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Contrastare la diffusione delle specie acquatiche aliene Manuale di buone pratiche nel monitoraggio ambientale delle acque superficiali

Contrastare la diffusione delle specie acquatiche aliene ......Fitoplancton L’attività si svolge esclusivamente in ambiente lentico e rihiede l’uso di un’im arazione; l’operatore

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  • Contrastare la diffusione

    delle specie acquatiche aliene

    Manuale di buone pratiche

    nel monitoraggio ambientale delle acque superficiali

  • Settore Monitoraggi Ambientali – U.O. Risorse Naturali e Biodiversità

    Dipartimenti ARPA - U.O. Monitoraggi e Valutazioni Ambientali Progetto Censimento degli Invertebrati Acquatici Alieni

  • 1. Introduzione

    La biodiversità rappresenta la varietà e variabilità degli organismi viventi e dei sistemi ecologici in cui essi vivono. Per comprendere l’importanza della biodiversità - e della sua tutela - è sufficiente riflettere sul fatto che ogni specie vivente svolge una specifica funzione all’interno dell’ecosistema nella quale si è evoluta e sviluppata, contribuendo in tal modo a mantenerlo in equilibrio. Attualmente diversi fattori contribuiscono alla perdita di biodiversità, i principali dei quali sono la distruzione, la degradazione e la frammentazione degli habitat determinate sia da eventi naturali sia da interventi antropici. Un secondo fattore importante, ma spesso poco considerato, riguarda l’introduzione negli ecosistemi di organismi viventi originari di altre aree geografiche: queste specie vengono definite esotiche (dal latino) o alloctone (dal greco) o aliene (dall’inglese); una specie aliena diviene naturalizzata quando vive libera nell’ambiente con popolazioni capaci di autosostenersi; una specie aliena naturalizzata diviene invasiva quando la sua diffusione - in competizione con specie native - rappresenta una concreta minaccia per la biodiversità locale. Secondo il progetto europeo DAISIE (2) nell’Italia continentale sono presenti 1.516 specie alloctone: il nostro Paese, a causa soprattutto delle particolari condizioni climatiche, è tra i più colpiti in Europa. Gli organismi alieni rappresentano un’importante minaccia ambientale, sociale, economica e sanitaria:

    - riducono la biodiversità: competono con le specie autoctone per l’habitat e per l’alimentazione; provocano cambiamenti strutturali agli ecosistemi; in alcuni casi si ibridano con le specie indigene; possono determinare la scomparsa delle specie autoctone

    - riducono la produttività e lo sviluppo di alcune attività umane: raccolti agricoli, pesca professionale, utilizzo del suolo, alterazione delle infrastrutture, sfruttamento del paesaggio per il turismo

    - incrementano i rischi sanitari: allergie, intossicazioni, diffusione di virus e batteri e parassiti Il contrasto alla diffusione delle specie alloctone si avvale di alcuni provvedimenti normativi, soprattutto di ambito comunitario: il divieto di introdurre specie aliene è contenuto sia nella Direttiva Uccelli (79/409/CEE) che nella Direttiva Habitat (92/43/CEE); la Direttiva sulla Salute delle Piante (2000/29/EC) contrasta l’introduzione e la diffusione di organismi dannosi; il Regolamento CE 338/97 protegge flora e fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio; il Regolamento CE 708/2007 regola l’impiego in acquacoltura di specie esotiche; la Direttiva 2008/56/EC considera le specie invasive come elemento di pressione sull’ambiente marino; si sta infine completando il percorso del Regolamento europeo che stabilisce le norme per prevenire, ridurre al minimo e mitigare gli effetti negativi sulla biodiversità causati dall’introduzione e dalla diffusione delle specie esotiche (proposta COM(2013)0620). In ambito nazionale l’interesse è fino ad ora confinato alla fauna selvatica omeoterma di interesse venatorio mentre a livello regionale lombardo la DGR 7736/2008 individua liste nere di specie alloctone animali e vegetali per le quali è previsto il monitoraggio, il contenimento e l’eradicazione e la LR 31/2008 vieta la reintroduzione in acqua delle specie ittiche alloctone dannose eventualmente pescate. In Lombardia - in anni recenti - è stato registrato il più alto numero a livello nazionale di specie vegetali alloctone e di specie vegetali invasive (545 alloctone e 84 invasive su 3.220 specie spontanee). (3) Il fenomeno è da ricercare nelle dimensioni e nell’eterogeneità del territorio nonché nelle attività antropiche presenti come l’agricoltura intensiva, l’urbanizzazione, l’industrializzazione, il traffico delle merci e i flussi di persone. Anche le comunità animali sono interessate dal fenomeno dell’ingresso delle specie aliene: negli ultimi cinquanta anni nelle acque lombarde sono comparse due specie ittiche esotiche ogni

