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Consiglio Nazionale dei Geologi · - Roma: LUISS - "Quali prospettive di riforma del sistema delle autonomie locali: a confronto con i rappresentanti del governo e degli enti territoriali"

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Consiglio Nazionale dei Geologi

28 novembre 2017

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AGI, 27/11/2017

Taccuino settimanale: venerdi' (2)=

Taccuino settimanale: venerdi' (2)=

(AGI) - Roma, 27 novembre -

V E N E R D I ' (1 dicembre)

- Roma: LUISS - "Quali prospettive di riforma del sistema

delle autonomie locali: a confronto con i rappresentanti del

governo e degli enti territoriali". Tavola rotonda organizzata

dal Centro di Ricerca sulle amministrazioni pubbliche "Vittorio

Bachelet" in collaborazione con l'Accademia per l'Autonomia di

ANCI ed UPI in convenzione con il Ministero dell'Interno.

Interventi: Gaetano Palombelli, Responsabile Generale del

progetto Accademia per l'Autonomia, Carmen Perrotta, Direttore

Centrale per gli Uffici Territoriali del Governo e per le

autonomie locali Ministero dell'Interno, Paolo Pietrangelo,

Direttore Generale Conferenza dei Presidenti delle Assemblee

Legislative delle Regioni e delle Province Autonome, Angelo

Rughetti, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del

Consiglio Semplificazione e Pubblica Amministrazione (Aula 101,

Viale Pola 12 - ore 15,30)

- Roma: Assemblea Nazionale Fp Cgil Medici e Dirigenti SSN

'Il nostro lavoro per una Sanita' di tutti'. Partecipa il

segretario generale della Cgil Susanna Camusso (Centro

Congressi Roma Eventi, via Alibert 5/A - Piazza di Spagna - ore

10,00)

- Rovereto (TN): presentazione del volume "Sisma - dal Friuli

1976 all'Italia di oggi" (Urban Center, Corso A. Rosmini 58 -

ore 11,00)

(AGI)

Sar/Ser/Mol/Sim

270814 NOV 17

NNNN

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28/11/2017 “SISMA dal Friuli 1976 all’Italia di oggi – Il contributo dei Geologi Italiani per la prevenzione”

http://www.trentinolibero.it/magazine/trentino-magazine/eventi/13135-sisma-dal-friuli-1976-allitalia-di-oggi--il-contributo-dei-geologi-italiani-per-la-prevenzion…

“SISMA dal Friuli 1976 all’Italia di oggi – Il contributo deiGeologi Italiani per la prevenzione”

Anteprima nazionale alla stampa del Volume, 1° dicembre 2017 ore11:00 ­ Urban Center di Rovereto (TN)

Rovereto, 27 novembre 2017. - Redazione*

Il 1° dicembre alle ore 11:00 presso l'Urban Center di Rovereto (Corso A.Rosmini, 58) sarà presentato, in anteprima nazionale alla stampa, il volume"SISMA dal Friuli 1976 all'Italia di oggi – Il contributo dei Geologi Italiani perla prevenzione", un lavoro frutto della collaborazione del Consiglio Nazionaledei Geologi, dell'Ordine dei Geologi del Friuli Venezia Giulia e della FondazioneCentro Studi CNG, con il supporto della Fondazione Friuli.

La presentazione del libro, che parte dal terremoto che colpì 41 anni fa il Friuliper fare il punto ad oggi sul rischio sismico e sulla prevenzione nel nostroPaese, sarà ospitata nell'ambito del Convegno "Tra Geologia e Geofisica 2017" - Workshop in Geofisica e Giornatadi Studi, a cura della Fondazione Museo Civico di Rovereto in Convenzione con l'Ordine dei Geologi del TrentinoAlto Adige e con il Patrocinio e la Collaborazione degli Ordini dei Geologi di Emilia Romagna, Friuli VeneziaGiulia, Lombardia e Veneto, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università degli Studidi Padova.

Alla conferenza stampa sono stati invitati: il Presidente del CNG, Francesco Peduto, il Presidente dell'Ordine deiGeologi della Regione Friuli Venezia Giulia, Gianni Menchini, il Presidente dell'Ordine dei Geologi della RegioneTrentino Alto Adige/Südtirol, Mirko Demozzi, il Presidente della Fondazione del Museo Civico di Rovereto,Giovanni Laezza, il Sindaco di Rovereto, Francesco Valduga, l'Assessore provinciale alla Protezione civile diTrento, Tiziano Mellarini e i Presidenti degli Ordini Regionali dei Geologi del Nord Italia. Alla prima presentazionenazionale alla stampa del volume "SISMA dal Friuli 1976 all'Italia di oggi – Il contributo dei Geologi Italiani per laprevenzione", edito dalla Fondazione Centro Studi del CNG e pubblicato nel mese di luglio 2017, seguiranno altredue tappe: una avrà luogo nell'Italia centrale e l'altra nell'Italia meridionale.

Il 6 maggio del 1976, alle 21:00, un sisma di magnitudo 6.5 della scala Richter colpì il Friuli Venezia Giulia,provocando 990 vittime. Il libro vuole rappresentare il contributo tecnico per la prevenzione sismica fornito dallacategoria dei geologi alle Regioni, agli enti locali, al Parlamento Italiano, e, in particolare, alle comunità colpite nelcorso degli ultimi quarant'anni da eventi sismici dalle conseguenze tragiche. Il volume si sofferma, in particolare,sugli strumenti a disposizione oggi di microzonazione sismica e di modellazione geologica di riferimento, sino allastrategia nazionale di prevenzione del rischio sismico che analizza la condizione limite per l'emergenza, e nefornisce un quadro aggiornato della situazione su base nazionale. La strada auspicabile è quella di una vera epropria cultura della prevenzione sismica sempre più diffusa e approfondita, in grado di indirizzare le politiche digoverno del territorio verso l'attuazione di provvedimenti che siano anche capaci di allargare il tema dellaprevenzione alla complessità dei rischi, quali quelli originati da fenomeni naturali come da attività antropiche.

* comunicato

LUNEDÌ 27 NOVEMBRE 2017 16:58 REDAZIONE* VISITE: 209

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Il 1° dicembre 2017 ore 11:00 all’Urban Center di Rovereto 27/11/2017

Anteprima nazionale alla stampa del Volume «SISMA dal Friuli 1976 all’Italia di oggi – Il contributo dei Geologi Italiani per la prevenzione»

Il 1° dicembre alle ore 11:00 presso l’Urban Center di Rovereto (Corso A. Rosmini, 58) sarà presentato, in anteprima nazionale alla stampa, il volume «SISMA dal Friuli 1976 all’Italia di oggi – Il contributo dei Geologi Italiani per la prevenzione», un lavoro frutto della collaborazione del Consiglio Nazionale dei Geologi, dell'Ordine dei Geologi del Friuli Venezia Giulia e della Fondazione Centro Studi CNG, con il supporto della Fondazione Friuli.

La presentazione del libro, che parte dal terremoto che colpì 41 anni fa il Friuli per fare il punto ad oggi sul rischio sismico e sulla prevenzione nel nostro Paese, sarà ospitata nell'ambito del Convegno «Tra Geologia e Geofisica 2017» - Workshop in Geofisica e Giornata di Studi, a cura della Fondazione Museo Civico di Rovereto in Convenzione con l’Ordine dei Geologi del Trentino Alto Adige e con il Patrocinio e la Collaborazione degli Ordini dei Geologi di Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia e Veneto, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Padova.

Alla conferenza stampa sono stati invitati: il Presidente del CNG, Francesco Peduto, il Presidente dell’Ordine dei Geologi della Regione Friuli Venezia Giulia, Gianni Menchini, il Presidente dell’Ordine dei Geologi della Regione Trentino Alto Adige/Südtirol, Mirko Demozzi, il Presidente della Fondazione del Museo Civico di Rovereto, Giovanni Laezza, il Sindaco di Rovereto, Francesco Valduga, l’Assessore provinciale alla Protezione civile di Trento, Tiziano Mellarini e i Presidenti degli Ordini Regionali dei Geologi del Nord Italia.

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Alla prima presentazione nazionale alla stampa del volume “SISMA dal Friuli 1976 all’Italia di oggi – Il contributo dei Geologi Italiani per la prevenzione", edito dalla Fondazione Centro Studi del CNG e pubblicato nel mese di luglio 2017, seguiranno altre due tappe: una avrà luogo nell’Italia centrale e l’altra nell’Italia meridionale.

Il 6 maggio del 1976, alle 21:00, un sisma di magnitudo 6.5 della scala Richter colpì il Friuli Venezia Giulia, provocando 990 vittime. Il libro vuole rappresentare il contributo tecnico per la prevenzione sismica fornito dalla categoria dei geologi alle Regioni, agli enti locali, al Parlamento Italiano, e, in particolare, alle comunità colpite nel corso degli ultimi quarant’anni da eventi sismici dalle conseguenze tragiche. Il volume si sofferma, in particolare, sugli strumenti a disposizione oggi di microzonazione sismica e di modellazione geologica di riferimento, sino alla strategia nazionale di prevenzione del rischio sismico che analizza la condizione limite per l’emergenza, e ne fornisce un quadro aggiornato della situazione su base nazionale. La strada auspicabile è quella di una vera e propria cultura della prevenzione sismica sempre più diffusa e approfondita, in grado di indirizzare le politiche di governo del territorio verso l’attuazione di provvedimenti che siano anche capaci di allargare il tema della prevenzione alla complessità dei rischi, quali quelli originati da fenomeni naturali come da attività antropiche.

© Riproduzione riservata

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Terremoti: focus sulla prevenzione sismica a Rovereto

Venerdì1dicembrelapresentazionedi“SismadalFriuli1976all’Italiadioggi–IlcontributodeiGeologiItalianiperlaprevenzione”

27 novembre 2017

Il 1° dicembre alle ore 11:00 presso l’Urban Center di Rovereto (Corso A. Rosmini, 58) sarà presentato, in anteprima nazionale alla stampa, il volume “SISMA dal Friuli 1976 all’Italia di oggi – Il contributo dei Geologi Italiani per la prevenzione", un lavoro frutto della collaborazione del Consiglio Nazionale dei Geologi, dell'Ordine dei Geologi del Friuli Venezia Giulia e della Fondazione Centro Studi CNG, con il supporto della Fondazione Friuli. La presentazione del libro, che parte dal terremoto che colpì 41 anni fa il Friuli per fare il punto ad oggi sul rischio sismico e sulla prevenzione nel nostro Paese, sarà ospitata nell'ambito del Convegno "Tra Geologia e Geofisica 2017" - Workshop in Geofisica e Giornata di Studi, a cura della Fondazione Museo Civico di Rovereto in Convenzione con l’Ordine dei Geologi del Trentino Alto Adige e con il Patrocinio e la Collaborazione degli Ordini dei Geologi di Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia e Veneto, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Padova.

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Alla conferenza stampa sono stati invitati: il Presidente del CNG, Francesco Peduto, il Presidente dell’Ordine dei Geologi della Regione Friuli Venezia Giulia, Gianni Menchini, il Presidente dell’Ordine dei Geologi della Regione Trentino Alto Adige/Südtirol, Mirko Demozzi, il Presidente della Fondazione del Museo Civico di Rovereto, Giovanni Laezza, il Sindaco di Rovereto, Francesco Valduga, l’Assessore provinciale alla Protezione civile di Trento, Tiziano Mellarini e i Presidenti degli Ordini Regionali dei Geologi del Nord Italia. Alla prima presentazione nazionale alla stampa del volume “SISMA dal Friuli 1976 all’Italia di oggi – Il contributo dei Geologi Italiani per la prevenzione", edito dalla Fondazione Centro Studi del CNG e pubblicato nel mese di luglio 2017, seguiranno altre due tappe: una avrà luogo nell’Italia centrale e l’altra nell’Italia meridionale.

Il 6 maggio del 1976, alle 21:00, un sisma di magnitudo 6.5 della scala Richter colpì il Friuli Venezia Giulia, provocando 990 vittime. Il libro vuole rappresentare il contributo tecnico per la prevenzione sismica fornito dalla categoria dei geologi alle Regioni, agli enti locali, al Parlamento Italiano, e, in particolare, alle comunità colpite nel corso degli ultimi quarant’anni da eventi sismici dalle conseguenze tragiche. Il volume si sofferma, in particolare, sugli strumenti a disposizione oggi di microzonazione sismica e di modellazione geologica di riferimento, sino alla strategia nazionale di prevenzione del rischio sismico che analizza la condizione limite per l’emergenza, e ne fornisce un quadro aggiornato della situazione su base nazionale. La strada auspicabile è quella di una vera e propria cultura della prevenzione sismica sempre più diffusa e approfondita, in grado di indirizzare le politiche di governo del territorio verso l’attuazione di provvedimenti che siano anche capaci di allargare il tema della prevenzione alla complessità dei rischi, quali quelli originati da fenomeni naturali come da attività antropiche.

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fonte foto: Consiglio Nazionale dei Geologi

Rovereto, 1/12: geologi presentano libro su rischio sismico e prevenzione Lunedi 27 Novembre 2017, 15:50

Alle ore 11:00 presso l'Urban Center di Rovereto sarà presentato, in anteprima nazionale alla stampa, il volume "SISMA dal Friuli 1976 all'Italia di oggi – Il contributo dei Geologi Italiani per la prevenzione"

Rischio sismico e prevenzione nel nostro Paese, a che punto siamo? Il 1° dicembre alle ore

11:00 presso l'Urban Center di Rovereto sarà presentato, in anteprima nazionale alla stampa, il volume

"SISMA dal Friuli 1976 all'Italia di oggi – Il contributo dei Geologi Italiani per la prevenzione",

un lavoro frutto della collaborazione del Consiglio Nazionale dei Geologi, dell'Ordine dei Geologi

del Friuli Venezia Giulia e della Fondazione Centro Studi CNG, con il supporto della Fondazione

Friuli. La presentazione del libro, che parte dal terremoto che colpì 41 anni fa il Friuli e ripercorre

quanto fatto finora nel nostro Paese per la prevenzione e la riduzione del rischio sismico, sarà ospitata

nell'ambito del convegno "Tra Geologia e Geofisica 2017" - Workshop in Geofisica e Giornata di Studi,

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a cura della Fondazione Museo Civico di Rovereto in convenzione con l'Ordine dei Geologi del

Trentino Alto Adige e con il patrocinio e la collaborazione degli Ordini dei Geologi di Emilia

Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia e Veneto, in collaborazione con il Dipartimento di

Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Padova.

Alla conferenza stampa sono stati invitati: il presidente del CNG, Francesco Peduto, il presidente

dell'Ordine dei Geologi della Regione Friuli Venezia Giulia, Gianni Menchini, il presidente

dell'Ordine dei Geologi della Regione Trentino Alto Adige/Südtirol, Mirko Demozzi, il presidente

della Fondazione del Museo Civico di Rovereto, Giovanni Laezza, il sindaco di Rovereto,

Francesco Valduga, l'assessore provinciale alla Protezione civile di Trento, Tiziano Mellarini e

i presidenti degli Ordini Regionali dei Geologi del Nord Italia. Alla prima presentazione nazionale alla

stampa del volume “SISMA dal Friuli 1976 all’Italia di oggi – Il contributo dei Geologi Italiani per la

prevenzione", edito dalla Fondazione Centro Studi del CNG e pubblicato nel mese di luglio

2017, seguiranno altre due tappe: una avrà luogo nell'Italia centrale e l'altra nell'Italia meridionale.

