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1 CONTRIBUTI DEL GEOGRAPHICAL OFFENDER PROFILING ALL’INVESTIGAZIONE DELL’OMICIDIO Mario Meloni Psicologo Forense e Criminologo, Servizio di Psichiatria Forense- DSM ASL 8 Cagliari, Giudice Onorario presso Corte d’Appello di Cagliari Via Cilea 32 Quartu Sant’Elena, 09045 (CA), e-mail: [email protected] ABSTRACT Il presente lavoro si focalizza sulle applicazioni del profilo geografico dell’aggressore autore di omicidio. Il profilo geografico dell’autore di reato, chiamato Geographical offender profiling (GOP) o Geographic profiling nei paesi anglossassoni dove è nato, è uno degli ultimi approcci di quella controversa e dibattuta applicazione di conoscenze nota di volta in volta come Criminal profiling, Offender profiling, Psychological profiling, Socio- psychological profiling, Criminal psychological profiling etc. Considerata da certi come un’arte e da altri come una scienza, il profiling è uno strumento tra i tanti che può aiutare le investigazioni di polizia. In Italia il profilo geografico, oltre che essere scarsamente impiegato in ambito investigativo, è quasi totalmente ignorato dalle pubblicazioni scientifiche. Per quanto riguarda questo lavoro, verrà realizzata unicamente una disamina e una lettura del GOP in chiave scientifica, come proposto dai recenti lavori di David Canter, sottolineandone i limiti e i pregi, analizzando quello che è un interessante impiego di diverse discipline quali la psicologia, la criminologia ambientale, le scienze forensi, la geografia alla conoscenza del reato, del reo e della probabile area contenente l’abitazione di quest’ultimo. Tale impiego, relativamente attuale, non presenta ancora robustezza ermeneutica tale da poter essere considerata sempre come ‘la risposta’ a quei casi dove appare incomprensibile la motivazione di un atto criminale, dove la soluzione del caso sembra non giungere mai, dove le investigazioni permangono sospese su un punto morto. Il GOP non deve sostituirsi alle tradizionali tecniche investigative, ma in taluni casi integrarsi.

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CONTRIBUTI DEL GEOGRAPHICAL OFFENDER

PROFILING ALL’INVESTIGAZIONE DELL’OMICIDIO

Mario Meloni

Psicologo Forense e Criminologo, Servizio di Psichiatria Forense- DSM ASL 8 Cagliari, Giudice Onorario presso Corte d’Appello di Cagliari

Via Cilea 32 Quartu Sant’Elena, 09045 (CA), e-mail: [email protected]

ABSTRACT

Il presente lavoro si focalizza sulle applicazioni del profilo geografico

dell’aggressore autore di omicidio.

Il profilo geografico dell’autore di reato, chiamato Geographical offender profiling

(GOP) o Geographic profiling nei paesi anglossassoni dove è nato, è uno degli ultimi

approcci di quella controversa e dibattuta applicazione di conoscenze nota di volta in

volta come Criminal profiling, Offender profiling, Psychological profiling, Socio-

psychological profiling, Criminal psychological profiling etc.

Considerata da certi come un’arte e da altri come una scienza, il profiling è uno

strumento tra i tanti che può aiutare le investigazioni di polizia.

In Italia il profilo geografico, oltre che essere scarsamente impiegato in ambito

investigativo, è quasi totalmente ignorato dalle pubblicazioni scientifiche.

Per quanto riguarda questo lavoro, verrà realizzata unicamente una disamina e una

lettura del GOP in chiave scientifica, come proposto dai recenti lavori di David Canter,

sottolineandone i limiti e i pregi, analizzando quello che è un interessante impiego di

diverse discipline quali la psicologia, la criminologia ambientale, le scienze forensi, la

geografia alla conoscenza del reato, del reo e della probabile area contenente

l’abitazione di quest’ultimo.

Tale impiego, relativamente attuale, non presenta ancora robustezza ermeneutica tale da

poter essere considerata sempre come ‘la risposta’ a quei casi dove appare

incomprensibile la motivazione di un atto criminale, dove la soluzione del caso sembra

non giungere mai, dove le investigazioni permangono sospese su un punto morto.

Il GOP non deve sostituirsi alle tradizionali tecniche investigative, ma in taluni casi

integrarsi.

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Ma l’aspetto che l’autore ritiene più utile e interessante, oltre la potenzialità

investigativa del GOP, è quello di approfondire la comprensione del comportamento

criminale nel suo complesso.

In quest’ottica si pone questo lavoro, che esporrà i risultati dei maggiori contributi

realizzati in questo campo.

Parole chiave: geographical offender profiling; omicidio; profiling; psicologia

investigativa; sistemi di supporto decisionale.

INTRODUZIONE

Generalmente i lavori scientifici inerenti l’omicidio e il crimine violento ne

affrontano gli aspetti psichiatrici e psicodinamici (Malmquist, 1996)1, psicopatologici2

o i legami con le condizioni economiche3, politiche4 e sociali5.

Altri esaminano l’omicidio nel suo aspetto seriale, attraverso le diverse tipologie6.

Altri ancora enfatizzano finalità investigative7, combinando elementi clinici e statistici,

introducendo il tema dell’omicidio e del profiling all’interno del più ampio spettro

riguardante l’investigazione criminale8; anche in Italia sono presenti contributi in tal

senso (Gulotta, Merzagora Betsos e coll., 2005)9.

In questa sede si illustreranno i principi del geographical offender profiling, ovvero le

risultanze dei principali studi sul comportamento spaziale dell’offender, le sue

applicazioni e il suo possibile impiego alla fattispecie dell’omicidio.

Questo lavoro, esaminando la letteratura scientifica, esporrà nel secondo, terzo e quarto

capitolo principalmente i risultati e la sistematizzazione dei recenti contributi di

Canter e Youngs sull’argomento (Canter e Youngs, 2008).

Per prima cosa si affronterà l’omicidio e il profiling, ovvero gli studi e l’utilizzo del

profilo ai casi di omicidio, quasi sempre seriali.

1 Malmquist C. P., Omicidio. Una prospettiva psichiatrica, dinamica e relazionale, Centro Scientifico Editore, Torino, 1999. 2 Skodol A. E. (a cura di), Psicopatologia e crimini violenti, Centro Scientifico Editore, Torino, 2000. 3 Vedasi Matthews R. A. e coll. (2001) e Kubrin C. F. (2003). 4 Per esempio Chamlin M. B. e coll. (2006). 5 Broidy L. M. e coll. (2006) e Fox J. A. e coll. (2003). 6 Tra gli altri Schlesinger L. B. sull’omicidio catatimico e compulsivo (2004), l’ampliamento della definizione di omicidio seriale di Dietz M. L. (1996) e, in Italia, il modello S.I.R. di De Luca R. (2001). 7 Geberth V. J., Sex-related homicide and death investigation, CRC Press, Boca Raton, 2003. 8 In tal senso Gardner R. M. e Bevel T. (2009) e Tong S. e coll. (2009). 9 Gulotta G., Merzagora Betsos I. e coll., L'omicidio e la sua investigazione, Giuffrè, Milano, 2005.

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Nella seconda parte si tratterà delle origini e degli assunti del Profilo Geografico,

afferenti agli studi di Criminologia Ambientale dei Brantingham per esempio, alla

Psicologia Ambientale, alle teorie criminologiche quali la Routine Activity Theory e la

Rational Choice, fino alla più recente Psicologia Investigativa.

Gli assunti derivanti riguardano concetti quali la localizzazione, la scelta sistematica del

luogo del crimine, la centralità (Marauders e Commuters), l’analisi comparativa dei

casi (Case Linkage) etc.

Nella terza parte ci si concentrerà sulle applicazioni del GOP, nello specifico

all’omicidio, dove si evidenzieranno quei fattori costanti che rappresentano la struttura

portante del GOP, quali la distanza dell’abitazione dal luogo del crimine, le variazioni

per tipologia di aggressione, la funzione di decadimento, la ‘Buffer Zone’ (ovvero zona

cuscinetto), l’area criminale, le variazioni per tipologia di luoghi, la successione

temporale.

