x, 0) ρ(x, 0) = 0. (1.48)

Per DEFINIZIONE, u(x, t) e soluzione debole dell’equazione di parten-za (1.46) se e solo se essa soddisfa l’eq.(1.48) qualunque sia la funzione di provaρ(x, t). E’ ovvio che le soluzioni in senso proprio dell’equazione (1.46) lo sonoanche dell’eq.(1.48), ma questa ammette anche soluzioni in piu, per esempio nonderivabili, che, nel nostro caso, sono soluzioni della (1.46) solo nel senso delledistribuzioni.

Nell’ambito delle soluzioni deboli possiamo quindi ammettere anche funzionidiscontinue; cerchiamo quindi nello spazio (x, t) una linea γ partente dall’origine,alla cui sinistra teniamo solo le caratteristiche corrispondenti alla velocita v ealla cui destra solo quelle con velocita nulla.

Proviamo allora a scrivere:

u(x, t) = v[1− θ(x− αvt)], (1.49)

e a determinare il parametro α sostituendo in (1.46); tenendo conto che16

q(x, t) =u2

2=v2

2[1− θ(x− αvt)] (1.50)

e derivando nel senso delle distribuzioni (ci serve solo dθ(x)/dx = δ(x), dove= δ(x) e la delta di Dirac) otteniamo:

∂xq = −v2

2δ(x− αvt), ∂tu = αv2δ(x− αvt),

15vedi la considerazioni in nota all’eq. 1.50.16Qui si vede l’utilita di scrivere ∂xq invece di u∂xu; in questo secondo caso moltipliche-

remmo una Theta di Heaviside per la sua derivata, che e una delta di Dirac con lo stessoargomento, violando l’XI comandamento di Schwarz: ”Non moltiplicherai mai distribuzionifra loro!”. Invece in ∂xq calcoliamo prima tranquillamente il quadrato della Theta intesa comefunzione e soltanto dopo effettuiamo la derivata, che porta alla delta di Dirac.

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che soddisfa l’eq.(1.46) per α = 1/2.In definitiva l’onda d’urto si muove con velocita intermedia fra quelle delle

particelle che si scontrano.Le considerazioni che abbiamo fatto negli ultimi due sottoparagrafi per esem-

pi estremamente semplici possono essere estese al caso generale, come vedremonel sottoparagrafo successivo.

1.2.4 Considerazioni generali sull’urto nell’equazione diBurgers

La generalizzazione piu immediata delle condizioni iniziali (1.38) e (1.41):

u(x, 0) = g(x) =

v1 x ≤ 0,v1 + v2−v1

L x 0 ≤ x ≤ L,v2 x ≥ L

e banale e riproduce gli esempi dei sottoparagrafi 1.2.1 e 1.2.2 a seconda che siav1 < v2 o v1 > v2, senza aggiungere assolutamente nulla di nuovo.

Nel caso di condizioni iniziali caratterizzate da una g(x) generica, ma maidecrescente, la situazione sara simile a quella del sottoparagrafo 1.2.1; negliistanti successivi il profilo di u(x.t) a tempo fisso sara simile a quello all’istanteiniziale, ma opportunamente dilatato perche le macchine che stanno avanti siallontaneranno sempre di piu da quelle piu lente che stanno dietro.

Se invece esistono valori di x per cui g(x) e decrescente, ovvero g′(x) < 0, lasituazione e qualitativamente simile a quella dei sottoparagrafi 1.2.2 e 1.2.3.

La prima domanda cui rispondere e: quando e dove avviene l’urto?Questo succede nel primo istante in cui due caratteristiche (sottinteso, le

loro proiezioni nel piano (x, t)) si incontrano e quindi iniziano a coesistere nellostesso punto (x, t) due valori diversi di u, ovvero quando, a t fisso, in un puntox la tangente a u(x, t) diventa verticale e ∂xu va a infinito.

La prima delle eq.(1.37), ci dice quindi che l’urto avviene al tempo:

T = min1

|g′(s)|=

1

Max|g′(s)|, (1.51)

dove il massimo di |g′(s)| = −g′(s) e calcolato al variare di s nella regione in cuig′(s) < 0; detto xM il punto in cui si ha tale massimo, dalla prima delle (1.34)troviamo infine che l’urto avviene nel punto:

X = g(xM )T + xM , (1.52)

che e quello raggiunto al tempo T dalla particella che all’istante iniziale si trovavanel punto xM con velocita g(xM ).

Lo studente puo agevolmente applicare tali formule al caso studiato nelsottoparagrafo 1.2.2, trovando T = L/v e X = L17.

La seconda domanda e: come si propaga l’onda d’urto?

17Dato che in questo caso g(s) e lineare nell’intervallo (0, L), g′(s) e ivi costante e xM puoassumere qualsiasi valore in quell’intervallo senza che cambi il valore di X; tutte le macchi-ne (puntiformi) che all’istante iniziale stavano nell’intervallo (0, L) si tamponano allo stessoistante T = L/v !

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Per rispondervi, dobbiamo cercare una soluzione debole dell’eq.(1.46) equindi disegnare nel piano (x, t) una linea γ di discontinuita che, partendo dalpunto (X,T ), separi le caratteristiche con velocita maggiore da quelle con velo-cita minore, impedendo loro di intersecarsi. Fisicamente, tale linea descrive lapropagazione dell’onda d’urto.

Per determinarne l’equazione x = xS(t)18, richiediamo che nella eq.(1.46) ledue funzioni delta generate dalla derivazione della discontinuita lungo γ si com-pensino esattamente fra loro, come nell’esempio del sottoparagrafo precedente.

A questo scopo, chiamiamo u−(x, t) e u+(x, t) le due soluzioni in senso pro-prio dell’eq.(1.46), valide una a sinistra e l’altra a destra della curva γ, cioe perx < xS(t) e x > xS(t) rispettivamente, in modo da poter scrivere, analogamentealla (1.49):

u(x, t) = u−(x, t) + θ[x− xS(t)][u+(x, t)− u−(x, t)], t > T.

Lo stesso possiamo fare per la funzione q(x, t):

q(x, t) = q−(x, t) + θ[x− xS(t)][q+(x, t)− q−(x, t)], t > T.

Sostituendo nell’eq. (1.46) e, tenendo conto che u±(x, t) (con le relativeq±(x, t)) ne sono soluzioni nelle rispettive regioni di validita, otteniamo:

δ[x− xS(t)]

(q+(x, t)− q−(x, t)− dxS

dt[u+(x, t)− u−(x, t)]

)= 0.

Chiamando [u] e [q] le discontinuita su γ delle funzioni u e q:

[u] = u+(xS , t)− u−(xS , t) = limε→0+

(u(x+ ε, t)− u(x− ε, t)) , (1.53)

[q] = q+(xS , t)− q−(xS , t) = limε→0+

(q(x+ ε, t)− q(x− ε, t)) , (1.54)

otteniamo finalmente le condizioni di Rankine Hugoniot sulla velocita dipropagazione dell’onda d’urto:

dxSdt

=[q]

[u]; (1.55)

naturalmente esse devono valere in ogni punto di γ; quindi la curva γ, chedescrive la propagazione dell’onda d’urto, inizia dal punto (X,T ), le cui coordi-nate abbiamo calcolato in eq.(1.52) e eq.(1.51), ed e completamente determinatadall’equazione differenziale (1.55).