  • decennio e in anni relativamente recenti erano registrate 19 specie esotiche, corrispondenti al 36,5% delle specie presenti. (4) Il territorio regionale subisce in continuazione l’invasione di animali vertebrati e invertebrati: alcuni esempi tra i più noti riguardano il gambero rosso della Louisiana, lo scoiattolo grigio nordamericano, la nutria, la tartaruga americana, il tarlo asiatico e la diabrotica.

    Le acque dolci superficiali sono particolarmente sensibili all’introduzione di specie esotiche sia grazie alla facilità di diffusione degli organismi attraverso il reticolo idrografico - che collega laghi, fiumi e canali - sia a causa del degrado in cui versano molti ecosistemi acquatici. Le acque dolci superficiali sono da sempre intensamente sfruttate dall’uomo per numerosi usi e molti di questi sono vettori potenziali di introduzione di specie esotiche. Le modalità con le quali avvengono le immissioni di organismi alieni nelle acque dolci superficiali possono essere:

    - Intenzionali, ad esempio per la promozione di pratiche di pesca sportiva (esche vive comprese), per il controllo biologico di altri organismi; per l’allontanamento di specie ornamentali non più desiderate.

    - Accidentali, ad esempio durante i ripopolamenti con materiale non sufficientemente controllato, per la fuga da impianti di acquacoltura o da laghetti di pesca, a causa del trasporto involontario di animali e vegetali attraverso le attrezzature.

    In particolare, la dispersione involontaria delle specie alloctone acquatiche dovuta agli spostamenti di persone, attrezzature e mezzi da un’area geografica a un’altra rappresenta una via riconosciuta responsabile di alcune invasioni conclamate e può avvenire in molti modi, ad esempio attraverso il fango che si accumula sulle suole o sugli pneumatici, attraverso le imbarcazioni trasportabili o attraverso qualsiasi attrezzatura utilizzata in acqua. Le specie alloctone che possono essere trasportate involontariamente nelle acque superficiali appartengono sia al mondo animale che al mondo vegetale. Tutti gli organismi animali vertebrati e invertebrati che necessitano dell’acqua dolce per completare il loro ciclo di vita sono potenzialmente trasportabili quando presenti negli stadi microscopici o poco visibili a occhio nudo: si tratta ad esempio di Anfibi, Rettili e Insetti come le libellule o le zanzare; analogamente, sono potenzialmente trasportabili gli Invertebrati che compiono tutto il loro ciclo di vita in acqua come i Molluschi, i Crostacei o gli Irudinei. Per quanto riguarda il mondo vegetale, sono potenzialmente trasportabili tutte le alghe microscopiche e le piante acquatiche galleggianti e radicate, anche attraverso frammenti del fusto o del rizoma. È del tutto evidente che molte attività istituzionali di ARPA Lombardia spostano persone e attrezzature attraverso il reticolo idrografico ed è quindi altrettanto evidente la necessità di dotare il personale di un quadro di riferimento comportamentale certo.

    2. Le buone pratiche

    In termini generali, una buona pratica può essere definita come un’attività o procedura basata su standard di comportamento, qualità e sicurezza. Nell’ambito in esame, le buone pratiche consistono nello stabilire principi generali da seguire al fine di ridurre al minimo la probabilità di dispersione di specie aliene nel reticolo idrografico lombardo. Le buone pratiche rientrano quindi nell’ampio contesto delle azioni di prevenzione a tutela dell’ambiente. Con l’applicazione delle buone pratiche durante l’espletamento delle numerose attività che il personale di ARPA Lombardia svolge a favore delle acque superficiali si può realizzare un processo

