14
Le missioni italiane all’estero 24 Supplemento Il più delle volte ti ritrovi in prima linea (o nelle sue immediate vici- nanze) per caso. Come quel giorno di tre anni fa, a Bala Murghab, in Afghanistan, quando una visita di routine ad una delle basi militari italiane, con annessa distribuzione di aiuti umanitari, si trasformò per un gruppo di giornalisti in un’imprevista sortita sul campo di bat- taglia. In serata scrissi questo servizio per l’ANSA. Lassu’, a Mur-e-Chak, sparano tutti. I talebani con kalashnikov e Rpg, i parà usano i loro fucili, il Chinook spara dall’alto con le mitragliatrici di bordo e i due elicotteri d’attacco Mangusta fanno fuoco con l’im- pressionante cannone a tre canne rotanti che gli sporge dal muso. Un inferno. All’indomani del doppio attacco a Farah, per i militari italiani in Af- ghanistan un’altra giornata ad alta tensione. Anche stavolta nessun ferito, ma un numero imprecisato di vittime tra i talebani. Doveva essere una giornata tranquilla a Bala Murghab, provincia di Badghis, la parte più a nord della regione occidentale a comando ita- liano: il generale Rosario Castellano - comandante della Folgore e del Regional command West di Isaf, la missione Nato - era venuto fin qui da Herat per assistere alla distribuzione di aiuti alle scuole del villaggio. Insieme a lui il governatore della provincia, Delbar Arman, e un gruppo di giornalisti italiani. L’allarme scatta quando la cerimonia è da poco finita e il generale si trova nella Fob Columbus, uno degli avamposti italiani più incredibili e ad alto rischio. Sembra, davvero, un film di guerra. Parte della base è all’interno di una struttura semidistrutta, come fosse stata bombardata in tempi recenti. I militari - 200 parà del 183° reggimento ‘Nembo’ di Livorno - vivono in tenda, mangiano in tenda. La polvere è dappertutto, il caldo asfissiante, l’allerta continuo. ‘’In due mesi, maggio e giugno, abbiamo avuto una ventina di feriti, dieci mezzi danneggiati’’, spiega il tenente colonnello Roberto Trubiani, il capo, qui alla Fob Columbus. Poi c’è stata la tregua. ‘’Una sorta di tre- gua - dice Trubiani - stipulata tra i capi villaggi e il governo centrale, da un lato, e i talebani dall’altro, in base alla quale non si sarebbe do- vuto sparare in vista delle elezioni’’. Ma ora è finita. (…) La richiesta di aiuto da parte afgana arriva alla Fob Columbus intorno alle 17 locali. Il posto di frontiera con il Turkmenistan, un check point importante, è sotto attacco. Due poliziotti uccisi, altri rapiti, armi e mezzi portati via da un gruppo non quantificato di insorti. Subito viene dato l’ordine di decollo all’elicottero Chinook, che aveva trasportato COSA DICONO GLI OCCHI AZZURRI DI SILVIA Vincenzo Sinapi

COSA DICONO GLI OCCHI AZZURRI DI SILVIA - difesa.it · COSA DICONO GLI OCCHI AZZURRI DI SILVIA Vincenzo Sinapi. Le missioni italiane all’estero 25 Supplemento a Bala Murghab il

  • Upload
    dinhanh

  • View
    217

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: COSA DICONO GLI OCCHI AZZURRI DI SILVIA - difesa.it · COSA DICONO GLI OCCHI AZZURRI DI SILVIA Vincenzo Sinapi. Le missioni italiane all’estero 25 Supplemento a Bala Murghab il