Quanto abbiamo detto vale per ogni equazione di continuita della forma(1.46), anche per c(u) 6= u, cosı come tutta la trattazione fatta per l’equazionedi Burgers, a parte modifiche ovvie.

Nel caso particolare dell’equazione di Burgers vera e propria vale q = u2/2e le condizioni di Rankine Hugoniot diventano

dxSdt

=q+ − q−u+ − u−

=1

2

u2+ − u2

−u+ − u−

=1

2(u+ + u−), (1.56)

18usiamo la lettera S dall’inglese Shock.

21

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dove tutto e naturalmente calcolato su γ; la velocita con cui si muove l’ondad’urto e quindi la media delle velocita delle onde che si scontrano, come ave-vamo gia verificato nell’esempio particolarmente semplice discusso alla fine delsottoparagrafo precedente.

1.3 Soluzione generale

Il punto di partenza per scrivere la soluzione generale dell’equazione (1.1) edi nuovo il sistema caratteristico, che conviene pero scrivere senza introdurreil parametro τ :

dx

a=dy

b=du

c(1.57)

Esso consiste di 2 equazioni differenziali a derivate ordinarie, ovviamenteaccoppiate, perche a, b, c sono in generale funzioni di x, y, u; e sottinteso che seuno dei tre denominatori si annulla si deve leggere il corrispondente numeratoreuguale a zero; per esempio c = 0 significa du = 0, quindi u = cost.

DEFINIZIONE: Si dice Integrale primo del sistema caratteristico (1.57)una qualsiasi funzione ϕ(x, y, u) che rimanga costante sulle linee caratteristi-che, cioe che diventi una costante quando alle variabili x, y, u si sostituisca unaqualsiasi soluzione del sistema (1.57)19.

TEOREMA: Per ogni integrale primo ϕ(x, y, u) del sistema caratteristico(1.57) , l’equazione

ϕ(x, y, u) = 0 (1.58)

descrive una soluzione particolare dell’eq.(1.1) in forma implicita.

Dimostrazione: Da un qualsiasi punto x0, y0, u0, non singolare, spostia-moci di una quantita infinitesima rimanendo sulla caratteristica passante perquel punto; per definizione ϕ rimane costante e per l’eq. (1.57) gli incrementidx, dy e du sono proporzionali ai coefficienti a, b, c dell’eq. (1.1); vale quindi

0 = dϕ = ∂xϕ dx+ ∂yϕ dy + ∂uϕ du = a ∂xϕ+ b ∂yϕ+ c ∂uϕ,

che coincide con la forma (1.2) che assume l’equazione differenziale di partenza(1.1) per la funzione che ne da la soluzione in forma implicita.

q.e.d.

Il sistema (1.57) ammette certo due integrali primi funzionalmente indipen-denti; infatti se lo risolvessimo, scegliendo per esempio x come variabile indipen-dente, troveremmo due soluzioni y = y(x, c1, c2) e u = u(x, c1, c2) dipendentida 2 costanti arbitrarie c1, c2; considerando tali soluzioni come un sistema nel-le incognite c1 e c2 e risolvendolo rispetto ad esse, troviamo c1 = ϕ1(x, y, u) ec2 = ϕ2(x, y, u), cioe due funzioni di x, y, u che rimangono costanti sulle soluzionidel sistema (1.57), cioe sulle linee caratteristiche.

Naturalmente qualsiasi funzione arbitraria F di ϕ1 e ϕ2 e costante sullelinee caratteristiche; quindi e a sua volta un integrale primo, che soddisfa la

19Per risolvere il sistema si sceglie una fra le tre variabili x, y, u come indipendente e le altredue come dipendenti.

22

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(1.2), e fornisce una nuova soluzione della nostra equazione (1.1); vale anzi ilseguente:

TEOREMA: La soluzione generale dell’equazione (1.1) in forma impli-cita e data da

F [ϕ1(x, y, u), ϕ2(x, y, u)] = 0, (1.59)

dove F e una funzione arbitraria20 .

Dimostrazione: Se ϕ(x, y, u) = 0 rappresenta una soluzione in forma im-plicita dell’eq. (1.1), la funzione ϕ(x, y, u) deve soddisfare l’eq.(1.2), cosı co-me ϕ1(x, y, u) e ϕ2(x, y, u); quindi devono valere contemporaneamente le treequazioni: a ∂xϕ + b ∂yϕ + c ∂uϕ = 0,

a ∂xϕ1 + b ∂yϕ1 + c ∂uϕ1 = 0,a ∂xϕ2 + b ∂yϕ2 + c ∂uϕ2 = 0.

Queste tre equazioni possono essere lette come un sistema lineare omogeneonelle tre incognite a, b, c, che ammette una soluzione non banale21 se e solo se ildeterminante dei coefficienti si annulla, cioe se

d(ϕ,ϕ1, ϕ2)

d(x, y, u)= 0;

ma cio significa che ϕ e funzionalmente dipendente da ϕ1 e ϕ2 e quindi che sipuo scrivere nella forma ϕ = F (ϕ1, ϕ2) per una opportuna funzione F .

q.e.d.Nel caso particolare a) del passo 3), paragrafo 1.1, cioe quando e nullo il

coefficiente c dell’eq.(1.1), un integrale primo e la stessa funzione incognita u,che e costante sulle caratteristiche, mentre l’altro, ϕ(x, y, u), corrisponde allacostante arbitraria che individua la soluzione della restante equazione: dx/a =dy/b; la soluzione generale si scrive quindi F [ϕ(x, y, u), u] = 0, ovvero:

u = G[ϕ(x, y, u)] (1.60)

dove G, come F , e una funzione arbitraria.Se siamo anche nel caso particolare b), quando i coefficienti a e b dell’eq.(1.1)

non dipendono da u, il secondo integrale primo ϕ sara pure lui indipendenteda u; in tal caso l’eq.(1.60) da la soluzione generale dell’eq.(1.1) in formaesplicita:

u = G[ϕ(x, y)] (1.61)

dove G e una funzione arbitraria.

1.3.1 Di nuovo sul problema di Cauchy

Tornando al caso generale, osserviamo che la conoscenza della soluzione generalefornisce, in linea di principio, una via alternativa per risolvere il problema diCauchy; basta infatti determinare la funzione arbitraria F di eq.(1.59) impo-nendo che F [ϕ1(x, y, u), ϕ2(x, y, u)] = 0 diventi un’identita quando a x, y, u sisostituiscano i loro valori xΓ(s), yΓ(s), uΓ(s) sulla curva iniziale Γ.

20derivabile, affinche abbia senso l’eq.(1.2).21quella banale: a = b = c = 0, farebbe sparire l’equazione di partenza (1.1).

23

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Anche se si segue la via diretta illustrata nel paragrafo 1.1, puo essere utilela conoscenza degli integrali primi, che in quel contesto possono anche esserechiamati costanti del moto, interpretando τ come un parametro di evoluzione.

Infatti, come sottolineato nel commento al passo 6, nel caso particolare a),cioe quando nell’eq.(1.1) c = 0, ci serve solo ricavare il parametro s per sostituirloin u(s); si puo quindi seguire la seguente scorciatoia per andare direttamentedal passo 2 al passo 6.