  • in grado di prevenire e ridurre al minimo i fattori responsabili della diffusione di elementi di alterazione ambientale come le specie aliene. Attraverso l’elencazione di comportamenti virtuosi, il “Manuale di buone pratiche nel monitoraggio ambientale delle acque superficiali” ha quindi la funzione di contrastare il trasporto involontario di specie aliene nelle acque superficiali durante le attività in campo. Considerata la differente organizzazione delle diverse strutture agenziali che svolgono attività di campagna sulle acque superficiali, si ritiene necessaria una prima fase di sperimentazione delle buone pratiche per verificarne l’applicabilità; sarà poi probabilmente necessaria una fase di revisione del Manuale basata sui risultati della sperimentazione. In un secondo tempo, l’Agenzia potrebbe farsi promotrice di un’azione di più ampio respiro e proporre l’adozione di buone pratiche a tutti i fruitori delle acque superficiali con cui entra in relazione quali i liberi professionisti o i ricercatori e gli studenti universitari; con una visione ancora più ampia - e con un idoneo manuale - potrebbe coinvolgere altri gruppi quali i pescatori, le associazioni naturalistiche amatoriali o i manutentori degli ambiti fluviali e lacustri per promuovere un’azione di tutela diffusa.

    3. Il monitoraggio ambientale delle acque superficiali di ARPA Lombardia: più tipologie di approccio

    I tecnici di ARPA Lombardia svolgono numerose attività sui corpi idrici superficiali, da quella di monitoraggio in proprio a quella di audit. L’attività di monitoraggio, a sua volta, si avvale di differenti strategie in funzione dei parametri da rilevare; si distinguono pertanto tre tipologie di monitoraggio programmato realizzato direttamente dal personale ARPA: il monitoraggio delle componenti biologiche, il monitoraggio chimico-fisico e quello idrologico.

    Monitoraggio delle componenti biologiche Per il monitoraggio qualitativo dei corpi idrici, i tecnici ARPA raccolgono in campo quattro elementi del biota acquatico: diatomee, macrofite, macroinvertebrati bentonici e fitoplancton; la componente ittica viene invece campionata da soggetti terzi, con la collaborazione di ARPA.

    a. Diatomee L’operatore entra nel corpo idrico e preleva campioni da superfici mobili dure naturali e artificiali, da macrofite emergenti e da vegetazione acquatica. Il trasporto involontario di organismi alieni lungo l’asta del corpo idrico e da un corpo idrico a un altro può derivare dalla contaminazione dell’equipaggiamento (stivali, guanti) e della attrezzatura impiegata per campionare (spazzolino, contenitori in plastica, retino a maglia fine, coltello, forbice, pipetta, pennello). L’attività si è finora svolta esclusivamente in ambiente lotico mentre a partire dal 2015 riguarderà anche l’ambiente lentico.

    b. Macrofite In ambiente lotico l’operatore percorre controcorrente il corso d’acqua per tutta la lunghezza della stazione per contare e raccogliere campioni rappresentativi di macrofite, che vengono riposti in sacchetti o barattoli di plastica. Il trasporto involontario di organismi alieni può derivare dal contatto con il substrato e con l’acqua, cui può conseguire la contaminazione

  • dell’equipaggiamento (stivali, guanti), della strumentazione e dell’attrezzatura (borsa frigo, lenti di ingrandimento, rastrello, vasche e barattoli). L’attività in ambiente lentico si svolge invece da imbarcazione lungo transetti disposti ortogonalmente alla riva; il trasporto involontario di organismi alieni può essere quindi mediato anche dall’imbarcazione e dalle attrezzature per l’ormeggio.

    c. Macroinvertebrati bentonici In ambiente lotico l’operatore percorre il corso d’acqua per tutta la lunghezza della stazione da valle verso monte; rimuove il substrato facendo attenzione che tutto il materiale derivante finisca nel retino; il contenuto viene poi rovesciato in una vasca fuori dall’acqua e i taxa bentonici vengono identificati e sistemati nei contenitori. Anche in questo caso il trasporto involontario di organismi alieni può derivare dal contatto con il substrato e con l’acqua, cui può conseguire la contaminazione dell’equipaggiamento (stivali, guanti) e dell’attrezzatura (retino immanicato e rete Surber, vasche, contenitori, pinzette, lente d’ingrandimento, tavoli, provette, piastre Petri). L’attività in ambiente lentico si svolge invece da imbarcazione in transetti in zona litorale, sublitorale e profonda; richiede draghe e setacci. Il trasporto involontario di organismi alieni può essere quindi mediato anche da quest’ultima attrezzatura nonché dall’imbarcazione e dalle attrezzature per l’ormeggio.

