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CORTE DEI CONTI
SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA CAMPANIA
INDAGINE SUPPLETIVA
SULLA GESTIONE DEL PATRIMONIO
IMMOBILIARE DEL COMUNE DI NAPOLI
Relazione (ai sensi dell’articolo 3 della legge 14 gennaio 1994, n. 20)
2
INDICE SOMMARIO
Oggetto e finalità dell’indagine 3
CAPITOLO I
GESTIONE DELLE MOROSITA’ E DELLE OCCUPAZIONI ABUSIVE
Premessa 6 1.1. Il contenzioso giudiziale 7 1.2. L’esecuzione forzata 11 1.3. Le irregolarità nei pagamenti 14 1.4. Tipologia degli utenti morosi 16 1.5. Gli utenti abusivi e la loro regolarizzazione 21
CAPITOLO II
GESTIONE DELL’ ABUSIVISMO EDILIZIO
Premessa 28 2.1. La demolizione delle opere abusive 29 2.2. Gli immobili confiscati 30
CAPITOLO III
GESTIONE DEGLI INTERVENTI DI MANUTENZIONE
Premessa 35 3.1. I programmi di finanziamento degli interventi di manutenzione
straordinaria 36 3.2. Le dimensioni del fabbisogno manutentivo degli immobili a reddito 38 3.3. La gestione tecnica degli interventi di manutenzione 40 3.4. Caratteristiche ed obiettivi dell’analisi 41 3.5. I programmi di manutenzione straordinaria degli immobili a reddito 43 3.6. I programmi di manutenzione straordinaria degli immobili
destinati ad usi istituzionali e ad altri usi 46 3.7. Gli interventi di manutenzione ordinaria 48
CAPITOLO IV
GESTIONE COMPLESSIVA DEL PATRIMONIO IMMOBILIARE
Premessa 52 4.1. La gestione corrente degli immobili a reddito 54 4.2. La gestione corrente degli immobili ad usi istituzionali 58 4.3. Gli altri profili gestionali a confronto 60
Considerazioni conclusive 67
3
Oggetto e finalità dell’indagine
Con deliberazione n. 5/2004 in data 20 maggio 2004, questa Sezione approvava il
referto sulla gestione del patrimonio immobiliare del Comune di Napoli, indagine
finalizzata alla verifica del livello di efficienza della gestione immobiliare nonché della sua
eventuale redditività.
La relazione rappresentava il completamento di una più ampia attività istruttoria,
condotta con metodologia comune ma separata trattazione, diretta a monitorare la reale
consistenza del patrimonio amministrato dai cinque comuni capoluoghi di provincia della
Regione Campania.
Nel referto si dava atto, tra l’altro, delle difficoltà incontrate nel ricevere
(nonostante i ripetuti solleciti) elementi pienamente rispondenti alle richieste istruttorie
formulate; difficoltà dovute, fondamentalmente, alla frammentazione delle competenze
tra i vari servizi interni all’Amministrazione comunale (da un lato, la concessionaria
Romeo Gestioni s.p.a., che ha avuto in affidamento la gestione degli inventari, la
gestione tecnico-amministrativa dei beni patrimoniali e l’attività di supporto alle iniziative
comunali di valorizzazione dei beni stessi, dall’altro, i quattro uffici comunali: Servizio
tecnico patrimonio immobiliare, Servizio patrimonio e demanio, Servizio casa e Servizio
per gli interventi di dismissione del patrimonio immobiliare a reddito).1
All’esito dell’istruttoria, il magistrato relatore trasmetteva all’Amministrazione
comunale, per il consueto contraddittorio, la bozza di referto. Sul punto, non risultano
pervenute note scritte di controdeduzioni in esito al termine concesso per il
contraddittorio né, in sede di adunanza pubblica della Sezione, il responsabile comunale
del Settore patrimonio e demanio ha avanzato osservazioni critiche sul detto documento.
Al termine dell’udienza pubblica, il Collegio, riunito in Camera di consiglio, ha
approvato il referto in parola con talune integrazioni e correzioni, dando altresì mandato
al relatore di accertare, presso l’Amministrazione comunale, la effettiva proprietà degli
immobili detenuti come abusivi nonché la correttezza del prospetto di riepilogo delle
spese di gestione (tabella 21 della citata relazione).
In esito a tali accertamenti, il Comune di Napoli, con fax del 21 maggio,
confermava l’esattezza dei dati riportati nella tabella 21, precisando, altresì, che gli
immobili sottoposti a sequestro erano stati regolarmente acquisiti al patrimonio
immobiliare del Comune di Napoli, previa trascrizione delle Ordinanze sindacali di
requisizione immobiliare conseguenti alla mancata demolizione delle opere abusive.
1 Della “copiosa” documentazione trasmessa (tra cui inventari, tabulati, prospetti parziali etc.), meritano particolare attenzione:
- una relazione sugli “Elementi e valutazioni del patrimonio immobiliare” del Comune di Napoli (voluminoso resoconto di 48 pagine contenente elementi informativi sulla consistenza dei beni amministrati e sulla relativa gestione tecnico-contabile);
- un questionario, debitamente compilato, contenente i dati relativi alla consistenza, al valore, ai proventi ed ai costi di manutenzione dei beni demaniali e patrimoniali distinti per tipologia e destinazione d’uso.
4
Successivamente alla pubblicazione del referto, con nota n. 4584 in data 13
ottobre 2004, l’Assessore al patrimonio del Comune di Napoli, nel formulare una serie di
osservazioni e deduzioni in ordine alle valutazioni svolte dalla Sezione nella citata
relazione e in particolare nelle conclusioni, esprimeva l’auspicio che la Sezione, sulla base
di nuove e ulteriori valutazioni, potesse “ripensare il proprio giudizio… riformulando le
considerazioni espresse” in sede di referto.
La Sezione, con deliberazione n. 10/2004 in data 2 dicembre 2004, ha ritenuto di
poter accedere alla richiesta dell’Assessore al patrimonio del Comune di Napoli in
considerazione della natura collaborativa, neutrale ed esterna del controllo esercitato
dalla Corte dei conti, alla cui funzione è connaturato l’accertamento dei fatti gestori nella
loro obiettività.
Peraltro, il riesame di questioni che hanno formato oggetto di deliberazione della
Sezione è da ritenersi implicito nell’obbligo stesso, che fa capo alle amministrazioni
pubbliche controllate, di comunicare alla Corte (nonché agli organi elettivi), ai sensi dell’
art. 3, comma 6, legge n. 20/1994, le misure conseguenzialmente adottate in merito alle
osservazioni da questa formulate.
La Sezione ha ritenuto, tuttavia, doversi procedere ad approfondimenti istruttori
con riferimento a quanto rappresentato dal Comune con la nota surrichiamata, anche al
fine di accertare se gli elementi da questa forniti trovassero riscontro nei dati di bilancio
dell’Ente.
L’indagine è stata avviata procedendo all’acquisizione della documentazione
indicata nella citata deliberazione n. 10/2004, integrando le informazioni raccolte con una
richiesta di chiarimenti inerenti l’organizzazione del servizio e la gestione del patrimonio
immobiliare.
L’Amministrazione comunale ha, quindi, riscontrato le richieste istruttorie di cui
alla nota n. 5340 del 14 dicembre 2004 con la nota del dirigente del Servizio patrimonio
e demanio prot. 1946 del 25 maggio 2005, cui ha fatto seguito la richiesta di chiarimenti
da parte del magistrato istruttore (nota n.4291 del 14 settembre 2005) a sua volta
riscontrata con note n.4553 del 5 dicembre 2005 e n.1697 del 7 aprile 2006.
Con tale ultima nota, l’Amministrazione comunale, comunque, ha fatto riserva di
trasmettere ulteriori informazioni inerenti la materia del condono edilizio, cui però, ad
oggi, non è stato dato seguito.
Gli approfondimenti istruttori hanno riguardato, in particolare, le tematiche
relative alle morosità maturate dagli assegnatari/conduttori dei cespiti di proprietà
comunale ed al relativo contenzioso, alla gestione dell’abusivismo edilizio e degli
interventi di manutenzione degli immobili demaniali e patrimoniali nonché alla gestione
immobiliare nel suo complesso.
5
Anche ai fini di una più complessa ed esaustiva indagine, si è cercato di condurre
l’analisi su tutto il complesso immobiliare di proprietà del Comune di Napoli e, quindi, sia
sui beni patrimoniali, disponibili ed indisponibili, sia sui beni demaniali.
Tuttavia, la notevole consistenza immobiliare ha suggerito di limitare l’analisi ai
soli beni immobili patrimoniali e a quella parte dei beni demaniali che non attenessero ai
settori della viabilità e trasporti, illuminazione pubblica e impianti idrici (acquedotti,
fognature etc.); ciò anche in considerazione del fatto che le rilevanti dimensioni
finanziarie degli investimenti in materia di viabilità e trasporti avrebbero rischiato, in
qualche modo, di alterare ovvero appannare i risultati di un’analisi che intendeva
soffermarsi, principalmente, sugli interventi gestionali riguardanti gli edifici e relative
aree e pertinenze facenti parte del patrimonio immobiliare del Comune di Napoli.
6
CAPITOLO I
GESTIONE DELLE MOROSITA’ E DELLE OCCUPAZIONI ABUSIVE
Premessa
In esito alla richiamata indagine sulla gestione del patrimonio immobiliare del
Comune di Napoli, la Sezione esprimeva giudizi critici in ordine sia al crescente
ammontare delle esposizioni debitorie (morosità) maturate dagli assegnatari/conduttori
nel godimento dei cespiti di proprietà comunale sia al ridotto importo dei recuperi
effettuati dall’Amministrazione per crediti insoluti.
Per il Comune, viceversa, l’elevato numero di azioni giudiziarie intraprese
nell’interesse dell’Amministrazione (si citano, ad es., oltre 2.300 azioni di sfratto per
morosità) costituirebbe indice, del tutto positivo, di una più incisiva azione di recupero
coattivo posta in essere dall’Ente proprietario (avendo questi incrementato l’importo dei
crediti azionati in giudizio) e di un costante impegno nel dare il massimo impulso
possibile alla repressione delle situazioni di morosità e, più in generale, di illegalità.
Dagli approfondimenti istruttori eseguiti sull’argomento, emerge come le
dimensioni del fenomeno delle morosità nel pagamento dei canoni locativi e del più
generale problema costituito dal recupero dei crediti maturati abbiano assunto per
l’Amministrazione comunale caratteri di tale, evidente criticità, da rendere
improcrastinabile l’avvio di soluzioni correttive di carattere politico e/o gestionale volte ad
un rapido mutamento dell’attuale quadro evolutivo.
Le considerazioni che seguono consentono di inquadrare le caratteristiche e le
dimensioni dello spinoso problema, che si inserisce, tra l’altro, nella più ampia
problematica delle occupazioni abusive degli alloggi di proprietà del Comune di Napoli, in
ordine alla quale la Sezione ha, altresì, espresso riserve per l’entità del fenomeno e le
conseguenti perdite derivanti dal mancato utilizzo degli immobili.
7
§ 1.1 – Il contenzioso giudiziale
Come noto, la fase contenziosa costituisce il momento “patologico” delle vicende
riguardanti i rapporti di utenza. L’azione giudiziaria rappresenta, infatti, lo strumento
“estremo” per garantire la piena realizzazione delle finalità perseguite dall’ente
proprietario di fronte agli abusi o agli inadempimenti dei soggetti titolari del rapporto
stesso.
Giova precisare, al riguardo, che la parte maggiore dei contenziosi attivati
dall’Amministrazione comunale è costituita dalle azioni di recupero dei fitti a seguito delle
morosità maturate dai conduttori degli immobili comunali assegnati o comunque
occupati. In tale contesto, i giudizi di sfratto per morosità sono preceduti da attività
stragiudiziali (consistenti nell’invio di solleciti di pagamento, lettere di diffida e messa in
mora, proposte di dilazione di pagamento delle morosità pregresse mediante rateizzi e
piani di ammortamento, transazioni) finalizzate ad una soluzione bonaria del conflitto,
che eviti, per quanto possibile, l’insorgere di controversie giudiziali ritenute, da un lato,
foriere di onerose anticipazioni da parte del Comune, dall’altro, pregiudizievoli per la
continuità locativa e reddituale del cespite.
Ad ogni modo, l’intimazione di sfratto per morosità rappresenta, senza dubbio, lo
strumento più rapido ed efficace per garantire il recupero dei crediti maturati (canoni di
locazione e oneri accessori) ovvero la disponibilità dell’immobile mediante rilascio
forzoso.
Tale strumento giudiziario, tuttavia, non risulta utilizzabile nel caso di immobili
detenuti abusivamente in forza di una occupazione di fatto (per i quali occorre
intraprendere, salvi i casi di eventuali procedimenti di sanatoria in corso, specifica azione
di rilascio per detenzione sine titulo dell’immobile e separata azione per il recupero di
quanto dovuto a titolo di indennità di occupazione e risarcimento dell’eventuale maggior
danno prodotto).
E’ da considerare, inoltre, che l’azione di sfratto per morosità, seppure intrapresa,
viene generalmente archiviata laddove l’assegnatario/conduttore dell’immobile acceda
alla facoltà, concessa dall’Amministrazione comunale, di sottoscrivere un accordo
transattivo avente ad oggetto la dilazione del debito maturato a tutto il 31 dicembre
2002 secondo un piano di ammortamento variabile da un minimo di 36 rate ad un
massimo di 120 rate mensili. Di fatto, in esito anche alle autorizzazioni concesse
dall’Assessore al Patrimonio con le note n.1640 del 30 novembre 2000 e n.159 del 7
febbraio 2001 (aventi ad oggetto l’estensione del beneficio della dilazione del debito oltre
i termini previsti dalla Legge regionale n. 19/1997), gli utenti morosi hanno potuto
rateizzare, sostanzialmente, l’intera esposizione debitoria dedotta in giudizio previo
8
versamento di una somma, a titolo di acconto ed in unica soluzione, all’atto del
riconoscimento del debito.
Per un esame approfondito del contenzioso giudiziale intrapreso dall’Ente gestore
nell’interesse dell’Amministrazione comunale, occorre muovere dalla situazione
complessiva dei giudizi in corso ovvero archiviati negli ultimi anni. A tal fine, dall’esame
dei dati contenuti nelle “relazioni annuali sullo stato del contenzioso” redatte dalla Romeo
s.p.a. nell’ambito della più generale informativa sullo stato di avanzamento dei servizi
affidatigli, è possibile ricostruire un quadro di sintesi della gestione del contenzioso per gli
anni 2000/2003 distinto in base alla tipologia delle azioni giudiziali attivate ed al loro
esito (Tab.1)2.
2 In ordine ai dati riportati in tabella (con riferimento, soprattutto, al numero delle azioni giudiziali in corso al termine del 2002), merita precisare che gli stessi presentano talune discordanze rispetto ai medesimi dati (a vario titolo) trasmessi dalla Romeo spa. in occasione di analoghe indagini concernenti profili diversi della gestione del patrimonio immobiliare del Comune di Napoli. Come ha spiegato l’Ente gestore con la nota n.TCN06/6112 del 9 maggio 2006, la eventuale divergenza tra i dati è dovuta (ove non si tratti di meri errori materiali ovvero del computo di azioni giudiziali intraprese in ordine a differenti cespiti immobiliari) al possibile utilizzo di diversi criteri selettivi in base ai quali considerare il momento dell’attivazione delle liti: il compimento dell’istruttoria, l’affidamento formale del mandato a rappresentare l’Amministrazione in giudizio ovvero l’avvenuta iscrizione a ruolo della causa. Nei richiamati limiti di attendibilità dei dati esposti in tabella, si rappresenta, altresì, che una recente analisi della banca dati del gestore ha evidenziato che dal 1° gennaio 1991 al 31 dicembre 2003 sarebbero stati attivati, complessivamente, n.7.643 giudizi, a fronte dei 7.398 riportati in tabella quale sviluppo dei dati forniti dalle citate“relazioni annuali sullo stato del contenzioso” redatte dalla Romeo s.p.a. per lo stesso arco temporale di riferimento.
9
TAB.1
GESTIONE DEL CONTENZIOSO
(Procedimenti giudiziali al 31 dicembre)
2000 2001 2002 2003
AZIONI IN CORSO Nuove Totali Nuove Totali Nuove Totali Nuove Totali
Sfratti per morosità 997 2.062 547 1.884 521 2.020 664 2.382
Sfratti per finita locazione - 54 - 52 34 80 20 82
Procedure fallimentari - 8 1 9 1 10 - 10
Decreti ingiuntivi - 4 - 4 - 4 - 4
Azioni di rilascio - 70 4 46 2 38 23 60
TOTALE 997 2.198 552 1.995 558 2.152 707 2.538
AZIONI ESTINTE Nell'anno In totale Nell'anno In totale Nell'anno In totale Nell'anno In totale
Sfratti per morosità 331 3.316 725 4.041 385 4.426 302 4.728
di cui: con accordo transattivo e rateizzo 263 678 307 231
Sfratti per finita locazione - 42 2 44 6 50 18 68
Procedure fallimentari - 1 - 1 - 1 - 1
Decreti ingiuntivi - 4 - 4 - 4 - 4
Azioni di rilascio - 20 28 48 10 58 1 59
TOTALE 331 3.383 755 4.138 401 4.539 321 4.860
TOTALE AZIONI INTRAPRESE DAL 1991 5.581 6.133 6.691 7.398
Fonte: elaborazione della Corte dei conti su dati trasmessi dal Servizio Patrimonio e Demanio del Comune di Napoli
Il prospetto offre lo spunto ad una prima serie di considerazioni.
In primo luogo, appare evidente come il considerevole numero di giudizi totali
incardinati (dal 1991 al 2003) a tutela degli interessi economici dell’Amministrazione
comunale (circa 7.400 giudizi) sia riconducibile, essenzialmente, ad azioni di sfratto per
morosità (il cui numero è pari al 96% circa del totale complessivo delle azioni ed al 94%
di quelle in corso).
A fronte di detti procedimenti per convalida di sfratto è stato attivato un numero
estremamente esiguo di azioni (circa 120) per il rilascio coattivo dell’immobile detenuto
sine titulo (azioni che rappresentano solo il 2% circa dei giudizi complessivi), il che, in
astratto, lascerebbe presumere l’esistenza di un numero relativamente contenuto di
occupazioni abusive (ma l’ipotesi, come si vedrà, è ampiamente smentita dalla realtà).
Al riguardo, l’Amministrazione comunale ha precisato che:”il numero di rapporti di
utenza relativamente ai quali sia stato conseguito un provvedimento esecutivo di rilascio
(ordinanza di rilascio, ordinanza di convalida di sfratto per morosità/finita locazione,
sentenza ecc.) ammontano complessivamente, a tutto il 31/12/2003, a 3.121, di cui n.
10
1.042 sono giudizi pendenti (e quindi in corso di esecuzione) e n. 2.079 sono relativi a
giudizi estinti”.
Tale dato è indice di come neppure la metà delle azioni di sfratto per morosità
complessivamente intraprese consegue un titolo esecutivo. Ne deriva, pertanto, che
anche la percentuale dei crediti recuperati coattivamente mediante azione legale non
supera, mediamente, la metà del totale degli importi intimati.
Dai dati comunicati dall’Amministrazione comunale relativamente all’ammontare
complessivo dei crediti insoluti per fitti di beni locati a terzi (pari a ben 80,9 milioni
di euro, di cui 8,3 Meuro rateizzati e 23,4 in contenzioso), si evince che il totale dei
crediti dedotti in giudizio a tutto il 31 dicembre 2003 ammonta a 35.453.305,17 euro, a
fronte dei quali l’importo dei crediti recuperati, con giudizi pervenuti comunque a
definizione alla stessa data, è di euro 13.423.816,88 (pari al 37,9%). Sul punto è da
considerare, però, che oltre il 90% delle archiviazioni dei giudizi di sfratto per morosità
avviene per intervenuto accordo transattivo con conseguente rateizzo del debito
pregresso. Infatti, solo 335 giudizi su 4.213 estinti in senso positivo per
l’Amministrazione (di cui, come si è detto, 2.079 estinti successivamente al
conseguimento di un titolo esecutivo) si sono conclusi con il pagamento risolutivo delle
morosità accertate.
Il modesto livello di recupero delle morosità è indice, dunque, non solo
dell’esistenza di un notevole ammontare di crediti di difficile esazione ma anche delle
difficoltà di passare alla successiva fase dell’esecuzione in forma specifica dei titoli
esecutivi giudiziari conseguiti. Tant’è che la stessa Amministrazione comunale
laconicamente conferma che “i rilasci effettuati, all’esito di attività giudiziale, a tutto il
31/12/2003, sono pari a 22”.
D’altronde, l’Amministrazione sostiene, con riguardo agli immobili di “edilizia
residenziale pubblica”, di non poter “ignorare che il rilascio forzato di un immobile ai
danni di una famiglia disagiata, di cui magari fanno parte persone anziane, malate o
minorenni, costituisca poi di fatto una problematica di ordine sociale che ritorna, in
quanto tale, ad essere di competenza dell’Amministrazione medesima, la quale,
nell’ambito delle funzioni assistenziali che le appartengono, è tenuta in ogni caso ad
assicurare una sistemazione alloggiativa a chi non è in grado di reperire (proprio in
ragione delle caratteristiche che lo hanno reso assegnatario di un alloggio ERP) un’altra
abitazione, ricorrendo ad esempio al mercato delle locazioni private”.3
3 In particolare, nella citata memoria trasmessa dall’Amministrazione comunale con nota n. 2948 del 14 dicembre 2006 e contenente le controdeduzioni al presente schema di relazione, si sottolinea come le funzioni amministrative concernenti l’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica siano, essenzialmente, rivolte, in modo diretto o indiretto, a fornire un alloggio alle classi sociali meno abbienti. A tal fine, la disciplina della materia, contenuta nel DPR n.1035 del 30 dicembre 1972, stabilisce specifici requisiti per l’assegnazione di un alloggio di ERP e tra questi: l’impossidenza (vale a dire, assenza della titolarità di un diritto reale ad un alloggio adeguato alle esigenze del proprio nucleo familiare); il limite di reddito (godimento di un reddito annuo complessivo, per il nucleo familiare, inferiore ad un certo importo); la composizione del nucleo familiare (numero dei componenti, presenza di persone anziane o affette da handicap, nucleo di recente formazione
11
Può, quindi, ritenersi che l’Amministrazione comunale, di norma, nell’intento di
conformarsi alla volontà del legislatore regionale volta a favorire “la più ampia possibilità
di rientro delle morosità maturate” (art.6, comma 6, L.R. n.19/97), rinunci alla
risoluzione del rapporto locativo (ed alla conseguente riacquisizione del possesso del
cespite) in cambio dell’impegno da parte dell’utenza di un integrale assolvimento del
debito rateizzato4.
§ 1.2 – L’esecuzione forzata
Uno dei principali aspetti di criticità nella gestione del contenzioso giudiziale è
costituito dal comportamento dell’Amministrazione comunale in sede di esecuzione
forzata e di presa in consegna dei cespiti. La società affidataria della gestione del
contenzioso giudiziale (la Romeo Gestioni s.p.a.) ha più volte denunciato, nelle sue
relazioni annuali, la scarsa attenzione dimostrata dall’Amministrazione (Servizio Casa del
Comune di Napoli) nel sovrintendere alle operazioni di sgombero coattivo e presa in
consegna delle unità abitative di edilizia residenziale pubblica. Quest’ultima, infatti, non
avrebbe in più occasioni “assicurato la presenza di propri funzionari delegati alla presa in
consegna del cespite e di uomini e mezzi (fabbro, furgone) necessari per l’apertura
forzata e lo sgombero del mobilio eventualmente rinvenuto all’interno dell’immobile”. Di
fatto, ciò avrebbe determinato “una situazione di stallo” nelle numerose procedure
esecutive incardinate, con la necessità di reiterati rinvii delle procedure di accesso
forzoso sui luoghi dell’esecuzione alla presenza dell’Ufficiale Giudiziario, del legale
incaricato e della Forza Pubblica (in alcuni casi si contano oltre quaranta rinvii !).5
Tale grave disservizio costituisce vieppiù preciso inadempimento contrattuale,
laddove l’Amministrazione comunale, ai sensi dell’art. 11 del contratto di affidamento dei
servizi di inventariazione e gestione del patrimonio immobiliare, “è tenuta a svolgere ogni
attività e a prestare ogni collaborazione al fine di rendere possibile, agevolare e non
aggravare l’adempimento delle prestazioni da parte dell’Affidatario; in particolare è
tenuta ad assicurare, laddove necessaria, la disponibilità degli organi di vigilanza, nonché
etc.); una situazione alloggiativa di particolare disagio (alloggio in coabitazione, improprio, antigienico etc.); un provvedimento amministrativo o giudiziario di sfratto. 4 In via generale, la legge regionale n.19/1997 prevede, invece, la risoluzione del rapporto di locazione per le morosità relative ad almeno tre mensilità del canone. 5 Sul punto, la Romeo s.p.a. così dichiara:”Allorquando il fiduciario incaricato del giudizio informa la scrivente sulla data stabilita per l’accesso, la stessa viene tempestivamente comunicata agli uffici competenti dell’Amministrazione, affinché vengano predisposti i mezzi (camion per il trasporto delle masserizie rinvenute all’interno dei cespiti, fabbro, ambulanza, medico) e l’organizzazione necessaria per le operazioni di rilascio forzato. Di fatto, dette missive restano il più delle volte senza alcun seguito, sicché l’Ufficiale procedente, in assenza degli strumenti necessari, è costretto a rinviare ad altra data l’esecuzione, generandosi, di fatto, un mero susseguirsi burocratico di accessi”.