Nella quarta parte troverà spazio una sintetica descrizione dei Sistemi di Supporto

Decisionale, riprodotti da softwares che, incorporando le basi empiriche emerse dai vari

studi, agevolano le investigazioni sul dove cercare o sul come procedere.

Per ultime verranno esposte le conclusioni di questa essenziale trattazione.

1. OMICIDIO E PROFILING

Il primo esempio di profiling (in questo caso psicologico) risale alla seconda

guerra mondiale, quando negli Stati Uniti il capo dell’OSS (Office for Strategic

Service), William J. Donovan, commissiona allo psichiatra William Langer la

realizzazione di un profilo psicologico di Adolf Hitler.

Il profilo, che nel 1943 pervenne fino al presidente Roosvelt, venne realizzato in

collaborazione con altri scienziati, risulta di taglio psicanalitico, ed è composto di vari

capitoli, tra i quali il maggiormente noto e interessante è quello relativo alle possibili

‘soluzioni finali’ che Hitler avrebbe potuto mettere in atto nei propri confronti, tra le

quali spicca alla numero 8 il ‘commettere suicidio’.

L’altra storica applicazione di un profilo, nel particolare all’ambito criminale, è quello

prodotto dallo psichiatra James Brussel, per conto dell’ispettore Howard Finney.

L’oggetto del profiling era un individuo che, nella New York del ’40, depositava

ordigni esplosivi alternandoli a rivendicazioni tramite messaggi composti da lettere

ritagliate ed inviate a quotidiani.

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Per più di quindici anni, quello che venne definito ‘Mad Bomber’, fece ritrovare oltre

una trentina di ordigni.

Il 20 gennaio 1957 venne arrestato George Metesky, anche per merito del profilo stilato

dal dottor Brussel. Tale profilo, molto dettagliato, integrava aspetti psicopatologici,

psicanalitici e derivanti dalla grafoanalisi.

Eclatante resta la ‘profetica’ descrizione dell’abbigliamento del criminale, riguardo al

doppio petto scuro, accuratamente abbottonato, che effettivamente Gorge Metesky

indossava al momento dell’arresto.

Negli anni successivi James Brussel proseguì il suo lavoro come profiler, occupandosi

di diversi casi noti alla cronaca.

In seguito, negli anni settanta, altri psicologi e psichiatri si cimentarono col profiling.

Per esempio il professor Murray Myron sul caso del serial killer David Berkovitz, noto

come il “figlio di Sam”.

In Inghilterra, nel 1974, il dottor Patrick Tooley esegue un identikit sull’omicida di

Susan Stevenson, Peter Stout, poi arrestato.

Il modello motivazionale dell’FBI

Tuttavia tra i primi contributi sulla classificazione dell’omicidio, e sullo sviluppo

del profiling come metodologia investigativa sistematica, troviamo quelli dell’FBI

Academy’s Behavioral Science Unit di Quantico (B.S.U.), con la pubblicazione nel

1980 sulle tipologie di omicidi per libidine a cura di Hazelwood e Douglas.

Nel 1986 Douglas e colleghi pubblicavano la classificazione degli omicidi in base alla

vittima, al tipo e allo stile10.

Viene definito singolo omicidio quello in cui abbiamo una vittima uccisa e un unico

evento. Un duplice omicidio quando ci sono due vittime uccise in un breve lasso

temporale nello stesso luogo. Per triplice omicidio si intendono tre vittime uccise nello

stesso tempo e nello stesso luogo. Mentre quattro o più vittime soppresse in un unico

evento in un'unica località è classificato come omicidio di massa o mass murder.

L’omicidio di massa può essere inoltre di due tipi: omicidio di massa classico e

omicidio di massa famigliare; il primo consiste in un individuo che agisce anche contro

sconosciuti in uno stesso periodo di tempo che può essere di minuti, ore o anche giorni,

e in uno stesso luogo; il secondo tipo avviene in famiglia, le vittime sono famigliari

10 Douglas J. E., Burgess A. W., Burgess A. G., Ressler R. K., Crime Classification Manual, Jossey Bass, San Francisco, 1992.

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dell’omicida che in certi casi dopo aver compiuto la strage può suicidarsi mutando

l’azione in quella che viene definita dagli autori mass murder/suicide.

Un’altra tipologia è quella dello spree murder risultante in uno stesso evento con più

omicidi compiuti in luoghi diversi; una delle caratteristiche determinanti di questo tipo

di azione, che lo differenzia dagli omicidi seriali, è che tra un’uccisione e l’altra non

intercorre nessun periodo di raffreddamento emozionale (emotional cooling-off).

Infine abbiamo la tipologia più nota e morbosamente attraente per l’opinione pubblica e

i media, l’omicidio seriale (serial murder), ossia tre o più eventi separati in rispettive

tre o più località differenti con un certo periodo di raffreddamento emozionale tra gli

omicidi, periodo che può essere anche di anni.

La più importante definizione di omicidio, utile a scopo di profiling, che la B.S.U.

dell’FBI comunque abbia creato è quella che ne considera il livello di organizzazione,

utilizzando la dicotomia organizzato/disorganizzato con sottese caratteristiche del reo a

fini investigativi e di profiling11. Nell’omicidio organizzato da parte dell’aggressore si

ritrova un approccio metodico e pianificato in ogni fase dell’atto, questo si riflette in un

individuo caratterizzato da intelligenza, competenza sociale, sessualmente adeguato e

con controllo emotivo durante il compimento del crimine.

L’omicidio disorganizzato, per contro, si presenta come un atto non pianificato,

impulsivo, caotico, che dagli autori dell’FBI viene connesso ad individui poco

intelligenti, non adeguati socialmente e sessualmente, eventualmente con

psicopatologie e/o abuso di sostanze, mancanza di controllo durante l’azione.

Come affermato dagli stessi autori e osservato da diversi studiosi (Canter, Turvey, etc.)

è raro nella realtà trovare omicidi o completamente organizzati o completamente

disorganizzati, è più probabile piuttosto che li si trovi situati in un continuum tra i due

estremi.

Nel 1992 Douglas e colleghi scrivono l’ormai storico Crime Classification Manual

(Douglas, Burgess, Burgess, Ressler, 1992), che rappresenta un sistema standard per

investigare e classificare i tre principali crimini violenti (omicidio, stupro, incendio

doloso).

La classificazione si basa sulla motivazione dell’offender, sul movente che spinge

l’offender a compiere l’azione, che come si può facilmente immaginare può essere

variabile.

11 Ibidem.

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Infatti per l’omicidio consta di 4 categorie principali, 23 sottocategorie e ulteriori 15

subcategorie numerate.

Gli autori, inoltre, per ogni tipologia presentano un caso reale ed esaminano delle

caratteristiche quali vittimologia, tipici indicatori della scena del crimine, eventuale

staging (ovvero alterazione volontaria della scena del reato), elementi e tracce di

interesse forense, considerazioni investigative e suggerimenti per le ricerche durante le

perquisizioni12.

La psicologia investigativa di Canter

Parallelamente al lavoro dell’FBI, dall’altra parte dell’oceano, in Inghilterra, lo

psicologo ambientale e docente universitario David Canter iniziava, nel 1985, a

collaborare con la polizia.

Nello specifico fu invitato a Scotland Yard dalla Metropolitan Police per valutare la

possibilità di investigare casi complessi con l’ausilio delle scienze comportamentali e

psicologiche13.

Da allora Canter collaborò a diversi casi di rilevanza nazionale, portando la disciplina

psicologica a utile strumento investigativo, e dando origine alla Investigative

Psychology, che oltre ad occuparsi dell’offender profiling e del geographical offender

profiling (dei quali rappresenta l’approccio maggiormente scientifico), affronta l’intero

spettro dei crimini e delle investigazioni criminali, dalla valutazione della scena del

crimine all’intervista con vittime e testimoni, alla presentazione del caso alla corte14.

