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Prof. Piero Scotto - Corso di Elettrotecnica pag. 1 Corso di Elettrotecnica Generale Capitolo 1 - I circuiti elettrici 1 - Costituzione della materia ed origine dei fenomeni elettrici pag. 3 2 - Interazioni tra cariche elettriche; Legge di Coulomb pag. 5 3 - Generatore elettrico pag. 6 4 - Tensione elettrica pag. 8 5 - Corrente elettrica pag. 9 6 - Convenzioni sulla corrente e sui potenziali elettrici pag. 12 7 - Resistenza elettrica; Legge di Ohm pag. 14 8 - Resistività dei materiali; Calcolo della resistenza dei conduttori pag. 18 9 - Influenza della temperatura sulla resistenza elettrica pag. 19 Capitolo 2 - Reti elettriche 1 - Generalizzazione della legge di Ohm pag. 20 2 - Principi di Kirchhoff pag. 23 3 - Raggruppamento in serie di più resistenze pag. 26 4 - Raggruppamento in parallelo di più resistenze pag. 27 5 - Reti serie-parallelo e reti stella-triangolo; Metodo passo-passo pag. 28 Capitolo 3 - Analisi delle reti in regime stazionario 1 - Reti elettriche come reti di bipoli pag. 29 2 - Analisi delle reti mediante i principi di Kirchhoff pag. 32 3 - Teorema di Millman pag. 33 4 - Metodo della sovrapposizione degli effetti pag. 34 5 - Principio del generatore equivalente pag. 36 6 - Teorema di Thévenin pag. 37 7 - Teorema di Norton pag. 39 Capitolo 4 - Potenza elettrica 1 - Potenza ed energia pag. 40 2 - Potenza elettrica pag. 41 3 - Legge di Joule pag. 42 4 - Bilancio delle potenze nei generatori pag. 43 5 - Potenza assorbita da una f.c.e.m. pag. 45 Capitolo 5 - Elettrostatica 1 - Il campo elettrico pag. 46 2 - Condensatori elettrici; Capacità elettrostatica pag. 51 3 - Capacità del condensatore piano pag. 53 4 - Transitori di carica e scarica pag. 57 6 - Energia accumulata nel campo elettrico pag. 59 Capitolo 6 - Elettromagnetismo 1 - I fenomeni magnetici pag. 60 2 - Campi magnetici prodotti da correnti elettriche pag. 61 3 - Fenomeno dell'induzione elettromagnetica; Il flusso magnetico pag. 65 4 - Densità di flusso o vettore induzione B pag. 67 5 - F.e.m. indotta nei conduttori in moto nel campo magnetico pag. 68 6 - Fenomeni d’autoinduzione; Energia del campo magnetico pag. 70 7 - Fenomeni di mutua induzione pag. 74

Corso Di Elettrotecnica Revisione n 1 Di Piero Scotto

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Corso Di Elettrotecnica

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  • Prof. Piero Scotto - Corso di Elettrotecnica pag. 1

    Corso di Elettrotecnica Generale

    Capitolo 1 - I circuiti elettrici

    1 - Costituzione della materia ed origine dei fenomeni elettrici pag. 3 2 - Interazioni tra cariche elettriche; Legge di Coulomb pag. 5 3 - Generatore elettrico pag. 6 4 - Tensione elettrica pag. 8 5 - Corrente elettrica pag. 9 6 - Convenzioni sulla corrente e sui potenziali elettrici pag. 12 7 - Resistenza elettrica; Legge di Ohm pag. 14 8 - Resistivit dei materiali; Calcolo della resistenza dei conduttori pag. 18 9 - Influenza della temperatura sulla resistenza elettrica pag. 19

    Capitolo 2 - Reti elettriche

    1 - Generalizzazione della legge di Ohm pag. 20 2 - Principi di Kirchhoff pag. 23 3 - Raggruppamento in serie di pi resistenze pag. 26 4 - Raggruppamento in parallelo di pi resistenze pag. 27 5 - Reti serie-parallelo e reti stella-triangolo; Metodo passo-passo pag. 28

    Capitolo 3 - Analisi delle reti in regime stazionario

    1 - Reti elettriche come reti di bipoli pag. 29 2 - Analisi delle reti mediante i principi di Kirchhoff pag. 32 3 - Teorema di Millman pag. 33 4 - Metodo della sovrapposizione degli effetti pag. 34 5 - Principio del generatore equivalente pag. 36 6 - Teorema di Thvenin pag. 37 7 - Teorema di Norton pag. 39

    Capitolo 4 - Potenza elettrica

    1 - Potenza ed energia pag. 40 2 - Potenza elettrica pag. 41 3 - Legge di Joule pag. 42 4 - Bilancio delle potenze nei generatori pag. 43 5 - Potenza assorbita da una f.c.e.m. pag. 45

    Capitolo 5 - Elettrostatica

    1 - Il campo elettrico pag. 46 2 - Condensatori elettrici; Capacit elettrostatica pag. 51 3 - Capacit del condensatore piano pag. 53 4 - Transitori di carica e scarica pag. 57 6 - Energia accumulata nel campo elettrico pag. 59

    Capitolo 6 - Elettromagnetismo

    1 - I fenomeni magnetici pag. 60 2 - Campi magnetici prodotti da correnti elettriche pag. 61 3 - Fenomeno dell'induzione elettromagnetica; Il flusso magnetico pag. 65 4 - Densit di flusso o vettore induzione B pag. 67 5 - F.e.m. indotta nei conduttori in moto nel campo magnetico pag. 68 6 - Fenomeni dautoinduzione; Energia del campo magnetico pag. 70 7 - Fenomeni di mutua induzione pag. 74

  • Prof. Piero Scotto - Corso di Elettrotecnica pag. 2

    8 - Le forze elettromagnetiche pag. 76 9 - Forze elettrodinamiche pag. 78

    Capitolo 7 - Propriet magnetiche della materia - Circuiti magnetici

    1 - Curve di magnetizzazione del ferro pag. 79 2 - Isteresi magnetica e perdite nel ferro pag. 80 3 - Nuclei magnetici per flussi alternativi pag. 81 4 - Circuiti magnetici; Forza magnetomotrice; Riluttanza pag. 82

    Capitolo 8 - Grandezze alternate sinusoidali

    1 - Generalit sulle correnti alternate e loro rappresentazione pag. 83 2 - Generazione delle correnti alternate pag. 86 3 - Relazioni di fase; Somma e differenza fra grandezze alternate pag. 87 4 - Valore efficace e valore medio di correnti e tensioni alternate pag. 90 5 - Rappresentazione simbolica di grandezze sinusoidali pag. 92

    Capitolo 9 - Funzionamento dei circuiti a corrente alternata

    1 - Circuiti ohmico-induttivi pag. 94 2 - Circuiti ohmico-capacitivi pag. 97 3 - Impedenze in serie pag. 100 4 - Impedenze in parallelo; Ammettenza pag. 102 5 - Circuiti con resistenza, induttanza e capacit; Risonanza pag. 103 6 - Fenomeni di mutua induzione fra circuiti a corrente alternata pag. 109

    Capitolo 10 - Potenza nei circuiti a corrente alternata

    1 - Potenza istantanea e potenza attiva pag. 110 2 - Potenza associata ad una corrente in fase con la tensione pag. 111 3 - Potenza associata ad una corrente in quadratura con la tensione;

    Potenza reattiva pag. 112 4 - Potenza associata ad una corrente comunque sfasata rispetto alla tensione;

    Potenza apparente; Fattore di potenza pag. 113 5 - Composizione delle potenze attive, reattive e apparenti; Metodo delle potenze pag. 115 6 Rifasamento pag. 117

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    Capitolo 1 - I circuiti elettrici Costituzione della materia ed origine dei fenomeni elettrici

    Tutti i fenomeni elettrici derivano dalle forze che interagiscono fra alcune delle

    particelle che sono presenti negli atomi della materia. Tali particelle sono i protoni e gli elettroni. Esse costituiscono le cariche elettriche elementari, denominate positive e negative.

    Le cariche elettriche hanno la seguente propriet:

    "cariche deguale segno si respingono, di segno opposto si attraggono" Inoltre: tutte le azioni che sono emanate da una carica positiva, sono eguali ed

    opposte a quelle che sarebbero prodotte da una carica negativa, considerate nelle stesse condizioni.

    Ne segue che ogni corpo in cui siano compenetrate cariche elettriche positive e

    negative in eguale numero non rilevano all'esterno alcuna delle propriet specifiche delle cariche elementari che lo costituiscono, in pratica si presenta elettricamente neutro.

    Quando invece si trovano raggruppate cariche elettriche positive e negative in numero diverso, il complesso presentano le propriet delle cariche elementari di maggior numero, e si dice allora che il corpo elettrizzato.

    Un atomo pu essere concepito come un minuscolo sistema solare (modello di Bohr, si veda il fisico danese in foto): nel centro dell'atomo, al posto del sole, si trova il nucleo; intorno allo stesso ruotano, a distanze diverse, come i pianeti intorno al sole, gli elettroni.

    Oltre al protone e all'elettrone esiste una terza particella costitutiva

    della materia, che chiamata neutrone in quanto essa elettricamente neutra.

    La prima orbita elettronica sempre occupata al massimo da due soli elettroni; la seconda orbita invece pu raggiungere il numero massimo di otto elettroni; le eventuali altre orbite successive sono tali da contenere sempre un ben determinato numero delettroni, completato il quale si passa a un'altra orbita, fino all'ultima che potr essere completa o incompleta secondo i casi.

    Naturalmente, ogni corpo si presenta elettricamente neutro, poich ciascuno dei suoi atomi formato da tanti elettroni quanti sono i protoni del nucleo.

    In condizioni opportune per ad un atomo elettricamente neutro pu essere sottratto uno o pi elettroni satelliti.

    In tal caso l'atomo si presenter elettrizzato positivamente poich vengono a prevalere

    in esso le cariche positive del nucleo rispetto alle cariche negative periferiche. Si dir quindi che un corpo elettrizzato positivamente quando ad esso sia stato

    sottratto un certo numero di elettroni: invece elettrizzato negativamente ogni corpo il quale poser un certo numero di elettroni in eccesso.

    La carica elettrica o quantit delettricit di un corpo sempre data dall'eccesso Q di cariche elettriche positive o negative che esso contiene, rimanendo sottinteso il fatto che in ogni corpo allo stato neutro esiste sempre un eguale numero di cariche positive e

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    negative.

    Ai fini delle applicazioni pratiche di grande importanza la possibilit di realizzare facilmente il trasferimento delle cariche dal punto in cui sono liberate ad un altro, oppure la possibilit opposta di impedire lo spostamento delle cariche stesse.

    Entrambe queste possibilit sono sfruttate nella tecnica utilizzando, nel primo caso, i cosiddetti materiali conduttori, e nel secondo i materiali isolanti.

    I materiali conduttori

    Si denotano, con il nome di conduttori, quei corpi che si lasciano facilmente attraversare dalle cariche elettriche e sono capaci di guidarle secondo determinati percorsi utili.