    d. Fitoplancton L’attività si svolge esclusivamente in ambiente lentico e richiede l’uso di un’imbarcazione; l’operatore raccoglie sub-campioni a diverse profondità dello strato fotico mediante apposite bottiglie. Il trasporto involontario di organismi alieni può derivare dal contatto dell’imbarcazione e degli ormeggi con l’acqua, e dalla contaminazione dell’equipaggiamento (stivali, guanti), della strumentazione e dell’attrezzatura (Disco di Secchi, bottiglie a strappo o per campioni integrati, bidoni, boccette, sonda multiparametrica).

    e. Fauna ittica Per il campionamento di questa componente il ruolo dell’operatore ARPA è quello di supporto all’attività di un soggetto terzo qualificato. Il trasporto involontario di organismi alieni da parte dell’operatore ARPA può quindi derivare solo dalla contaminazione dell’equipaggiamento (stivali, guanti, giubbotto salvagente). In ambiente lotico la metodologia richiede di percorrere controcorrente il corso d’acqua per tutta la lunghezza della stazione muovendo l’anodo dell’elettrostorditore; i pesci storditi vengono raccolti con un retino e rovesciati in un secchio. Successivamente, fuori dall’acqua, i pesci catturati vengono riposti in una capiente vasca per procedere all’identificazione della specie, alla misura della lunghezza di ogni esemplare e, se necessario, del peso. In ambiente lentico si utilizza l’imbarcazione, adottando l’elettropesca in zona litorale e la pesca con reti in zona pelagica.

    Monitoraggio fisico-chimico In ambiente lotico - in idonei punti presso la stazione ove viene effettuato il monitoraggio delle componenti biologiche - vengono determinati alcuni parametri fisico-chimici sulla matrice acqua mediante una sonda multiparametrica e - se richiesto per la classificazione del corpo idrico - vengono campionate aliquote di acqua da sottoporre ad analisi chimica in laboratorio.

  • Il trasporto involontario di organismi alieni può derivare dal contatto con il substrato e con l’acqua, cui può conseguire la contaminazione dell’equipaggiamento (stivali e guanti), della strumentazione e dell’attrezzatura (sonda multiparametrica, bottiglie di plastica e/o vetro, contenitori termici per il trasporto). In ambiente lentico la determinazione dei parametri fisico-chimici con sonda multiparametrica e il campionamento con bottiglia di profondità vengono effettuati da imbarcazione lungo tutta la colonna d’acqua nel punto di massima profondità. In questo caso il trasporto involontario di organismi alieni può essere quindi mediato anche dall’imbarcazione e dalle attrezzature per l’ormeggio.

    Monitoraggio idrologico Le misure di portata vengono effettuate secondo tre differenti modalità:

    - da ponte, senza che il personale entri in diretto contatto con l’acqua - da sponda, senza che il personale entri in diretto contatto con l’acqua - a guado, modalità in base alla quale i tecnici ARPA entrano nel corso d’acqua

    attraversandolo più volte da una sponda all’altra Nell’esecuzione delle misure da ponte lo strumento di misura viene calato in acqua e l’operatore lo trascina da una sponda all’altra mediante un cavo, rimanendo sul ponte stesso. Nell’esecuzione delle misure da sponda si costruisce una teleferica che consente di trascinare lo strumento di misura da una sponda all’altra. L’esecuzione delle misure a guado richiede l’attraversamento del corso d’acqua da parte dell’operatore che, nella fase di misura, si sposta ad intervalli regolari per tutta la larghezza del fiume fermandosi per compiere la misura di portata in ogni transetto individuato. Il trasporto involontario di organismi alieni può derivare dal contatto con il substrato e con l’acqua; ne può conseguire la contaminazione dell’equipaggiamento (stivali, guanti, salvagente e imbracatura di ancoraggio), della strumentazione e dell’attrezzatura (misuratore di portata, corde e funi, picchetti, mazza, bindella, secchio).

    Attività di audit L’attività di audit consiste nella valutazione e/o nel controllo di dati e procedure proposti da altri soggetti. Per quanto riguarda lo stato quali-quantitativo dei corpi idrici superficiali, questa attività impegna in campo i tecnici ARPA in relazione alla costruzione delle Grandi Opere: l’audit viene realizzato attraverso “campionamenti in contradditorio” e quindi ricade in una delle tipologie di monitoraggio già esaminate. In relazione alla costruzione delle Grandi Opere vengono valutate anche componenti vertebrate di ambiente umido: in tal caso i tecnici di ARPA verificano i rilievi effettuati da soggetti terzi. In quest’ultimo caso il trasporto involontario di organismi alieni può quindi derivare dal contatto con il materiale spondale e con l’acqua, cui può conseguire la contaminazione dell’equipaggiamento (scarponi o stivali).