In relazione al profilo dell’autore del reato, la Psicologia Investigativa di Canter si

fonda su cinque assunti principali: coerenza interpersonale dell’offender, significatività

del tempo e del luogo del delitto, caratteristiche dell’autore di reato, carriera criminale,

forensic awareness (consapevolezza forense).

Inoltre per analizzare i vari crimini, tra i quali gli omicidi seriali, Canter utilizza il

concetto di inner narratives, ovvero delle storie, dei racconti personali rivelatori, che

ogni individuo produce e utilizza per incorporarci una visione di sé, per dar senso

all’esperienza; tali racconti si creano e modificano in relazione con gli altri e con

l’ambiente.

12 Ibidem. 13 Canter D., Criminal shadows, Authorlink Press, Irving, 2000 14 Canter D., Alison L. (a cura di), Profiling in policy and practice, Ashgate, Aldershot, 2000.

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Queste narratives, nel caso dei criminali, sarebbero molto limitate e deformate dalle

loro caratteristiche di personalità, e spesso rilevabili nella scena del crimine e

nell’azione delittuosa.

A tal proposito, partendo dalle considerazioni di Fesbach (1964) sui tipi di violenza

utilizzata per compiere dei crimini, strumentale ed espressiva, Canter ha applicato tali

tipologie a reati tra i quali l’incendio doloso, l’aggressione sessuale e l’omicidio.

In uno studio del 1999, Canter e Salfati15 hanno sottoposto 30 scene del crimine e 82

casi alla SSA (Smallest Space Analysis), una particolare metodologia di scaling

multidimensionale non metrica, ottenendo tre modalità di omicidio con relative

caratteristiche:

-espressiva o affettiva: consiste in un attacco violento e impulsivo, espressione di

motivazioni e disagi interni all’offender e che nutre o proietta nei confronti della

vittima;

-strumentale opportunistica: in questa modalità la vittima è utilizzata come strumento

per ottenere uno scopo che può essere sia materiale come del denaro, che di

soddisfacimento sessuale;

-strumentale cognitiva: quando la vittima viene sempre utilizzata come mezzo per

arrivare ad uno scopo preciso, ma l’azione, diversamente da quello opportunistico,

viene pianificata ed eseguita con consapevolezza anche forense, come cercare di

eliminare o non lasciare tracce, far sparire l’arma, spostare il corpo.

Ulteriori approcci al profiling

Altri studi che si sono focalizzati sul profilo criminale e sull’omicidio sono quelli

di Ronald M. Holmes e Stephen T. Holmes.

Le assunzioni che stanno alla base del loro processo di profiling sono le seguenti: la

scena del crimine riflette la personalità dell’autore di reato, il modus operandi rimane

similare, la signature (firma) sarà la stessa, la personalità dell’offender sarà stabile16.

Analizzando l’omicidio seriale, gli autori classificano gli aggressori in quattro categorie

principali: il serial killer ‘visionario’, ‘il missionario’, ‘l’edonista’ e il serial killer

‘orientato al controllo e al dominio della vittima’.

Ma la prima distinzione che operano Holmes e Holmes sugli omicidi seriali è inerente

alla loro mobilità spaziale.

15 Canter D., Salfati G., Differentiating stranger murders: profiling offender characteristics from behavioral styles, in Behavioral Science and Law, John Wiley & Sons, 1999, 17, pp. 391-406. 16 Holmes R. M., Holmes S. T., Profiling violent crimes 3 ed., Ashgate, Thousand Oaks, 2002.

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Ne risultano due tipologie: i killers ‘geograficamente stabili’ (geographically stable

killers) e quelli ‘transitori’ (geographically transient killers).

I primi vivono nella stessa area per qualche tempo, uccidono all’interno di questa area o

in aree limitrofe, e vi depongono i corpi delle vittime.

Mentre i secondi viaggiano continuamente, soprattutto per confondere le forze di

polizia e per evitare la cattura e depongono i cadaveri delle vittime in località molto

distanti l’una dall’altra17.

Altra metodologia è la Behavioral Evidence Analysis (BEA) dello scienziato forense

statunitense Brent Turvey, la quale, tramite un processo di ragionamento deduttivo,

parte dall’analisi dei vari elementi del crimine per arrivare alle caratteristiche del reo.

Tali elementi vagliati sono rappresentati dalle seguenti fasi: equivocal forensic analysis

(analisi forense delle prove), victimology (analisi vittimologica), Crime scene

characteristics (esame delle caratteristiche della scena del crimine), offender

characteristics (caratteristiche dell’aggressore).

Tra gli altri autori che hanno studiato e si occupano di profiling e omicidio possiamo

citare Robert D. Keppel, con i suoi studi sulla revisione del modello di classificazione

degli omicidi a sfondo sessuale di Hazelwood e Burgess (Hazelwood e Burgess,

1986)18, e sull’analisi del modus operandi e della signature19.

Richard N. Kocsis e il modello CAP (Crime Action Profiling), caratterizzato da un

insieme di procedure metodologiche distinte utilizzate per sviluppare modelli di

comportamento criminale e caratteristiche dell’offender associate20.

Un approccio multidisciplinare che implichi la collaborazione tra il profiling e le altre

discipline forensi è quello di Grover Maurice Godwin, il quale affianca e integra al

classico processo di profiling discipline forensi tra le quali l’archeologia forense,

l’entomologia forense e il recente studio dei pollini per fini forensi (forensic

palynology)21.

2. ORIGINI E ASSUNTI DEL GEOGRAPHICAL OFFENDER PROFILING

Come punto di partenza convenzionale degli studi che hanno analizzato il

rapporto tra criminalità e ambiente, possiamo considerare il lavoro del gruppo

17 Ibidem. 18 Keppel R. D., Walter R., Profiling killers: a revised classification model for understanding sexual murder, International Journal of Offender Therapy and Comparative Criminology, Sage, 1999, vol. 43, No. 4, pp. 417-437. 19 Keppel R. D., Birnes W. J., Serial violence, analysis of modus operandi and signature characteristics of killers, CRC Press, Boca Raton, 2009. 20 Kocsis R. N., Criminal profiling, principles and practice, Humana Press, Totowa, 2006. 21 Godwin G. M., Criminal psychology and forensic technology, CRC Press, Boca Raton, 2001

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denominato “scuola di Chicago”, che ha avuto come punto di riferimento Robert Park e

come più significativi allievi e rappresentanti Clifford Shaw e Henry McKay.

Gli studi di questo gruppo hanno esaminato il crimine nel contesto urbano di città

americane quali Chicago, Filadelfia, Richmond, Cleveland, Birmingham, Denver e

Seattle.

Le ricerche di Shaw (Shaw e coll., 1929) analizzavano la correlazione tra la frequenza

della criminalità e determinate aree, evidenziando le distanze dal centro città, le

tipologie di quartieri, la residenza degli autori di reato; il tutto illustrato da delle mappe.

Si evidenziarono delle relazioni tra caratteristiche fisiche dell’ambiente, tipo di

quartiere e residenza dei criminali, ovvero ambiente urbano deteriorato, presenza di

appartamenti e stanze date in affitto a individui che vivevano in condizioni precarie.

Mentre emerse che i tassi di delinquenza calavano con l’allontanarsi dal centro

cittadino22.

Gli ulteriori lavori di Shaw con il suo collaboratore McKay (Shaw e McKay, 1931;

1942) confermarono e ampliarono le risultanze delle prime ricerche, utilizzando anche

degli indici di disorganizzazione sociale.

In ottica maggiormente ecologica si situano i lavori di Brantingham e Brantingham

(1981), che descrivono la criminologia ambientale come quel campo che indaga il

crimine considerandolo un oggetto a quattro dimensioni: quella del diritto, quella del

criminale, quella della vittima e quella dello spazio.

Ed è proprio su quest’ultima dimensione che si focalizzano le ricerche, in particolare

sul luogo in cui vengono compiuti i crimini.