12
la collaborazione degli Uffici comunali ai fini dell’esatto adempimento delle obbligazioni
ovvero per il più spedito ed efficace espletamento dei servizi gestionali”.
Alle esposte disfunzioni l’Amministrazione ha replicato, in sede di contraddittorio,
osservando che: “la mancata esecuzione degli accessi degli ufficiali giudiziari non è
ascrivibile solo all’assenza dei funzionari delegati dal Comune, essendo diversi i fattori e
le concause che il più delle volte impediscono agli Ufficiali procedenti di dar corso alle
esecuzioni.
Si pensi al sovente intervento, durante gli accessi, di Sindacati, di organi di
assistenza sociale, di comitati di quartiere che, per … ragioni riconducibili sostanzialmente
al disagio sociale ed economico degli esecutati, ostacolano nei fatti lo svolgimento delle
operazioni di sgombero, costringendo così l’ufficiale a un mero rinvio delle operazioni.
Molte volte è lo stesso ufficiale procedente che non riesce ad ottenere dai
competenti uffici l’assistenza della Forza Pubblica, indispensabile per portare ad
esecuzione gli accessi; altre volte è proprio la Forza Pubblica che, quand’anche
intervenuta, valuta autonomamente l’inopportunità di sgomberare un alloggio al cui
interno si trovano persone anziane, malate o minorenni.
Altre volte ancora, il personale medico intervenuto all’accesso non acconsente allo
sgombero forzoso di persone non ritenute in grado, per le particolari condizioni fisiche in
cui versano (malati, handicappati, anziani, donne incinte, bambini in tenera età), di
sopportare lo stress dell’esecuzione stessa”.
E’ chiaro che, anche di fronte a fenomeni di radicata morosità, l’Amministrazione
non può non tener conto delle esigenze di natura politico-sociale e degli scopi istituzionali
connessi all’assegnazione di alloggi di “edilizia residenziale pubblica”. Tuttavia, appare
altrettanto evidente come l’affermarsi di una tale prassi, legata sia a problemi di
carattere organizzativo sia a indirizzi di carattere politico-sociale, rischia di generare
effetti a catena che vanno ben al di là dei singoli casi concreti e che si riflettono
negativamente sulle già allarmanti dimensioni dei crediti insoluti. Si pensi, ad es., che
l’indefinito protrarsi di azioni esecutive prive di effettivi risultati concreti, induce gli utenti
morosi a persistere nel loro inadempimento ovvero ad incorrere in nuovi e reiterati
inadempimenti (anche successivi all’ottenuto beneficio della rateizzazione del debito)
senza timore di poter perdere in concreto la disponibilità dell’immobile.
In realtà, se si confronta l’attuale esposizione debitoria degli utenti morosi (circa
81 milioni di euro, pari al 37,4% del totale dovuto per fitti) con quella in essere al 31
dicembre 1999 (pari solo a Lire 8.586.000.000, corrispondenti a circa 4,4 milioni di
euro), si comprende come l’entità del contenzioso sia, in questi ultimi anni, in
considerevole espansione.
Inoltre, alla perdita dell’efficacia deterrente delle procedure giudiziarie intraprese
nell’interesse dell’Amministrazione, si aggiunge l’aggravante dell’ulteriore onere
13
economico conseguente alle anticipazioni delle spese di notifica, di deposito, di diritti ed
onorari maturati, senza contare l’ulteriore differimento nel recupero dei crediti insoluti.
Il persistere di tale situazione è molto grave, giacché il fenomeno dell’abusivismo
e della morosità degli utenti assegnatari rischia di assumere proporzioni incontrollate
laddove l’Amministrazione indulga in soluzioni di facile compromesso ovvero persegua
rimedi alternativi di natura amministrativa (quali la decadenza o la sospensione del
procedimento monitorio) che svuotano di significato i rimedi giudiziali e vanificano il
perseguimento di soluzioni che valorizzino il patrimonio comunale (inteso come risorsa
strategica per il superamento o il ridimensionamento delle tensioni sociali correlate al
fabbisogno abitativo) e creino normali condizioni di vivibilità per gli utenti.
In linea di massima, una alternativa al rilascio forzoso degli alloggi di ERP ai danni
di famiglie disagiate, che protraggono una occupazione non accompagnata dal regolare
versamento delle mensilità dovute, è costituita dall’accesso al Fondo di solidarietà
istituito dall’art. 5 della legge regionale n. 19 del 14 agosto 1997, recante “Nuova
disciplina per la fissazione dei canoni di locazione degli alloggi di edilizia residenziale
pubblica”. Detto Fondo, “costituito dallo 0,50 del canone”, può essere utilizzato dagli Enti
gestori per risanare le morosità di inquilini indigenti o gravemente disagiati “previa
documentazione certa rilasciata dal Comune e dall'Azienda Sanitaria Locale”.
In proposito, tuttavia, l’Amministrazione lamenta di non poter tenere in
considerazione, allo stato attuale, tale alternativa, in quanto, seppur prevista dal dettato
normativo, “non è in concreto configurabile” per “… il mancato finanziamento
dell’apposito capitolo”.
In disparte i motivi che sono alla base della mancata attuazione del citato disposto
normativo, è comunque importante sottolineare quanto dichiarato dall’Amministrazione in
merito all’impegno a fornire “tutto il suo supporto e la sua assistenza” alle operazioni di
sgombero allorquando non vi siano esigenze di natura sociale da tutelare.
Ne sarebbero dimostrazione, tra l’altro, le attività di sgombero coatto degli
occupanti abusivi di alloggi pubblici realizzate dal Servizio Assegnazione Immobili, che dal
settembre 1998 ad oggi ha proceduto a liberare, in media, circa 50 alloggi l’anno.
L’esecuzione di tali operazioni di sgombero risulta ulteriormente intensificata negli ultimi
anni, nei quali, anche grazie ad una potenziata attività di censimento e di accertamento,
il livello delle operazioni di sgombero calendarizzate è asceso a circa 120 alloggi l’anno.6
6 In particolare, alla luce della documentazione depositata agli atti della Sezione nel corso dell’adunanza pubblica di discussione del presente referto, le attività di sgombero realizzate nell’anno 2003 risultano essere, complessivamente, n.67 (di cui n.42 per nuove assegnazioni di alloggi e n.14 confische per fini istituzionali), n.119 nell’anno 2004 (di cui n.32 per nuove assegnazioni di alloggi, n.5 confische per fini istituzionali e n.40 per la messa in sicurezza delle relative unità abitative), n.131 nell’anno 2005 (di cui n.24 per nuove assegnazioni di alloggi, n.11 confische per fini istituzionali e n.78 per la messa in sicurezza delle relative unità abitative). A fronte di tali operazioni di sgombero di alloggi occupati abusivamente, risultano, allo stato, ancora da calendarizzare n.109 pratiche in attesa di esecuzione e n.110 fascicoli per i quali occorre emettere ordinanza sindacale di sgombero.
14
Al riguardo, la via intrapresa dall’Amministrazione è certamente apprezzabile,
anche se la misura degli sgomberi effettuati appare ancora troppo modesta rispetto alle
dimensioni del fenomeno.
§ 1.3 – Le irregolarità nei pagamenti
Se è vero che l’esigenza di recuperare i crediti derivanti dalla mancata
corresponsione dei canoni locativi rappresenta una finalità essenzialmente distinta da
quella di rientrare nella disponibilità del bene abusivamente occupato, è anche vero che
entrambe conducono all’unitaria finalità di assicurare la continuità locativa e reddituale
del cespite, il che dovrebbe spingere l’Amministrazione comunale a ricercare (per
entrambe) soluzioni economicamente vantaggiose e coerenti sotto il profilo gestionale.
Peraltro, la gestione degli immobili a reddito deve necessariamente dimensionarsi
alla situazione di degrado in cui versa il patrimonio comunale, sicché l’uso della risorsa
non può andare disgiunto dal correlato impiego dei mezzi finanziari necessari per gli
interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria. Un ulteriore allentamento nel rigore
con il quale pretendere dall’utenza il pagamento del canone di locazione si traduce
nell’impossibilità di assicurare una tempestiva esecuzione delle opere manutentive
necessarie, da cui consegue una serie di responsabilità non solo economiche, per la
perdita di valore del patrimonio comunale, ma anche di tipo sociale, data l’attesa
dell’utenza nell’adozione degli indilazionabili interventi di manutenzione.
E’ da evidenziare, in proposito, che nell’attività di recupero dei crediti maturati,
l’Amministrazione incontra specifiche difficoltà conseguenti alla particolare natura dei
soggetti debitori.
A tale riguardo, si ritiene utile inquadrare il fenomeno nell’ambito del più generale
problema delle morosità, riassunto in un quadro di sintesi che vede i rapporti di utenza
che presentano situazioni di morosità (cd. “irregolari”) distinti per tipologia di cespiti
patrimoniali (ERP e non ERP) e per grado di morosità (inferiore/superiore a 1.000 €).
L’analisi, esposta nel prospetto che segue, aggiornato all’anno 2003 (Tab.2), evidenzia,
altresì, le percentuali di incidenza delle diverse classi di utenti (regolari e irregolari)
rispetto al totale dei rapporti di utenza.
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TAB.2
INCIDENZA DELLE MOROSITA' (Per tipologia di Patrimonio e per classi di utenza)
ERP NON ERP TOTALE CLASSI DI UTENZA
N. Utenti % N. Utenti % N. Utenti %
Regolari Utenti in regola con i pagamenti 11.011 43,1% 1.487 25,9% 12.498 39,9%
Utenti morosi fino a 1.000 € 8.394 32,8% 2.063 36,0% 10.457 33,4%
Utenti morosi oltre i 1.000 € 6.165 24,1% 2.184 38,1% 8.349 26,7% Irregolari
Totale morosi 14.559 56,9% 4.247 74,1% 18.806 60,1%
TOTALE UTENTI 25.570 100,0% 5.734 100,0% 31.304 100,0%
Fonte: elaborazione della Corte dei conti su dati trasmessi dal Servizio Patrimonio e Demanio del Comune di Napoli
Il dato più preoccupante che si evince dal prospetto sopra riportato è che oltre il
60% degli utenti non è in regola con i pagamenti. Va notato, inoltre, che gli utenti
ERP risultano, in percentuale, assai meno inadempienti degli utenti di altre tipologie di
patrimonio date in locazione. Questi ultimi, infatti, evidenziano una marcata propensione
alla irregolarità (ben il 74,1% degli utenti è in mora con i pagamenti) e la maggioranza di
essi risulta in mora per importi superiori a 1.000 euro (soglia oltre la quale il gestore
ritiene utile, oltre che economicamente conveniente, esercitare l’azione giudiziale).7
Altri aspetti rilevanti emergono dall’analisi dei rapporti di utenza irregolari: in
particolare, circa l’ 80% delle azioni di sfratto per morosità riguardano importi superiori ai
1.000 euro. Tuttavia, come si desume dalle tabelle seguenti (tab.3 e 4) che pongono a
raffronto i rapporti di utenza irregolari (distinti per tipologia di patrimonio e per fascia di
importo) con contenzioso in corso rispetto a quelli per i quali il contenzioso non è stato
ancora attivato, dei circa 8.350 utenti con importi di mora superiori a 1.000 euro, solo
nei confronti del 20% di essi viene esercitata l’azione di sfratto per morosità (percentuale
che sale solo al 26% nei confronti di utenti con oltre 5.000 euro di pagamenti arretrati).
Di particolare rilievo è anche il fatto che le morosità si concentrano soprattutto
agli estremi delle fasce di importo (da 0 a 100 euro ed oltre i 5.000 euro).
Mentre, però, nel primo caso (da 0 a 100 euro) il fenomeno appare assolutamente
normale, il secondo (ipotesi di crediti insoluti per oltre 5.000 euro) è sintomatico di un
comportamento anomalo, presumibilmente indotto dal comportamento
dell’Amministrazione, eccessivamente indulgente e poco incisivo con le azioni
stragiudiziali, da un lato, poco propenso ad attivare sistematiche azioni di sfratto per
morosità, dall’altro.
7 Sul punto si precisa che, per gli immobili di ERP, i canoni sono determinati secondo i criteri stabiliti dalle leggi regionali 18 e 19 del 1997. Per gli immobili del patrimonio disponibile destinati ad uso abitativo, i canoni sono determinati secondo i criteri stabiliti dalla legge n. 392/1978 (cd. “equo canone”). Gli stessi vengono aggiornati, alla scadenza dei contratti, con gli ulteriori criteri stabiliti dalla legge n.431/1998. I canoni per i fondi rustici sono determinati, invece, in applicazione della legge n.231/1995, mentre quelli per suoli ed aree non destinati ad attività agricole sono determinati in base al valore di mercato.
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TAB.3
UTENTI MOROSI CON CONTENZIOSO IN CORSO (Per tipologia di Patrimonio e per fascia di importo)
ERP NON ERP TOTALE FASCIA DI IMPORTO
N. Utenti % N. Utenti % N. Utenti %
Da 0 a 100 € 45 2,7% 28 5,7% 73 3,4%
Da 101 a 200 € 37 2,2% 7 1,4% 44 2,0%
Da 201 a 300 € 38 2,3% 4 0,8% 42 1,9%
Da 301 a 400 € 37 2,2% 3 0,6% 40 1,9%
Da 401 a 500 € 44 2,6% 4 0,8% 48 2,2%
Da 501 a 1000 € 175 10,5% 22 4,5% 197 9,1%
Da 1001 a 2000 € 218 13,1% 33 6,7% 251 11,6%
Da 2001 a 3000 € 162 9,7% 29 5,9% 191 8,9%
Da 3001 a 5000 € 206 12,4% 43 8,8% 249 11,5%
Da 5001 in poi 705 42,3% 317 64,7% 1.022 47,4%
Totale utenti morosi 1.667 100,0% 490 100,0% 2.157 100,0%
Fonte: elaborazione della Corte dei conti su dati trasmessi dal Servizio Patrimonio e Demanio
TAB.4
UTENTI MOROSI NON IN CONTENZIOSO (Per tipologia di Patrimonio e per fascia di importo)
ERP NON ERP TOTALE FASCIA DI IMPORTO
N. Utenti % N. Utenti % N. Utenti %
Da 0 a 100 € 3.665 28,4% 1.010 26,9% 4.675 28,1%
Da 101 a 200 € 1.314 10,2% 286 7,6% 1.600 9,6%
Da 201 a 300 € 717 5,6% 179 4,8% 896 5,4%
Da 301 a 400 € 507 3,9% 127 3,4% 634 3,8%
Da 401 a 500 € 391 3,0% 78 2,1% 469 2,8%
Da 501 a 1000 € 1.421 11,0% 315 8,4% 1.736 10,4%
Da 1001 a 2000 € 1.419 11,0% 309 8,2% 1.728 10,4%
Da 2001 a 3000 € 758 5,9% 187 5,0% 945 5,7%
Da 3001 a 5000 € 849 6,6% 264 7,0% 1.113 6,7%
Da 5001 in poi 1.851 14,4% 1.002 26,7% 2.853 17,1%
Totale utenti morosi 12.892 100,0% 3.757 100,0% 16.649 100,0%
Fonte: elaborazione della Corte dei conti su dati trasmessi dal Servizio Patrimonio e Demanio
§ 1.4 – Tipologia degli utenti morosi
Con riguardo alla particolare natura dei soggetti debitori, il Comune osserva come
una percentuale non proprio trascurabile dei propri crediti (circa 6,1 milioni di euro)
dipenda da rapporti di utenza instaurati con Enti istituzionali, quali il Ministero degli
Interni (per immobili comunali adibiti a caserme, commissariati di polizia, sedi di
Prefetture ecc.), ASL, scuole e comuni. Al riguardo, nonostante i ripetuti tentativi di
17
raggiungere con questi enti una composizione stragiudiziale delle problematiche attinenti
l’occupazione dei cespiti comunali (dai quali l’Amministrazione proprietaria non
percepisce alcun corrispettivo), non risultano essere mai stati formalizzati regolari
contratti di locazione.
Tale situazione appare, oltreché anomala, non sorretta da alcuna giustificazione di
natura socio-economica, tanto più che l’ordinato svolgersi delle relazioni istituzionali
costituisce premessa indispensabile e garanzia per una sana gestione del patrimonio
comunale. E’ auspicabile, peraltro, che una maggiore intesa tra enti istituzionali eviti
l’ulteriore aggravamento della già difficile situazione finanziaria in cui versa il Comune di
Napoli.
Relativamente al patrimonio ERP, si registra, invece, una fascia di utenti morosi in
condizioni reddituali tali da risultare difficilmente in grado di sostenere un canone di
locazione che si dimostra eccessivamente sovradimensionato rispetto alle loro concrete
possibilità economiche.
L’analisi dei dati trasmessi con la nota n.1946 del 25 maggio 2005 (cfr. Tab.5)
evidenzia, infatti, come circa il 66% dei crediti totali imputabili agli occupanti di alloggi
ERP sia riconducibile a due fasce estreme di canone (determinate in base al reddito
documentato dagli utenti), vale a dire alla fascia A (per il 17% del totale) ed alla fascia
C4 (per il 49% del totale)8. In particolare, la fascia A raggruppa gli utenti (concentrati
soprattutto nel quartiere di Ponticelli) che documentano un reddito imponibile del nucleo
familiare non superiore al doppio dell’importo della pensione minima INPS.9 Viceversa, la
fascia C4 (che trova particolare concentrazione nel quartiere di Scampia, specie nelle ex
unità immobiliari definite “Vele”, oggi in corso di abbattimento), oltre ad includere gli
utenti con redditi più elevati (il cui reddito complessivo annuo del nucleo familiare risulti
superiore, di almeno il 31%, all’importo stabilito dalla Regione quale limite di reddito per
la decadenza), comprende anche coloro (in pratica, la quasi totalità) che rimangono
inadempienti all’obbligo di presentazione, entro il termine prescritto dalla legge regionale
n. 19/1997 (30 giugno di ogni biennio successivo alla sua entrata in vigore), della
documentazione anagrafico-reddituale indispensabile per il corretto calcolo del canone
dovuto.
8 Alla luce dei dati riportati nella nota n. TCN 05/5133 del 11 maggio 2005 della Romeo Gestioni spa., trasmessa in ordine alla parallela indagine condotta dalla Sezione in materia di Edilizia Residenziale, emergono taluni scostamenti rispetto ai dati esposti in tabella con riguardo alla percentuale di morosità per fascia rispetto al dovuto (per fascia) e al totale delle morosità. Nel complesso, i dati confermano sostanzialmente le percentuali sopra riportate, sia pure con lo scarto di uno o due punti percentuali in più rispetto ai dati in tabella. In particolare, per la fascia A la percentuale sul dovuto per fascia sarebbe 38,7% (anziché 37%) e quella sul totale dei crediti ERP 19,6% (anziché 17%), mentre per la fascia C4 lo scostamento risulterebbe ancora maggiore: la percentuale sul dovuto per fascia salirebbe all’ 86,2% (anziché 83%) e quella sul totale dei crediti ERP scenderebbe al 44,9% (anziché 49%). 9 Trattasi di redditi derivanti esclusivamente da lavoro dipendente, pensione ovvero percepito a titolo di trattamento di cassa integrazione, indennità di mobilità, indennità di disoccupazione, sussidio assistenziale, assegno al coniuge separato o divorziato. La categoria include, altresì, i disoccupati con reddito pari a zero.
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TAB.5
EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA
(n. Rapporti di Utenza e % crediti insoluti per fascia di canone)
Fascia n. R.U. (al 31.12.2002)
% R.U. sul totale
% sul totale crediti ERP
% crediti su dovuto x fascia
A 5.866 25,3% 17% 37%
A1 4.849 21,0% 10% 20%
A2 792 3,4% 2% 30%
A3 133 0,6% 1% 48%
A4 718 3,1% 0% 10%
B1A 1.969 8,5% 5% 20%
B1B 2.874 12,4% 7% 17%
B1C 1.881 8,1% 5% 13%
B1D 797 3,4% 2% 12%
B1E 416 1,8% 1% 10%
B2 250 1,1% 1% 10%
B3 79 0,3% 0% 11%
C1 75 0,3% 0% 5%
C2 36 0,2% 0% 3%
C3 27 0,1% 0% 3%
C4 2.379 10,3% 49% 83%
TOTALE 23.141 100,0% 100% 32%
Fonte: elaborazione della Corte dei conti su dati trasmessi dal Servizio Patrimonio e Demanio
La società concessionaria Romeo Gestioni spa. ha più volte sottolineato come una
analisi attenta e ragionata delle esposizioni debitorie dell’utenza fruitrice del patrimonio
comunale non possa non tenere ben distinte le cause generatrici del fenomeno delle
morosità. Di qui l’esigenza di depurare il dato complessivo dei crediti insoluti della parte
relativa alle utenze collocate all’interno delle fasce di canone cd. estreme (fasce A e C4),
in quanto le stesse rischierebbero di restituire una immagine alterata e distorta del
fenomeno complessivo, che in realtà rientrerebbe all’interno di livelli del tutto “fisiologici”,
tenuto conto della natura e della vastità del patrimonio di proprietà comunale.10
A ben vedere, la lettura suggerita dalla società concessionaria avrebbe riflessi
significativi essenzialmente per l’utenza del patrimonio ERP, nei cui alloggi si concentra la
maggior parte degli utenti collocati all’interno delle fasce di canone A e C4.
10 Con riferimento a quanto dichiarato dalla Romeo Gestioni s.p.a., secondo la quale (all’esito della depurazione di vari fattori che compongono l’importo complessivo dei crediti per fitti verso terzi) una percentuale del 22,2% di morosità rispetto al totale dovuto per fitti (percentuale che, come detto, si attesta al 37,4% al lordo delle predette depurazioni) rappresenterebbe “un livello fisiologico e ordinario relativamente alla gestione di patrimoni pubblici di grandi dimensioni”, il gestore non ha, tuttavia, precisato, alle puntuali richieste istruttorie della Corte, quali fossero gli esatti termini di comparazione utilizzati né ha chiarito le ragioni specifiche e di contesto di siffatte affermazioni, limitandosi a ribadire che le stesse sono frutto dell’esperienza gestionale maturata dalla stessa nell’ambito della gestione di patrimoni immobiliari pubblici.
19
Comunque, dall’analisi delle morosità distribuite per fascia di importo e per le
quali il gestore non ha intrapreso azioni giudiziarie per il recupero coattivo del credito
(cfr. TAB.6), emerge come gli utenti delle fasce estreme incorrano nell’inadempimento
contrattuale in percentuali del tutto simili a quelle degli utenti morosi delle restanti fasce
di reddito. Invero, a fronte di 25.570 utenze ERP, circa 9.000 utenti rientrano nelle fasce
di canone A e C4 e di questi quasi la metà è oggetto di iniziative stragiudiziali da parte
del gestore per il recupero dei crediti insoluti. Analogamente, seppur più numerosi, anche
la metà degli utenti delle restanti fasce di reddito (circa 8.000 utenti) incorre in
irregolarità di pagamento, per le quali il gestore non attiva iniziative giudiziali di sfratto
per morosità.
Ciò che differenzia le due classi di utenti non è, dunque, la diversa attitudine al
rispetto del canone di locazione quanto, piuttosto, la diversa misura degli importi di
canone insoluto, vale a dire, il diverso grado di insolvenza. Si pensi, ad es., che su 1.851
utenti morosi con debiti per fitti superiori ai 5.000 euro (nei cui confronti non è stata
esercitata azione di sfratto per morosità) ben 1.218 (pari al 65,8%) rientrano nelle fasce
di canone A e C4 (oltreché eventuali enti istituzionali), a dimostrazione della maggior
propensione ad insolvenze reiterate e continuative.
TAB.6
UTENTI MOROSI NON IN CONTENZIOSO
ESCLUSI: FASCIA A, FASCIA C4 ED ENTI ISTITUZIONALI (Per tipologia di Patrimonio e per fascia di importo)
ERP NON ERP TOTALE FASCIA DI IMPORTO
N. Utenti % N. Utenti % N. Utenti %
Da 0 a 100 € 2.824 34,9% 1.006 27,5% 3.830 32,6%
Da 101 a 200 € 959 11,8% 283 7,7% 1.242 10,6%
Da 201 a 300 € 454 5,6% 178 4,9% 632 5,4%
Da 301 a 400 € 297 3,7% 125 3,4% 422 3,6%
Da 401 a 500 € 236 2,9% 78 2,1% 314 2,7%
Da 501 a 1000 € 919 11,3% 304 8,3% 1.223 10,4%
Da 1001 a 2000 € 921 11,4% 297 8,1% 1.218 10,4%
Da 2001 a 3000 € 422 5,2% 181 5,0% 603 5,1%
Da 3001 a 5000 € 435 5,4% 239 6,5% 674 5,7%
Da 5001 in poi 633 7,8% 961 26,3% 1.594 13,6%
Totale utenti morosi 8.100 100,0% 3.652 100,0% 11.752 100,0%
Fonte: elaborazione della Corte dei conti su dati trasmessi dal Servizio Patrimonio e Demanio
Non sembra, comunque, alla Sezione che il regime “sanzionatorio” previsto per gli
utenti di fascia C4 (corrispondente alla misura dell’equo canone, determinato ai sensi
della legge n. 392/1978, maggiorato del 50%) possa essere equiparato, agli effetti delle
20
misure coercitive conseguenti al mancato pagamento del canone dovuto, alle morosità
degli utenti collocati in fascia A. Ciò per un duplice ordine di considerazioni: la mancata
presentazione della documentazione anagrafico-reddituale non autorizza la ricerca di
componimenti bonari fondati sulla presunta condizione di disagio socio-economico
dell’assegnatario, specie se questi si è reso responsabile di un preciso inadempimento
normativo. Peraltro, la percentuale dell’esposizione debitoria complessiva degli utenti
collocati in fascia C4 (prossima al 50% del totale dei crediti insoluti per alloggi ERP)
risulta notevolmente superiore rispetto alla percentuale di incidenza della stessa utenza
di fascia C4 sul totale delle utenze ERP (pari solo al 10,3%), con ciò dimostrando una
elevata propensione all’inosservanza dei termini di pagamento del canone locativo (oltre
l’ 80% dei corrispettivi dovuti per gli utenti di fascia C4 risultano insoluti).
