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Sezione ANMIL di PistoiaVia Petrini, 10 - tel. 0573.22237
Numero Verde 800.864173www.anmil.it
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Atti Pistoia 148x210_OK 14-02-2008 12:32 Pagina 3
Programma prima parte
Saluto del Presidente della Sezione di Pistoia Alessandro CaponiSaluto delle Autorità e dei rappresentanti delle Istituzioni
Interventi:
Pietro Mercandelli - Presidente Nazionale ANMIL
Pietro Sartorelli - Sezione Dipartimentale di Medicina del Lavoroe Tossicologia Occupazionale Università degli studi di Siena
Mario Gabbrielli - Sezione Dipartimentale di Medicina LegaleUniversità degli Studi di Siena
Giovanni Barbagli - Dir. Agenzia Regionale di Sanità
Florio Innocenti - Dir. Resp. Pneumologia - ASL 3 - Pistoia
Coordinatore dei lavori
Marco Masi - Prevenzione e Sicurezza Regione Toscana
seconda parte
Interventi:
Gian Paolo Patta - Sottosegretario Ministero della Salute
Enrico Rossi - Assessore Diritto alla Salute Regione ToscanaCoordinatore Commissioni “Salute” delle Regioni
Jaqueline Monica Magi - Giudice del lavoro - Livorno
Andrea Innocenti - Resp. U.F. Medicina Lavoro - ASL 3 Pistoia
Giuseppe Battista - Medicina Preventiva dei LavoratoriUniversità degli Studi di Siena
Coordinatore dei lavori
Vairo Contini - Dir. ASL 3 - Pistoia
Pietro Gabrielli - Resp. Dipartimento Prevenzione ASL 3 - Pistoia
4
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Indice Interventi
Pietro Mercandelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag 7
Pietro Sartorelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag 13
Mario Gabrielli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag 17
Giovanni Barbagli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag 23
Florio Innocenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag 27
Gian Paolo Patta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag 35
Enrico Rossi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag 41
Jaqueline Monica Magi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag 47
Andrea Innocenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag 51
Giuseppe Battista . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag 55
5indice interventi
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Atti Pistoia 148x210_OK 14-02-2008 12:32 Pagina 6
Pietro Mercandelli - Presidente Nazionale ANMIL
Il fenomeno delle malattie professionali è in costante crescita nel nostro
Paese, secondo un andamento che non può essere valutato solo dai casi
effettivamente indennizzati dall’INAIL o dal numero dei morti, che danno
un’idea restrittiva dell’evoluzione della situazione, ma deve essere preso
in considerazione in ragione del costante aumento dei lavoratori che su-
biscono patologie la cui causa è in qualche modo connessa la lavoro ed
al luogo in cui esso viene svolto.
Sappiamo tutti, infatti, quanto sia difficile dimostrare il nesso di causalità tra
le malattie non tabellate ed i sintomi avvertiti dal lavoratore.
Malgrado ciò ogni anno l’INAIL riconosce poco meno di 200 morti per ma-
lattia professionale, mentre i dati mensili mostrano oltre 25.000 casi al-
l’anno, di cui poco meno di 1.500 in agricoltura, con una crescita media,
lenta ma inesorabile, di circa 1 punto percentuale negli ultimi anni. Le ma-
lattie professionali, quindi, non sono un evento da sottovalutare nella tu-
tela della sicurezza dei lavoratori, in quanto non derivano, nella maggior
parte dei casi, da un evento improvviso quale l’infortunio sul lavoro, ma da
una lenta mancanza di attenzione alla salute del lavoratore esposto ad
agenti patogeni subdoli e non facilmente evitabili. Quelli relativi alle ma-
lattie professionali e da lavoro sono dati meno noti e spesso non approfon-
diti e che, tuttavia, hanno un loro rilievo dato che nel complesso il
fenomeno rimane rilevante, anche perché con il mutare dei processi tec-
nologici, con l'avanzare dell'innovazione e con l'impiego di sostanze e pro-
dotti poco conosciuti, è destinato ad aumentare il numero delle malattie
definite dagli studiosi come "perdute".
Oltre a queste sono destinate a crescere quelle definite come "patologie
del futuro", che in realtà si rivelano attuali e presenti nella realtà di oggi e
con maggiore gravità proprio per la loro insidiosità, per i tipi di latenza e
spesso per la estrema gravità delle conseguenze.
In effetti, se accade che alcuni tipi di malattie tendono a diminuire drasti-
camente anche perché sono stati vietati i prodotti e le sostanze che le
cagionavano, ad esse si sostituiscono altre malattie meno note, il cui nu-
mero e la cui entità spesso appare, almeno ai dati disponibili, piuttosto ri-
levante. Altrettanto spesso, esse si distinguono per gravità, come accade
7Pietro Mercandelli
Atti Pistoia 148x210_OK 14-02-2008 12:32 Pagina 7
per i casi in cui patologie tumorali insorgono dopo molti anni dall'esposi-
zione al rischio. Il dato che colpisce è quello relativo alle malattie non ta-
bellate, ma ricollegabili con nesso di causalità alla prestazione di lavoro e
che devono essere prese in considerazione, se provate, a seguito di una
nota sentenza della Corte Costituzionale. Risulta, infatti, piuttosto elevato
il numero delle malattie da lavoro denunciate e non riconosciute.
Bisognerà approfondire in futuro anche questo aspetto, per capire quali
siano le ragioni del fenomeno e come esso debba essere considerato,
anche in relazione al riconoscimento del danno biologico.
Si legge, invece, nella premessa alla circolare dell’INAIL del 16 febbraio
2006 che le patologie denunciate all’Istituto come malattie professionali
dotate di una patognomonicità che consenta una azione di eziologia
professionale con criteri di assoluta certezza scientifica, costituiscono
ormai una limitata casistica.
Non piace all’ANMIL che la questione sia affrontata in questo modo, per-
ché, pur nel rispetto degli elevati pareri scientifici che vanno nella dire-
zione scelta dall’INAIL, si potrebbe trovarne di altrettanto severi ed
accreditati che sostengono esattamente il contrario, valga per tutti il la-
voro svolto a Torino da insigni studiosi sul rapporto tra patologie tumorali e
ambiente di lavoro.
Attualmente, invece, secondo l’INAIL prevalgono, infatti, malattie cro-
niche degenerative e malattie neoplastiche e, più in generale, a ge-
nesi multifattoriale, riconducibili a fattori di nocività ubiquitari, ai quali si
può essere esposti anche al di fuori degli ambienti di lavoro, oppure a
fattori genetici.
Questo vuol dire che una malattia professionale dovrebbe essere una pa-
tologia che si può contrarre soltanto lavorando e non in altro modo: posto
così il problema diventa veramente riduttivo.
Nel confermare le istruzioni di cui alle precedenti circolari, quanto al flusso
procedurale della trattazione delle domande di riconoscimento di malat-
tie professionali, l’Istituto assicurativo ritiene opportuno richiamare con la
circolare citata alcuni “principi di natura sostanziale, al fine di garantire
una uniforme applicazione degli stessi ed una omogenea trattazione della
materia”. Ad esempio, si legge nella Circolare, “la presenza nell’ambiente
lavorativo di fattori di nocività, quando non sia possibile riscontrare con
8 Pietro Mercandelli
Atti Pistoia 148x210_OK 14-02-2008 12:33 Pagina 8
certezza le condizioni di lavoro esistenti all’epoca della dedotta esposi-
zione a rischio, può essere desunta, con un elevato grado di probabilità,
dalla tipologia delle lavorazioni svolte, dalla natura dei macchinari pre-
senti nell’ambiente di lavoro e dalla durata della prestazione lavorativa.
La valutazione dell’efficienza causale degli agenti patogeni va effettuata
non in astratto ma in concreto, cioè con riferimento alle condizioni fisiche
del singolo lavoratore. Non può, pertanto, escludersi l’efficienza causale,
nel caso concreto, di fattori di rischio in quanto inferiori alle soglie previste
dalla normativa prevenzionale, che sono misurate in relazione a un
astratto lavoratore medio, dovendo essere valutata, piuttosto, la variabi-
lità della risposta individuale alle sollecitazioni dell’agente patogeno”.
L’ANMIL ritiene invece che il raggiungimento della completezza delle in-
formazioni e la qualità dei dati nel campo delle malattie professionali in-
contri alcuni ostacoli legati in parte al processo di definizione.
I punti critici riguardano le oggettive difficoltà ad affrontare il riconosci-
mento del legame causa-effetto tra malattia ed esposizioni lavorative
nelle patologie ad esposizione multifattoriale.
Talvolta, esiste una certa diffidenza del mondo clinico ad eseguire la no-
tifica di malattia professionale anche nei casi in cui tale legame è stato so-
spettato o riconosciuto.
Inoltre il tempo necessario per concludere l’iter amministrativo di defini-
zione dei casi denunciati è spesso lungo: il completamento avviene solo
dopo diversi anni con una percentuale significativa ottenuta in almeno
cinque anni. Per tali ragioni il sistema INAIL delle malattie professionali è
meno stabile di quello degli infortuni, sebbene sia l'unico diffuso su tutto il
territorio nazionale. L'analisi degli indici di frequenza delle segnalazioni
giunte all'INAIL può comunque essere indicativa dell'attenzione presente
sull'argomento.
Sono disponibili dati sulle denunce pervenute, per inoltrare le quali è suf-
ficiente una diagnosi presunta di attribuibilità professionale, e sul sottoin-
sieme di patologie indennizzate dall’ente assicuratore.
Queste ultime rispondono a criteri di definizione di caso molto specifici ed
approfonditi, ma sono senz’altro poco sensibili rispetto alla reale quantità
di patologie esistenti sul territorio i criteri adottati inoltre, rispondenti a fini
assicurativi, non sempre coincidono con definizioni diagnostiche più ap-
9Pietro Mercandelli
Atti Pistoia 148x210_OK 14-02-2008 12:33 Pagina 9
propriate ai fini di descrizione del fenomeno per scopi preventivi. Negli ul-
timi anni la quota di patologie indennizzate, ossia riconosciute come cau-
sate dall'esposizione lavorativa dall'ente assicurativo, è molto inferiore in
relazione ai casi denunciati, attestandosi intorno al 10% e ciò nonostante
sia aumentata, rispetto al passato, la quota di malattie professionali defi-
nite sul totale delle denunciate (80%). La distribuzione per tipologia di ma-
lattia professionale ha subito nuovamente dei cambiamenti riguardanti i
riconoscimenti di tumori - in aumento in termini assoluti, ma stabili in distri-
buzione percentuale -, le ipoacusie, le dermatiti e l’asma - in calo in ter-
mini percentuali -, a fronte di un forte incremento delle malattie non
tabellate. Più stabili invece tutte le altre tipologie di malattia.
Tra le patologie non tabellate è possibile individuare la natura attraverso
la variabile codice sanitario: si tratta per lo più di tumori alla vescica, af-
fezioni muscolari e tendinee, ipoacusie e dermatiti.
Non si è in grado di disaggregare allo stesso modo le malattie professio-
nali definite ma non indennizzate, in quanto l’attendibilità della variabile
è scarsa. In ogni caso il numero complessivo di ipoacusie e tumori, consi-
derando sia le malattie tabellate sia le non tabellate, continua ad esser si-
gnificativo. Inoltre, raggiunge oramai una quota davvero considerevole
(circa una terzo) il numero di patologie per le quali spetta al lavoratore
l’onere di dimostrare la correlazione fra le caratteristiche dell’occupazione
e la malattia da cui è stato colpito: certamente un aspetto sul quale riflet-
tere. Se si osserva la distribuzione delle patologie indennizzate, le malattie
“non tabellate” si attestano al 33%, seguono quindi i tumori (24%), le pneu-
moconiosi (14%) e le ipoacusie (12%).
Fra le malattie professionali definite, si nota che la proporzione di patolo-
gie “non tabellate” raggiunge il 61%; ad esse seguono le ipoacusie (16%)
e le pneumoconiosi (5%).
Occorre sottolineare che all’interno dell’archivio delle malattie professio-
nali definite la qualità di compilazione della tipologia di malattia è inferiore
a quella presente nell’archivio delle malattie professionali indennizzate.
Tuttavia, la rilevante percentuale di patologie definite come “non tabel-
late” rispecchia quanto segnalato dalla letteratura: ai primi posti per fre-
quenza, vi sono le malattie dovute a sovraccarico biomeccanico ed i
tumori professionali. Davanti a dati così eclatanti, l’ANMIL si pone oggi il
10 Pietro Mercandelli
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problema di definire procedure di accertamento più rapide e, soprattutto,
misure di sorveglianza sanitaria, di prevenzione e di sicurezza che diano
maggiore certezza della tutela della salute dei lavoratori e maggiore ef-
ficienza delle prestazioni assicurative. Pensiamo che le malattie professio-
nali siano una emergenza assoluta, soprattutto in agricoltura, e riteniamo
giusto intervenire per tempo prima che il fenomeno possa sfuggire al con-
trollo. Ci auguriamo che sia il Ministero che l’INAIL possano essere in grado
in breve tempo di elaborare forme particolari di prevenzione, di sicurezza
e di tutela per questa particolare minaccia alla salute dei lavoratori.
Rendite per invalidità permanentee per morte costituite a causa di malattia professionale
Settore Industria Commercio Servizi
Eventi indennizzati (anni 2001 – 2005)
COMMENTO: all’andamento infortunistico deve essere aggiunto quello
delle malattie professionali i cui casi mortali (per lo più dovuti a tumori cau-
sati da amianto, ben 619) e di invalidità permanente non sono conteggiati
nelle statistiche per infortunio. Non sono disponibili i dati relativi al settore
Agricoltura ed al settore Conto Stato.
11Pietro Mercandelli
Anni Permanenti Morte Totale2001 4.065 211 4.276
2002 3.935 207 4.142
2003 3.804 185 3.989
2004 3.871 141 4.012
2005 3.271 129 3.400
Totale 18.946 873 19.819
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Pietro Sartorelli - Università di Siena - Medicina del lavoro
LE DIFFICOLTÀ DIAGNOSTICHE DELLE PATOLOGIE LAVORO-CORRELATE
Le malattie professionali sono soggette ad un continuo cambiamento cli-
nico ed epidemiologico. Ciò è attribuibile da una parte allo sviluppo tec-
nologico ed ai suoi riflessi nel campo della prevenzione, dall’altra agli
adeguamenti normativi continui nonché alle variazioni del mercato del
lavoro che hanno condizionato, negli ultimi anni, la comparsa di fenomeni
allarmanti quali l’aumento del lavoro somministrato, in appalto, atipico e
la parallela mancata riduzione del lavoro abusivo.