Passo 3’Ricavare dal sistema (1.7) un integrale primo ϕ(x, y, u)22 non banale, oltre

a u stesso.Passo 4’Per definizione ϕ(x, y, u) non dipende da τ e quindi e come se fosse calcolato

in τ = 0; si possono percio sostituire in esso le condizioni iniziali (1.3), trovandoϕ(x, y, u) = ϕ(xΓ, yΓ, uΓ) = h(s).

Passo 5’Basta risolvere

ϕ(x, y, u) = h(s)

rispetto a s per ottenere s in funzione di x, y, u23 ed essere pronti a sostituirlonell’ultima delle equazioni (1.10), cioe a passare al passo 6.

Noi faremo uso di questa scorciatoia in un esempio del capitolo successivo,discutendo un’equazione con 3 variabili indipendenti.

1.3.2 4 esempi

Cerchiamo ora le soluzioni generali per gli esempi discussi nei paragrafi 1.1 e1.2.

In tali paragrafi abbiamo gia trovato le curve caratteristiche in forma para-metrica (1.8); sarebbe quindi naturale usare questa conoscenza per ricavare gliintegrali primi, che sono tutto quanto ci serve per trovare la soluzione genera-le. Per esercizio, noi partiremo invece direttamente dal sistema caratteristico(1.57); sara poi facile verificare che i risultati cosı ottenuti concordano con quellidel paragrafo 1.1.

Esempio 1

Consideriamo nuovamente l’equazione:

−y ∂xu+ x ∂yu = 0. (1.62)

Siamo sia nel caso particolare a) che b) del passo 3 del paragrafo 1.1.Il sistema caratteristico 1.57 e:

du = 0, −dxy

=dy

x, (1.63)

da cui:

u = cost., 0 = x dx+ y dy =1

2d(x2 + y2) ⇒ x2 + y2 = cost.

22se siamo anche nel caso particolare b), non ci sara dipendenza da u.23solo di x, y se siamo anche nel caso particolare b).

24

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Trovati cosı gli integrali primi (che naturalmente sono in accordo con le(1.14), la soluzione generale e, secondo la (1.61) :

u(x, y) = F (x2 + y2). (1.64)

Per risolvere il problema di Cauchy con la condizione iniziale (1.12), sosti-tuiamola nella soluzione generale (1.64) appena trovata, ottenendo:

g(x) = F (x2); (1.65)

basta chiamare α l’argomento di F , ponendo α = x2, perche la (1.65) determinila funzione arbitraria: F (α) = g(

√α)24; riscrivendo la (1.64) con questa forma

di F , troviamo la desiderata soluzione particolare:

u(x, y) = g(√x2 + y2),

in accordo con (1.16).

Esempio 2

Consideriamo nuovamente l’equazione:

y ∂xu+ x ∂yu = u. (1.66)

Il sistema caratteristico 1.57 e:

dx

y=dy

x=du

u. (1.67)

ATTENZIONE: Siamo obbligati a considerare per prima l’equazione dxy =

dyx , perche questa e disaccoppiata dalle altre25; invece l’equazione dy

x = duu , per

esempio, non puo essere trattata da sola.Dall’equazione dx

y = dyx ricaviamo allora:

0 = x dx− y dy =1

2d(x2 − y2) ⇒ x2 − y2 = c1,

dove c1 e una costante arbitraria, positiva o negativa o nulla.L’ultima espressione ci fornisce un integrale primo: ϕ1 = x2 − y2; inoltre la

proporzionalita fra le terna dx, dy, du e y, x, u ci permette di scrivere l’equazione:

du

u=d(x+ y)

x+ y

da cui u = c2(x+y), ovvero c2 = ux+y , che ci fornisce il secondo integrale primo:

ϕ2 = ux+y .

NOTA 1: Gli integrali primi non sono univocamente determinati; negli ultimipassaggi avremmo potuto tranquillamente usare x−y al posto di x+y trovando

du

u=d(x− y)

y − x24qui non abbiamo ambiguita di segno, perche le condizioni iniziali sono date solo sul

semiasse x > 0.25grazie al fatto che siamo nel caso particolare b) del passo 3 del paragrafo 1.1.

25

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e quindi u = c3x−y , ovvero c3 = u (x− y) e quindi ϕ3 = u (x− y) come integrale

primo, ma questo non e che ϕ1 ϕ2.

NOTA 2: Il secondo integrale primo si puo ottenere anche in modo piu “bovi-no”26 ricavando x in funzione di y da x2−y2 = c1 e sostituendolo nell’equazionedyx = du

u , in modo da renderla un’equazione in u e y, facilmente risolubile.

In definitiva, grazie all’eq.(1.59) la soluzione generale e:

F (u

x+ y, x2 − y2) = 0,

con F funzione arbitraria, ovvero

u(x, y) = (x+ y) G(x2 − y2), (1.68)

con G funzione arbitraria.Per risolvere il problema di Cauchy con la condizione iniziale (1.18), sosti-

tuiamola nella soluzione generale (1.68) appena trovata, ottenendo:

g(x) = xG(x2); (1.69)

basta porre α = x2, perche la (1.69) determini la funzione arbitraria: G(α) =±g(±

√α)/√α, dove il doppio segno ± sta a ricordarci che, con le usuali con-

venzioni per cui la radice quadrata di un numero positivo e scelta a sua voltapositiva, x = sgn(x)

√x2; riscrivendo la (1.68) con questa forma di F , troviamo

la desiderata soluzione particolare:

u(x, y) = |x+ y|g[sgn(x)√x2 − y2]√

x2 − y2,

in accordo con (1.23).

Esempio 3

Consideriamo nuovamente l’equazione:

(x+ u) ∂xu+ (y + u) ∂yu = u. (1.70)

Il sistema caratteristico 1.57 e:

dx

x+ u=

dy

y + u=du

u. (1.71)

Stavolta non siamo ne nel caso particolare a), ne in b), e non c’e’ mododiretto di scrivere un’equazione disaccoppiata dalle altre.

Un modo “furbo” ci e suggerito dall’esempio precedente e ci porta all’equa-zione d(x − y)/(x − y) = du/u, da cui u = c1(x − y); un integrale primo equindi

ϕ1 =u

x− y.

26da non disprezzare perche spesso le idee furbe arrivano solo a posteriori, dopo essersisobbarcati “easy but cumbersome calculations”.

26

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Anche per l’altro integrale primo conviene effettuare un cambio di variabile,suggerito dall’equazione:

dx

x+ u=du

u;

che, ponendo x = ut e usando dx = u dt+ t du, si riscrive come:

u dt+ t du

1 + t= du ⇐⇒ du

u= dt;

da cui segue log u = t+ cost = log u = xu + cost e quindi l’integrale primo:

ϕ2 = log u− x

u.

La soluzione generale in forma implicita e allora:

F (u

x− y, log u− x

u) = 0, (1.72)

con F funzione arbitraria.Per risolvere il problema di Cauchy con la condizione iniziale (1.25), sosti-

tuiamola nella soluzione generale (1.72) appena trovata, ottenendo:

F (−3

7, log 3− x

3) = 0;

basta chiamare α e β i due argomenti della funzione arbitraria F per ricavareche deve essere:

F (α, β) = α+3

7;

riscrivendo la (1.72) con questa forma di F , troviamo

u

x− y+

3

7= 0

da cui segue la desiderata soluzione particolare:

u(x, y) =3

7(y − x),

in accordo con (1.29).