Il 6 maggio del 1976, alle 21:00, un sisma di magnitudo 6.5 della scala Richter colpì il Friuli

Venezia Giulia, provocando 990 vittime. Il libro vuole rappresentare il contributo tecnico per la

prevenzione sismica fornito dalla categoria dei geologi alle Regioni, agli enti locali, al Parlamento

Italiano, e, in particolare, alle comunità colpite nel corso degli ultimi quarant'anni da eventi sismici dalle

conseguenze tragiche. Il volume si sofferma, in particolare, sugli strumenti a disposizione oggi di

microzonazione sismica e di modellazione geologica di riferimento, sino alla strategia nazionale

di prevenzione del rischio sismico che analizza la condizione limite per l'emergenza, e ne fornisce un

quadro aggiornato della situazione su base nazionale. La strada auspicabile è quella di una vera e

propria cultura della prevenzione sismica sempre più diffusa e approfondita, in grado diindirizzare

le politiche di governo del territorio verso l'attuazione di provvedimenti che siano anche capaci di

allargare il tema della prevenzione alla complessità dei rischi, quali quelli originati da fenomeni naturali come

da attività antropiche.

red/mn

(fonte: Consiglio Nazionale Geologi)

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Anteprima nazionale alla stampa del Volume “SISMA dal Friuli 1976 all’Italia di oggi – Il contributo dei Geologi Italiani per la prevenzione”

Riceviamo e pubblichiamo

Il 1° dicembre alle ore 11:00 presso l’Urban Center di Rovereto (Corso A. Rosmini, 58) sarà presentato, in anteprima nazionale alla stampa, il volume “SISMA dal Friuli 1976 all’Italia di oggi – Il contributo dei Geologi Italiani per la prevenzione”, un lavoro frutto della collaborazione del Consiglio Nazionale dei Geologi, dell’Ordine dei Geologi del Friuli Venezia Giulia e della Fondazione Centro Studi CNG, con il supporto della Fondazione Friuli. La presentazione del libro, che parte dal terremoto che colpì 41 anni fa il Friuli per fare il punto ad oggi sul rischio sismico e sulla prevenzione nel nostro Paese, sarà ospitata nell’ambito del Convegno “Tra Geologia e Geofisica 2017″ – Workshop in Geofisica e Giornata di Studi, a cura della Fondazione Museo Civico di Rovereto in Convenzione con l’Ordine dei Geologi del Trentino Alto Adige e con il Patrocinio e la Collaborazione degli Ordini dei Geologi di Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia e Veneto, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Padova. Alla conferenza stampa sono stati invitati: il Presidente del CNG, Francesco Peduto, il Presidente dell’Ordine dei Geologi della Regione Friuli Venezia Giulia, Gianni Menchini, il Presidente dell’Ordine dei Geologi della Regione Trentino Alto Adige/Südtirol, Mirko Demozzi, il Presidente della Fondazione del Museo Civico di Rovereto, Giovanni Laezza, il Sindaco di Rovereto, Francesco Valduga, l’Assessore provinciale alla Protezione civile di Trento, Tiziano Mellarini e i Presidenti degli Ordini Regionali dei Geologi del Nord Italia. Alla prima presentazione nazionale alla stampa del volume “SISMA dal Friuli 1976 all’Italia di oggi – Il contributo dei Geologi Italiani per la prevenzione”, edito dalla Fondazione Centro Studi del CNG e pubblicato nel mese di luglio 2017, seguiranno altre due tappe: una avrà luogo nell’Italia centrale e l’altra nell’Italia meridionale. Il 6 maggio del 1976, alle 21:00, un sisma di magnitudo 6.5 della scala Richter colpì il Friuli Venezia Giulia, provocando 990 vittime. Il libro vuole rappresentare il contributo tecnico per la prevenzione sismica fornito dalla categoria dei geologi alle Regioni, agli enti locali, al Parlamento Italiano, e, in particolare, alle comunità colpite nel corso degli ultimi quarant’anni da eventi sismici dalle conseguenze tragiche. Il volume si sofferma, in particolare, sugli strumenti a disposizione oggi di microzonazione sismica e di modellazione geologica di riferimento, sino alla strategia nazionale di prevenzione del rischio sismico che analizza la condizione limite per l’emergenza, e ne fornisce un quadro aggiornato della situazione su base nazionale. La strada auspicabile è quella di una vera e propria cultura della prevenzione sismica sempre più diffusa e approfondita, in grado di indirizzare le politiche di governo del territorio verso l’attuazione di provvedimenti che siano anche capaci di allargare il tema della prevenzione alla complessità dei rischi, quali quelli originati da fenomeni naturali come da attività antropiche.

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Presentazione libro “SISMA dal Friuli 1976 all’Italia di oggi” Redazione27Novembre2017

Comunicato stampa del CNG: Anteprima nazionale alla stampa del Volume “SISMA

dal Friuli 1976 all’Italia di oggi – Il contributo dei Geologi Italiani per la prevenzione”, 1° dicembre 2017 ore 11:00 – Urban Center di

Rovereto (TN)

Locandina presentazione Libro Sisma

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Il 1° dicembre alle ore 11:00 presso l’Urban Center di Rovereto (Corso A. Rosmini, 58) sarà presentato, in anteprima nazionale alla stampa, il volume “SISMA dal Friuli 1976 all’Italia di oggi – Il contributo dei Geologi Italiani per la prevenzione”, un lavoro frutto della collaborazione del Consiglio Nazionale dei Geologi, dell’Ordine dei Geologi del Friuli Venezia Giulia e della Fondazione Centro Studi CNG, con il supporto della Fondazione Friuli. La presentazione del libro, che parte dal terremoto che colpì 41 anni fa il Friuli per fare il punto ad oggi sul rischio sismico e sulla prevenzione nel nostro Paese, sarà ospitata nell’ambito del Convegno “Tra Geologia e Geofisica 2017″ – Workshop in Geofisica e Giornata di Studi, a cura della Fondazione Museo Civico di Rovereto in Convenzione con l’Ordine dei Geologi del Trentino Alto Adige e con il Patrocinio e la Collaborazione degli Ordini dei Geologi di Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia e Veneto, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Padova. Alla conferenza stampa sono stati invitati: il Presidente del CNG, Francesco Peduto, il Presidente dell’Ordine dei Geologi della Regione Friuli Venezia Giulia, Gianni Menchini, il Presidente dell’Ordine dei Geologi della Regione Trentino Alto Adige/Südtirol, Mirko Demozzi, il Presidente della Fondazione del Museo Civico di Rovereto, Giovanni Laezza, il Sindaco di Rovereto, Francesco Valduga, l’Assessore provinciale alla Protezione civile di Trento, Tiziano Mellarini e i Presidenti degli Ordini Regionali dei Geologi del Nord Italia. Alla prima presentazione nazionale alla stampa del volume “SISMA dal Friuli 1976 all’Italia di oggi – Il contributo dei Geologi Italiani per la prevenzione”, edito dalla Fondazione Centro Studi del CNG e pubblicato nel mese di luglio 2017, seguiranno altre due tappe: una avrà luogo nell’Italia centrale e l’altra nell’Italia meridionale.

Il 6 maggio del 1976, alle 21:00, un sisma di magnitudo 6.5 della scala Richter colpì il Friuli Venezia Giulia, provocando 990 vittime. Il libro vuole rappresentare il contributo tecnico per la prevenzione sismica fornito dalla categoria dei geologi alle Regioni, agli enti locali, al Parlamento Italiano, e, in particolare, alle comunità colpite nel corso degli ultimi quarant’anni da eventi sismici dalle conseguenze tragiche. Il volume si sofferma, in particolare, sugli strumenti a disposizione oggi di microzonazione sismica e di modellazione geologica di riferimento, sino alla strategia nazionale di prevenzione del rischio sismico che analizza la condizione limite per l’emergenza, e ne fornisce un quadro aggiornato della situazione su base nazionale. La strada auspicabile è quella di una vera e propria cultura della prevenzione sismica sempre più diffusa e approfondita, in grado di indirizzare le politiche di governo del territorio verso l’attuazione di provvedimenti che siano anche capaci di allargare il tema della prevenzione alla complessità dei rischi, quali quelli originati da fenomeni naturali come da attività antropiche.

Conosceregeologia sarà presente all’evento e vi aggiornerà con articoli e fotogalley.

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“SISMA dal Friuli 1976 all’Italia di oggi – Il contributo dei Geologi Italiani per la prevenzione”: il 1° dicembre la presentazione del volume Il libro parte dal sisma che colpì 41 anni fa il Friuli per fare il punto ad oggi sul rischio sismico e sulla prevenzione nel nostro Paese A cura di Filomena Fotia

27 novembre 2017 - 11:09

Il 1° dicembre alle ore 11:00 presso l’Urban Center di Rovereto (Corso A. Rosmini, 58) sarà presentato, in

anteprima nazionale alla stampa, il volume “SISMA dal Friuli 1976 all’Italia di oggi – Il contributo dei

Geologi Italiani per la prevenzione”, un lavoro frutto della collaborazione del Consiglio Nazionale dei Geologi,

dell’Ordine dei Geologi del Friuli Venezia Giulia e della Fondazione Centro Studi CNG, con il supporto della

Fondazione Friuli. La presentazione del libro, che parte dal terremoto che colpì 41 anni fa il Friuli per fare il

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punto ad oggi sul rischio sismico e sulla prevenzione nel nostro Paese, sarà ospitata nell’ambito del Convegno

“Tra Geologia e Geofisica 2017” – Workshop in Geofisica e Giornata di Studi, a cura della Fondazione Museo

Civico di Rovereto in Convenzione con l’Ordine dei Geologi del Trentino Alto Adige e con il Patrocinio e la

Collaborazione degli Ordini dei Geologi di Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia e Veneto, in

collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Padova.

Alla conferenza stampa sono stati invitati: il Presidente del CNG, Francesco Peduto, il Presidente dell’Ordine dei

Geologi della Regione Friuli Venezia Giulia, Gianni Menchini, il Presidente dell’Ordine dei Geologi della

Regione Trentino Alto Adige/Südtirol, Mirko Demozzi, il Presidente della Fondazione del Museo Civico di

Rovereto, Giovanni Laezza, il Sindaco di Rovereto, Francesco Valduga, l’Assessore provinciale alla Protezione

civile di Trento, Tiziano Mellarini e i Presidenti degli Ordini Regionali dei Geologi del Nord Italia. Alla prima

presentazione nazionale alla stampa del volume “SISMA dal Friuli 1976 all’Italia di oggi – Il contributo dei

Geologi Italiani per la prevenzione”, edito dalla Fondazione Centro Studi del CNG e pubblicato nel mese di luglio

2017, seguiranno altre due tappe: una avrà luogo nell’Italia centrale e l’altra nell’Italia meridionale.

Il 6 maggio del 1976, alle 21:00, un sisma di magnitudo 6.5 della scala Richter colpì il Friuli Venezia Giulia,

provocando 990 vittime. Il libro vuole rappresentare il contributo tecnico per la prevenzione sismica fornito dalla

categoria dei geologi alle Regioni, agli enti locali, al Parlamento Italiano, e, in particolare, alle comunità colpite

nel corso degli ultimi quarant’anni da eventi sismici dalle conseguenze tragiche. Il volume si sofferma, in

particolare, sugli strumenti a disposizione oggi di microzonazione sismica e di modellazione geologica di

riferimento, sino alla strategia nazionale di prevenzione del rischio sismico che analizza la condizione limite per

l’emergenza, e ne fornisce un quadro aggiornato della situazione su base nazionale. La strada auspicabile è quella

di una vera e propria cultura della prevenzione sismica sempre più diffusa e approfondita, in grado di indirizzare

le politiche di governo del territorio verso l’attuazione di provvedimenti che siano anche capaci di allargare il

tema della prevenzione alla complessità dei rischi, quali quelli originati da fenomeni naturali come da attività

antropiche.

A cura di Filomena Fotia

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A Rovereto il 1 dicembre presentazione del volume “SISMA dal Friuli 1976 all’Italia di oggi – Il contributo dei Geologi Italiani per la prevenzione”

Pubblicato il 27 novembre 2017 in Libri

Il 1° dicembre alle ore 11:00 presso l’Urban Center di Rovereto (Corso A. Rosmini, 58) sarà presentato, in anteprima nazionale alla stampa, il volume “SISMA dal Friuli 1976 all’Italia di oggi – Il contributo dei Geologi Italiani per la prevenzione”, un lavoro frutto della collaborazione del Consiglio Nazionale dei Geologi, dell’Ordine dei Geologi del Friuli Venezia Giulia e della Fondazione Centro Studi CNG, con il supporto della Fondazione Friuli. La presentazione del libro, che parte dal terremoto che colpì 41 anni fa il Friuli per fare il punto ad oggi sul rischio sismico e sulla prevenzione nel nostro Paese, sarà ospitata nell’ambito del Convegno “Tra Geologia e Geofisica 2017″ – Workshop in Geofisica e Giornata di Studi, a cura della Fondazione Museo Civico di Rovereto in Convenzione con l’Ordine dei Geologi del Trentino Alto Adige e con il Patrocinio e la Collaborazione degli Ordini dei Geologi di Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia e Veneto, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Padova. Alla conferenza stampa sono stati invitati: il Presidente del CNG, Francesco Peduto, il Presidente dell’Ordine dei Geologi della Regione Friuli Venezia Giulia, Gianni Menchini, il Presidente dell’Ordine dei Geologi della Regione Trentino Alto Adige/Südtirol, Mirko Demozzi, il Presidente della Fondazione del Museo Civico di Rovereto, Giovanni Laezza, il Sindaco di Rovereto, Francesco Valduga, l’Assessore provinciale alla Protezione civile di Trento, Tiziano Mellarini e i Presidenti degli Ordini Regionali dei Geologi del Nord Italia. Alla prima presentazione nazionale alla stampa del volume “SISMA dal Friuli 1976 all’Italia di oggi – Il contributo dei Geologi Italiani per la prevenzione”, edito dalla Fondazione Centro Studi del CNG e pubblicato nel mese di luglio 2017, seguiranno altre due tappe: una avrà luogo nell’Italia centrale e l’altra nell’Italia meridionale.

Il 6 maggio del 1976, alle 21:00, un sisma di magnitudo 6.5 della scala Richter colpì il Friuli Venezia Giulia, provocando 990 vittime. Il libro vuole rappresentare il contributo tecnico per la prevenzione sismica fornito dalla categoria dei geologi alle Regioni, agli enti locali, al Parlamento Italiano, e, in particolare, alle comunità colpite nel corso degli ultimi quarant’anni da eventi sismici dalle conseguenze tragiche. Il volume si sofferma, in particolare, sugli strumenti a disposizione oggi di microzonazione sismica e di modellazione geologica di riferimento, sino alla strategia nazionale di prevenzione del rischio sismico che analizza la condizione limite per l’emergenza, e ne fornisce un quadro aggiornato della situazione su base nazionale. La strada auspicabile è quella di una vera e propria cultura della prevenzione sismica sempre più diffusa e approfondita, in grado di indirizzare le politiche di governo del territorio verso l’attuazione di provvedimenti che siano anche capaci di allargare il tema della prevenzione alla complessità dei rischi, quali quelli originati da fenomeni naturali come da attività antropiche.