Tradizionalmente la Medicina del Lavoro si occupa delle malattie che col-
piscono gli operai e i lavoratori manuali in genere. Oggi però le malattie
professionali derivano non solo dal lavoro usurante e con esposizione ad
agenti chimici, fisici e biologici, ma anche dal lavoro non corretto dal
punto di vista ergonomico, con carattere ripetitivo e monotono, svolto in
condizioni precarie per quanto riguarda l’organizzazione, fortemente im-
pegnativo sul piano intellettuale e delle responsabilità (Gobbato 2002).
Così, con il D.Lgs. 626/94, l’attività di Igiene Occupazionale e sorveglianza
sanitaria dei lavoratori che un tempo interessava in pratica solo l’industria
e l’attività estrattiva si è estesa anche ad altre attività produttive (agricol-
tura, edilizia) ed al terziario (amministrazioni, commercio, sanità, trasporti,
attività artistiche). Se ciò ha avuto effetti senz’altro positivi sulla tutela della
salute e del benessere di tutti i lavoratori, ha però creato frequenti casi di
“idoneità difficile” con conseguente rischio di portare alla discriminazione
di soggetti disabili per quanto riguarda il diritto al lavoro (Gobbato 2002).
Tale fenomeno appare di notevole rilevanza dato che in un prossimo fu-
turo è prevedibile un aumento dei lavoratori disabili per la maggiore effi-
cacia delle terapie e la tendenza alla riduzione dei tempi di
degenza/convalescenza, per il maggior ricorso a programmi riabilitativi e
per la lunga durata che attualmente presentano alcune patologie quali
ad esempio quelle cardiovascolari.
Se la Medicina del Lavoro per restare attuale deve oggi promuovere e
mantenere il più alto grado di benessere fisico, mentale e sociale del la-
voratore, contemporaneamente sussiste la necessità di fare comunque i
13Pietro Sartorelli
Atti Pistoia 148x210_OK 14-02-2008 12:33 Pagina 13
conti sul piano medico-legale ed assicurativo con la patologia professio-
nale cosiddetta tradizionale costituita da pneumoconiosi, allergopatie
professionali, ipoacusia da rumore e cancri professionali.
La patologia professionale è profondamente mutata rispetto a quella di
comune osservazione fino a pochi anni fa. Ciò è attribuibile all’opera di
prevenzione che ha ridotto i casi di malattia professionale più frequenti in
passato, alla maggiore sensibilità dei medici del lavoro rispetto ad una
serie di patologie non di estrema gravità, ma invalidanti al punto da co-
stringere talvolta ad abbandonare il lavoro (ad esempio riniti e dermatiti),
nonché allo sviluppo di nuove patologie professionali con minore specifi-
cità nosografica, pur essendo comunque correlate al lavoro, che costi-
tuiscono le cosiddette patologie lavoro-correlate (work-related diseases).
Perciò il criterio di “presunzione giuridica del rischio” risulta ormai obsoleto
ed ai fini del riconoscimento delle malattie professionali si rende necessa-
ria la caratterizzazione dell’esposizione e la stima del rischio da agenti chi-
mici, fisici ed ergonomici.
Patologie professionali emergenti sono quelle muscolo-scheletriche da
movimenti ripetitivi (Work-related Muscolo Skeletal Disorders – WMSD), le
reazioni da contatto immediate (dermatiti da lattice negli operatori sani-
tari, protein contact dermatitis negli addetti alla manipolazione di ali-
menti), le dermatiti da contatto irritante, le riniti allergiche professionali,
alcune forme di asma bronchiale (da decoloranti nei parrucchieri, da fa-
rine nei fornai, da aziridina agente reticolante dei coloranti) e soprattutto
le patologie asbesto-correlate non neoplastiche (asbestosi iniziale, plac-
che pleuriche) e neoplastiche (mesotelioma e cancro del polmone) nelle
popolazioni di lavoratori ex esposti ad amianto.
Tali patologie professionali emergenti non costituiscono un gruppo omo-
geneo perché non interessano lo stesso organo od apparato, non rico-
noscono lo stesso tipo di patogenesi e non derivano da rischi lavorativi
dello stesso tipo (Sartorelli 2002). Ne deriva un quadro generale abba-
stanza confuso, che in parte giustifica il fatto che l’origine occupazionale
di tali patologie spesso non venga riconosciuta, con conseguente conti-
nuo aumento delle malattie professionali “perse”. Questo fenomeno sem-
bra essere molto vasto. Basti pensare che i casi riconosciuti dall’INAIL sono
passati da oltre i diecimila negli ultimi anni ’80 a poco più di duemila nei
14 Pietro Sartorelli
Atti Pistoia 148x210_OK 14-02-2008 12:33 Pagina 14
primi anni 2000. Il fatto risulta di particolare gravità alla luce di quanto sta-
bilito dal D.Lgs. 38/2000 che sancisce l’introduzione del danno biologico
nell’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali aprendo di
fatto la possibilità di indennizzo di quadri patologici quali ad esempio le
placche pleuriche da asbesto la cui origine occupazionale in passato dif-
ficilmente sarebbe stata riconosciuta.
La diagnosi di malattia professionale rappresenta un obbligo al quale il si-
stema sanitario non può sottrarsi. Il mancato riconoscimento delle malat-
tie professionali infatti ha conseguenze negative non solo in termini
economici per il singolo paziente e la sua famiglia, ma anche per il pro-
cesso di prevenzione nel suo complesso. Basti pensare all’importanza della
segnalazione di eventuali ”eventi sentinella”. Inoltre, se le evidenze epi-
demiologiche risultano assolutamente indispensabili per il riconoscimento
della responsabilità delle noxae professionali nell’insorgenza di certi tipi di
patologia, è tuttavia la verifica di casi reali che rende evidente il costo
umano e sociale del fenomeno e, conseguentemente (soprattutto
quando si tratti di neoplasie), spinge verso l’attuazione di misure preven-
tive adeguate, superando l’ostacolo costituito dai costi economici (Sarto-
relli 2003).
Proprio per l’importanza che riveste sotto vari punti di vista, la diagnosi di
malattia professionale deve essere posta seguendo i criteri rigorosi che
sono propri della Medicina del Lavoro. Rappresentando la Medicina del
Lavoro una branca trasversale che si occupa di patologie che colpiscono
tutti gli organi ed apparati, il percorso assistenziale di questi pazienti deve
prevedere l’intervento di una equipe multispecialistica, di composizione
variabile in ogni singolo caso, nella quale il medico del lavoro gioca un
ruolo centrale. Compito di quest’ultimo non è solo quello di coordinare
l’equipe interfacciandosi con gli specialisti delle varie branche (radiologi,
pneumologi, reumatologi, dermatologi, neurologi, neurochirurghi, medici
legali, ecc.) allo scopo di giungere alla migliore definizione diagnostica,
ma soprattutto quello di valutare il rapporto tra lavoro e patologia sia per
quanto riguarda l’eventuale ruolo causale dell’attività lavorativa, sia in
funzione dell’idoneità lavorativa, tentando tutto il possibile (anche in ter-
mini terapeutici) per salvare la professionalità del lavoratore. Perciò risulta
necessaria la programmazione di un'attività assistenziale e di ricerca nel
15Pietro Sartorelli
Atti Pistoia 148x210_OK 14-02-2008 12:34 Pagina 15
campo della Medicina del Lavoro volta alla diagnosi ed al riconoscimento
delle malattie professionali, alla valutazione dei casi di idoneità difficile,
nonché al follow-up e alla gestione dei pazienti affetti da patologia pro-
fessionale.
Per la complessità diagnostica delle attuali malattie lavoro-correlate il
luogo naturale dove svolgere tale attività è costituito dalle Aziende Ospe-
daliere Universitarie ad alta specializzazione nell’ambito delle quali si de-
vono progressivamente sviluppare anche iniziative indirizzate alla ricerca
attiva delle malattie professionali e particolarmente dei cancri di origine
occupazionale. Tale ricerca prevede due distinti interventi: il primo, ap-
punto a livello ospedaliero, con il controllo delle cartelle cliniche dei vari
reparti (selezionando tramite le Schede di Dimissione Ospedaliera le pa-
tologie potenzialmente di origine lavorativa), il secondo in ambito territo-
riale con programmi di screening dei lavoratori nell’ambito dell’attività dei
Dipartimenti di Prevenzione delle diverse aree,
La realizzazione di un programma di tale tipo risponderebbe anche al bi-
sogno, alquanto diffuso, di una medicina “per i lavoratori” che si occupi
di chi per anni ha svolto un lavoro usurante e con esposizione a rischi rile-
vanti. Questa tipologia di pazienti è infatti, per assurdo, la meno medica-
lizzata, essendo portata per natura a minimizzare i sintomi e ad incontrare
difficoltà nell’accedere al sistema sanitario. In tal senso un’attività clinica
rivolta ai lavoratori si gioverebbe grandemente di una diffusione di infor-
mazioni che interessi contemporaneamente il sistema sanitario regionale
ed il mondo del lavoro (RLS in particolare).
Bibliografia1. Gobbato F.: Medicina del Lavoro. Masson Editore, Milano, 2002
2. Sartorelli P.: Nuove prospettive di Medicina del Lavoro e Medicina Legale in tema di
patologie professionali emergenti. Med Lav 93: 351-355, 2002
3. Sartorelli P., Romeo R.: La caratterizzazione dell’esposizione nella diagnosi di neopla-
sia professionale. Atti Convegno Nazionale “I Cancerogeni: La definizione dell’esposi-
zione in ambienti di vita e lavoro” Siena 2003, Litograf Editor, pag. 53-66.
16 Pietro Sartorelli
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Mario Gabrielli - Università di Siena - Medicina legale
IL NESSO DI CAUSALITÀ NELLE MALATTIE PROFESSIONALI: IL PARERE DEL MEDICO LEGALE
L’inquadramento delle malattie professionali è ambito quanto mai tra-
vagliato, come dimostrato dalla evoluzione della mormativa, dalle pro-
nunce giurisprudenziali e dal dibattito dottrinario che si è sviluppato nel
corso degli anni.
In effetti, il campo delle malattie professionali ha avuto un progressivo svi-
luppo negli ultimi anni, in conseguenza della evoluzione delle tecnologie
e delle conoscenze sanitarie. Sono tramontate, o comunque ridotte nu-
mericamente, le malattie professionali “classiche”, determinate cioè solo
e soltanto dalla esposizione per motivi lavorativi ad un agente patogeno
ben noto. L’esempio più lampante è costituito dalla silicosi, una malattia
ben nota da anni, oggetto privilegiato di studio per la scuola medico-le-
gale senese (1) e la cui drammatica evoluzione nella forma classica,
spesso associata a tubercolosi, ha dato spunti anche a opere non stret-
tamente scientifiche (si ricorda il saggio “Minatori di Maremma” di Bian-
ciardi e Cassola). In tali condizioni non vi erano dubbi di sorta per il
riconoscimento del nesso causale tra esposizione professionale e insor-
genza della patologia.
Diverso è il caso delle patologie giunte alla ribalta in epoca a noi più vi-
cina e caratterizzate dal fatto che la genesi non è più unicamente attri-
buibile alla attività lavorativa in quanto si tratta di patologie multifattoriali,
dovute cioè al concorso di più fattori, ambientali e individuali: basti pen-
sare ai fattori genetici. Del tutto recentemente Fiori (2) ha definito “sem-
pre più sorprendente” la lettura “del libro scritto nel nostro genoma, del
quale ormai si conoscono con un crescendo incessante, geni che gover-
nano non solo malattie ma anche le più varie predisposizioni morbose,
quali ad esempio gli oncogeni che favoriscono l’insorgenza di tumori a
seguito dell’esposizione a determinati agenti”.
Ne deriva quindi che oramai dobbiamo ammettere la natura plurifatto-
riale di più malattie, e questo se è logico dal punto di vista clinico, com-
porta delle ripercussioni molto marcate in ambito penalistico e
assicurativo sociale.
17Mario Gabrielli
Atti Pistoia 148x210_OK 14-02-2008 12:34 Pagina 17
Non escludono la natura professionale della patologia la ricorrenza di altri
fattori di rischio (moderato fumo di sigaretta, familiarità) in quanto in am-
bito INAIL la eventuale concorrenza di altri fattori patologici oltre alla at-
tività lavorativa non esclude il nesso causale, in relazione al principio di
equivalenza delle cause che trova applicazione nella materia degli infor-
tuni sul lavoro e delle malattie professionali, con la conseguenza che un
ruolo di concausa va attribuito anche ad una minima accelerazione della
evoluzione di una malattia o a peggioramento di un quadro patologico.
Per quanto riguarda le malattie professionali, ricordiamo che nel nostro
paese valeva in passato il principio tabellare, confermato con la emana-
zione del Testo Unico n. 1124 del 1965: potevano esser riconosciute come
malattie professionali quelle comprese in una tabella (l’ultimo aggiorna-
mento della quale è stato nel 1994 (3) - siamo in attesa della nuova tabella
che dovrebbe essere pubblicata a breve - e che dovevano essere con-
seguenza di lavorazioni anch’esse rigidamente elencate.
Per le malattie comprese nella lista valeva (e vale tuttora) la presunzione
di origine: il lavoratore non era tenuto cioè a dimostrare il nesso di causa
tra il lavoro e la malattia. Questa situazione poteva sembrare favorevole
al lavoratore, ma questo favore valeva solo per le malattie tabellate, men-
tre non potevano essere riconosciute le malattie non tabellate.
A fronte della rigidità nei confronti delle malattie non tabellate, nel 1975
fu emanata la legge n. 780 che introduceva un indubbio trattamento pri-
vilegiato per due malattie professionali (la silicosi e la asbestosi) che per-
tanto fruiscono di una tutela particolare: oltre al danno conseguente alle
malattie professionali propriamente dette, viene infatti indennizzato anche
il danno conseguente ad altre forme morbose dell’apparato respiratorio
e cardiocircolatorio ad esse associate.