Le missioni italiane all’estero

24Supplemento

Il più delle volte ti ritrovi in prima linea (o nelle sue immediate vici-nanze) per caso. Come quel giorno di tre anni fa, a Bala Murghab, inAfghanistan, quando una visita di routine ad una delle basi militariitaliane, con annessa distribuzione di aiuti umanitari, si trasformòper un gruppo di giornalisti in un’imprevista sortita sul campo di bat-taglia.In serata scrissi questo servizio per l’ANSA.Lassu’, a Mur-e-Chak, sparano tutti. I talebani con kalashnikov e Rpg,i parà usano i loro fucili, il Chinook spara dall’alto con le mitragliatricidi bordo e i due elicotteri d’attacco Mangusta fanno fuoco con l’im-pressionante cannone a tre canne rotanti che gli sporge dal muso. Uninferno. All’indomani del doppio attacco a Farah, per i militari italiani in Af-ghanistan un’altra giornata ad alta tensione. Anche stavolta nessunferito, ma un numero imprecisato di vittime tra i talebani. Doveva essere una giornata tranquilla a Bala Murghab, provincia diBadghis, la parte più a nord della regione occidentale a comando ita-liano: il generale Rosario Castellano - comandante della Folgore e delRegional command West di Isaf, la missione Nato - era venuto fin quida Herat per assistere alla distribuzione di aiuti alle scuole del villaggio.Insieme a lui il governatore della provincia, Delbar Arman, e un gruppodi giornalisti italiani. L’allarme scatta quando la cerimonia è da pocofinita e il generale si trova nella Fob Columbus, uno degli avampostiitaliani più incredibili e ad alto rischio. Sembra, davvero, un film diguerra. Parte della base è all’interno di una struttura semidistrutta,come fosse stata bombardata in tempi recenti. I militari - 200 parà del183° reggimento ‘Nembo’ di Livorno - vivono in tenda, mangiano intenda. La polvere è dappertutto, il caldo asfissiante, l’allerta continuo.‘’In due mesi, maggio e giugno, abbiamo avuto una ventina di feriti,dieci mezzi danneggiati’’, spiega il tenente colonnello Roberto Trubiani,il capo, qui alla Fob Columbus. Poi c’è stata la tregua. ‘’Una sorta di tre-gua - dice Trubiani - stipulata tra i capi villaggi e il governo centrale,da un lato, e i talebani dall’altro, in base alla quale non si sarebbe do-vuto sparare in vista delle elezioni’’. Ma ora è finita. (…) La richiesta di aiuto da parte afgana arriva alla Fob Columbus intornoalle 17 locali. Il posto di frontiera con il Turkmenistan, un check pointimportante, è sotto attacco. Due poliziotti uccisi, altri rapiti, armi emezzi portati via da un gruppo non quantificato di insorti. Subito vienedato l’ordine di decollo all’elicottero Chinook, che aveva trasportato

COSA DICONO GLI OCCHIAZZURRI DI SILVIA

Vincenzo Sinapi

Page 2: COSA DICONO GLI OCCHI AZZURRI DI SILVIA - difesa.it · COSA DICONO GLI OCCHI AZZURRI DI SILVIA Vincenzo Sinapi. Le missioni italiane all’estero 25 Supplemento a Bala Murghab il

Le missioni italiane all’estero

25Supplemento

a Bala Murghab il generale e il governatore, ai due elicotteri Mangustadi scorta e a un plotone di parà, 25 ragazzi. I rinforzi arrivano in unattimo, il posto dell’attacco è a pochi chilometri. I talebani prima sela prendono con gli elicotteri, a colpi di razzi, poi sparano addosso aiparà. Questi individuano la ‘’sorgente’’ e rispondono al fuoco, passan-do le coordinate ai Mangusta, armati di cannoni e di missili. Il loro in-tervento è stato risolutivo. ‘’Il Mangusta è in assoluto il mezzo più temuto dagli insorti, ne sonoterrorizzati’’, spiega il colonnello Marco Centritto, comandante dell’‘Aviation Battalion’ italiano, uno dei protagonisti del blitz. In poco tempo ‘’la minaccia viene neutralizzata’’, per usare le paroledi Castellano. I soldati tornano alla base. Abbracci e pacche sulle spalle tra loro e dai loro compagni. I nemicisono stati sconfitti, ma il rastrellamento dell’area prosegue alla ricercadei prigionieri. Il governatore di Badghis ha parole di apprezzamentoper l’operato degli italiani: li ringrazia per quello che fanno e si augura‘’che continuino così anche in futuro’’. A suo avviso i talebani che in-festano la provincia sono manovrati dal Pakistan: ‘’C’è un legame forte- dice ai giornalisti - con Quetta. Prendono ordini da lì‘’.