Ben diversa appare, invece, la situazione degli utenti inseriti nella fascia di canone
A (il cui canone medio mensile corrisponde ad euro 17,67).
A prescindere dalla considerazione che tale categoria di utenza rappresenta,
indubbiamente, la più numerosa tra quelle che utilizzano gli alloggi ERP (la sua
consistenza è pari al 25% del totale degli utenti), la percentuale delle insolvenze si
attesta intorno al 37% del totale dovuto per fascia (il livello di adesione spontanea alle
condizioni contrattuali è, quindi, assai più elevato), mentre l’ammontare dei crediti
maturati raggiunge appena il 17% del totale (il che fa registrare, comunque, livelli di
attenzione meno pressanti).
Sotto il profilo dell’esposizione debitoria, infatti, i crediti insoluti riconducibili alla
fascia A ammontano a circa 2,4 milioni di euro, contro i 7,1 milioni di euro di quelli
relativi alla fascia C4.
Alla luce delle suesposte considerazioni, appare evidente che le due fasce di
canone hanno profili, moventi, riflessi e soluzioni del tutto diverse tra loro e che le
rispettive problematiche vadano affrontate disgiuntamente. Ma non si può negare che
esse rappresentano il “cuore” del problema delle morosità e del relativo contenzioso (e
non, semplicemente, una “appendice” dello stesso, sia pure patologica).
Poiché l’ammontare dei crediti imputabili ad entrambe le fasce di canone (pari a
9,5 milioni di euro) costituisce, sotto il profilo contabile, un residuo attivo di dubbia e
difficile esazione, occorre intervenire urgentemente al fine di evitare che il loro importo
lieviti nel giro di poco tempo, con il contestuale effetto di accrescere ulteriormente la
quota parte di crediti rateizzati (che nel 2003 risulta pari a circa 8,3 milioni di euro),
espandere le dimensioni dei giudizi intrapresi (già ascesi ad oltre 35 milioni di euro),
ridurre, proporzionalmente, le risorse necessarie alle relative manutenzioni degli alloggi e
pregiudicare, così, l’economicità della gestione.
In primo luogo, appare necessario arginare le morosità di maggiore consistenza e
di più vecchia data. Sotto tale profilo, i dati di monitoraggio del patrimonio ERP circa gli
utenti morosi per fascia di importo (non oggetto di iniziative giudiziali) evidenziano che la
21
parte preponderante delle morosità riconducibili alla fascia C4 riguardano importi (per
utente moroso) superiori ai 5.000 euro, mentre quelle relative alla fascia A si
distribuiscono su importi sensibilmente inferiori (concentrandosi, in particolare, nella
fascia d’importo da 0 a 100 euro). Ed, in effetti, sulle morosità di più consistenti
dimensioni si concentrano le azioni giudiziali in corso (circa il 47% delle azioni intraprese
riguardano utenti in mora per importi superiori ai 5.000 euro).
Sembra, dunque, che la società affidataria della gestione del contenzioso, pur con
qualche incertezza, abbia correttamente impostato le misure deterrenti per cercare di
ricondurre il fenomeno delle morosità degli utenti di fascia C4 nei limiti fisiologici. Tale
azione intrapresa dalla Romeo Gestioni s.p.a. deve essere sostenuta e rafforzata dal
convinto supporto dell’Amministrazione comunale, alla cui competenza è rimessa non
solo l’organizzazione dei mezzi necessari per condurre a buon fine le azioni esecutive di
rilascio degli immobili ERP, ma anche l’individuazione dei nuovi assegnatari e la
regolarizzazione degli utenti abusivi.
§ 1.5 – Gli utenti abusivi e la loro regolarizzazione
Il profilo da ultimo accennato introduce un ulteriore fenomeno di criticità
strettamente connesso con quello già esaminato delle morosità e con la gestione del
contenzioso in generale.
E’ noto che, ove l’Amministrazione comunale venga a conoscenza di un alloggio
occupato senza valido titolo di godimento, questa provvede, tramite il gestore, a
richiedere all’utente sine titulo, previa diffida al rilascio dell’immobile occupato (notificata
a mezzo raccomandata A.R.), il pagamento di una “indennità di occupazione”
determinata secondo parametri di legge.
In particolare, in caso di occupazione di un immobile ERP senza valido titolo di
godimento, l’art. 30, comma 4, della legge regionale n. 18/1997 stabilisce l’obbligo, in
capo all’occupante, di corrispondere il “pagamento del canone di locazione, relativo al
periodo dell’occupazione, corrispondente alla sua condizione reddituale annua …” e che,
nelle ipotesi di regolarizzazione del rapporto (art. 33, comma 3), “i canoni arretrati da
corrispondere agli enti gestori sono quelli previsti dalla normativa di edilizia residenziale
pubblica applicabili in ragione delle condizioni reddituali annue dell’aspirante
assegnatario”.
Viceversa, allorché l’immobile occupato abusivamente non rientri tra quelli di
Edilizia Residenziale Pubblica, l’indennità di occupazione viene determinata, per gli usi
diversi dall’abitazione, in base agli accordi territoriali definiti per la città di Napoli (art. 2,
comma 3, legge n. 431/1998) sulla scorta dei valori correnti di mercato.
22
Poiché, come si è visto, l’art. 3, comma 2, della legge regionale n. 19/1997
prevede che l’assegnatario di un alloggio ERP, qualora non produca la documentazione
reddituale richiesta, è tenuto (a prescindere dal titolo di occupazione dell’immobile) al
pagamento del canone nella misura prevista “dall’art. 2, condizione C, canone C, a
decorrere dal mese successivo e sino al mese seguente all’eventuale tardiva produzione
della documentazione” (vale a dire alla misura stabilita per gli utenti di fascia C4,
corrispondente all’equo canone calcolato ai sensi della legge n. 392/1978 e maggiorato
del 50%), vi è motivo di ritenere (stante la mancanza di precisi riscontri da parte
dell’Amministrazione comunale) che buona parte dei crediti insoluti degli utenti ERP di
fascia C4 sia imputabile a soggetti privi di regolare titolo di legittimazione al godimento
degli alloggi occupati. Per essi, dunque, il credito risulta intrinsecamente certo, liquido ed
esigibile, poiché esattamente predeterminato in via imperativa dalla legge (senza
ulteriore onere, a carico del Comune, della prova del danno subito) e, tuttavia, di non
facile ed immediata recuperabilità.
L’Amministrazione comunale sembrerebbe, invece, offrire una diversa chiave di
lettura del fenomeno in esame, in quanto ritiene “che sulla entità delle esposizioni
debitorie ha un’incidenza non trascurabile il dettato normativo regionale vigente, in tema
di accertamento reddituale e conseguente collocazione in fascia degli utenti”.11
Al riguardo, l’Amministrazione osserva che “se, ad esempio, un utente non ha
presentato la documentazione dovuta entro il 30/6/2005, ma vi abbia provveduto solo
nel mese di agosto 2006, questi resterà collocato nella fascia massima per i mesi da
luglio 2005 ad agosto 2006, e riceverà un corrispettivo adeguato alla sua reale
condizione reddituale solo a partire dal mese di settembre 2006.
Il dettato normativo così rigido fa sì che il periodo contabile di collocazione nella
fascia di canone massimo non sia passibile di revisioni e rideterminazioni (con efficacia
retroattiva) e che pertanto, in quell’arco temporale, all’utente viene, di fatto, richiesto un
corrispettivo non adeguato alle reali condizioni economico-reddituali del suo nucleo
familiare, con il conseguente inevitabile ingenerarsi di esposizioni debitorie di difficile
recuperabilità”.12
11 Il riferimento è alla citata nota n.2948 del 14 dicembre 2006. 12 La nota dell’Amministrazione comunale così prosegue: “La rigidità della norma citata si palesa ancora più evidente laddove la si confronti con quella di pari oggetto, contenuta nella Legge della Regione Lazio n. 33/1987, il cui art. 41 al comma 1 testualmente recita “la situazione reddituale degli assegnatari … è aggiornata ogni due anni dagli enti gestori …”; al successivo secondo comma precisa che “l’eventuale variazione della collocazione degli assegnatari nelle fasce di reddito e del canone di locazione ha effetto dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello per il quale l’ente gestore ha accertato la modificazione della situazione reddituale …”; al quarto comma statuisce infine che “qualora l’assegnatario non produca la documentazione richiesta o dichiari un reddito ritenuto inattendibile si applica il canone di cui al comma 1, lettera g) dell’art. 39 (ndr canone massimo)”. Il tenore della norma ed in particolare l’assoluta mancanza di termini “sanzionatori” legati all’inadempimento dell’obbligo di legge della presentazione dei redditi, non fanno escludere la possibilità che anche a distanza di anni un utente possa produrre l’idonea documentazione e possa beneficiare di una ricollocazione nella esatta ed effettiva fascia di appartenenza. Tale operazione di “ricollocazione in fascia” consente in pratica di rettificare importi di corrispettivo non adeguati alle reali condizioni economiche dell’assegnatario, evitando così la stratificazione di morosità che:
23
In buona sostanza, secondo l’Amministrazione, la fascia C4 sarebbe soprattutto
alimentata, piuttosto che da occupanti abusivi, da utenti i quali, pur in possesso dei
requisiti oggettivi e soggettivi richiesti dalla normativa, avrebbero semplicemente omesso
di presentare la dovuta dichiarazione reddituale e, in conseguenza del maggior canone
dovuto a titolo sanzionatorio, si troverebbero nell’impossibilità di regolarizzare la propria
posizione debitoria perché eccessivamente onerosa.
Tale chiave interpretativa del fenomeno non appare del tutto convincente.
In primo luogo, è da considerare che nell’ambito delle occupazioni abusive
figurano sia soggetti che si appropriano in forma violenta e/o clandestina del cespite, sia
soggetti che, a seguito dell’intervenuta scadenza di regolare contratto, non hanno inteso
sottoscriverne uno nuovo a condizioni diverse, sia soggetti che non posseggono più i
requisiti soggettivi (previsti dall’art. 2 della legge n. 18/1997) necessari per aver titolo
all’assegnazione ovvero si trovano nell’impossibilità di subentro o voltura contrattuale. In
ordine alle dette caratteristiche dell’utenza “irregolare”, l’Amministrazione comunale (che
pur sostiene di aver assunto “piena conoscenza” delle problematiche fin qui esposte,
delle cause che le determinano e, ancor più, degli effetti negativi che ne conseguono)
non ha fornito, come accennato, precisi riscontri (se si eccettuano i profili delle
morosità), con ciò dimostrando di possedere un livello di conoscenza alquanto
approssimativo del fenomeno.
In secondo luogo, è importante osservare che nei confronti dei menzionati utenti
abusivi o “irregolari” sia l’art. 33 della legge regionale n. 18/1997, sia l’art. 1, comma 2,
della legge regionale n. 13/2000, sia la legge regionale n. 10/2001 consentono di
regolarizzare il relativo rapporto locativo qualora gli stessi dimostrino il possesso dei
requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti per l’accesso all’edilizia residenziale pubblica.13
Ebbene, da un esame delle pratiche in giacenza alla data del 7 ottobre 2005, si
evince che i rapporti di utenza in corso di sanatoria presso gli uffici del Servizio
Assegnazione Immobili del Comune di Napoli risultano essere, complessivamente, 6.836.
Un così rilevante numero di istanze di regolarizzazione sottende, naturalmente, un
altrettanto elevato numero di occupazioni abusive (pari, nel 2002, a complessive 9.116,
- da una parte, l’utente non è oggettivamente in grado di pagare (e che si matura a suo carico quale
conseguenza della inosservanza dell’obbligo di presentazione della documentazione, inosservanza il più delle volte giustificabile – o comunque comprensibile -, in ragione delle solite condizioni di degrado, ignoranza, difficoltà, in cui la tipologia di utenza de qua versa),
- e, dall’altra parte, come già più sopra detto, è di difficile se non impossibile, ricuperabilità. Trattandosi di soggetti privi, nella realtà, di un reddito, non sfugge che anche una procedura esecutiva di pagamento non può che rischiare di rimanere infruttuosa”. 13 In particolare, la legge regionale n. 18/1997 prevede la possibilità di regolarizzazione in via amministrativa per tutti gli alloggi che, alla data del 31 dicembre 1994, risultino occupati senza valido titolo di legittimazione, previa verifica della sussistenza dei requisiti per l’accesso all’edilizia residenziale pubblica. Detta facoltà, è stata poi estesa, con delibera di Giunta Comunale n.4953 del 29 ottobre 1997, anche agli alloggi di proprietà comunale “storica”. Del pari, la legge regionale n. 13/2000 consente di riconoscere la regolarizzazione della posizione contrattuale agli occupanti abusivi degli immobili alla data del 31 dicembre 1998, ponendo tra le condizioni previste quella del riconoscimento della morosità accertata per i periodi pregressi e la restituzione delle somme dovute con l’impegno ad un pagamento dilazionato.
24
vale a dire un terzo dei rapporti di utenza totali), cui corrisponde, a sua volta, un
proporzionale volume di canoni da indennità di occupazione, gran parte dei quali rimane
insoluto (come si è visto, l’esposizione debitoria complessiva dei soli utenti collocati in
fascia C4 – pari a circa 7 milioni di euro, esclusi debiti rateizzati e in contenzioso - è
prossima alla metà dei corrispondenti crediti insoluti per l’intero complesso degli alloggi
ERP)14.
Sembrerebbe, dunque, trovare conferma l’ipotesi che ad incidere in modo
consistente sul volume dei crediti insoluti degli utenti ERP di fascia C4 siano,
principalmente, i soggetti privi di regolare titolo di legittimazione al godimento degli
alloggi occupati, piuttosto che utenti assegnatari i quali abbiano semplicemente
trascurato di produrre una documentata situazione reddituale.
D’altronde, come dichiarato dalla stessa Amministrazione comunale, “la
maggioranza assoluta degli utenti collocati in fascia C4 è rappresentata da coloro che non
hanno adempiuto all’obbligo di produzione dei documenti reddituali, e soltanto una
minima percentuale è costituita da quanti vi sono inseriti in base alla effettiva e
documentata condizione reddituale”. Va da sé che, ammontando gli utenti di fascia C4 a
non più di 2.500 unità (pari a circa il 28% dei rapporti di utenza ERP senza valido titolo di
legittimazione), detta categoria di utenza non può che assorbire, in buona misura, specie
quelle forme residuali di occupazione abusiva dei cespiti da parte di chi non abbia
intrattenuto in passato un formale rapporto di utenza con l’Amministrazione comunale.
Vi è motivo di ritenere, inoltre, che non poche istanze di regolarizzazione siano
strumentali al perseguimento di finalità elusive del dettato normativo. Se è vero, infatti,
che l’eventuale accoglimento di un’istanza di sanatoria ed il conseguente provvedimento
amministrativo di regolarizzazione consente la formazione di un valido titolo di locazione
con efficacia ex tunc 15, allora è sufficiente la presentazione di una semplice istanza di
sanatoria per impedire l’avvio, da parte dell’ente gestore, dell’azione di rilascio coattivo
dell’immobile.
In altri termini, è ragionevole ipotizzare che prima che l’Amministrazione
comunale proceda alla riassegnazione del cespite (abusivamente occupato) agli aventi
titolo in graduatoria (ipotesi che nell’ultimo quinquennio si è tradotta in realtà in un
numero limitatissimo di casi), occorre attendere tempi non brevi perché la pratica di
sanatoria sia istruita e decisa, prima, e perché si provveda, dopo, ad emettere, in sede di
autotutela, il provvedimento di sgombero in via amministrativa ai sensi del citato art. 30
14 Gli utenti restanti, verosimilmente concentrati nella fascia di canone A (la più numerosa), incidono in modo meno significativo sul volume dei crediti insoluti derivanti da immobili occupati abusivamente, la cui entità complessiva, comunque, risulta stimabile, approssimativamente, intorno ai 3/5 milioni di euro l’anno. 15 Si pensi, ad es., al caso in cui l’utente riuscisse a comprovare le ragioni che gli hanno impedito di produrre la documentazione anagrafico-reddituale nei termini previsti; in tale ipotesi, l’Amministrazione comunale non potrebbe non autorizzare il gestore del servizio alla ricollocazione dell’utente nella rispettiva fascia di reddito, con conseguenti rettifiche contabili in ordine al canone dovuto.
25
della legge n. 18/1997 e a seguire, scaduti i termini della diffida, la relativa procedura di
esecuzione forzata.
Osservando più in dettaglio l’evoluzione delle pratiche in corso di sanatoria, si
evince che le istanze di regolarizzazione pervenute ai sensi della legge regionale n.
18/1997 assommano a 1.301 e quelle pervenute ai sensi della legge regionale n.
13/2000 sono 6.610. Le istanze già definite con provvedimenti di regolarizzazione sono,
rispettivamente, 950 e 125 (pari al 73% e al 2% delle istanze di regolarizzazione
presentate).16
Le pratiche ancora da istruire sono solo il 28% del totale, mentre quelle in corso di
perfezionamento sono, a vario titolo, il 7%. Per queste, perché l’istruttoria sia
completata, occorre il parere preventivo della I^ Commissione Assegnazione Alloggi,
davanti alla quale pendono 93 istanze. La stessa si è espressa, con parere favorevole,
per la regolarizzazione di 340 rapporti locativi (che, evidentemente, attendono il
completamento dell’iter burocratico).
Tali dati, in linea con quanto indicato nel Piano esecutivo di gestione per l’anno
2002 (secondo il quale le pratiche in giacenza ammontavano a circa 6.000), dimostrano
quanto siano insufficienti le azioni intraprese dal Servizio Assegnazione Immobili per
contrastare il fenomeno dell’occupazione abusiva degli alloggi comunali.17
In sostanza, mentre le pratiche di regolarizzazione ai sensi della legge regionale n.
18/1997 risultano quasi tutte istruite, con oltre due terzi di rapporti di utenza
regolarizzati e le rimanenti in attesa di ulteriore esame (per eventuali subentri, sanatorie
ai sensi della legge n. 13/2000, accertamenti di carattere amministrativo e penale), le
regolarizzazioni ai sensi della richiamata legge n. 13/2000 soffrono ritardi assai più
consistenti. Invero, a fronte di oltre 6.600 istanze, i provvedimenti di sanatoria emessi,
come detto, sono solo 125 e le pratiche in via di perfezionamento, con esito positivo,
sono circa 330. Le rimanenti istanze risultano così ripartite:
- 1.936 ancora da istruire;
- 1.900 sospese perché improcedibili fino ad avvenuto collaudo statico dell’alloggio;
- 1.538 trasmesse allo I.A.C.P. di competenza;
- 550 in attesa di determinazione in quanto locali commerciali;
- 140 pervenute fuori termine;
16 Circa l’attendibilità dei dati trasmessi dal Comune di Napoli in merito alle istanze di regolarizzazione ancora pendenti si esprimono perplessità, stante il caso, di cui è giunta formale comunicazione a questa Sezione, di una istanza di regolarizzazione del rapporto locativo presentata nel lontano 1982 e che, a distanza di ben 23 anni, è rimasta ancora senza riscontro. 17 Secondo quanto emerge dalla recente indagine comparativa condotta dalla Corte dei conti in materia di E.R.P., la Romeo Gestioni s.p.a. ha riferito che i rapporti di utenza ERP per i quali, alla data del 24 maggio 2005, sarebbe ancora in corso un procedimento amministrativo di regolarizzazione risulterebbero complessivamente 7.357, di cui 3.203 in corso di voltura e 3.805 in corso di sanatoria ex legge n.18/1997 e legge n.13/2000. La sostanziale difformità dei dati in possesso della società che gestisce il patrimonio ERP rispetto a quelli monitorati dagli uffici del Servizio Assegnazione Immobili del Comune di Napoli (sia pure relativamente a tutto il patrimonio comunale) è indice, quanto meno, di insufficiente raccordo tra i due uffici e di difficoltà nell’aggiornamento dei dati di monitoraggio.
26
- 93 in attesa del parere della Commissione Assegnazione Alloggi.
In disparte il disservizio organizzativo che determina la sospensione sine die di
ben 1.900 pratiche in sanatoria per mancanza del prescritto collaudo statico dell’edificio,
appare di particolare criticità la circostanza che i provvedimenti di sgombero coattivo
adottati ad oggi siano solo 4 su oltre 7.900 istanze di regolarizzazione pervenute, il che
dimostra (alla luce del limitato numero di regolarizzazioni effettuate) come
l’Amministrazione comunale ritardi oltremodo l’esito negativo dei procedimenti avviati
nonché lo smaltimento dell’arretrato, con grave danno per i legittimi aspiranti
all’assegnazione degli alloggi e conseguente aggravarsi del fenomeno delle morosità.
Non è da trascurare, inoltre, che lo stato di diffusa incertezza in ordine all’esito
dell’istanza di regolarizzazione (condizionato, tra l’altro, dall’inesistenza di meccanismi
automatici di silenzio-rigetto che tengano luogo della mancata adozione di un
provvedimento espresso di diniego), risulta spesso determinato dall’esigenza di una
previa verifica della situazione anagrafico-reddituale dell’utenza ai fini dell’esatta
collocazione nella fascia di canone corrispondente. Tale accertamento, specie dopo
l’introduzione dell’autocertificazione ai sensi delle leggi n. 127/1997, n. 191/1997 e del
D.P.R. n. 403/1998 sulla semplificazione amministrativa, si è reso ancor più necessario
allorché alla puntuale documentazione anagrafico-reddituale (che gli utenti degli alloggi
ERP erano tenuti a produrre nei termini previsti dalla previgente normativa) sono state
adottate le dichiarazioni sostitutive, rilasciate direttamente dall’utenza, risultate spesso
approssimative, incomplete o inattendibili sia nell’indicazione dell’importo dei redditi
percepiti sia con riferimento ai dati anagrafici dei componenti il nucleo familiare.
In ordine a dette certificazioni, sono emerse in sede istruttoria talune
incongruenze in ordine all’organo competente alla verifica dei suddetti requisiti, poiché,
da un lato, il Servizio Assegnazione Immobili afferma la propria competenza, ai sensi
dell’art. 2, lettera g), della legge regionale n. 18/1997, limitatamente ai provvedimenti di
assegnazione, subentro e regolarizzazione (in concomitanza, cioè, delle relative
procedure, stimabili nell’ordine di 300/400 ogni anno), con esclusione, tra l’altro, dei
compiti specifici in materia di calcolo del canone di locazione (affidati, viceversa, alla
Romeo Gestioni s.p.a.), dall’altro, l’ente gestore (che, peraltro, ha denunciato come, con
l’utilizzo dell’autocertificazione, siano cresciuti considerevolmente i casi di nuclei familiari
risultanti non percettori di alcun reddito) si limita a predisporre e a trasmettere
periodicamente all’Amministrazione comunale, ai sensi dell’art. 3, comma 7, della legge
regionale n. 19/1997, apposito “tabulato” riportante i casi di dichiarazioni palesemente
inattendibili perché fortemente discordanti con quanto dichiarato in precedenza ovvero
prive di adeguato raffronto.
Sembrerebbe, dunque, che nessuno dei due organismi deputati all’accertamento
dei requisiti che danno titolo al rapporto di locazione provveda ai necessari riscontri
anagrafico-reddituali delle dichiarazioni dell’utenza palesemente inattendibili,
27
contribuendo così, da un lato, ad attenuare le misure di vigilanza dirette a contrastare il
fenomeno delle dichiarazioni false o incomplete, dall’altro, ad impedire il corretto e
tempestivo aggiornamento dei canoni di locazione dovuti.
Quanto ai ritardi relativi alla conclusione del procedimento amministrativo
connesso alle richieste di regolarizzazione del rapporto locativo, il Servizio Assegnazione
Immobili si giustifica adducendo “la scarsità di idonei mezzi strumentali, nonché la
mancanza di un collegamento in visualizzazione con l’anagrafe comunale e la mancanza
di collegamento in visualizzazione con la B.D. della società Romeo”.