Il sistema chiuso per il riconoscimento delle malattie professionali - la cui
esistenza era già stata portata all’attenzione della Corte Costituzionale
con la sentenza 206 del 1974 - fu scardinato dalla sentenza della Corte
Costituzionale del 1988 n. 179 - che abrogava gli articoli del Testo Unico
che non ammettevano alla tutela le malattie di cui era dimostrata la di-
pendenza dal lavoro, ma non comprese nelle tabelle, e aboliva altresì la
tassatività dei termini entro i quali dovevano manifestarsi i sintomi dalla
cessazione della lavorazione.
18 Mario Gabrielli
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In conseguenza della citata sentenza si realizzava nel nostro paese il si-
stema misto: sono ammesse alla tutela tutte la malattie determinate dal
lavoro, siano esse ricomprese nelle tabelle (e in questo caso varrà il prin-
cipio della presunzione di origine) sia che non siano ricomprese, secondo
lo schematismo così sintetizzato in un notiziario di un patronato:
• malattie tabellate provocate da lavorazioni tabellate e denunciate
entro i periodi massimi di indennizzabilità previsti nelle tabelle, per que-
ste vale la presunzione legale;
• malattie tabellate, provocate da lavorazioni tabellate, ma denunciate
oltre i periodi massimi indennizzabili: a) se il lavoratore dimostra che la
malattia si è manifestata entro i suddetti termini, fruisce della presun-
zione legale; b) in caso contrario, sul lavoratore ricade l’onere della
prova della natura professionale della sua malattia;
• malattie fuori dalle previsioni tabellari per le quali è a carico del lavora-
tore l’onere della prova dell’origine professionale (4);
La situazione “di fatto” conseguente alla sentenza della Corte Costituzio-
nale del 1988 è stata ratificata dall’articolo 10 del D.Lgs. 38/2000 “Nuove
disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le
malattie professionali” che ha affermato al comma 4 “fermo restando che
sono considerate malattie professionali anche quelle non comprese nelle
tabelle di cui al comma 3 delle quali il lavoratore dimostri l’origine profes-
sionale”. Un’altra conseguenza dell’articolo 10 è stata la spinta all’aggior-
namento della lista della malattie professionali previste dall’art. 139 del
T.U. del 1965: tale lista, diversa dalla tabella della malattie professionali, ri-
comprendeva tutte quelle malattie di origine professionale che il medico
era tenuto a denunciare all’Ispettorato del lavoro competente per territo-
rio (la omonimia con la lista delle malattie tutelate dall’INAIL ha compor-
tato qualche elemento di confusione tra le due fattispecie). Sulla spinta
del citato articolo 10 è stato emanato il D.M. 27 aprile 2004 che ha pub-
blicato la nuova lista delle malattie professionali soggette alla denuncia
all’Ispettorato del lavoro (che ne dovrà trasmettere copia alla ASL e al-
l’INAIL) suddividendo le malattie in:
• malattie la cui origine lavorativa è di elevata probabilità;
• malattie la cui origine lavorativa è di limitata probabilità;
• malattie la cui origine lavorativa è possibile.
19Mario Gabrielli
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Come si vede, il D.M. ha introdotto una sostanziale novità, disponendo la
sorveglianza anche delle malattie in cui il nesso causale sia solo ipotizza-
bile, e da tali denunce potrebbero scaturire gli elementi per un più rapido
rinnovo delle tabelle della malattie professionali. Dopo questa breve car-
rellata, emerge in tutta la sua centralità la questione del nesso di causa-
lità, che è fondamentale in tutti gli aspetti della Medicina Legale e a cui
sono stati dedicati convegni (5) e monografie (6).
In estrema sintesi, i vecchi criteri su cui si basava la criteriologia medico-le-
gale per il riconoscimento del nesso causale (ricordiamo tra i principali il
criterio cronologico, il criterio topografico, il criterio della esclusione di altre
cause) hanno mostrato tutti i loro limiti, non solo e non tanto perché supe-
rati, ma perché talora usati e abusati per sostenere tesi forzate: forse il più
abusato era quello cronologico che portava a ipotizzare il nesso tra una
azione e un evento basandosi solo sul fatto che era ad essa seguente.
I limiti dei vecchi criteri sono stati almeno in parte superati con la applica-
zione del criterio della probabilità statistica che, utilizzando anche studi
epidemiologici, può aiutare a riconoscere il nesso causale, anche se resta
sempre necessario un accurato studio medico-legale di ogni singolo caso.
Anche con l’utilizzo dei nuovi strumenti, resta comunque estremamente
difficile in molti casi dimostrare il nesso causale tra esposizione lavorativa
e insorgenza di una malattia: basti pensare alla questione delle neoplasie.
E se per alcune di esse (ad esempio, mesotelioma) il riconoscimento del
nesso causale è pressoché automatico, come recentemente riaffermato
da Guariniello (7), per altre è difficile dimostrare un preciso legame, anche
se si impiegano le più aggiornate conoscenze (8).
Purtroppo, la questione è complicata dal fatto che il riconoscimento della
malattia professionale in ambito assicurativo INAIL si interseca con gli
aspetti penalistici: trattandosi di lesioni personali colpose gravi o gravis-
sime o addirittura di omicidio colposo, sussiste la procedibilità di ufficio,
ed è nel processo penale che riemergono le difficoltà per il riconosci-
mento al nesso di causalità. E siccome per il riconoscimento della respon-
sabilità colposa vige orami il principio della necessità del raggiungimento
di un quadro di ragionevole certezza, ecco che processi anche clamorosi
si concludono spesso con la assoluzione dei presunti responsabili di fatti
anche gravi (ad esempio dirigenti di stabilimenti industriali con esposizione
20 Mario Gabrielli
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a cancerogeni dei lavoratori ). Trattandosi di ambiti diversi, tali conclusioni
negative non dovrebbero avere ripercussioni sul riconoscimento della ma-
lattia professionale, ma può risultare difficile ammettere che una stessa
malattia non sia ritenuta dipendente da una lavorazione in ambito pe-
nale e lo sia invece in ambito assicurativo. Su quest’ultimo punto si deve
prendere atto che la Giurisprudenza non è fortunatamente arroccata su
posizioni negative per i lavoratori: recentemente la Suprema Corte ha af-
fermato che il riconoscimento del nesso “può risiedere anche in un giudi-
zio di ragionevole probabilità desunta da dati scientifici e da dati
epidemiologici”(9).
Si tratta, lo ripeto, di casi complessi, nella trattazione dei quali si dovrebbe
peraltro tener conto che nelle cause di lavoro è il lavoratore la parte più
debole, e il dover dimostrare il nesso causale di una malatttia non tabel-
lata con lavorazioni magari cessate da decine di anni (spesso anche la
azienda è chiusa) può trovare ostacoli non superabili.
Bibliografia1. si ricorda fra tutti Barni M., Silicosi nodulare “ma non esclusivamente”,
in Malattie del torace, 3,163, 1965.
2. Fiori A., La causalità nelle malattie professionali,
in Riv. It. Med. Leg., XXVIII, 777-808, 2006.
3. Balletta A, Malattie e lavoro, in Il Giornale della Previdenza, 9, 2, 58, 2007
4. Nota Redazionale, Il D. Lgs. 23 febbraio 2000 n. 38,
in Notiziario INCA, 16, 8/9/10, 5, 2000.
5. Si ricorda tra gli altri il Convegno di Macerata del 1990.
6. Barni M., Il rapporto di causalità materiale in Medicina Legale,
Giuffrè Editore, Milano, 1991.
7. Guariniello G., Tumori professionali e nesso causale nella giurisprudenza
della Corte di Cassazione, in Riv. Inf. Mal. Prof, 1, 17, 2006
8. Cimaglia G., Goggiamani A, Todaro G. Aspetti tecnici nel quadro della valutazione
medico-legale con particolare riferimento ai tumori professionali, in Riv. Inf. Mal. Prof., 1,
101, 2006.
9. Cass. Sez Lav. 6 settembre 2006 n. 19047, in Riv. Inf. Mal. Prof., 2, 39, 2006.
21Mario Gabrielli
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Giovanni Barbagli - Dir. Agenzia Regionale di Sanità
Questo vostro appuntamento cade nel momento più opportuno per af-
frontare una discussione sul tema “Malattie professionali, quale tutela?”
Infatti l’iniziativa nello scorso anno a Napoli nel corso della quale è stata
presentato il nuovo testo di legge sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, l’av-
vio della “manutenzione” della Riforma 229/99 i primi passi per la discus-
sione del nuovo Piano sanitario regionale 2007/2009 rappresentano il
giusto scenario nel quale collocare le riflessioni che ho sentito fare dal mo-
deratore l’ing. Masi, dal vostro Presidente nazionale e dal prof. Sartorelli
dell’Università di Siena. La distinzione tra competenze nazionali e regionali
in materia di sicurezza sul lavoro si fa sempre più chiara. Allo Stato le leggi
di indirizzo generale che fissano i principi alti su un tema come quello della
sicurezza del lavoro e alle Regioni le funzioni di gestione come elementi
del sistema di protezione locale per tutti i cittadini.
Dalle strategie alla governanceSe le strategie sono chiare abbiamo bisogno a mio avviso di passare dalle
strategie alla cosiddetta “governance” affrontare cioè gli obiettivi di sa-
lute che ci poniamo a livello generale e regionale e individuare i risultati
che vogliamo raggiungere. Questi obiettivi stanno tutti dentro la sfida lan-
ciata a suo tempo dalla O.M.S. (Organizzazione Mondiale della Sanità)
“salute per tutti nell’anno duemila”. Gli ostacoli che troviamo su questa
strada sono di ordine culturale, politico ed economico.
La corrente di pensiero politico e soprattutto economico che negli anni
settanta ha affermato e soprattutto praticato l’azione rivolta a conside-
rare la salute come fonte di investimenti anziché ostacolo ai medesimi,
ha lasciato il campo ala teoria liberista in base alla quale la sanità pub-
blica è di ostacolo alla iniziativa privata. La conseguenza è stata tragica:
l’obiettivo di salute per tutti gli essere umani scompare quasi dall’orizzonte
politico. La diagnosi più evidente del falimento di questa cultura politica
è stato l’impulso e la crescita esponenziale delle disegueglianze sia nella
salute che nella speranza di vita. La nostra azione come Agenzia regio-
nale è volta ad affermare una strategia di governo regionale volta al mi-
23Giovanni Barbagli
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glioramento qualiquantitativo dello stato di salute dei cittadini in gene-
rale e delle fasce più fragili come sono gli anziani, i disabili e i lavoratori.
ComeLe azioni che da tempo sono state intraprese dalla Agenzia regionale di
Sanità mirano a:
1. ricercare un equilibrio tra efficacia ed efficienza per coniugare appro-
priatezza ed evidenza scientifica;
2. la coerenza delle scelte politiche ed in particolare l’affermazione delle
politiche integrate (ambiente, lavoro, alloggio, salute, sviluppo);
3. potenziamento dell’azione preventiva e riorganizzazione dei servizi che
si occupano della sicurezza nei luoghi di lavoro;
4. costruzione di una rete di informazioni che sappiano leggere i bisogni
di salute della popolazione in modo da individuare eventuali aree cri-
tiche e decidere le priorità;
5. monitoraggio del grado di efficacia e di efficienza operativa nell’at-
tuazione degli interventi.
Grazie alla quantità e alla qualità dei dati di cui disponiamo siamo in
grado di scegliere la frequenza delle malattie (mortalità, morbosità) e dei
principali fattori determinanti, effettuare confronti tra aree geografiche
ed analizzare gli andamenti temporali. Alla quantità dei dati raccolti pos-
siamo dare una rappresentazione sintetica del fenomeno che studiamo
ossia delle misure quantitative che servono per:
a. orientare gli interventi attraverso l’identificazione e la costruzione di indi-
catori in grado di valutare il funzionamento di un intervento (indicatori di
processo);
b. valutare gli interventi misurando gli effetti sulla salute (indicatori di
esito).
Il profilo generale di salute che stiamo costruendo per gli anni 2003/2005
per la Toscana conterrà sicuramente una attenta analisi epidemiologica
sugli effetti delle politiche che in questi anni sono state messe in atto per
la salute. Attraverso proprio lo studio degli indicatori di salute quali: le di-
namiche demografiche, la mortalità generale, la mortalità per le principali
cause, gli incroci fra gli indicatori di salute e alcune determinanti con-
cause (ambiente, lavoro, servizi ecc).
24 Giovanni Barbagli
Atti Pistoia 148x210_OK 14-02-2008 12:35 Pagina 24
Le politiche integrateSecondo l’OMS il 75% dei fattori di rischio che minano la salute dipendono
non dalla organizzazione sanitaria ma dalle politiche integrate. Le nuove
frontiere della sanità sono quindi legate a queste determinanti.
Nonostante gli indicatori di salute registrino dei progressi, il problema bioe-
tico più acuto consiste ora nella contraddizione tra due fenomeni: non
c’è mai stata tanta salute nel mondo e mai tante malattie e tante morti
prevenibili, evitabili e curabili. Non si può attendere altro tempo, si deve in-
vertire la tendenza.
25Giovanni Barbagli
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Florio Innocenti - Dir. Resp. Pneumologia (ASL 3 Pistoia)
NUOVE METODICHE NELLA DIAGNOSI PRECOCE DELLE NEOPLASIE DELL’APPARATO RESPIRATORIO
IntroduzioneIn Italia il carcinoma del polmone è ancora la causa più importante di
morte per tumori maligni. Durante gli anni ’90 i Registri Tumori in Italia, come
in altri Paesi occidentali, hanno mostrato che è la forma tumorale più fre-
quente nel sesso maschile ed in forte crescita in quello femminile, con inci-
denza intorno a 60 casi su 100.000 abitanti e una mortalità di 30.000
persone/anno. La sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è compresa tra il 5
e il 15% e non ci sono evidenze di un significativo aumento negli ultimi 30
anni (1). Il fumo di sigaretta rimane il più importante fattore di rischio anche
se sono da considerare come concause la familiarità, le abitudini alimen-
tari, l’inquinamento atmosferico e ambientale (radon) e, non ultima, l’espo-
sizione lavorativa ad alcune particolari sostanze che giocano un ruolo
importante nello sviluppo delle neoplasie dell’apparato respiratorio. Peral-
tro, è anche noto che la diagnosi precoce del tumore polmonare e l’inter-
vento chirurgico di resezione del tumore a stadi precoci della malattia
(stadio I) si associa a una buona prognosi (2).