Fonte : CNG

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Consiglio Nazionale dei Geologi Anteprima alla stampa del volume "Sisma dal Friuli 1976 a oggi"

di Umberto Mastromartino

Comunicato stampa

Anteprima nazionale alla stampa del Volume “SISMA dal Friuli 1976 all’Italia di oggi – Il contributo dei Geologi Italiani per la prevenzione”

1° dicembre 2017 ore 11:00 - Urban Center di Rovereto (TN)

Il 1° dicembre alle ore 11:00 presso l’Urban Center di Rovereto (Corso A. Rosmini, 58) sarà presentato, in anteprima nazionale alla stampa, il volume “SISMA dal Friuli 1976 all’Italia di oggi – Il contributo dei Geologi Italiani per la prevenzione", un lavoro frutto della collaborazione del Consiglio Nazionale dei Geologi, dell'Ordine dei Geologi del Friuli Venezia Giulia e della Fondazione Centro Studi CNG, con il supporto della Fondazione Friuli. La presentazione del libro, che parte dal terremoto che colpì 41 anni fa il Friuli per fare il punto ad oggi sul rischio sismico e sulla prevenzione nel nostro Paese, sarà ospitata nell'ambito del Convegno "Tra Geologia e Geofisica 2017" - Workshop in Geofisica e Giornata di Studi, a cura della Fondazione Museo Civico di Rovereto in Convenzione con l’Ordine dei Geologi del Trentino Alto Adige e con il Patrocinio e la Collaborazione degli Ordini dei Geologi di Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia e Veneto, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Padova.

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Alla conferenza stampa sono stati invitati: il Presidente del CNG, Francesco Peduto, il Presidente dell’Ordine dei Geologi della Regione Friuli Venezia Giulia, Gianni Menchini, il Presidente dell’Ordine dei Geologi della Regione Trentino Alto Adige/Südtirol, Mirko Demozzi, il Presidente della Fondazione del Museo Civico di Rovereto, Giovanni Laezza, il Sindaco di Rovereto, Francesco Valduga, l’Assessore provinciale alla Protezione civile di Trento, Tiziano Mellarini e i Presidenti degli Ordini Regionali dei Geologi del Nord Italia. Alla prima presentazione nazionale alla stampa del volume “SISMA dal Friuli 1976 all’Italia di oggi – Il contributo dei Geologi Italiani per la prevenzione", edito dalla Fondazione Centro Studi del CNG e pubblicato nel mese di luglio 2017, seguiranno altre due tappe: una avrà luogo nell’Italia centrale e l’altra nell’Italia meridionale.

Il 6 maggio del 1976, alle 21:00, un sisma di magnitudo 6.5 della scala Richter colpì il Friuli Venezia Giulia, provocando 990 vittime. Il libro vuole rappresentare il contributo tecnico per la prevenzione sismica fornito dalla categoria dei geologi alle Regioni, agli enti locali, al Parlamento Italiano, e, in particolare, alle comunità colpite nel corso degli ultimi quarant’anni da eventi sismici dalle conseguenze tragiche. Il volume si sofferma, in particolare, sugli strumenti a disposizione oggi di microzonazione sismica e di modellazione geologica di riferimento, sino alla strategia nazionale di prevenzione del rischio sismico che analizza la condizione limite per l’emergenza, e ne fornisce un quadro aggiornato della situazione su base nazionale. La strada auspicabile è quella di una vera e propria cultura della prevenzione sismica sempre più diffusa e approfondita, in grado di indirizzare le politiche di governo del territorio verso l’attuazione di provvedimenti che siano anche capaci di allargare il tema della prevenzione alla complessità dei rischi, quali quelli originati da fenomeni naturali come da attività antropiche.

Rovereto, 27 novembre 2017

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la Repubblica

L'inchiesta

Data 28-11-2017

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Lascia il direttore del Cnr sotto accusa per peculato Massimiliano Di Bitetto è sospettato di essersi appropriato di fondi dell'ente per fini privati

BIANCA DE FAZIO, NAPOLI

Dimissioni eccellenti al Cnr. La­scia, proprio mentre è in pieno cor­so l'inchiesta della procura di Na­poli sull'impiego dei fondi del Cnr, il direttore generale Massimiliano Di Bitetto. Il numero uno del Consi­glio nazionale delle ricerche dal punto di vista amministrativo e ge­stionale è indagato fin dalla scorsa primavera, con altri 7 tra funziona­ri e ricercatori, e accusato di asso­ciazione per delinquere finalizza­ta al peculato.

Di Bitetto ha visto aggravarsi la sua posizione dopo le dichiarazio­ni di Vittorio Gargiulo, l'ex funzio­nario dell'Istituto ambiente mari­no costiero di Napoli arrestato per aver acquistato giochi gonfiabili ed altro coi soldi del Cnr. Sarebbe­ro state le dichiarazioni di Gargiu-

lo a coinvolgere Di Bitetto. «Tu e la tua direttrice dovete finire di rom­pere. Io devo avere ancora due ba­bà» avrebbe detto il direttore gene­rale del Cnr a Gargiulo, il quale ha precisato: «Quando Di Bitetto ha parlato dei babà ho pensato si rife­risse ad altre consulenze per 2 mi­lioni». Dichiarazioni che chiamano pesantemente in causa anche altri protagonisti, come il dirigente di ri­cerca Ennio Marsella, che ha deci­so di mettersi in aspettativa.

Se Gargiulo è già a processo con rito abbreviato, gli altri attendono la fine delle indagini e respingono le accuse. Come quelle secondo le quali «dal 2009 al 2014 tutte le con­sulenze - sono parole di Gargiulo -erano in realtà inesistenti e costi­tuivano una modalità attraverso laquale Di Bitetto e Marsella si appro­priavano di fondi dell'ente a finiprivati». L'inchiesta potrebbe esse­re ad una svolta. Ed è probabilmen­te anche per togliere ossigeno alleindiscrezioni e ai possibili nuoviprovvedimenti giudiziari che Di Bi­tetto si è fatto da parte. Rivendican­do la sua correttezza: «Ho sempreoperato in modo corretto e leale».

Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile.

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28/11/2017 Gare, il Consiglio di Stato verso l'estensione dell'«onere di immediata impugnazione»

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28 Nov 2017

Gare, il Consiglio di Stato verso l'estensionedell'«onere di immediata impugnazione»Roberto Mangani

Una rivisitazione profonda dei criteri fino ad oggi seguiti per stabilire in quali ipotesi scattil'onere di immediata impugnazione del bando, ampliando di molto le clausole per le qualisussiste tale onere. È questa la possibilità che si delinea se l'Adunanza Plenaria del Consiglio diStato deciderà di accogliere la prospettazione contenuta nell'Ordinanza di rimessione dellaSezione III, n. 2593 del 7 novembre 2017.

IL CASO L'Ordinanza di rimessione tare origine da una procedura di gara per l'affidamento del servizio diarchiviazione, custodia e gestione della documentazione amministrativa e sanitaria, daaggiudicarsi con il criterio del prezzo più basso. Un concorrente non aggiudicatario ha impugnato l'intervenuta aggiudicazione censurandol'utilizzo del criterio indicato, che non teneva conto della complessità del servizio; talecomplessità avrebbe in effetti dovuto portare all'utilizzo del criterio di aggiudicazionedell'offerta economicamente più vantaggiosa. Il giudice di primo grado ha accolto la censura mossa, ma la sentenza è stata impugnatadall'originario aggiudicatario, che a sua volta ha contestato il fatto che il concorrente nonaggiudicatario aveva comunque partecipato alla gara senza mai sindacare in merito al ricorso alcriterio del prezzo più basso, il cui utilizzo era stato censurato solo ad aggiudicazione avvenuta.

Il Consiglio di Stato, preso atto che la questione sollevata involgeva l'individuazione delmomento in cui scatta l'onere di immediata impugnazione di determinate clausole del bando –nel caso specifico la clausola relativa al criterio di aggiudicazione – e tenuto conto che il temaera stato affrontato nella pronuncia dell'Adunanza Plenaria n. 1/2003, ha ritenuto opportunochiamare nuovamente in causa l'Adunanza Plenaria per sottoporgli la possibilità di modificare ilsuo orientamento tenuto conto dei profondi mutamenti che nel frattempo hanno riguardato ilquadro normativo.

LA QUESTIONE SOTTOPOSTA ALL'ADUNANZA PLENARIA La questione controversa sottoposta all'Adunanza Plenaria riguarda l'esatta definizione dei casiin cui nelle procedure di gara sussiste l'onere di immediata impugnazione del bando o degli altriprovvedimenti che sono da considerare immediatamente lesivi, ancorché si collochino in un unafase anteriore all'atto finale di aggiudicazione.

In sostanza, prendendo spunto dall'esistenza o meno di un obbligo di impugnazione immediatadella clausola relativa al criterio di aggiudicazione utilizzato, l'Ordinanza di rimessione allarga ilcampo di indagine, chiamando l'Adunanza Plenaria ad affrontare in termini generali il tema deilimiti e delle condizioni dell'impugnazione immediata di atti e provvedimenti di competenza

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dell'ente appaltante.

Si tratta di un tema che, proprio in considerazione della sua valenza generale, imponel'eventuale rivisitazione dei principi a suo tempo stabiliti nella sentenza della stessa AdunanzaPlenaria n. 1/2003 e poi sostanzialmente recepiti dalla giurisprudenza successiva.

I MUTAMENTI NORMATIVI L'Ordinanza di rimessione illustra con grande puntualità i mutamenti intervenuti nel quadronormativo relativo ai contratti pubblici che, ad avviso del giudice remittente, dovrebbero portarea una rivisitazione dei principi espressi nella sentenza n.1 del 2003.

Il primo mutamento si colloca a livello del diritto comunitario. Se infatti è vero che il legislatoreUE non offre alcuna specifica indicazione in ordine al momento in cui deve essere riconosciutaagli interessanti la facoltà di proporre ricorso rispetto ad attii ritenuti lesivi della propria sferagiuridica, vi sono tuttavia degli indirizzi di carattere generale che non possono essere ignorati. Ci si riferisce alla tendenza ad ampliare l'ambito dell'interesse ad impugnare e nel contempo adanticipare i tempi di attivazione di tale interesse. Tutto ciò anche nell'ottica di tutela generaledella concorrenza e di rispetto della legalità delle procedure. Inoltre, sempre a livello comunitario emerge una tendenza generale ad accelerare la definizionedel contenzioso, evitando che rapporti giuridici ormai consolidati possano essere messi indiscussione anche a distanza di tempo attraverso la proposizione di ricorsi davanti al giudice.

A livello di ordinamento interno, l'Ordinanza di rimessione ricorda come sia recentementeintervenuta una pronuncia del Consiglio di Stato, Sez. III, 2 maggio 2017, n. 2014 che si èdiscostata dai principi dell'Adunanza Plenaria n. 1 del 2003. Prendendo spunto dalleargomentazioni sviluppate in tale pronuncia, l'Ordinanza di rimessione condivide l'opportunitàdi rimettere in discussione le conclusioni dell'Adunanza Plenaria n. 1 del 2003, che richiedono diessere sottoposte a un‘interpretazione evolutiva che le renda coerenti con un quadro normativoprofondamente modificato nella sua impostazione e prospettiva.

GLI ELEMENTI DI NOVITÀ La prima novità che viene in considerazione è l'introduzione della sanzione della nullità delleclausole escludenti autonomamente introdotte dall'ente appaltante al di fuori delle ipotesitassative previste dalla norma. Il fatto che il legislatore abbia deliberatamente abbandonato iltradizionale criterio dell'annullabilità dell'atto amministrativo a favore della nullità costituisceuna novità che è anche un indice del rilievo che assume l'interesse generale alla legalità cheaffianca e anzi trascende l'interesse particolare alla partecipazione alla gara.

Il secondo elemento è rappresentato dagli specifici poteri dell'ANAC come sono delineatidall'articolo 213 del D.lgs. 50/206. Si tratta del potere di agire in giudizio per far valerel'illegittimità degli atti di gara e del potere di emanare un parere motivato nel quale si indicanoin maniera puntuale i vizi di legittimità riscontrati. Queste previsioni fanno sì che l'ANAC siapercepito come una sorta di ente esponenziale dell'interesse collettivo allo svolgimento di garepienamente legittime; i poteri che gli sono concessi non sono finalizzati al rispetto di unospecifico interesse, bensì alla salvaguardia dell'interesse generale alla legalità.

Ancora, va ricordata l'introduzione da parte del legislatoredell'onere di impugnazione immediatadei provvedimenti di ammissione e di esclusione. Questa novità mira in primo luogo allasoluzione anticipata di questioni che attengo all'ammissione/esclusione del concorrente,evitando che si arrivi in fondo alla gara per vedersi proposta – magari con successo - una

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questione che appartiene a una fase ben precedente. Inoltre, sullo sfondo resta anche in questocaso l'interesse più generale a un corretto svolgimento della gara, che ha una sua autonomiarispetto all'interesse particolare del concorrente.

Infine, va ricordata la scelta del legislatore di scegliere il criterio dell'offerta economicamente piùvantaggiosa come criterio da utilizzare in via ordinaria, relegando il criterio del prezzo più bassoa ipotesi residuali e predeterminate dal legislatore. Circostanza che impone la necessità di poterimpugnare con immediatezza la scelta del criterio di aggiudicazione che non si ritenga in lineacon l'indicazione legislativa.

IL "BENE DELLA VITA" DA FAR VALERE IN GIUDIZIO L'insieme degli elementi di novità sopra riassunti porta a ritenere che, nel settore dei contrattipubblici il "bene della vita" oggetto di tutela non possa identificarsi nel mero interesseall'aggiudicazione. Si intende dire che vi è un interesse dei concorrenti - e per alcuni aspettianche della collettività indistinta - a partecipare a gare che siano pienamente legittiime. Il cheimplica sotto il profilo dell'impugnazione che la stessa sia proposta con immediatezza, appenaemerge la potenziale illegittimità. Da qui la conclusione cui giunge l'Ordinanza di rimessione: l'onere di immediataimpugnazione dovrebbe estendersi a tutte le clausole che dettano le regole formali e sostanzialidella gara, con la sola eccezione delle previsioni generiche e incerte che proprio perché taliproducono il loro effetto lesivo solo con l'atto o provvedimento che ne fa applicazione. È evidente che se l'Adunanza Plenaria accettasse questa impostazione l'intero regime delleimpugnazioni ne uscirebbe profondamente modificato, costringendo enti appaltanti ed operatori amisurarsi con una realtà fino ad oggi sconosciuta.

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28/11/2017 Gare/2. I principi da ribaltare sono quelli della sentenza 1/2003: ricorso quando c'è lesione immediata

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28 Nov 2017

Gare/2. I principi da ribaltare sono quellidella sentenza 1/2003: ricorso quando c'èlesione immediataRoberto Mangani

L'individuazione del momento in cui i concorrenti alle gare devono impugnare gli atti dellaprocedura ritenuti illegittimi è questione da sempre oggetto di grande attenzione e anche dinotevole dibattito. L'importanza del tema deriva dal fatto che se si propone ricorso quando nonvi sono ancora le condizioni temporali il ricorso stesso viene dichiarato inammissibile. Alcontrario, se l'impugnazione non viene proposta tempestivamente – cioè entro il periodo in cuila legittimità del provvedimento può essere contestata davanti al giudice amministrativo - ilricorso viene considerato tardivo e viene preclusa la trattazione del merito della controversia.