Brantingham e Brantingham definiscono quella che chiamano ‘geometria del crimine',

ossia i diversi aspetti spaziali dei movimenti del criminale in relazione alla propria

abitazione, al luogo di lavoro, alle aree di shopping e intrattenimento e ai potenziali

obbiettivi.

Significativamente connessa è la routine activity approach di Cohen e Felson (1969).

Tale teoria postula che le attività di routine delle persone hanno un influenza sul

compimento del crimine; e affinché questo si realizzi devono verificarsi nel tempo e

nello spazio i seguenti fattori: a) uno o più autori determinati e motivati a delinquere;

b) uno o più obbiettivi rappresentati da persone, oggetti o servizi verso i quali può

essere compiuto il delitto; c) assenza di persone o elementi che possano impedire il

compimento del reato.

22 Bandini T., Gatti U., Gualco B., Malfatti D., Marugo M. I., Verde A., Criminologia, Giuffrè, Milano, 2003.

10

Mentre lo psicologo ambientale inglese David Canter amplia l’interpretazione

dell’utilizzo dell’ambiente da parte delle persone, dedicando maggior enfasi ai processi

psicologici di rappresentazione cognitiva.

Oltre alla routine activity theory di Cohen e Felson, e al significato di ‘mappe mentali

del criminale’ di Lynch (1957) e riprese dai Brantingham, Canter propone due processi

psicologici alla base del modellamento interno del proprio ambiente (Canter, 1977).

Il primo riguarda la codifica delle informazioni, che porta ad una qualche forma di

distorsione dell’immagine mentale. Il secondo di come le persone fanno uso del proprio

ambiente23.

L’immagine mentale (o mappa) è un prodotto diretto di questi due processi, derivata

dall’archiviazione attiva delle informazioni e dalla disponibilità passiva degli stimoli

ambientali.

Questa mappa influisce sul cosa un soggetto pensa sia possibile fare e dove; è una

procedura che si evolve di continuo, in relazione all’interazione con i luoghi, che

genera le concettualizzazioni dell’individuo sull’ambiente circostante.

Dove una persona svolge le sue attività è in parte il prodotto di queste

concettualizzazioni, in relazione a quello che si sa del dove sia possibile fare certe cose.

Questo è un processo ciclico che si modifica con l’esperienza, e che più si conosce, più

può aiutare a comprendere e a modellare il comportamento spaziale criminale.

Tali proposizioni furono applicate da Canter la prima volta nel 1986 al caso di uno

stupratore seriale, John Duffy, noto come ‘the Railway Rapist’, sulla richiesta di

collaborazione della Metropolitan Police24, e successivamente ad altri casi, impiegando

e raffinando quello che poi definì geographical offender profiling.

Fondamentale scopo del profilo geografico è la localizzazione di un’area con un’alta

probabilità di contenere al suo interno l’abitazione del reo, o della sua base.

Poco tempo dopo il contributo di Canter alla cattura di Duffy, in Canada Kim Rossmo

(ufficiale di polizia e criminologo) iniziava ad adoperare l’analisi geografica per

localizzare serial killers, applicandole il termine geographic profiling25.

Il metodo di Rossmo analizza e investiga anche altri tipi di crimini quali lo stupro, la

rapina, l’incendio e gli attentati esplosivi.

23 Canter D., Youngs D. (a cura di), Principles of geographical offender profiling, Ashgate, Aldershot, 2008. 24 Canter D., Criminal shadows, Authorlink Press, Irving, 2000. 25 Canter D., Mapping murder, Virgin Books, London, 2003.

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I principali fattori criminali ed elementi ambientali considerati sono: i luoghi del

crimine, la tipologia di aggressore, lo stile di ‘caccia’, la viabilità, le tipologie di zone

urbane e l’utilizzo del territorio etc.26

Il modello impiegato da Rossmo, anche come base per il suo sistema informatico per il

profilo geografico, è noto come CGT (Criminal Geographic Targeting).

Lo sviluppo dello studio sugli aspetti spaziali e geografici del crimine è stato favorito

dalla nascita dei softwares di mappatura computerizzata, noti come GIS (Geographic

Information System)27.

Questi sistemi permettono l’archiviazione, l’analisi e la presentazione di dati geografici,

in questo caso in riferimento a reati; ciò che si definisce Crime Mapping, ovvero

mappatura del crimine, e che serve per mostrare dove avvengono determinati delitti, i

punti di maggiore intensità (Hot Spots)28, i tassi di delinquenza in relazione a

determinate aree etc.

Per poter costruire il comportamento spaziale del criminale, ed utilizzarlo nel processo

di geographical profiling, è necessario operare degli assunti fondamentali; assunti che

sottostanno al tentativo di creare inferenze sulla località di residenza dell’autore dalle

caratteristiche del luogo dove il crimine è stato compiuto.

Naturalmente se queste asserzioni non saranno valide, le inferenze derivate saranno

inattendibili (Canter e Youngs, 2008).

Di seguito si illustrano i principali assunti così come riepilogati da Canter e Youngs.

Localizzazione

L’assunto fondamentale è che un crimine possiede una distinta localizzazione

nello spazio.

Se questo è ovvio per determinati reati quali il furto o la rapina, lo è meno per esempio

per un caso di omicidio.

Qui infatti possiamo trovarci di fronte ad una situazione criminosa più complessa, dove

i luoghi di interesse investigativo sono diversi: dove c’è stato il primo contatto, dove la

vittima è stata catturata, dove è stata assaltata e uccisa, dove è stato depositato il corpo.

26 Rossmo D. K., Geographic Profiling, CRC Press, Boca Raton, 2000. 27 Chainey S., Ratcliffe J., GIS and crime mapping, John Wiley & Sons, Chichester, 2005. 28 Barbagli M., Gatti U., Prevenire la criminalità, Il Mulino, Bologna, 2005.

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Ognuno di questi punti è di enorme importanza in attinenza alla residenza dell’autore, e

sono in relazione tra loro.

Un altro problema è rappresentato dal fatto che generalmente il processo di

geographical profiling debba indicare dove l’autore di reato vive, o comunque dorme la

notte.

Vengono utilizzati allora i termini di base o di anchor point (punti di ancoraggio), in

quanto il punto focale dal quale sono commessi i crimini può non essere rappresentato

da una residenza.

Il soggetto potrebbe essere un ‘senza-tetto’ che vaga per diverse località, una persona

che magari si sposta per lavoro con un proprio mezzo che può fungere da base; o

ancora muoversi dalla casa di una fidanzata o di un amico.

Diversi criminali utilizzano bar, pub o locali notturni come basi; oppure altri soggetti

potrebbero compiere dei reati in relazione ai vari posti dove si riforniscono di sostanze

stupefacenti.

Di queste possibilità e di altre deve tenerne conto chi lavora su un profilo geografico.

Scelta sistematica del luogo del crimine

Il concetto sottostante questo assunto fondamentale è che i luoghi dove vengono

commessi i crimini non sono scelti casualmente, ma vi sono degli schemi

comportamentali più o meno ricorrenti.

La psicologia e la criminologia si sono occupate da tempo di questo, ma è solo di

recente che si è affrontato il comportamento umano in relazione agli aspetti geografici e

ambientali.

Partendo dagli studi delle rappresentazioni mentali della popolazione non criminale

(Canter, 1977; Downs e Stea, 1977) si è arrivati a quelli sulle strategie messe in atto

dagli autori di reato sulla scelta dei luoghi di commissione dei crimini.

Tali ricerche sono state effettuate facendo disegnare ai criminali delle ‘mappe mentali’

sulle aree dei crimini (Canter e Shalev, 2000; Canter e Hodge, 2000).

Ne è emerso che i processi di decisione sulla scelta della località variano da agiti

impulsivi a strategie opportunistiche, a quelle attentamente pianificate.