I Trials Clinici Randomizzati (TCR) che hanno utilizzato la radiografia del to-
race (RT) con o senza esame dell’espettorato per valutare l’efficacia della
diagnosi precoce non hanno mostrato riduzione della mortalità nel gruppo
attivo. Recenti pubblicazioni hanno confermato risultati negativi con 16 anni
di follow-up. (3,4). Le linee guida esistenti in Italia, in accordo con le mag-
giori Agenzie Internazionali, non suggeriscono indagini di screening del can-
cro del polmone. Nel 1999, C. Henschke e il suo gruppo della Cornell
University hanno dimostrato che la TC spirale (a basso dosaggio) era ca-
pace di identificare tumori polmonari iniziali (Stadio I) con una sensibilità più
elevata della RT. Questi risultati, analoghi a quelli di un ampio studio non
controllato eseguito in Giappone, sono stati considerati come un nuovo
punto di partenza per lo screening del cancro del polmone (6,7). Nell’otto-
bre 2006 Henscke e coll. hanno pubblicato un lavoro nel quale è confer-
mato l’incremento della sopravvivenza a 10 anni per neoplasie polmonari
individuate in stadi precoci con TC a bassa dose (85% di casi alIo stadio con
27Florio Innocenti
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sopravvivenza a 10 anni dell’88% e del 95% in coloro che sono stati sottopo-
sti a resezione chirurgica nel mese successivo alla diagnosi) (8). È stato per-
tanto avviato lo studio Italiano multicentrico (Firenze, Pisa e Pistoia)
randomizzato con TC a bassa dose eseguita ogni anno per 4 anni che ha
come obiettivo la riduzione della mortalità per tumore del polmone. Lo stu-
dio fa parte di una collaborazione internazionale UE/USA all’interno della
quale sono previsti sia studi randomizzati che non randomizzati.
La popolazione in studio comprende Maschi e Femmine di età compresa
tra 55 e 69 anni, fumatori o ex fumatori che hanno cessato da meno di 10
anni con numero di pack/years ≥ 20, senza storia di precedente neoplasia
(esclusi tumori cutanei con melanoma) e/o di intervento di resezione pol-
monare per qualsiasi motivo. 1613 sono stati i soggetti arruolati nel gruppo
“attivo” e 1593 nel gruppo di controllo. Sono state effettuate 1406 prime TC
del torace e individuate 21 neoplasie polmonari maligne (1,5%) ed 1 amar-
tocondroma. Nella tabella 2 sono riportati i primi risultati riguardanti il primo
anno di valutazione, in particolare abbiamo riportato il numero e lo stadio
delle neoplasie polmonari riscontrate.
È importante sottolineare che il 56% (10/22 casi) dei tumori evidenziati era
al Io stadio e pertanto trattabile chirurgicamente.
RisultatiA livello locale la ASL 3 ha già svolto uno studio di fattibilità di screening
con una sorveglianza sanitaria rivolta ai soggetti ex esposti ad amianto
delle ditte Breda e S. Lucia che si è svolto tra il 2001 ed il 2002 a cui non è
seguito follow-up. Tale intervento si è reso necessario poichè indagini epi-
demiologiche eseguite nella coorte di lavoratori della ditta Breda di Pi-
stoia con pregressa esposizione all’asbesto avevano identificato un
numero di diagnosi di mesotelioma pleurico superiore ai valori attesi.
Anche i 120 casi di tumore polmonare erano significativamente superiori
ai 96 attesi in una coorte di 3739 lavoratori in cui si erano osservati 969 de-
cessi per cause non tumorali (10). L’eccesso di mortalità per neoplasia si
è verificato solo nei lavoratori classificati come operai che avevano svolto
la loro attività prima del 1970 (11). La coorte dei lavoratori Breda com-
prendeva gli operai assunti da prima del 1970 fino al 1985 e quella della
ditta S. Lucia gli operai assunti dal 1962 al 2000. Abbiamo invitato a parte-
28 Florio Innocenti
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cipare, tramite lettera di convocazione concordata con i Medici di Medi-
cina Generale e con il PISLL, 1172 ex lavoratori della ditta Breda e 218 della
ditta S. Lucia. Hanno risposto all’invito circa il 60% dei soggetti contattati
per la ditta Breda ed il 30% circa della ditta S. Lucia. I partecipanti hanno
effettuato una prima visita c/o l’U.F. di Prevenzione e Igiene Sicurezza con
raccolta di un’accurata anamnesi lavorativa.
I soggetti che non presentavano sintomi respiratori, con obiettività toracica
negativa ed una radiografia del torace recente normale non sono stati ul-
teriormente valutati. 338 della ditta Breda e 58 della ditta S. Lucia che pre-
sentavano sintomi respiratori e/o con obiettività polmonare patologica e/o
con dubbie alterazioni radiologiche soggetti sono stati inviati presso l’U.O.
di Pneumologia per essere sottoposti a visita specialistica e prove di funzio-
nalità respiratoria (spirometria completa con misura dei volumi statici e di-
namici, test di diffusione del CO con il metodo del respiro singolo,
emogasometria).
Coloro che non avevano esami radiologici recenti (Rx e/o TC torace nel-
l’anno precedente la visita) hanno effettuato Rx torace e HRCT. I radio-
grammi del torace sono stati eseguiti con apparecchiature non digitali
presso la U.O. di radiologia di Pistoia per gli ex esposti della ditta Breda, di
Pescia per gli operai della ditta S. Lucia. In totale, alla fine dello studio, sono
stati valutati presso la U.O. di Pneumologia 396 soggetti in prevalenza di
sesso maschile di età media 66,5±10 (DS) anni e 50±10 (DS) anni per la ditta
Breda e S. Lucia, rispettivamente, 116 erano non fumatori (30%), 280 tra fu-
matori ed ex-fumatori (70%) per una storia media di fumo di 27±18 py. Tutti
i soggetti hanno eseguito una spirometria accettabile (secondo i criteri ATS)
mentre solo 290 sono stati in grado di eseguire una corretta misura della dif-
fusione del CO (DLCO) (secondo i criteri ATS).
La tabella 3 mostra la media ± DS dei volumi polmonari, dei valori emoga-
sometrici e di diffusione del CO misurati, espressi in percento del valore pre-
detto. L’età media del (50±10 anni) ed il numero di sigarette fumate (20±18
p-y) del gruppo di soggetti della ditta S. Lucia era inferiore rispetto al gruppo
degli ex dipendenti della ditta Breda (66.5±10 anni), (27±18.7p-y). Il numero
dei soggetti con rapporto FEV1/FVC inferiore al 70% era 100, pari al 25%, 79
dei quali fumatori o ex fumatori (py=35±19). Tra questi, 62 presentavano una
DLCO/VA % pv ridotta (15%). In 27 soggetti (7%) la spirometria ha eviden-
29Florio Innocenti
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ziato sindrome restrittiva di grado lieve (TLC<80%). Nessun soggetto aveva
valori di PaO2 inferiori a 60 mmHg. 332 soggetti hanno effettuato Rx torace,
276 della ditta Breda e 56 della ditta S. Lucia, i cui risultati sono mostrati in
dettaglio nella tabella 4, i restanti 62 soggetti avevano effettuato Rx torace
nell’ultimo anno. 231 soggetti hanno effettuato ulteriori approfondimenti
mediante HRCT, 218 della ditta Breda e 13 della ditta S. Lucia (tab 5). Molti
lavoratori esposti in passato a polvere di amianto sono oggi a rischio di svi-
luppare patologie asbesto-correlate. Un intervento sanitario su una popo-
lazione di soggetti ex esposti quali i lavoratori della ditta Breda di Pistoia era
necessario al fine di valutarne l’attuale stato di salute, in particolare riguardo
alla patologia polmonare, e di stabilire l’eventuale necessità di un inter-
vento di sorveglianza volto a seguire nel tempo tale popolazione. Il riscon-
tro di patologie polmonari di qualsiasi tipo e grado può essere utile per un
precoce trattamento. Inoltre, il colloquio con gli interessati rappresenta
un’occasione importante per la prevenzione di patologie polmonari che
può essere attuata attraverso l’allontanamento da altri fattori di rischio quali
il fumo di sigaretta.
Infine, i dati ottenuti rappresentano una stima epidemiologica delle pato-
logie causate dall’inalazione di fibre di asbesto. I risultati sulla popolazione
di lavoratori assunti presso la ditta Breda fino al 1985 e presso la ditta S. Lucia
hanno evidenziato una parziale adesione al programma di sorveglianza sa-
nitaria offerto ed hanno sicuramente confermato la pregressa esposizione
a fibre di amianto dato il riscontro di un’elevata incidenza di placche pleu-
riche di quattro casi di asbestosi e di due mesoteliomi pleurici. Per quanto
riguarda i due casi finora accertati di neoplasia polmonare, rimane elevato
il fattore confondente legato al fumo di sigaretta. Le discrepanze nei risul-
tati tra le due popolazioni studiate può essere spiegata con il differente nu-
mero di soggetti per gruppo, la differenza di età e la differente metodica
di lettura dei radiogrammi sia Rx che TC.
Nel campione esaminato è confermata la maggiore sensibilità, riportata in
letteratura, della TC del torace rispetto a metodiche tradizionali (Rx) nel-
l’evidenziare noduli polmonari, placche pleuriche, bronchiectasie e di iniziali
alterazioni parenchimali polmonari di varia natura. Inoltre, dai dati emersi fi-
nora, sembra opportuno seguire nel tempo i soggetti con opacità polmo-
nari di incerto significato con un programma di sorveglianza sanitaria
30 Florio Innocenti
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clinico-radiologico. Anche la TC low-dose dimostra di avere la stessa possi-
bilità di visualizzare le lesioni da esposizione ad amianto, sia pleuriche che
parenchimale e potrebbe quindi, in futuro, rappresentare un’utile meto-
dica di sorveglianza sanitaria. Pertanto può essere utile prevedere un pro-
gramma di sorveglianza sanitaria per gli ex esposti ad amianto modulato in
rapporto ai differenti fattori di rischio associati, con adeguati programmi di
disassuefazione dal fumo e riduzione per quanto possibile di altri carcino-
geni ambientali. Non essendo previsto allo stato attuale uno standard di in-
tervento radiologico, e non solo, sarebbe auspicabile un protocollo di
ricerca condiviso per il follow-up dei soggetti ex esposti ad amianto con
combinazione di metodiche radiologiche e di laboratorio.
Bibliografia1. Zanetti R., Falcini F. M. Simonato L., Vercelli M.: La sopravvivenza per tumore negli anni no-
vanta: l’importanza dei dati di popolazione. Epidemiol Prev 2001 suppl. Anno 25(3): 1-8
2. Dominioni L., Strass G. (eds): International conference on prevention and early diagno-
sis of lung cancer. Varese. Italy, 1988
3. Fontana R.S., Sanderson D.R., Woolner L.B., Taylor W.F., Miller W.E., Muhm J.R. Lung can-
cer screening: The Mayo program. J Occup Med 1986; 28:746-50.
4. Marcus P.M., Bergstralh E.J., Fagerstrom R.M., et al. Lung cancer mortalità in the Mayo
Lung Project: impact of extended follow-up. J Natl Cancer Inst 2000; 92:1308-16.
5. Henschke CI, McCauley DI, Yankelevitz DF, Naidich DP, McGuinness G, Miettinen OS,
Libby DM, Pasmantier MW, Koizumi J, Altorki NK, Smith JP. 1999 Early lung cancer action
project: overall design and fndings from baseline screening. Lancet 354:99±105.
6. Henscke C.: Survival patients with stage I lung cancer detected on CT screening. N
Engl J Med 2006; 355;17: 1763-1771
7. Sone S., Takashima S., Li F. et al: Mass screening for lung cancer with mobile spiral com-
puter tomography scanner. Lancet. 1998; 351:1242-45.
8. Italung
9. Seniori Costantini A. et al: Studio sulla mortalità degli addetti di un’Azienda di produ-
zione di rotabili ferroviari. Med Lav 91, 1:32-45, 2000
10. Innocenti A., Ciapini C. et al: L’importanza della “best evidence” nelle indagini epi-
demiologiche per l’impostazione di possibili programmi di sorveglianza sanitaria per ex-
esposti ad amianto. Atti 63° congresso SIMLII. Sorrento (Na).
31Florio Innocenti
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32 Florio Innocenti
Numero Stadio Istotipo Terapia8 NSCLC Stadio I.a 5 adenocarcinoma
(2 misti con BAC) + 1 pleumorfo Chirurgia1 squamoso + 1 adenosquamoso
2 NSCLC Stadio I.b 1 squamoso + 1 adenocarcinoma Chirurgia1 NSCLC Stadio II.b 1 anaplastico a grandi cellule Chirurgia2 NSCLC Stadio III.a 1 squamoso + Chir. + Radiote
1 adenocarcinoma in 1 paz,1 NSCLC Stadio III.b adenosquamoso Chir. + Chemiot
Radioter,4 NSCLC Stadio IV 2 adenocarcinoma Chemiot +
(1 misto con BAC) + 2 squamoso Radioter in 2 paz,+ Chirurgia in 1 paz,
1 NSCLC Stadio III.a adenocarcinoma + SCLC m. l. Chir. + Chemiot + + SCLC Radiot1 SCLC Mal. limitata Chemioterapia
1 Carcinoidi carcinoide tipico Chirurgia1 amarto-condroma Chirurgia
Stadio e istotipo delle 22 neoplasieidentificate con lo screening
Tab 2
Stadio % sopravvivenzaStadio I.a 80Stadio I.b 65Stadio II 40Stadio III.a 15Stadio III.b 3Stadio IV 0-3
Sopravvivenza per neoplasia polmonarein base allo stadio di avanzamento di malattia
Tab 1
Atti Pistoia 148x210_OK 14-02-2008 12:36 Pagina 32
33Florio Innocenti
Breda (n. 338) S. Lucia (n. 58)Età (anni) 66.5±10 50±10fumo (p-y) 27±18.7 20±18
pH 7.41±0.02 7.48-7.36PaO2 83.6±10.9 97±7.6FEV1% 94.8±19.6 99±18VC% 98.6±15.8 96±15FVC% 100±17.6 100±15FVC(L) 3.77±0.75 6-1.64
FEV1/VC% 72.6±9.6 77.6±15TLC% 97.9±14.8 95.5±11
DLCO/VA% 93.5±18.6 90.3±14
Dati funzionali di 396 pazienti ex dipendenti officine Breda e S.Lucia
Tab 3
Descrizione radiologica Breda S. Lucian. 276 n. 56
Noduli polmonari (>10mm) 12 0Noduli polmonari (<10mm) 25 0Ispessimento interstiziale 96 0Placche pleuriche 48 0Obliterazione seno costo-frenico 17 1 Enfisema 24 6 Bronchiectasie 0 0Sospetto Mesotelioma 1 0Versamento pleurico 2 0 Altro 41 0
Dati RX standard del torace in 332 soggetti
Tab 4
Atti Pistoia 148x210_OK 14-02-2008 12:36 Pagina 33
34 Florio Innocenti
Descrizione radiologica Breda S. Lucian. 218 n. 13
Ispessimento interstiziale 94 (43%) 2 (15%)Noduli polmonari ( 4 mm) 34 (15.6%) -
(5-9 mm) 30 (13.7%) -( 10 mm) 9 (4%) -
Addensamento polmonare 37 (17%) -Placche pleuriche 118 (54) 5 (38%)Enfisema 40 (18%) 1 (7.7%)Bronchiectasie 80 (36%) 1 (7.7%)Sospetto mesotelioma 3 (1.4%) -Altro 30 (13.7) -
<_
<_
Dati HRCT del torace in 231 soggetti
Tab 5
Atti Pistoia 148x210_OK 14-02-2008 12:36 Pagina 34
Gian Paolo Patta - Sottosegr. di Stato al Ministero della Salute
Questo fenomeno sociale degli infortuni sul lavoro nel nostro Paese de-
nunciata anche dal Presidente della Repubblica, purtroppo, nonostante
tutte le iniziative messe in atto, non si riesce a ridurre in modo efficace es-
sendo un ostacolo molto duro da rimuovere e quindi abbiamo, purtroppo,
sempre più infortuni nell’anno.