LA SITUAZIONE ATTUALE: L'ADUNANZA PLENARIA N. 1 DEL 2003 Attualmente i principi generali che governano la tempistica di impugnazione sono ancora – inlinea di massima - quelli sanciti dalla storica sentenza dell'Adunanza Plenaria n. 1 del 2003. Il principio di base è che l'onere di immediata impugnazione degli atti di gara sussiste solo in casicircoscritti, tra cui non rientrano ad esempio le contestazioni relative al metodo di gara e aicriteri di aggiudicazione. Questa tesi si fonda sull'assunto per cui, a fronte di una clausolaritenuta illegittima del bando di gara, il concorrente non ha un interesse immediatoall'impugnazione, poiché l'effettiva lesione della sua posizione giuridica si ha solo nel momentosuccessivo in cui viene posto in essere l'atto della procedura di gara - normalmentel'aggiudicazione – che opera la concreta applicazione della suddetta clausola. In altri termini è solo l'atto applicativo della clausola contestata che trasforma una lesionepotenziale e astratta in una lesione effettiva e concreta. Ciò in quanto – secondo la tesi espostadall'Adunanza Plenaria – l'interesse protetto dalle norme (il così detto "bene della vita") non ècostituto dall'esigenza di assicurare la legittimità della procedura, quanto quello di consentire alconcorrente di conseguire l'aggiudicazione. Ne deriva che la tutela giurisdizionale può trovarelegittimo spazio solo qualora l'aggiudicazione, in applicazione delle clausole del bando, vienenegata al concorrente.

Sulla base di questo principio generale l'Adunanza Plenaria è arrivata ad affermare che leclausole del bando che vanno immediatamente impugnate – senza quindi attendere l'attoapplicativo delle stesse – sono quelle che prescrivono requisiti soggettivi di ammissione o dipartecipazione alle gare. Queste clausole, infatti, sono immediatamente lesive, in quantopregiudicano direttamente la posizione e quindi la sfera giuridica del concorrente, che vedeimpedita la sua partecipazione alla gara.

Allo stesso modo, sussiste l'onere di immediata impugnazione per quelle clausole cheimpongono ai fini della partecipazione alla gara oneri incomprensibili o manifestamente

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sproporzionati rispetto all'oggetto del contratto, comportando per il soggetto interessato lasostanziale impossibilità di partecipare alla gara. In questa logica, va impugnataimmediatamente la clausola che risulta indecifrabile nei suoi contenuti, e che come taleimpedisce nei fatti al potenziale concorrente di avere contezza dell'effettivo contenuto delbando, precludendo o quanto meno falsando la sua partecipazione alla gara.

Al contrario, sempre facendo applicazione del ricordato principio generale, l'Adunanza Plenariaha escluso che sussista un onere di impugnazione immediata per tutte le clausole la cuipotenzialità lesiva è destinata a manifestarsi in un secondo momento. Tra queste vengono indicate le clausole che riguardano la composizione e il funzionamento delseggio di gara, quelle che condizionano anche indirettamente la formulazione dell'offerta – tracui rientrano quelle relative al metodo di gara utilizzato, al criterio di aggiudicazione prescelto ealla valutazione dell'anomalia dell'offerta – nonché, infine, quelle che definiscono oneri formaliper la partecipazione alla gara.

LA GIURISPRUDENZA SUCCESSIVA La giurisprudenza successiva si è sostanzialmente mossa lungo le direttrici definitedall'Adunanza Plenaria, limitandosi a puntualizzare i principi da questa dettati in sede diapplicazione ai casi concreti. In particolare, sono stati individuati ulteriori casi in cui, in deroga alla regola generale, operal'onere di impugnazione immediata delle clausole del bando. È stato quindi sancito tale onerenelle seguenti ipotesi: a) disposizioni abnormi o irragionevoli, che rendono impossibileverificare la convenienza tecnica ed economica della partecipazione alla gara; b) condizioninegoziali indicate nello schema di contratto che rendano il rapporto contrattualeeccessivamente oneroso e oggettivamente non conveniente; c) imposizione di obblighi contrarialla legge, quale ad esempio la cauzione per un importo superiore a quello indicato dalla norma;d) gravi carenze nell'indicazioni di dati essenziali per la formulazione dell'offerta (errori palesinell'indicazione del numero dei soggetti che l'aggiudicatario è tenuto a riassumere e dellerelative qualifiche) o indicazione di formule matematiche palesemente errate ai fini dellavalutazione delle offerte (come per esempio quelle in cui tutte le offerte conseguono unpunteggio pari a zero); e) atti di gara che non recano l'espressa indicazione dei costi dellasicurezza non soggetti a ribasso.

In definitiva il denominatore comune di tutti i casi indicati è che l'onere di impugnazioneimmediata sussiste per tutte quelle clausole che comportano ai fini della partecipazione allaprocedura oneri assolutamente incomprensibili o manifestamente sproporzionati rispetto aicontenuti della gara e che hanno come effetto di rendere la partecipazione alla proceduraimpossibile o comunque inutile ovvero eccessivamente gravosa sotto il profilo tecnico edeconomico.

LE CRITICHE ALL'IMPUGNAZIONE POSTICIPATA La posizione assunta dall'Adunanza Plenaria e confermata dalla successiva giurisprudenzaprevalente è andata incontro negli anni a numerose critiche da parte sia della dottrina che diqualche isolata pronuncia. E' stato infatti evidenziato che non vi è alcuna ragione per posticipare l'impugnazione di singoleclausole del bando di gara. I concorrenti devono infatti essere obbligati ad impugnare conimmediatezza tutte le singole clausole che ritengono lesive della loro sfera giuridica, garantendoin questo modo non solo la loro posizione ma anche l'interesse più generale a un ordinato ecorretto svolgimento della procedura.

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28/11/2017 Gare/2. I principi da ribaltare sono quelli della sentenza 1/2003: ricorso quando c'è lesione immediata

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Ed è proprio quest'ultimo punto che merita particolare attenzione. La logica che sta dietro la tesiche spinge verso l'immediata impugnazione di tutte indistintamente le clausole del bando è daricercare nell'affermazione secondo cui i concorrenti non hanno solo l'interesseall'aggiudicazione, ma più a monte hanno un interesse di carattere più generale a partecipare auna procedura di gara pienamente legittima.

La conseguenza di questa impostazione è immediata: tutte le clausole ritenute illegittime vannoimpugnate immediatamente, così da assicurare fin da subito la piena legittimità dell'azioneamministrativa eliminando i margini di incertezza che inevitabilmente comportal'impugnazione posticipata di determinate clausole del bando di gara.

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28/11/2017 Commissari ex Dl 90/2014: utili congelati a largo raggio per consorzi e general contractor

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28 Nov 2017

Commissari ex Dl 90/2014: utili congelati alargo raggio per consorzi e generalcontractorGiuseppe Latour

Il commissariamento imposto da Prefettura e Autorità anticorruzione (art. 32 del Dl n. 90/2014)comporta un congelamento degli utili a largo raggio. Che colpisce, quindi, sia il consorzio che leimprese consorziate che eseguono i lavori.

Il Consiglio di Stato si è pronunciato ieri a favore di questa interpretazione estensiva, con settesentenze gemelle (n. 5563/2017 e seguenti, si veda questa come esempio) che hanno analizzatola questione del Consorzio Venezia Nuova, concessionario dei lavori per la realizzazione delMose. L’esecuzione del progetto per la realizzazione di paratie mobili destinate a proteggere lacittà dall’erosione dovuta al fenomeno dell’acqua alta è stato commissariato alla fine del 2014dalla prefettura di Roma, su richiesta dell’Anac di Raffaele Cantone.

Proprio la Prefettura di Roma ha scatenato la controversia, con un decreto di inizio 2016 che ha«esteso - si legge nella pronuncia - anche alle imprese consorziate l’accantonamento degli utiliimposto al Consorzio Venezia Nuova». L’accantonamento di cui si parla riguarda l’utiled’impresa derivante dall’esecuzione del contratto commissariato: in attesa della sentenza penaledefinitiva, questo va collocato in un fondo apposito. Contro questa impostazione sono partitiuna serie di ricorsi al Tar Lazio. Il Tribunale regionale, nella sua decisione, aveva spiegato che«detto accantonamento non potrebbe avere effetto nei confronti delle imprese consorziate,essendo soggetto al commissariamento solo il Consorzio».

Una lettura contro la quale sono arrivati i ricorsi di Prefettura di Roma e Anac. Che hannoevidenziato un dato: i ricavi relativi alla commessa confluiscono, per la quasi totalità, nelle cassedelle imprese assegnatarie dei singoli lavori. Il consorzio riceve solo una quota residuale, pari acirca il 12% dei corrispettivi contrattuali, per la copertura degli oneri di coordinamento. Quindi,non intervenire sulle imprese consorziate «rende, di fatto, inoperante il commissariamento delcontratto».

I giudici di Palazzo Spada hanno ribaltato le indicazioni del Tar, confermando la legittimità delprovvedimento del Prefetto di Roma. «La ratio della norma - ricordano - è quella di consentire ilcompletamento dell’opera nell’esclusivo interesse dell’amministrazione concedente mediante lagestione del contratto in regime di “legalità controllata”. Ciò al fine di scongiurare il paradossaleeffetto di far percepire, proprio attraverso il commissariamento che conduce all’esecuzione delcontratto, il profitto dell’attività criminosa». Se questa è l’impostazione logica, non ci si puòappigliare alla separazione giuridica tra Consorzio e singole imprese che ne fanno parte. Èprioritario, invece, tutelare la finalità anticorruttiva con la quale sono stati costruiti icommissariamenti e, quindi, allargare il raggio d’azione del congelamento degli utili.

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28/11/2017 Abusi, via libera alla demolizione anche se i lavori sono ancora in corso

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28 Nov 2017

Abusi, via libera alla demolizione anche se ilavori sono ancora in corsoDonato Palombella

Legittimo il provvedimento con cui l'amministrazione sospende i lavori ordinando,successivamente, la demolizione delle opere abusive. La circostanza che i lavori siano ancora initinere non preclude i provvedimenti sanzionatori previsti dall'art. 31 del Dpr380/2001. Le"variazioni essenziali" prescindono dall'utilizzo dell'immobile consistendo in difformità tra ilprogetto assentito e quanto realizzato.

Il fatto contestato Il comune, previa sospensione dei lavori, ingiunge ad una società di procedere alla demolizionedi taluni manufatti, realizzati in zona agricola, in difformità dalla concessione edilizia e dallarelativa denuncia di inizio attività. La società impugna dinanzi al Tar l'ordinanza didemolizione, il provvedimento di sospensione dei lavori, nonché il diniego di rilascio delpermesso di costruire in sanatoria; parallelamente, chiede il risarcimento del danno causatodalla sospensione dei lavori, quantificato in 50.000 euro. Il Tar respinge il ricorso e la questioneviene sottoposta al Consiglio di Stato.

Le ragioni del proprietario La società contesta che le opere siano state realizzate con variazioni essenziali rispetto alprogetto approvato ed in totale difformità dalla concessione edilizia e dalla successiva Dia.Sottolinea, al riguardo, che il cantiere era ancora in itinere per cui non potevano essere applicatemisure sanzionatorie. Se non fosse intervenuto l'ordine di sospensione dei lavori, le operesarebbero state completate in conformità al progetto autorizzato. In sostanza, solo al terminedei lavori, sarebbe stato possibile valutare possibili difformità tra il progetto assentito e quantorealizzato. La proprietà precisa, in relazione al piano seminterrato ed al piano interrato(asseritamente abusivi), che essi erano stati realizzati per conferire maggiore stabilità delfabbricato e, alla fine dei lavori, sarebbero stati totalmente interrati; in altre parole, i manufattiandavano considerati come delle "fondazioni" che non comportavano la realizzazione disuperfici utili. Il contestato ampliamento del piano interrato, consisteva, in realtà, in un vanoinaccessibile; il porticato era da intendersi come conseguenza della mancata tamponatura dellepareti esterne; le aperture di vani finestra e porta sui muri perimetrali, erano state contestatesulla base di mere presunzioni; la veranda, invece, era stata assentita con il progetto approvato;la strada di accesso, era già esistente e solo oggetto di sistemazione.

Le differenze essenziali La società ritiene l'ordine di demolizione illegittimo perché le opere sarebbero state sanzionateai sensi dell'art. 31 del Dpr n.380/2001 norma, questa, che non avrebbe dovuto trovareapplicazione in quanto l'organismo edilizio non era integralmente diverso da quello assentito.Secondo il proprietario, la "totale difformità" sarebbe contestabile solo in presenza di un

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28/11/2017 Abusi, via libera alla demolizione anche se i lavori sono ancora in corso

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mutamento nella destinazione d'uso, nell'aumento della volumetria o della superficie utile diprogetto che, nel caso in oggetto, non sarebbero invece riscontrabili.

Il risarcimento del danno Come conseguenza della illegittimità della procedura sanzionatoria, il proprietario chiede ilrisarcimento dei danni subiti a causa dell'ingiustificato fermo dei lavori e delle conseguentipenali e maggiori oneri contrattuali pretesi dall'impresa di costruzione.

Il verdetto del Consiglio di Stato La quarta Sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5477, pubblicata il 24 novembre2017, conferma pienamente il verdetto del Tar Roma, sezione prima quater, n. 8591 dell'11settembre 2009 ritenendo l'appello non fondato. Viene confermata l'applicabilità dell'art. 31 delDpr n. 380 del 2001, in quanto il comune aveva rilevato l'esistenza di opere realizzate indifformità dalla concessione edilizia e dalla successiva denuncia di inizio attività. Il giudiced'appello sottolinea che le opere ricadevano in zona agricola, nella quale erano ammesseesclusivamente costruzioni a servizio diretto dell'agricoltura. Essenziale la consulenza tecnicarichiesta dal Tar da cui era possibile rilevare la realizzazione di opere finalizzate ad un aumentodi fruibilità e non ad esigenze provvisorie di cantiere. I rinterri che, secondo il proprietario,costituivano la prova della non fruibilità dei locali semiinterrati realizzati (a suo dire) perassicurare maggiore sicurezza e stabilità, secondo il Ctu, risultano finalizzati a dissimulare leopere realizzate abusivamente. Il presunto piano interrato, in realtà, era stato realizzato quasicompletamente fuori terra e con aperture esterne per una destinazione diversa da quella agarage. Correttamente il Comune aveva qualificato tali interventi come "variazioni essenziali"per cui il provvedimento sanzionatorio della demolizione, ai sensi dell'art. 31 del d.P.R. n.380/2001, risultava del tutto legittimo.

Irrilevante la provvisorietà delle opere Irrilevante la circostanza che i lavori erano ancora in corso e che, pertanto, non era possibileverificare la situazione definitiva delle opere. In realtà, tutte le opere sono state comunquerealizzate senza un titolo abilitativo in una zona agricola comportando la realizzazione, di unorganismo edilizio a tre piani di cui due fuori terra ed uno quasi fuori terra. Inutile la difesa delproprietario che invoca la provvisorietà delle opere; ciò che conta è che esse sono state realizzatein difformità dai titoli abilitativi dei lavori.