Come gia citato da Brantingham e Brantingham (1981), da Cohen e Felson (1993) e

riportato di recente da degli studi sul furto di automobili di Wiles e Costello (2000),

diversi delitti hanno caratteristiche di tipo opportunistico, essendo connesse alle attività

13

di routine legali, ed essendo quindi influenzate dai luoghi con i quali i soggetti vengono

in contatto quotidianamente e dalle conseguenti opportunità.

Questo non spiega la totalità dei crimini. Altre scelte sul dove compiere un determinato

reato trovano esplicazione nel concetto di ‘internalizzazione’ di Canter

precedentemente descritto.

Altri sono maggiormente inquadrabili in un’ottica di scelta razionale (Clark R. V. e

Cornish D. B., 1985, 1986), dove il crimine compiuto dalla persona è frutto di una

razionale scelta consapevole e di un calcolo fra costi e benefici.

Mentre la teoria delle attività di routine pongono l’aggressore in un ruolo piuttosto

passivo in relazione alla scelta del luogo di commissione del crimine, altre, come la

teoria della scelta razionale e delle rappresentazioni interne di Canter, lo situano in una

posizione maggiormente attiva in relazione all’ambiente.

Centralità

È stato già menzionato come Brantingham e Brantingham ritengano significative

le attività quotidiane e i punti chiave come abitazione, lavoro, luoghi ricreativi e le vie

di comunicazione tra essi, nella scelta dei luoghi dove compiere i reati.

Anche Rhodes e Conly (1981) hanno rilevato un parallelismo tra gli spostamenti che le

persone compiono durante lo svolgimento di attività quotidiane lecite, come i pendolari

(commuters) che si spostano per raggiungere il luogo di lavoro, e quelli messi in atto

per il compimento dei reati, mostrando che talvolta entrambi i casi possono essere

spiegati da uno stesso modello matematico.

Il modello di Canter (1977) delle rappresentazioni interne che le persone si creano

riguardo al proprio ambiente, enfatizza il luogo dove queste vivono, e che di

conseguenza ha maggior peso nella rappresentazione cognitiva dei luoghi con cui

queste sono più familiari.

Questo concetto viene definito ‘domocentricità’ (domocentricity), e per esso viene

inteso che il domicilio funge da centro gravitazionale per le azioni criminali che

vengono svolte all’interno dell’area geografica di detto domicilio.

Canter e Gregory (1994) hanno ipotizzato che la modalità più semplice per localizzare

la residenza di un reo consiste nel definire primariamente i due luoghi del crimine

maggiormente distanti tra loro, e utilizzare la linea che li congiunge come il diametro di

un circolo.

14

La seconda ipotesi è che l’abitazione dell’autore di reato possa essere all’interno del

circolo così definito.

Questa, che viene chiamata circle hypotesis (ipotesi del cerchio), è una semplificazione

che non vuole esprimere una precisione geometrica, ma indicare l’area dove vengono

commessi i crimini, generalmente rappresentata dalle mappe mentali dell’offender.

Questo tipo di autori vengono definiti marauders, ovvero residenti.

Diversi studi hanno cercato di vagliare la proporzione di offender residenti, ma non

sono emersi dati omogenei. Si va dal 35% di un campione di ladri, al 93% di aggressori

sessuali di un’area dell’Australia (Meaney, 2004)29.

Nonostante ciò, i casi nei quali la residenza dell’autore si trova all’interno di un’area

definita dai crimini sono abbastanza per ottenere una base sistematica di ricerca del reo

e della sua abitazione.

Questo rappresenta il nocciolo del geographical profiling. Il concetto di

‘domocentricità’, dove appunto la casa del criminale si trova all’interno dell’area

definita dai suoi crimini, è alla base anche dei sistemi di supporto decisionale

informatizzati.

Altri schemi comportamentali criminali non sono in relazione con il concetto di

‘domocentricità’, e attualmente sono i meno studiati e non ancora utilizzati in nessuna

investigazione.

Lasciano supporre che delitti compiuti a grandi distanze, lungo vie di trasporto, possano

essere compiute da chi per lavoro debba percorrere queste strade, come corrieri e autisti

di camion30.

Un ulteriore obbiettivo che si sta ponendo la ricerca è quello di determinare quando un

offender è marauder o commuter, in base alle caratteristiche dell’attività criminale.

Per esempio, in uno studio di Warren et al. (1998) gli stupratori seriali che erano

commuters, cioè pendolari, viaggiavano più lontano da casa (in media 4.03 miglia)

rispetto ai marauders (in media 2.36 miglia).

Lundrigan e Canter (2001) invece hanno trovato che i serial killers che si spostavano

per lunghe distanze tendevano a mettere in atto crimini consecutivi più vicini tra loro

rispetto a quelli alternati. Mentre per quelli che viaggiavano su distanze più brevi erano

i crimini alternati ad essere più vicini.

29 Canter D., Youngs D. (a cura di), Principles of geographical offender profiling, Ashgate, Aldershot, 2008. 30 Ibidem.

15

Da ciò ne deriva che chi viaggia su lunghe distanze si focalizza su una determinata

area, come fanno i commuters, mentre la tendenza a disseminare i crimini su un’area

più vasta è tipico dei marauders.

Analisi comparativa dei casi

Certi principi del geographical profiling possono essere applicati in taluni casi a

un singolo crimine, anche se maggiori crimini connessi ad un singolo individuo

rappresentano una base di lavoro per strutturare un profilo geografico più attendibile e

fruttuoso.

Il linking crimes, la connessione dei crimini, non sempre è possibile o semplice,

soprattutto in assenza di prove certe, generalmente di tipo scientifico-forense.

Un grande contributo certamente è dato dall’analisi dei vari fattori del crimine: dalla

scena del delitto, alla vittima, al modus operandi, fino alla firma, la cosiddetta

signature31, che non sempre è riscontrabile.

Resta fondamentale quindi il contributo delle scienze forensi che possiedono

un’evidenza scientifica e un potere probatorio maggiori, quali la chimica, la biologia e

la genetica forense, per citare le principali.

Non è necessario avere tutte le informazioni relative a ogni reato compiuto dal

medesimo autore per poterne analizzare la geografia. Ma bisogna tenere in conto che

l’assenza di determinati elementi può distorcere o inficiare lo sviluppo di un profilo

geografico.

Per esempio, possedere informazioni provenienti dalla polizia di una sola giurisdizione,

quando l’autore può aver compiuto altre azioni in un’altra, magari in una regione

contigua, probabilmente sarà fuorviante e distorcerà quella che sarà la conseguente

interpretazione spaziale.

Come pure considerare crimini attribuiti erroneamente alla stessa persona32.

Una possibilità di connettere delle azioni delittuose tra loro è quella di partire dal

presupposto che molti delitti vengono compiuti non lontano dall’abitazione del reo.

Ne consegue che questi crimini risultino vicini tra di loro, e che quindi crimini prossimi

tra loro possono essere attribuiti allo stesso soggetto.

L’impiego di questa modalità di interpretazione spaziale è supportata da uno studio di

Grubin et al. (2001) su un campione di stupratori seriali di estranei.

31 Douglas J. E., Burgess A. W., Burgess A. G., Ressler R. K., Crime Classification Manual, Jossey Bass, San Francisco, 1992. 32 Canter D., Youngs D. (a cura di), Principles of geographical offender profiling, Ashgate, Aldershot, 2008.

16

Anche Bennell e Canter (2002) hanno mostrato che furti nei centri commerciali

possono essere connessi dalla distanza tra i furti stessi.

Altri studi che sono giunti agli stessi risultati con il reato di furto sono quelli realizzati

da Bennell e Jones (2005) e da Ewart et al. (2005).

Esistono evidenze crescenti che stia diventando utile, prima di collegare i casi tra loro

per effettuare un seguente profilo geografico, utilizzare proprio l’interpretazione

geografica con lo scopo di connettere tra loro i crimini.

Verifica delle fonti dei dati

Fondamentali presupposti per ogni lavoro investigativo o di ricerca sono

l’attendibilità, l’accuratezza e la possibile completezza dei dati dai quali poi verranno

tratte le successive conclusioni.