Se avessimo invece scelto come integrali primi ϕ2 e ϕ3 = log u − yu

= ϕ2 + 1/ϕ1, lasoluzione generale avrebbe assunto la forma

G(log u−y

u, log u−

x

u) = 0, (1.73)

con G funzione arbitraria.Per risolvere il problema di Cauchy con la condizione iniziale (1.25) avremmo dovuto

scrivere di conseguenza:

G(log 3−x+ 7

3, log 3−

x

3) = 0,

da cui G(γ, β) = γ − β + 7/3; riscrivendo la (1.73) con questa forma di G, troviamo

−y

u+x

u+

7

3= 0,

che porta alla stessa soluzione particolare dianzi ottenuta usando gli integrali primi ϕ1 e ϕ2.

27

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Esempio 4

La soluzione generale dell’equazione di Burgers27

c(u)∂xu+ ∂tu = 0, (1.74)

non e particolarmente illuminante, ma la discutiamo per esercizio.Siamo nel caso particolare a) del passo 3 del paragrafo 1.1.Il sistema caratteristico 1.57 e:

du = 0,dx

c(u)= dt,

da cui:

u = cost., x = c(u)t+ x0, ⇒ x0 = x− c(u)t = cost.

Trovati cosı gli integrali primi, la soluzione generale in forma implicita e,secondo la (1.60):

u(x, t) = G(x− c(u)t),

con G funzione arbitraria.Naturalmente, con le condizioni iniziali (1.31) la funzione arbitraria viene

fissata in G = g, in accordo con la soluzione particolare (1.36).

1.4 Ancora sulle caratteristiche, in vista delleequazioni del II ordine

NOTA: Si consiglia di leggere questo paragrafo, piu tardi, immediatamenteprima di affrontare la definizione delle caratteristiche per le equazioni del IIordine.

In questo capitolo abbiamo posto l’accento sull’utilita delle caratteristicheper risolvere le equazioni quasi lineari; questo pero succede solo per le equazionidel I ordine; la conoscenza delle caratteristiche non bastera affatto per risolverele equazioni del II ordine.

Piuttosto, le caratteristiche delle equazioni del II ordine condividono conquelle del I ordine28 la proprieta di non poter essere curve portanti i dati.

Conviene quindi approfondire ulteriormente questo aspetto, ricavando inun altro modo la condizione (1.6) necessaria affinche Γ sia una buona curvainiziale29.

Si puo pensare di ricavare u(x, y) localmente sviluppandola in serie di Taylorattorno a un punto (x0, y0) sulla curva portante i dati Γ0:

u(x, y) = u(x0, y0) + (x− x0)∂xu(x, y)|x0,y0+ (y − y0)∂yu(x, y)|x0,y0

+ . . . .

Le condizioni iniziali ci dicono quanto vale u(x0, y0), ma dovremmo esserein grado di calcolarci su Γ0 anche ∂xu(x, y)|x0,y0

e ∂yu(x, y)|x0,y0, e poi via via

le derivate successive.27che qui scriviamo nella forma piu generale, per mostrare esplicitamente che la trattazione

non cambia.28proiezioni sul piano (x, y) sottinteso.29Se i coefficienti a e b non dipendono da u, la condizione (1.6) coinvolge solo la curva

portante i dati Γ0.

28

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Una prima condizione sulle derivate parziali sulla curva Γ0 e naturalmentedata dalla stessa eq.(1.1) oggetto della nostra discussione; infatti i coefficientia, b e c, pur potendo essere funzioni di u, sono noti su Γ0, perche ivi u e notaed e data dalla terza delle eq.(1.3).

Un’altra equazione si ottiene derivando u(x, y)|Γ0 = uΓ(s) rispetto al para-metro s, che corre sulla curva portante i dati Γ0

30, ottenendo cosı:{a ∂xu+ b ∂yu = c,x′Γ ∂xu+ y′Γ ∂yu = u′Γ,

(1.75)

dove l’apice ′ significa derivata rispetto a s e i coefficienti a, b e c sono calcolatisu Γ0.

Affinche il sistema lineare di due equazioni (1.75) nelle due incognite ∂xue ∂yu abbia una e una sola soluzione e necessario e sufficiente che il determi-nante dei coefficienti sia diverso da zero, ovvero che la curva iniziale soddisfi lacondizione (1.6).

Una volta trovate le derivate prime su Γ0, per ricavare le derivate successive si itera il

procedimento derivando ripetutamente le equazioni del sistema (1.75).

Al contrario, possiamo definire come caratteristica31 una curva λ0 di cuinessun tratto possa essere curva portante i dati e che soddisfi quindil’equazione:

det

∣∣∣∣ a bxλ(τ) yλ(τ)

∣∣∣∣ = 0, (1.76)

per ogni valore del parametro τ .Questa condizione coincide con le prime due equazioni del sistema caratte-

ristico (1.7), purche si scelga uguale a 1 la costante di proporzionalita fra le duerighe del determinante, come possiamo sempre fare usando la liberta di riscalareil parametro τ .

La terza equazione del sistema caratteristico (1.7) segue dalle prime due e dalla richiesta

che u soddisfi l’eq.(1.1), vedi la seconda delle eq.(1.75).

Abbiamo cosı discusso un modo alternativo di trovare le equazioni dellecaratteristiche; sara questa la definizione che generalizzeremo alle equazioni delII ordine.

30calcolando cioe la derivata tangenziale rispetto a Γ0.31sottinteso come al solito proiezione sul piano (x, y).

29

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30

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Capitolo 2

Equazioni alle derivateparziali quasi lineari del Iordine, in n variabiliindipendenti

La trattazione delle equazioni quasi lineari del I ordine in n variabili indipendentisegue pari passo quella per 2 variabili indipendenti.

L’unica differenza sostanziale e che anziche una curva iniziale (e una cur-va portante i dati) unidimensionali dovremo considerare una (iper)superficieiniziale (e una (iper)superficie portante i dati) (n− 1) dimensionali.

Le curve caratteristiche continueranno ad essere unidimensionali, cosicche lasuperficie integrale descritta dalle curve caratteristiche passanti per l’(iper)superficieiniziale sara una superficie n dimensionale nello spazio a (n + 1) dimensioni dicoordinate (x1, x2, . . . , xn, u).

La soluzione generale dipendera invece da n integrali primi, tanti quantila dimensionalita della famiglia di caratteristiche, ovvero quanti il numero diparametri (costanti arbitrarie) che le determinano.

La piu generale equazione a derivate parziali (PDE) quasi lineare (ovverolineare nelle derivate di ordine piu alto) del I ordine, in n variabili indipendenti,e:

n∑i=1

ai(x, u) ∂iu = c(x, u), (2.1)

dove i coefficienti ai(x, u) e c(x, u) sono funzioni note delle variabili indipendentix = (x1, x2, . . . , xn, u) ∈ Rn e della funzione incognita u = u(x); inoltre ∂i =∂∂xi

.Ogni u = u(x) soluzione della (2.1) descrive una (iper)superficie integrale

nello spazio (n+ 1)-dimensionale (x, u).Essa puo anche essere descritta in forma implicita come U(x, u) = 0. Usando

l’espressione delle derivate di funzioni date in forma implicita

∂iu = − ∂iU∂uU

, i = 1, 2, . . . , n

31

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l’eq.(2.1) diventa:n∑i=1

ai(x, u) ∂iU + c(x, u)∂uU = 0, (2.2)

quindi lineare ed omogenea nelle derivate prime della funzione incognita U(x, u);questa forma dell’equazione 2.1 ci servira per trovarne la soluzione generale.