Abbiamo, mediamente, tre lavoratori che muoiono ogni giorno sul posto
di lavoro e abbiamo lavoratori che subiscono invalidità permanenti nella
misura di circa 30.000 all’anno, quindi sono dati veramente impressionanti
che necessitano appunto di essere cambiati e direi che l’apporto del Go-
verno sia stato con un approccio assolutamente diverso rispetto al pas-
sato e che va nella direzione giusta. E va nella direzione giusta perché
intanto coinvolge le Regioni, non a cose avvenute ma nel momento in
cui si comincia a discutere come dovrà essere affrontato il problema e
quindi con particolare attenzione alla situazione estremamente grave.
Come già sottolineato in più occasioni è indubbiamente importante una
prevenzione più efficace ed efficiente nei luoghi di lavoro per la sicurezza
del lavoratore, il quale deve essere tenuto al centro dell’attenzione. Ma
con il nostro intervento abbiamo voluto anche affrontare una situazione
che interessa la tutela del lavoratore infortunato perché, purtroppo,
quando avviene un infortunio o un lavoratore contrae una malattia pro-
fessionale la tutela deve essere garantita ed assicurata come prevede la
Costituzione. Ma secondo noi ancora non si è fatto abbastanza per la tu-
tela del lavoratore infortunato.
Dal nostro punto di vista - e lo possiamo fare tranquillamente perché noi
non siamo catalogati di appartenenza a nessuna forza politica - diciamo
le cose come stanno, e quindi siamo in grado di vivere in modo molto
chiaro le situazioni che riguardano la tutela del lavoratore infortunato che
non viene affrontata con una dovuta attenzione, con la dovuta tutela e
le dovute garanzie. E qui chiamiamo in ballo il nostro attuale Governo che,
rispetto al precedente, si è mosso e si sta muovendo bene affinché si in-
tervenga con la Finanziaria in cui diversi provvedimenti sono stati inseriti
ma non ancora a sufficienza. Lo abbiamo detto, lo ribadiamo, ma qui c’è
tutto un discorso e un confronto in atto con il Governo perché è giusto
35Gian Paolo Patta
Atti Pistoia 148x210_OK 14-02-2008 12:36 Pagina 35
dare rilievo a quanto non è stato ottenuto con il Governo precedente. In-
vece, con la scorsa finanziaria attraverso provvedimenti importanti sono
stati accolti alcuni dei problemi che riguardano gli infortuni sul lavoro.
Quanto al fenomeno delle malattie professionali è importante valutarne
l’andamento nel nostro Paese ma non basandosi solo sui casi effettiva-
mente indennizzati dall’INAIL o sul numero dei morti, che danno un’idea
dell’evoluzione della situazione ma non in ragione del costante aumento
dei lavoratori che subiscono patologie la cui causa è in qualche modo
connessa al lavoro e al luogo in cui esso viene svolto.
Sappiamo quanto sia difficile dimostrare il nesso di causalità tra le malat-
tie non tabellate e i sintomi avvertiti dal lavoratore.
L’INAIL, malgrado ciò, riconosce poco meno di 200 morti l’anno per ma-
lattie professionali mentre i dati mensili mostrano oltre 25.000 casi all’anno
di cui poco meno di 1.500 in agricoltura. Questi numeri ci dicono che le
malattie professionali non sono quindi un evento da sottovalutare nella
tutela e la sicurezza dei lavoratori in quanto non derivano, nella maggior
parte dei casi, da un evento improvviso e traumatico come può essere
l’infortunio sul lavoro, ma si tratta di mancanza di attenzione verso la sa-
lute dei lavoratori che sono esposti appunto ad agenti patogeni subdoli
e non facilmente evitabili.
Quel che c’è da dire nelle malattie professionali da lavoro sono dati meno
noti e approfonditi rispetto agli infortuni, tuttavia hanno un loro rilievo dato
che, nel complesso, il fenomeno rimane grave, anche perché è sempre
maggiore l’impiego di sostanze e prodotti meno noti e destinati ad au-
mentare il numero delle malattie definite non tabellate che devono essere
tenute sotto controllo e studiate per definire le patologie del futuro che in
realtà si rivelano attuali e presenti nella realtà di oggi e con maggiore gra-
vità. In effetti, alcuni tipi di malattie tendono a diminuire drasticamente
anche perché sono stati vietati i prodotti e le sostanze che le cagiona-
vano, adesso le sostituiscono altre malattie meno note il cui numero e la
cui entità appare, almeno dai dati disponibili, piuttosto rilevante.
Altrettanto spesso esse si distinguono per gravità come accade nei casi le
cui patologie tumorali insorgono dopo molti anni dal decorso della pen-
sione. Negli ultimi anni si è rivelato piuttosto elevato il numero delle malat-
tie da lavoro denunciate e non riconosciute pertanto andrà considerato
36 Gian Paolo Patta
Atti Pistoia 148x210_OK 14-02-2008 12:36 Pagina 36
in futuro anche questo aspetto per capire quali siano le ragioni del feno-
meno e come esso debba essere considerato anche in relazione al rico-
noscimento del danno biologico.
Per questa iniziativa siamo grati all’ANMIL di aver contribuito in questo
modo perché pur nel rispetto degli elevati pareri scientifici che vanno
nella direzione favorevole all’INAIL, potrei trovarne di altrettanto seri ed
accreditati che contengono esattamente il contrario: valga per tutti il la-
voro svolto recentemente da studiosi sul rapporto tra patologie tumorali e
ambiente di lavoro.
Naturalmente secondo l’INAIL prevalgono infatti malattie croniche che si
trasformano in malattie neoplasiche e, più in generale, in tumori multifatto-
riali riconducibili a fattori di nocività o di dannosità nei quali si potrebbe in-
dividuare un’origine anche al di fuori degli ambienti di lavoro oppure in
fattori genetici. Quanto al flusso procedurale nella valutazione delle do-
mande per il riconoscimento di malattie professionali l’istituto assicurativo
ritiene opportuno richiamare una circolare che tratta alcuni principi di na-
tura sostanziale al fine di garantire una uniforme applicazione nel rispetto
di una omogenea valutazione del danno e dell’invalidità.
Dunque si legge nella circolare: la presenza nell’ambiente lavorativo di
fattori di nocività, quando non sia possibile riscontrare con certezza le con-
dizioni dell’ambiente lavorativo all’epoca dello svolgimento del lavoro e
dunque le condizioni di esposizione al rischio, può desumersi un elevato
grado di probabilità dalla tipologia delle lavorazioni svolte, dalla natura di
macchinari presenti nell’ambiente di lavoro e dalla durata della presta-
zione lavorativa. Pertanto, la valutazione dell’efficienza causale degli
agenti patogeni va effettuata non in astratto ma in concreto e cioè con
riferimento alle condizioni fisiche del singolo lavoratore.
L’ANMIL ritiene invece che nel caso delle malattie professionali ci sono al-
cuni ostacoli legati in parte al processo di definizione: i punti critici riguar-
dano le obiettive difficoltà a raffrontare il riconoscimento del legame
causa-effetto tra malattie e attività lavorative nelle patologie per que-
stioni multifattoriali. Talvolta esiste una certa diffidenza del mondo clinico
a riconoscere quelle che sono le vittime di malattie professionali anche
nei casi in cui tale legame è stato sospettato o riconosciuto. Né si può ne-
gare che il tempo necessario per concludere l’iter amministrativo dei casi
37Gian Paolo Patta
Atti Pistoia 148x210_OK 14-02-2008 12:37 Pagina 37
denunziati è spesso lungo: il completamento avviene solo dopo diversi
anni e la percentuale significativa ottenuta in almeno cinque anni.
Sono disponibili i dati di denunce pervenute per ricordare le quali è suffi-
ciente la diagnosi presunta di malattia professionale.
Inoltre i criteri adottati rispondenti ai fini assicurativi non sempre coinci-
dono con le definizioni diagnostiche più appropriate.
Rispetto al passato è aumentata la quota di malattie professionali defi-
nite, sul totale di quelle denunciate (circa 80%).
La difficoltà di categorizzazione per tipologia di malattia professionale ha
subito nuovamente un cambiamento riguardante il riconoscimento dei tu-
mori, in aumento in termini assoluti ma stabili in termini di riconoscimento
percentuale; le ipoacusie, le dermatiti e l’asma sono in calo in termini per-
centuali, mentre si rileva un leggero incremento delle malattie non tabel-
late. In ogni caso il numero complessivo di ipoacusie, tumori considerando
sia le malattie tabellate sia le non tabellate, continua ad essere significa-
tivo. Inoltre raggiunge ormai una quota davvero considerevole, circa un
terzo, il numero di patologie delle quali spetta al lavoratore l’onere di di-
mostrare la correlazione tra le caratteristiche del lavoro svolto e la malat-
tia dalla quale è stato colpito e si tratta naturalmente di un aspetto sul
quale si deve attentamente riflettere.
Se si osserva poi il genere di patologie indennizzate, le malattie non tabel-
late si attestano al 33%, seguono quindi i tumori 24%, le dermatiti 14% e le
ipoacusie 12%. La rilevante percentuale di patologie definite come non
tabellate rispecchia quanto segnalato dalla letteratura: ai primi posti per
frequenza, vi sono le malattie dovute a sovraccarico biomeccanico e i
tumori professionali. Davanti a casi così tanto eclatanti l’ANMIL si pone
oggi il problema di definire procedure di accertamento più rapide e so-
prattutto misure di sorveglianza sanitaria di prevenzione e sicurezza che
diano maggiore certezza della tutela della salute dei lavoratori e mag-
giore efficienza delle prestazioni assicurative.
Diciamo dunque che le malattie professionali sono un’emergenza asso-
luta soprattutto nel settore dell’agricoltura e riteniamo perciò di dover in-
tervenire per tempo prima che il fenomeno possa sfuggire al controllo.
Ci auguriamo che sia il Ministero che l’INAIL possano essere in grado di
elaborare in breve tempo specifiche forme di prevenzione, di sicurezza e
38 Gian Paolo Patta
Atti Pistoia 148x210_OK 14-02-2008 12:37 Pagina 38
di tutela per questa particolare minaccia alla salute dei lavoratori.
Ci auguriamo inoltre che ci possa essere una possibilità di elaborare un
testo unico che tenga conto appunto di tutto ciò che riguarda il pro-
blema della prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro nel nostro Paese.
E poi il problema delle malattie professionali va altrettanto messo in evi-
denza perché è altrettanto preoccupante l’effetto nocivo che investe
sotto questo aspetto i lavoratori nel nostro paese.
Diciamo che adesso tocca al legislatore dare concretezza alla questione
anche sulla base delle istanze che provengono dall’ANMIL.
39Gian Paolo Patta
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Atti Pistoia 148x210_OK 14-02-2008 12:37 Pagina 40
Enrico Rossi - Ass. Diritto alla Salute Regione Toscana
Il Decreto 626 ha rappresentato un salto di qualità nell’ambito della nor-
mativa in materia di prevenzione nei luoghi di lavoro ponendo al centro
del processo di prevenzione il datore di lavoro, con i suoi collaboratori,
non più come mero esecutore di norme bensì come artefice del processo
stesso. Ha valorizzato il ruolo partecipativo dei lavoratori e delle forze so-
ciali, inducendo una sempre maggiore sensibilità del mondo delle profes-
sioni tecniche verso le tematiche della tutela della salute dei lavoratori.
Le Regioni e le Province Autonome, cogliendo la portata fortemente inno-
vativa di questa legge hanno, sin dall’inizio, potenziato l’azione di infor-
mazione e di assistenza alle imprese da parte dei Servizi di Prevenzione
delle Aziende Sanitarie Locali, nella convinzione che, accanto alle attività
di vigilanza e controllo, fosse necessario favorire la crescita di una solida
attenzione e strutturazione della prevenzione.
Particolare attenzione è stata dedicata alle micro-imprese meno prepa-
rate ad accogliere le trasformazioni indotte dal Decreto 626, soprattutto
sotto il profilo dell’organizzazione della prevenzione.
Con questo orientamento le Regioni hanno realizzato numerose iniziative
innovative, in particolare la definizione di indirizzi applicativi omogenei ai
Servizi di prevenzione di tutte le Aziende sanitarie, la definizione di “linee
guida” metodologiche e buone prassi, in collaborazione con le altre Istitu-
zioni per la prevenzione e le parti sociali, l’attivazione di specifici “sportelli in-
formativi”, anche telematici, e di “numeri verdi”, con interventi di sostegno
alla formazione e informazione dei vari soggetti del sistema di prevenzione
e con iniziative di assistenza e di incentivazione verso le imprese, soprattutto
le micro-imprese, anche con la gestione di fondi regionali ed europei.