    I materiali conduttori, e in particolare i metalli, sono caratterizzati dalla presenza, al loro interno, di un certo numero delettroni liberi, in altre parole, totalmente svincolati dai rispettivi nuclei.

    Ci reso possibile dal fatto che nei metalli alcuni elettroni periferici vengono a trovarsi in zone interatomiche in cui le azioni esercitate su di essi dai nuclei circostanti si elidono a vicenda: gli elettroni presenti in tali zone possono cos muoversi liberamente e dare luogo al fenomeno della conduzione.

    I materiali isolanti Si denotano con il nome disolanti quei corpi attraverso cui l'elettricit non pu

    trasmettersi e propagarsi, e perci sono impiegati a sostenere i conduttori delle macchine elettriche, delle linee e degli apparecchi, affinch le stesse cariche che li attraversano non abbiano a disperdersi.

    I materiali semiconduttori Oltre ai materiali conduttori e agli isolanti, nella tecnica sono ampiamente utilizzati

    anche i materiali semiconduttori, cos chiamati per le loro propriet intermedie fra i conduttori e gli isolanti.

    Interazioni tra cariche elettriche La legge di Coulomb Come si gi osservato, la propriet fondamentale dei corpi elettrizzati quella di dar

    luogo a reciproche azioni repulsive o attrattive a seconda che le cariche da essi portate siano dello stesso segno o di segno contrario: a questi tipi di interazione, data la loro particolare origine, viene dato il nome di forze elettriche.

    Lo scienziato francese Charles-Augustin de Coulomb, adottando la bilancia di torsione, da lui stesso inventata per la misura delle forze, mise in luce che queste forze (chiamate anche forze coulombiane) sono tanto pi intense quanto maggiori sono le quantit delettricit portate dall'uno o dall'altro dei corpi elettrizzati; variano notevolmente al variare della distanza che separa i corpi elettrizzati e sono influenzate dal mezzo fisico che circonda i corpi elettrizzati.

    Egli arriv allenunciazione della seguente legge sperimentale (legge di Coulomb):

    "Due cariche elettriche puntiformi Q1 e Q2 si

    attraggono (se di segno contrario) o si respingono (se dello stesso segno) con una forza F che proporzionale al prodotto dei loro valori ed

    inversamente proporzionale al quadrato della distanza d che le separa"

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    Questa legge trova la sua espressione matematica in una formula del tipo:

    Il valore numerico della costante di proporzionalit K (costante di Coulomb) dipende

    dalle unit di misura adottate per la forza, per la distanza e per le cariche. E' importante osservare, che in ogni caso la costante K dipende anche dalla natura del

    mezzo fisico che circonda e separa le due cariche elettriche. Per quanto riguarda la misura delle quantit di elettricit Q, essendo in pratica molto

    scomoda esprimersi per mezzo del numero, sempre straordinariamente grande, delle cariche elementari che partecipano ai fenomeni di elettrizzazione, si preferisce adottare come unit di misura non gi la carica elementare, ma una quantit multipla di essa che viene denominata coulomb (C).

    Generatore elettrico

    Un generatore elettrico pu essere considerato come un sistema capace di separare e

    mettere in movimento, nei conduttori di cui formato, un certo numero degli elettroni liberi presenti. Indipendentemente dalla loro struttura costruttiva reale i generatori elettrici possono essere schematizzati come in figura 1.

    Lungo il circuito interno del generatore hanno sede e si sviluppano delle forze Fe le

    quali tendono a dislocare gli elettroni liberi fra i due punti estremi A e B di tale circuito, chiamati poli o morsetti del generatore.

    Sulla superficie esterna del polo B si realizza un addensamento delettroni in eccesso, mentre sulla superficie del polo A si rende libera uneguale quantit di cariche elementari positive.

    Il dislocamento degli elettroni cessa quando le azioni intrinseche Fe del generatore sono equilibrate dalle azioni attrattive F che vengono a manifestarsi nel verso opposto, secondo la legge di Coulomb, fra le cariche positive e negative separate.

    L'aspetto pi importante di questo processo rappresentato dal fatto che ad ogni elettrone che viene spostato dal polo positivo al polo negativo viene conferita una certa energia potenziale: questenergia equivale al lavoro sviluppato dalle forze Fe del generatore per dislocare tal elettrone vincendo le forze coulombiane di richiamo.

    L'energia potenziale che si rende disponibile ai morsetti del generatore tale da permettere, agli elettroni che vengono dislocati fra un morsetto e l'altro del circuito interno, di percorrere poi un circuito esterno che venga direttamente allacciato al generatore, come in figura 2.

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    Nel circuito esterno che conterr l'apparecchio utilizzatore U, potr allora instaurarsi

    una corrente elettrica, in altre parole uno scorrimento continuo di cariche sostenuto dalle forze interne del generatore Fe il quale sospinge con continuit gli elettroni di conduzione mano a mano che essi abbandonano il morsetto negativo B e rientrano nel morsetto positivo A.

    Questo processo continuo di scorrimento delle cariche, reso possibile dal fatto che

    quando un certo numero delettroni lascia il morsetto B per attraversare il circuito esterno e rientrare nel morsetto A, si determina una riduzione delle forze coulombiane di reazione F (perch cala il numero delle cariche dislocate sui morsetti), con la conseguenza che le forze intrinseche del generatore Fe tornano a prelevare e a produrre lo spostamento daltrettanti elettroni nel circuito interno dal morsetto A al morsetto B.

    Il movimento delle cariche elettriche attraverso un circuito utilizzatore non pu avvenire liberamente, ma soltanto a spese di una certa quantit denergia, poich in ogni apparecchio utilizzatore sempre sottratta una certa energia agli elettroni che lo attraversano, per essere trasformata in quelle altre forme denergia che caratterizzano lo specifico modo di funzionare dell'utilizzatore stesso.

    Forza elettromotrice del generatore La grandezza che caratterizza l'attitudine di un generatore elettrico a fornire quantit

    denergia pi o meno grandi alle cariche denominata: "forza elettromotrice (f.e.m.) del generatore"

    Con questa grandezza (indicata col simbolo E) si vuole rappresentare la quantit di energia che fornita, dal generatore, alla carica di valore unitario.

    Il numero che esprime il valore della f.e.m. altro non , che il numero di joule che quel generatore in grado di fornire ad ogni coulomb che spostato da un morsetto all'altro.

    La f.e.m. rappresenta con ci anche la misura del lavoro che il generatore compie per dislocare, lungo il suo circuito interno, la carica unitaria da un polo all'altro.

    L'unit di misura della f.e.m. il joule/coulomb. Questunit denominata volt in onore del fisico italiano

    Alessandro Volta e indicata col simbolo V. Essa definita dalla seguente relazione:

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    Tensione elettrica [rivedere] Nel linguaggio scientifico chiamato potenziale elettrico di un punto "il valore

    dell'energia potenziale posseduta dalla carica unitaria dislocata in quel punto". Il simbolo del potenziale elettrico V. La sua formula di definizione espressa dal rapporto

    Tra il valore dell'energia potenziale W posseduta dalla carica e il valore della carica

    stessa. Secondo la definizione l'unit di misura del potenziale ancora il joule/coulomb e cio

    il volt. Si dir pertanto che: "il potenziale di un assegnato punto P, di un circuito elettrico ha il

    valore Vp=120V quando l'energia posseduta dalla carica di 1C concentrata in tale punto P di 120J"

    Il significato di questa grandezza fisica molto importante. Il potenziale elettrico esprime, infatti, una misura del contenuto energetico di una

    carica che si trova dislocata in un determinato punto. Il contenuto denergia sar maggiore se la carica dislocata in punti a potenziale pi

    alto, sar invece minore se i punti in cui la medesima carica si trova a potenziale pi basso.

    Si pu dire quindi che l'energia di una carica elettrica dipende sia dal valore Q di tale carica, che dal valore del potenziale V che si riscontra nel punto in cui la carica si trova.

    La relazione per il calcolo di questenergia si ricava dalla precedente formula ed ha la forma

    Quando i potenziali elettrici VA e VB di due qualsiasi punti A e B sono fra loro diversi,

    la differenza VAB = VA - VB

    E chiamata differenza di potenziale (d.d.p.) fra i due punti, o tensione elettrica. La tensione fra due punti rappresenta in tal modo la quantit denergia che ceduta

    dalla carica unitaria che passa dal primo al secondo punto, o anche il lavoro che eseguito dalla carica unitaria. Per questo, l'energia W che ceduta da una carica di valore Q che si sposta fra i punti A e B sar espressa dalla relazione

    W = VAB Q

    In un generatore l'effetto ultimo delle azioni interne quello di mantenere i due poli a

    potenziale di valore diverso, creando fra essi una tensione che equivale al valore della f.e.m., e cio al valore dellenergia che tali azioni interne forniscono alla carica unitaria.

    Ne segue che: "la forza elettromotrice di un generatore misurata dalla differenza di potenziale che essa determina e mantiene fra i due poli del generatore"

    Corrente elettrica

    Un movimento ordinato di cariche elettriche attraverso un dato mezzo fisico,

    chiamato corrente elettrica. Ogni complesso di conduttori comunque collegati a generatori e a utilizzatori

    costituisce un circuito elettrico. Il circuito cos definito sede di una corrente ogni qualvolta esso chiuso, e cio ogni

    qualvolta realizzata in esso la continuit metallica fra tutti gli elementi che lo compongono.

    Se tale continuit viene a mancare, il circuito si dice aperto e nessuna corrente pu instaurarsi in esso.

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    Il movimento di migrazione delle cariche elettriche lungo un circuito interessato da

    corrente pu presentarsi con caratteristiche duniformit e costanza nel tempo: in questo caso la corrente definita come continua.

    Si parla invece di corrente variabile quando la circolazione degli elettroni non si realizza in modo uniforme e costante.

    In ogni caso, il movimento degli elettroni in seno ai conduttori metallici sempre tale che da ogni elemento di volume esce da una parte tanti elettroni quanti nentrano da un'altra (legge della continuit). Perci ogni sezione dell'intero circuito chiuso percorso da corrente deve essere attraversato, nello stesso intervallo, da uno stesso numero delettroni, ossia dalla stessa quantit delettricit.

    "La maggiore o minore intensit di corrente elettrica, pu essere definita mediante la

    quantit delettricit che attraversa una qualsiasi sezione del circuito nel tempo unitario" Poich la quantit di elettricit si misura in coulomb, l'intensit di corrente risulta

    allora definita dal numero di coulomb che attraversa ogni sezione del circuito nel tempo di un secondo, e la sua unit diventa il coulomb al secondo.

    Questunit stata denominata col nome ampere e indicata col simbolo A.

    Se una sezione qualunque di un circuito elettrico attraversata, in un certo tempo di

    t secondi, da una quantit di carica di Q coulomb, si dir che il circuito percorso da una corrente elettrica la cui intensit I, espressa in ampere, data dal rapporto

    tQI =

    Inversamente, se un circuito percorso dall'intensit di I ampere, tutte le sezioni del

    circuito vengono attraversate nel tempo di t secondi da un numero di coulomb espresso

  • Prof. Piero Scotto - Corso di Elettrotecnica pag. 9

    dal prodotto

    Rappresentazione cartesiana della corrente continua i(t) in funzione del tempo

    Le due relazioni sopra descritte implicano che l'intensit di I resti costante per tutto

    l'intervallo t, che si tratti perci di una corrente continua, come quella rappresentata in figura.