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AGCM: Colpite ed affondate le norme sull’equo compenso 28/11/2017

Con buona pace di tutti, secondo l’AGCM (Autorità garante della concorrenza e del mercato) la disciplina dell’equo compenso per tutte le professioni prevista dal decreto-legge fiscale collegato alla manovra, di fatto, ostacola la concorrenza. Colpite ed affondate senza appello, quindi, le norme sull'equo compenso.

L’Autorità ha pubblicato, sul bollettino n. 45 del 27 novembre 2017, la segnalazione AS 1452 inviata ai presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, nonché al Presidente del Consiglio dei Ministri AS1452, avente ad oggetto alcune disposizioni previste nel decreto-legge 148/2017 e nel disegno di legge AC 4741 di conversione dello stesso, recante “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili. Modifica alla disciplina dell’estinzione del reato per condotte riparatorie” (c.d. decreto fiscale).

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Nel dettaglio in tema di “equo compenso” per le professioni, l’Autorità ha segnalato la contrarietà ai principi concorrenziali di quanto previsto dall’art. 19-quaterdecies del ddl in esame che introduce il principio generale per cui le clausole contrattuali tra i professionisti e alcune categorie di clienti, che fissino un compenso a livello inferiore rispetto ai valori stabiliti in parametri individuati da decreti ministeriali, sono da considerarsi vessatorie e quindi nulle. L’AGCM precisa che la disposizione, nella misura in cui collega l’equità del compenso a paramenti tariffari contenuti nei decreti anzidetti, reintroduce di fatto i minimi tariffari, con l’effetto di ostacolare la concorrenza di prezzo tra professionisti nelle relazioni commerciali con alcune tipologie di clienti c.d. “forti” e ricomprende anche la Pubblica Amministrazione. L’Autorità ha sottolineato come, secondo i consolidati principi antitrust nazionali e comunitari, le tariffe professionali fisse e minime costituiscano una grave restrizione della concorrenza, in quanto impediscono ai professionisti di adottare comportamenti economici indipendenti e, quindi, di utilizzare il più importante strumento concorrenziale, ossia il prezzo della prestazione.

L'AGCM ha precisato, anche, che tale intervento, laddove approvato nei termini proposti, determinerebbe un’ingiustificata inversione di tendenza rispetto all’importante e impegnativo processo di liberalizzazione delle professioni in atto da oltre un decennio e a favore del quale l’Autorità si è costantemente pronunciata, né risponde ai principi di proporzionalità concorrenziale. L'Autorità ha, Inoltre, aggiunto che eventuali criticità connesse all’elevato potere di domanda potrebbero essere affrontate attraverso un migliore utilizzo delle opportunità offerte da nuovi modelli organizzativi o dalle misure recentemente introdotte dal Jobs Act per tutelare i lavoratori autonomi in situazioni di squilibrio contrattuale e non tramite la misura in questione, che avrebbe l’unico effetto di alterare il corretto funzionamento delle dinamiche di mercato e l’efficiente allocazione delle risorse.

In allegato la segnalazione dell'AGCM inviata ai presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, nonché al Presidente del Consiglio dei Ministri.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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Segnalazione equo compenso AS1452

Decreto legge n. 14/2017

Disegno di legge AC4741

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Aree urbane degradate, in Gazzetta la delibera che sblocca 90 milioni di euro per la riqualificazione sociale e culturale 28/11/2017

Dopo la pubblicazione della Delibera CIPE 31 ottobre 2017, n. 72 recante "Fondo per lo sviluppo e la Coesione 2014-2020 determinazione e modulazione delle risorse assegnate con la delibera CIPE n. 2/2017 al Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie", è approdata in Gazzetta anche la Delibera CIPE 7 agosto 2017, n. 73 recante "Fondo per lo sviluppo e la coesione 2014 - 2020. Assegnazione di risorse per l'attuazione del «Piano nazionale per la riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate» previsto dalla legge 23 dicembre 2014, n. 190" (Gazzetta Ufficiale 25/11/2017, n. 276).

Con la delibera viene disposta l'assegnazione di 90 milioni di euro per il finanziamento dei progetti inseriti Piano nazionale per la riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate, come individuati dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 giugno 2017 e inseriti utilmente in graduatoria dal n. 47 in avanti, fino alla copertura di tutti i progetti presentati dai comuni che ricadono regioni del Mezzogiorno.

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Ricordiamo, infatti, che con l’articolo 1, commi 431-434 della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Legge di Stabilità per il 2015) era stato finanziato un "Piano" nazionale degli interventi nelle aree urbane degradate. Successivamente, con decreto del Presidente del consiglio 15 ottobre 2015 sono state disciplinate le modalità e le procedure di presentazione dei progetti, i requisiti di ammissibilità, nonché i criteri di valutazione dei progetti (leggi notizia). Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 giugno 2017 sono stati finanziati i primi 46 progetti inseriti nell’elenco (circa il 10% di quelli ammessi in graduatoria) ed è stato previsto che gli ulteriori progetti avrebbero potuto essere finanziati con le risorse eventualmente disponibili entro tre anni dalla data di pubblicazione del primo decreto di finanziamento sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Trasferimento delle risorse e modalità di attuazione Le risorse saranno trasferite secondo quanto già previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 giugno 2017. Il profilo di impiego delle risorse è il seguente:

• 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018, 2019, 2020 e 2021; • 10 milioni di euro per l'anno 2022.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it Copertina ©arch. Danilo Maniscalco

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Delibera CIPE

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Edilizia scolastica, via libera al programma triennale 2018-20 da 1,7 miliardi 28/11/2017

Tutto pronto per il prossimo piano triennale per l’edilizia scolastica. Nella riunione del 22 novembre 2017 la Conferenza unificata ha approvato lo schema di decreto che definisce i criteri per la nuova programmazione triennale (2018/2020) per l'edilizia scolastica, che riguarda interventi di ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza, adeguamento sismico, efficientamento energetico, nonché la costruzione di nuovi edifici scolastici pubblici.

La programmazione 2018-2020 degli interventi era già finanziata con un impegno dello Stato di 1,7 miliardi stanziato dalla Legge di Bilancio 2016 (legge 208/2015) che al netto degli interessi del mutuo potrà finanziare opere per 1,3 miliardi come da protocollo firmato tra Presidenza del Consiglio dei Ministri, Miur, Bei e Cassa Deposito e prestiti il 22 novembre, in occasione della Giornata Nazionale per la Sicurezza nelle Scuole.

Il decreto prevede, in particolare, che le Regioni, nella definizione dei loro piani regionali diano priorità a:

• interventi di adeguamento sismico, o di nuova costruzione per sostituzione degliedifici esistenti nel caso in cui l'adeguamento sismico non sia conveniente;

• interventi finalizzati all'ottenimento del certificato di agibilità delle strutture;• interventi per l'adeguamento dell'edificio scolastico alla normativa antincendio

previa verifica statica e dinamica dell'edificio;• ampliamenti e/o nuove costruzioni per soddisfare specifiche esigenze scolastiche.

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Sono ammessi anche interventi diversi da quelli elencati, purché l'ente certifichi che la struttura sia adeguata alle normative vigenti e che i relativi dati siano stati inseriti nell'anagrafe dell'edilizia scolastica.

Nel prossimo piano triennale per l’edilizia scolastica, le Regioni considereranno la necessità di interventi sulle scuole superiori e il numero degli studenti del secondo ciclo di istruzione sul totale degli alunni iscritti sul territorio regionale, come criterio prioritario per l’assegnazione dei finanziamenti. Ma non solo: le Regioni identificheranno gli Enti beneficiari tenendo presente, tra l'altro, il livello di progettazione, il completamento dei lavori già avviati, la valutazione sostenibile del progetto e altri criteri definiti a livello regionale.

Le Tempistiche

• Entro 120 giorni dalla pubblicazione in GU del decreto interministeriale sarannotrasmessi ai MIUR i Piani Regionali. Ciò vuol dire che gli Enti locali devono tenersipronti: i bandi Regionali saranno pubblicati nei prossimi mesi;

• Entro 60 giorni dalla trasmissione delle Regioni, il MIUR predisporrà laProgrammazione Nazionale 2018-2020;

• Gli enti locali dovranno pervenire alle aggiudicazioni provvisorie entro 365 giornidalla pubblicazione in GU del decreto di autorizzazione all'utilizzo delle risorse.

Come indicato, il mancato inserimento o aggiornamento post intervento dell'edifico nell'anagrafe dell'edilizia scolastica, potrà essere motivo di esclusione.

"In Conferenza Unificata - sottolinea il Sottosegretario Vito De Filippo, con delega all'edilizia per il MIUR - è stato fatto un lavoro importante che mette al centro le studentesse e gli studenti con un rinnovato impegno anche sulle scuole secondarie di secondo grado. Sono stati concordati anche meccanismi per favorire l'assegnazione delle risorse con tempi sempre più celeri da parte del Ministero".

A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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Decreto

Parere Conferenza unificata

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Ricorsi stabili nei primi 18 mesi del nuovo Codice degli appalti 28/11/2017

Che qualcosa non vada nel nuovo Codice dei contratti è possibile leggerlo nei numeri che sono impietosi anche per quanto concerne il numero dei ricorsi. Ricordiamo che con l’articolo 204 del nuovo Codice dei contratti (D.Lgs. 50/2016) è stato modificato l’articolo 120 del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (codice del processo amministrativo) al fine di contenere il contenzioso.

Sulle modifiche introdotte dal citato articolo 204 e sulle rifluenze in termini di contenzioso, gli Onorevoli Gianfranco Chiarelli e Domenico Menorello hanno presentato un’interrogazione in cui, alla luce dell’incremento delle spese del contributo unificato in materia di appalti di lavori pubblici scaturente, appunto, dalle modifiche introdotte dall'articolo 204, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 50 del 2016 che ha introdotto il comma 2-bis all'articolo 120 del codice processo amministrativo, chiedevano di conoscere i dati relativi al numero di ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato depositati dall'introduzione del comma 2-bis dell'articolo 120 del codice del processo amministrativo, in forza del d.lgs. n. 50, al 30 ottobre 2017, nonché quelli relativi ai ricorsi giurisdizionali di primo grado e in appello depositati in un periodo della medesima durata da calcolarsi a ritroso rispetto alla vigenza del citato comma 2-bis dell'articolo 120.

All’interrogazione ha risposto con nota scritta il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Maria Ferri che, sulla base dei dati forniti dalla Presidenza del Consiglio, ha precisato che nei due periodi considerati, ante e post riforma, lo scarto del numero complessivo dei ricorsi complessivamente depositati (dinanzi a TAR e Consiglio di Stato) è minimo e peraltro evidenzia un trend crescente. Infatti, nel periodo compreso tra il 6 ottobre 2014

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ed il 18 aprile 2016, risultano depositati 6.386 ricorsi; nel periodo compreso tra il 19 aprile 2016 ed il 30 ottobre 2017 ne risultano depositati 6.404 ricorsi.

La lettura di questi ultimi dati è duplice perché per un verso sembrerebbe che la nuova formulazione dell’articolo 120 del Codice del processo amministrativo non abbia compresso, per l’incremento del contributo fisso unificato, il numero dei ricorsi presentati dopo l’entrata in vigore del Codice dei contratti di cui al d.lgs. n. 50/2016 mentre per un altro verso il trend crescente sottolineato dal sottosegretario Ferri sta ad indicare che, anche in questo caso, il Codice dei contratti non ha funzionato perché non è riuscito a contenere il contenzioso così come si era prefisso con le modifiche introdotte al più volte citato art. 120 del Codice del processo amministrativo.

In allegato l’interrogazione Chiarelli-Menorello e la risposta di Ferri.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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Interrogazione e risposta

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Progettazione a 1 euro: il Comune di Solarino ci prova con 2 nuovi bandi 28/11/2017

Benché la sentenza del Consiglio di Stato sull'ormai noto #casoCatanzaro non possa fare "giurisprudenza", in quanto riferita ad un caso pre-correttivo al D.Lgs. n. 50/2016(c.d. Codice Appalti), evidentemente ha fatto "scuola" inspirando alcuni capi di uffici tecnici comunali.

Dopo Catanzaro, ma con una normativa che obbliga le Stazioni Appaltanti all'utilizzo del decreto Parametri per la determinazione dell'importo da porre a base di gara, abbiamo registrato il bando di A.L.E.R. (Azienda Lombarda di edilizia residenziale) di Pavia- Lodi (si tratta di un ente pubblico) per la redazione di 98 attestati di prestazione energetica con un importo massimo presunto di 3.000,00 Euro e, quindi, con un importo di circa 30,00 euro ad attestato (leggi news), prontamente ritirato dopo l'intervento del Consiglio Nazionale degli Ingegneri (leggi news), e adesso due nuovi bandi pubblicati dal Capo dell'Ufficio Tecnico del Comune di Solarino (SR) per la progettazione definitiva ed esecutiva nonché le eventuali relative varianti, direzione, misura, contabilità e liquidazione dei lavori di

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efficientamento energetico della scuola elementare "Papa Giovanni XXIII” e della scuola media "Archimede".

Entrando nel dettaglio, nei due bandi il capo dell'UTC ha suddiviso l'attività di progettazione, quantificando un importo a base d'asta pari ad 1 euro, dalla direzione lavori per la quale l'importo è stato quantificato ai sensi del D.M. n. 17/06/2016 (c.d. decreto parametri)

Come indicato nella relazione di accompagnamento ai due bandi:

"Nella progettazione è stato considerato legittimo secondo quanto stabilito dalla recente sentenza del C.d.S. (Sez. V, n. 4614 del 03.10.2017), l'affidamento dell'incarico al prezzo simbolico di 1 € sul presupposto che il ritorno economico non va strettamente connesso ad un introito finanziario ma può ben essere legato ad altre utilità, pur sempre economicamente apprezzabili, generate dal contratto stesso quali il ritorno di immagine o l'implementazione del curriculum".

Mentre nella Direzione Lavori per la quantificazione del compenso presuntivo, si è assunto come parametro «V», dato dal costo delle singole categorie componenti l'opera, il costo complessivo presunto dei lavori di efficientamento energetico corrispondenti, prevalentemente, nelle seguenti attività: A. Diagnosi energetica dell'edificio in esame;B. Progettazione definitiva ed esecutiva nonché le eventuali relative varianti, dei lavori diefficientamento energetico del plesso di che trattasi tramite:

• la coibentazione esterna delle pareti;• il rifacimento dell'impianto di illuminazione interna ed esterna;• l'installazione di sistemi di riscaldamento e raffrescamento;

C. Direzione, misura, contabilità e liquidazione dei lavori;D. Certificato di regolare esecuzione.

Quantificando tale importo in € 600.000,00 per la scuola elementare "Papa Giovanni XXIII” e € 250.000,00 per la scuola media "Archimede".