Tale giustificazione lascia seriamente perplessi sia perché il medesimo
collegamento è attivo presso il Servizio Patrimonio e Demanio (e non vi è ragione perché
non lo sia anche presso il Servizio Assegnazione Immobili) sia perché esistono precisi
obblighi contrattuali a carico sia della Romeo s.p.a. sia del Comune che prevedono, per la
prima, l’obbligo di rendere disponibili tutte le informazioni “attraverso collegamenti diretti
ad accesso permanente – di sola visualizzazione – con il sistema informativo
dell’Affidatario” che, conseguentemente, “si impegna, a proprie spese, alla istallazione
fino a 21 (ventuno) terminali”; analogamente, il Comune, “per un miglior controllo delle
attività ed una migliore conoscenza dei dati, fa obbligo all’Affidatario medesimo di
utilizzare procedure informatiche aperte, e in stretta interazione con gli uffici comunali” e
nel contempo, si obbliga “all’istallazione presso gli uffici dell’Affidatario, entro 30 (trenta)
giorni dalla sottoscrizione del presente contratto, di terminali abilitati al collegamento con
l’anagrafe comunale e con il Catasto (N.C.T. o N.C.E.U.) con il Sistema Informativo
Comunale”.
Alla luce delle suesposte considerazioni, è da ritenere che, in assenza di una presa
d’atto della gravità del problema e di una decisa inversione di tendenza, l’importo dei
crediti insoluti, che ha già raggiunto l’allarmante cifra di 80,9 milioni di euro, è destinata
a crescere in misura esponenziale per effetto dei reiterati “rateizzi”, del crescente
contenzioso, della mancata definizione di pratiche di regolarizzazione e di intese con gli
Enti istituzionali che utilizzano i cespiti comunali nonché delle persistenti inadempienze
degli utenti di cui alle fasce A e C4.
Non possono, poi, non esprimersi dubbi e perplessità circa la reale possibilità di
recupero, anche in sede giudiziale, delle morosità per fitti attivi dovuti dagli occupanti
abusivi, in merito alle quali, pur essendo il pagamento dell’indennità risarcitoria previsto
per legge, sarebbe opportuno prevedere in bilancio apposita voce di accantonamento al
fondo svalutazione crediti. Tale posta dovrebbe, altresì, essere estesa all’intero
ammontare dei residui attivi per “fitti attivi da fabbricati” (il cui ammontare, al 31
dicembre 2001, raggiungeva l’importo di 97,09 milioni di euro e solo nel 2003 ben
122,64 milioni di euro).
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CAPITOLO II
GESTIONE DELL’ ABUSIVISMO EDILIZIO
Premessa
La Sezione aveva individuato ulteriori profili di criticità nella gestione degli
immobili acquisiti al patrimonio per effetto di provvedimenti di confisca di opere eseguite
in assenza di concessione edilizia ovvero in totale difformità da essa.
In particolare, venivano evidenziati, da un lato, la mancata adozione delle
necessarie misure volte ad utilizzare gli immobili suddetti per fini istituzionali, dall’altro,
la mancata predisposizione di un piano per determinarne la destinazione d’uso, con ciò
privando l’Ente di una ulteriore potenzialità economica consistente nella possibilità di
concedere i beni stessi in locazione oppure adibirli ad uso ufficio per il Comune di Napoli,
con conseguente riduzione degli oneri derivanti da locazioni passive.
Si affermava, inoltre, l’assenza di una attività sistematica e continuativa di
demolizioni degli abusi edilizi, di cui, è noto, la Campania registra un alto tasso di
incidenza.
Alle censure di “scarsa attenzione della risorsa patrimonio”, il Comune di Napoli ha
eccepito l’esistenza di complessi risvolti normativi e finanziari e di incombenti che
condizionano negativamente l’utilizzo dei cespiti in argomento.
Nel merito, occorre preliminarmente ribadire, secondo quanto emerge anche dal
Piano esecutivo di gestione per l’anno 2002, che il Comune utilizza un gran numero di
strutture prese in affitto da terzi e nel contempo risulta proprietario di molti immobili
inutilizzati che potrebbero, con spese relativamente ridotte, essere valorizzati come sedi
per gli uffici comunali o per le scuole.
Nell’ambito di detta consistenza patrimoniale ancora priva di precisa destinazione
d’uso (oltre un terzo del totale degli immobili comunali), figurano: suoli destinati
29
all’edificazione di opere pubbliche, campi di accoglienza, edifici in corso di recupero, beni
non locati a terzi in quanto privi dei requisiti di abitabilità e, per l’appunto, le acquisizioni
ex lege (ai sensi delle leggi n. 10/1977 e n. 47/1985).
In particolare, quanto agli immobili acquisiti di diritto al patrimonio comunale in
seguito alla confisca dei beni perché costituenti abusi edilizi, occorre distinguere tra
immobili che vanno demoliti e quelli che devono essere acquisiti gratuitamente al
patrimonio comunale indisponibile ex art. 15, comma 3, della legge n. 10/1977.
§ 2.1 – La demolizione delle opere abusive
In ordine alla prima categoria di manufatti abusivi, è ulteriormente da chiarire che
la loro demolizione dipende dal fatto che gli stessi risultino privi di ogni utilità concreta
per l’interesse pubblico (casi di confisca in corso d’opera) ovvero realizzati in totale
difformità con le esigenze di tutela dell’ambiente, della salute, della sicurezza nonché
della salvaguardia del patrimonio storico e naturalistico della città di Napoli o, ancora,
impeditivi della realizzazione di progetti di opere pubbliche.
Per essi, quindi, non resta che procedere ad onerosi interventi di demolizione,
salvo attivare tutte le procedure finalizzate al recupero delle spese, a tal fine sostenute,
nei confronti dei responsabili degli abusi edilizi.
Per tali ragioni, l’Amministrazione comunale ritiene che, al di fuori dei casi (da
ritenersi del tutto eccezionali) in cui l’Amministrazione, a seguito dell’approvazione di
specifiche deliberazioni consiliari, dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici alla
conservazione del cespite confiscato e, al contempo, stabilisca un programma di
interventi di risanamento conservativo e/o ristrutturazione edilizia, l’abusivismo edilizio
viene, generalmente, represso mediante un piano organico e coordinato di demolizioni
delle opere eseguite secondo un ordine di priorità che privilegia la gravità degli interventi
abusivi.18
Detto piano di demolizioni, per il quale il Comune ha stanziato una prima somma
complessiva di 3 miliardi di lire (1,55 milioni di euro), non sembra, tuttavia, procedere
18 Sul punto, le deliberazioni della Giunta della Regione Campania nn. 2001/2000, 3437/2001 e 2987/2003 definiscono i criteri di priorità da seguire nell’esecuzione delle demolizioni seguendo il seguente ordine decrescente di gravità degli interventi abusivi realizzati: 1) interventi iniziati senza titolo su aree assoggettate a vincolo di inedificabilità e/o destinate a opere e spazi pubblici; 2) interventi eseguiti su suolo demaniale o patrimoniale dello Stato o di Enti pubblici; 3) opere eseguite in assenza di concessione, in totale difformità dalla stessa o con variazioni essenziali; 4) opere realizzate nell’ambito di piani di lottizzazione abusiva; 5) opere prive di titolo concessorio perché annullato ovvero eseguite in parziale difformità dalla concessione rilasciata; 6) opere di ristrutturazione edilizia. In deroga al predetto ordine di priorità (all’interno del quale prevale il criterio cronologico, con riferimento alla data di emanazione del provvedimento in contestazione, salva l’esistenza di opere sotto sequestro, ovvero incidenti su immobili vincolati ai sensi della legge n. 1089/1939 ovvero per le quali risulti o proseguita l’attività abusiva oppure ordinata la demolizione per effetto di sentenza penale di condanna), avrà precedenza assoluta l’esecuzione dei lavori di demolizione relativi ad abusi che appaiano fortemente lesivi delle esigenze di tutela dell’ambiente, della salute e/o della sicurezza nonché della salvaguardia del patrimonio storico e naturalistico della città ovvero impeditivi della realizzazione di progetti di opere pubbliche.
30
con sufficiente speditezza, considerato che, a distanza di oltre due anni dalla sua
adozione, ha raggiunto solo il 23% del livello complessivo di attuazione programmato
(corrispondente alla demolizione di circa sessanta manufatti abusivi)19.
A contrastare l’efficacia e la speditezza dell’azione repressiva dell’Amministrazione
comunale sarebbero, principalmente, le reiterate istanze di accertamento di conformità
urbanistica ed edilizia, prodotte ai sensi degli art. 36 e 37 del T.U. dell’Edilizia approvato
con DPR n.380/2001 e successive modifiche e integrazioni, volte (più che ad ottenere il
relativo permesso in sanatoria) a paralizzare l’esecuzione d’ufficio dei lavori di
demolizione (relativi ad ordinanze di abbattimento già emesse) e ad instaurare, con
evidenti intenti dilatori, il connesso contenzioso giudiziario.
§ 2.2 – Gli immobili confiscati
Nel caso, invece, di immobili costruiti abusivamente ed acquisiti gratuitamente al
patrimonio comunale indisponibile ex art. 15, comma 3, della legge n. 10/1977 (vale a
dire, nei casi in cui l'opera eseguita non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o
ambientali e sia suscettibile, comunque, di essere utilizzata per fini pubblici), i beni stessi
non possono essere presi in consegna dal Servizio Patrimonio per essere destinati ad uso
residenziale ovvero ad altra pubblica finalità ove non risultino in regola con la
certificazione di agibilità-abitabilità da rilasciarsi dal competente Dipartimento Assetto del
Territorio.
Affinché detto Dipartimento adotti il suddetto certificato occorre, però, una
completa documentazione tecnica (certificati di collaudo statico, di conformità degli
impianti e delle opere realizzate alla normativa vigente, ovvero opere di consolidamento
statico etc.) che, nella maggior parte dei casi, manca. Solo in due casi il Comune è
riuscito a completare la documentazione necessaria (uno dei quali, grazie all’attuazione di
lavori di ristrutturazione effettuati nel 1982 a carico del Comune); negli altri casi, detta
documentazione non è mai stata prodotta “a causa della onerosità e complessità degli
interventi a farsi”.
Sul punto, è da evidenziare, però, che, da una verifica condotta dagli uffici della
Ragioneria generale del Comune di Napoli in ordine agli stanziamenti effettuati nel Piano
esecutivo di gestione per gli anni 2003-2005, non si rilevano capitoli specifici di spesa
destinati ad interventi diretti alla integrazione della documentazione di cui è cenno, né
risultano essere state emanate precise determinazioni dirigenziali in proposito.
19 Da quanto emerge dalla Relazione previsionale e programmatica per gli anni 2003/2005, il Piano per le demolizioni delle opere abusive è stato rifinanziato nel 2002 per ulteriori 1,5 Meuro. Alla data del marzo 2003 risultavano, comunque, liquidati importi corrispondenti alla metà delle somme sino ad allora impegnate con le risorse risultanti dal primo finanziamento.
31
Quanto agli interventi manutentivi delle opere edilizie abusive, è da precisare che,
mentre gli interventi edilizi di manutenzione ordinaria non richiedono alcuna forma di
autorizzazione, nel caso di interventi di manutenzione straordinaria, restauro e
risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia di immobili abusivi è prevista, ai sensi
dell’art. 21 del Regolamento Edilizio, specifica delibera consiliare di autorizzazione
relativamente all’esistenza di prevalenti interessi pubblici alla conservazione del cespite e
agli interventi edilizi ritenuti, di volta in volta, necessari allo scopo.
Non risultano, tuttavia, disposti dal Comune, al di fuori del caso prima accennato,
specifici interventi di ristrutturazione edilizia su alcuno dei numerosi immobili acquisiti
definitivamente al patrimonio comunale ai sensi dell’art. 15 della legge n. 10/1977.
A tal fine, si rappresenta, nelle sottoindicate tabelle, l’attuale composizione degli
immobili abusivi acquisiti e inventariati al patrimonio indisponibile del Comune
partenopeo a seguito di confisca, distinti secondo la relativa disciplina di acquisizione e
per tipologia di beni (Tabb.7 e 8).
TAB.7
BENI CONFISCATI (a seguito di abuso edilizio)
TIPOLOGIA Ex art. 15 L. 10/1977
Ex L. 47/1985 TOTALE
Alloggi 3.680 61 3.741 Attrezzature complesse 7 - 7 Locali 1.711 31 1.742 Scuole 2 - 2
TOTALE 5.400 92 5.492 Fonte: dati del Servizio Patrimonio e Demanio del Comune di Napoli
TAB.8
TIPOLOGIA DI CESPITE TOTALE
Abitazione 3.727 Box ad uso esclusivo 680 Cantina ad uso esclusivo 114 Casotto 2 Chiesa-convento-ufficio religioso 1 Circolo associativo-centro culturale 3 Deposito-magazzino 423 Esercizio commerciale-centro ricreativo 331 Impianto sportivo 3 Locale 165 Pensione 1 Scuola 2 Terranno 13 Ufficio-studio privato 26 Ufficio pubblico 1
Totale generale 5.492 Fonte: dati del Servizio Patrimonio e Demanio del Comune di Napoli
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In ordine ai 5.400 immobili abusivi ex art. 15, legge n. 10/1977, è bene
sottolineare che il Servizio Antiabusivismo Edilizio ne ha escluso, con nota n.735 del 16
marzo 2006, la possibilità di demolizione “poiché oggetto di provvedimenti che hanno già
sancito l’utilizzabilità dei medesimi per fini pubblici e la relativa compatibilità con gli
interessi urbanistici ed ambientali delle aree su cui insistono”.
Ciò significa, a conferma di quanto supposto dalla Sezione, che circa il 30%
dell’intero patrimonio comunale privo ancora di specifica destinazione rimane
praticamente inutilizzato né è previsto un piano per il suo utilizzo, nonostante sia stato
accertato che esistono tutti i presupposti essenziali, individuati dalla legge n. 10/1977
per l’applicazione della sanzione dell’acquisizione gratuita al patrimonio comunale, perché
gli immobili vengano adibiti a finalità pubbliche.
In particolare, tali presupposti, individuati all’art. 31 dell’attuale T.U. in materia
edilizia D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, sono i seguenti:
- l’inottemperanza all’ordine di demolizione impartito al proprietario nel termine di
novanta giorni dalla notifica dell’ingiunzione;
- l’assenza di contrasto dell’opera abusiva con rilevanti interessi urbanistici o
ambientali;
- l’esistenza di prevalenti interessi pubblici all’utilizzo del manufatto.
Ma vi è un ulteriore aspetto che merita di essere approfondito.
E’ noto, infatti, che il mancato accertamento dell’esistenza dei predetti presupposti
condiziona non solo l’acquisizione definitiva dell’opera abusiva al patrimonio indisponibile
del Comune (salvo, beninteso, il caso di terreni soggetti a vincolo di inedificabilità, nella
cui ipotesi l’opera deve essere, comunque, abbattuta) ma anche la sua eventuale
demolizione prevista nel Piano di abbattimento dei manufatti abusivi realizzati su aree
vincolate o su suolo pubblico.
Sul punto, il Servizio Antiabusivismo Edilizio conferma di aver effettuato
demolizioni di opere abusive realizzate in aree vincolate e su suolo pubblico, “ma non
ancora quelle riguardanti gli abusi sanzionati ai sensi dell’art. 31 del T.U. dell’Edilizia, le
cui procedure, in ogni caso, non risultano completate con l’approvazione delle relative
delibere consiliari (da predisporsi a cura del Servizio Patrimonio) in ordine all’esistenza o
meno di interessi pubblici alla conservazione di ciascun bene”.
I procedimenti cui allude il Servizio comunale richiamato sono, evidentemente,
quelli relativi alle 92 confische eseguite nel corso degli anni 1987/1991 ai sensi della
legge n. 47/1985, i cui immobili sono stati acquisiti al termine di 27 procedimenti. Di
questi, 19 procedimenti risultano attualmente sospesi ai sensi dell’art. 38 della citata
legge n. 47/1985, generalmente, a seguito di istanza di sanatoria ai sensi della legge n.
724/1994; nei rimanenti casi risultano essere state rilasciate due concessioni edilizie in
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sanatoria ed una cancellazione della formalità di acquisizione al patrimonio indisponibile
comunale, oltre all’attuazione di un intervento di demolizione. 20
Più in generale, l’Amministrazione rileva come molteplici provvedimenti di
acquisizione di immobili abusivi risultino sospesi o revocati a seguito della presentazione
di istanze di condono edilizio ai sensi dell’art. 39, comma 19, legge n. 724/1994 e, più di
recente, della legge n. 326/2003 sulla regolarizzazione degli illeciti edilizi, in virtù delle
quali il proprietario che ha adempiuto agli oneri previsti per la sanatoria ha il diritto di
ottenere l’annullamento dell’ordinanza di acquisizione del cespite al patrimonio comunale
disposta in attuazione dell'articolo 7, terzo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47
(come sostituito dall’art. 31 del citato T.U. n. 380/2001).
Al riguardo, il Consiglio comunale, prendendo atto della formale eccezione
espressa dall’organo di revisione in sede di esame dello schema di bilancio per l’esercizio
2000, riscontrava la pendenza di circa 70.000 pratiche di condono edilizio, a fronte della
capacità dell’Ufficio tecnico preposto alla relativa istruttoria di definire, mensilmente, non
più di 1.000 procedimenti.21
E’ evidente che un arretrato di tali proporzioni oltre a determinare la sospensione
di un corrispondente numero di ordinanze di acquisizione al patrimonio immobiliare o di
demolizione, condiziona negativamente sia il riassetto urbanistico del territorio sia il
gettito derivante da oneri concessori-sanatori destinato a finanziare numerosi interventi
di manutenzione straordinaria.
Ed invero, a fronte di previsioni ottimistiche di bilancio per entrate da concessioni
in sanatoria (dell’ordine di circa 7,7 milioni di euro annui per gli esercizi 2001/2002),22
l’importo effettivamente accertato corrisponde, mediamente, solo ad un terzo circa degli
stanziamenti in entrata, ciò a seguito delle difficoltà nella formazione di (circa 40) gruppi
di lavoro qualificati in grado di istruire, con piena assunzione di responsabilità, le pratiche
affidate e di condurle alla naturale conclusione del procedimento (concessione o diniego).
Non è stato possibile approfondire ulteriori profili relativi all’abusivismo edilizio né
ricercare le cause delle inefficienze riscontrate ovvero i motivi che hanno prodotto
l’attuale situazione gestionale, in quanto l’Amministrazione comunale non ha fornito le
informazioni richieste.
Invero, con le note istruttorie del 14 dicembre 2004 e del 14 settembre 2005, si
era chiesto all’Amministrazione di fornire elementi in ordine alla documentazione tecnica
20 Qualora, successivamente alla demolizione del manufatto abusivo, l’opera sia divenuta sanabile ai sensi dell’art. 39, comma 19, legge n. 724/1994, si fa luogo alla cancellazione delle trascrizioni effettuate nei registri immobiliari piuttosto che alla retrocessione delle aree di sedime acquisite al patrimonio comunale. 21 Ai fini dello smaltimento delle pratiche di condono edilizio arretrate, il Comune di Napoli ha successivamente adottato, in data 10 luglio 2002, apposita delibera (n.237) concernente “Semplificazione delle procedure e autocertificazione della documentazione relativa alle istanze di condono edilizio”, cui è stata data attuazione con Disposizione del Direttore Generale n.38/2002. 22 Per il 2003, le previsioni di entrata per concessioni in sanatoria sono ascese ad euro 13.582.284,00, in vista della possibilità, per i soggetti interessati, di chiudere il procedimento con l’autocertificazione.
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mancante per procedere alle immissioni nel possesso degli immobili confiscati, alle
autorizzazioni comunali rilasciate per le necessarie manutenzioni straordinarie delle opere
abusive, ai motivi del ritardo nel provvedere agli adempimenti necessari, ai tempi tecnici
occorrenti, mediamente, per ottenere le diverse documentazioni tecniche mancanti, ai
mezzi di supporto ed alle soluzioni adottate.
Si era chiesto, altresì, di precisare il numero delle pratiche di condono edilizio
giacenti e quello relativo alle concessioni in sanatoria rilasciate, nonché la relativa
capacità di smaltimento come pure il gettito annuo da esse derivante.
Su tutti questi aspetti gestionali l’Amministrazione (ad oltre 18 mesi dall’invio
della prima richiesta istruttoria) non ha fornito riscontro, adducendo la complessità della
materia (insita nell’elevato numero degli immobili interessati) e facendo riserva di
comunicare tempestivamente le informazioni relative alle questioni rimaste prive di
adeguata risposta.
Anche tale aspetto costituisce sintomo delle evidenti lacune gestionali emerse nel
corso dell’istruttoria e del grado di inefficienza che caratterizza la gestione comunale
degli immobili abusivi. Lacune riconducibili, da un lato, al sottodimensionamento degli
Uffici tecnici comunali (del Dipartimento Assetto del Territorio e del Progetto Condono
Edilizio), non adeguatamente supportati da interventi organici di implementazione del
servizio, dall’altro, alla mancanza di un piano di manutenzione straordinaria delle opere
edilizie abusive da utilizzare per finalità pubbliche.
Ciò si traduce, evidentemente, in un ridotto grado di smaltimento delle pratiche
arretrate di condono edilizio, nella conseguente improcedibilità dei lavori di demolizione
delle opere abusive, nella impossibilità di definire progetti di ristrutturazione degli
immobili confiscati e, più in generale, nella complessiva antieconomicità della gestione
dei servizi comunali e dei rapporti locativi in genere.
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CAPITOLO III
GESTIONE DEGLI INTERVENTI DI MANUTENZIONE
Premessa
Le considerazioni espresse dalla Corte in ordine all’attività di manutenzione
straordinaria del patrimonio immobiliare disponibile e indisponibile sono state giudicate
“contraddittorie” dall’Amministrazione comunale, la quale ha, invece, sottolineato il
merito di aver operato uno sforzo di razionalizzazione del servizio di manutenzione a
fronte di una consistente insufficienza di mezzi finanziari a disposizione.
In effetti, la Corte aveva individuato nell’ “esorbitante ammontare delle spese di
manutenzione straordinaria” un ulteriore punto di criticità della gestione del patrimonio
immobiliare, “…sintomo e conseguenza delle carenze sia degli uffici del settore
patrimonio sia della società Romeo nel provvedere in modo tempestivo e periodico alla
manutenzione degli immobili”. Tale aspetto, se trascurato, avrebbe rischiato di
comportare ulteriori aggravi al bilancio comunale e di ridimensionare una risorsa
strategica per il processo di risanamento dell’economia del Comune di Napoli.
L’Amministrazione comunale ha sostenuto, viceversa, come le spese effettuate nel
biennio 2001/2002 per interventi di manutenzione straordinaria siano state così ridotte
da non raggiungere neppure lo 0,1% del valore dei beni patrimoniali. Un così modesto
livello di spese di manutenzione, dettato, come detto, dall’indisponibilità di fondi
sufficienti, risulterebbe, altresì, in contrasto con gli stessi interessi imprenditoriali della
Romeo Gestioni s.p.a., decisamente orientati a promuovere, nella misura massima
consentita, gli interventi dettati dal fabbisogno manutentivo del patrimonio gestito, in
quanto il corrispettivo di gestione è rapportato in misura percentuale al valore di ciascun
intervento (se ed in quanto realizzato).
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Al fine di accertare quali siano le effettive esigenze manutentive degli immobili
(già di per sé vecchi e fatiscenti) e di far luce, da un lato, sulle problematiche di fondo
che condizionano l’economicità della gestione, dall’altro, sulle possibili soluzioni da
adottare per contenere il fenomeno del degrado di una consistente parte del patrimonio
immobiliare, sono stati esaminati e messi a raffronto gli atti di programmazione
economico-finanziaria adottati negli ultimi anni (in particolare, la Relazione generale sullo
stato manutentivo degli immobili a reddito di proprietà del Comune di Napoli ed i Piani
annuali di manutenzione straordinaria, elaborati dalla Romeo s.p.a. e sottoposti
all’attenzione dell’Amministrazione comunale) nonché le misure degli investimenti, dei
mutui e degli ammortamenti effettuati.
§ 3.1 – I programmi di finanziamento degli interventi di manutenzione
straordinaria
Nel complesso delle attività gestionali di un patrimonio immobiliare, l’attività
manutentiva rappresenta un aspetto non secondario, poiché dalla stessa dipende sia la
redditività degli immobili sia il soddisfacimento dell’utilità di chi ne gode in ragione di un
normale rapporto locativo ovvero di un comune rapporto di cittadinanza.