    In questa figura facile controllare che l'area delimitata dall'intervallo t fornisce una

    rappresentazione della quantit delettricit Q. Rappresentazione cartesiana della corrente alternata i(t) in funzione del tempo

    Qualora invece la corrente sia di tipo variabile, la sua intensit non assume pi un

    valore costante I, ma si presenta diversa da un istante all'altro, come nell'esempio riportato in figura.

    Anche in questo caso l'area sottostante alla curva della corrente i(t) delimitata

    dall'intervallo di tempo t rappresenta la quantit di elettricit Q che fluisce durante questo intervallo entro il circuito.

    Se si esegue il rapporto tra tale area e la base t si ottiene la corrente media I relativa all'intervallo t considerato: il significato che assume la intensit media quello di una corrente continua e costante che nell'intervallo t capace di trasportare la stessa quantit di elettricit Q che effettivamente trasportata dalla corrente variabile i(t).

  • Prof. Piero Scotto - Corso di Elettrotecnica pag. 10

    Nella pratica applicativa, si presenta spesso la necessit di controllare come si distribuisce il flusso degli elettroni all'interno di un filo conduttore percorso da corrente.

    A tal fine presa in considerazione la densit di corrente, definita dal rapporto fra la corrente I che attraversa la sezione S del conduttore e la sezione stessa.

    La densit di corrente rappresenta il numero di ampere che attraversa ogni unit di

    sezione del conduttore: nelle normali applicazioni di calcolo essa espressa usualmente in ampere al millimetro quadrato (A/mm2).

    Negli ordinari circuiti, la densit di corrente deve essere mantenuta al disotto dei 3 A/mm2 per evitare forti riscaldamenti del conduttore.

    Il fisico francese Ampere

    Convenzioni sulla corrente e sui potenziali elettrici In tutti i fenomeni elettrici facile riscontrare che le cariche elettriche negative

    determinano sempre o subiscono effetti uguali ma di segno opposto a quelli determinati o subiti dalle cariche positive. Da questa propriet discende che ogni movimento di cariche negative equivale, a tutti gli effetti esterni, ad un movimento in senso opposto di cariche positive. Per questo fatto, il verso di una corrente elettrica pu essere indifferentemente riferito sia al movimento delettricit negativa, sia al movimento in senso opposto delettricit positiva.

    Per consuetudine si considera come verso convenzionale della corrente elettrica il verso di scorrimento delle cariche positive rispetto alle cariche negative supposte fisse: tale verso dunque opposto a quello secondo cui realmente avviene il movimento degli elettroni lungo il circuito.

    Fig.1 Versi convenzionali della f.e.m. e della d.d.p. con inserzione del Voltmetro e

    dell'Amperometro In relazione al verso convenzionale della corrente si fissa anche il verso convenzionale

    della f.e.m. dei generatori, supponendo che le azioni interne agiscano nel senso di spostare le cariche positive dal polo negativo al polo positivo (mentre in effetti accade l'opposto, in quanto sono gli elettroni che vengono dislocati verso il polo negativo).

    Si dir pertanto che le f.e.m. dei generatori sono dirette convenzionalmente, lungo il

  • Prof. Piero Scotto - Corso di Elettrotecnica pag. 11

    circuito interno, dal polo negativo al polo positivo, come indicato dal verso E in figura. Analogamente si dir che la d.d.p. che esiste fra i poli di un generatore agisce dal polo

    positivo al polo negativo. Si esprime questo fatto dicendo che il polo positivo di un generatore mantenuto a un

    potenziale elettrico maggiore di quello dell'altro polo e che quindi le cariche positive tendono a muoversi spontaneamente dai punti a potenziale maggiore verso i punti a potenziale minore; mentre gli elettroni tendono a spostarsi dai punti a potenziale minore verso quelli a potenziale maggiore.

    Alla superficie della terra viene attribuito un potenziale zero: ne segue che il valore del potenziale di un dato punto potr essere inteso come la d.d.p. fra questo punto e la terra: questo potenziale sar positivo o negativo a seconda che esso sia maggiore o minore di quello della terra.

    La presenza di una d.d.p. fra due punti di un circuito, o il passaggio della corrente in un conduttore, possono essere rilevati soltanto per via indiretta, sulla base degli effetti che si manifestano in presenza appunto di una tensione o di una corrente.

    Utilizzando opportunamente taluni di questi effetti si rende possibile costruire degli strumenti che sono in grado, non solo di indicare, ma anche di fornire una misura della tensione o della corrente: tali strumenti sono i voltmetri e gli amperometri.

    Voltmetri ed amperometri I voltmetri e gli amperometri sono sempre provvisti di due morsetti di collegamento,

    opportunamente contrassegnati per consentire la corretta inserzione nel circuito rispettando i versi convenzionali della tensione e della corrente.

    Per quanto riguarda gli amperometri, il collegamento al circuito deve essere realizzato

    in modo che lo strumento venga direttamente attraversato dalla corrente I che si vuol misurare: questo richiede che l'amperometro venga inserito in serie nel circuito, come lo strumento A della figura, con l'avvertenza che la corrente entri nello strumento attraverso il morsetto contrassegnato con (+) affinch la deviazione possa avvenire nel verso progressivo della scala di lettura.

    L'inserzione di un voltmetro si esegue invece collegando in derivazione (parallelo) lo

    strumento fra il primo e il secondo punto tra il quale si vuol misurare la d.d.p.: cos, nel circuito in figura, il voltmetro V allacciato (per mezzo dei suoi cordoni voltmetrici e relativi puntali) fra i due punti M e N per la misura della tensione UMN esistente fra l'entrata e l'uscita dell'utilizzatore.

    Resistenza elettrica - Legge di Ohm

    Si consideri un filo metallico, di sezione e lunghezza opportune, e si applichi fra i suoi

    estremi una tensione elettrica. Si faccia poi variare questa tensione al fine di determinare come varia corrispondentemente l'intensit I della corrente nel filo.

  • Prof. Piero Scotto - Corso di Elettrotecnica pag. 12

    Figura 1 - Circuito per la dimostrazione sperimentale della legge di Ohm. Per realizzare una tensione variabile ci si pu servire di un certo numero di pile

    collegate come in figura. Questa disposizione realizza il collegamento in serie dei generatori e consente di ottenere una tensione complessiva pari alla somma delle tensioni prodotte dalle singole pile. Con un amperometro si potr misurare l'intensit della corrente che percorre il filo metallico, e mediante un voltmetro derivato fra i morsetti C e D potr essere determinata la tensione fra gli estremi del filo. Per eseguire l'esperienza, si porti innanzitutto il commutatore M sul morsetto 0: in tal caso i due strumenti non daranno alcuna indicazione, non risultando inserito alcun generatore nel circuito: si potr concludere che: "se nulla la tensione che agisce ai capi di un filo conduttore, nulla anche la corrente che lo percorre".

    Notare le lancette degli strumenti di misura che in assenza di tensione e corrente

    segnano 0. Se si sposta M sul contatto 1, inserendo nel circuito una sola pila, gli indici del

    voltmetro e dell'amperometro subiranno una deviazione indicando sulla scala un certo valore V1 della tensione e un certo valore I1 della corrente.

    Spostando successivamente il commutatore sui contatti 2, 3... ecc. si avranno nuovi e pi elevati valori V2, V3 ecc. indicati dal voltmetro e nuovi corrispondenti valori I2, I3 ecc. indicati dall'amperometro.

  • Prof. Piero Scotto - Corso di Elettrotecnica pag. 13

    Notare le lancette degli strumenti di misura che in presenza di tensione e corrente

    segnano dei valori. Si esegua ora il rapporto fra il valore della tensione e il corrispondente valore della

    corrente per ogni posizione del commutatore: si potr constatare che questo rapporto si mantiene costante e cio

    V1/I1 = V2/I2 = V3/I3 = ... = costante

    L'esperienza dimostra quindi che crescendo la tensione agli estremi del filo, cresce

    nella stessa proporzione la corrente che lo attraversa. Se la tensione diventa doppia, tripla ecc. si raddoppia, si triplica ecc. la corrente. Se l'esperienza viene ripetuta variando le dimensioni (lunghezza e sezione) del

    conduttore C, D oppure variando la natura del conduttore (adottando successivamente fili di rame, alluminio, ferro ecc.) si trova ancora che il rapporto fra le diverse tensioni applicate e le rispettive correnti si conserva costante: ma questo rapporto ha un valore diverso da un caso all'altro e cio sotto la stessa tensione, due o pi conduttori diversi vengono attraversati da correnti diverse. Si esprime questo fatto sperimentale affermando che: "conduttori diversi offrono al passaggio della corrente diversa resistenza elettrica"

    Intendendo, come resistenza elettrica di un conduttore, il rapporto fra il valore della tensione applicata ai capi del conduttore e il corrispondente valore dell'intensit della corrente che lo percorre.

    Se pertanto, sotto l'azione della tensione V, un filo metallico percorso da una corrente di intensit I, si dir che esso possiede una resistenza R espressa dal rapporto

    R = V/I

    Se nota la resistenza R del conduttore, si pu dire che, ogni volta che fra i suoi

    estremi si applica una tensione qualunque V, il conduttore sar percorso da una corrente che ha l'intensit

    I = V/R Inversamente, ogni qualvolta un conduttore di resistenza R percorso da una corrente

    d'intensit I, fra i suoi capi terminali si manifesta una differenza di potenziale (caduta di tensione o caduta ohmica) il cui valore dato dal prodotto

    V = R I

    Questi fatti sperimentali e le relazioni corrispondenti costituiscono la legge di Ohm. Se il numero di volt che misura la tensione V applicata agli estremi del conduttore in

    particolare uguale al numero di ampere che misura la corrente I, il valore del rapporto fra tensione e corrente risulta uguale a 1: si dir allora che: "il conduttore considerato ha la resistenza elettrica unitaria"

    Ogni conduttore che soddisfa a questa condizione realizza in s quella resistenza

  • Prof. Piero Scotto - Corso di Elettrotecnica pag. 14

    elettrica che assunta come unit di misura della resistenza. Tale unit rappresenta la resistenza di quel conduttore che richiede ai suoi capi la

    tensione di 1V per essere attraversato dalla corrente di 1A. In onore del fisico tedesco George Simon Ohm, l'unit di

    resistenza elettrica denominata ohm e indicata col simbolo . Si pone quindi

    Sostenendo che un filo ha la resistenza elettrica di 10, si esprime che quel filo richiede ai capi una tensione di 10V per ogni ampere di corrente che lo attraversi.

    Se quel filo deve essere percorso da 2A, esso richiede ai suoi capi estremi una tensione del valore di 20V.