A questo punto, considerata la palese violazione della normativa (art. 24, commi 8, 8-bis e 8-ter), oltre ad una denuncia dei Consigli Nazionali (prondamente arrivata dagli Ingegneri -leggi news), si prevede un intervento dell'Autorità Nazionale Anticorruzione ai sensi

dell'art. 211, commi 1-bis, 1-ter e 1-quater, introdotti dall'art. 52-ter del decreto-legge n. 50del 2017 (c.d. Manovrina) che hanno ridato all'ANAC di Raffaele Cantone quei poteri cheerano stati tolti con l’abrogazione del comma 2 da parte del Decreto Correttivo.

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In particolare, ai sensi del comma 1-ter "L'ANAC, se ritiene che una stazione appaltante abbia adottato un provvedimento viziato da gravi violazioni del presente codice, emette, entro sessanta giorni dalla notizia della violazione, un parere motivato nel quale indica specificamente i vizi di legittimità riscontrati. Il parere è trasmesso alla stazione appaltante; se la stazione appaltante non vi si conforma entro il termine assegnato dall'ANAC, comunque non superiore a sessanta giorni dalla trasmissione, l'ANAC può presentare ricorso, entro i successivi trenta giorni, innanzi al giudice amministrativo. Si applica l'articolo 120 del codice del processo amministrativo di cui all'allegato 1 annesso al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104".

Tra le altre cose ricordiamo che la stessa ANAC, con comunicato del 27 aprile 2017, ha richiamato l’attenzione sul proprio perimetro di intervento, evidenziando le tipologie di segnalazioni cui non possono far seguito attività di vigilanza o verifica. Tra queste, l'Anticorruzione ha evidenziato che sono di sua competenza le segnalazioni aventi ad oggetto i contratti pubblici, finalizzate al controllo sull’affidamento e sull’esecuzione dei contratti pubblici, anche di interesse regionale, di lavori, servizi e forniture nei settori ordinari e nei settori speciali e sui contratti secretati, e l’attività di precontenzioso, secondo le disposizioni del d.lgs. 50/2016.

Concludo dicendo che, come spesso accade, uno dei più grossi problemi del nostro Paese non è la normativa (che è sempre molto copiosa e ridondante) quanto la capacità di farla applicare puntualmente. Ciò che una persona normale si dovrebbe aspettare, dunque, è un intervento dell'ANAC e, nel caso serva, un ricorso al giudice amministrativo nella speranza che questo possa pronunciarsi nel più breve tempo possibile.

#unpensieropositivo a tutti voi.

A cura di Ing. Gianluca Oreto

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Avviso pubblico scuola elementare “Papa Giovanni XXIII”

Relazione scuola elementare “Papa Giovanni XXIII”

Allegato A scuola elementare “Papa Giovanni XXIII”

Avviso pubblico scuola media“Archimede”

Relazione scuola media“Archimede”

Allegato A scuola media“Archimede”

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Professionisti, l’Antitrust boccia l’equo compenso diRossellaCalabrese

‘La norma reintroduce di fatto i minimi tariffari e vìola i principi concorrenziali’

28/11/2017 - È contraria ai principi concorrenziali la norma “che introduce il principio generale per cui le clausole contrattuali tra i professionisti e alcune categorie di clienti, che fissino un compenso a livello inferiore rispetto ai valori stabiliti in parametri individuati da decreti ministeriali, sono da considerarsi vessatorie e quindi nulle”.

“La disposizione, nella misura in cui collega l’equità del compenso a parametri tariffari contenuti nei decreti anzidetti, reintroduce di fatto i minimi tariffari, con l’effetto di ostacolare la concorrenza di prezzo tra professionisti nelle relazioni commerciali con alcune tipologie di clienti c.d. ‘forti’ e ricomprende anche la Pubblica Amministrazione”.

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È il contenuto della segnalazione inviata ai presidenti del Senato e della Camera e al Presidente del Consiglio dei Ministri dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in merito alle norme sull’equo compenso dei professionisti introdotte dal decreto fiscale.

“L’Autorità - prosegue la segnalazione - ha sottolineato come, secondo i consolidati principi antitrust nazionali e comunitari, le tariffe professionali fisse e minime costituiscano una grave restrizione della concorrenza, in quanto impediscono ai professionisti di adottare comportamenti economici indipendenti e, quindi, di utilizzare il più importante strumento concorrenziale, ossia il prezzo della prestazione”.

“Tale intervento, laddove approvato nei termini proposti, determinerebbe un’ingiustificata inversione di tendenza rispetto all’importante e impegnativo processo di liberalizzazione delle professioni in atto da oltre un decennio e a favore del quale l’Autorità si è costantemente pronunciata, né risponde ai principi di proporzionalità concorrenziale”.

“Inoltre - conclude l’Antitrust -, eventuali criticità connesse all’elevato potere di domanda potrebbero essere affrontate attraverso un migliore utilizzo delle opportunità offerte da nuovi modelli organizzativi o dalle misure recentemente introdotte dal Jobs Act per tutelare i lavoratori autonomi in situazioni di squilibrio contrattuale e non tramite la misura in questione, che avrebbe l’unico effetto di alterare il corretto funzionamento delle dinamiche di mercato e l’efficiente allocazione delle risorse”.

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Permesso di costruire, puniti i cantieri senza cartello diPaolaMammarella

Cassazione: il cartello deve essere esposto da subito, anche se all’inizio vengono svolti lavori rientranti nell’edilizia libera

28/11/2017 – In cantiere deve essere sempre ben visibile il cartello con i dati del permesso di costruire e gli autori dell’attività costruttiva.

Si tratta, ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza 48178/2017, di una questione di trasparenza e non è importante se gli interventi che richiedono il permesso di costruire non sono ancora iniziati, ma ne sono stati avviati altri.

Il cartello nel cantiere I giudici hanno spiegato che il cartello indicante gli estremi del permesso di costruire e i responsabili della costruzione deve essere ben visibile dall’inizio dei lavori.

Non basta, infatti, che il cartello sia presente. È necessario che sia posizionato in modo da consentire alle autorità e agli altri cittadini una vigilanza rapida, precisa

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ed efficiente sul rispetto delle norme per l’avvio e lo svolgimento dei lavori. Cartello e avvio dei lavori Il cartello, hanno ribadito i giudici, deve essere presente da subito. Questo anche se nelle fasi iniziali del cantiere si svolgono lavorazioni che non richiedono il permesso di costruire. “Quel che rileva - si legge nella sentenza - è il rilascio del permesso di costruire, i cui dati devono essere necessariamente riportati nel cartello”. Ciò significa che il cartello deve essere esposto se sul luogo in cui sorge il cantiere saranno svolti dei lavori con permesso di costruire, indipendentemente dal momento in cui inizieranno”. Ci sono “due obblighi a carico di coloro che costruiscono – ha concluso la Cassazione - la tenuta in cantiere della concessione edilizia e l’esposizione di un cartello contenente gli estremi della concessione e degli autori dell'attività costruttiva”. Il caso Nel caso preso in esame, un’impresa era stata sanzionata perché non aveva esposto il cartello nel cantiere per la realizzazione di un intervento di risanamento e restauro di un fabbricato. L’impresa aveva obiettato che gli interventi di risanamento e restauro non erano ancora iniziati. Al momento dei controlli l’impresa stava invece realizzando degli spostamenti e il rifacimento di una strada, attività di edilizia libera che non richiede il permesso di costruire. I giudici della Cassazione hanno invece affermato che l’intervento da realizzare deve essere analizzato nel suo insieme. Dal momento che mancava il cartello per un lavoro da realizzare con permesso di costruire, i giudici hanno confermato le multe. © Riproduzione riservata

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Débat public, ecco le opere per cui sarà obbligatorio diPaolaMammarella

La consultazione sulle grandi infrastrutture dovrà partire prima dell’avvio della progettazione definitiva e concludersi in quattro mesi

28/11/2017 – Dibattito pubblico solo per grandi opere come aeroporti, autostrade, porti, ferrovie e impianti industriali. È questo l’orientamento del Ministero delle Infrastrutture (Mit), che ha messo a punto il decreto, attuativo del Codice Appalti (D.lgs. 50/2016), sulla consultazione preventiva.

Cos’è il débat public Il dibattito pubblico, lo ricordiamo, è un processo di informazione, partecipazione e confronto pubblico sull’opportunità e le soluzioni progettuali di opere, progetti o interventi articolato in incontri di approfondimento, discussione e gestione dei conflitti.

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Il Codice Appalti lo ha previsto per grandi opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale, aventi impatto sull’ambiente, sulla città o sull’assetto del territorio.

Come annunciato dal Mit con il documento “Connettere l’Italia”, la nuova stagione delle politiche infrastrutturali è incentrata infatti su due pilastri: la rinnovata centralità della pianificazione strategica e la valutazione ex-ante delle opere.

Opere soggette al débat public Nell’allegato alla bozza di decreto sono indicate 15 tipologie di opere per cui, al di sopra di una certa soglia dimensionale, scatta l’obbligo del débat public. Si tratta di: - autostrade e strade extraurbane (lunghezza del tracciato superiore a 15 km ecomunque con un valore di investimento pari o superiore a 500 milioni di euro),- tronchi ferroviari (superiori a 30 km e comunque con un valore di investimentopari o superiore a 500 milioni di euro),- aeroporti (opere per nuovi terminal, piste superiori ai 1.500 metri di lunghezza ecomunque con un valore di investimento complessivi superiore a 200 milioni dieuro),- porti accessibili a navi di stazza superiore a 1.350 tonnellate (superficieinteressata dall’intervento superiore a 150 ha e comunque con un valore diinvestimento complessivo superiore a 200 milioni di euro).

Nella lista rientrano anche gli interventi per la difesa del mare, lo sfruttamento degli idrocarburi, la realizzazione di interporti, elettrodotti aerei, oleodotti, gasdotti o condutture per prodotti chimici, impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque in modo durevole, opere per il trasferimento d’acqua traregioni diverse, infrastrutture ad uso sociale, culturale, sportivo, scientifico oturistico, impianti e insediamenti industriali che richiedono un investimentosuperiore a 300 milioni di euro.

Le soglie dimensionali indicate nell’allegato saranno ridotte del 50% per gli interventi ricadenti nei siti Unesco.

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Il débat public non si applicherà alle opere connesse alla difesa e alla sicurezza, alle esigenze di protezione Civile in caso di urgenza e agli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauri, adeguamenti tecnologici e completamenti.

Ad inaugurare la nuova stagione del débat public potrebbero essere gli aeroporti. Il Ministro delle infrastrutture, Graziano Delrio, ha presentato di recente la road map del cargo aereo, con una serie di iniziative rientranti nel quadro strategico e programmatico "Connettere l'Italia". Al momento per il solo traffico cargo sono stati programmati investimenti per 157 milioni di euro nei prossimi 4 anni. Aggiungendo gli investimenti eventualmente in arrivo per traffico passeggeri e il rifacimento di terminal e piste si potrebbe arrivare alle cifre richieste per la consultazione pubblica.

Come funziona il débat public Il processo di consultazione deve essere avviato nelle fasi iniziali, quindi prima che sia avviata la progettazione definitiva.

Può avere una durata massima di quattro mesi, a decorrere dalla pubblicazione del dossier di progetto, prorogabile di ulteriori due mesi in caso di comprovata necessità.

L’avvio viene richiesto dal proponente dell’opera, dalla Presidenza del Consiglio dei ministri o dai Ministeri direttamente interessati, dagli Enti locali coinvolti o da 50mila elettori.

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Bandi di progettazione a 1 euro, dalla Sicilia un nuovo caso diAlessandraMarra

Nei giorni scorsi due bandi a Solarino (SR). Gli architetti di Catania diffidano le PA che chiedono prestazioni gratuite e gli iscritti che le accettano

28/11/2017 – Ancora un duro colpo al diritto all’equo compenso per i progettisti: il Comune di Solarino (SR) ha pubblicato la scorsa settimana due bandi di progettazione con importo a base d’asta pari ad 1 euro.

Il bando arriva dopo la Sentenza 4614/2017 del Consiglio di Stato che ha ritenuto legittimo il Bando di Catanzaro da 1 euro, ma anche dopo l’inserimento della norma sull’equo compenso per tutti nel Decreto Fiscale.

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Progettazione a 1 euro: cosa prevede il bando di Solarino I due bandi di gara del Comune di Solarino riguardano la progettazione (definitiva ed esecutiva) e la direzione lavori di interventi di efficientamento energetico di due plessi scolastici (una scuola elementare e una media) e prevedono un importo a base d’asta per la direzione lavori quantificato in base al DM 17 giugno 2016 mentre l’importo per la progettazione viene quantificato pari ad 1 euro.

Il Comune specifica la motivazione nella relazione al bando: “nella progettazione è stato considerato legittimo, secondo quanto stabilito dalla recente sentenza del CdS, l’affidamento dell’incarico al prezzo simbolico di 1 € sul presupposto che il ritorno economico non va strettamente connesso ad un introito finanziario ma può ben essere legato ad altre utilità, pur sempre economicamente apprezzabili, generate dal contratto stesso quali il ritorno di immagine o l’implementazione del curriculum.”

Progettazione ad 1 euro: Inarsind grida allo scandalo Inarsind, Sindacato Ingegneri e Architetti Liberi Professionisti Italiani, che già aveva sottolineato il rischio che altri Comuni seguissero l’esempio di Catanzaro ha dichiarato: “Siamo allo scandalo: dopo settimane passate a discutere di equo compenso e dopo aver plaudito all’apertura a tutte le professioni abbiamo di fronte dei nuovi casi Catanzaro in cui si bandiscono incarichi professionali con base d’asta 1 euro!”

“E’ inaccettabile che si possa continuare ad operare in spregio alla normativa vigente, il comportamento tenuto dalla stazione appaltante in oggetto dimostra che il Codice degli Appalti , che avrebbe dovuto garantire l’impossibilità di un “Catanzaro 2”, non ha alcun valore e può essere bypassato in funzione della Sentenza 4614 che diventa faro nella notte per le Amministrazioni che necessitino di affidare incarichi in mancanza di fondi o che semplicemente vogliano mettere in atto un risparmio per le proprie casse, da utilizzare a piacimento, peraltro nel caso specifico senza alcun riferimento ad un eventuale contratto di sponsorizzazione di cui all’art.19 del Codice”.

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“Il coordinamento regionale di Inarsind Sicilia ha prontamente inviato segnalazione all’ANAC in merito ai bandi in oggetto e chiesto il ri t iro della procedura alla stazione appaltante” ha concluso Inarsind che ha chiesto nuovamente, con forza, a Parlamento, Governo ed ANAC di prendere posizione decisa su quanto accaduto a tutela della legalità e trasparenza negli appalti pubblici.

Bandi a 1 euro: i l CNI chiede il r i t iro del bando Il Presidente del CNI, Armando Zambrano, ha immediatamente provveduto ad inviare la diffida alla Stazione Appaltante e all’Anac, con la quale ha chiesto il ri t iro immediato dei bandi in quanto palesemente difformi rispetto ai commi 8 e 8 ter dell’articolo 24 del Codice, come modificato dal decreto Correttivo. Inoltre, ha segnalato il calcolo artificioso del corrispettivo per la direzione lavori che finisce col produrre un artificioso frazionamento dell’importo da porre a base di gara che, valutato correttamente, sarebbe superiore alla soglia dei 40.000 euro.