    Per ogni attività descritta, la programmazione del lavoro ARPA richiede che in ogni “uscita giornaliera” vengano campionati da 2 a 5 punti e spesso si tratta di punti geograficamente vicini ma posti su corpi idrici differenti appartenenti allo stesso bacino idrografico. Questa modalità di lavoro - cui si somma il fatto che gli operatori procedono indifferentemente dai punti a monte a quelli a valle o viceversa - facilita il trascinamento di organismi potenzialmente pericolosi lungo l’asta del corpo idrico e tra corpi idrici diversi.

  • 4. Modalità per bonificare i materiali potenzialmente contaminati

    A livello internazionale, il sistema più noto per contrastare le specie aliene acquatiche è il cosiddetto approccio “Check, Clean and Dry” (5). Si tratta di una strategia - avviata nel 2005 - inizialmente finalizzata a limitare la diffusione dell’alga invasiva Didymosphenia geminata nei corsi d’acqua della Nuova Zelanda. Per limitare la proliferazione di quest’alga, altamente invasiva e in grado di produrre bloom macroscopici, è stata condotta una campagna di informazione rivolta agli utenti dei corsi d’acqua finalizzata a modificare il loro comportamento: veniva raccomandato di controllare, lavare e asciugare per almeno 48 ore l’equipaggiamento e le attrezzature venute in contatto con l’acqua. Il progetto “Check, Clean and Dry” è stato declinato con un approccio a più livelli per rispondere a specifiche esigenze e caratteristiche dei bacini idrografici interessati dall’invasione biologica; ad esempio:

    - gli utenti dotati di alto potenziale di contaminazione (canoisti, pescatori, imbarcazioni) sono stati informati con specifiche campagne di comunicazione (organizzazione di eventi, pubblicità, media, incontri); - gli altri utenti (turisti e frequentatori non abituali) sono stati informati prevalentemente con i media tradizionali.

    Una recente indagine ha evidenziato che l’approccio “Check, Clean and Dry” ha raggiunto il proprio scopo generando la consapevolezza del ruolo degli utenti dei corsi d’acqua dolce, modificandone l’atteggiamento e il comportamento: il rischio ambientale provocato dall’alga Didymosphenia è stato compreso e la maggioranza delle persone oggi controlla, pulisce e asciuga le attrezzature e l’equipaggiamento venuto a contatto con l’acqua contaminata. L’approccio “Check, Clean and Dry” è adottato attualmente da numerose istituzioni internazionali per prevenire e/o contrastare le invasioni biologiche nei corpi idrici.

    In linea generale, la decontaminazione degli indumenti, delle attrezzature e dei mezzi di trasporto si realizza attraverso trattamenti meccanici, fisici e chimici (6). La maggior parte di questi è però applicabile “in sede”, cioè al termine dell’uscita. Vengono suggeriti:

    Rimozione mediante spazzolamento e aspirazione: questi metodi combinati sono moderatamente efficaci per la rimozione della maggior parte dei materiali vegetali dagli indumenti, dalle calzature e da altri oggetti personali.

    Rimozione mediante l’uso di un rullo adesivo: in associazione alla spazzolatura e all’aspirazione consente di rimuovere le particelle più fini e nascoste tra le cuciture e la trama dei tessuti.

    Lavaggio con acqua: in associazione con le tecniche precedenti, questo metodo è in grado di rimuovere le particelle più persistenti.

    Trattamento termico con vapore, aria e acqua calda: prevede l’utilizzo di temperature elevate per devitalizzare le forme viventi rimaste adese agli indumenti e alle attrezzature. I trattamenti termici possono essere pericolosi per l’incolumità degli operatori e presentano costi di investimento sia per le apparecchiature che per gli indumenti di protezione Individuale.

    Lavaggio ad alta pressione: applicato agli autoveicoli e alle imbarcazioni migliora le capacità di decontaminazione.