    Ad esempio: se il filamento di una lampada a incandescenza, alimentato alla tensione di 220V, attraversato dalla corrente di 0,5A si dir che il filamento in questione ha una resistenza elettrica

    R = V/I = 220/0,5 = 440 In pratica, oltre l'ohm, si usano spesso: il kiloohm (1k=103) e il megaohm (1M=106)

    come unit di misura per le grandissime resistenze; il milliohm (1m=10-3) oppure il microohm (1=10-6)

    per la misura delle resistenze piccole e piccolissime. Un materiale che presenti una resistenza elettrica dell'ordine dei megaohm sar

    naturalmente un cattivo conduttore, perch anche sotto una tensione relativamente elevata sar attraversato da una corrente piccola: sotto la tensione di 1V, un conduttore di resistenza uguale a 1M attraversato da una corrente di 1 A.

    Talvolta si preferisce scrivere la legge di Ohm, anzich nella forma V=RI che esprime la proporzionalit fra tensione e corrente, nell'altra forma

    I = G V

    Ci stabilisce la proporzionalit fra corrente e tensione. La grandezza G chiamata conduttanza ed legata alla resistenza R della relazione

    G = I/V = 1/R La sua unit di misura l'inverso dell'ohm ed denominata

    siemens (S), in onore dellinventore tedesco Werner Von Siemens:

    Conduttori con elevata resistenza presentano bassa

    conduttanza e viceversa. Ad esempio, il filamento della lampada ad incandescenza

    considerata in precedenza presenta una conduttanza del valore

    G = I/V = 0,5/220 = 0,0023 S Il simbolo grafico della resistenza e della conduttanza stato normalizzato come

    indicato in figura

  • Prof. Piero Scotto - Corso di Elettrotecnica pag. 15

    Simboli grafici per resistenza R o conduttanza G I tratti a linea intera rappresentano collegamenti a resistenza nulla o a conduttanza

    infinita.

    Resistivit dei materiali - Calcolo della resistenza dei conduttori Se si esegue l'esperienza esposta al paragrafo precedente, determinando la resistenza

    di fili metallici di diversa lunghezza e diversa sezione, ma dello stesso materiale, si pu constatare che la resistenza elettrica di un filo qualunque si raddoppia, si triplica ecc.. raddoppiandone, triplicandone ecc. la lunghezza e mantenendone invariata la sezione; mentre si riduce a met a un terzo ecc. raddoppiandone, triplicandone ecc. la sezione e mantenendone invariata invece la lunghezza. Si deve quindi concludere che: "la resistenza di un filo di un dato metallo proporzionale alla lunghezza e inversamente proporzionale alla sezione"

    Pertanto la resistenza R di un conduttore metallico filiforme, avente lunghezza l e sezione S, potr essere scritta nella seguente forma essendo unopportuna costante di proporzionalit.

    Si osservi ora che, se si prende in considerazione un conduttore avente lunghezza

    unitaria (l =1) e sezione unitaria (S=1), la costante viene a coincidere con R: essa quindi la resistenza di un conduttore di lunghezza e sezione unitarie (resistenza specifica), e come tale dipende esclusivamente dalla natura del materiale di cui costituito il conduttore.

    Alla costante si attribuisce perci il nome di resistivit del materiale. Dalla precedente relazione si pu ricavare la resistivit in funzione della resistenza R

    e delle dimensioni (lunghezza l e sezione S) del conduttore

    La resistivit di un materiale pu essere determinata misurando la resistenza elettrica

    R di un conduttore di quel dato materiale, con lunghezza l e sezione S note, e applicando l'espressione precedente, se la resistenza R data in , la sezione S in m2, e la lunghezza l in m, la resistivit del materiale in esame espressa in x m2/m ossia pi brevemente in ohm metri ( m).

    Si ha con ci, l'interpretazione del fatto fisico che la resistivit la resistenza elettrica misurata tra due facce opposte di un cubo di materiale avente la sezione e la lunghezza unitarie.

    Nella pratica industriale torna comodo misurare la sezione dei conduttori in millimetri quadrati anzich in metri quadrati. Per applicare la seguente formula

    Si dovr esprimere la resistivit in mm2/m e si dovr scrivere come segue

    La seguente relazione

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    La seguente relazione che esprime la resistenza R consente di ricavare anche

    l'espressione della conduttanza G nella seguente forma

    Il fattore

    Prende il nome di conduttivit del materiale. La sua unit di misura, il

    siemens/metro (S/m).

    Influenza della temperatura sulla resistenza elettrica La resistenza elettrica varia in misura sensibile con la temperatura. I metalli offrono

    una resistenza che cresce con l'aumentare della temperatura: gli aumenti di resistenza sono meno sensibili per le leghe metalliche che non per i metalli puri.

    L'aumento di resistenza, pu essere spiegato pensando che il crescere della temperatura del conduttore comporta l'incremento dello stato dagitazione termica degli atomi, con corrispondente ed inevitabile aumento del numero degli urti fra gli atomi e gli elettroni di conduzione.

    Entro i limiti di temperatura da -100 a +150 C, i diagrammi di variazione della

    resistivit dei metalli pi comuni sono sensibilmente lineari, in altre parole assumono la forma indicata in figura.

    Indicando perci con la resistivit di un metallo alla temperatura di riferimento a 20C, si pu esprimere il valore rt che essa assume alla generica temperatura t con la seguente relazione:

    t = + Essendo

    L'aumento subito dalla resistivit per l'incremento t= (t-20) della temperatura. Si ha quindi che

    In queste relazioni, il coefficiente

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    Esprime la variazione di resistivit che avviene per ogni grado di variazione della

    temperatura a partire da 20C e per ogni ohm metro della resistivit. Il coefficiente a cos definito prende il nome di coefficiente di temperatura del materiale considerato.

    Capitolo 2 - Reti elettriche

    Generalizzazione della legge di Ohm a) legge di ohm per un circuito chiuso Si consideri un circuito elettrico, costituito da una resistenza esterna R alimentata da

    un generatore avente una f.e.m. E ed una resistenza interna R come in figura.

    Fino a che il circuito interrotto in K (circuito aperto), non circola alcuna corrente e fra

    i due morsetti A e B del generatore si ha una d.d.p.

    UAB = VAB = E Si immagini ora di chiudere il circuito in K. Si stabilisce immediatamente una certa corrente I, la quale circola (nel verso

    convenzionale) dal morsetto positivo A verso il morsetto negativo B lungo il circuito esterno di resistenza R, per chiudersi da B verso A nel circuito interno del generatore di resistenza Ri.

    E' evidente che quando il generatore eroga la corrente I la resistenza interna Ri provoca, per la legge di Ohm, una caduta di tensione Ri I, che si manifesta con una diminuzione della tensione disponibile fra i poli del generatore: in altri termini, se il generatore a circuito aperto presenta ai poli una d.d.p. VAB=E, quando il generatore eroga una corrente I la tensione ai morsetti assume il valore

    VAB = E - Ri I

    Applicando la legge di Ohm al circuito esterno, di resistenza R e soggetto alla tensione

    VAB, si ha d'altra parte la relazione VAB = R I

    Ne risulta luguaglianza E - Ri I = R I

    dalla quale si ricava l'espressione I = E / (R+Ri)

    La somma (R+ Ri) rappresenta la resistenza elettrica complessiva del circuito chiuso. La relazione sopra indicata esprime la legge di Ohm relativa a tale circuito, la quale

    pu essere cos enunciata: "Un circuito chiuso in cui agisce una f.e.m. costante sede di una corrente continua che ha il verso della f.e.m. e unintensit eguale al rapporto tra la f.e.m. e la resistenza complessiva del circuito".

    La relazione

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    VAB = E - Ri I Mostra che la resistenza interna Ri del generatore determina una diminuzione della

    tensione-corrente V(I). La caratteristica esterna interseca l'asse delle tensioni nel punto VAB=E che

    corrisponde alla condizione I=0. All'aumentare della corrente erogata, in altre parole al diminuire della resistenza

    esterna R, la caratteristica discende gradualmente fino al valore

    VAB = 0 che sarebbe raggiunto se la corrente erogata assumesse il valore

    ICC = E / Ri Questo particolare valore della corrente corrisponde a quello che si otterrebbe se si

    immaginasse di collegare fra loro i due poli del generatore con un conduttore avente resistenza R=0.

    Un simile stato di cose viene indicato in pratica con la denominazione di cortocircuito e

    la corrente che stata indicata con il simbolo ICC prende il nome di corrente di cortocircuito del generatore: tale corrente limitata solo dalla resistenza interna Ri, per cui, se quest'ultima piccola, essa pu assumere dei valori tanto elevati da riuscire pericolosi per la buona conservazione del generatore.

    Se sul grafico della caratteristica esterna del generatore si traccia anche la retta di equazione VAB=Ri (retta di carico) che rappresenta la caratteristica tensione-corrente V(I) della resistenza esterna R, si ottiene il punto di lavoro P del complesso generatore-carico individuato dalla intersezione delle due rette.

    Nei casi in cui uno stesso circuito comprende pi generatori aventi le f.e.m. E1, E2, ..., En e le resistenze interne Ri1, Ri2, ..., Rin, e comprende inoltre pi resistenze utilizzatrici R1, R2, ..., Rn, la legge di Ohm per il circuito chiuso assume la forma

    I=(E1+E2+...+En)/(R1+R2+...+Rn+Ri1+Ri2+...+Rin)

    In altre parole l'intensit della corrente che percorre il circuito uguale alla somma

    delle f.e.m. di tutti i generatori agenti, divisa per la resistenza elettrica complessiva del circuito.

    Pu accadere che in uno stesso circuito siano incluse una o pi f.e.m. agenti in un dato verso e una o pi f.e.m. agenti in verso opposto, nel circuito non circola alcuna corrente.

    Diversamente, nel circuito si stabilisce una corrente che circola nel verso delle f.e.m. prevalenti.

    Se si considerano positive le f.e.m. agenti in un dato verso e negative le f.e.m. agenti

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    in verso contrario, la legge di Ohm per il circuito chiuso ancora espressa dalla relazione sopra indicata purch il numeratore venga inteso come la somma algebrica di tutte le f.e.m. presenti

    b) legge di ohm per un tratto di circuito o legge di ohm generalizzata Se in luogo dell'intero circuito si considera un tratto di circuito nel quale siano

    comprese pi resistenze e pi f.e.m. comunque dirette, la legge di Ohm assume una forma pi generale poich tiene conto anche della d.d.p. esistente fra i capi estremi del tratto di circuito considerato.

    Si prenda in esame, per esempio, il tratto di circuito A-B come in figura, percorso dalla

    corrente IAB e nel quale si trova inserito un generatore di f.e.m. E resistenza interna Ri. La f.e.m. E sia diretta nello stesso verso della corrente IAB. In base alla relazione

    VAB = E - Ri I Si pu scrivere

    VBA = -E + Ri IAB Da questa si ricava (essendo VBA=-VAB):

    VAB + E = Ri IAB Se nel tratto di circuito che si considera, la f.e.m. diretta invece nel verso opposto

    alla corrente, come in figura,

    E da considerarsi come una forza-controelettromotrice (f.c.e.m.) e l'espressione

    precedente diventa VAB - E = Ri IAB

    In generale, quando nel tratto di circuito sono inserite pi f.e.m. comunque dirette e

    un numero qualsiasi di resistenze, la legge di Ohm pu essere enunciata dicendo che: "la somma algebrica della tensione esistente fra la sezione di ingresso della corrente e quella di uscita, e di tutte le f.e.m. che sono inserite nel tratto di circuito, uguale alla somma delle cadute ohmiche nel tratto considerato".