Voglio ricordare anche il progetto di “Monitoraggio sull’applicazione del
626” realizzato dalle Regioni e dalle Province Autonome, unico nel suo ge-
nere in Italia e in Europa per spessore qualitativo e dimensione territoriale,
con una connotazione non solo conoscitiva ma soprattutto di confronto
del Servizio pubblico con le imprese, di verifica dell’impatto della norma-
tiva sulle stesse e di stimolo al miglioramento.
Significativo, sin dalla sigla del protocollo d’intesa del luglio 2002, è il con-
tributo al cambiamento dei rapporti con gli Istituti Centrali (INAIL e ISPESL),
41Enrico Rossi
Atti Pistoia 148x210_OK 14-02-2008 12:37 Pagina 41
attraverso una collaborazione tecnico-scientifica ed una organizzativa
che stanno portando l’Italia ad avere, per la prima volta, a disposizione un
sistema informativo realmente utile per la programmazione di attività di
prevenzione sulla base dell’analisi dei bisogni e la possibilità, nel tempo, di
verificarne l’efficacia.
Proprio il pressante impegno delle Regioni e Province Autonome, in siner-
gia con INAIL ed ISPESL, ha permesso di evidenziare queste come priorità
all’interno delle linee attuative del Piano Nazionale della Prevenzione pre-
visto dall’accordo Stato Regioni del 23 marzo 2005 e all’interno del Piano
Sanitario Nazionale 2006-2008.
Un più ampio sviluppo della collaborazione tra questi soggetti istituzionali
e i Ministeri competenti potrà portare alla realizzazione di un Osservatorio
nazionale dei rischi e dei danni da lavoro.
Tuttavia i ritardi per una riforma efficace ed incisiva a tutela di un lavoro
più sano e sicuro sono evidenti, così come sono evidenti anche gli ostacoli
frapposti alla piena attuazione del dettato della legge di riforma sanita-
ria (L. 833/78), la mancata omogeneità dei comportamenti delle varie Isti-
tuzioni nonché i continui tentativi di frammentazione delle competenze
istituzionali e di ritorno al passato mai abbandonati.
Non è con il ritorno al passato né ignorando il molto che è stato prodotto
in questi anni che si colmano queste lacune, ma con una ricerca degli
strumenti più adeguati per affrontare problemi vecchi e nuovi in contesti
che hanno subito profonde trasformazioni in questi ultimi anni.
Ed è in quest’ottica che le Regioni si pongono per apportare il loro fattivo
contributo al dibattito in corso, formulando concrete proposte di lavoro
che nascono dall’esperienza di questi anni e ricercando sinergie con tutte
le componenti in campo.
L’impegno dovrà essere quello di passare dalla fase comunque molto po-
sitiva dei piani regionali a veri e propri piani nazionali coordinati: il primo
esempio in fase di avanzato allestimento è proprio la definizione di una
Campagna nazionale di prevenzione in edilizia, cioè nel settore che quasi
ovunque rappresenta la principale priorità di rischio, almeno dal punto di
vista infortunistico, e sul quale tutte le Regioni dovranno misurarsi con unità
di obiettivi, di intenti, di metodologie, di azioni.
E’ evidente, inoltre, a tutti noi la necessità improrogabile di elaborare in
42 Enrico Rossi
Atti Pistoia 148x210_OK 14-02-2008 12:37 Pagina 42
tempi brevi un nuovo testo unico per la prevenzione della salute e sicu-
rezza nei luoghi di lavoro, previsto sin dalla citata legge 833 del 1978,
come è altrettanto evidente che il metodo da seguire debba essere di-
verso rispetto a quello infelicemente perseguito dal precedente governo.
Le premesse oggi sono decisamente migliori in termini di volontà di condi-
visione dei percorsi di confronto e costruzione di tale fondamentale stru-
mento legislativo, sia tra le istituzioni “concorrenti” sia tra queste e le parti
sociali. In questo senso, proprio sulla base della esperienza “di campo” dif-
fusa, seppur con conosciute ed evidenti differenze nelle aree del territo-
rio nazionale, stiamo fornendo un contributo significativo ai Ministeri che
debbono predisporre la legge delega.
Ritengo a riguardo che, per un reale governo della prevenzione sul terri-
torio, sia necessario confermare e rafforzare il ruolo dei Comitati regionali
di coordinamento previsti dall’art. 27 del Decreto 626/94 con il coinvolgi-
mento diretto delle parti sociali e con il mondo degli Organismi Paritetici,
associando, alla funzione di indirizzo dell’attività di vigilanza e di promo-
zione della salute e della sicurezza, anche una funzione regionale di con-
ferenza permanente dei servizi.
Questo vuol dire realizzare un’azione coordinata di politica della preven-
zione, attuando un sistema permanente di confronto e collaborazione tra
governo centrale, governi regionali, Istituti centrali e Parti sociali teso alla
definizione di indirizzi e standard minimi di interventi e risorse, alla concretiz-
zazione di iniziative coordinate, in logiche di pianificazione e verifica del-
l’efficacia. In questo ambito si ritiene vada coordinato il tema della
sicurezza del lavoro con quello del contrasto al lavoro irregolare, poten-
ziando gli specifici ruoli rispettivamente delle strutture dei Servizi Sanitari
Regionali, delle Direzioni del Lavoro e degli Istituti previdenziali e assicura-
tivi, evitando sovrapposizioni di ruoli. In questa crescita della cultura della
prevenzione e sicurezza del lavoro bisogna partire dal mondo della
scuola, prevedendo l’introduzione di tale insegnamento. A tal proposito,
come non ricordare esperienze e progetti regionali esemplari, come
quelle di “Sicurezza in cattedra”, i cui risultati più significativi verranno pre-
sentati nei prossimi mesi in un convegno nazionale organizzato dal coor-
dinamento tecnico delle regioni. La scuola rappresenta un investimento
prezioso per il futuro e in questo caso anche l’opportunità per affermare
43Enrico Rossi
Atti Pistoia 148x210_OK 14-02-2008 12:38 Pagina 43
che salute e lavoro non sono diritti concorrenti: al contrario, la loro sintesi
è misura della civiltà di un sistema.
Va diffondendosi la convinzione che la tutela della salute nei luoghi di la-
voro rappresenti un fattore limitante per la crescita economica del Paese,
che i tempi e i costi della prevenzione riducano la competitività delle nostre
imprese. Queste affermazioni, facilmente smentibili nei numeri - basti pen-
sare ai costi sociali sostenuti ogni anno dalla collettività per infortuni e ma-
lattie professionali che sono stati anticipati nel corso della prima giornata
della Conferenza - rappresentano una deriva culturale che la classe po-
litica e le forze sociali insieme devono impegnarsi a superare, censurando
datori di lavoro inadempienti ma anche sostenendo chi vuole emergere
a favore della regolarità, pretendendo efficacia e trasparenza dall’azione
degli organi di vigilanza.
Infatti una corretta politica di prevenzione non può essere affrontata in
maniera episodica e settoriale, ma richiede una forte azione integrata di
tutte le componenti, a cominciare da quelle strategiche e gestionali delle
imprese, dove la sicurezza si coniuga con la qualità e la produttività, e
quella delle Istituzioni, dove devono essere operate scelte coerenti di so-
stenibilità dello sviluppo economico-produttivo, di aumenti e qualifica-
zione dell’occupazione, di pieno rispetto e tutela del diritto alla salute dei
lavoratori. A questo proposito credo sia opportuno richiamare un forte im-
pegno di tutte le componenti, datori di lavoro, sindacati e rappresentanti
delle categorie imprenditoriali per completare la rete degli RLS, far diven-
tare questa figura un vero protagonista del sistema di prevenzione e non
solo un destinatario di soli obblighi informativi. Ma accorre fare di più e
meglio: le istituzioni possono e devono attivarsi per incidere positivamente
sulla valorizzazione di questa figura chiave nella gestione della sicurezza
e salute sui luoghi di lavoro. Sono i rappresentanti dei lavoratori e i lavora-
tori stessi che possono fornire indicazioni preziose su cui orientare le azioni,
crescere con il sistema produttivo e con il sistema confrontarsi.
Ritengo oggi importante sottolineare il ruolo svolto dai Dipartimenti di pre-
venzione delle Regioni come funzione di “ascolto” e assistenza verso i la-
voratori e i loro rappresentanti. Sono inoltre convinto che, come si sta già
facendo per i Responsabili dei Servizi di Prevenzione e Protezione aziendali,
i Medici competenti e gli stessi Rappresentanti dei lavoratori, bisogna po-
44 Enrico Rossi
Atti Pistoia 148x210_OK 14-02-2008 12:38 Pagina 44
tenziare l’attenzione verso tutti i datori di lavoro in termini di competenza
e professionalità, tramite un processo formativo idoneo ed adeguato alle
trasformazioni in atto nel mondo del lavoro.
Su questi importanti temi è doverosa una assunzione di responsabilità e
tutte le parti coinvolte, ciascuno per quanto attiene alla propria sfera di
intervento, devono riavviare un confronto reale per dare risposte efficaci
ai bisogni dei lavoratori e del mondo della produzione ed affermando con
forza un diritto al lavoro non disgiunto dal diritto alla salute.
45Enrico Rossi
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Jaqueline Monica Magi - Giudice del lavoro (Livorno)
Parlerò della problematica relativa a malattie professionali e amianto, ma
in particolare mi soffermerò su una recente sentenza riguardante la L.
257/92 relativa al riconoscimento all’esposizione all’amianto ai fini del pen-
sionamento anticipato. Allo stato attuale relativamente all’esposizione al-
l’amianto vi sono tre livelli di azione giudiziaria e la sentenza che spiegherò
potrà portare chiarezza fra questi livelli.
Il primo stadio è la richiesta di natura prettamente previdenziale ai sensi
della L. 257/92, volta ad ottenere il riconoscimento dell’esposizione ai fini
del pensionamento anticipato e beneficiando del moltiplicatore previsto
dalla legge, azione che si fa contro l’INPS.
Altra azione possibile si configura contro l’INAIL per il risarcimento del
danno da malattia professionale in tutti i casi in cui si manifesti asbestosi o
altra patologia correlata all’amianto eziologicamente collegata al lavoro.
Classico il caso dell’asbestosi o quello del mesiotelioma pleurico in chi ha
svolto lavorazioni a contatto con l’amianto.
Terza possibilità che si giunga all’azione penale per i reati di lesioni col-
pose o omicidi colposi con vittime i lavoratori esposti all’amianto a carico
dei datori di lavoro o degli ex datori di lavoro.
Non molti i processi penali fatti ai datori di lavoro, moltissimi invece i ricorsi
previdenziali per il riconoscimento del moltiplicatore della pensione.
All’azione di richiesta di risarcimento per malattia professionale si sta ag-
giungendo, in pochi casi per ora e direi casi pilota in Italia, l’azione per il
riconoscimento del danno causato dalla paura di ammalarsi, danno bio-
logico, psichico e alla vita di relazione.
Rare invece le azioni penali per violazione delle norme poste a preven-
zione malattie professionali poiché in teoria l’amianto dovrebbe essere
fuori uso dal 1992 e quindi o assente o bonificato.
Purtroppo storicamente si è fatta confusione fra questi tre livelli e la L. 257/92,
che avrebbe una ratio soltanto previdenziale è stata reinterpretata in que-
sti anni alla luce della L. 277/91, che ha invece valenza di prevenzione in-
fortuni e malattie professionali. La confusione fra queste due leggi, con
finalità totalmente diverse, ha creato moltissime difficoltà nel riconosci-
mento dei benefici della L. 257/92.
47Jaqueline Monica Magi
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I benefici previdenziali di cui alla L. 257/92 vengono riconosciuti sulla base
di requisiti sanitari riconosciuti da medici legali o medici del lavoro (cioè co-
loro che vengono nominati consulenti tecnici dal giudice del lavoro, che è
l’organo giudiziario competente, o che forniscono la consulenza all’INAIL,
organo competente al riconoscimento in via amministrativa) che calco-
lano l’avvenuta esposizione per dieci anni secondo i parametri di cui alla L.
277/91. Nella L. 257/92 però non si parla di quei parametri, la legge si rife-
risce ai parametri di cui alla L. 277/91 solo all’art. 3 con funzione preven-
tiva, cioè stabilisce che per il futuro non potranno essere superati i
parametri della L. 277/91. Rispetto agli esposti però non ha una finalità sa-
nitaria preventiva ma di altro genere, legata ad un risarcimento a quei la-
voratori che si vedevano privare del loro lavoro a causa della messa al
bando dell’amianto. Il passare del tempo ha fatto dimenticare la finalità
restituiva della legge e l’ha legata a parametri sanitari non suoi propri.
La sentenza n.1243/2006 della Corte d’Appello di Firenze, datata 26.09.06,
è altamente innovativa sul piano previdenziale e recepisce la separazione
e la differenza fra le due leggi, la 257/92 e la 277/91. Afferma la sentenza
che il collegio non condivide l’opinione della Cassazione ove chiede che
vi sia esposizione ai sensi della L. 277/91 per riconoscere il diritto al moltipli-
catore mentre ritiene di applicare il principio “secondo il quale l’esposi-
zione sufficiente si debba identificare con quella apprezzabile in termini di
differenziazione da quella cui è soggetta la popolazione generale”. Ciò
per una serie di motivi. Specifica la Corte d’Appello che la L. 257/92 non
prevede una soglia di rischio, che è stata invece introdotta con la riforma
del 2003. Non averla espressamente prevista esclude che la si possa recu-
perare in via analogica, anche perché quando ha voluto, come nel 2003,
il legislatore ha ancorato i benefici previdenziali ad una soglia di rischio.
Non solo: per l’indennizzabilità da parte dell’INAIL delle malattie profes-
sionali, ove legate all’esposizione all’amianto, non è prevista una soglia di
rischio. La Corte àncora la finalità risarcitoria della legge del 1992 anche
al ritardo con il quale il legislatore italiano ha affrontato il problema
amianto, la cui potenzialità morbigena era conosciuta fin dagli anni ’30
negli USA e dagli anni ’50 in Italia e a fronte di una normativa europea del
1983 l’Italia interviene solo nel 1992 a disporre l’abbandono dell’amianto.