In proposito, la società affidataria della gestione degli interventi di manutenzione,
nel sottolineare le condizioni di “grave degrado” in cui versa gran parte del complesso
immobiliare in esame, lamenta il persistere di una “logica di gestione” secondo la quale il
Comune, negli anni passati, avrebbe adottato “criteri selettivi di individuazione degli
interventi ai fini della concreta definizione di programmi di intervento straordinari … nella
consapevolezza che le risorse economiche a disposizione risultavano insufficienti rispetto
ai reali fabbisogni manutentivi …” e con la conseguente “eccessiva frammentarietà degli
interventi con evidenti ripercussioni sull’efficacia ed efficienza complessiva dell’azione
posta in essere”.23
La logica del “finanziamento tampone” rappresenta, dunque, per la Romeo s.p.a.
la principale causa impeditiva di una risoluzione definitiva delle problematiche gestionali,
che impediscono la normale fruibilità dei beni da parte degli utenti, incidono in modo
23 Osserva, altresì, la Romeo spa.: “Allo stato, l’intero patrimonio immobiliare risente dell’assenza di adeguati interventi manutentivi determinata dall’evidente insufficienza delle somme stanziate dall’Amministrazione Comunale per la realizzazione degli stessi. Lo stato di conservazione degli immobili, in virtù di ciò, risulta significativamente compromesso lasciando prevedere un sempre più rapido processo di degrado ed un costante decremento dei livelli prestazionali offerti; le anomalie riscontrate con l’azione di campo posta in essere, hanno determinato, in più, un rilevante incremento, nel tempo, delle somme necessarie al ripristino delle condizioni di normale fruibilità. …Il principio, ormai consolidato, di una politica manutentiva ispirata esclusivamente al criterio dell’intervento al manifestarsi di avarie funzionali più o meno estese, si ritiene debba essere sostituito da politiche organiche di manutenzione predittiva, programmata e migliorativa, che consentano di massimizzare gli incassi, minimizzare i costi di gestione e mantenere un adeguato livello di servizio agli utenti restituendo, in tal modo, efficacia ed efficienza al processo gestionale, primario obiettivo degli Enti proprietari di ingenti patrimoni immobiliari”.
37
fortemente negativo sul valore patrimoniale degli immobili (ampliando progressivamente
le situazioni di degrado), generano situazioni di pericolo per la pubblica e privata
incolumità.
In effetti, rispetto alle previsioni del fabbisogno manutentivo del patrimonio
immobiliare del Comune di Napoli, quantificate nei primi anni ’90 in 173 miliardi di lire
circa (pari a 89,3 milioni di euro), gli importi stanziati dall’Amministrazione per il
patrimonio immobiliare “a reddito” non sembrano sufficientemente congrui.24
La concessionaria riferisce, infatti, che per il triennio 1996/1998 gli importi
stanziati per interventi di manutenzione straordinaria interessanti il patrimonio
immobiliare a reddito, in ordine ai quali la stessa veniva coinvolta per le sole attività di
coordinamento e direzione lavori, corrispondono, complessivamente, a 47,9 miliardi di
lire (pari a 24,7 milioni di euro).25
In sostanza, si tratta del finanziamento di quattro progetti-programma:
- il primo (approvato con DGC. n.1188/96) interessava circa il 10% del totale
degli edifici da manutenere, per uno stanziamento complessivo di 10,1 miliardi di lire (il
75% degli interventi riguardavano l’impermeabilizzazione dei solai di copertura, il 22%
l’eliminazione di situazioni di pericolo e il 3% il rifacimento di condotti fognari a servizio
degli edifici);
- il secondo (di cui alla DGC. n.1653/97) per un importo previsto di 3,6
miliardi di lire;
- il terzo (di cui alla DGC. n.3855/97) prevedeva un programma di interventi
manutentivi su 180 edifici (per un importo di circa 10 miliardi di lire) ed un programma di
trasformazione degli impianti di riscaldamento esistenti da centralizzati ad autonomi (per
un importo di circa 14 miliardi di lire);
- e, infine, un quarto progetto (approvato con DGC. n.4545/97), riferito a
quattro lotti territoriali, per un importo di 13,5 miliardi di lire.
E’ da considerare, però, che in aggiunta ai programmi testé richiamati, la
concessionaria veniva interessata anche alle attività di coordinamento e direzione lavori
realizzati su 25 immobili (per un importo di 57,9 miliardi di lire), nell’ambito dell’Accordo
di programma, stipulato in data 3 agosto 1994 tra il Ministero dei LL.PP., la Regione
Campania e il Comune di Napoli, per la realizzazione di interventi di manutenzione sugli
immobili di ERP a Napoli (per un impegno finanziario complessivo di 350 miliardi di lire –
pari a 180.759.914,68 euro – e la durata di 5 anni, a decorrere dal 4 agosto 1999, con
proroga di tre anni).
24 E’ quanto emerge dalla Relazione generale sullo “Stato manutentivo degli immobili a reddito di proprietà del Comune di Napoli” redatta nel 2001 dalla Romeo spa. e trasmessa all’Amministrazione comunale con nota n. GCN-01/695 del 16 febbraio 2001. 25 In base alla prima convenzione tra il Comune di Napoli e la Romeo spa. (già E.&R. spa.), sottoscritta nel maggio 1990, l’ambito di attività della concessionaria, infatti, non comprendeva ancora le attività di natura tecnico-professionale ed esecutive legate al patrimonio affidato in gestione.
38
Ulteriori risorse venivano stanziate in bilancio (con DGC. n.2253/95) per la
realizzazione del programma di recupero degli immobili ERP finanziato con i fondi
della legge n. 457/1978 e n. 67/1988 (per un importo di 14 miliardi di lire), in aggiunta
al programma di recupero edile degli alloggi “a riscatto”, come previsto dal DPR
n.2/1959, per un importo di ben 410,7 miliardi di lire.
Per il biennio 1999/2000, la Romeo s.p.a. ha seguito e realizzato, in forza del
nuovo contratto di affidamento sottoscritto in data 16 dicembre 1998, ben 1.135
interventi manutentivi, per un importo di 32,4 miliardi di lire (a fronte di finanziamenti
complessivi previsti per circa 42,5 miliardi), che hanno interessato, principalmente, i
quartieri residenziali di Ponticelli, Secondigliano, S. Giovanni a Teduccio e S. Pietro a
Patierno, con opere, soprattutto, di impermeabilizzazione delle coperture, rifacimento
degli impianti idrici e ripristino di tratti fognari, intonaci esterni, porzioni di solai.
Quanto al biennio 2001/2002, le risorse utilizzate dalla società di gestione per
la manutenzione straordinaria degli immobili a reddito si sono notevolmente
ridimensionate, avendo la stessa potuto fare affidamento soltanto sulle somme derivanti
da residui passivi per l’anno 2000 (corrispondenti a 2,6 milioni di euro per il 2001 e 1,7
milioni di euro per il 2002). Ciò a seguito del mancato stanziamento di somme sul
corrispondente capitolo del bilancio di previsione 2001 e della tardiva approvazione (DGC
n.3083 del 1° agosto 2002) del “Piano di manutenzione straordinaria per l’anno
2002”, finanziato con mutuo della Cassa DD.PP. per un importo complessivo di
15.751.940 euro, di cui solo 11,2 milioni di euro per lavori da progetto (Piano avviato
solo nel marzo 2003).
Detto programma, redatto dalla Romeo s.p.a., prevede n. 174 interventi di
manutenzione straordinaria sugli immobili del patrimonio comunale a reddito (di cui il
30% per trasformazione di impianti di riscaldamento, il 20,8% per impermeabilizzazione
delle coperture, il 16,9% per bonifica delle coperture di amianto e l’ 11% per interventi di
consolidamento statico), il 41,1% dei quali localizzati nei soli quartieri di Ponticelli e
Pianura.
Analogamente, per il Piano di manutenzione straordinaria per l’anno 2003,
la concessionaria ha trasmesso al Servizio Tecnico Patrimonio i progetti relativi a n. 190
interventi, finanziati con mutuo della Cassa DD.PP. per un importo complessivo di
15.493.500 euro, di cui 12,6 milioni di euro per lavori da progetto (DGC n.3461 del 3
ottobre 2003).
§ 3.2 – Le dimensioni del fabbisogno manutentivo degli immobili a reddito
La Romeo s.p.a. ha elaborato, nel corso del 2001, un programma generale di
manutenzione straordinaria degli immobili a reddito fondato sulla stima economica del
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fabbisogno manutentivo futuro di ogni singolo edificio e degli investimenti necessari. Tale
fabbisogno è stato quantificato in 434 miliardi di lavori (pari a 224,1 milioni di euro), al
netto di IVA e attività professionali.
Certo, sorprende come il fabbisogno manutentivo risulti aumentato, nell’arco di
poco meno di dieci anni, del 250% circa (passando da una stima quantificata in 173
miliardi di lire ad una più aggiornata di 434 miliardi di lire).
La stima è stata effettuata sui soli immobili ad uso abitativo (dunque, con
esclusione di quelli destinati in maniera esclusiva ad usi diversi e/o strumentali ed
istituzionali). Tra questi sono stati a loro volta esclusi:
1) gli immobili di provenienza ex EE.OO., in quanto da retrocedere, ai sensi
della legge regionale n. 32/1994, al patrimonio delle ASL e delle Aziende ospedaliere;
2) gli immobili oggetto di condominio con terzi proprietari, in quanto
l’attività di programmazione degli interventi di manutenzione straordinaria sulle parti
comuni è demandata ai relativi amministratori;
3) gli immobili ubicati nel centro storico di Napoli, in ragione della loro
particolare tipologia costruttiva che richiede approfondimenti specifici sulla natura degli
interventi da realizzare.
Pertanto, il complesso degli immobili esaminato dalla Romeo s.p.a. corrisponde a
n. 961 edifici di tipo residenziale, per un totale di n. 21.158 unità abitative (a fronte della
precedente stima sul fabbisogno manutentivo calcolata, rispettivamente, su 620 edifici di
tipo residenziale, per un totale di n. 18.569 unità abitative). Esso si riferisce a circa i due
terzi degli edifici in gestione alla Romeo s.p.a. e all’ 84% delle relative unità abitative
complessivamente gestite dalla stessa nell’anno 2000.
In realtà, la stima della Romeo s.p.a. si fonda su verifiche puntuali (sopralluoghi e
valutazione degli interventi manutentivi precedenti) che hanno interessato solo il 47%
degli edifici (vale a dire solo 452 edifici e 13.607 unità abitative).I restanti 509 immobili
sono stati oggetto di valutazione estimativa e tecniche di campionamento (ai sensi della
norma UNI 10604) fondate su criteri di analogia, con proiezioni per provenienza
(immobili ex L.219/1981, ex IPAB, ex IACP ed altri) e per tecnica costruttiva degli
immobili.
L’esigenza manutentiva effettivamente riscontrata con indagini puntuali
corrisponde, quindi, al 68% (pari a 153,4 milioni di euro) del fabbisogno complessivo e
attiene, per il 23%, ad interventi collegati alla risoluzione di fenomeni di condensa, per
un ulteriore 23%, ad interventi su impianti idrico-sanitari, per il 19%, ad interventi di
adeguamento e messa a norma di impianti tecnologici (L.46/1990), per il 7%, ad
interventi per opere in copertura e per la parte restante (28%) ad interventi manutentivi
vari.
Ad incidere in modo significativo sul fabbisogno complessivo (esattamente per il
61%) sono gli immobili realizzati con i fondi della legge n. 219/1981 e trasferiti in
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proprietà al Comune di Napoli ai sensi della legge n. 341/1995, il cui degrado generale è
dovuto, oltre al particolare sistema costruttivo (che ha previsto l’impiego di componenti
tipizzati dell’edilizia civile “prefabbricata”), “alla totale mancanza di manutenzione
programmata”.
In particolare, lo stato di fatiscenza e pericolosità in cui versano gli impianti tecnici
nel loro complesso (impianti elettrici, di riscaldamento, antincendio, ascensori) espone
l’Amministrazione comunale a responsabilità sia civili che penali, in considerazione del
mancato rispetto delle prescrizioni normative, ovvero alla totale e definitiva messa fuori
servizio degli stessi.
§ 3.3 – La gestione tecnica degli interventi di manutenzione
Per una maggiore comprensione delle modalità gestionali, occorre chiarire che,
con cadenza annuale, la Romeo s.p.a. elabora i Piani di manutenzione straordinaria che
vengono sottoposti all’attenzione dell’Amministrazione comunale, la quale li approva in
ragione della capacità di assicurarne la relativa copertura finanziaria. Pertanto, il gestore
commisura la programmazione tecnica sulla base delle esigenze di intervento segnalate
dall’utenza, dei criteri di priorità ed urgenza e, comunque, in base alle istruzioni fornite
dal Committente, atteso che “la dimensione (in termini di spesa) del servizio
annualmente erogato, è puntualmente calibrata (per ragioni contabili) sull’entità degli
stanziamenti approvati dal Comune nel bilancio di previsione (la cui valenza di
autorizzazione impone un considerevole ed imprescindibile argine a qualsivoglia
discrezionalità della società di gestione nella definizione dell’ampiezza del servizio
erogato)”.
Le clausole del contratto di affidamento del servizio di inventariazione e gestione
prevedono, infatti, un compenso per la gestione tecnica degli interventi di manutenzione
dei soli “beni patrimoniali immobiliari da reddito” (con esclusione, dunque, dei beni
demaniali e patrimoniali non rientranti in detta categoria, salva specifica richiesta)
commisurato al 4,23% dell’importo dei lavori realizzati dalla Romeo s.p.a. (direttamente
o avvalendosi di ditte anche selezionate dall’Amministrazione comunale) e computati
sulla base di prezzari indicati dal Comune, oltre al rimborso dei costi degli interventi
medesimi.26
In particolare, a garanzia della remuneratività dell’attività della società affidataria,
il contratto prevede che il valore degli interventi di manutenzione, da realizzare
annualmente sugli immobili di edilizia residenziale pubblica, non possa essere inferiore a
14 miliardi di lire annui (pari a 7,2 milioni di euro). Analogamente, per il patrimonio
26 Relativamente alla direzione lavori e progettazione effettuati dalla Romeo spa. sugli interventi manutentivi è stabilita, a titolo di corrispettivo, una percentuale forfetaria del 10% sugli importi liquidati.
41
gestito in regime di diritto privato il valore minimo degli interventi di manutenzione da
realizzare annualmente è determinato ai sensi dell’art.19 del DPR n.1035/1972 e dell’art.
25 della legge n. 513/1977.
Per i piccoli interventi riparativi (manutenzione ordinaria) è, altresì, stabilita una
quota annua almeno pari al 10% degli importi delle entrate per canoni e/o indennità
sostitutive, comunque non inferiore a 4 miliardi di lire (pari a 2,1 milioni di euro).27
Appare evidente, dunque, che, in considerazione della variabilità del corrispettivo
per la gestione, sia interesse della concessionaria aumentare la consistenza delle spese di
manutenzione fatturate e, comunque, che tali spese non esauriscono l’ammontare
complessivo degli oneri di manutenzione sostenuti dal Comune a beneficio del patrimonio
immobiliare all’esame.
E’ prevista, peraltro, anche una specifica clausola di “incentivo per buona
gestione” (pari al 4,23%) calcolato sulla differenza tra entrate e spese di gestione
corrente, intese, le prime, quali corrispettivi ricorrenti erogati all’affidatario, le seconde,
quali spese ordinarie (al netto, cioè, di quelle per manutenzioni straordinarie) concernenti
gli immobili a reddito.
§ 3.4 – Caratteristiche ed obiettivi dell’analisi
Il quadro ricostruttivo degli interventi di manutenzione straordinaria testé esposto
riguarda solo una parte (per quanto consistente) del patrimonio immobiliare comunale, e
precisamente quella relativa ai soli beni patrimoniali immobiliari “da reddito”, vale a dire i
cespiti potenzialmente produttori di reddito.
Tali immobili, affidati alla gestione della Romeo s.p.a., rapresentano una quota
significativa del patrimonio immobiliare, pari a circa un terzo dei cespiti iscritti
nell’inventario dei beni immobili comunali.
La restante consistenza immobiliare si divide, invece, in due altre categorie
sostanzialmente equivalenti: l’una relativa ai beni utilizzati per fini istituzionali dell’Ente
(scuole, uffici pubblici, ospedali, impianti sportivi etc.), l’altra rientrante in una non
meglio specificata categoria “altri usi”, la quale annovera, come già detto, beni da
27 In ordine alle modalità di pagamento dei corrispettivi maturati dall’affidataria, le disposizioni contrattuali prevedono, in generale, una liquidazione mensile, in via posticipata, previa fatturazione dei compensi spettanti e dei rimborsi dovuti. Quanto alla gestione delle entrate e delle spese, la società provvede direttamente alla riscossione di canoni, oneri accessori ed altre somme connesse alla gestione attraverso un conto corrente postale intestato alla stessa, la cui giacenza viene trasferita, con cadenza almeno quindicinale, su altro conto corrente bancario (i cui oneri di tenuta del conto sono imputati al Comune). Il relativo saldo attivo viene, poi, mensilmente versato al Tesoriere del Comune, per essere poi rendicontato (in entrata e in uscita) per risorsa ed intervento. La società provvede, inoltre, al pagamento di tutte le spese connesse alla gestione, ivi comprese quelle relative agli interventi manutentivi, trattenendo, sulle disponibilità del conto corrente bancario, un fondo spese di lire 100.000.000, reintegrabile automaticamente allorché ne sia utilizzato almeno il 60%. Sono, comunque, a carico dell’Amministrazione tutte le spese di spedizione e di natura tributaria, le spese vive e le spese generali di giudizio, di natura tecnica e giuridica (sia pure nei limiti delle tariffe professionali), nonché il pagamento (previo visto di congruità emesso dall’affidataria) delle fatture relative a contratti di fornitura o somministrazione intestati al Comune (energia elettrica, acqua, gas etc.).
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recuperare, beni non locati, beni requisiti, suoli destinati all’edificazione di opere
pubbliche, campi di accoglienza etc.
Per ciascuna di queste tre grandi categorie di beni immobili, l’Amministrazione ha
l’onere di reperire risorse sufficienti a salvaguardarne l’utilità funzionale nonché il valore
economico. Accanto agli edifici destinati ad abitazione, vi sono, dunque, locali,
attrezzature complesse, scuole, monumenti ed altri manufatti che richiedono periodici
interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria che ne conservino inalterata la
funzionalità ovvero che ne assicurino una adeguata destinazione.
Conseguentemente, il fabbisogno manutentivo del patrimonio immobiliare
comunale non può ridursi, ovviamente, alla sola stima elaborata dalla Romeo s.p.a. per
gli immobili a reddito destinati ad uso abitativo (quantificata in 224 milioni di euro), né
può prescindere dai programmi strategici di riqualificazione e sviluppo dell’intero
territorio urbano, i quali, come noto, vanno oltre il recupero funzionale e il restauro degli
immobili, per estendersi alla riqualificazione urbana ed ambientale.
Tale complesso di interventi di recupero e sviluppo urbano trova, oggi, nel
Programma Integrato Territoriale (PIT) “Città di Napoli” (per un valore complessivo di
295 milioni di euro) e negli atti di Programmazione negoziata (Accordi di programma,
Programmi di recupero urbano, Protocolli d’intesa, Contratti di quartiere etc.) i principali
strumenti attuativi, capaci di convogliare le risorse provenienti da molteplici fonti di
finanziamento verso specifici progetti di intervento necessariamente integrati tra loro.
Se, dunque, gli interventi di manutenzione straordinaria del patrimonio edilizio
comunale si inquadrano nell’ambito di questa serie di attività programmatiche di valenza
strategica, è evidente che una loro valutazione complessiva in termini di adeguatezza del
finanziamento e di sana e corretta gestione manutentiva non può non trovare
fondamento in un’analisi di più ampio respiro, che sappia evidenziare, all’un tempo,
problematiche di contesto unitamente a specifiche esigenze realizzative.
In tale ottica, la presente indagine si propone essenzialmente l’obiettivo di
misurare lo stato di avanzamento finanziario dei programmi annuali di recupero edilizio di
più significativa consistenza economica, con conseguente esame della capacità
realizzativa della Amministrazione e dei pertinenti uffici intestatari della gestione.
Data la mole degli investimenti effettuati, si è ritenuto di acquisire un campione il
più completo possibile e, comunque, significativo degli interventi programmati, capace di
restituire una immagine sufficientemente rappresentativa dei più rilevanti fenomeni
gestionali che attengono, essenzialmente, all’arco temporale 1999-2003.
43
§ 3.5 – I programmi di manutenzione straordinaria degli immobili a
reddito
Come si è visto, a partire dall’anno 2002 il Comune di Napoli ha affidato con
regolarità alla Romeo s.p.a. numerosi interventi di manutenzione straordinaria sugli
immobili del patrimonio comunale a reddito finanziandoli con mutui della Cassa DD.PP.
Nell’arco del triennio 2002/2004 ha acceso, infatti, tre nuovi mutui (di durata ventennale
e ad un tasso variabile tra il 4,2% e il 5,3%) per un importo complessivo di 46.245.440
euro.28
A tale consistente impegno finanziario non ha corrisposto, però, l’elaborazione di
nuovi ed ulteriori programmi di recupero e riqualificazione urbana delle aree residenziali
pubbliche, ad eccezione del programma di ricostruzione edilizia post-terremoto
1980, diretto alla riqualificazione degli agglomerati urbani realizzati con i fondi di cui alle
leggi n. 25/1980 e n. 219/1981 mediante la tecnica della “prefabbricazione pesante”.
Il programma, da concludersi entro il 2005, è da considerarsi aggiuntivo ai
predetti finanziamenti con mutui della Cassa DD.PP., in quanto volto, anziché alla
manutenzione straordinaria, alla demolizione dei preesistenti edifici (ampiamente
degradati per la mancanza di qualsiasi forma di manutenzione) ed alla realizzazione di
nuovi alloggi ed infrastrutture. Esso è articolato in due progetti esecutivi, il primo dei
quali prevede un finanziamento regionale di 32 milioni di euro (interamente impegnati
già dal 2001), mentre il secondo ha ottenuto risorse per ulteriori 46,5 milioni di euro
(anch’essi impegnati dal 2002).
Un più recente intervento di riqualificazione urbana nel quartiere di S. Giovanni a
Teduccio è quello, anch’esso finanziato nel 2003 con mutuo della Cassa DD.PP. per un
importo di 8.687.620 euro, riguardante il complesso edilizio di via Taverna del
Ferro. Tali opere, tuttavia, subiscono rallentamenti per impedimenti determinati dalla cd.
“mobilità abitativa”.
Per il resto, l’Amministrazione è impegnata ad attuare numerosi programmi di
recupero e valorizzazione del patrimonio immobiliare destinato ad alloggi di edilizia
residenziale pubblica avviati negli anni precedenti e non ancora terminati.
Tra questi, il più significativo è quello riguardante i complessi immobiliari rientranti
nel richiamato Accordo di Programma di E.R.P. sottoscritto il 3 agosto 1994 tra il
Ministero dei Lavori Pubblici, la Regione Campania e il Comune di Napoli (con successivo
Atto aggiuntivo di approvazione definitiva stipulato in data 4 agosto 1999).Il programma,
per la cui realizzazione sono stati impegnati fino al 2003 complessivi 180,76 milioni di
euro (a valere per 129 Meuro sui fondi statali di cui alle leggi n. 457/78, n. 179/92 e n.
28 In particolare, per il Piano di manutenzione straordinaria per l’anno 2002 è stato contratto un mutuo, in data 1° ottobre 2002, per l’importo di 15.751.940,00 euro; analogamente, per il Piano di manutenzione straordinaria per l’anno 2003 il mutuo, stipulato in data 25 novembre 2003, ammonta a 15.493.500,00 euro; infine, è stato acceso un ulteriore mutuo in data 9 dicembre 2004 per l’importo di 15 milioni di euro, anch’esso destinato per le medesime finalità.
44
493/93 e per la restante parte sui fondi ordinari regionali), prevede interventi di recupero
edilizio (modulo A), recupero urbano (modulo B), nuove costruzioni (modulo C),
interventi straordinari (modulo D) e sperimentali (modulo E). Dei cinque moduli solo il
primo è in avanzata fase di realizzazione (nonostante taluni rallentamenti anch’essi legati
alla risoluzione di problemi connessi alla mobilità degli occupanti gli stabili ubicati
all’interno del centro storico), mentre gli altri moduli sono ancora fermi alla fase
dell’approvazione della progettazione esecutiva. L’importo dei lavori già liquidati è di circa
46,2 milioni di euro al termine del 2003, ma è evidente che il programma, con tutta
probabilità, non potrà essere completato nei tempi previsti (agosto 2007).
Ulteriore protocollo d’intesa sottoscritto con il Ministero dei Lavori Pubblici in data
28 novembre 1999 riguarda il Contratto di quartiere Ponticelli 167 (lotto 10), per il quale
il Comune ha ottenuto l’assegnazione di un finanziamento statale ex legge n. 662/96 per
10,2 milioni di euro in aggiunta a fondi comunali per 2,6 milioni di euro (per recupero
edifici A e B). Per il programma, da concludersi entro il 2004, risultano effettuati
pagamenti, al termine del 2003, per soli 2,3 milioni di euro.
Ancora più problematici risultano gli interventi di costruzione di alloggi nell’ambito
dei programmi di recupero urbano sempre nel quartiere Ponticelli (campi 4 e 6), per le
cui opere risultano impegni di spesa dal 1994 pari a 67 milioni di euro (finanziamento
statale ex legge n. 25/80 e n. 94/82). Il programma, praticamente fermo, non ha
prodotto spesa fino a tutto il 2003.
Proseguono, invece, con regolarità altri importanti interventi di riqualificazione
edilizia come il Programma Straordinario Edilizia Residenziale (P.S.E.R.) ex Titolo VIII
legge n. 219/81, per il quale, a fronte di residui passivi per 220 milioni di euro al
1.1.1999, l’Amministrazione ha realizzato opere, entro il 2003, per 190 milioni di euro.
Sul programma risultano effettuati nuovi impegni di spesa pari a 56 milioni di euro.