    E' questa la legge di Ohm generalizzata la quale pu essere scritta sinteticamente nella forma

    VAB + a E = R IAB

    Principi di Kirchhoff

    I circuiti di distribuzione dell'energia elettrica, come pure i

    circuiti interni degli apparecchi elettrici, si presentano spesso come una vera e propria rete di conduttori costituita da un certo numero di circuiti poligonali chiusi formati da uno o pi lati: ognuno di questi circuiti costituisce una maglia della

    rete, e i punti di concorso di pi lati ne costituiscono i nodi. La figura schematizza una rete elettrica: vi sono indicati i generatori che agiscono nei

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    vari lati e le resistenze dei lati stessi.

    Il problema principale connesso a simili circuiti si propone la determinazione, in valore

    e verso, delle correnti che percorrono i singoli lati delle maglie. Per tale determinazione servono i due principi di Kirchhoff.

    Si consideri una maglia qualsiasi, ad esempio la maglia ABCD, i cui lati hanno rispettivamente le resistenze R1, R2, R3, R4, comprese anche le resistenze interne dei generatori di f.e.m. E1, E2, E3, inseriti nei lati AB, BC e CD.

    Siano I1 I2 I3, I4 le correnti nei quattro lati della maglia, e siano quelli indicati in figura i loro versi fissati ad arbitrio.

    Nel nodo A della maglia concorrono quattro lati, due percorsi dalle correnti I1, e I4 appartenenti alla maglia ABCD e due percorsi delle correnti I5, I6, appartenenti a maglie adiacenti.

    Dato che nel nodo A non pu aversi n accumulo n sottrazione di cariche elettriche (condizione di continuit), ad ogni carica che arriva al nodo deve corrispondere, nello stesso intervallo, uneguale carica che si allontana.

    Ma la quantit di elettricit che nell'unit di tempo arriva al nodo A non altro che la somma delle intensit di correnti dirette verso il nodo stesso, e la corrispondente quantit uscente non altro che la somma delle correnti che si allontanano dallo stesso nodo.

    Ne deriva che: "la somma delle correnti dirette verso un nodo di una rete uguale in valore alla somma di tutte le correnti che se ne allontanano"

    Quando si considerino positive le correnti dirette verso il nodo e negative quelle che partono dal nodo, si pu dire che la somma algebrica delle correnti che convergono in un nodo nulla.

    E' questo il primo principio di Kirchhoff, che applicato al nodo A pu essere scritto nelle forme

    I5 + I6 - I1 - I4 = 0

    I5 + I6 = I1 + I4

    Per quanto riguarda il secondo principio, si consideri ancora la maglia precedente e si

    supponga di percorrerla nel verso in cui si susseguono i punti A, B, C, D (verso di percorrenza orario).

    Si applichi la legge di Ohm ai singoli tratti successivi AB, BC, CD, DA della maglia in

    questione, tenendo presenti i versi delle f.e.m. e delle correnti indicate nella figura.

    VAB - E1 = R1 I1

    VBC + E2 = -R2 I2

    VCD + E3 = R3 I3

    VDA = - R4 I4

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    Facendo la somma, a membro a membro, di queste espressioni si ottiene

    - E1 + E2 + E3 = R1 I1 - R2 I2 + R3 I3 - R4 I4 Essendo nulla evidentemente la somma

    VAB + VBC + VCD + VDA = 0 Eseguita lungo il percorso chiuso dalla maglia. Al primo membro della relazione si ha la somma algebrica delle f.e.m. agenti nella

    maglia considerata (assumendo come positive le f.e.m. dirette secondo il verso di percorrenza, e negative quelle dirette in verso opposto); al secondo membro si ha la somma algebrica dei prodotti delle resistenze per le intensit delle correnti ossia delle cadute di tensione dei singoli lati della maglia (considerando positive quelle relative ai lati in cui le correnti hanno verso uguale a quello di percorrenza, e negative le cadute nei lati ove le correnti hanno verso opposto a quello di percorrenza).

    La relazione sopra citata compendia il secondo principio di Kirchhoff, che pu essere cos enunciato: "La somma algebrica delle f.e.m. che agiscono in una maglia uguale alla somma algebrica delle cadute di tensione (ohmiche) lungo i lati della stessa maglia"

    Per l'applicazione dei principi di Kirchhoff nella risoluzione di una rete si procede nel modo seguente: si fissano ad arbitrio i versi delle correnti nei lati delle maglie e si applica il primo principio ai nodi della rete, escluso uno; si applica poi il secondo principio a un sufficiente numero di maglie, in modo da avere tante equazioni indipendenti quante sono le correnti incognite che bisogna determinare: la risoluzione, mediante le regole dell'algebra, del sistema dequazioni cos ottenuto, determina in valore e verso le correnti incognite. A titolo di esempio si consideri la rete riportata in figura 2.

    Il problema quello di determinare, in valore e verso, le correnti che percorrono i sei lati della rete.

    A tal fine, prefissati ad arbitrio i versi delle correnti nei singoli lati, come indicato in figura, si applica il primo principio ai nodi A, B, C e il secondo principio alle maglie ABCA, ABDA e BCDB: si ottengono ordinatamente le sei equazioni seguenti:

    I1 = I2 + I3 ; I2 + I4 = I5 ; I6 + I5 = I1

    E1 - E2 = R1 I1 + R2 I2 + R5 I5

    -E2 = R2 I2 - R4 I4 - R3 I3

    0 = R5 I5 - R6 I6 + R4 I4

    Figura 2

    Si hanno dunque sei equazioni indipendenti, quante sono le correnti incognite, che

    possono essere determinate, in grandezza e segno, risolvendo il sistema: le correnti che

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    risulteranno positive avranno verso opposto a quello indicato.

    Raggruppamento in serie di pi resistenze Due o pi resistenze si dicono collegate in serie fra loro quando sono connesse una di

    seguito all'altra in modo da essere attraversate dalla stessa corrente come mostrato in figura.

    Un tratto di circuito formato da tante resistenze collegate in serie presenta le propriet

    seguenti: 1) L'intensit di corrente I la stessa in tutte le resistenze della serie; 2) Le tensioni V1, V2, ..., Vn misurate ai capi delle singole resistenze coincidono con le

    cadute ohmiche rispettive e sono date dalle relazioni V1=R1I ; V2=R2I ; .......... ; Vn=RnI

    3) La tensione totale V ai capi della serie la somma delle cadute ohmiche provocate dalle singole resistenze:

    V=V1+V2+...+Vn=R1I+R2I+...+RnI=(R1+R2+...+Rn)I 4) L'intera serie equivale a un'unica resistenza Req pari alla somma di tutte le

    resistenze che la compongono: Req = V/I = R1 + R2 + ... + Rn

    Nel caso particolare di n resistenze uguali di valore R connesse in serie, la resistenza equivalente risulta:

    Req = n R In questo caso, la tensione esistente ai capi si ciascuna delle n resistenze pari a V/n:

    un dispositivo siffatto, costituito in modo da poter prelevare le varie tensioni parziali prende il nome di divisore ohmico di tensione.

    Raggruppamento in parallelo di pi resistenze Due o pi resistenze si dicono collegate in parallelo quando sono connesse in modo da

    essere sottoposte alla stessa tensione, e cio quando sono riunite per i loro estremi a formare due nodi A e B come in figura. I gruppi di resistenze collegate in parallelo presentano le propriet seguenti:

    1) Tutte le resistenze sono sottoposte alla stessa tensione V; 2) Le correnti I1, I2, ..., In nei singoli rami risultano espresse dalle relazioni

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    I1=V/R1 ; I2=V/R2 ; I3=V/R3 3) La corrente totale I del circuito la somma delle correnti derivate

    I=I1+I2+..+In=(V/R1)+(V/R2)+..+(V/Rn)=V(1/R1+1/R2+..+1/Rn) 4) Il gruppo corrispondente a una resistenza equivalente Req definita dalla relazione

    Req=V/I=1/(1/R1+1/R2+...+1/Rn) Questa resistenza equivalente sempre minore della pi piccola fra tutte le resistenze

    del gruppo. In particolare, collegando in parallelo n resistenze uguali di valore R, la resistenza equivalente del gruppo risulta:

    Req=1/(1/R1+1/R2)=(R1R2)/(R1+R2)

    In altre parole la resistenza di un arco doppio data dal prodotto delle resistenze dei

    due lati diviso la loro somma. Se I la corrente totale la tensione fra i nodi A e B del parallelo espressa dalla relazione:

    VAB=ReqI=I((R1R2)/(R1+R2))

    E le due correnti derivate (divisore di corrente) sono espresse dalle relazioni:

    I1 = VAB/R1 = I ((R2/(R1+R2)) ; I2=VAB/R2=I((R1/(R1+R2)) Nel raggruppamento in parallelo si pu anche porre:

    Ne risulta che in questo tipo di collegamento "la conduttanza equivalente data dalla

    somma delle conduttanze componenti"

    Reti serie-parallelo e reti stella-triangolo - Metodo passo-passo Vengono denominate reti serie-parallelo le reti elettriche di forma complessa le quali

    rispetto ai morsetti di alimentazione, possono essere ridotte ad una unica resistenza, attraverso ripetute sostituzioni di resistenze equivalenti a gruppi di resistenze connesse fra loro in serie o in parallelo. Non tutte le reti ammettono un simile procedimento di riduzione. Esistono infatti reti che presentano forme di connessione di tipo diverso dai collegamenti serie-parallelo, e sono precisamente le connessioni dette a stella e le connessioni a triangolo.

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    Collegamento a stella

    In una rete elettrica, un gruppo di tre resistenze forma un collegamento a stella

    quando, come raffigurato sopra, tre dei loro terminali sono uniti insieme a creare il centro stella 0 e i rimanenti terminali sono connessi a tre distinti nodi della rete.

    Collegamento a triangolo

    Un gruppo di tre resistenze si dice invece collegato a triangolo quando, come

    raffigurato sopra, i loro terminali sono connessi uno di seguito all'altro in modo da formare un triangolo i cui vertici sono collegati a tre distinti nodi della rete. Per collegamenti di questo tipo sussiste il seguente principio dequivalenza: "Un gruppo di resistenze collegate a stella equivalente ad un corrispondente gruppo di resistenze collegate a triangolo allorch sostituendo un gruppo all'altro, il regime della rete cui sono connessi rimane invariato"

    Le relazioni che forniscono le resistenze R12, R23, R31 del triangolo equivalente alla stella di resistenze R1, R2, R3, e le relazioni che danno le resistenze della stella equivalente al triangolo sono le seguenti:

    R12=(R1R2+R2R3+R3R1)/R3 R1=(R31R12)/(R12+R23+R31)

    R23=(R1R2+R2R3+R3R1)/R1 R2=(R12R23)/(R12+R23+R31)

    R31=(R1R2+R2R3+R3R1)/R2 R3=(R23R31)/(R12+R23+R31)

    Nel caso particolare, molto importante, di resistenze fra loro uguali, tutte le precedenti

    relazioni si riassumono nella semplice formula R=3RY la quale indica che una terna di resistenze a stella di valore RY corrisponde ad una terna di resistenze a triangolo di valore R tre volte maggiore.