    Decontaminazione chimica: l’efficacia di questo metodo dipende dall’organismo da devitalizzare e dal suo stadio vitale, dalla sostanza utilizzata e dal tempo di contatto, in alcuni casi piuttosto lunghi. I prodotti più utilizzati sono: soluzione all’1% di cloruro di sodio con un tempo di contatto di 24 ore; acido acetico con un tempo di contatto di 20 minuti; ipoclorito di sodio diluito con un tempo di contatto di almeno un’ora; soluzione di

  • permanganato di potassio; composti di sali quaternari di ammonio. I decontaminanti chimici dovrebbero essere utilizzati solo in caso di necessità in quanto possono corrodere le superfici metalliche e i collegamenti elettrici, possono essere tossici per la vita acquatica e in alcuni casi vanno smaltiti come rifiuti pericolosi.

    Essiccazione(7): la combinazione delle alte temperature con la bassa umidità è mortale per la maggior parte degli organismi invasivi acquatici. Si tratta semplicemente di esporre l’abbigliamento, le attrezzature, l’imbarcazione e il rimorchio al sole il più a lungo possibile (almeno 7 giorni). Per ridurre i tempi, si può utilizzare un getto di aria calda (asciugatrici ad armadio/stufe da laboratorio) per essiccare alcune attrezzature e capi di abbigliamento.

    Trattamenti specifici per le suole in feltro(8): il feltro è un materiale fortemente assorbente per il quale i trattamenti menzionati non sono efficaci. Per questo materiale è opportuno provvedere all’ammollo in una soluzione disinfettante e alla successiva completa essiccazione riscaldando gli stivali a 45°C per almeno 20 minuti.

    5. Buone pratiche per ARPA Lombardia

    Considerata la programmazione dell’attività in campo dei tecnici ARPA - secondo la quale prevalgono 2 o più uscite giornaliere nell’arco della settimana (prevalentemente in giorni consecutivi) e secondo la quale il numero di punti di misura visionati in ogni uscita risulta compreso fra un minimo di 2 e un massimo di 5 - si rende necessario dotarsi di diverse strategie: individuare sia i trattamenti da adottare sempre in campo, sia quelli speditivi da adottare in sede fra due giornate consecutive di uscita sia quelli più radicali da applicare periodicamente.

    I. Buone pratiche di carattere generale Per evitare la diffusione di organismi alieni è preferibile:

    - quando possibile, programmare in modo che le uscite non siano effettuate in giorni consecutivi per lasciare asciugare l’attrezzatura e la strumentazione

    - campionare, quando possibile, un solo corso d’acqua per ogni uscita - campionare le diverse stazioni da monte verso valle (fa eccezione il campionamento

    dell’ittiofauna) - riporre tutti i materiali entrati in contatto con il corpo idrico in appositi contenitori

    di plastica non forati - dotarsi di una doppia attrezzatura in modo tale da avere il tempo per eliminare il

    più possibile l’umidità residua, sufficiente per mantenere in vita per giorni molte forme microscopiche (in particolare, dotarsi di un secondo retino immanicato e di una seconda rete Surber per il campionamento del macrobenthos; di un secondo spazzolino e pennello e di un secondo retino a maglie fini per il campionamento delle Diatomee)

    II. Buone pratiche da applicare in campo nel caso di più campionamenti nella stessa giornata effettuati sullo stesso corpo idrico Al termine del campionamento eseguire le seguenti operazioni:

    - lavare spazzolando con l’acqua del corpo idrico tutte le attrezzature utilizzate per il campionamento e/o lo smistamento degli organismi nonché l’equipaggiamento (stivali, scarponi e guanti)

    - sciacquare brevemente tutto il materiale con acqua potabile, compreso l’esterno delle bottiglie da campionamento

    - rimuovere eventuali detriti fangosi dall’abitacolo dell’autoveicolo

  • - durante il trasporto sull’automezzo o sul natante sistemare tutta l’attrezzatura e l’equipaggiamento negli appositi contenitori

    III. Buone pratiche da applicare in campo nel caso di più campionamenti effettuati nella stessa

    giornata su corpi idrici diversi Al termine di ogni campionamento eseguire le seguenti operazioni:

    - lavare spazzolando con l’acqua del corpo idrico tutte le attrezzature utilizzate per il campionamento e/o lo smistamento degli organismi nonché l’equipaggiamento (stivali, scarponi e guanti)

    - sciacquare abbondantemente tutto il materiale con acqua potabile, compreso l’esterno delle bottiglie da campionamento