Altrettanto regolarmente proseguono i lavori di ristrutturazione relativi ai
programmi “Ricostruzione città di Napoli” e “acquisto e recupero edilizio” di cui alle leggi,
rispettivamente, n. 219/81 e n. 457/78, per i quali figurano pagamenti complessivi nel
quinquennio 1999/2003 per 31 milioni di euro (a fronte di residui passivi per 77 Meuro).
Prosegue, inoltre, l’articolato programma di riqualificazione urbana “Vele di
Scampia” realizzato con finanziamenti statali e regionali per oltre 88 milioni di euro e
pagamenti, nel quinquennio all’esame, pari a 36,6 milioni di euro.
Deludente, invece, la performance di tutti i progetti di manutenzione per la
salvaguardia di immobili a reddito finanziati con esclusive entrate comunali quali: condoni
edilizi, avanzi vincolati, ricavi da assegnazione di alloggi a riscatto. Per questi,
nonostante gli impegni siano di ridotta portata (circa 8,4 milioni di euro complessivi), non
si registrano avanzamenti nella spesa.
45
Nel complesso, risulta evidente come per la categoria degli immobili residenziali a
reddito il volume finanziario degli investimenti realizzati nel settore sia di rilevanti
proporzioni.
Le cospicue dimensioni dei programmi testé passati in rassegna dimostrano come
la concessionaria Romeo s.p.a. sia stata interessata soltanto in minima parte per le
attività di intervento straordinario effettuate nel tempo dall’Amministrazione. Ed invero,
degli oltre 818 milioni di euro impegnati nel periodo 1996/2003 per interventi straordinari
sul patrimonio immobiliare a reddito, la società concessionaria ha partecipato, a vario
titolo, a lavori per soli 104 milioni di euro circa.
Dunque, il fatto che la stessa società abbia denunciato la mancanza di congrui
finanziamenti negli anni 2001/2002 per interventi di manutenzione straordinaria non può
essere considerato indicativo di una supposta negligenza degli amministratori comunali
nei confronti del fabbisogno manutentivo degli immobili residenziali a reddito di proprietà
del Comune. Ciò è dimostrato, peraltro, dal fatto che l’entità complessiva degli
stanziamenti in bilancio per i suddetti investimenti nelle singole annualità all’esame è
andata sostanzialmente crescendo (sia pur con la sola eccezione dell’esercizio 2002, nel
quale le risorse stanziate sono diminuite del 4,8% rispetto alla media degli esercizi
precedenti).
Piuttosto, la preoccupante crescita del fabbisogno manutentivo, passato, in poco
meno di un decennio, da una stima quantificata in 89 milioni di euro ad una di 224
milioni di euro, denota l’inefficacia degli interventi posti in essere dall’Amministrazione
per assicurare il ripristino delle condizioni di normale fruibilità degli immobili residenziali.
L’analisi finanziaria degli investimenti programmati evidenzia, infatti, un carico di
residui passivi eccessivamente elevato rispetto alla corrispondente componente dei
pagamenti. Il modesto margine di realizzazione delle spese di investimento emerge dai
valori raggiunti da alcuni indicatori finanziari di spesa utili a dare una misura, in valori
percentuali, dei fenomeni gestionali e per operare raffronti, sia pure a livello di
macroaggregati, fra gestioni diverse.
Dal confronto tra la capacità d’impegno (rapporto tra impegni di spesa e
stanziamenti di bilancio) e la velocità di cassa (rapporto tra pagamenti totali ed impegni
comprensivi dei residui passivi iniziali) relativamente agli esercizi 1999/2003, si osserva
una elevata capacità di impegno (sintomo, generalmente, di una cospicua attitudine nel
tradurre in programmi di spesa le scelte politiche di allocazione delle risorse)
contraddetta, però, da una particolarmente modesta capacità di spesa e di smaltimento
dei residui derivanti dagli esercizi precedenti.
Ad eccezione del Programma Straordinario Edilizia Residenziale (le cui
performances risultano ampiamente soddisfacenti) e dei programmi “Vele di Scampia” e
“Ricostruzione città di Napoli” (le cui velocità di cassa raggiungono livelli prossimi al
41/44 % della massa spendibile), tutti gli altri interventi di spesa segnano valori
46
ampiamente inferiori ai livelli medi del settore, il che è sintomatico di un modesto grado
complessivo di funzionalità gestoria.
Dallo slittamento nei tempi di realizzazione dei programmi di spesa ne derivano
inevitabili disfunzioni in termini di efficacia e di economicità, oltre che un grave
scollamento tra individuazione del fabbisogno tecnico e compiuto riscontro dei risultati,
con possibile sovrapporsi di progetti non sempre tra loro perfettamente compatibili.
Né sembra favorire la snellezza dei tempi la marcata frammentazione nelle
competenze operative e dei centri di costo, per cui non tutti i Servizi appaiono in grado di
controllare adeguatamente la utilizzazione delle spesso copiose risorse ad essi trasferite.
L’assenza, poi, di un adeguato controllo di gestione pregiudica irrimediabilmente le
potenzialità autocorrettive della Amministrazione. Ad es., il valore segnaletico dei pochi
indicatori di risultato introdotti nel P.E.G. non è stato sufficientemente valorizzato dai
dirigenti, a fine anno, per la mancata fissazione di valori standard di riferimento e date
da rispettare; così come la distribuzione delle risorse (siano esse finanziarie, umane o
strumentali) non ha seguito logiche legate al raggiungimento degli obiettivi individuati
(spesso con grave ritardo) ed al loro grado di priorità, ma è apparsa il frutto di situazioni
preesistenti e consolidate.
In questo ambito, la riforma della macrostruttura organizzativa, attuata con la
deliberazione di Giunta Comunale n.426 del 22 febbraio 2003, ha costituito, certamente,
un elemento di impulso per un più efficace funzionamento del ciclo di programmazione e
controllo dell’Ente (sino ad allora apparso eccessivamente centralizzato). Manca, tuttavia,
ancora un sistema di contabilità analitica capace di effettuare analisi significative
sull’allocazione e sull’utilizzo delle risorse da parte dei singoli Servizi, senza le quali non è
possibile ottimizzare le risorse disponibili.
Al riguardo, la fase istruttoria di questo supplemento di indagine sul patrimonio
immobiliare del Comune di Napoli ha confermato quanto già ampiamente emerso nel
corso del precedente controllo in ordine alla farraginosità e inadeguatezza del sistema di
comunicazione tra i Servizi del Comune (basato essenzialmente su documentazione
cartacea). Tale deficit comunicativo è alla base, peraltro, dei significativi ritardi nel
riscontrare le richieste istruttorie di questa Corte, rallentandone oltremodo l’indagine e
vanificandone, tra l’altro, qualsiasi tentativo di più efficace e compiuto monitoraggio delle
attività programmate.
§ 3.6 – I programmi di manutenzione straordinaria degli immobili
destinati ad usi istituzionali e ad altri usi
Durante il quinquennio all’esame, il Comune di Napoli ha destinato un volume di
investimenti per immobili a reddito sostanzialmente equivalente al volume degli
47
stanziamenti in conto capitale per la manutenzione straordinaria degli immobili non a
reddito, immobili destinati cioè ad usi istituzionali ovvero strumentali o ad altri usi.
L’ammontare complessivo di questi ultimi (escludendo dal computo degli
stanziamenti le previsioni di investimento per il trasporto e la viabilità nonché gli impianti
per la pubblica illuminazione e le opere idriche), corrisponde a circa 460 milioni di euro,
finanziati in misura via via crescente con mutui a carico del Comune, il cui ammontare ha
raggiunto, nel 2003, circa l’ 86% degli impegni di spesa.
Gli interventi di manutenzione straordinaria hanno riguardato, nei primi anni,
essenzialmente programmi di recupero vario, soprattutto nei quartieri della zona
orientale e nel centro storico della città. Nell’ultimo periodo, invece, circa la metà delle
spese è andata a finanziare interventi per scuole elementari, parchi e impianti sportivi.
Gli investimenti specifici dedicati ad immobili adibiti ad uffici comunali hanno
rappresentato, comunque, una quota assai ridotta.
Nell’ambito delle varie attività di restauro del patrimonio storico-artistico,
funzionali al potenziamento dell’offerta turistica, l’intervento di consolidamento del Real
albergo dei poveri ha costituito il progetto di maggior impegno finanziario (con risorse
comunali impegnate per circa 11 milioni di euro).
Per incrementare e valorizzare il patrimonio immobiliare ad uso non abitativo,
razionalizzandone la gestione, l’Assessore al Patrimonio, con l’ausilio di uno studio
elaborato dalla Romeo Gestioni s.p.a., ha definito le linee strategiche da seguire secondo
previsioni così sintetizzabili:
- in primo luogo, la dismissione di circa 2.000 unità immobiliari (talune in
condominio, altre di provenienza ex IPAB, altre a destinazione terziaria) per un valore
complessivo stimato di circa 32 milioni di euro (ad esse va aggiunta la retrocessione, ai
sensi della legge regionale n. 32/1994, degli immobili di provenienza ex Enti Ospedalieri
al patrimonio delle A.S.L. e delle Aziende Ospedaliere);
- quindi, l’acquisizione di nuove sedi per uffici, dove allocare in modo adeguato
le risorse umane e strumentali dei Servizi comunali, e di una nuova sede per il Consiglio
Comunale (ad esse è da aggiungere, altresì, l’acquisto e la permuta di taluni immobili da
destinare soprattutto a sedi scolastiche);
- infine, il completamento dei programmi di manutenzione straordinaria in
corso ed il recupero degli immobili “vandalizzati” o inutilizzati.
A tal fine, l’Amministrazione comunale ha anche approvato il Piano di interventi di
manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili non a reddito e dei relativi impianti
tecnologici.
Con riguardo al programma di dismissioni di cui alla legge n. 560/1993 è da dire
che i primi risultati sono apparsi deludenti, dal momento che dei 17,5 milioni di euro
attesi nel primo anno di attuazione dello stesso non è stato accertato né riscosso
48
alcunché.29 D’altronde, lo stesso Collegio dei Revisori dei Conti aveva eccepito la evidente
inattendibilità della posta di entrata, stante l’assenza di un preciso ed organico piano di
dismissione dei singoli beni nonché l’individuazione dei potenziali acquirenti, delle
procedure da adottare e dei tempi previsti per l’attuazione.
Altri progetti di alienazione di aree ed altri cespiti “a riscatto”, avviati negli anni
precedenti, hanno anch’essi sortito modesti risultati, con riscossioni per complessivi 5,5
milioni di euro nel quinquennio.
Quanto alle acquisizioni di immobili da destinare a sedi dell’Amministrazione,
quest’ultima aveva appena sostenuto consistenti spese per due importanti progetti
ancora da completare: l’acquisto della nuova sede del Consiglio Comunale (per un
impegno di spesa pari all’intero finanziamento da mutuo di 45 milioni di euro) e
l’acquisizione di suoli in Bagnoli (da realizzare grazie ad un finanziamento a breve
termine per 51,6 milioni di euro, impegnati nel 2001).
In ordine, invece, al completamento dei programmi di manutenzione straordinaria
in corso, non possono non esprimersi perplessità, stante il consistente volume di residui
passivi (oltre 218 milioni di euro nel 2003) il cui smaltimento procede a ritmi troppo
blandi, anche per effetto degli ulteriori impegni di spesa determinati da nuove esigenze
manutentive.
Nell’arco del quinquennio all’esame, la massa dei residui (il cui ammontare
ascendeva, nel 1999, a complessivi 284 milioni di euro circa) si è praticamente
raddoppiata per effetto dei nuovi investimenti, mentre i pagamenti totali non hanno
superato i 280 milioni di euro. Dal che si desume che la flessione dei residui passivi finali
(-20% circa) è imputabile (piuttosto che ad una più sollecita conclusione degli interventi)
essenzialmente a mere operazioni contabili di riaccertamento.
Né può essere trascurata la circostanza che per finanziare i nuovi interventi
manutentivi, l’Amministrazione ricorre il più delle volte alla contrazione di nuovi mutui,
determinando così la crescita dei relativi oneri di ammortamento.30
§ 3.7 – Gli interventi di manutenzione ordinaria
Come accennato in precedenza, tra i compiti affidati alla concessionaria Romeo
Gestioni s.p.a. è previsto anche quello di realizzare gli interventi di manutenzione
ordinaria sugli immobili a reddito (alloggi, parti comuni e relative aree di pertinenza), ivi
compresi i piccoli interventi riparativi, comunque, previsti per legge a carico del
29 Lo scenario ipotizzato, secondo lo studio della Romeo Gestioni spa., prevedeva la vendita, entro il 2003, del 25% degli immobili in condominio, del 7% degli immobili di provenienza ex IPAB, e del 10% dei fondi rustici. 30 Ed invero, al termine dell’esercizio 1999 il costo per l’ammortamento di mutui e prestiti obbligazionari aveva superato i 107 milioni di euro l’anno. Tuttavia, dall’esercizio successivo in poi tale quota si è assestata su livelli sensibilmente più contenuti (circa 73 milioni di euro).
49
proprietario. Il valore minimo degli interventi di manutenzione (ordinaria e straordinaria)
da realizzare annualmente sugli immobili di edilizia residenziale pubblica è determinato in
misura pari a 7.230.400 euro annui, mentre per i piccoli interventi riparativi è stabilita
una quota annua almeno pari al 10% degli importi delle entrate per canoni e/o indennità
sostitutive, comunque non inferiore a 2.065.830 euro annui, salvo interventi riparativi
scaturenti da specifiche esigenze.
Con riguardo ai piccoli interventi riparativi “su guasto”, la concessionaria ha
dichiarato di aver realizzato, negli anni 2001 e 2002, lavori per un costo,
rispettivamente, di 2,36 milioni di euro e 2,77 milioni di euro.
Tale affermazione trova un non perfetto riscontro nelle risultanze di bilancio,
poiché al capitolo 5830 della spesa (F.O. 1010503) risultano impegni di spesa,
rispettivamente, per 2,36 Meuro e 2,37 Meuro e, comunque, nessun pagamento
effettivo. Anzi, sul capitolo non figura alcun pagamento per tutto il periodo 2000/2003,
sicché la massa dei residui passivi risulta cresciuta considerevolmente, passando, in soli
quattro anni, dagli iniziali 3,5 Meuro ai 13,4 Meuro a fine esercizio 2003. Il dato
sembrerebbe sintomatico, più che di un mancato compimento dei programmi di spesa, di
anomalie nella rendicontazione della spesa e di un tardivo rimborso alla società
affidataria delle spese da questa sostenute.31 La presenza di dette anomalie è oggetto di
rilievo anche da parte del Collegio dei revisori del Comune di Napoli, il quale, nella
relazione sulla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto della gestione per
l’esercizio finanziario 2005, sottolinea la necessità di “regolarizzare le riscossioni ed i
pagamenti effettuati dal Concessionario cui è affidata la gestione del Patrimonio,
intimandolo a predisporre e presentare tempestivamente il conto della gestione”.
Ad ogni modo, gli impegni di spesa per interventi riparativi corrispondono,
sostanzialmente, all’intero ammontare delle somme stanziate in bilancio, che nel
quinquennio all’esame è pari, mediamente, a 2,5 milioni di euro l’anno.
L’esame del rendiconto comunale ha consentito di individuare numerosi altri
capitoli destinati ad interventi di manutenzione ordinaria sul patrimonio immobiliare, i
principali dei quali attengono, oltre agli interventi riparativi “su guasto” degli immobili di
edilizia abitativa dati in locazione, agli edifici scolastici (con stanziamenti complessivi
annui mediamente pari a 2,7 Meuro), ai lavori di somma urgenza (pari, mediamente, a
0,5 Meuro di impegni annui) ed alla manutenzione di edifici non residenziali destinati ad
usi istituzionali (per complessivi 0,9 Meuro di stanziamenti annui)32.
31 Tale ipotesi sembrerebbe confermata dalla circostanza che nell’esercizio 1999 risultano pagamenti in conto residui per ben 9.323.706,10 euro, corrispondenti, sostanzialmente, alla spesa complessiva sostenuta dal gestore nei precedenti quattro esercizi finanziari. 32 In particolare, al termine del 2002 risultavano attivi due soli appalti di manutenzione ordinaria: l’uno relativo alle sedi e dipendenze delle Circoscrizioni, l’altro ai campi nomadi.
50
Nel complesso, la spesa impegnata per la manutenzione ordinaria degli immobili
comunali è dell’ordine di circa 8,9 milioni di euro l’anno nel quinquennio, di cui solo il
27% è utilizzato per la manutenzione degli alloggi dati in locazione.
Considerando che il Comune destina, mediamente, alle spese per la manutenzione
straordinaria degli immobili a reddito circa il 46% delle risorse impegnate per gli
interventi di ristrutturazione dell’intero patrimonio immobiliare, sembra logico dedurne
che, in proporzione, il volume di risorse destinato alla manutenzione ordinaria degli edifici
residenziali a reddito risulti ampiamente sottodimensionato rispetto al suo effettivo
fabbisogno.
Facendo il confronto con le risorse impegnate per gli interventi manutentivi
ordinari degli edifici scolastici comunali (scuole materne, elementari e medie) si nota
come per essi l’Amministrazione impieghi ugualmente circa il 24% dei mezzi finanziari
complessivamente impegnati per la manutenzione ordinaria, a fronte dei quali, però, gli
impegni di spesa per la relativa manutenzione straordinaria risultano pari solo all’ 11,5%
circa dell’intera spesa impegnata nel quinquennio per l’insieme degli immobili di proprietà
comunale (esclusa, si ripete, la spesa relativa ai settori viabilità, trasporti, pubblica
illuminazione ed opere idriche, le cui dimensioni rischierebbero di alterare i risultati di
un’analisi che intende soffermarsi principalmente sugli interventi manutentivi degli edifici
e relative aree e pertinenze facenti parte del patrimonio immobiliare del Comune di
Napoli).
Ulteriore conferma di come l’Amministrazione comunale trascuri di effettuare una
tempestiva e periodica manutenzione ordinaria del proprio patrimonio immobiliare a
reddito, è data dal fatto che la Romeo s.p.a. riceve, quotidianamente, innumerevoli
segnalazioni di guasti e solleciti di interventi manutentivi cui la stessa non è in grado di
far fronte con le insufficienti risorse messe a sua disposizione.
A dare una idea di quanto pressanti siano le richieste provenienti dall’utenza basti
pensare che nel solo anno 2002, oltre alle 8.190 segnalazioni di nuovi guasti agli impianti
idrici ed elettrici ovvero di infiltrazioni di acqua dai solai di copertura, sono pervenute alla
concessionaria ben 13.543 solleciti per interventi manutentivi rimasti ancora da
effettuare, e che la stessa società di gestione ha potuto fronteggiare nell’anno, a causa
dell’esaurimento delle risorse disponibili, solo il 14% delle richieste di intervento più
urgenti (circa 3.000 interventi).
Poiché le risorse assegnate alla Romeo s.p.a. nel quinquennio sono risultate
sostanzialmente stabili, è da ritenere che almeno la metà degli interventi manutentivi più
urgenti sia rimasta, ogni anno, inevasa, con conseguente aggravamento del tipo di
intervento da operare e proporzionale espansione del fabbisogno manutentivo.
Appare evidente, dunque, l’esigenza di incrementare le risorse da destinare alla
manutenzione ordinaria degli immobili a reddito (le cui risorse andrebbero almeno
raddoppiate) e di come il loro persistente sottodimensionamento abbia prodotto il
51
degrado degli impianti e delle strutture e la necessità di intervenire in maniera drastica e
massiccia con onerosi programmi di ristrutturazione se non, addirittura, di integrale
demolizione e sostituzione degli edifici più fatiscenti.
La preoccupante crescita del fabbisogno manutentivo, contestualmente all’ingente
complesso di interventi di ristrutturazione messi in campo dall’Amministrazione
comunale, dimostrano, altresì, quanto sia indispensabile intervenire con una tempestiva
e regolare opera di manutenzione ordinaria degli immobili che arresti il rapido
deterioramento degli edifici ristrutturati e limiti, così, l’esigenza di nuovi interventi
radicali ed dispendiosi.
Per fronteggiare, almeno in parte, i maggiori oneri finanziari per le spese di
manutenzione ordinaria dell’edilizia abitativa è auspicabile, oltre ad una più rigorosa
azione di recupero dei canoni di locazione dovuti, una maggior attenzione all’entità dei
rimborsi che l’Amministrazione può vantare nei confronti dell’utenza in base alla Carta dei
diritti e dei doveri degli assegnatari del patrimonio (delibera G.M. n.2739 del 25 giugno
1997), secondo la quale gli oneri sostenuti per interventi su “piccoli guasti” devono
essere ripartiti tra proprietario e assegnatario.
52
CAPITOLO IV
GESTIONE COMPLESSIVA DEL PATRIMONIO IMMOBILIARE
Premessa
Tra i motivi di rilievo formulati nella relazione della Corte dei conti si accennava
anche, nell’ambito di talune considerazioni sulla redditività del patrimonio immobiliare, ad
un “saldo negativo della gestione molto elevato”.
Dal che la Corte aveva tratto l’esigenza di “una rapida e radicale inversione di
tendenza della gestione patrimoniale per evitare ulteriore aggravio per il bilancio
comunale ed un conseguente ed inevitabile ricorso ad ulteriori forme di tassazione a
carico della collettività per ripianare le perdite derivanti da tale settore”.
L’Amministrazione comunale ha eccepito come tali osservazioni fossero fondate su
una discutibile ed erronea ricostruzione dei costi di gestione, foriera di un grave
travisamento dei fatti e di conclusioni completamente fuorvianti in merito all’effettivo
saldo della gestione.
In sostanza, il Comune ha obiettato che il raffronto tra le entrate correnti per fitti,
canoni enfiteutici, sublocazioni, interessi moratori e recupero spese anticipate, da un lato,
e le spese correnti per la gestione degli immobili, costi di manutenzione ordinaria e
straordinaria, spese per mutui e locazioni passive, dall’altro, sarebbe falsato da dati tra
loro non omogenei: da un lato, le sole entrate correnti della gestione, dall’altro, non solo
le spese correnti per la ordinaria gestione patrimoniale di immobili a reddito, ma anche i
costi in conto capitale per manutenzioni straordinarie – e relativo mutuo - nonché i costi
sostenuti per locazioni passive di beni di terzi utilizzati per fini strumentali. Le stesse
spese per manutenzioni ordinarie sarebbero state, praticamente, considerate tre volte
(riportando sia le spese di manutenzione ordinaria allocate in bilancio al capitolo 5830
“Riparazioni su guasto”, finalizzate alla risoluzione tempestiva di piccole esigenze
53
manutentive, sia i costi complessivi di manutenzione ordinaria, sia i costi di
manutenzione ordinaria e straordinaria dei soli beni “locati” a terzi).
Sul punto, la Sezione osserva preliminarmente come, a fronte di obiettive e
indiscutibili incongruenze frutto di una erronea aggregazione dei dati emersi
dall’istruttoria, l’Amministrazione comunale abbia in più di una occasione sostanzialmente
assentito in ordine alla correttezza del prospetto di riepilogo delle spese di gestione in
parola (sia in sede di controdeduzioni allo schema di referto, sia nel corso dell’udienza
pubblica al termine della quale il referto è stato approvato dalla Sezione, sia
successivamente a seguito di formale e specifica richiesta di chiarimenti).
Ad ogni modo, occorre considerare lo spirito con il quale il prospetto è stato
elaborato ed il risultato gestionale che mirava ad evidenziare.
In primo luogo, ciò che la Corte intendeva mettere a confronto non erano i
risultati della sola gestione corrente degli immobili (chiaramente in attivo, se riferita alla
gestione di competenza degli immobili a reddito) bensì dell’intera gestione patrimoniale
(corrente e in conto capitale). Trova così spiegazione l’inserimento nel prospetto sia dei
costi di manutenzione straordinaria sia delle somme assunte a mutuo per fronteggiare gli
interventi previsti dal Piano di manutenzione straordinaria per il 2002 (tant’è che nella
bozza presentata in contraddittorio figurava anche una distinta tabella concernente le
sole spese correnti). Inoltre, l’inclusione delle spese per locazioni passive mirava a
considerare anche quegli oneri impropri e riflessi (cioè non direttamente riconducibili al
patrimonio immobiliare in gestione alla Romeo s.p.a.) conseguenti ad una possibile
gestione inefficiente del patrimonio immobiliare di proprietà dell’ente territoriale.
Evidentemente, alla luce di un esame più approfondito, i dati disponibili si sono
rivelati inadeguati per una analisi di questo tipo, che richiede la conoscenza (oltreché dei
dati relativi ai costi ed ai ricavi risultanti dalla gestione degli immobili a reddito) dei costi
generali di funzionamento per gli immobili destinati ad usi istituzionali nonché dei relativi
oneri di manutenzione (ordinaria e straordinaria) e di ammortamento mutui.
Ciò detto, è il caso di riesaminare la gestione patrimoniale sotto un profilo
complessivo, che dia modo di ricostruire una serie storica dei flussi finanziari
sufficientemente ampia da evidenziare, tra l’altro, le dinamiche della gestione
straordinaria e le sue ricadute su quella ordinaria.