    Reti elettriche come reti di bipoli

    Nella loro conformazione pi complessa i circuiti elettrici possono presentarsi sotto la

    forma di una rete, costituita da un determinato insieme l di lati o rami connessi fra loro in n punti chiamati nodi della rete, per formare un certo numero m di circuiti chiusi chiamati maglie.

    Cos nella rete elettrica considerata nella figura i punti A, B, C, D rappresentano i nodi; i tratti di circuito, che uniscono un nodo all'altro, come il tratto AB, costituiscono i lati della rete; il circuito chiuso ABCDA formato da quattro lati fra loro consecutivi invece una maglia.

  • Prof. Piero Scotto - Corso di Elettrotecnica pag. 25

    Almeno in uno, oppure anche in pi rami di una rete elettrica, sono presenti

    necessariamente dei generatori di alimentazione; in tutti i rami invece sempre presente un resistore.

    E definito, come bipolo elettrico ogni parte di circuito del quale emergono due terminali (o morsetti o poli) che ne consentono il collegamento con altre parti di circuito.

    Analogamente sono definiti ad esempio come tripoli o quadripoli gli elementi di circuito rispettivamente a tre e a quattro terminali. Ogni singolo ramo di una rete elettrica viene pertanto a configurarsi come un bipolo che, attraverso i suoi due terminali, connesso con le altre parti della rete. Ne segue che a tutti gli effetti, una qualsiasi rete elettrica potr sempre essere riguardata come una vera e propria rete di bipoli.

    Un bipolo elettrico si dice di tipo attivo quando in esso risultano inseriti dei generatori elettrici (che possono agire nell'uno o nell'altro verso).

    E invece chiamato bipolo di tipo passivo quel bipolo che non contiene generatori ed caratterizzato dalla sola presenza di resistenze.

    Una delle configurazioni semplici, che pu assumere un bipolo attivo quella rappresentata dal generatore di tensione, nel cui schema elettrico (come in figura) si osserva la presenza della f.e.m. E posta in serie con la resistenza interna Ri. Come gi noto, la relazione V(I) che in questi tipi di generatori lega la tensione ai morsetti V con la corrente erogata I espressa dalla seguente funzione lineare:

    V = E - Ri I

    Questa relazione esprime il fatto che: "La tensione disponibile ai morsetti del

    generatore data dalla differenza tra la f.e.m. E e la caduta ohmica interna Vi = Ri I" Affinch a parit di corrente erogata I tale caduta interna sia la pi bassa possibile

    necessario che la resistenza interna Ri del generatore risulti sufficientemente piccola: si perviene cos alla nozione di generatore di tensione ideale per il quale la resistenza interna ritenuta di valore nullo.

    La propriet fondamentale del generatore ideale allora quella di poter fornire una tensione costante V=E a qualsiasi valore di corrente erogata.

  • Prof. Piero Scotto - Corso di Elettrotecnica pag. 26

    In talune applicazioni pu presentarsi la convenienza o la necessit di considerare le sorgenti dalimentazione di una rete (in altre parole i generatori), anzich nella forma di generatori di tensione, nella forma di veri e propri generatori di corrente, in altre parole nella forma di dispositivi che sono in grado di assicurare il mantenimento di una data corrente nel circuito nel quale sono inseriti.

    Il generatore di corrente viene rappresentato come un bipolo attivo costituito, da un generatore di corrente costante Ic che ha in derivazione una certa conduttanza interna Gi: in un dispositivo di questo genere la relazione I(V) che lega la corrente erogata I con la tensione ai morsetti V espressa dalla seguente funzione lineare.

    I = IC - Gi V

    La quale indica che: "La corrente disponibile all'esterno del generatore data dalla

    differenza fra la corrente generata Ic e la corrente derivata interna Ii=GiV" Affinch a parit di tensione ai morsetti V tale componente interna della corrente sia la

    pi bassa possibile, necessario che la conduttanza interna Gi risulti sufficientemente piccola: si giunge cos alla nozione di generatore di corrente ideale per la quale la conduttanza interna Gi di valore praticamente nullo, e che pertanto in grado di fornire al circuito una corrente costante I=Ic a qualunque valore della tensione ai morsetti.

    La caratteristica corrente-tensione del generatore di corrente reale rappresentata

    dalla retta discendente 1, (come in figura); la retta orizzontale 2 rappresenta la

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    medesima caratteristica del generatore ideale. Nei generatori di tensione si realizza la condizione di funzionamento a vuoto

    quando il circuito utilizzatore esterno aperto, perci risulta Ru=, I=0, V=E. Nei generatori di corrente si realizza la condizione di funzionamento a vuoto

    quando il circuito utilizzatore esterno chiuso in cortocircuito, per cui risulta Gu=, V=0, I=Ic.

    In tutte le altre condizioni di carico, con i due tipi di generatori collegati rispettivamente a un circuito di resistenza Ru o di conduttanza Gu, le equazioni di funzionamento risultano:

    Per il generatore di tensione: I=E/(Ri+Ru) ; V=RuI Per il generatore di corrente: V=IC/(Gi+Gu) ; I=GuV Un generatore di corrente pu essere trasformato in un generatore di tensione ad esso

    equivalente, e viceversa. "Due generatori sono fra loro equivalenti se a circuito aperto (I=0) essi presentano la

    stessa tensione ai morsetti U0 e la stessa resistenza ai morsetti R0". La R0 rappresenta la resistenza vista fra i morsetti dei generatori di tensione o di

    corrente: essa definita ponendo E=0 (cortocircuito) e Ic=0 (interruzione) nei rispettivi circuiti equivalenti.

    Ne segue che fra un generatore di tensione e un generatore di corrente, la condizione di equivalenza assicurata se sono verificate le seguenti uguaglianze (queste relazioni permettono il passaggio diretto dall'uno all'altro tipo di generatore):

    V0 = E = IC/Gi IC = E/Ri

    R0 = R1 = 1/Gi Gi = 1/Ri

    Il funzionamento a regime stazionario di una rete elettrica caratterizzato da ben

    determinati valori delle correnti nei vari lati, e dei potenziali dei vari nodi: analizzare o risolvere una rete significa determinare tali correnti e tali potenziali (o pi spesso le tensioni fra le varie coppie di nodi).

    Per le reti di tipo lineare (in pratica costituite da rami assimilabili a bipoli lineari) esistono metodi di studio per via algebrica del tutto generale, date che siano naturalmente le caratteristiche elettriche dei singoli bipoli oltre che lo schema delle loro connessioni, e cio nota che sia l'intera struttura della rete.

    Se lo studio limitato alla determinazione delle correnti o delle tensioni di alcuni soltanto dei bipoli componenti, si parla danalisi parziale della rete.

    In ogni caso lo strumento basilare dello studio costituito dall'impiego delle due leggi di Kirchhoff, sia per applicazione diretta, sia pi spesso secondo forme e metodi particolari rivolti a semplificare e a snellire i calcoli.

    Ai principi di Kirchhoff si affianca la legge specifica dei singoli bipoli rappresentata dalla legge di Ohm generalizzata.

    Analisi delle reti mediante i principi di Kirchhoff Per una rete elettrica comunque conformata e comunque estesa valgono le note leggi

    o principi di Kirchhoff che rappresentano le leggi fisiche cui obbediscono tensioni e correnti delle reti.

    Primo principio "In ciascun nodo la somma algebrica delle correnti uguale a zero" a I = 0 Nella somma algebrica, le correnti che entrano nel nodo vanno considerate di segno opposto a quello delle correnti che nagiscono. Secondo principio "In ciascun nodo la somma algebrica delle correnti uguale a zero" a V = 0 Prestabilito un verso di percorrenza della maglia, e assunte inoltre come positive le cadute ohmiche dovute a correnti concordi col verso di percorrenza e negative le altre, questenunciato pu essere scritto anche nella seguente forma: a E = a RI la quale indica che: "In ciascuna maglia la somma algebrica delle f.e.m. uguale alla somma algebrica delle cadute ohmiche"

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    I due principi di Kirchhoff, nelle forme sopra enunciate, consentono di scrivere, per qualsiasi rete elettrica, un numero n dequazioni fra loro indipendenti, tante quante sono i lati l della rete. Se le incognite, come normalmente avviene, sono rappresentate dalle correnti dei vari lati, il sistema dequazioni che pu essere impostato consente quindi di determinare unicamente, in valore e segno, tali correnti incognite.

    Una volta determinate le correnti, si rende possibile il calcolo delle rimanenti incognite della rete che sono rappresentate, ancora in numero di l, dalle tensioni che si stabiliscono fra i due terminali di ciascun ramo: chiaro, infatti, che una rete elettrica formata da l rami si presenta sempre, in generale, con un numero complessivo di incognite pari a 2l; incognite che sono costituite dall'insieme delle correnti e delle tensioni relative a ciascuno dei rami della rete.

    Note le correnti, per il calcolo delle tensioni si fa ricorso alla legge di Ohm generalizzata, che fornisce per ciascuno dei bipoli costituenti i vari lati una relazione del tipo: V+aE=aRI ove come unica incognita sia ha precisamente la tensione V esistente fra gli estremi del lato. L'applicazione pratica del metodo di Kirchhoff richiede, come condizione essenziale, l'indipendenza delle equazioni che figurano nel sistema risolvente.

    Tale indipendenza assicurata se: nell'applicazione del primo principio si scelgono tutti e soli i nodi sui quali converge almeno uno dei lati non precedentemente considerato nellapplicazione del secondo principio si scelgono tutte e sole le maglie che contengono almeno un lato non precedentemente considerato.

    In base a ci nell'applicare il primo principio baster prendere in considerazione (una sola volta) tutti gli n nodi della rete meno uno, per scrivere (n-1) equazioni ai nodi; nell'applicare invece il secondo principio per impostare le rimanenti l- (n-1) equazioni indipendenti, converr di volta in volta contrassegnare i lati utilizzati cos da rendere direttamente riconoscibili quelle maglie della rete che presentano almeno un lato non ancora utilizzato: il sistema di equazioni sar completo quando tutti i lati, secondo tale procedimento, risulteranno contrassegnati.