Nel merito interviene Michele Lapenna, Consigliere CNI con delega ai Lavori Pubblici e responsabile dell’Osservatorio bandi: “Sulla base delle modifiche introdotte dal Dlgs 56/2017 le stazioni appaltanti sono obbligate ad applicare il Decreto Parametri per la determinazione dei corrispettivi da porre a base di gara negli appalti per l’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura. Inoltre, è vietato alle Stazioni Appaltanti di prevedere quale corrispettivo forme di sponsorizzazione o di rimborso”.

“In questo contesto di disapplicazione delle norme – afferma Armando Zambrano – diventa ancora più importante quanto approvato in Senato relativamente all’equocompenso. A questo proposito, ribadiamo la necessità di proseguire con isuccessivi provvedimenti attuativi al fine di garantire che i procedimenti diaffidamento dei servizi di ingegneria e architettura siano definitivamenteimprontati al rispetto delle norme vigenti, con esclusione della valutazione delprezzo nella loro aggiudicazione”.

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Bandi gratis, l’Ordine degli architetti di Catania ricorre alla diffida Per limitare il problema dei bandi gratuiti, l’Ordine degli Architetti P.P.C. della Provincia di Catania ha pubblicato una nota con la quale diffida le Amministrazioni a chiedere e ricevere prestazioni gratuite da parte degli iscritti all’Ordine e chiede di segnalare con tempestività qualsiasi proposta in tal senso.

Infatti, l’Ordine ricorda che il Codice dei Contratti, all'art.24 comma 8-ter recita: "Nei contratti aventi ad oggetto servizi di ingegneria e architettura la stazione appaltante non può prevedere quale corrispettivo forme di sponsorizzazione o di rimborso".

Nel contempo, l’Ordine ha deciso di diffidare i propri iscritt i a svolgere prestazioni gratuite nei confronti di qualsivoglia Amministrazione, alla luce degli illeciti che verrebbero a configurarsi, precisando che agirà per le vie legali, oltre al deferimento al Consiglio di Disciplina, nel confronti di chi non si attiene a tali prescrizioni.

In questo caso ricorda che il Codice deontologico, art.20 (Concorrenza sleale) comma 2 recita: "La rinunzia, totale o parziale, al compenso è ammissibile soltanto in casi eccezionali e per comprovate ragioni atte a giustificarla. La rinunzia totale o la richiesta di un onorario con costi sensibilmente ed oggettivamente inferiori a quelli di loro produzione e di importo tale a indurre il committente ad assumere una decisione di natura commerciale, falsandone le scelte economiche, è da considerarsi comportamento anticoncorrenziale e grave infrazione deontologica”.

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28/11/2017 Pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge europea 2017

Martedì 28 Novembre 2017

Pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge europea 2017 www.casaeclima.com /ar_33299__pubblicata-in-gazzetta-ufficiale-la-legge-europea-ascensori-.html

Pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge europea 2017Entrerà in vigore il 12 dicembre 2017

Entrerà in vigore il prossimo 12 dicembre la Legge 20 novembre 2017, n. 167 “Disposizioni per l'adempimento degliobblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea ­ Legge europea 2017.”

Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n.277 di ieri 27 novembre, la legge europea 2017 si compone di 30 articoli chemodificano o integrano disposizioni vigenti dell'ordinamento nazionale al fine di adeguarne i contenuti al dirittoeuropeo.

Il provvedimento è volto a consentire la definizione di 3 procedure di infrazione e di 8 casi di pre­contenzioso (EUPilot), a superare alcune delle contestazioni mosse dalla Commissione europea nell'ambito di un caso EU Pilot, agarantire la corretta attuazione di 3 direttive già recepite nell'ordinamento interno, introdurre sanzioni per laviolazione di norme regolamentari europee, nonché ad apportare alcune modifiche alla legge n. 234 del 2012.

MANUTENZIONE ASCENSORI, RIATTIVATE LE COMMISSIONI PREFETTIZIE PER L’ABILITAZIONE. Tra gliarticoli da segnalare c'è il n. 23 recante “Disposizioni per l'integrale attuazione della direttiva 2014/33/UE relativa agliascensori e ai componenti di sicurezza degli ascensori nonche' per l'esercizio degli ascensori”:

1. Al fine di assicurare l'integrale attuazione della direttiva 2014/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del26 febbraio 2014, relativa agli ascensori e ai componenti di sicurezza degli ascensori nonche' per l'esercizio degliascensori, il certificato di abilitazione previsto dall'articolo 15, comma 1, del regolamento di cui al decreto delPresidente della Repubblica 30 aprile 1999, n. 162, e' valido in tutto il territorio nazionale ed e' rilasciato dal prefettoin seguito all'esito favorevole di una prova teorico­pratica innanzi a un'apposita commissione esaminatrice, dalmedesimo nominata e composta da cinque funzionari, in possesso di adeguate competenze tecniche, dei qualialmeno uno, oltre al presidente, con laurea in ingegneria, designati rispettivamente dal Ministero del lavoro e dellepolitiche sociali, dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dal Ministero dello sviluppo economico, dall'Istitutonazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) e da un'azienda sanitaria locale, ovvero daun'agenzia regionale per la protezione ambientale, qualora le disposizioni regionali di attuazione del decreto­legge 4dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61, attribuiscano a tale agenziale competenze in materia. La commissione e' presieduta dal funzionario designato dal Ministero del lavoro o delle

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28/11/2017 Pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge europea 2017

politiche sociali. Alla prova teorico­pratica sono presenti almeno tre membri della commissione, compreso ilpresidente. Al presidente e ai componenti della commissione non spetta alcun compenso.

2. La data e la sede delle sessioni di esame e' determinata dal prefetto. Il prefetto del capoluogo di regione, tenutoconto del numero e della provenienza delle domande pervenute, previe intese con gli altri prefetti della regione, puo'disporre apposite sessioni di esame per tutte le domande presentate nella regione allo scopo di razionalizzare leprocedure finalizzate al rilascio del certificato di abilitazione.

3. Gli articoli 6 e 7 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 dicembre 1951, n. 1767,sono abrogati.

4. Il Governo e' autorizzato a modificare, con apposito regolamento, il regolamento di cui al decreto del Presidentedella Repubblica 30 aprile 1999, n. 162, sulla base delle disposizioni del presente articolo. Alla data di entrata invigore del regolamento adottato ai sensi del presente comma sono abrogati i commi 1 e 2 del presente articolo.

Leggi anche: “Via libera definitivo alla Legge europea 2017: novità su ascensori e fonti rinnovabili”

“Manutenzione ascensori, riattivate le commissioni prefettizie per l’abilitazione”

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28/11/2017 Equo compenso per tutte le professioni, arriva il no dell'Antitrust

Lunedì 27 Novembre 2017

Equo compenso per tutte le professioni, arriva il nodell'Antitrust www.casaeclima.com /ar_33295__equo-compenso-per-tutte-le-professioni-arriva-no-antitrust.html

Equo compenso per tutte le professioni, arriva il no dell'AntitrustLa norma introdotta dal Senato nel decreto fiscale sarebbe in contrasto con i principi di proporzionalitàconcorrenziale e con i processi di liberalizzazione

L'introduzione nel decreto fiscale dell'equo compenso per tutte le professioni è idonea a ostacolare il processocompetitivo e sembra segnare un’inversione di tendenza, vanificando anche le riforme pro­concorrenzialirecentemente introdotte.

Lo sostiene l'Antitrust in una segnalazione ai presidenti della Camera e del Senato e al premier, pubblicata sulBollettino settimanale n. 45 di oggi.

IL PARERE DELL'AGCM. Ecco il testo integrale del parere dell'Agcm in merito alle misure previste in materia diequo compenso e clausole vessatorie introdotte al Senato in sede di discussione del ddl di conversione del d.l.148/2017.

“L’art. 19 quaterdecies del ddl citato introduce, per tutte le professioni, una disciplina delle clausole vessatorieulteriore sia rispetto a quella già prevista dal codice civile agli art. 1341 e 1342, sia rispetto a quella introdotta dallalegge 22 maggio 2017, n. 81 (Jobs Act).

La disposizione in esame, al comma 1, prevede l’introduzione dell’art. 13 bis nella legge 31 dicembre 2012, n. 247(legge forense), già oggetto di segnalazione da parte dell’Autorità, al fine di prevedere una specifica disciplinasull’equo compenso delle prestazioni forensi applicabile nei casi in cui la prestazione professionale si svolga «infavore di imprese bancarie e assicurative, nonché di imprese non rientranti nelle categorie delle microimprese o dellepiccole o medie imprese, come definite nella raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio2003». Il successivo comma 2 estende la disciplina «anche alle prestazioni rese dai professionisti di cui all'articolo 1della legge 22 maggio 2017, n. 81, anche iscritti agli ordini e collegi, i cui parametri ai fini di cui al comma 10 del

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28/11/2017 Equo compenso per tutte le professioni, arriva il no dell'Antitrust

predetto articolo sono definiti dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell'articolo 9 del decreto­legge 24 gennaio2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27».

La disciplina in questione introduce il principio generale per cui le clausole contrattuali tra professionisti e i clienti chefissino un compenso a livello inferiore dei valori previsti nei parametri individuati dai decreti ministeriali sarebbero daconsiderare vessatorie e quindi nulle.

Tale nullità, relativa, potrebbe essere fatta valere esclusivamente dal professionista. La norma, nella misura in cuicollega l’equità del compenso ai paramenti tariffari contenuti nei decreti anzidetti, reintroduce di fatto i minimi tariffari,con l’effetto di ostacolare la concorrenza di prezzo tra professionisti nelle relazioni commerciali con tali tipologie diclienti. Se da un lato è vero, infatti, che verrebbe introdotta una nullità di protezione, azionabile esclusivamente dalprofessionista, dall’altro è altamente improbabile che i clienti accettino la fissazione di un compenso a livelli inferioriassumendosi, così, il rischio di vedersi contestare in corso d’opera o anche successivamente il mancato rispetto delprincipio dell’equità.

Con riferimento alla pubblica amministrazione, si osserva poi che, in base al comma 3 dell’articolo in esame, la PA ètenuta a garantire «il principio dell'equo compenso in relazione alle prestazioni rese dai professionisti in esecuzionedi incarichi conferiti dopo l'entrata in vigore della presente legge». È dunque preclusa alla PA la possibilità diaccettare prestazioni con compensi inferiori a quelli fissati nei decreti ministeriali.

In definitiva, tramite la disposizione in esame viene sottratta alla libera contrattazione tra le parti la determinazionedel compenso dei professionisti (ancorché solo con riferimento a determinate categorie di clienti). Tale obiettivo vienerealizzato, sia affermando il principio del diritto all’equo compenso sopra descritto, sia qualificando (al comma 5)come vessatorie clausole contrattuali che incidono sul compenso del professionista.

L’articolo de quo, che tra l’altro ripresenta alcune disposizioni già inserite in Disegni di legge presentati alla Camera eal Senato, si pone, nel suo complesso, in contrasto con consolidati principi posti a tutela della concorrenza.

Il descritto intervento normativo, ove attuato nei termini proposti, determinerebbe quindi un’ingiustificata inversione ditendenza rispetto all’importante ed impegnativo processo di liberalizzazione delle professioni, in atto da oltre undecennio e a favore del quale l’Autorità si è costantemente pronunciata. Si tratta, infatti, di misure che, al di là dellemotivazioni che le vorrebbero giustificare, ripropongono appieno gli stessi problemi concorrenziali che l’Autorità haavuto in più occasioni modo di segnalare in tema di tariffe minime.

Secondo i consolidati principi antitrust nazionali e comunitari, infatti, le tariffe professionali fisse e minimecostituiscono una grave restrizione della concorrenza, in quanto impediscono ai professionisti di adottarecomportamenti economici indipendenti e, quindi, di utilizzare il più importante strumento concorrenziale, ossia ilprezzo della prestazione.

In quest’ottica, l’effettiva presenza di una concorrenza di prezzo nei servizi professionali non può in alcun modoessere collegata ad una dequalificazione della professione, giacché, come più volte ricordato dall’Autorità, è invecela sicurezza offerta dalla protezione di una tariffa fissa o minima a disincentivare l’erogazione di una prestazioneadeguata e a garantire ai professionisti già affermati sul mercato di godere di una rendita di posizione determinandola fuoriuscita dal mercato di colleghi più giovani in grado di offrire, all’inizio, un prezzo più basso. È noto, infatti, chela qualità di una prestazione professionale si percepisce nel tempo e, al momento della scelta, la reputazione delprofessionista assume un’importanza cruciale, scalfibile solo attraverso offerte particolarmente vantaggiose cheinducono il cliente a dare fiducia a un professionista meno affermato.

Sarebbero proprio i newcomer ad essere pregiudicati dalla reintroduzione delle tariffe minime in quanto vedrebberodrasticamente compromesse le opportunità di farsi conoscere sul mercato e, in definitiva, di competere con i colleghiaffermati che dispongono di maggiori risorse per l’acquisizione di clientela, anche di particolare rilievo.

Pertanto, la reintroduzione di prezzi minimi cui si perverrebbe attraverso la previsione ex lege del principio dell’equocompenso finirebbe per limitare confronti concorrenziali tra gli appartenenti alla medesima categoria, piuttosto chetutelare interessi della collettività.

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28/11/2017 Equo compenso per tutte le professioni, arriva il no dell'Antitrust

Eventuali criticità connesse alla presenza di fruitori di servizi professionali con elevato potere di domanda non vanno certamente affrontate attraverso la fissazione di un prezzo minimo per l’erogazione dei predetti servizi, che avrebbe l’unico effetto di alterare il corretto funzionamento delle dinamiche di mercato e l’efficiente allocazione delle risorse, ostacolando di fatto lo spontaneo adattamento di domanda e offerta. L’esistenza di possibili situazioni di squilibrio contrattuale può essere invece affrontata attraverso un migliore utilizzo delle opportunità offerte da nuovi modelli organizzativi e dalle possibilità di aggregazione. Si pensi ad esempio alla possibilità di recente introdotta anche per gli avvocati dalla legge sulla concorrenza (l. 124/2017) di costituire studi professionali in forma di società di capitali o studi multidisciplinari, attraverso i quali si possono certamente raggiungere elevate economie di scala, senza pregiudicare la qualità della prestazione.

Diversamente argomentando, ogni settore economico in cui sussistano (o siano suscettibili di verificarsi) tali condizioni di mercato (potere di domanda) dovrebbe vedere l’introduzione per via legislativa di prezzi minimi predefiniti con un’esclusione totale di qualunque grado di concorrenza.

Da tutto quanto precede, si può concludere che le disposizioni sopra richiamate, per quanto circoscritte a determinate tipologie di rapporti contrattuali (“clienti forti” e PA), non sono giustificate da un motivo imperativo di interesse generale, né rispondono al principio di proporzionalità, in quanto hanno l’effetto di eliminare in radice il confronto concorrenziale.

D’altra parte, l’esigenza di far fronte a eventuali squilibri contrattuali potrebbe trovare adeguata risposta in altri strumenti di cui già dispone l’ordinamento.