Si tenga conto che richiedendo, ai fini della concessione dei benefici pre-
48 Jaqueline Monica Magi
Atti Pistoia 148x210_OK 14-02-2008 12:38 Pagina 48
videnziali, il superamento di una soglia di rischio si costringono i CTU a cer-
care di ricostruire cicli di lavorazione vecchi di anni e cercare dati che
spesso non sono ricostruibili, anche perché prima del 1992 le aziende non
facevano rilevamenti né prestavano attenzione all’uso dell’amianto, per
cui molti dati non esistono né sono mai esistiti.
Questo provoca situazioni di mancanza di tutela previdenziale per tutti
quei lavoratori per i quali non è possibile ricostruire un valore soglia, a
meno che non si ricorra all’apprezzabile esposizione di cui alla sentenza
della Corte d’Appello di Firenze, che può sanare molte situazioni di ingiu-
stizia sostanziale.
Non resta ora che attendere come sarà accolta questa sentenza non
solo dal Giudice di legittimità ma anche dai giudici di merito, dai giudici
di primo grado che, nel diritto del lavoro, creano giurisprudenza vivente
quasi al pari delle più alte Corti.
Intanto mi auspico che questa sentenza porti ad un chiarimento anche
nelle pronuncie contro l’INAIL per malattie professionali, ed ovviamente
nelle rare pronunce penali, perché risulta chiaro e chiarito che la valuta-
zione dell’esistenza di una malattia professionale eziologicamente colle-
gata all’amianto è indipendente dal calcolo dei valori-soglia, poiché non
vi è aggancio alla L. 277/91 e ai suoi valori al fine della valutazione della
malattia professionale. Negare che un mesotelioma pleurico è riconduci-
bile all’amianto perché non è possibile ricostruire i valori di esposizione in
una realtà lavorativa sarà molto più difficile. Ai fini risarcitori INAIL e penali
occorre ancorarsi al nesso causale tra esposizione e malattia, ricostruire
l’ambiente di lavoro e la malattia e la correlazione fra loro ma senza ca-
dere nelle sterili ed impossibili, per il passato, misurazioni della L. 277/91.
49Jaqueline Monica Magi
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Andrea Innocenti - Resp. U.F. Madicina del lavoro (ASL 3 Pistoia)
Come messo in evidenza dai primi rapporti dell’Osservatorio Provinciale
Sicurezza e Salute nei Luoghi di Lavoro (tab. 1) le malattie professionali de-
nunciate, definite e indennizzate presso l’INAIL di Pistoia dal 1999 al 2005
(limitatamente al settore Industria Artigianato Commercio e Servizi) sono
in lieve costante diminuzione. Tuttavia se l’analogo fenomeno di lieve e
costante diminuzione nel tempo degli infortuni sul lavoro deve essere con-
siderato positivamente, relativamente alle malattie professionali sorge in-
vece il sospetto che vi sia una larga sottodenuncia. In effetti i dati
disponibili (regionali e nazionali) hanno dimostrato che quando i servizi di
prevenzione hanno messo in atto iniziative di “ricerca attiva” delle malat-
tie professionali sono state identificati molti casi di malattie sommerse.
Ed in questo senso va appunto interpretato l’aumento delle malattie de-
nunciate all’Ente assicuratore a partire dal 2001, che corrisponde al pe-
riodo in cui la USL 3 pose in atto un intervento sanitario nei confronti di
ex-esposti ad amianto di due aziende della provincia che portò alla iden-
tificazione di numerosi casi di patologia legata alla predente esposizione
lavorativa. Va da sé che, trattandosi in buona parte di placche pleuriche
(indennizzate come danno biologico), il considerevole aumento delle de-
nunce non corrispose ad un analogo e parallelo aumento di malattie in-
dennizzate. Nel tentativo di analizzare le differenti tipologie di malattia
professionale definita con indennizzo presentatesi in provincia è opportuno
fare alcune considerazioni sia su quelle maggiormente rappresentate, che
su quelle meno. Le malattie non tabellate risultano il gruppo di malattie
più indennizzato; in effetti non è dato di sapere di quali malattie si tratti, tut-
tavia dai report INAIL - Regione Toscana emerge che sono principalmente
rappresentate da ipoacusia da rumore e da patologie muscolo-scheletri-
che correlate al lavoro (tendinite, sindrome da tunnel carpale, affezioni
dei dischi intervertebrali, etc.). Queste ultime malattie da sovraccarico
biomeccanico sono la seconda causa di malattia professionale in To-
scana, ma dati precisi sulla provincia non sono disponibili in quanto nel
sito internet bancadati.INAIL vengono appunto inglobate nel grande
gruppo “malattie non tabellate” ed anche i dati ricavabili dall’archivio
MALPROF della USL sono scarsamente utilizzabili in quanto i due sistemi in-
51Andrea Innocenti
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52 Andrea Innocenti
formativi rappresentano due sistemi paralleli non sovrapponibili. Se dati
precisi non sono disponibili, si può tuttavia ragionevolmente ritenere che
anche nella provincia di Pistoia tale distribuzione non si discosti molto da
quella rilevata a livello regionale. L’ipoacusia da rumore continua ad es-
sere, come in tutta Italia, la più frequentemente denunciata e, se teniamo
conto di quanto detto per le malattie non tabellate, si può dire che il ru-
more, a distanza di 15 anni dalla entrata in vigore del D. Lgs. 277/91, non
può considerarsi una esposizione del passato e rappresenta un rischio an-
cora non sufficientemente tenuto sotto controllo.
Relativamente alle neoplasie da asbesto molta attenzione è stata posta
alla presenza in provincia di due clusters di mesoteliomi pleurici insorti in la-
voratori di 2 industrie metalmeccaniche (una di rotabili ferroviari ed una di
produzione di macchine asciugatrici per il settore tessile e cartario) in cui
oltre 25 anni fa era stato utilizzato amianto per la coibentazione e che
hanno impegnato, come già detto, la USL con i suoi servizi di prevenzione,
la pneumologia e la radiologia in un intervento di assistenza agli ex espo-
sti, mentre altri casi sono insorti in addetti alla cernita di stracci (collegati
alla industria tessile pratese). E’ indubbio che la patologia sia grave, ma
è legata ad esposizioni pregresse nel tempo di alcuni decenni per le quali
non è possibile fare alcuna attività di prevenzione, mentre è moralmente
obbligatorio mettere in atto un percorso di assistenza agli ex-esposti se-
condo quanto previsto dalla delibera G.R.T. n. 692 del 26 giugno 2001
“linee di indirizzo su sorveglianza sanitaria dei lavoratori ex esposti a can-
cerogeni occupazionali”
Passando invece ai problemi su cui è necessario intervenire con azioni di
approfondimento c’è da dire che anche a Pistoia, come nel resto della
Toscana e dell’Italia, vi è una notevole sottostima dei casi di asma profes-
sionale. Infatti i lavoratori in provincia (secondo i dati del censimento ISTAT
2001) sono 104.343 e se consideriamo fra questi una prevalenza dell’asma
del 5% possiamo stimare che circa 5200 lavoratori siano asmatici. Se te-
niamo conto che uno studio finanziato dalla Comunità Europea (l’Euro-
pean Community Respiratory Health Survey) ha messo in evidenza che nel
4-10 % degli asmatici la malattia ha rapporti con il lavoro possiamo anche
stimare che dovremmo riscontrare circa 200-520 casi di asma collegata
con il lavoro. A questo punto appare perlomeno sorprendente che dal
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1995 al 2002 l’INAIL abbia indennizzato solo 3 casi. Indubbiamente in parte
ciò è sicuramente legato da un lato ad una sottovalutazione della malat-
tia e dall’altro, altrettanto certamente, ad una mancata denuncia e se-
gnalazione della stessa agli organi preposti.
Infatti, come ha recentemente ricordato la stessa Regione Toscana nella
presentazione del quinto report della Azione Programmata LE MALATTIE
PROFESSIONALI (novembre 2006) “i dati di questo quinto anno confer-
mano la stabilizzazione del fenomeno della marcata sottonotifica ai Ser-
vizi di Prevenzione delle A.UU.SS.LL. delle denuncie di M.P., che pure
dovrebbero arrivare per obbligo di legge. Si hanno quindi tutti gli elementi
per considerare sistematico e grave il deficit informativo sul fenomeno
delle malattie professionali da parte dei Servizi di Prevenzione preposti
nelle A.UU.SS.LL. della nostra regione”. I dati relativi alla provincia di Pistoia
presentati in tab. 2 confermano appunto questo fenomeno di notevole
sottosegnalazione alle USL di malattie professionali certe o anche solo so-
spette. Un altro problema meritevole di indagine è dato dal fatto che
mentre in Italia gli adenocarcinomi nasali (rarissimo tipo di tumore profes-
sionale che insorge in lavoratori esposti a polvere di cuoio e legno che, per
le dimensioni granulometriche delle particelle stesse, si fermano nel naso)
indennizzati dall’Ente assicuratore sono in prevalenza in esposti a polvere
di legno, in Toscana abbiamo una sostanziale uguaglianza, mentre in pro-
vincia di Pistoia abbiamo una prevalenza di casi insorti in esposti a polveri
di cuoio (tab. 3). Questo potrebbe essere legato allo sviluppo che ha
avuto l’attività calzaturiera nella Val di Nievole, particolarmente in pas-
sato, ma sono necessari degli approfondimenti in tal senso.
In conclusione appare necessario, come anche affermato dalle “linee
guida tecniche ed etiche per la sorveglianza sanitaria dei lavoratori” del-
l’Ufficio Internazionale del Lavoro nel 1977, che le visite mediche e gli ac-
certamenti sanitari non siano condotti come assolvimento routinario ad
obblighi di legge, ma diventino invece un momento qualificato di preven-
zione in cui il medico competente dell’azienda, il servizio di prevenzione
della USL, il medico curante del lavoratore rivestano il ruolo di principali,
ma non unici, attori ed inizino a costruire assieme quella rete di rapporti fra
strutture sanitarie, assicurative, assistenziali etc. necessaria per il migliora-
mento delle condizioni di lavoro e della salute dei lavoratori.
53Andrea Innocenti
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54 Giuseppe Battista
Malattie professionali denunciate definite e indennizzate all’INAIL di Pistoiadalle aziende per il settore Industria Artigianato Commercio e Servizi
Tab 1
Segnalazioni/Referti USL Denunce INAIL2001 108 1912002 206 2422003 142 1842004 114 1972005 137 183
Confronto dei sistemi informativi MAL.PROF.e flussi INAIL/ISPESL/Regioni relativamente alla provincia di Pistoia
Tab 2
Adenocarcinomi nasali ‘95 ‘96 ‘97 ‘98 ‘99 ‘00 ‘01 ‘02 ‘03 ‘04 ‘05DA POLVERE DI CUOIO
Italia 4 5 8 7 8 16 3 10 9 8 8Toscana - 3 7 2 3 6 2 3 4 2 -Pistoia - - 2 2 - - - 1 - - -DA POLVERE DI LEGNO
Italia 12 18 14 6 22 19 23 27 25 20 13Toscana 1 3 2 - 5 4 5 1 2 1 3Pistoia - 1 - - - - - - 1 - 1
Casi di adenocarcinoma nasale indennizzati dall’INAILin Italia, Regione Toscana e provincia di Pistoia nel periodo 1995-2005
Tab 3
Malattie Professionali 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005Denunciate 80 94 191 242 184 197 183Definite 80 94 191 242 184 197 172Indennizzate 30 38 35 43 37 27 28Inab. temporanea 2 5 8 9 5 2 1Inab. permanente 24 31 24 31 31 23 27morte 4 2 4 3 1 2 -
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Giuseppe Battista - Università di Siena - Medicina preventiva lavoratori
1) Lavoratori immigratiI lavoratori immigrati rappresentano sicuramente oggi, anche in Italia, unelemento, per quanto necessario allo sviluppo economico del paese (1),altrettanto precario, esposto ai più diversi rischi e ricatti di natura socio-ambientale e, in larga misura, "debole".Il lavoro, tuttavia, costituisce il vincolo che legittima la loro presenza sulterritorio italiano; la loro regolarizzazione è possibile solo con rapporti di la-voro subordinato, a tempo indeterminato o determinato con la durataminima di un anno (tabella n. 1 e n. 2).
55Giuseppe Battista
Tipo di contratto %Permanente 35,9A tempo determinato 48,7Part time 11,3Formazione lavoro 4,1TOTALE 100
Lavoratori extracomunitari avviati per tipo di contratto (anno 1999)Fonte: Ministero del Lavoro
Tab 1
Qualifica %Operaio generico 77,3Operaio qualificato 17,9Operaio specializzato 2,7Impiegato 2,1TOTALE 100
Lavoratori extracomunitari avviati per qualifica del lavoro (anno 1999)Fonte: Ministero del Lavoro
Tab 2
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Le tabelle n. 4 e n. 5 sono relative agli infortuni sul lavoro rispettivamentedenunciati e mortali avvenuti nel biennio 2004-2005.
Per quanto riguarda le malattie professionali, i primi dati INAIL sono ripor-tati in tabella n. 6.
2) Il lavoro delle donneLa principale occupazione delle donne in Italia rimane tuttora quella del la-voro domestico, spesso aggiuntivo rispetto a quello professionale esterno. Latabella n. 7 riporta i dati di una stima del fenomeno degli infortuni domesticicondotta in Italia dall'ISTAT, a confronto con gli infortuni sul lavoro e gli incidentistradali.