    Teorema di Millman

    Il metodo dei potenziali di nodo trova un caso particolare dapplicazione molto

    importante nelle reti binodali, vale a dire in tutte quelle reti che sono costituite da tanti rami derivanti tutti fra due soli nodi come A e B della figura. Per reti di questo tipo si ha una sola equazione di potenziale di nodo, che si presenta nella forma:

    (G1 + G2 + ... + Gn) VA = IC1 + IC2 + ... ICn

    Se si assume il nodo B come riferimento, e se ciascun ramo viene considerato sotto la

    forma di generatore di corrente. I coefficienti G1, G2, ..., Gn sono quindi le conduttanze di ciascuno dei rami derivanti, mentre i termini a secondo membro rappresentano le correnti di generatore presenti in tali rami.

    Poich si ha VB=0 possibile scrivere VAB=VA-VB=VA Dalla (G1+G2+...+Gn)VA=IC1+IC2+...ICn si ricava allora la importante relazione VAB=(IC1+IC2+...+ICn)/(G1+G2+...+Gn) Che consente di calcolare direttamente la tensione fra due nodi A e B della rete.

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    Naturalmente se, come in figura, i rami derivati sono costituiti da generatori di tensione la relazione ancora valida purch i termini a numeratore si scrivano nella forma:

    IC1=G1E1=E1/R1 ; IC2=G2E2=E2/R2 ; ICn=GnEn=En/Rn

    avendo indicato con E1, E2, ..., En le f.e.m. inserite nei vari lati, e con R1, R2, ..., Rn le

    resistenze dei medesimi. In questo caso conviene quindi porre

    VAB=(G1E1+G2E2+...+GnEn)/(G1+G2+...+Gn) Entrambe queste relazioni esprimono il teorema di Millman che pu essere cos

    enunciato: "La tensione che si ha fra due nodi tra i quali sono derivati un numero qualsiasi di rami fra loro in parallelo data dal rapporto fra la somma algebrica delle correnti di cortocircuito dei singoli rami e la somma delle conduttanze dei rami stessi"; e di fatti ciascuna dei termini a numeratore delle relazioni esprime precisamente la corrente che si stabilirebbe nel ramo in cui si riferisce qualora i due nodi A e B venissero collegati fra loro in cortocircuito.

    Metodo della sovrapposizione degli effetti

    Anche se i metodi d'analisi fin qui esaminati sono del tutto sufficiente per risolvere i

    problemi relativi alle reti elettriche, il loro impiego pratico per lo studio di reti complesse potrebbe rivelarsi alquanto laborioso per l'elevato numero dequazioni del sistema algebrico risolvente.

    Si sono perci sviluppati altri metodi di studio, che consentono di procedere speditamente, specie se si tiene conto che non sempre richiesta l'analisi completa di una rete elettrica, ma in molti casi sufficiente unanalisi parziale, finalizzata ad esempio al calcolo di una sola corrente. Uno di questi metodi basato sul principio di sovrapposizione degli effetti.

    Questo fondamentale principio afferma in generale che: "In un sistema fisico di caratteristiche lineari, l'effetto prodotto da pi cause concomitanti pari alla somma algebrica degli effetti prodotti singolarmente da ciascuna causa".

    Applicato alle reti elettriche lineari, il principio di sovrapposizione pu essere cos enunciato: "In una rete elettrica lineare alimentata da pi generatori, la corrente e la tensione che interessano ciascun lato sono date dalla somma algebrica delle correnti e delle tensioni che sono prodotte in quel lato da ogni singolo generatore agente da solo"

    A titolo desempio si consideri la semplice rete, come in figura, dalla quale si vogliano determinare la corrente I e la tensione VAB del ramo centrale. In base al principio di sovrapposizione degli effetti, queste due grandezze sono esprimibili per mezzo delle seguenti relazioni:

    I=I'+I"; VAB=V'AB+V"AB

    Ove la corrente I' e la tensione V'AB sono la corrente e la tensione che si hanno nel

    ramo considerato quando nella rete agisce soltanto il primo generatore (in pratica il generatore di corrente) conformemente allo schema in figura a; la corrente I" e la tensione V"AB sono invece la corrente e la tensione che interessano lo stesso ramo quando agisce soltanto il secondo generatore, conformemente allo schema della figura B.

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    E' chiaro, naturalmente, che per consentire di volta in volta soltanto l'azione di un

    singolo generatore occorrer sopprimere contestualmente l'azione di tutti gli altri, ponendo per essi la condizione E=0 se si tratta di generatori di tensione e Ic=0 se si tratta di generatori di corrente: all'atto pratico bisogner quindi sostituire con un cortocircuito le f.e.m. da sopprimere e con uninterruzione le correnti di generatore, lasciando invece presenti nella rete le resistenze interne e le conduttanze interne di ciascuno dei generatori soppressi.

    Il principio di sovrapposizione degli effetti, pu costituire in molti casi un prezioso ausilio nello studio e nellinterpretazione del funzionamento di una rete lineare.

    E' del tutto evidente, infatti, la notevole semplificazione concettuale e pratica che si pu conseguire dovendo valutare non l'effetto complessivo di tanti generatori che agiscono contemporaneamente, bens l'effetto di un singolo generatore per volta.

    Principio del generatore equivalente

    Si consideri come in figura A una rete elettrica che fa capo a due morsetti A e B

    (attraverso i quali la rete pu essere connessa con un semplice bipolo passivo esterno, o pi in generale con un'altra porzione di rete qualsiasi).

    La rete considerata sia costituita da generatori di tensione, da generatori di corrente e da resistenze, comunque collegati fra loro: il principio del generatore equivalente stabilisce che la rete facente capo ai morsetti A e B pu essere sostituita da un generatore di tensione (di caratteristiche opportune) o da un generatore di corrente, come schematizzato nelle figure B e C, senza con ci alterare il funzionamento del circuito che collegato in A e B esternamente ad essa.

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    Teorema di Thvenin

    Le caratteristiche del generatore equivalente di tensione sono stabilite dal seguente

    teorema: "Una rete elettrica lineare si comporta, rispetto a due suoi punti A e B qualsiasi, come un generatore di tensione che presenta una f.e.m. di valore uguale alla tensione VAB0 esistente (a vuoto) fra quei due punti, e che ha una resistenza interna di valore uguale alla resistenza vista dagli stessi punti della rete"

    Per determinare la f.e.m. del generatore equivalente Eeq si dovr dunque considerare la rete nella sua condizione di funzionamento a vuoto, vale a dire nella condizione di circuito esterno aperto (o staccato) perci sia I=0, come in figura: in questa condizione si calcola la tensione VAB0 e si pone Eeq=VAB0

    Analogamente, per la resistenza interna del generatore equivalente si porr Req=RAB0 e

    si calcoler cio la resistenza che la rete offre tra i due punti A e B in assenza di circuito esterno, con le f.e.m. interne corto-circuitate e con le correnti di generatore interrotte, e cio con la rete resa passiva, come schematizzato in figura.

    La dimostrazione del teorema di Thvenin basata sul concetto dequivalenza fra reti

    elettriche a due morsetti: "Due reti si dicono equivalenti, rispetto a due morsetti se l'una rete pu essere sostituita all'altra senza che cambi il funzionamento di un qualunque circuito esterno collegato fra gli stessi morsetti".

    In un sistema lineare, l'equivalenza di funzionamento cos definita sussiste purch le due reti abbiano lo stesso comportamento in due sole condizioni di carico, quali ad esempio il funzionamento a vuoto (I=0; VAB=VAB0) e il funzionamento in cortocircuito (VAB0=0; I=ICC):

    a) con riferimento alla prima condizione, poich in un generatore di tensione la d.d.p. che si manifesta a vuoto fra i morsetti coincide col valore della sua f.e.m., per l'equivalenza fra rete e generatore basta che risulti: Eeq=VAB0

    b) con riferimento alla seconda condizione, poich nel generatore la corrente di cortocircuito incontra la sua resistenza interna Req, per l'equivalenza fra rete e generatore basta che tale resistenza risulti di valore uguale a quello che la stessa corrente di cortocircuito incontra per attraversare l'interno della rete dal morsetto A al morsetto B, e cio di valore uguale alla resistenza RAB0 vista fra tali due morsetti guardando verso l'interno della rete.

    Per verificare l'utilit di questo teorema nello studio parziale delle reti baster il semplice esempio applicativo che segue. Sia data la rete in figura 1 e si voglia determinare la corrente I che percorre il ramo AB.

    Si pu immaginare di praticare le sezioni AC e BD, e di sostituire alle porzioni di rete

    che si trovano alla sinistra di AC e alla destra di BD i rispettivi generatori equivalenti: cos facendo, la rete di partenza si trasforma nello schema molto pi semplice riportato in

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    figura 2 il quale permette di scrivere immediatamente la seguente relazione:

    La f.e.m. e la resistenza interna del generatore equivalente si calcolano considerando i

    circuiti A e B precedentemente raffigurati che forniscono rispettivamente: Per il circuito A:

    Per il circuito B:

    Per il secondo generatore equivalente si dovr invece considerare i circuiti C e D dai

    quali si ricavano

    Teorema di Norton Oltre che con un generatore di tensione, una rete elettrica facente capo a due punti

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    pu essere sostituita anche con un generatore di corrente. Le caratteristiche, che deve presentare questo tipo di generatore, sono indicate dal

    Teorema di Norton che afferma: "Il generatore di corrente equivalente a una rete collegata a due morsetti A e B caratterizzata da una corrente generata ICeq di valore pari alla corrente IABcc che si stabilisce in un collegamento di cortocircuito praticato fra A e B, e da una conduttanza interna Geq di valore pari alla conduttanza vista fra gli stessi morsetti"

    Come esempio dapplicazione di questo teorema si consideri la rete indicata in figura A

    e se ne determini il generatore equivalente di Norton rispetto ai punti A e B, come schematizzato in figura B: (si tratta in pratica di trasformare un generatore di tensione nel corrispondente generatore di corrente).

    Il valore della corrente ICeq di questo generatore quella che si stabilisce nel collegamento di cortocircuito tra A e B come in figura A. Essa espressa dalla seguente relazione:

    La conduttanza interna Geq quella che appare fra i due morsetti A e B guardando

    verso l'interno della rete (resa passiva). Nel caso in esame si ha (da figura B) la seguente relazione:

    Dal punto di vista applicativo, presenta un rilevante interesse la determinazione

    sperimentale dei generatori equivalenti (di tensione o di corrente) di unassegnata rete a due morsetti. Per la determinazione del generatore equivalente di tensione (Thvenin) basta eseguire due prove a vuoto sulla rete, consistenti in due misure di tensione (tra i due punti cui la rete fa capo) per mezzo di due voltmetri con diversa resistenza interna RV1 ed RV2: se V1 e V2 sono le tensioni cos misurate si potr scrivere il sistema (nelle incognite Eeq ed Req)

    Per determinare il generatore equivalente di Norton basta eseguire due prove di

    cortocircuito, consistenti in due misure di corrente per mezzo di amperometri a conduttanza interna diversa GA1 e GA2: se I1 e I2 sono le correnti misurate si ha il sistema (nelle due incognite ICeq e Geq)

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    Potenza ed energia

    Sotto il nome denergia di un sistema si denota la capacit che ha quel sistema di

    trasformarsi compiendo un lavoro. In base al principio della conservazione dell'energia, l'energia non pu mai aumentare

    n diminuire ma solo trasformarsi o trasmettersi da un sistema ad un altro. Il lavoro compiuto serve a valutare la quantit denergia trasformata o trasmessa. L'energia si misura nella stessa unit in cui si misura il lavoro. Nel sistema di misura SI tale unit il joule. L'energia pu presentarsi sotto due forme fondamentali: Cinetica: connessa all'inerzia dei corpi in movimento (in essa da includersi

    l'energia termica, dovuta ai moti vibratori delle particelle costituenti la materia). Potenziale: connessa ai sistemi che sono mantenuti in uno stato dequilibrio

    forzato e che pertanto hanno la tendenza a mettersi in movimento.