2.1 (Iper)superficie iniziale e problema di Cau-chy

Il problema di Cauchy consiste nel richiedere che la superficie1 integrale siasoluzione dell’eq.(2.1) e passi per una SUPERFICIE INIZIALE data:

Γ :

{x = xΓ(s1, s2, . . . , sn−1)u = uΓ(s1, s2, . . . , sn−1),

(2.3)

dove xΓ(s1, s2, . . . , sn−1) ∈ Rn e uΓ(s1, s2, . . . , sn−1) sono funzioni differenzia-bili degli n − 1 parametri reali s1, s2, . . . , sn−1, il cui intervallo di variazione estabilito di volta in volta.

La proiezione della superficie Γ nello spazio Rn delle variabili indipendenti,descritta dalla prima equazione di (2.3):

Γ0 : x = xΓ(s1, s2, . . . , sn−1) (2.4)

si chiama Superficie portante i dati, i quali dati sono contenuti nella secondaequazione u = uΓ(s1, s2, . . . , sn−1).

ATTENZIONE: Spesso la superficie Γ e data in una forma implicita, peresempio sotto forma di CONDIZIONE INIZIALE, che prende il nome dalcaso piu semplice, in cui xn = t:

u(x1, . . . , xn−1, 0) = g(x1, . . . , xn−1), (2.5)

con g funzione nota e x1, . . . , xn−1 in una regione prefissata.In tal caso, per evitare di confondersi con le notazioni, conviene ripor-

tarsi alla forma parametrica (2.3), anche se nell’esempio proposto cio con-siste semplicemente nell’identificare le coordinate xi con i parametri si, peri = 1, . . . , n− 1.

Non tutte le superfici iniziali sono lecite; perche il problema sia ben posto,ovvero perche esista una e una sola soluzione, almeno localmente (cioe in unintorno della superficie iniziale), e necessario e sufficiente che su tutti i puntidella superficie iniziale (2.3) valga

det

∣∣∣∣∣∣∣∣∣a1 . . . . . . . . . andxΓ,1

ds1. . . . . .

dxΓ,n

ds1. . . . . . . . . . . . . . .dxΓ,1

dsn−1. . . . . .

dxΓ,n

dsn−1

∣∣∣∣∣∣∣∣∣ 6= 0, (2.6)

1d’ora in poi sottintendiamo il prefisso iper.

32

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dove naturalmente i coefficienti ai dell’equazione (2.1) sono calcolati inxΓ(s1, s2, . . . , sn−1) e uΓ(s1, s2, . . . , sn−1).

Come nel caso di due variabili indipendenti, cio equivale a richiedere che pernessun valore della (n + 1)-pla (x, u) la superficie portante i dati sia tangentealla proiezione su Rn della curva caratteristica passante per quel punto.

ATTENZIONE: Nei punti (x, u) per cui nell’eq.(2.1) si annullano contem-poraneamente tutti i coefficienti delle derivate: ai(x, u) = 0, i = 1, 2, · · · , n,l’eq.(2.6) non puo mai essere soddisfatta, in qualunque modo si scelga la super-ficie iniziale; tali punti sono detti punti singolari dell’equazione.

Il passo piu importante e scrivere il SISTEMA CARATTERISTICO(in forma parametrica) di n + 1 equazioni differenziali ordinarie del I ordineaccoppiate:

dxidτ

= ai(x, u), i = 1, 2, · · · , n;du

dτ= c(x, u), (2.7)

dove naturalmente sono funzioni del parametro reale τ anche le xi e la u da cuidipendono i coefficienti ai e c.

Si tratta poi di risolvere il sistema caratteristico trovando la famiglia diCURVE CARATTERISTICHE :

λ :

{x = xλ(τ, c1, . . . , cn+1)u = uλ(τ, c1, . . . , cn+1),

(2.8)

dipendenti da n+ 1 costanti arbitrarie c1, . . . , cn+1.

Anche qui basta conoscere un punto di una curva caratteristica per fissarlacompletamente e quindi sapere come u evolve su di essa in funzione di τ ; ne segueche due curve caratteristiche non possono mai intersecarsi, ne autointersecarsi,salvo che eventualmente nei punti singolari dell’equazione.

La prima equazione di (2.8) da la proiezione delle curve caratteristichenello spazio Rn delle variabili indipendenti, qui ancora piu spesso chiamate essestesse curve caratteristiche; in generale, nulla vieta che tali proiezioni possanointersecarsi, purche nel punto di intersezione i corrispondenti valori di u sianodiversi.

Il sistema (2.7) mostra che in ogni punto la tangente a una curva caratteri-stica ha coseni direttori proporzionali ai coefficienti ai e c della PDE (2.1) e ciospiega la condizione (2.6).

Poi tutto procede esattamente come nel caso di due variabili indipendenti,compresi i casi particolari a) e b).

Continua a valere ilTEOREMA: ogni curva caratteristica giace completamente su una

superficie integrale, con la stessa dimostrazione.Ne segue che per trovare la superficie integrale della PDE (2.1) che

passa per la superficie iniziale Γ basta collezionare tutte le curvecaratteristiche che passano per Γ.

A questo scopo, basta fissare le costanti arbitrarie c1, . . . , cn+1 imponen-do che i punti delle curve caratteristiche individuati da τ = 0 giacciano sullacurva iniziale Γ, ovvero, a scopo mnemonico: λ(τ = 0) = Γ.

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Risolvendo il corrispondente sistema, si esprimono le n+1 incognite c1, . . . , cn+1

in funzione dei parametri s1, . . . , sn−1; cio significa che per ogni punto della su-perficie iniziale (cioe per ogni valore del set (s1, . . . , sn−1)) abbiamo individuatola curva caratteristica che vi passa, fissando le corrispondenti costanti arbitrariec1, . . . , cn+1.

Anche qui il parametro τ serve solo a dirci in quale punto siamo di ogni carat-teristica; non cambierebbe nulla se anziche il parametro τ usassimo il parametroτ ′ = f(τ), con f(τ) qualsiasi funzione derivabile e invertibile; in particolare pos-siamo fissare il punto τ = 0 proprio nel punto in cui le caratteristiche che ciinteressano intersecano la superficie iniziale.

ATTENZIONE: La condizione (2.6) garantisce che localmente la superficieiniziale individua in modo univoco un insieme di caratteristiche che spazzano unasuperficie integrale. Bisogna pero assicurarsi caso per caso che cio sia vero ancheglobalmente, bisogna cioe controllare che nessuna proiezione di caratteristicasullo spazio delle variabili indipendenti incontri la superficie portante i datipiu di una volta; se ci fossero due punti di intersezione il valore di u in unodi essi determinerebbe il valore di u su tutta la corrispondente caratteristica,in particolare nell’altro punto, ove non sarebbe lecito fissare arbitrariamente ildato.

Per ottenere la superficie integrale in forma parametrica basta selezio-nare le ∞n−1 caratteristiche che passano per la superficie iniziale, sostituendole costanti arbitrarie presenti nell’eq.(2.8) con le funzioni ci(s1, . . . , sn−1) peri = 1, . . . , n+ 1, ottenendo:

S :

{x = xS(τ, s1, . . . , sn−1)u = uS(τ, s1, . . . , sn−1).