57Giuseppe Battista
Periodi Industria & Servizi Agricoltura TOTALEFebbraio 2004 68.360 5.178 73.538Febbraio 2005 65.614 4.761 70.375
Infortuni dei lavoratori extracomunitariper settore di attività (anni 2004-2005). Fonte: INAIL
Tab 4
Periodi Industria & Servizi Agricoltura TOTALEFebbraio 2004 68 13 81Febbraio 2005 65 5 70
Casi mortali per infortunio dei lavoratori extracomunitariper settore di attività (anni 2004-2005). Fonte: INAIL
Tab 5
Periodi Industria & Servizi Agricoltura TOTALEFebbraio 2004 2.139 95 2.234Febbraio 2005 2.070 104 2.174
Malattie professionali dei lavoratori extracomunitariper settore di attività (anni 2004-2005). Fonte: INAIL
Tab 6
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Secondo la legge 3/12/99 (5), tutti coloro che hanno i requisiti richiestidalla legge devono iscriversi e versare all’INAIL il premio annuo pari a euro12,91. Lo Stato provvede a versare il premio per coloro che hanno un red-dito annuo inferiore a euro 4.648,11 o un nucleo familiare con redditocomplessivo inferiore a euro 9.296,22. I requisiti richiesti dalla legge sono:- età compresa fra 18 e 65 anni;- il lavoratore svolge il lavoro domestico per cura della propria famiglia onell'ambiente in cui dimora e non svolge altra attività lavorativa soggettaad altre forme di assicurazione obbligatoria.Rientrano nella tutela della Legge le donne, gli uomini, gli studenti e i pen-sionati, sia italiani, che europei, che extracomunitari. Sono indennizzati gliinfortuni che comportano un'invalidità permanente maggiore o ugualeal 33% con rendita mensile esentasse per tutta la vita in misura proporzio-nale all'invalidità subita; non sono, invece, indennizzati gli infortuni mortali,le malattie, il danno biologico e gli infortuni occorsi fuori dal territorio ita-liano. La tabella n. 8 riporta il numero degli iscritti, delle richieste di presta-zione e i casi indennizzati dall'INAIL nel triennio 2001 - 2003.
58 Giuseppe Battista
ANNO 2002 ANNO 2001 ANNO 2002(Fonte INAIL) (Fonte ISTAT) (Stima ISTAT)Infortuni sul lavoro Incidenti stradali Infortuni domestici967.785 237.812 1.800.000
Casi mortali1.427 6.736 6.000
Stima del fenomeno infortuni domestici-infortuni sul lavoro-incidenti stradali
Tab 7
2001 2002 2003Iscrizioni 1.306.009 1.727.761 1.842.479Richiesta di prestazioni 383 798 407Casi in rendita 30 19 0
INAIL: iscrizioni, richiesta prestazioni, casi di rendita (anni 2001 - 2003)
Tab 8
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È evidente lo scarso numero delle prestazioni erogate a fronte della obbli-gatorietà della iscrizione. Il bilancio dell'assicurazione risulta inevitabil-mente in forte attivo.Alcune indagini da noi condotte in realtà specifiche (Ospedale "Le Scotte"di Siena) confermano l'incidenza elevata degli infortuni domestici. All’in-terno di questo gruppo forse occorre aggiungere almeno una parte delle"violenze altrui" (tabella n. 9).
2.1) Professioni "tipicamente" femminili sono quelle tradizionali "di aiuto".Le tabelle n. 10 e n. 11 riportano i dati riassuntivi delle principali patologieriscontrate nel personale infermieristico dell'ospedale di Siena (562 maschie 1.406 femmine). Degne di nota, come prevalenti nel sesso femminile,sono le patologie contrassegnate con "asterisco" (*).
59Giuseppe Battista
Causa Num.Infortunio sul lavoro 12.868Incidente stradale 10.994Incidente in ambiente domestico 6.499Violenza altrui 1.521Intossicazione 403Incidente sportivo 154Morso animale 11Altro tipo di incidente 166.318TOTALE 199.766
Episodi registrati presso la U.O.C.pronto soccorso (Siena) dal 1999 al 2005
Tab 9
Patologie nr. Maschi % Femmine %Tumori maligni 28 4 2,26 24 3,66
Dermatite da contatto 48 1 0,56 47 7,19
Principali patologie organiche riscontratenel personale infermieristico dell’Ospedale di Siena
Tab 10
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Occorre, inoltre segnalare come problemi di carattere psicologico "grave"(che hanno richiesto terapia specialistica) siano altresì presenti tra questelavoratrici (tabella n. 12).Verosimilmente, la sindrome del "Burn-out" (vedi tabella n. 13) rappresenta- per così dire - l'anticamera o sicuramente un fattore scatenante o con-causale delle patologie psichiatriche vere e proprie. Certamente, "l'esau-rimento emotivo" e la "depersonalizzazione" costituiscono la triste presa dicoscienza delle conseguenze di un lavoro che all'inizio era stato sicura-mente vissuto come capace di fornire occasione di elevata realizzazionepersonale.
60 Giuseppe Battista
Patologie nr. Maschi % Femmine %Scoliosi* 32 2 1,13 30 4,59Artrosi del rachide* 47 6 3,39 41 6,27Dislocazionedel disco invertebrale 146 31 17,50 115 17,50Sindromepostlaminectomia 3 3 0,46Entesopatiescapolo-omerali 24 2 1,13 22 3,36Sindromedel tunnel carpale* 16 2 1,13 20 3,05
Principali patologie osteo-articolari riscontratenel personale infermieristico dell’Ospedale di Siena
Tab 11
Patologie nr. Maschi % Femmine %Stati di ansiadepressione neurotica 28 2 1,13 26 3,97
Psicosi affettive 3 3 0,46
Principali patologie psichiche riscontratenel personale infermieristico dell’Ospedale di Siena
Tab 12
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3) ConclusioniNel nostro paese, la presenza dei lavoratori immigrati è in crescita co-stante e una società civile e moderna non può fare a meno del loro ope-rato. La loro formazione professionale e il loro inserimento nelle struttureproduttive non può prescindere dalle informazioni e dalle tutele che ven-gono fornite ai lavoratori autoctoni.Il lavoro delle donne include, spesso, sia il lavoro domestico che quellosvolto al di fuori dell'abitazione, perciò si può affermare che esse svolgonoun "doppio" lavoro. In base alla forte prevalenza di manodopera femmi-nile nel settore, sarebbe necessario migliorare e valorizzare le condizioni dilavoro soprattutto per quel che riguarda le professioni "di aiuto".
Bibliografia1. Ambrosini M. (1999), Utili invasori. L'inserto degli immigrati nel mercato del lavoro ita-
liano, Angeli, Milano.
2. Sestito P. (2002), Il mercato del lavoro in italia. Com' è, come sta cambiando, Laterza,
Roma-Bari.
3. Ambrisini M. (2002), Una risposta alla discriminazione e all'esclusione sociale: la forma-
zione professionale per gli immigrati stranieri, in Lucani A. (a cura di), Politiche del la-
61Giuseppe Battista
Maschi FemmineEsaurimento emotivo Basso 35 84
Medio 24 67
Alto 46 145
Depersonalizzazione Basso 26 125
Medio 37 69
Alto 42 102
Realizzazione personale Basso 22 66
Medio 33 77
Alto 50 153
Totale Infermieri 105 296
Numero di soggetti per sesso tra i dipendentinelle tre dimensioni del “burn-out”
Tab 13
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voro. Linee di ricerca e prove di valutazione, Angeli, Milano.
4. Berti F., de Vita R. (2001), Politiche attive per il lavoro e integrazione sociale dei sog-
getti deboli nella realtà senese, in "Sociologia del lavoro", n. 78-79.
5. Legge 3 dicembre 1999, n. 493: "Norme per la tutela della salute nelle abitazioni e isti-
tuzione dell'assicurazione contro gli infortuni domestici"; pubblicata nella Gazzetta Uffi-
ciale n. 303 del 28 dicembre 1999.
Priorità nella ricerca scientifica ed epidemiologica:legami con la prevenzioneBattista Giuseppe1, Barbagli Francesca2, Miceli Giovanni Battista 1, DeVuono Giulia1
1 Dipartimento di Farmacologia “G. Segre” - Università degli Studi di Siena2 Scuola di Specializzazione in Medicina del Lavoro - Università degli Studidi Siena
RiassuntoVengono esposte le linee programmatiche e metodologiche che dovreb-bero essere alla base dei progetti di ricerca applicata alla prevenzionedegli infortuni e delle patologie professionali.“Creare una nuova cultura non significa solo fare individualmente dellescoperte originali: significa anche e specialmente diffondere criticamentedelle verità già scoperte, “socializzarle”, per così dire e pertanto farle di-ventare base di azioni vitali, elemento di coordinamento e di ordine intel-lettuale e morale”.Recenti autorevoli richiami hanno sottolineato la necessità di incremen-tare la prevenzione nei luoghi di lavoro che deve tenere conto delle tra-sformazioni del lavoro in atto nel nostro paese, con particolare riguardo aifenomeni dell’immigrazione, del lavoro nero e del precariato (1).Esiste nel nostro paese un vasto patrimonio di conoscenze scientifiche e diattività di ricerca che devono essere valorizzate e ricondotte ad organi-cità di intervento; l’attività di controllo e di repressione da parte delle isti-tuzioni deve essere affiancata da proposte “di promozione e di sostegnoalla prevenzione” (2). Tali risorse, sono presenti anche nelle Università, chedevono nuovamente diventare istituzioni inserite nel mondo del lavoro esviluppare contatti abituali con il resto delle strutture di prevenzione, curae riabilitazione.L’interdisciplinarietà e la promozione delle attività di prevenzione primarianei luoghi di lavoro costituiscono un momento centrale in questo mo-
62 Giuseppe Battista
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mento particolare della vita sociale del nostro paese, che si caratterizza,tra l’altro, per scarsità di risorse economiche ed urgenza di problemi socialiirrisolti ed in via di tumultuosa evoluzione.Le urgenze “sociali” impongono al momento attuale di privilegiare la ri-cerca che fornisca risultati tangibili in breve termine (progetti obiettivo perambiti territoriali, per comparti produttivi o per problemi) e che prevedanoil coinvolgimento di tutte le strutture sanitarie del territorio e delle parti so-ciali, promuovendo il consenso e la partecipazione quali garanzie di cam-biamento e di capacità di intervento nel tempo (2).I piani di ricerca dovrebbero essere tendenzialmente uniformi su tutto ilterritorio nazionale, con specifici riferimenti ai problemi di particolari settoriindustriali o a problemi di interesse rilevante in determinati ambiti territoriali(infortuni mortali e gravi, tumori professionali, mesoteliomi e tumori polmo-nari da amianto, tumori vescicali, disagio lavorativo, “mobbing”, etc.).Una notevole attenzione deve essere riservata alla ricerca di soluzioni chegarantiscano il maggior livello possibile di tutela dei lavoratori disabili, siasul piano giuridico, che della riabilitazione e del reinserimento al lavoro enella società, senza trascurare i complessi aspetti del sostegno e della ca-pacità di recupero psico-sociale. Aspetti di particolare interesse, non sce-vri di difficoltà pratiche operative sono inerenti alla astensione della tuteladel lavoro degli extracomunitari (3). Argomenti emergenti che interessanol’intera comunità sono rappresentati dai temi della difesa della salute nellestrutture sanitarie, laddove l’obiettivo di “un ospedale sicuro” riguarda nonsolo la prevenzione delle malattie infettive (epatite C, AIDS, Tubercolosi,ecc.) (4, 5, 6), ma anche un livello di qualità superiore che comprenda gliaspetti psicologici dell’intera assistenza sanitaria (prevenzione del “Burn-out” (7), del fenomeno del Mobbing (8), ecc.); tale tematica non è estra-nea a quella dell’accreditamento e della certificazione delle strutturesanitarie (9).È necessario altresì che i programmi di ricerca riconoscano un orienta-mento uniforme di carattere nazionale, con le opportune integrazioni daparte delle strutture regionali e delle sedi universitarie. Tali programmi de-vono essere sottoposti a interventi di verifica “in progress”; devono esserefavoriti gli aspetti interdisciplinari, i prospetti multicentrici, quelli svolti in col-laborazione con le strutture del SSN e con le parti sociali.È chiaro che tali prospettive comportano un cambiamento sostanziale dimentalità e di direzione “politica” sia all’interno delle istituzioni di ricercache del governo e delle istituzioni dello stato. Anche i piani didattici che
63Giuseppe Battista
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sono inerenti al personale devono introdurre elementi di formazione al la-voro integrato e di gruppo. In sintesi, principi fissati nella Legge di RiformaSanitaria 833/78 (prevenzione, cura, riabilitazione, uniformati dalle presta-zioni sull’intero territorio nazionale, ecc.) (10) devono ritornare al centrodella vicenda sanitaria del nostro paese per quanto riguarda la ricercascientifica.
Bibliografia1. Berti A.: L’immigrazione straniera in Provincia di Siena. Protagon editori - Siena, 2004.
2. Sartorelli E., Battista G., Marri G., et al.: Trattato di Medicina del lavoro.
Piccin Editore - Padova, 1981.
3. Circolare INAIL n. 7 del 27 febbraio 2007: Lavoratori italiani operanti in Paesi extraco-
munitari: Assicurazioni obbligatorie non previste da accordi di sicurezza sociale. Retri-
buzioni convenzionali per l’anno 2007.
4. IARC Monographs on the Evaluation of Carcinogenic Risks to Humans: Hepatitis Viru-
ses. 201-202; vol. 59, 1994.
5. Decreto Ministeriale 28 Settembre 1990: “ Norme di protezione dal contagio profes-
sionale da HIV nelle strutture sanitarie ed assistenziali pubbliche e private”. Gazzetta Uf-
ficiale n. 235 del 8 ottobre 1990.
6. Linee guida per il controllo della malattia tubercolare, su proposta del Ministro della
Sanità, ai sensi dell’art. 115, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 31 marzo 1998,
n. 112.
http://www.ministerosalute.it/imgs/C_17_pubblicazioni_615_allegato.pdf - 21/03/07.
7. Douglas M.: Come percepiamo il pericolo (antropologia del rischio). Campi del sa-
pere, Feltrinelli 1991.
8. Gilioli R., Campanini P., Fichera GP., Punzi S., Cassitto MG.: Emergine aspects of psy-
chosocial risks: violence and harassment at work. Med Lav. 2006 Mar-Apr; 97(2):160-4.
9. Decreto Legislativo 19 giugno 1999, n. 229: "Norme per la razionalizzazione del Servi-
zio sanitario nazionale, a norma dell'articolo 1 della legge 30 novembre 1998, n. 419".
Gazzetta Ufficiale n. 165 del 16 luglio 1999.
10. Legge 23 di cembre 1978, n. 833 "Istituzione del servizio sanitario nazionale". Gazzetta
Ufficiale n. 360 del 28 dicembre 1978.
64
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Atti a curadell’Ufficio Comunicazione e Relazioni Esterne ANMIL
Direzione GeneraleTel. 06 54196201/5/8
Stampato nel 2008Tipografia Sograro Roma
Impaginazione e graficaEleonora Lo Nigro
Ufficio grafico ANMIL
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Sezione ANMIL di PistoiaVia Petrini, 10 - tel. 0573.22237
Numero Verde 800.864173www.anmil.it
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