Merita osservare, in particolare, che la recente disciplina sulla tutela del lavoro autonomo potrebbe soddisfare le esigenze di tutela nei confronti dei clienti “forti” in situazioni di eventuale squilibrio contrattuale. Il Jobs Act ha, infatti, già previsto anche a favore delle professioni, l’estensione della disciplina sui ritardi nei pagamenti nell’ambito delle transazioni commerciali (art. 2) e ha individuato specifiche clausole e condotte abusive – stabilendone l’inefficacia laddove adottate – volte proprio a tutelare il contraente debole (art. 3). Si tratta, in particolare, di clausole che attribuiscono al committente la facoltà di modificare unilateralmente le condizioni del contratto o recedere da esso senza un congruo preavviso e che fissano termini di pagamento superiori a 60 gg.

È ritenuto, altresì, abusivo il rifiuto del committente di stipulare il contratto in forma scritta e viene estesa anche alle professioni la disciplina sull’abuso di dipendenza economica (art. 9 legge 18 giugno 1998, n. 192).

Anche alla luce di tale normativa, pertanto, la proposta di inserimento di un’ulteriore disciplina che si muova sulla stessa linea non risulterebbe neppure necessaria.

In conclusione, l’articolo 19 quaterdecies del ddl in esame, in quanto idoneo a reintrodurre nell’Ordinamento un sistema di tariffe minime, peraltro esteso all’intero settore dei servizi professionali, non risponde ai principi di proporzionalità concorrenziale, oltre a porsi in stridente controtendenza con i processi di liberalizzazione che, negli anni più recenti, hanno interessato il nostro ordinamento anche nel settore delle professioni regolamentate.

In proposito, si sottolinea che la consapevolezza della sussistenza di «una tensione potenziale tra, da un lato, la necessità di un certo livello di regolamentazione di queste professioni e, dall’altro, le regole della concorrenza del trattato» aveva condotto la Commissione europea già nel 2004 ad invitare gli Stati membri all’applicazione stringente del test di proporzionalità, successivamente previsto dalla Direttiva 2006/123 CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (art. 15) al fine di mantenere in vigore esclusivamente regole oggettivamente necessarie per raggiungere obiettivi di interesse generale e costituenti la misura meno restrittiva della concorrenza.”

Il Bollettino Agcm n. 45 del 27 novembre 2017

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28/11/2017 Stampa Mondoprofessionisti

http://www.mondoprofessionisti.it/stampa.php 1/3

PRIMO PIANO

EQUO COMPENSO A RISCHIO

Corte di giustizia: i minimi tariffari degli avvocati sono incompatibili con la Ue. Il Cup e Rptchiamano a raccolta professionisti al Teatro Brancaccio di Roma il 30 novembre per un confrontoaperto con la politica

di Luigi Berliri

La sentenza è di quelle che pesano, destinate ad esercitare un fortissimo impatto sugli ordinamentie sulle prassi nazionali. La Corte di Giustizia Ue con sentenza del 23.11.2017 emessa in esito allecause C­427/16 e C­428/16, ha infatti dichiarato come contraria al diritto dell´Unione la possibilità,per gli Stati membri, di imporre tariffe minime riguardo l´esercizio delle professioni, anche legali o,ancor più precisamente, l´assoluta libertà delle parti di convenire un corrispettivo al di sotto ditariffe esistenti. La Corte di Giustizia ha infatti ritenuto centrale l´accordo tra il committente e ilprofessionista. Tale accordo, ha rilevato la Corte, consente In nome del principio dell´autodeterminazione e della liberalizzazione del mercato, di pattuire tariffe anche ampiamente al disotto di eventuali minimi stabiliti da autorità nazionali, dunque in primo luogo da autorità dicontrollo e di vigilanza sulle professioni liberali. Una tale previsione è infatti, a parere della corte,

del tutto illegittima in quanto lesiva dei principi generali dell´ordinamento comunitario, con la conseguenza che il giudicenazionale, eventualmente chiamato a decidere una controversia azionata con un ricorso avverso una regolamentazione amonte che impedisca il libero manifestarsi della volontà negoziale, non può che accogliere lo e dichiarare tale disciplinaillegittima, disapplicandola nel caso concreto. Da comprendere, quali potranno essere le conseguenze di tale pronuncia. Nellasituazione di mercato attualmente esistente in Italia, segnata da una profonda crisi, le conseguenze sono facilmenteimmaginabili, e se potranno essere favorevoli per i consumatori, difficilmente potranno portare ad equivalenti soddisfazioniper i professionisti e per gli avvocati. Da un lato, infatti, i committenti pubblici quali Comuni ed altre amministrazioni, enti apartecipazione pubblica si riterranno legittimati a definire regolamenti o comunque a praticare prassi che proiettino al ribassoil costo delle prevedibili prestazioni professionali e legali, non essendo più vincolate da principi quali un compenso minimo al disotto del quale non sia possibile scendere, dall´altro i clienti individuali privati ­ consapevoli della mancata esistenza di unminimo ­ potranno liberamente negoziare con il professionista il corrispettivo per la prestazione in questione, già all´atto delconferimento dell´incarico, anche alla luce delle nuove disposizioni nazionali che prevedono l´immediata pattuizione degliaspetti economici della prestazione. Un rischio, tuttavia, si registra anche a proposito delle nuove norme sull´equo compenso.Il dictum della Corte di Giustizia infatti, oltre a non far più ritener praticabili le prassi imposte dagli organi di governo delleprofessioni liberali, come, per quella legale, il CNF, rischia seriamente di scardinare la stessa possibilità, anche per illegislatore, di poter prevedere, con fonte primaria, minimi inderogabili a fronte della erogazione di prestazioni legali, attesoche il principio enunciato dalla Corte si estenderebbe anche all´ipotesi in cui esse siano convenute tra due professionisti.Bisognerà leggere attentamente la sentenza per capire se ancora residui uno spazio del genere.I principi affermati dalla Corte:1) l´articolo 101, paragrafo 1, TFUE, in combinato disposto con l´articolo 4, paragrafo 3, TUE, deve essere interpretato nelsenso che una normativa nazionale (come quella esaminata nei procedimenti principali) che, da una parte, non consenta all´avvocato e al proprio cliente di concordare un onorario di importo inferiore al minimo stabilito da un regolamento adottato daun´organizzazione di categoria dell´ordine forense (nella specie il Vissh advokatski savet Bulgaro, equivalente al nostranoCNF), a pena di procedimento disciplinare a carico del legale, e, dall´altra, non autorizzi il giudice a disporre la rifusione deglionorari di importo al di sotto di quello minimo, restringe i meccanismi della concorrenza nel mercato interno (ai sensi dell´articolo 101, paragrafo 1, TFUE).2) compete al giudice del rinvio verificare se la richiamata normativa, alla luce delle sue concrete modalità applicative,risponda effettivamente ad obiettivi legittimi, e se le restrizioni in tal modo stabilite siano limitate a quanto necessario pergarantire l´attuazione di tali legittimi obiettivi.3) L´articolo 101, paragrafo 1, TFUE, in combinato disposto con l´articolo 4, paragrafo 3, TUE e con la direttiva 77/249/CEEdel Consiglio, del 22 marzo 1977, intesa a facilitare l´esercizio effettivo della libera prestazione di servizi da parte degliavvocati, deve essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa nazionale (come quella oggetto dei procedimentiprincipali) per effetto della quale alle persone giuridiche e ai lavoratori autonomi del settore del commercio spetta la rifusionedegli onorari d´avvocato, disposta dal giudice nazionale, qualora siano stati assistiti da un consulente giuridico.4) L´articolo 78, primo comma, lettera a), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa alsistema comune d´imposta sul valore aggiunto (la nostra IVA), deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa

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28/11/2017 Stampa Mondoprofessionisti

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nazionale (come quella oggetto dei procedimenti principali) in forza della quale l´imposta sul valore aggiunto costituisca parteintegrante degli onorari d´avvocato registrati, se ciò produca l´effetto di un doppio assoggettamento all´imposta sul valoreaggiunto degli onorari medesimi. I professionisti intanto uniscono le loro forze per una battaglia di legalità affinché la leggesull’equo compenso venga approvata ed entri a far parte dell’ordinamento giuridico italiano prima della fine della legislatura. Èquesto il messaggio che il Comitato Unitario delle Professioni e la Rete delle Professioni Tecniche, guidati da MarinaCalderone e Armando Zambrano, ribadiranno giovedì 30 novembre in occasione della manifestazione “L’equo compenso èun diritto”. L’evento, organizzato a Roma al Teatro Brancaccio, sarà caratterizzato dal confronto tra le rappresentanze delleprofessioni (Ordini, Casse, Sindacati, Associazioni giovanili) e la politica sulla necessità di dotare un comparto economicocome quello dei liberi professionisti, composto da 2,5 milioni di iscritti, di un punto di riferimento normativo che quantifichi laprestazione a fronte di un’assenza di regole. Dopo l’estensione al Senato a tutte le categorie, grazie ad un emendamento delGoverno al decreto fiscale, il testo sull’equo compenso potrebbe essere modificato in Commissione bilancio alla Camera deiDeputati. Ma CUP e RPT si ritengono soddisfatti per il primo risultato ottenuto ovvero quello di avere un principio ­ il rispettodell’equo compenso ­ su cui far leva di fronte a quelle Pubbliche Amministrazioni che chiedono prestazioni professionali “ad uneuro”. “Non possiamo restare immobili di fronte a queste situazioni, perché così facendo non garantiamo un futuro ai nostrigiovani”, hanno dichiarato il Presidente del Comitato Unitario delle Professioni e il Coordinatore della Rete delle Professionitecniche. “I professionisti ordinistici ­ hanno continuato ­ svolgono un importante ruolo sussidiario nei confronti dello Stato,delle imprese e dei cittadini e di presidio della fede pubblica. Per questo la loro funzione non può non essere tutelata”. Quelladel 30 novembre, quindi, non si configura come una manifestazione di rivendicazione, ma anche di sostegno alla dignità dellavoro e al futuro delle professioni, a cui parteciperanno migliaia di professionisti, che potranno seguire i dibattiti anche indiretta streaming sul sito www.equocompenso.info. Il 30 novembre, però, gli agrotecnici non saranno al Brancaccio allamanifestazione del Cup. La categoria professionale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati, con voto unanime delConsiglio Nazionale nei giorni scorsi, ha infatti deliberato ha di non partecipare alla manifestazione del 30 novembre p.v.,indetta dal Cup (al quale peraltro gli Agrotecnici aderiscono) e dalla Rpt, di celebrazione/rivendicazione che dir si voglia delcosiddetto “equo compenso”, introdotto recentemente da un emendamento congiunto Governo­Parlamento nel Ddl fiscale. Leragioni della scelta della categoria degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati risiedono nel fatto che:1. L’equo compenso, così come normato nel DDL fiscale, è assolutamente inutile, e forse anche dannoso (per gli effettisuccessivi che può determinare, anche in ambito fiscale). Si tratta invero di un “contentino” elettorale, che servirà ai politici incampagna elettorale.2. L’enfasi data all’approvazione di una disposizione così risibile e priva di effetti, è fuorviante rispetto ai reali problemidei liberi professionisti. L’equo compenso infatti non è né il primo né il principale problema dei liberi professionisti; i temi verisono altri ed in particolare:- la perdita di autonomia delle organizzazioni ordinistiche e la loro pervasiva omologazione alla PP.AA., con ilconseguente carico di nuovi adempimenti e dei relativi costi, scollegati da qualunque logica;- l’imposizione di continui e spesso inutili adempimenti, quali la formazione obbligatoria disgiunta da ogni realenecessità, l’assicurazione obbligatoria, l’obbligo del POS anche se si emettono poche fatture nell’anno, una tassazioneassolutamente punitiva, la continua erosione del reddito realizzata attraverso l’aumento surrettizio della base imponibile (cheha il paradossale effetto di fare risultare come “reddito” ciò che è una “spesa” affrontata per produrlo), l’estensione dellafatturazione elettronica obbligatoria anche fra privati (bisogna compilarne una, per capire di che si tratta), l’introduzioneossessiva di ridondanti adempimenti fiscali;- lo “split payment”, cioè il mancato incasso dell’IVA esposta in fattura, con futuri effetti economicamente devastantiper i professionisti che operano prevalentemente od in misura importante per la PP.AA. i quali, essendo già soggetti allaritenuta d'acconto alla fonte, vedranno decurtata la somma effettivamente loro pagata, rispetto a quella esposta in fattura, dioltre il 34%. Una somma che sarà loro “restituita”, peraltro solo in parte, dopo oltre un anno e tre mesi: a tanto infattiassommano i “tempi medi” di rimborso dell’IVA da parte dell’Erario;questi temi, fondamentali per la vita quotidiana di ogni libero professionista, vengono tutti accantonati dalla cortina fumogenadell’equo compenso, e ciò avviene esattamente nell’unico momento ­quello pre elettorale­ in cui potevano essere risoltialmeno in parte, perdendo così una occasione che per diversi anni non si ripeterà più. Peraltro l’articolo sull’equo compensorisulta maldestramente scritto; la disposizione infatti era stata pensata per modificare la legge sulla professione forense, adapparente “protezione” dei liberi professionisti dalle pretese delle grandi imprese (tipicamente banche ed assicurazioni) cheoffrono loro incarichi sulla base di convenzioni unilaterali. Una tale fattispecie è all’evidenza assai limitata e si riduceulteriormente qualora la banca o l’assicurazione si cautelino “contrattando” le condizioni ed il compenso con il professionista.All’interno della norma è dunque già previsto il modo per aggirarla.E se l’articolo riprende pomposamente il principio costituzionale (a proposito: essendo in Costituzione, non vi era alcunanecessità di ribadirlo) secondo cui il compenso è “equo” quando è “proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto”,il modo con cui definire questa proporzione lascia a desiderare, infatti si deve “tener conto” dei “parametri giudiziali”, cioèutilizzare un metro di proporzione ampiamente discrezionale. Se consideriamo inoltre che, quando le tariffe esistevano (primadelle “lenzuolate” di Bersani), di fronte al grande cliente che offriva decine di incarichi, non mancavano professionisti cheaccettavano di buon grado importi largamente inferiori ai minimi, si comprende facilmente come l’articolo sull’equo compensoservirà a poco più di niente (salvo per eventualmente alimentare un contenzioso successivo con il committente che non abbiaavuto cura di ben cautelarsi in fase di stipula dell’accordo). Nella parte poi relativa alla PP.AA. non siamo in presenza di unanorma, ma di un ossimoro: nell’arco di poche righe il legislatore riesce ad affermare che il “compenso deve essereproporzionato alla qualità e quantità del lavoro svolto” ma ciò non deve produrre “maggiori oneri a carico della finanzapubblica”. E come mai si potrà fare a pagare di più un professionista spendendo gli stessi soldi? Difficile capire cosa mai ci siada festeggiare per norme di tal fatta, frettolosamente e malamente scritte solo per essere utilizzate dai politici in campagnaelettorale. Ecco perché l’Albo professionale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati si è dissociato dalla manifestazione del

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30 novembre 2017, non volendo essere colpevoli figuranti di una gigantesca operazione di “distrazione di massa” che occulta iveri problemi dei liberi professionisti. Gli Agrotecnici e gli Agrotecnici laureati rivendicano invece un sistema fiscale equo;chiedono l’eliminazione di inutili lacci e lacciuoli; vogliono essere messi in condizioni di competere tenendo alti i valori allabase della professione intellettuale: merito, capacità, impegno. E concorrenza. La sola che può fare crescere ed uscire l’Italiadalla crisi.

Data: Lunedi 27 Novembre 2017

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