Se questi tre elementi presentano delle false informazioni, degli errori o un certo grado

di incompletezza, possono distorcere il lavoro di analisi in maniera tale da ottenere dei

risultati fuorvianti.

Bisogna infatti considerare che il geographical profiling è basato su principi testati

empiricamente33.

Tali principi derivano da studi sul crimine e sui criminali; il problema dipende dal fatto

che generalmente le attività illegali non sono agevolmente accessibili, ma vengono

studiate principalmente attraverso due modalità.

La prima è rappresentata dalle banche dati ufficiali di diversi enti, comunemente gli

organi di polizia.

La seconda modalità consiste in interviste, memorie o questionari ‘self-report’ dei

criminali stessi34.

Le problematiche inerenti gli archivi di polizia e degli altri enti legali o governativi,

sono il numero oscuro di certi reati, il fatto che si conoscano solo i crimini compiuti da

autori conosciuti; ne deriva che queste fonti sono relativamente incomplete.

Inoltre, nonostante siano di grande utilità per la ricerca, i registri ufficiali non sono

compilati per tale scopo, quindi raramente contengono informazioni dettagliate.

Per quanto concerne la seconda modalità, cioè i ‘self-report’, bisogna evidenziare che il

soggetto potrebbe fornire notizie distorte da processi di giustificazione, attenzione o

ipervalutazione delle proprie azioni.

33 Canter D., Youngs D. (a cura di), Principles of geographical offender profiling, Ashgate, Aldershot, 2008. 34 Bandini T., Gatti U., Gualco B., Malfatti D., Marugo M. I., Verde A., Criminologia, Giuffrè, Milano, 2003.

17

Criticità nelle metodologie di studio

È ovvio come tutti gli studi presentino dei punti di forza e di debolezza.

Un esempio delle carenze di certe ricerche è l’informazione che noi sappiamo essere di

grande importanza che non viene riportata.

Spesso lavori che producono inferenze molto interessanti e di grande utilità, non

riportano l’esatta natura del crimine o le distanze medie percorse, che nell’analisi del

comportamento spaziale sono fondamentali.

Altri consistono in complesse elaborazioni statistiche che tendono a celare risultati più

rudimentali ma di considerabile rilevanza teoretica35.

Una ragione per la quale molti studi nel campo del comportamento spaziale criminale e

del geographical profiling sono ‘deboli’ dipende dal fatto che vengono realizzati per

motivi di utilizzo pratico diretto.

Diventa quindi arduo bilanciare le esigenze di esplorazione di determinati fenomeni con

quelle di chiarificazione degli stessi.

Oltretutto, come altri tipi di ricerca sociale, queste non sono condotte nelle condizioni

‘asettiche’ e controllate della ricerca di laboratorio.

Per esempio, molte banche dati della polizia forniscono l’età degli autori di reato solo

per classi, cosa che non permette al ricercatore di far emergere eventuali differenze

comportamentali.

Alla stessa maniera spesso mancano di precisione sull’indirizzo di residenza del reo, e

considerano in maniera alquanto generica un’area.

È da sottolineare che sta aumentando la consapevolezza da parte delle forze di polizia

dell’importanza degli studi di geografia criminale; consapevolezza che sta sviluppando

una maggiore collaborazione tra queste e i ricercatori, così da migliorare i contributi

che questi possono fornire sulla spiegazione del comportamento criminale.

Di conseguenza si potranno vagliare informazioni più precise e attendibili, dalle quali

potranno scaturire studi di sempre maggior qualità.

3. APPLICAZIONI DEL GEOGRAGHICAL OFFENDER PROFILING

Di seguito vengono presentati dei risultati di ricerca costanti che possono avere

diretta applicazione nel processo di offender profiling su casi di omicidio, così come

riassunti da Canter e Youngs (2008).

35 Canter D., Youngs D. (a cura di), Principles of geographical offender profiling, Ashgate, Aldershot, 2008.

18

Distanza abitazione-luogo del crimine

Generalmente negli studi che si sono occupati di analizzare la distanza tra

l’abitazione del reo e il luogo in cui commette il delitto, questa viene calcolata

attraverso il tragitto più diretto, ovvero ‘in linea d’aria’.

Perché, come sottolinea Phillips (1980), l’impiego di misure effettuate sulle vie di

comunicazione non riflette realmente le strade percorse dal soggetto, e comunque le

misurazioni effettuate in linea d’aria non si discostano tanto da quelle fatte tramite la

rete stradale o altri metodi quali il reticolo delle coordinate geografiche (notional grid).

Già Rhodes e Conly (1981), con misurazioni ‘in linea d’aria’, riportarono nelle loro

ricerche sul furto con scasso, che la distanza media percorsa per commettere il crimine

era meno di tre miglia.

Risultati simili sono quelli di Costello e Wiles (2002), e risultati costanti si osservano

pure in diversi altri studi relativi al furto con scasso in diverse aree geografiche e in

diversi tempi, con distanze che vanno dai 0.89 ai 3.87 chilometri.

Per altri tipi di reati possono aversi diverse distanze, ma tutto sommato anche in reati

alquanto differenti quali violenza sessuale, rapina e furto d’auto, si rientra nel range

complessivo emerso per il furto con scasso (Gabor e Gottheil, 1984).

Gli unici crimini che appaiono compiuti a distanze maggiori sono lo stupro di estranei e

l’omicidio seriale.

Infatti Canter e altri (2000) su uno studio di serial killers statunitensi riportano una

distanza media di 46 chilometri.

Non esistono al momento studi definitivi sui processi che portano un individuo a

compiere più di due chilometri per mettere in atto i propri crimini.

Probabilmente i fattori coinvolti sono diversi: il processo di scelta del bersaglio

(targeting), la densità di opportunità criminali e di controllo, il grado di pianificazione,

la disponibilità di mezzi di trasporto.

Quest’ultimo, per esempio, è concatenato alle minori distanze percorse da autori di

reato più giovani, insieme alla possibilità di spendere minor tempo fuori casa senza

attirare l’attenzione o creare allarme (Canter e Gregory, 1994).

Variazioni per tipologia di aggressione

Come precedentemente affermato, i fattori che influenzano le distanze percorse

sono diversi, e sinteticamente possono essere concernenti la persona, cioè sotto il suo

controllo, e fattori al di fuori del diretto controllo del soggetto.

19

Elementi del primo tipo sono impulsività, pianificazione, disponibilità economica,

modalità di movimento etc.

Mentre per fattori esterni si considerano generalmente le opportunità criminali e il tipo

di utilizzo del territorio.

Entrambi questi aspetti definiscono la natura del crimine36.

Di fatto reati differenti necessiteranno di mezzi differenti, diverso livello di

pianificazione, dipenderanno da bersagli distinti e loro disponibilità etc.

Rhodes e Conly (1981) hanno rilevato che i reati contro la proprietà vengono commessi

a distanze maggiori di quelli contro la persona, perché normalmente sono i più

pianificati.

Distanze maggiori sono associate ad azioni che necessitano maggior impegno e

organizzazione, in base al tipo di obbiettivo; come emerso dagli studi di Capone e

Nichols (1975) e Van Koppen e Jansen (1998), dove la distanza percorsa è direttamente

proporzionale al valore del bene-bersaglio.

Sempre Capone e Nichols hanno rilevato che rapinatori armati viaggiavano più lontano

rispetto a quelli non armati.

Altre considerazioni riguardano il significato psicologico dell’azione.

Per esempio reati espressivi, a forte carica emozionale, quali certe tipologie di incendio

doloso, vengono compiuti a distanze minori rispetto a reati di tipo strumentale (Fritzon,

2001).

Questo concorda con l’evidenza che una gran parte degli omicidi sono emozionali,

commessi d’impulso, e riguardano di fatto vittime e ambienti prossimi all’aggressore.

Eccezioni si ritrovano negli omicidi seriali (Canter et al., 2000) e in quelli commessi da

chi viaggia spesso, dove, nonostante l’azione possa considerarsi espressiva, entrano in

gioco fattori quali pianificazione, tattiche per evitare l’individuazione e la cattura,

ricerca della vittima idonea, mobilità dell’offender.