In secondo luogo, non può non prendersi atto che per giungere a corrette
valutazioni conclusive in termini di efficacia, efficienza ed economicità della gestione
patrimoniale, l’indagine deve sostanziarsi in un’analisi del tipo costi/benefici. Ciò
implica, fra l’altro, l’esigenza di impostare l’analisi sulla gestione avendo presente tanto
gli elementi di valutazione relativi ai costi di acquisizione delle risorse pubbliche, quanto i
benefici che ne derivano in termini di soddisfacimento di bisogni della collettività.
Più precisamente, se il controllo sulla gestione delle entrate deve muovere dalla
ricognizione dei proventi senza prescindere da un tentativo di quantificarne la
54
corrispondente spesa, così il controllo sulla gestione della spesa deve partire dalla
ricognizione delle quantità di risorse impiegate e delle relative modalità di utilizzo, ma
non può prescindere, poi, dal tentativo di quantificare i benefici correlati alla spesa
stessa, anche quando questi siano rappresentati da proventi.
Si procederà, pertanto, secondo un criterio metodologico di analisi che mira a
rappresentare la gestione, prima, in una prospettiva articolata per aggregati omogenei,
poi, in una visione di insieme, riassuntiva dei risultati raggiunti nel quinquennio
1999/2003 e delle linee di tendenza che da questi emergono.
§ 4.1 – La gestione corrente degli immobili a reddito
Il contratto di affidamento alla Romeo s.p.a. dei servizi di inventariazione e
gestione del patrimonio immobiliare comunale prevede, ad integrazione del corrispettivo
dovuto alla società, un incentivo per buona gestione (pari al 4,23%) calcolato, come si è
detto, sulla differenza tra entrate ricorrenti erogate all’Affidatario e spese ordinarie
sostenute da questi per beni e servizi, oneri condominiali e spese legali concernenti gli
immobili a reddito affidati in gestione.
In base alle risultanze dei rendiconti degli esercizi 1999/2003, il saldo della
gestione corrente degli immobili a reddito amministrati dalla Romeo s.p.a. si dimostra
chiaramente in attivo se riferita al raffronto tra accertamenti ed impegni della
competenza, ma risulta in forte passivo se il saldo è calcolato avendo a riferimento la
gestione di cassa, vale a dire le riscossioni ed i pagamenti totali.
Infatti, come si evince dal raffronto tra le successive tabelle riepilogative della
richiamata gestione corrente (Tabb. 9 e 10), gli accertamenti di competenza del
quinquennio all’esame sopravanzano gli impegni di spesa per oltre 60 milioni di euro;
viceversa, il saldo di cassa tra riscossioni e pagamenti risulta negativo per oltre 45 milioni
di euro.
Ad incidere sul disavanzo di cassa è soprattutto la mancata riscossione dei fitti
reali di fabbricati residenziali, vale a dire l’ingente ammontare delle esposizioni debitorie
(morosità) maturate dagli assegnatari/conduttori degli alloggi. In particolare, negli
esercizi 2000 e 2001 il livello delle riscossioni per fitti di fabbricati si è praticamente
azzerato, con un minor flusso di cassa di oltre 21 milioni di euro l’anno. A questi si
aggiunge anche la mancata riscossione dei rimborsi, da parte dei locatari, degli oneri
sostenuti dall’Amministrazione per la fornitura dei servizi, con ulteriore perdita di liquidità
per almeno 2,7 milioni di euro l’anno.
Ma quel che più preoccupa nella gestione dei fabbricati a reddito è la continua
flessione degli accertamenti per canoni e indennità, ridottisi progressivamente nel
55
quinquennio del 16%, a conferma del lento declino della redditività degli immobili
comunali.
Quanto alle spese, in disparte l’eccezionale livello dei pagamenti in conto residui
raggiunto nel 1999, si osserva, per gli anni successivi, un deciso rallentamento nei
pagamenti con conseguente riaccumulo dei residui passivi (attestatisi a 38,6 milioni di
euro all’inizio del 2003). L’aumento dei residui, che ha riguardato soprattutto le spese per
la fornitura di servizi e la manutenzione ordinaria, sembrerebbe correlato al modesto
livello delle entrate di cassa.
Ad influire sullo squilibrio di cassa sono molteplici fattori, non tutti imputabili ad
una cattiva amministrazione del gestore. Come si è visto, l’Amministrazione ha rilevanti
responsabilità soprattutto laddove non è in grado di sostenere efficacemente l’attività di
persuasione e di ripristino della legalità svolta dalla concessionaria nei confronti
dell’utenza nonché nei casi in cui non riesce a destinare sufficienti mezzi finanziari per
garantire il mantenimento delle condizioni di normale fruibilità degli immobili da affidare
in locazione.
56
TAB.9
IMMOBILI A REDDITO
GESTIONE CORRENTE - ENTRATE EXTRATRIBUTARIE (Accertamenti e riscossioni totali) (in Euro)
1999 2000 2001 2002 2003 Risorsa
Competenza Cassa Competenza Cassa Competenza Cassa Competenza Cassa Competenza Cassa
FITTI FONDI RUSTICI E SUOLI 400.336,46 62.021,44 557.794,43 0,00 563.054,51 186,08 518.494,63 19.374,42 535.655,52 64.727,80
700 2630 FITTI REALI DI FONDI RUSTICI 30.766,86 17.781,12 40.098,10 0,00 36.267,80 186,08 28.389,96 369,85 28.002,24 8.934,66
700 2640 FITTI REALI DI SUOLI DIVERSI 369.569,60 44.240,32 517.696,33 0,00 526.786,71 0,00 490.104,67 19.004,57 507.653,28 55.793,14
FITTI REALI DI FABBRICATI 23.026.313,14 18.955.370,34 21.482.180,98 929,62 21.030.580,50 464,81 21.566.271,44 1.890.542,66 19.337.986,61 4.238.751,15
710 2650 FITTI REALI DI FABBRICATI 6.048.690,37 3.326.333,69 6.102.776,55 929,62 6.900.922,69 464,81 6.675.504,18 590.299,97 5.763.740,61 1.235.889,15
710 2660 FITTI REALI DI FABBRICATI CIPE 11.803.202,72 11.588.778,10 10.080.182,09 0,00 8.853.285,93 0,00 9.421.604,24 690.012,89 8.217.413,26 1.359.798,85
710 2670 FITTI REALI DI FABBRICATI IACP 2.410.565,03 2.184.059,81 2.301.131,39 0,00 2.112.780,73 0,00 2.087.901,88 208.487,64 1.988.183,93 612.475,04
710 2680 FITTI REALI DELLE PROPRIETA' EX IPAB 2.667.940,47 1.855.040,95 2.943.845,86 0,00 3.081.900,14 0,00 3.333.885,46 389.815,78 3.243.180,03 980.738,72
710 2690 CANONI DI FITTI ANTICIPATI 95.914,55 1.157,79 54.245,09 0,00 81.691,01 0,00 47.375,68 11.926,38 125.468,78 49.849,39
ALTRI PROVENTI DI BENI IMMOBILI 86.587,47 27.664,97 338.140,92 0,00 246.984,34 1,35 295.287,84 247.925,56 298.185,68 337.252,43
720 2705 FITTI REALI DELL'IPPODROMO DI AGNANO 85.554,56 27.663,62 337.334,37 0,00 185.924,48 0,00 191.990,36 84.374,77 194.890,68 233.957,43
720 2710 FITTI REALI DI FABBRICATI 1.032,91 1,35 806,55 0,00 806,55 1,35 2,48 2,48 0,00 0,00
720 2715 FITTO ALBERGO VIA FORIA - - - - 60.253,31 0,00 103.295,00 163.548,31 103.295,00 103.295,00
PROVENTI DI BENI EX ENTI OSPEDALIERI 803.325,27 527.164,45 832.171,88 0,00 829.105,46 0,00 867.939,35 145.431,58 947.943,71 323.548,30
740 2730 PROVENTI DAL PATRIM. IMMOBIL. EX EE.OO. 803.325,27 527.164,45 832.171,88 0,00 829.105,46 0,00 867.939,35 145.431,58 947.943,71 323.548,30
INTERESSI MORATORI 251.999,05 150.876,84 216.279,71 76.721,75 207.197,38 53.012,36 616.806,61 69.066,18 243.334,77 135.489,29
800 2740
INTERESSI DI MORA RITARDATE RISCOSSIONI FITTI 251.999,05 150.876,84 216.279,71 76.721,75 207.197,38 53.012,36 616.806,61 69.066,18 243.334,77 135.489,29
RECUPERI DIVERSI 198.851,04 58.123,69 1.226.191,37 9.306,55 1.263.690,71 25.129,37 1.140.319,62 131.683,52 16.602.295,94 380.073,36
912 3000
RECUPERO SPESE PER REGISTRAZIONE ATTI NON A CARICO DEL COMUNE 12.970,05 12.970,05 1.056.549,84 9.306,55 1.054.353,10 25.129,37 1.002.068,54 111.422,06 976.447,79 336.622,13
912 3010
RECUPERO CANONI PER LOCALI ALIENI IN SUBLOCAZIONE A TERZI 185.880,99 45.153,64 169.641,53 0,00 209.337,61 0,00 138.251,08 20.261,46 131.848,15 43.451,23
912 3044 RECUPERO MAGGIORI ONERI INTERVENTI ERP - - - - - - 0,00 0,00 15.494.000,00 0,00
RECUPERO SPESE PATRIMONIO IMMOBILIARE 2.907.269,08 1.293.854,66 2.816.289,32 0,00 3.104.731,35 0,00 4.513.028,42 775.865,21 4.764.010,30 1.244.304,27
916 3110
RIMBORSO ONERI VARI DA INQUILINI
DI IMMOBILI DELL'ENTE 2.614.644,91 1.287.830,39 2.686.030,49 0,00 2.709.215,00 0,00 4.306.421,95 772.759,39 4.591.516,91 1.235.307,00
916 3120
RECUPERO SPESE ACCESSORIE PATR. IMMOB. E SPESE DI REGISTRAZIONE 292.624,17 6.024,27 130.258,83 0,00 395.516,35 0,00 206.606,47 3.105,82 172.493,39 8.997,27
TOTALE GENERALE ENTRATE 27.674.681,51 21.075.076,39 27.469.048,61 86.957,92 27.245.344,25 78.793,97 29.518.147,91 3.279.889,13 42.729.412,53 6.724.146,60
Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati di rendiconto
57
TAB.10
IMMOBILI A REDDITO
GESTIONE CORRENTE - SPESE ORDINARIE
(Impegni e pagamenti totali) (in Euro)
1999 2000 2001 2002 2003 Intervento
Competenza Cassa Competenza Cassa Competenza Cassa Competenza Cassa Competenza Cassa
1010503 5800
SPESA PER AFFIDAMENTO IN CONCESSIONE ALLA ROMEO 8.624.830,21 13.092.216,71 6.197.482,79 7.176.032,11 5.551.495,10 4.615.422,20 5.910.504,28 5.599.873,60 6.000.000,00 4.702.211,93
1010503 5830
MANUTENZIONE ORDINARIA EDILIZIA ABITATIVA: RIPARAZIONE SU GUASTI 2.282.739,49 10.241.157,29 2.324.005,15 0,00 2.365.942,38 0,00 2.371.000,00 0,00 2.826.400,00 0,00
1010503 6310 SPESE ACCESSORIE E LEGALI 1.637.684,83 4.528.805,64 160.101,64 774,69 665.452,30 12.642,86 833.000,00 14.850,71 833.000,00 37.929,14
1010503 6610 SPESE PER FORNITURE DI SERVIZI 5.611.304,21 5.909.514,08 8.131.613,88 4.412.588,89 5.795.741,06 3.473.279,02 6.413.400,00 3.390.826,51 7.000.000,00 3.327.337,06
1010503 6800
SPESE VARIE PER PROPRIETA' IN CONDOMINIO 970.686,58 2.803.943,05 1.032.913,80 13.597,61 1.386.486,88 0,00 1.249.371,00 0,00 1.694.600,00 0,00
1010507 3000/1
REGISTRAZ.CONTRATTI DI FITTO IMM.DI PROP. COM. IN CONCESSIONE 0,00 47.706,67 1.394.433,63 0,00 1.408.787,51 0,00 1.291.142,25 1.291.142,25 2.000.000,00 2.000.000,00
TOTALE GENERALE SPESE 19.127.245,32 36.623.343,44 19.240.550,89 11.602.993,30 17.173.905,23 8.101.344,08 18.068.417,53 10.296.693,07 20.354.000,00 10.067.478,13
Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati di rendiconto
58
§ 4.2 – La gestione corrente degli immobili ad usi istituzionali
Una sana gestione del patrimonio immobiliare si riflette positivamente anche sugli
oneri che l’Amministrazione deve sostenere per far fronte ai propri compiti istituzionali.
Tra questi, gli oneri per locazioni passive di immobili di proprietà di terzi da
utilizzare come sedi per gli uffici comunali o per le scuole rappresentano un primo indice
sintomatico di come l’Amministrazione comunale riesca a gestire con economicità ed
efficienza il proprio patrimonio, specie quando si trovi nella disponibilità di immobili da
adibire ad usi istituzionali ma la cui valorizzazione richieda specifici interventi di recupero
e ristrutturazione da adottare opportunamente secondo le specifiche esigenze evidenziate
dai vari Servizi comunali.
A tale riguardo, una analisi specifica condotta sulle poste di bilancio destinate a
finanziare gli oneri sostenuti sia per fitti passivi di locali da adibire a sedi dei propri
Servizi comunali sia per le relative tasse di registrazione, ha evidenziato un trend
indubbiamente positivo, con significativi risparmi di spesa nel quinquennio.
Come risulta dalla successiva tabella riepilogativa (TAB.11), che pone a raffronto
i costi sopportati dall’Amministrazione comunale negli esercizi 1999 e 2003, gli impegni
di spesa si sono ridotti in misura complessivamente pari al 6% (nonostante la crescita
degli oneri fiscali del 73,5%), mentre i pagamenti totali hanno segnato una flessione del
17%.
TAB.11
IMMOBILI AD USI ISTITUZIONALI
GESTIONE CORRENTE - SPESE PER LOCAZIONI PASSIVE
(impegni e pagamenti totali) (in euro)
1999 2003 Variaz. %
Competenza Cassa Competenza Cassa Competenza Cassa
SPESE PER FITTO LOCALI ADIBITI A SERVIZI DELL' AMMINISTRAZIONE COMUNALE
9.176.707,04 8.181.178,22 8.529.778,63 6.734.436,99 -7,05% -17,68%
TASSE DI REGISTRAZIONE CONTRATTI PASSIVI DI LOCAZIONE
125.653,98 7.855,29 218.010,00 37.850,64 73,50% 381,85%
TOTALE 9.302.361,02 8.189.033,51 8.747.788,63 6.772.287,63 -5,96% -17,30%
Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati di rendiconto
Ad incidere in maniera significativa sui costi di gestione per fitti passivi (attestatisi
intorno agli 8,7 milioni di euro l’anno) è soprattutto il settore dell’edilizia scolastica, i cui
59
fitti di locali adibiti a scuole elementari e medie sono diminuiti, rispettivamente, del 7,9%
e del 25,1%, anche grazie alle azioni intraprese dall’Amministrazione consistenti, oltre
che in interventi di ristrutturazione finanziati da mutui, nell’acquisto di alcuni immobili
destinati ad ospitare scuole.
Considerando, tuttavia, che il costo complessivo per fitti passivi rappresenta
ancora un onere ragguardevole, pari a quasi un quarto del totale delle spese correnti di
gestione degli immobili non a reddito, è importante che l’Amministrazione intensifichi gli
sforzi per riuscire a valorizzare l’ingente numero di immobili in disuso da utilizzare in
alternativa a quelli presi in fitto. A tal fine, si auspica un efficace utilizzo della
“mappatura” degli immobili di proprietà comunale commissionata nel 2002 alla Romeo
s.p.a. per avere un quadro preciso delle strutture comunali esistenti in ogni
circoscrizione, il tipo di utilizzo e le attività in corso (o da realizzare) finalizzate al
recupero delle strutture.
In ordine alle restanti spese correnti per la gestione degli immobili non a reddito,
il raffronto tra gli esercizi 1999 e 2003 evidenzia una sensibile crescita dei costi (+34%).
Per una chiara rappresentazione dei risultati tratti dal rendiconto finanziario, il
confronto tra i due esercizi, riassunto nella successiva tabella (Tab.12), è stato
effettuato depurando la spesa corrente degli oneri sostenuti dall’Amministrazione per il
sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione, di cui alla legge 9 dicembre 1998, n.
431. Il consistente ammontare di tale spesa, finanziata con risorse statali e regionali per
oltre 22 milioni di euro nel quinquennio, avrebbe, infatti, alterato il raffronto tra i dati dei
due esercizi, in quanto il fondo nazionale di cui all’art.11, L. n. 431/98 non aveva ancora
ricevuto, nel corso del 1999, completa attuazione.
TAB.12
IMMOBILI AD USI ISTITUZIONALI
GESTIONE CORRENTE - ALTRE SPESE GENERALI DI FUNZIONAMENTO
(impegni e pagamenti totali) (in euro)
1999 2003 Variaz. % Interventi
Competenza Cassa Competenza Cassa Competenza Cassa
Oneri di personale 4.992.392,59 5.005.132,70 8.373.572,18 7.981.885,42 67,73% 59,47%
Acquisto di beni di consumo 21.119,60 5.871,32 31.524,94 20.486,75 49,27% 248,93%
Prestazioni di servizi 8.711.380,47 7.117.793,50 8.079.188,22 6.134.557,15 -7,26% -13,81%
Interessi passivi e oneri finanz.diversi 0,00 0,00 3.459.219,12 3.459.219,12 - -
Imposte e tasse 1.383.964,75 1.399.033,82 1.261.390,03 1.213.319,25 -8,86% -13,27%
Oneri straordinari della gestione corrente 146.128,36 264.106,77 0,00 119.543,22 -100,00% -54,74%
Oneri assistenziali e di utilizzo di beni di terzi 811.811,45 382.137,34 354.386,74 386.867,95 -56,35% 1,24%
TOTALE 16.066.797,22 14.174.075,45 21.559.281,23 19.315.878,86 34,19% 36,28%
Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati di rendiconto
60
L’analisi evidenzia come ad incidere sulla crescita dei costi di gestione siano,
essenzialmente, le spese per il personale impiegato nelle quattro strutture deputate alla
gestione dei beni demaniali e patrimoniali (Funzione 1, Servizio 5, Centro di costo 10).
Tali spese hanno subito un incremento di oltre il 67% nel quinquennio, con maggiori
pagamenti per circa 3 milioni di euro l’anno.
I maggiori costi di personale hanno, di fatto, assorbito il decremento di quasi tutte
le altre voci di spesa, come quella per prestazioni di servizi (-7%), imposte e tasse (-9%)
ed altri oneri straordinari ed assistenziali (-63%).
Anche la voce “Interessi passivi e oneri finanziari diversi” ha inciso pesantemente
sulla crescita dei costi gestionali. Negli ultimi anni gli oneri finanziari conseguenti
all’assunzione di mutui hanno subito una crescita esponenziale e il loro peso complessivo
ha raggiunto, nel 2003, i 3,5 milioni di euro l’anno (al netto degli oneri per la restituzione
delle quote capitali).
Tra le poste di maggior rilievo, è da segnalare: la crescita degli oneri I.C.I. sugli
immobili di proprietà dell’Ente siti in altri comuni (+32%); la flessione degli oneri
assicurativi per incendi e responsabilità civile (-17%) e degli altri oneri di consumo
(elettricità, gas,acqua, riscaldamento etc.); cresce, invece, la spesa per le attività di
supporto per la razionalizzazione e la valorizzazione del patrimonio immobiliare (con
impegni di spesa per oltre 3 milioni di euro nel biennio 2002/2003).
§ 4.3 – Gli altri profili gestionali a confronto
Nei limiti delle considerazioni sinora espresse, si possono riassumere i risultati
della gestione corrente e in conto capitale, relativamente agli esercizi 1999/2003, ai fini
sia della verifica degli equilibri finanziari sia di un opportuno raffronto tra i rispettivi saldi
gestionali.
In particolare, il prospetto seguente sintetizza i risultati della competenza
(accertamenti ed impegni) e della cassa (riscossioni e pagamenti totali), ponendo a
confronto i saldi delle principali componenti di spesa per la gestione del patrimonio
immobiliare (esclusi, come ripetuto più volte, i beni relativi ai settori della viabilità,
trasporto, illuminazione pubblica e impianti idrici) con il totale delle spese correnti ed in
conto capitale (Tab.13).
61
TAB.13
SCHEMA RIASSUNTIVO GENERALE
DELLA GESTIONE CORRENTE E IN C/CAPITALE
(Raffronto tra gli esercizi 1999/2003) (in euro)
1999 2000 2001 2002 2003 Interventi
Competenza Cassa Competenza Cassa Competenza Cassa Competenza Cassa Competenza Cassa
A Entrate correnti extratributarie immobili a reddito 27.674.681,51 21.075.076,39 27.469.048,61 86.957,92 27.245.344,25 78.793,97 29.518.147,91 3.279.889,13 42.729.412,53 6.724.146,60
B Spese correnti immobili a reddito 19.127.245,32 36.623.343,44 19.240.550,89 11.602.993,30 17.173.905,23 8.101.344,08 18.068.417,53 10.296.693,07 20.354.000,00 10.067.478,13
SALDO GESTIONE CORRENTE IMMOBILI A REDDITO ( A - B ) 8.547.436,19 -15.548.267,05 8.228.497,72 -11.516.035,38 10.071.439,02 -8.022.550,11 11.449.730,38 -7.016.803,94 22.375.412,53 -3.343.331,53
C Spese per locazioni passive immobili ad usi istituzionali 9.302.361,02 8.189.033,51 8.615.414,07 7.555.275,74 8.850.628,30 7.996.162,80 8.593.758,64 6.789.123,62 8.747.788,63 6.772.287,63
D Altre spese correnti immobili ad usi istituzionali 16.066.797,22 14.176.090,02 19.862.001,04 14.945.759,42 25.808.409,44 21.187.837,86 26.876.663,93 17.264.675,77 23.673.838,99 34.487.233,37
TOTALE SPESE CORRENTI DI FUNZIONAMENTO IMMOBILI AD USI ISTITUZIONALI ( C + D ) 25.369.158,24 22.365.123,53 28.477.415,11 22.501.035,16 34.659.037,74 29.184.000,66 35.470.422,57 24.053.799,39 32.421.627,62 41.259.521,00
Spese di manutenzione ordinaria immobili ad usi istituzionali 9.645.524,16 15.446.692,58 8.206.650,31 5.567.455,45 8.806.809,68 5.201.805,98 8.557.397,15 5.448.800,90 9.198.028,28 5.697.637,85
E Spese di manutenzione straordinaria immobili a reddito 15.328.529,50 90.685.347,63 33.366.425,36 57.766.358,32 71.774.466,04 80.836.119,91 62.906.502,11 47.755.443,74 54.245.850,79 61.006.153,13
F Spese di manutenzione straordinaria immobili ad usi istituzionali 43.743.496,84 54.096.068,48 118.965.021,25 65.584.799,50 27.538.297,94 64.945.565,77 18.270.071,53 41.003.022,99 74.932.037,84 53.514.166,85
TOTALE SPESE DI MANUTENZIONE STRAORDINARIA ( E + F ) 59.072.026,34 144.781.416,11 152.331.446,61 123.351.157,82 99.312.763,98 145.781.685,68 81.176.573,64 88.758.466,73 129.177.888,63 114.520.319,98
Oneri totali di ammortamento mutui 91.906.403,00 91.906.403,00 57.321.385,00 57.321.385,00 58.898.044,00 58.898.044,00 57.943.624,00 57.943.624,00 62.666.638,00 62.666.638,00
TOTALE SPESE CORRENTI PER IMMOBILI 54.141.927,72 74.435.159,55 55.924.616,31 39.671.483,91 60.639.752,65 42.487.150,72 62.096.237,25 39.799.293,36 61.973.655,90 57.024.636,98
TOTALE GENERALE SPESE PATRIMONIO IMMOBILIARE 205.120.357,06 311.122.978,66 265.577.447,92 220.344.026,73 218.850.560,63 247.166.880,40 201.216.434,89 186.501.384,09 253.818.182,53 234.211.594,96
TOTALE SPESE CORRENTI 1.020.139.579,71 975.599.927,28 1.036.192.258,83 1.065.219.350,77 1.167.274.919,30 1.114.874.870,70 1.149.820.222,19 990.729.670,12 1.112.632.000,00 974.242.270,84
TOTALE SPESE C/CAPITALE 419.090.075,10 351.458.894,32 513.334.787,74 503.680.424,67 235.691.032,76 323.822.659,98 359.670.253,25 191.156.945,82 514.814.000,00 436.280.655,84
Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati di rendiconto
62
Dal raffronto delle spese relative alla gestione corrente emerge come le risorse
impiegate per la manutenzione ordinaria degli immobili a reddito risultino
eccessivamente ridotte (mediamente 2,4 milioni di euro l’anno, a fronte degli 8,9 milioni
di euro impegnati in media nel quinquennio per gli immobili ad usi istituzionali e
strumentali); ciò anche in considerazione del fatto che il valore degli immobili a reddito
rappresenta quasi un terzo del complessivo valore del patrimonio immobiliare.