(2.9)

La soluzione u = u(x) in forma esplicita si ottiene infine ricavando iparametri τ e s1, . . . , sn−1 in funzione di x dalla prima equazione della (2.9)(che vale per n equazioni perche e in Rn) e sostituendoli nella seconda.

Cio e possibile se e solo se il relativo Jacobiano non si annulla; per la propor-zionalita sulle caratteristiche fra le dxi

dτ e i coefficienti dell’equazione (2.1), cio egarantito, almeno in un intorno della supeficie iniziale, dalla condizione (2.6).

Naturalmente alla fine non bisogna dimenticarsi di effettuare la VERIFICA.

2.1.1 Un esempio

Studiamo l’equazione

(x2 − x3)∂1u+ (x3 − x1)∂2u+ (x1 − x2)∂3u = 0, (2.10)

con la condizione iniziale:

u(x1, x2, 0) = x1x2. (2.11)

La superficie iniziale in forma parametrica e quindi

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Γ :

xΓ,1(s) = s1

xΓ,2(s) = s2

xΓ,3(s) = 0uΓ(s) = s1s2.

(2.12)

Il problema e localmente ben posto, perche la condizione (2.6) e soddisfatta:

det

∣∣∣∣∣∣xΓ,2 − xΓ,3 xΓ,3 − xΓ,1 xΓ,1 − xΓ,2

1 0 00 1 0

∣∣∣∣∣∣ = xΓ,1 − xΓ,2 = s1 − s2 6= 0,

salvo che per s1 = s2.Il sistema caratteristico e:

dx1

dτ= x2 − x3,

dx2

dτ= x3 − x1,

dx3

dτ= x1 − x2,

du

dτ= 0. (2.13)

Visto che siamo nel caso particolare a), con u = u0, usiamo la scorciatoia dicui al sottoparagrafo 1.3.1, naturalmente generalizzandola al caso n = 3.

Passo 3’Sommando fra loro le prime tre equazioni del sistema caratteristico (2.13)

otteniamo:d

dτ(x1 + x2 + x3) = 0 (2.14)

e, analogamente, sommandole dopo averle moltiplicate rispettivamente per x1,x2 e x3:

1

2

d

dτ(x2

1 + x22 + x2

3) = 0. (2.15)

Le due costanti del moto, o integrali primi che dir si voglia, sono quindi

ϕ1(x1, x2, x3) = x1 + x2 + x3, ϕ2(x1, x2, x3) = x21 + x2

2 + x23. (2.16)

Passo 4’Calcolati sulla superficie iniziale (2.12) essi diventano:

ϕ1(x1, x2, x3) = s1 + s2, ϕ2(x1, x2, x3) = s21 + s2

2.

Passo 5’In realta non abbiamo bisogno di risolvere completamente rispetto a s1 e s2,

perche u dipende solo dal loro prodotto. Ci basta quindi:

s1s2 =1

2(ϕ2

1−ϕ1) =1

2[(x1 + x2 + x3)2− (x2

1 + x22 + x2

3)] = x1x2 + x2x3 + x3x1.

Non ci rimane che sostituire in u = s1s2, che vale per τ = 0 e per ogni τ datoche u e costante del moto, per ottenere la soluzione del problema di Cauchy:

u(x1, x2, x3) = x1x2 + x2x3 + x3x1. (2.17)

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La verifica, sia delle condizioni iniziali (2.11) che dell’equazione (2.10), eimmediata.

NOTA: L’esempio mostra chiaramente l’utilita della scorciatoia; non e diffi-cile risolvere completamente le eq.(2.13) trovando le xi in funzione di τ , ma elungo e superfluo.

2.2 Soluzione generale

Anche qui la trattazione segue pari passo quella del caso particolare n = 2discusso nel Cap.1.

Il passo piu importante e scrivere il SISTEMA CARATTERISTICO din equazioni differenziali ordinarie del I ordine accoppiate:

dx1

a1(x, u)=

dx2

a2(x, u)= . . . =

dxnan(x, u)

=du

c(x, u). (2.18)

Definizione di integrale primo, teorema e relativa dimostrazione sono iden-tici al caso n = 2.

Ad ogni integrale primo ϕ(x, u) e quindi associata una soluzione in formaimplicita dell’eq.(2.1) data da

ϕ(x, u) = 0.

Poiche le soluzioni del sistema (2.18) di n equazioni differenziali ordinariedel I ordine accoppiate dipendono da n costanti arbitrarie, gli integrali primiϕi(x, u) funzionalmente indipendenti sono n e la soluzione generale in formaimplicita dell’eq.(2.1) e data da

F (ϕ1(x, u), . . . , ϕn(x, u)) = 0, (2.19)

con F funzione arbitraria, purche derivabile.Anche stavolta, la dimostrazione che non ce ne sono altre e la stessa che per

il caso n = 2.

2.2.1 Un esempio

Visto che dell’equazione (2.10) abbiamo gia trovato tutti e tre gli integrali primi,ovvero lo stesso u e ϕ1, ϕ2 di eq.(2.16), possiamo subito scriverne la soluzionegenerale:

u(x1, x2, x3) = G[x1 + x2 + x3, (x21 + x2

2 + x23)], (2.20)

con G funzione arbitraria, derivabile.Per risolvere il problema di Cauchy con le condizioni iniziali (2.11), impo-

niamo che la funzione G le soddisfi, quindi:

G[x1 + x2, (x21 + x2

2)] = x1x2.

Chiamando α e β i due argomenti di G, ne segue subito:

G(α, β) =α2 − β

2.

Riscrivendo la soluzione generale (2.20) con la funzione G appena determi-nata, ritroviamo la soluzione (2.17) gia ottenuta nel sottoparagrafo 2.1.1.

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Capitolo 3

Sistemi di equazioni allederivate parziali quasilineari del I ordine, in duevariabili indipendenti

Generalizziamo la trattazione del Cap.1 al caso in cui le funzioni incognite sia-no piu di una: u1(x, t), u2(x, t), . . . , um(x, t), che raggruppiamo in un vettorecolonna:

U(x, t) =

u1

u2

...um

.

Usiamo le variabili x, t in relazione al caso piu fisicamente significativo incui tali equazioni compaiono, ovvero le equazioni di Eulero che descrivono ilmoto (unidimensionale) di un fluido, legate alla conservazione di massa, energiae momento; le funzioni incognite possono tipicamente essere densita, energia perunita di volume, velocita, pressione, etc.

Il piu generale sistema di equazioni quasi lineari del I ordine, in duevariabili indipendenti si puo allora scrivere nella forma vettoriale:

∂tU +A ∂xU +B = 0, (3.1)

dove A = {Aα,β} e una matricem×m e B un vettore colonna, i cui elementi Aα,βe Bα sono funzioni note sia delle variabili indipendenti x, t che delle funzioniincognite uα, con α, β = 1, 2, . . . ,m. Notare che il sistema 3.1 e gia ridotto informa standard, avendo previamente moltiplicato a sinistra per l’inverso1 di unaeventuale matrice a coefficiente di ∂tU .

In particolare il sistema 3.1 puo arrivare da un’equazione di continuita:

∂tU + ∂xF +B = 0,

1che supponiamo esistere.