Funzione di decadimento

Oltre alla nozione di distanza media, troviamo lo studio delle distribuzioni di

frequenza delle differenti distanze.

Questa distribuzione generalmente non è costante e, ponendo in relazione i crimini con

la distanza dall’abitazione del criminale (Turner, 1969), porta ad una proporzione che

36 Canter D., Youngs D. (a cura di), Applications of geographical offender profiling, Ashgate, Aldershot, 2008.

20

diminuisce con la distanza, ovvero con l’aumentare della distanza dalla abitazione

diminuisce la frequenza dei crimini.

Questa riduzione delle attività delittuose è nota come ‘decadimento’, graficamente

rappresentata da una curva, e la formula matematica che descrive questa curva come

‘funzione di decadimento’ (decay function).

Questa forma di distribuzione delle distanze effettuate per commettere reati è stata

riscontrata in diverse ricerche (Rhodes e Conly, 1981; Van Koppen e Jansen 1988;

Canter et al., 2000).

Relativamente all’omicidio, in uno studio di Canter e Hammond (2005) è stata

analizzata la funzione di decadimento su un campione di 96 serie di omicidi effettuati

da altrettanti serial killers statunitensi dal 1960.

Come scene del crimine sono stati considerati i luoghi di deposizione del cadavere.

I risultati di tale ricerca tendono a far pensare che, oltre i processi cognitivi di

rappresentazione della distanza, entrino in funzione altri processi di valutazione che

aumentano l’attrito della distanza quali i costi in denaro, fatica, familiarità con un’area,

l’influenza dell’abitazione e il rischio di scoperta associato all’area di residenza.

La funzione logaritmica che spiega questo studio sull’omicidio seriale è la stessa che

spiega altre attività umane legali quali lo shopping e il movimento dei pendolari.

Tale parallelismo tra il comportamento bizzarro dei serial killers e quello quotidiano di

altri comportamenti umani, ha portato Canter e Lundrigan (2001) ad affermare che

nonostante le azioni degli assassini seriali siano difficili da spiegare, la scelta del luogo

di deposizione del corpo può avere motivazioni più dirette e legate a considerazioni

quotidiane37.

‘Buffer zone’ o ‘area cuscinetto’

Osservando la curva della funzione di decadimento si noterà che essa non è

decrescente in maniera uniforme, ma presenta un picco di frequenza che , nel caso di

diverse ricerche sul crimine (il più noto Rossmo, 1995), mostra un valore positivo

massimo intorno al chilometro dalla casa del criminale.

Tra il picco massimo e la casa del soggetto le frequenze dei crimini ridiscendono.

Questa osservazione ha portato diversi studiosi a ipotizzare l’esistenza di una zona

cuscinetto (buffer zone) intorno all’abitazione del criminale, dove questo non compie

azioni delittuose o comunque sono meno frequenti.

37 Ibidem.

21

La prima base teoretica di questa regione cuscinetto appartiene a Brantingham e

Brantingham (1981) che, nominandola buffer zone, la definiscono come quell’area

attorno alla base dell’offender, dove questo non commette crimini per paura di essere

riconosciuto o catturato vicino alla scena del crimine.

La prova dell’esistenza della zona cuscinetto è tuttavia controversa.

Mentre certi studiosi ne hanno riscontrato l’evidenza, altri ancora, tra i quali Canter e

Lundrigan (2001) e Rengert e altri (1999), non sono giunti alle stesse conclusioni.

È probabile che l’esistenza di un’area intorno alla residenza del reo dove i reati sono

meno frequenti o non vengano messi in atto, dipenda da diversi fattori, primi tra tutti la

natura del crimine.

Il tipo di bersaglio interessato e il timore di essere riconosciuti e individuati, farà in

modo che certi soggetti non compiano crimini mentre altri si.

Un’altra importante considerazione riguarda quei crimini che interessano una vasta area

geografica.

In queste circostanze l’area cuscinetto sarebbe troppo piccola da rilevare, in quanto

troppo grandi le distanze percorse per effettuare le azioni criminose.

Area criminale

Dalle precedenti assunzioni di ‘decadimento’ e ‘area cuscinetto’, si suppone esista

una distanza massima ed una minima percorsa.

Queste distanze caratterizzerebbero quella che viene definita area criminale (criminal

range), un’area nella quale l’offender svolge la sua attività criminale.

Come affermano Canter e Youngs (2007), il concetto di area criminale contiene

differenti complessità che non sono state pienamente specificate.

Per Van Koppen e De Keijser (1997), tenuto conto che ogni criminale possiede un’area

che si dispiega attorno ad una distanza ottimale percorsa, la risultante curva di

distribuzione delle frequenze assumerà l’aspetto di una campana.

Canter e Lundrigan (2001) in uno studio su serial killers statunitensi, hanno evidenziato

due sottogruppi distinti in base alle distanze percorse, con quasi nessuna

sovrapposizione tra essi.

È emerso che gli aggressori che percorrevano brevi distanze dalla propria base,

tendevano a percorrere relativamente brevi distanze per commettere il crimine più

22

lontano, cioè una correlazione tra lunghezza della distanza maggiore e lunghezza della

distanza minore38.

Ogni gruppo di aggressori quindi opera in un determinato ‘areale’ che può avere

dimensioni diverse in base alle distanze di percorrenza, ed è probabile che quest’area

criminale dipenda dalla disponibilità di tempo, denaro e dalla tipologia del crimine.

Variazioni per tipologia di luoghi

Manifeste differenze esistono in relazione alle tipologie di luoghi dove i crimini

vengono commessi.

In generale sono state riscontrate distanze maggiori percorse dai criminali in aree rurali

rispetto a quelle urbane.

In uno studio di Warren e altri (1998) sugli stupratori seriali, la distanza media percorsa

da questi in ambienti rurali era di 3.3 miglia, mentre in ambiente urbano calava a 1.5

miglia.

Varie spiegazioni possono sussistere per questo fenomeno.

La prima è rappresentata dalle maggiori opportunità criminali presenti in un’area

densamente abitata come quella di una città; è probabile che per trovare le stesse

opportunità in zone rurali l’offender debba spostarsi di più.

Un’altra causa può essere la facilità con la quale si distingue un individuo locale da uno

non locale, che comporta elevati rischi di essere riconosciuti e scoperti.

Altri fattori socio-demografici è probabile entrino in gioco, quali le modalità di utilizzo

del territorio e la rete viaria.

L’utilizzo giornaliero, settimanale e stagionale di un’area è significativo, quanto le

diverse prassi di circolazione stradale esistenti nei diversi quartieri di una città.

Tutti questi elementi, spaziali e temporali, influenzano il comportamento criminale

determinandone in parte l’anatomia.

Ricerche sull’omicidio seriale (Lundrigan e Canter, 2001) supportano l’ipotesi

dell’importanza per l’individuo del significato che questi attribuisce ai luoghi, il valore

della familiarità con essi, le mappe mentali.

Comunque ulteriori studi sono necessari per precisare l’influenza di questi elementi

sull’attività criminale e apportare conoscenze utili per il processo di geographical

profiling.

38 Ibidem.

23

Successione temporale

Il comportamento spaziale criminale, oltre ad essere influenzato dalle opportunità

e dalle preferenze dell’offender, è in relazione alle reali esperienze vissute in passato da

quest’ultimo, e che ne determinano il comportamento seguente.

Generalmente l’autore di reato tende ad evitare località prossime a luoghi dove già ha

commesso dei crimini, in quanto potrebbe essere riconosciuto o potrebbe essere stata

allertata la polizia.

Lundrigan e Canter (2001) hanno mostrato che l’influenza del luogo del crimine

precedente è maggiore per quei crimini compiuti su una piccola area.

Questo perché essendo limitata la zona di attività, aumentano le possibilità di essere

individuati.