Viceversa, le altre spese per la gestione corrente degli immobili a reddito
risultano eccessivamente sovradimensionate rispetto al corrispondente ammontare delle
spese mediamente impegnate per gli immobili ad usi istituzionali (esclusi, come detto, i
costi per la manutenzione ordinaria). Le prime, infatti, rappresentano circa il 38,5%
dell’ammontare della spesa corrente effettuata in media nel quinquennio per il
funzionamento delle strutture di gestione dell’intero patrimonio comunale.
Poiché, nel complesso, la spesa per la gestione corrente degli immobili a
reddito (compresi, cioè, anche i costi per la manutenzione ordinaria) rappresenta circa il
35% della spesa corrente destinata alla salvaguardia del patrimonio immobiliare,
sembrerebbe trovare conferma l’ipotesi che il Comune di Napoli impieghi una quantità
non proporzionale di risorse per remunerare la Romeo Gestioni s.p.a., con conseguente
sacrificio delle esigenze manutentive degli immobili gestiti dalla stessa società affidataria.
Sul punto, andrebbe valutata la possibilità di attuare soluzioni gestionali alternative e più
economiche, quale ad es. quella (adottata dal Comune di Milano) di mettere in
concorrenza tra loro più gestori, affidando a ciascuno di essi una parte soltanto degli
immobili da amministrare.
L’eccessivo peso raggiunto dagli oneri remunerativi del servizio svolto dalla Romeo
s.p.a. non sembra, peraltro, giustificabile neppure sotto il profilo dei proventi della
gestione, se è vero che questi coprono solo il 41% del totale dei pagamenti correnti
effettuati nel quinquennio all’esame per i soli immobili a reddito.
Peraltro, anche la gestione di competenza degli immobili a reddito (intesa come
complesso degli oneri gestionali ordinari e straordinari) chiude con un saldo negativo di
cospicue dimensioni; invero, i proventi accertati nel quinquennio (pari a 154,6 Meuro)
offrono copertura solo al 47% delle spese complessivamente impegnate per la gestione
corrente e per la manutenzione straordinaria degli immobili a reddito (pari a 331,6
Meuro), ciò a conferma della insufficiente redditività degli stessi per assicurare
l’economicità della gestione. La scarsa redditività lorda del patrimonio comunale,
soprattutto se rapportata ai costi sostenuti per la gestione e la manutenzione, è stata più
volte evidenziata dallo stesso Collegio dei revisori dei conti dell’Ente.
La redditività del patrimonio immobiliare a reddito, rapportata (anziché ai costi
di gestione) al valore di inventario degli stessi, è, invece, quasi raddoppiata al termine
del quinquennio, ciò soprattutto a seguito della rettifica in diminuzione (operata dai
63
competenti Servizi comunali al termine dell’esercizio 2002) del valore complessivo degli
immobili.
Come si evince dal successivo prospetto (Tab.14), il conto del patrimonio
registra, infatti, una riduzione della consistenza delle immobilizzazioni materiali per
terreni e fabbricati pari al 37% (passando da 4.007 milioni di euro nel 1999 a circa 2.500
milioni di euro nel 2003), a fronte di una crescita delle entrate extratributarie accertate
per fitti e proventi vari di suoli e fabbricati in locazione pari al 54% (passando da 27,7
milioni di euro nel 1999 a 42,7 milioni di euro nel 2003). Tale fenomeno appare
sintomatico della presenza di talune anomalie, non proprio giustificabili, che determinano
un incremento del corrispettivo dovuto per fitti a prescindere dall’effettivo
soddisfacimento dell’utilità di chi gode dei beni dati in locazione e dei relativi livelli
prestazionali offerti; né va, d’altro canto, trascurata la circostanza che parte
dell’incremento delle entrate di canoni per fitti è dovuto alla recente ultimazione delle
attività di censimento del patrimonio (iniziate dal 1991), per cui, a seguito della lunga
attività di aggiornamento dell’inventariazione dei beni di proprietà del Comune di Napoli,
la gestione degli incassi per fitti attivi e la conseguente messa a reddito dei beni ha
risentito, in modo sensibile, del relativo ritardo.
TAB.14
VALORE DELLE IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI
E CREDITI VERSO UTENTI DI BENI PATRIMONIALI
(risultanze da Stato Patrimoniale esercizi 1999/2003)
(in euro)
1999 2000 2001 2002 2003
Terreni e beni demaniali 494.876.381,18 235.631.325,63 235.588.959,10 242.126.898,00 241.230.875,00
Fabbricati 3.512.817.981,38 3.368.147.513,81 3.402.694.875,38 1.927.130.996,00 2.258.477.517,00
Immobilizzazioni in corso - 288.088.894,01 605.100.102,96 789.128.061,00 1.131.852.792,00
TOTALE VALORE IMMOBILIARE 4.007.694.362,56 3.891.867.733,46 4.243.383.937,44 2.958.385.955,00 3.631.561.184,00
Crediti verso utenti di beni patrimoniali 86.380.694,51 98.383.473,23 121.575.487,96 117.114.292,00 122.360.248,00
Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati di rendiconto
I dati esposti in tabella mostrano, altresì, una crescita dei crediti verso utenti
di beni patrimoniali (passati da 86,4 milioni di euro nel 1999 a 122,4 milioni di euro nel
2003), il che si traduce in un corrispondente aumentare del livello dei crediti considerati
di dubbia esigibilità (pari a circa un quinto dei crediti complessivi).
Altro aspetto che emerge dal raffronto dei dati economico-finanziari riguarda il
rinnovato proliferare dei mutui in ammortamento. Per compensare la perdita di gettito
derivante dalla mancata riscossione di gran parte dei fitti attivi di fabbricati e recuperi
64
vari (circa 25 milioni di euro l’anno in media nel quinquennio), l’Amministrazione
comunale deve ricorrere all’assunzione di un numero sempre più consistente di mutui. In
soli cinque anni, come mostra la seguente tabella (TAB.15), sono stati contratti mutui
per esigenze manutentive degli immobili pari a circa 309 milioni di euro, con conseguente
crescita dell’indebitamento complessivo per mutui e prestiti vari del 20% nel periodo
1999/2003. Nello stesso arco temporale si assiste, inoltre, alla diminuzione degli oneri di
ammortamento per mutui connessi al patrimonio immobiliare oggetto di osservazione (-
39%) ed alla contemporanea crescita delle spese per interessi passivi su mutui (che
hanno raggiunto , nel 2003, i 3,5 milioni di euro l’anno), il che dimostra il progressivo
esaurirsi dell’indebitamento pregresso e l’espandersi di quello più recente.
65
TAB.15
IMMOBILI A REDDITO E AD USI ISTITUZIONALI
MUTUI PER ACQUISIZIONI E RISTRUTTURAZIONI
(Accertamenti e riscossioni totali) (in euro)
1999 2000 2001 2002 2003 Risorsa
Competenza Cassa Competenza Cassa Competenza Cassa Competenza Cassa Competenza Cassa
3050 MUTUI RISTRUTTURAZIONE/ADEGUAMENTI L.626/94 0,00 0,00 13.970.158,22 0,00 0,00 202.196,69 163.465,83 5.374.042,33 1.127.775,57 4.919.875,84
3055 MUTUI ACQUISTO IMMOBILI, RISTRUTTURAZIONE, ADEGUAMENTI L.46/90 20.374.519,05 0,00 30.161.082,91 20.374.519,05 7.746.853,49 0,00 15.751.940,00 0,00 4.163.673,00 4.383.313,70
3057 MUTUI PER RECUPERO E RESTAURO IMMOBILI COMUNALI 0,00 0,00 11.103.823,35 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 18.244.857,11 0,00
3058 MUTUI RECUPERO IMMOBILI SERVIZI CULTURALI 0,00 90.623,00 12.911.422,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 152.650,00 0,00
3060 MUTUI RECUPERO l.626/94 IMMOBILI (ad usi assistenziali) 0,00 90.623,00 1.549.370,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 1.146.376,00 0,00
3080 MUTUI EDILIZIA SCOLASTICA 0,00 90.623,00 0,00 0,00 13.122.395,05 0,00 3.808.126,95 856.541,00 17.687.997,72 7.331.683,32
3090 MUTUI INTERVENTI SUL TERRITORIO 0,00 0,00 46.078.782,26 0,00 144.109,00 0,00 0,00 4.036.339,74 10.976.346,14 3.702.501,71
3100 MUTUI RISTRUTTURAZIONE CIRCOSCRIZIONI E SEDI ATTIVITA' RICREATIVE E CULTURALI 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 440.097,00 0,00 0,00 0,00
3110 MUTUI COSTRUZIONE E ACQUISTO NUOVI ALLOGGI 0,00 130.924,00 0,00 1.395.743,00 0,00 9.450,00 0,00 156.902,00 0,00 0,00
3130 MUTUI IMPIANTI SPORTIVI 0,00 130.924,00 8.676.475,00 0,00 0,00 0,00 1.328.091,00 155.000,00 13.611.201,00 1.723.907,00
3150 ALTRI MUTUI 1.549.370,70 0,00 17.869.407,38 0,00 5.019.959,00 2.039.064,70 7.283.239,60 2.542.101,82 22.940.443,43 5.479.428,94
TOTALE MUTUI 21.923.889,75 533.717,00 142.320.521,12 21.770.262,05 26.033.316,54 2.250.711,39 28.774.960,38 13.120.926,89 90.051.319,97 27.540.710,51
Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati di rendiconto
66
La crescita dell’incidenza dei mutui per gli immobili del patrimonio comunale si
accompagna all’incremento dell’incidenza delle relative spese di manutenzione
straordinaria sia in rapporto al valore patrimoniale degli stessi (dall’ 1,5% nel 1999 al
3,6% nel 2003) sia in relazione al totale delle spese in conto capitale (dal 14,1% nel
1999 al 25,1% nel 2003). Tale andamento (per la verità piuttosto discontinuo nel
quinquennio) evidenzia, comunque, una accresciuta attenzione da parte
dell’Amministrazione per le esigenze manutentive degli immobili, ma anche un più
urgente bisogno di intervento, che trova riscontro, principalmente, per gli immobili a
reddito in quanto maggiormente trascurati nel tempo. Gli interventi di ristrutturazione e
restauro si concentrano, infatti, proprio su quest’ultima tipologia di beni, assorbendo
quasi la metà delle risorse disponibili.
67
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
L’indagine sulla “Gestione del patrimonio immobiliare del Comune di Napoli”,
deliberata dalla Sezione nell’ambito del programma di attività di controllo per gli anni
2002/2003 e approvata con deliberazione n. 5/2004 in data 20 maggio 2004, aveva
messo in luce molteplici aspetti attinenti alla gestione ed alla redditività degli immobili
comunali, evidenziando, tra gli altri, giudizi critici in ordine ai seguenti profili:
a) progressiva crescita delle morosità per fitti e ridotto recupero delle somme
dovute, nonostante l’elevato numero di azioni giudiziarie di sfratto per morosità
attivate;
b) rilevante numero di occupazioni abusive degli immobili del patrimonio disponibile
ed indisponibile a causa dell’inadeguato esercizio del potere di prevenzione e
vigilanza da parte dell’Amministrazione e del ridotto numero di azioni giudiziarie
di rilascio;
c) mancato utilizzo degli immobili occupati abusivamente, con conseguenti perdite
nella percezione del canone di locazione a fronte di interventi di manutenzione,
comunque, necessari;
d) mancato utilizzo, per fini istituzionali, degli immobili (oggetto di abuso edilizio)
confiscati al patrimonio indisponibile comunale ed assenza di una attività
sistematica e continuativa di demolizioni degli abusi edilizi;
e) esorbitante ammontare delle spese di manutenzione straordinaria, sintomo e
conseguenza di carenze nel provvedere in modo tempestivo e periodico alla
manutenzione degli immobili;
f) saldo negativo della gestione molto elevato.
In merito ai sopracitati rilievi, il Comune di Napoli, successivamente alla
pubblicazione del referto, ha formulato, con nota dell’Assessore al Patrimonio n. 4524 del
13 ottobre 2004, una serie di osservazioni e perplessità in ordine alla fondatezza dei
giudizi formulati dalla Corte sui risultati della gestione del patrimonio immobiliare,
auspicandone un ripensamento.
La Sezione, in considerazione della neutralità e terzietà della funzione di controllo
da essa svolta nonché della natura collaborativa del controllo esercitato nei confronti
delle autonomie locali (art. 3, co. 4, legge n. 20/1994 e art. 7, co. 7, legge n. 131/2003),
ha ritenuto doveroso procedere ad un riesame delle questioni che hanno formato oggetto
di controdeduzioni da parte dell’Amministrazione comunale, contestualmente allo
svolgimento, in ordine ai punti controversi, di opportuni approfondimenti, al fine di
verificare la fondatezza dei dubbi sollevati dall’Amministrazione comunale circa i profili
68
critici rilevati in ordine alla suddetta gestione, e fugare così le perplessità avanzate
dall’Ente.33
Il supplemento di indagine, svolto con la piena collaborazione della competente
struttura dell’Amministrazione comunale, ha confermato un quadro particolarmente
allarmante anche in considerazione dell’entità dei fenomeni che non mostrano la
tendenza ad un miglioramento.
In particolare, gli esiti dell’indagine hanno evidenziato quanto segue:
1) Con riguardo ai soprarichiamati punti a), b), c) - gestione delle morosità,
fenomeno delle occupazioni abusive e conseguenti perdite da mancato utilizzo
degli immobili (questioni che, a ben vedere, costituiscono tre aspetti di un’unica
problematica suscettibile di valutazione unitaria) - gli esiti dell’istruttoria consentono di
confermare la fondatezza dei rilievi mossi dalla Corte nella precedente indagine. Infatti,
l’allarmante consistenza dei crediti insoluti maturati nel periodo 1991-2003, pari a ben
80,9 milioni di euro, è frutto di incongrue scelte gestionali e di molteplici disservizi, come
emerge dall’analisi effettuata, che vedono nella rinunzia (da parte del Comune) alla
risoluzione del rapporto locativo (ed alla conseguente riacquisizione del possesso del
cespite) la principale causa determinante della crescita delle morosità (che ormai
coinvolgono il 60% degli utenti) e delle occupazioni abusive (oltre un terzo degli utenti
occupa regolarmente gli immobili comunali pur in mancanza di un valido titolo di
legittimazione).
In particolare, i ritardi e le inefficienze riscontrate nell’attività di taluni Servizi
dell’Amministrazione comunale (Servizio Casa, Servizio Assegnazione immobili,
Dipartimento Assetto del Territorio etc.) spesso finiscono con lo svuotare di significato i
rimedi giudiziali intrapresi oltreché vanificare il perseguimento di soluzioni alternative
dirette a valorizzare il patrimonio comunale.
Tra gli aspetti più problematici si richiamano: la definizione dei rapporti di utenza
con altri enti istituzionali (utenze sinora condotte economicamente in perdita, pur in
assenza di alcuna connotazione socio-economica che ne possa giustificare il perdurare); il
ridimensionamento delle due fasce estreme di canone (fascia A e C4), che dimostrano
una particolare propensione ad insolvenze reiterate e continuative; l’urgenza di attivare
iniziative rapide ed efficaci per arginare le morosità di maggiore consistenza e di più
vecchia data, supportando il gestore sia nelle operazioni di sgombero coattivo in sede di
esecuzione forzata sia nella sollecita definizione di tutte le istanze di regolarizzazione
pendenti (quasi 7.000), che impediscono (nei confronti degli utenti abusivi) l’avvio o la
prosecuzione dell’azione di rilascio coattivo.
Su tali questioni l’Amministrazione comunale, in sede di contraddittorio, ha
osservato come il fenomeno delle morosità “sia un fattore endemico all’interno dei
33 Per una più agevole comprensione dei punti controversi si rinvia alle premesse dei singoli capitoli della presente relazione.
69
patrimoni di edilizia residenziale pubblica”, in ragione proprio di quelle situazioni di
disagio socio-economico che ne caratterizzano l’utenza, e di come le procedure di rilascio
coattivo dei cespiti incontrino, sovente, problemi di ordine politico-sociale che
suggeriscono un rinvio delle operazioni di sgombero. “L’innegabile esistenza di una scala
di priorità e di esigenze che per loro stessa natura non possono essere ignorate”
imporrebbero all’Amministrazione, soprattutto in una città come Napoli che deve
affrontare quotidianamente gli effetti di inevitabili tensioni sociali, la ricerca di soluzioni e
risposte adeguate alle molteplici problematiche di ordine sociale, in un’ottica di massima
tutela dell’interesse pubblico e di pieno assolvimento della propria funzione istituzionale.
Al riguardo, la Sezione, pur non ignorando il peso di tali problematiche, non può
non rilevare che la condotta del Comune non è stata improntata alla ricerca,
individuazione e correzione delle proprie inefficienze nonché a scoraggiare e sanzionare
con efficacia e tempestività gli abusi effettivi nella conduzione del proprio patrimonio
immobiliare.
A tal fine, appare, invece, essenziale procedere, a margine di più decisivi
provvedimenti da adottare in tema di occupazioni abusive, a tempestive verifiche delle
dichiarazioni reddituali palesemente inattendibili, attivando, altresì, i necessari
collegamenti in visualizzazione presso il Servizio Assegnazione Immobili e rilasciando i
prescritti certificati di collaudo statico degli alloggi laddove rimasti per lungo tempo
inevasi.
Inoltre, a correggere la descritta situazione, ritiene la Sezione che possa recare un
valido contributo il finanziamento del fondo di solidarietà previsto dalla normativa
regionale (art. 5 della legge regionale n. 19 del 14 agosto 1997) per cui l’Ente gestore
potrebbe concretamente intervenire – attingendo a tale fondo – per sanare i casi di
morosità di inquilini gravemente disagiati. Ne deriverebbero vari risvolti positivi: da una
parte, tale possibilità di intervento rappresenterebbe un elemento utile a ripristinare una
situazione di legalità, in quanto le persone non in condizione di pagare quanto dovuto per
l’utenza potrebbero continuare ad occupare gli immobili in maniera pienamente legale. In
tal modo, l’ente assolverebbe in maniera proficua a compiti istituzionali irrinunciabili
collegati al disagio abitativo. Ed ancora, le somme introitate con il pagamento per detti
casi di morosità consentirebbero di recuperare un nuovo flusso di risorse indispensabile
per gli interventi necessari per la tutela del patrimonio immobiliare del settore.
2) In ordine al punto evidenziato con la lettera d) – gestione dell’abusivismo
edilizio, confische e demolizioni - trova conferma, dai pur non esaustivi riscontri
istruttori, il mancato utilizzo a fini pubblici di 5.400 immobili acquisiti gratuitamente al
patrimonio comunale ex art. 15, comma 3, della legge n. 10/1977, mentre per le 92
confische eseguite ai sensi della legge n. 47/1985 risultano ancora pendenti numerose
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istanze di condono edilizio, sicché la specifica destinazione d’uso dei relativi immobili
rimane, nella maggior parte dei casi, ancora sospesa.
L’elevato numero di pratiche di condono edilizio pendenti (circa 70.000
nell’esercizio 2000) condiziona, altresì, lo spedito procedere del piano comunale di
demolizioni, in forza del quale risultano effettuati soltanto sessanta abbattimenti di opere
edilizie abusive.
3) Con riguardo al punto e) – gestione degli interventi di manutenzione - gli
approfondimenti istruttori condotti sulle attività di manutenzione ordinaria e straordinaria
degli immobili, a reddito e non, hanno confermato la fondatezza dei rilievi mossi dalla
Corte in ordine alla mancanza di una adeguata attività di manutenzione ordinaria da
parte dell’Amministrazione comunale (soltanto 11 milioni di euro l’anno, pari a circa lo
0,3% dell’intero valore immobiliare).
L’allarmante crescita del fabbisogno manutentivo degli immobili a reddito (+250%
in dieci anni) denota sia l’insufficienza delle risorse destinate agli interventi riparativi di
ordinaria amministrazione sia l’inefficacia delle pur consistenti opere di ristrutturazione
realizzate nel quinquennio 1999/2003.
Sull’entità delle spese per la manutenzione ordinaria incide, senza dubbio,
l’indisponibilità di una parte rilevante delle entrate per fitti che dovrebbero finanziarne gli
interventi. Una mole così elevata di crediti insoluti (circa 80 milioni di euro in dodici anni)
sottrae una quota consistente di risorse (senz’altro superiore al volume di risorse
annualmente destinate alla manutenzione corrente) e rende impraticabile qualsiasi
adeguato programma di manutenzione preventiva.
All’inadeguatezza degli interventi posti in essere dall’Amministrazione per
assicurare il ripristino delle condizioni di normale fruibilità degli immobili residenziali, ha
corrisposto una troppo poco dinamica attuazione degli interventi di ristrutturazione e
consolidamento programmati.
Il modesto margine di realizzazione delle spese di investimento e il conseguente
slittamento dei tempi di attuazione dei programmi di manutenzione straordinaria, hanno
prodotto inevitabili disfunzioni in termini di efficacia e di economicità per il sovrapporsi di
progetti non sempre tra loro perfettamente coerenti e compatibili.
Peraltro, il notevole carico di residui passivi complessivamente accumulato a tutto
il 2003 (pari a circa 650 milioni di euro) risulta di difficile smaltimento, anche per effetto
degli ulteriori impegni di spesa determinati dalle nuove esigenze manutentive. Un trend
di crescita difficile da invertire senza un forte impulso organizzativo ed un recupero in
termini di efficienza gestionale.
4) Riguardo, infine, al punto f) - saldo negativo della gestione molto elevato
– trattasi, in fondo, del giudizio complessivo sull’intera gestione patrimoniale (ordinaria e
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straordinaria). A tale riguardo, la Sezione, nel prendere atto che il giudizio espresso nel
precedente referto si fondava, essenzialmente, su dati non congruenti (in quanto frutto di
erronea aggregazione degli stessi) e, comunque, inadeguati ad evidenziare
correttamente, insieme ai risultati della gestione corrente degli immobili, anche le
dinamiche della gestione straordinaria e le sue ricadute su quella ordinaria, osserva come
il quadro finanziario che emerge dall’analisi degli ulteriori dati gestionali raccolti sia
tutt’altro che positivo. Infatti, alla luce di un più approfondito esame, condotto secondo
criteri metodologici volti ad offrire (piuttosto che una rappresentazione gestionale per
saldi finanziari) una visione d’insieme dei risultati gestionali e delle linee di tendenza
articolati per aggregati omogenei, i risultati dell’intera gestione patrimoniale evidenziano
una crisi di liquidità di difficile soluzione, momentaneamente affrontata facendo maggior
ricorso all’indebitamento.
In particolare, se è vero che il saldo della gestione corrente degli immobili a
reddito amministrati dalla Romeo s.p.a. (quale emerge dalle risultanze dei rendiconti
degli esercizi 1999/2003) si dimostra ancora chiaramente in attivo se riferita al raffronto
tra accertamenti ed impegni della competenza, è anche vero che il corrispondente saldo
della gestione di cassa risulta in forte passivo, a causa soprattutto dell’ingente
ammontare delle morosità degli utenti. Peraltro, anche la gestione di competenza degli
immobili a reddito (intesa come complesso dei proventi e degli oneri gestionali ordinari e
straordinari di manutenzione) chiude con un saldo negativo di cospicue dimensioni, ciò a
conferma della insufficiente redditività degli stessi al fine di assicurare l’economicità della
gestione.
Sembra evidente che se non vengono risolte all’origine le cause che determinano il
basso livello delle riscossioni per fitti attivi di fabbricati e rimborsi (la cui perdita annua è
stimabile intorno ai 24 milioni di euro), l’intero settore finirà per soffrirne sempre più in
termini sia di redditività che di maggiori oneri gestionali. Inoltre, la carenza di fondi, ove
non risolta facendo ricorso alla fiscalità, finirebbe inevitabilmente col tradursi (come in
parte è già avvenuto in passato, specie per gli immobili a reddito) in minori interventi di
manutenzione ordinaria ed in un conseguente ulteriore aggravio del bilancio comunale
per i maggiori oneri di ammortamento mutui dovuti alle crescenti esigenze sia
manutentive di recupero funzionale e consolidamento degli immobili sia di riqualificazione
urbana ed ambientale.
Al fine di evitare di compromettere ulteriormente lo stato di conservazione del
patrimonio immobiliare occorre, altresì, interrompere il processo di degrado in atto su
gran parte del complesso immobiliare e, quindi, prevenire il manifestarsi di nuove avarie
funzionali degli impianti negli edifici ovvero degli elementi strutturali con l’adozione di
una politica organica di interventi manutentivi programmati. Questi ultimi, infatti, per
essere efficaci, non devono essere eseguiti isolatamente dalle altre attività istituzionali
della civica amministrazione, ma devono essere oggetto di costante e coordinata
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pianificazione, così da contrastare efficacemente il naturale processo di degrado degli
immobili e da consentire, al tempo stesso, l’elaborazione di strategie di sviluppo del
territorio urbano, in un’ottica di miglioramento della qualità della vita.
Solo il superamento della logica del “finanziamento tampone”, basata su criteri di
intervento selettivo e di somma urgenza, può restituire – come osservato anche dalla
società concessionaria Romeo Gestioni s.p.a. - efficienza al processo gestionale e
ripristinare quelle condizioni di normale fruibilità degli immobili, che costituiscono
premessa essenziale per un corretto rapporto locativo ed un’equa remuneratività degli
stessi.