    - durante il trasporto sull’automezzo o sul natante sistemare tutta l’attrezzatura e l’equipaggiamento negli appositi contenitori, che dovranno essere sciacquati con acqua potabile prima di un nuovo utilizzo

    - rimuovere eventuali detriti fangosi dall’abitacolo dell’autoveicolo - sciacquare accuratamente con l’acqua potabile presente al molo d’attracco – se

    possibile spazzolando - tutte le parti dell’imbarcazione trasportabile: carena, piede del motore, pozzetto, ancora e cime, carrello

    IV. Buone pratiche da applicare in sede al termine di una giornata di campionamento

    Al rientro in sede è necessario eseguire le seguenti operazioni: - lavare con il detersivo tutti i contenitori e sciacquare abbondantemente - lavare con l’idoneo detersivo e spazzolare tutta l’attrezzatura e l’equipaggiamento e

    sciacquare abbondantemente - lasciare asciugare i contenitori, l’attrezzatura e l’equipaggiamento il più a lungo

    possibile; per il materiale resistente al calore, l’asciugatura può essere effettuata in stufa a bassa temperatura

    - eliminare detriti e residui di acqua eventualmente presenti nelle diverse parti dell’autoveicolo (abitacolo, bagagliaio, pneumatici)

    - lasciare asciugare il più a lungo possibile l’automezzo - sciacquare accuratamente la carena, il pozzetto e il piede del motore

    dell’imbarcazione trasportabile e lasciare asciugare il più a lungo possibile - sciacquare il carrello per il trasporto dell’imbarcazione e lasciare asciugare il più a

    lungo possibile

    V. Buone pratiche da applicare in sede periodicamente - sottoporre a lavaggio professionale l’automezzo di servizio, ponendo particolare

    cura all’aspirazione dell’abitacolo - spazzolare accuratamente con il detersivo la carena, il pozzetto, il piede del motore,

    l’ancora, le cime e il carrello dell’imbarcazione e sciacquare abbondantemente - quando possibile esporre a lungo al sole l’abbigliamento in gomma, le attrezzature,

    la strumentazione, l’autovettura e l’imbarcazione: l’essiccazione è fondamentale per inattivare le forme acquatiche microscopiche

    A prima vista, le buone pratiche da applicare in campo potrebbero ingenerare dubbi circa la loro effettiva applicabilità, ad esempio rispetto ai volumi di acqua potabile richiesti. Nella pratica, un fusto di plastica con rubinetto della capacità di 20/25 litri e una spruzzetta da laboratorio dovrebbero essere più che sufficienti in una giornata-tipo.

  • In realtà, molte delle operazioni indicate in questo manuale vengono già abitualmente messe in atto dai tecnici ARPA: si tratta quindi di rendere consolidato e sistematico un comportamento per buona parte già condiviso, pur nella consapevolezza del fatto che i campionamenti richiederanno qualche minuto supplementare per applicare le buone pratiche destinate a tutelare il patrimonio idrico regionale dalla dispersione degli organismi alieni.

    Bibliografia

    (1) Convenzione ONU sulla Diversità Biologica sottoscritta Rio de Janeiro il 5 giugno 1992 e ratificata in Italia il 14 febbraio1994 (L. n. 124/94)

    (2) DAISIE (Delivering Alien Invasive Species Inventories for Europe), www.europe-aliens.org (3) Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Direzione per la Protezione

    della Natura, 2009. Contributo tematico alla Strategia Nazionale per la Biodiversità. Le invasioni di specie vegetali in Italia

    (4) ARPA Lombardia – Rapporto sullo Stato dell’Ambiente 2003. La comunità ittica (5) http://www.cbsm.com/cases/the+check+clean+dry+campaign_171 (6) U.S. Department of the Interior Bureau of Reclamation Inspection and Cleaning Manual for

    Equipment and Vehicles to Prevent the Spread of Invasive Species - 2012 Edition (7) Center for Aquatic Nuisance Species - P.O. Box 1429 Livingston, MT 59047 406-220-2059 –

    2009 Tips For Careful Cleaning (8) Center for Aquatic Nuisance Species – 215 East Lewis St, #201 Livingston, MT 59047 406-

    222-7220 -The Science of Felt – 2009 A look at the science driving the move to eliminate the use of felt soled waders

    http://www.europe-aliens.org/

  • Responsabile di Progetto: Rossella Azzoni Ottobre 2014

    Foto di copertina: Cascate dell’Acqua Fraggia – http://trekking.massimobotelli.it