Infatti nello studio condotto dagli autori su 120 omicidi seriali americani, considerando

come scene del crimine i luoghi di rilascio dei corpi delle vittime, è emerso che

all’aumentare della distanza percorsa, diminuiva l’influenza del precedente crimine;

mentre per l’omicida che agiva in un’area più ristretta era maggiore l’influsso dei siti di

rilascio antecedenti.

La tipologia di crimine e le caratteristiche del soggetto sono in connessione con la

sequenza temporale e la scelta dei luoghi di tale crimine.

Il reato casuale, effettuato localmente per procurarsi denaro nell’immediato, avrà una

localizzazione alquanto differente da una sequenza di delitti, messi in atto dallo stesso

autore e meticolosamente pianificati.

4. SISTEMI DI SUPPORTO DECISIONALE

I risultati dei vari studi hanno portato alla creazione di sistemi di supporto

decisionale (decision support systems), ossia softwares che gestiscono in maniera

sistematica le informazioni disponibili alla polizia.

Questi sistemi mirano a fornire agli investigatori, più che una risposta precisa sul dove

abita un criminale, uno strumento per meglio comprendere il crimine e i suoi schemi, in

maniera da essere utilizzati in combinazione con le conoscenze particolari e

specialistiche di questi, e poter successivamente effettuare delle decisioni

maggiormente appropriate sul come procedere.

Lo scopo principe di questi sistemi è localizzare le aree prioritarie, ovvero quelle aree

dove è più probabile si trovi l’abitazione o la base dell’offender.

24

Le fasi principali attraverso le quali un sistema di supporto decisionale perviene a

questo obbiettivo sono quattro, come descritte da Canter (2008).

La prima fase deriva dall’assunto che è verosimile che un aggressore viva in un’area in

relazione a ogni dato crimine.

Se i crimini sono più di uno, l’area dove è più probabile che risieda è rappresentata da

quelle aree che si sovrappongono.

Inserendo ulteriori crimini aumenta il dettaglio della distribuzione di probabilità sul

dove può trovarsi la casa/base del criminale.

In questa seconda fase viene operato un aggiustamento in relazione alla distanza dal

crimine, attraverso la funzione di decadimento.

La terza fase consiste nell’assumere che la casa/base del soggetto è situata nell’area

circoscritta dai crimini da esso commessi.

Nella quarta e ultima fase la forma della superficie di probabilità viene modificata dalla

funzione di decadimento incorporata nel software.

È necessario tenere conto del fatto che in questo processo non sono considerati elementi

come le caratteristiche di utilizzo del territorio, modalità e vie di trasporto, e altri

dettagli relativi al luogo dove il crimine è stato compiuto.

I processi automatizzati del sistema operano sulla geometria dei punti, più che sul reale

significato dei luoghi considerati39.

Diversamente da quello che taluni potrebbero pensare, i sistemi di geographical

profiling non forniscono un punto preciso con l’indirizzo e le generalità del possibile

reo.

Il sistema restituirà, una volta elaborati i dati, una superficie di probabilità che può

agevolare l’investigatore nella scelta tattica più adeguata in base al tipo di crimine e alle

circostanze complessive.

Queste tecniche investigative comprendono anche quelle tradizionali della polizia, e

vanno dalla sorveglianza di determinati luoghi, all’arresto e interrogatorio di sospettati,

all’utilizzo di informatori.

I principi di geographical profiling, inoltre, possono essere di grande utilità

nell’identificare potenziali crimini commessi dallo stesso autore, come nei casi di delitti

irrisolti, oppure per prevenire ulteriori reati nelle aree maggiormente a rischio.

39 Canter D., Youngs D. (a cura di), Applications of geographical offender profiling, Ashgate, Aldershot, 2008.

25

Per quanto concerne i softwares per l’elaborazione di un profilo geografico, quelli noti

sono il Crimestat, il Dragnet, il Predator e il Rigel Analyst40.

Il Crimestat è stato realizzato nel 1999, nella prima versione (Version 1.0), dal Dottor

Ned Levine, con i fondi del National Institute of Justice statunitense.

È uno strumento informatico che analizza statisticamente i dati spaziali, e si rivolge

principalmente ad un’utenza rappresentata da ricercatori e analisti.

Il Dragnet è stato sviluppato dal Prof. David Canter presso il Centro di Psicologia

Investigativa dell’Università di Liverpool, a metà degli anni novanta.

È nato come uno strumento di ricerca nello studio spaziale dei crimini seriali, e viene

fornito gratuitamente su richiesta per attività di ricerca e collaborazione.

Il Predator è stato creato dal Dottor Maurice Godwin verso la fine degli anni novanta,

come parte del suo dottorato di ricerca.

Viene utilizzato dal suo creatore come strumento che lo aiuta nel risolvere i casi dei

quali si occupa, nel suo lavoro di consulente.

Il Rigel Analyst rappresenta il software per il profilo geografico realizzato da Kim

Rossmo e posto in commercio nel 1997.

È prodotto dalla ECRI, Environmental Criminology Research Inc. fondata dallo stesso

Rossmo, ed è stato creato fondamentalmente come strumento investigativo per le

agenzie di polizia.

CONCLUSIONI

Nella Londra del 1855, John Snow poneva un fenomeno non criminale in

relazione al comportamento spaziale umano.

Nello specifico spiegava un’esplosione di colera localizzando gli ammalati su una

mappa e collegandoli alle pompe d’acqua pubbliche disponibili.

Si comprese che l’acqua era il mezzo di trasmissione dell’agente patogeno. Nasceva la

moderna epidemiologia.

Sempre in Inghilterra, nel 1980, l’ex pilota della RAF Stuart Kind, stilava un rapporto

riguardante le località dove Peter Sutcliffe, noto come ‘the Yorkshire Ripper’, aveva

ucciso nei cinque anni precedenti 13 donne.

Utilizzando le sue ‘navigational ideas’, idee relative alla navigazione, paragonava la

casa dell’offender ad una base aerea e le località del crimine a dei depositi di

carburante. 40 Rich T., Shively M., A methodology for evaluating geographic profiling softwres- final report, Abt Associates Inc., Cambridge, 2004.

26

Ipotizzando che la base fosse situata in un punto ottimale, l’abitazione veniva quindi

localizzata calcolando il ‘centro di gravità’ dei luoghi del crimine.

Probabilmente per la prima volta veniva riconosciuto il potenziale investigativo

dell’analisi geografica sui luoghi del crimine41.

Questi due riferimenti mostrano quanto, nel tempo, l’impiego di vari insiemi di

conoscenze abbiano dato considerevole apporto alla comprensione di fenomeni umani e

criminali, fondendosi in quella nuova branca che prende il nome di Geographical

Offender Profiling.

Discipline quali geografia, psicologia, criminologia e scienze forensi possono fornire,

integrate, delle chiavi di lettura del fenomeno delittuoso e dell’individuo criminale.

Il profilo geografico, oltre che riguardare l’ambiente accademico, è pure di pratico

interesse per chi investiga i reati.

Relativamente al versante più pragmatico del suo impiego, c’è da sottolineare che

generalmente le forze dell’ordine non richiedono un elevato grado di precisione perchè

un profilo geografico sia di valore, se non in rari casi dove il numero di sospettati è

grande42.

Ciò, talvolta, lo rende uno strumento utile, nonostante esistano ancora molti nessi da

chiarificare e approfondire.

Il Geographical Offender Profiling è un’interessante ed eccitante area di ricerca che sta

stimolando la collaborazione di studiosi di diversa estrazione scientifica, con finalità

che non sono solo quelle legate alle investigazioni, ma di una più ampia comprensione

delle attività umane, in particolare quelle criminali.

41 Canter D., Youngs D. (a cura di), Principles of geographical offender profiling, Ashgate, Aldershot, 2008. 42 Canter D., Youngs D. (a cura di), Applications of geographical offender profiling, Ashgate, Aldershot, 2008.

27

BIBLIOGRAFIA

AA.VV., AMERICAN PSYCHIATRIC ASSOCIATION (2005), DSM-IV-TR,

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