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dove F e un vettore colonna, i cui elementi Fα = Fα(U) sono funzioni dellefunzioni incognite uα; in tal caso gli elementi di matrice Aα,β sono dati da

Aα,β =∂Fα∂uβ

.

La matrice reale A in 3.1 non ci pensa nemmeno a essere simmetrica; quindiin generale non e detto che sia diagonalizzabile.

Noi pero ci limiteremo a discutere i casi cui si puo applicare la seguente

DEFINIZIONE: Il sistema 3.1 si dice iperbolico se la matrice m×mA ha m autovalori reali distinti λα, ovvero se l’equazione

det(A− λ1) = 0

ha m soluzioni reali distinte; in tal caso la matrice A e certamente diagonaliz-zabile.

In tal caso si possono infatti definire m autovettori sinistri2 l(α), tali che

l(α)A = λα l(α), α = 1, 2, . . . ,m; λα 6= λβ per α 6= β. (3.2)

La matrice L che abbia come righe gli autovettori sinistri:

L =

l(1)

l(2)

...l(m)

, (3.3)

e certamente invertibile e la matrice:

Λ = LAL−1

e diagonale: Λα,β=λα δα,β .

La matrice L−1 = R puo infatti essere costruita con i vettori colonna autovettori destrir(β) definiti da

Ar(β) = λβr(β) (3.4)

che, opportunamente normalizzati, soddisfano l(α)r(β) = δα,β , come si vede moltiplicando la

3.4 a sinistra per l(α) e la 3.2 a destra per r(β), per α 6= β, e poi sottraendo.

Notiamo che, in generale, sia gli autovalori che gli autovettori, sinistri odestri che siano, dipendono sia dalle variabili indipendenti x, t che dalle funzioniincognite uα, con α, β = 1, 2, . . . ,m.

La diagonalizzabilita della matrice A permette di quasi disaccoppiare le mequazioni contenute nel sistema 3.1, dove quasi si riferisce, come sempre inquesto contesto, alle derivate di ordine piu alto, che qui sono le derivate prime.

Infatti, moltiplicando l’eq. 3.1 a sinistra per la matrice L, si ottiene:

L∂tU + L A ∂xU + L B = ∂t(L U)− (∂tL) U + ΛL ∂xU + L B = 0,

da cui∂tV + Λ ∂xV + B = 0, (3.5)

2che sono vettori riga.

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dove V e B sono due nuovi vettori colonna definiti da:

V = L U, B = L B − (∂tL+ Λ ∂xL) U. (3.6)

Scritta in componenti, l’equazione 3.5 da m equazioni:

∂tVα + λα ∂xVα + Bα = 0, (3.7)

accoppiate fra loro solo dalla dipendenza di λα e Bα da tutte le variabili.

Dalle definizioni 3.6 segue che le componenti Vα e Bα possono direttamentescriversi in termini degli autovettori sinistri l(α):

Vα = l(α) · U, Bα = l(α) ·B − (∂tl(α) + λα ∂xl(α)) · U. (3.8)

Con le tecniche del Cap.1, per ciascuna delle equazioni 3.7 scriviamo l’equa-zione delle caratteristiche3 nel piano (x, t), dove e uso corrente sottintendereproiezione:

λα :dt

dτα=

1

λα

dx

dτα, α = 1, 2, . . . ,m. (3.9)

Fissato il valore delle componenti uα di U , da cui dipendono in generale gli au-tovalori λα, per ogni punto del piano (x, t) passano percio m linee caratteristiche(da qui il nome iperbolico per il sistema con il massimo numero possibile di au-tovalori distinti); notare che per maggior chiarezza si e usata la liberta di sceltadella parametrizzazione per dotare ogni caratteristica di un suo parametro τα,anziche identificarli tutti scrivendo dt = dτ .

Su ogni linea caratteristica i valori di V , e quindi di U , sono determinati inmodo unico dalle m equazioni:

dt

dτα= − 1

BαdVαdτα

, α = 1, 2, . . . ,m;

equivalentemente si puo scrivere

dVαdτα

+ Bαdt

dτα= 0, α = 1, 2, . . . ,m. (3.10)

Tale espressione puo essere direttamente scritta in termini dei vettori U e Bdell’equazione di partenza 3.1 in modo molto semplice; infatti sulla caratteri-stica λα l’eq. 3.9 implica

dx

dt= λα ⇒ d

dt= ∂t + λα∂x, per x e t su λα.

Ne segue che sulla caratteristica λα l’espressione di Bα data dalla secondadelle 3.8 si semplifica notevolmente

Bα = l(α) ·B −dl(α)

dt· U

3pensiamo non ci sia possibilita di equivoco nell’uso dello stesso simbolo λα per l’autovaloree la corrispondente curva caratteristica.

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e l’equazione 3.10 diventa:

d(l(α) · U)

dτα+ l(α) ·B

dt

dτα−dl(α)

dτα· U = 0;

ecco infine l’equazione nella sua forma piu semplice:

l(α) ·(dU

dτα+B

dt

dτα

)= 0, α = 1, 2, . . . ,m (3.11)

naturalmente senza alcuna somma sugli indici ripetuti.

In definitiva, il sistema 3.1 di m equazioni alle derivate parziali accoppiatee stato ridotto al sistema delle 2m equazioni alle derivate ordinarie accoppiate3.9 e 3.11.

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Capitolo 4

Equazioni alle derivateparziali quasi lineari del IIordine, in due variabiliindipendenti

NOTA: Non e stato possibile ritrovare il file.tex del cap.7 degli appunti di MMF2gia on line, per effettuarvi correzioni e aggiornamenti; bisogna quindi acconten-tarsi dell’errata corrige che riproduciamo nel capitolo successivo e della seguenteintegrazione al paragrafo 7.3.1.

4.1 Problema di Cauchy e curve caratteristiche

La piu generale equazione a derivate parziali quasi lineare (ovvero lineare nellederivate di ordine piu alto) del II ordine, in due variabili indipendenti, e:

A ∂2xu+ 2B ∂x∂yu+ C ∂2

yu = F, (4.1)

dove A, B, C e F sono funzioni note delle variabili indipendenti x, y, dellafunzione incognita u = u(x, y) e delle sue derivate prime ∂xu e ∂yu.

Ogni u = u(x, y) soluzione della (4.1) descrive una superficie integralenello spazio (x, y, u).

Il problema di Cauchy consiste nello scegliere una Curva portante idati Γ0:

Γ0 :

{x = α(s)y = β(s),

(4.2)

dove α(s) e β(s) sono funzioni differenziabili di un parametro reale s, e nelfissare su di essa i dati, cioe il valore della funzione incognita u = u(x, y) e dellesue derivate prime ∂xu e ∂yu:

su Γ0 :

u = ϕ(s)∂xu = ψ(s)∂yu = χ(s).

(4.3)

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Bisogna pero notare che le tre funzioni differenziabili ϕ(s), ψ(s) e χ(s) nonpossono essere scelte in modo del tutto arbitrario, perche dalla prima segue ilvalore della derivata tangenziale di u(x, y) su Γ0:

ϕ′(s) =dx

ds∂xu|Γ0

+dy

ds∂yu|Γ0

= α′(s)ψ(s) + β′(s)χ(s),

dove l’apice ′ significa derivata rispetto a s.Le condizioni (4.3) ci dicono che per le equazioni del II ordine non basta

dare la curva iniziale attraverso la quale deve passare la superficie integrale,come nel caso del I ordine, ma bisogna anche fissare il piano tangente allasuperficie integrale in ogni punto della curva iniziale.