    Sono esempi denergia potenziale l'energia posseduta dai corpi sospesi soggetti alla forza di gravit, l'energia dei corpi elastici deformati, e l'energia elettrica

    In ogni fenomeno in cui avviene una trasmissione denergia di una data forma, oppure

    una trasformazione denergia da una forma ad un'altra si chiama con il nome di potenza: "La quantit denergia che si trasmette o si trasforma nell'unit di tempo"

    Cos se un sistema trasmette a un altro sistema, nell'intervallo di tempo t, una quantit di energia pari a W, si dir che: il primo sistema sviluppa e trasmette al secondo, che la assorbe, la potenza

    In altri termini, se un sistema sviluppa e l'altro assorbe la potenza P, ci significa che nell'intervallo t il primo eroga e il secondo assorbe l'energia

    Per poter valutare le potenze, necessario definire la potenza unitaria, ossia quella

    che si assume per unit di misura della potenza. Se nella relazione

    Si pone W=1J e t=1s risulta P=1J/s, e cio nel Sistema Internazionale (SI) l'unit di

    potenza il joule/secondo, unit che viene denominata watt e indicata col simbolo W; risulta quindi che

    In pratica si usa spesso il multiplo kilowatt (kW) equivalente a 103 W.

    Qualche volta si adotta pure, per misure di potenze rilevalnti, il megawatt (MW) che equivale a 10

    6 W, e il gigawatt (GW) corrispondente a 10

    9 W e perci a mille megawatt.

    Per misure di potenze piccolissime si usa invece il milliwatt (mW) pari a un millesimo di watt (10

    -3 W), e il microwatt (mW), pari a un milionesimo di watt (10

    -6 W).

    Quindi si pu dire che la potenza di 1 W compie nell'intervallo di tempo di 1 secondo (s) il lavoro di 1 Joule (J), il che equivale a dire che 1 J corrisponde al lavoro di 1 Ws (wattsecondo).

    La stessa potenza di 1 W nel tempo di 1 ora (h) compie il lavoro di 3600 J, ossia 3600 Ws: questo lavoro si indica con il nome di wattora (Wh).

    Analogamente si usa comunemente l'unit di energia kilowattora (kWh) prendendo come unit di potenza il kilowatt, e come unit di tempo l'ora (h).

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    Potenza elettrica In ogni processo in cui l'energia elettrica (e cio l'energia delle cariche elettriche) si

    genera con spesa di energia di altra forma, o si trasmette per trasformarsi a sua volta in altra energia, si dovr indicare con il nome di potenza elettrica (rispettivamente generata, trasmessa, assorbita) la quantit di energia elettrica che si mette in gioco nell'unit di tempo.

    Il lavoro elettrico che si mette in gioco nel trasferimento dell'unit di carica tra due punti qualsiasi corrisponde, per definizione, alla tensione elettrica V che esiste fra questi due punti.

    Dato che in un circuito percorso da corrente accade, in ogni intervallo t, un trasferimento di cariche Q pari in valore al prodotto dellintensit I di tale corrente per la durata t, si comprende che la potenza elettrica rester determinata dalle relazioni:

    Essendo W = V Q l'energia messa in gioco dalle cariche nell'intervallo t. In generale un circuito elettrico che presenta agli estremi una tensione costante V ed

    percorso da una corrente costante I, eroga oppure assorbe (a seconda dei casi) la potenza elettrica espressa, in watt, dal seguente prodotto:

    IVP = Se il circuito rimane in funzione per un assegnato intervallo t, esso eroga oppure

    assorbe unenergia che espressa, in joule, dalle seguenti relazioni:

    QVtIVtPW === Essendo Q = I t la quantit delettricit che attraversa il circuito nell'intervallo di

    tempo.

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    Legge di Joule

    Sia dato un conduttore, di resistenza elettrica R, percorso da una corrente dintensit

    I. La legge di Ohm, applicata a questo conduttore, espressa dalla relazione V=RI, se

    con V si indica la tensione fra gli estremi del conduttore considerato come in figura 1

    P = RI2

    Figura 1 - Resistenza elettrica R percorsa dalla corrente I

    La potenza che il conduttore assorbe dalla rimanente parte del circuito cui appartiene

    data dal prodotto: P=V I Sostituendo a V il valore di RI fornito dalla legge di Ohm, la potenza assorbita rimane

    espressa dalla seguente relazione: P = V I = R I I = R I

    2

    Si pu osservare subito che questo risultato indipendente dal verso che la corrente

    ha nel tratto di conduttore considerato, perch il prodotto RI2 si mantiene in ogni caso

    positivo. Inoltre, la potenza P proporzionale alla resistenza R del conduttore e al quadrato della corrente I che lo percorre.

    Come noto, la resistenza elettrica deriva dall'attrito interno che si oppone allo spostamento degli elettroni nel filo metallico (cio alla corrente): perci evidente che la potenza elettrica P altro non pu essere se non la potenza che resta impegnata a produrre lo spostamento degli elettroni contro le resistenze passive che li frenano: tale potenza si trasforma in calore, ed ci che l'esperienza conferma (effetto joule).

    Il fisico Joule (a sinistra), per primo determin con accurate esperienze la quantit di calore che si sviluppa quando una corrente attraversa un conduttore di resistenza nota, e giunse cos a enunciare la seguente legge, nota appunto sotto il nome di legge di joule: "In un tratto di circuito di resistenza elettrica R, percorso da una corrente di intensit costante I, si sviluppa, ad ogni secondo una quantit di calore equivalente alla potenza elettrica P= RI

    2"

    Talvolta conviene esprimere la potenza dissipata per effetto Joule in funzione della tensione V agente ai capi della resistenza R come in figura 2.

    P = V2

    /R

    Figura 2 - Resistenza elettrica R alimentata alla tensione V (U nel disegno)

    Avendosi in tal caso I=V/R l'espressione della potenza assume la forma:

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    RVIVP

    2

    == L'effetto Joule utilizzato, in particolare, oltre che in taluni forni industriali, nelle

    lampade ad incandescenza e in tutti gli apparecchi elettrici di riscaldamento a resistenza (ferri da stiro, stufe, bollitori, scaldabagni ecc.).

    In questi apparecchi interessa concentrare la resistenza riscaldante nel minor spazio compatibile con la potenza dell'apparecchio e con le esigenze relative alla massima temperatura di esercizio che si vuol realizzare; tali resistenze vengono costruite in fili o nastri di metalli o di leghe speciali ad alta resistivit atte a sopportare, senza ossidarsi o corrodersi, la temperatura di regime che deve essere raggiunta: cos nelle lampade a incandescenza si usano filamenti di tungsteno, sotto vuoto o in gas inerte; nei comuni apparecchi di riscaldamento sono invece usate leghe di nichelcromo.

    In tutte queste applicazioni la quantit di calore Qc che viene prodotta per effetto

    Joule in un tempo t prefissato si calcola immediatamente ricordando che in ogni trasformazione di energia in calore, la quantit di energia di 1 kWh produce una quantit di calore pari a 860 kcal: ne consegue che entro un apparecchio elettrotermico che assorbe una potenza elettrica P (kW), nel tempo di t ore viene generata una quantit di calore espressa dalla seguente relazione:

    Qc (kcal) = 860 x P (kW) x t (h) Nei circuiti elettrici che hanno tutt'altro scopo che quello di produrre del calore,

    l'effetto Joule rappresenta sempre una inevitabile perdita di potenza, che va a detrimento del rendimento dell'impianto.

    Nei circuiti interni delle macchine elettriche, e lungo i fili delle linee di trasmissione dell'energia, si deve contenere questa perdita di potenza entro limiti tollerabili, proporzionando adeguatamente la sezione dei conduttori, anche al fine di contenere le sopraelevazioni di temperatura al disotto di quei valori oltre i quali sarebbe compromessa la buona conservazione degli isolamenti.

    Bilancio delle potenze nei generatori Si consideri un generatore elettrico avente una f.e.m. costante E e resistenza interna

    Ri, come in figura.

    Se si ricorda che la f.e.m. definita come il lavoro elettrico che corrisponde al

    trasferimento dell'unit di carica dal polo negativo al polo positivo, si comprende che, se il generatore viene attraversato nel verso della f.e.m. da una corrente I vuol dire che esso imprime a tale corrente unenergia al secondo, e cio una potenza, pari al prodotto E x I.

    Ne segue che: "La potenza generata da un generatore elettrico rappresentata dal prodotto della sua f.e.m. E per la corrente I che esso eroga".

    Indicando questa potenza con Pg si avr quindi (in watt) Pg=E I Se il circuito interno del generatore fosse privo di resistenza (e non provocasse quindi

    alcuna dissipazione denergia elettrica in calore) l'intera potenza generata Pg sarebbe

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    assunta come energia delle cariche elettriche uscenti dal morsetto positivo del generatore.

    D'altra parte, la presenza di una certa resistenza interna Ri provoca una caduta di tensione interna pari a Ri I e la tensione disponibile ai morsetti si riduce al valore

    UAB = VAB = E - Ri I

    Corrispondentemente la potenza elettrica P che esce effettivamente dal generatore e

    che assorbita dal circuito esterno determinata dalla seguente relazione

    P = VAB I = E I - Ri I2

    Si pu dunque affermare che la potenza erogata da un generatore data dal prodotto

    della tensione ai morsetti per la corrente, ed uguale alla potenza elettrica che esso genera diminuita dalla perdita interna per effetto Joule

    Pi = Ri I

    2

    Il rapporto fra la potenza erogata P e la potenza generata Pg definisce il rendimento

    del generatore. E in pratica

    Il valore della corrente I che erogata dal generatore dipende dal valore della

    resistenza esterna R in base alla relazione

    Per valori diversi della resistenza R, diverse risultano le condizioni di lavoro del

    generatore e, in particolare, diverse sono le perdite interne e il rendimento: se la resistenza di carico elevata, minore sar la corrente erogata, minori risulteranno le perdite interne e maggiore sar il rendimento; il contrario avviene se la resistenza R presenta valori ridotti.

    La massima corrente che un generatore pu erogare, senza che il rendimento scenda

    al di sotto di un valore prefissato, dipende dalle sue dimensioni costruttive. Cos ogni generatore caratterizzato dalla sua f.e.m. e dalla massima

    corrente che esso pu erogare con un dato rendimento, la quale designata come la corrente di pieno carico o corrent