Non tutte le condizioni iniziali sono lecite; per trovare le condizioni necessariee sufficienti perche esista una e una sola soluzione, almeno localmente (cioe inun intorno della curva iniziale), seguiremo la strada tracciata nel paragrafo 1.4per le equazioni del I ordine.

Cerchiamo cioe di ricavare u(x, y) localmente sviluppandola in serie di Taylorattorno a un punto (x0, y0) sulla curva portante i dati Γ0; le condizioni iniziali(4.3) ci dicono quanto valgono u(x0, y0), ∂xu(x, y)|x0,y0

e ∂yu(x, y)|x0,y0, ma

dobbiamo essere in grado di calcolarci su Γ0 anche le derivate seconde e poi viavia le derivate successive.

Una prima condizione sulle derivate seconde sulla curva Γ0 e naturalmentedata dalla stessa eq.(4.1) oggetto della nostra discussione; infatti i coefficientiA,B e C, pur potendo essere funzioni di u e delle sue derivate prime, sono notisu Γ0, perche ivi u, ∂xu e ∂yu sono dati dalle eq.(4.3).

Le altre due equazioni si ottengono derivando ∂xu(x, y)|Γ0 = ψ(s) e∂yu(x, y)|Γ0

= χ(s) rispetto al parametro s, che corre sulla curva portante i datiΓ0, ottenendo cosı:

A ∂2xu + 2B ∂x∂yu+ C ∂2

yu = Fα′ ∂2

xu + β′ ∂x∂yu = ψ′

α′ ∂x∂yu+ β′ ∂2yu = χ′,

(4.4)

dove i coefficienti A,B e C sono calcolati su Γ0.Affinche il sistema lineare di tre equazioni (4.4) nelle tre incognite ∂2

xu, ∂x∂yue ∂2

yu abbia una e una sola soluzione e necessario e sufficiente che il determinantedei coefficienti sia diverso da zero, ovvero che le condizioni iniziali soddisfino unacondizione che generalizza la (1.6).

Una volta trovate le derivate seconde su Γ0, per ricavare le derivate successive si itera il

procedimento derivando ripetutamente le equazioni del sistema (4.4).

Al contrario, definiamo caratteristica1 una curva λ0:

λ0 :

{x = α(τ)y = β(τ),

(4.5)

di cui nessun tratto possa essere curva portante i dati e che soddisfiquindi l’equazione:

det

∣∣∣∣∣∣A 2B C

α(τ) β(τ) 0

0 α(τ) β(τ)

∣∣∣∣∣∣ = 0, (4.6)

1Per le equazioni del II ordine si intende sempre una curva nel piano (x, y) delle variabiliindipendenti.

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per ogni valore del parametro τ .

A questo punto, possiamo tranquillamente atterrare sull’eq.(7.37) del para-grafo 7.3.1 dei vecchi appunti. L’unica differenza e che i nostri coefficienti A,Be C possono dipendere anche dalla funzione incognita e dalle sue derivate pri-me; in questo caso cosı generale potra quindi succedere che un’equazione del IIordine sia ellittica in un certa regione dello spazio (x, y, u, ∂xu, ∂yu) ed iperbo-lica o parabolica in un’altra; equazioni del genere si chiamano di tipo mistoe possono essere di grande interesse, per esempio in aerodinamica, ma noi cilimiteremo di fatto a studiare equazioni del II ordine a coefficienti costanti.

NOTA IMPORTANTE: Per le equazioni del II ordine abbiamo definitole curve caratteristiche come “curve portanti i dati mancate“; ne segue che nelcaso di un numero n > 2 di variabili indipendenti, dove i dati sono portatida superfici (n − 1)-dimensionali, anche le caratteristiche sono superfici(n− 1)-dimensionali, diversamente dal caso delle equazioni del I ordine, dovele caratteristiche sono sempre curve unidimensionali, qualunque sia il numerodi variabili indipendenti.

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Capitolo 5

ERRATA CORRIGE alcap.7 degli appunti diMMF2 on line

Le correzioni degli errori di stampa banali sono lasciate al lettore; qui cerchiamodi correggere solo quegli errori che possono trarre in inganno o che sono sfuggitinelle equazioni.

Quinta riga prima dell’eq.7.3 : Anziche “parallele all’asse x”, leggasi “paral-lele all’asse t”.

Fine del paragrafo 7.1 : Aggiungere: “Le linee caratteristiche sono invecele intersezioni di tali n − 1 superfici caratteristiche. Le linee caratteristi-che sono importanti per la soluzione delle PDE, perche, nel caso delle equa-zioni lineari e omogenee nelle derivate prime, il valore della funzione incognitaz(x1, ...xn) e costante su tutta la linea caratteristica e quindi basta conoscerloin un punto per conoscerlo su tutta la linea caratteristica passante per esso.”

Dopo Eq. (7.19) : All’inizio della prima riga, anziche “∂uψ” si legga “∂vψ”

Dopo Eq. (7.23) : Alla fine della seconda riga, anziche 7.22 si legga 7.21 .

Eq. (7.25) : Nella seconda riga, anziche “+“ si legga ”-“ .

Dopo Eq. (7.33) : Dopo la meta della seconda riga, anziche 7.25 si legga 7.28.

Nella seconda riga dopo Eq. (7.38), anziche ∆ =√B2 −AC si legga:

∆ = B2 −AC.

Nella prima formula dopo Eq. (7.38), a proposito dell’equazione did’Alembert : Anziche ∂2

x si legga � .

Eq. (7.39) : A secondo membro, anziche ”a“ si legga ”0“

Eq. (7.45) : A secondo membro anziche ”∂“ si legga ”∂“

Prima riga dopo la terza formula dopo Eq. (7.46) : Sopprimere ”elasciando cadere le barre“ e, nella riga successiva dentro la parentesi, dopoS(x1, ...xn) = 0 aggiungere ” con S(x1, ...xn) indipendente da x1, ...xn−1.“

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Dopo Eq. (7.47) : Aggiungere: ”In sostanza, nelle equazioni paraboliche NONcompare ∂2

t ; quindi rispetto alla variabile tempo si comportano come equazionidel primo ordine; le condizioni iniziali a t = cost sulla funzione determinanocompletamente la soluzione, inclusa la derivata normale ∂tu.“

Dopo Eq. (7.51) : Nella prima riga, anziche “XX” si legga “7.28”. e, duerighe dopo, anziche “XX” si legga “7.38”.

Paragrafo 7.3.3, nove righe dopo Eq. (7.54) : Sopprimere il titolo lascian-do semplicemente uno spazio bianco.

Due righe sopra Eq. (7.55) : Inserire il titolo: 7.3.3. Un importanteteorema per l’equazione di Poisson.

Fine del paragrafo 7.3.3. : Nella parentesi, anziche “???” si legga “tale cheσ = ∂V ”.

Nove righe dopo Eq. (7.66) : Anziche ‘‘onda riflessiva” si legga ‘‘ondaregressiva” e nella riga successiva anziche f(x− ct) si legga f(x+ ct) .

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