Afghanistan - Valle di Bala Murghab

Page 3: COSA DICONO GLI OCCHI AZZURRI DI SILVIA - difesa.it · COSA DICONO GLI OCCHI AZZURRI DI SILVIA Vincenzo Sinapi. Le missioni italiane all’estero 25 Supplemento a Bala Murghab il

Le missioni italiane all’estero

26Supplemento

l generale Castellano è ‘’molto soddisfatto’’: ‘’è stata un’operazioneelitrasportata non pianificata. In 15 minuti dall’allarme siamo partiti.Tutto si è svolto perfettamente e non abbiamo avuto feriti’’. Della battaglia di Bala Murghab, l’indomani, scrissero molti giornaliitaliani. Eppure non fu un episodio eclatante, ma solo uno dei tantiinterventi che quasi ogni giorno, da anni, vedono come protagonistii nostri militari in Afghanistan. Un episodio tecnicamente “ordinario”,che però si guadagnò le pagine dei quotidiani, servizi in tv, e contribuìa rafforzare nell’opinione pubblica la consapevolezza che, là, non sol-tanto si inaugurano scuole, ma si combatte. Perchè ciò è avvenuto? Per due fattori fondamentali, che sono la chiave – a mio avviso –della corretta informazione su ciò che i militari italiani fanno nei“teatri” lontani. Il primo, è la presenza dei giornalisti sul posto. Assistere ai freneticipreparativi per la partenza, osservare le facce di chi è rimasto allabase e poi, al ritorno, vedere i parà scendere dal Chinook stravolti,stremati per la fatica e per la tensione, al punto di vomitare, fa capiremeglio di ogni altra cosa ciò che è successo ‘’lassu’, a Mur-e-Chak’’. Ma qualcuno deve pur raccontartelo, se non ti trovi proprio sulla lineadel fronte. E qui entra in campo il secondo fattore: la volontà e la ca-pacità del militare di ‘comunicare’, in modo tempestivo, puntuale,senza inutili omissioni o tentativi di indorare la pillola. Un compitoche per essere bene assolto deve partire da un presupposto che sembraovvio, ma non lo è, vale a dire che il cronista non è il nemico, ma solouna persona che cerca di raccontare alla gente cosa succede.A Bala Murghab, quel giorno, i due requisiti c’erano entrambi: i gior-nalisti si trovavano lì e quello che non hanno potuto vedere con iloro occhi gli è stato raccontato con dovizia di particolari. Insomma,ognuno ha fatto la sua parte, e alla fine credo che il diritto dei cit-tadini ad essere informati sia stato onorato. Purtroppo – e va detto, se questo articolo vuole essere anche unospunto di riflessione - non sempre è così. Per il giornalista italiano oggi non è contemplata la possibilità di es-sere embedded, cioè di venire ’’incastrato’’ nelle truppe combattentiin azione. In uno scenario di guerra, questo significa non poter co-gliere un aspetto essenziale della missione, con il serio rischio di for-marsi – e trasferire nei lettori - una rappresentazione parziale edistorta della realtà. Quello che viene proposto agli inviati, piuttosto,sono dei ‘’media tour’’ e basta il nome per capire che non c’è daaspettarsi delle scariche di adrenalina. Naturalmente conosco le (giu-ste) obiezioni – l’intralcio all’attività operativa, i problemi di sicurez-za, in primo luogo la nostra - ma sono fiducioso che, anche grazie aicorsi di formazione organizzati dallo Stato Maggiore della Difesa in-sieme alla Federazione Nazionale della Stampa, si possano creare

Page 4: COSA DICONO GLI OCCHI AZZURRI DI SILVIA - difesa.it · COSA DICONO GLI OCCHI AZZURRI DI SILVIA Vincenzo Sinapi. Le missioni italiane all’estero 25 Supplemento a Bala Murghab il

Le missioni italiane all’estero

27Supplemento

Afghanistan - Una pattuglia in perlustrazione nella valle di Bala Murghab

presto le condizioni perchè i cronisti che devono raccontare le mis-sioni dei militari italiani possano essere tenuti un po’ meno lontanodai “fatti”. Perchè, come diceva il grande Robert Capa, ‘’Se la fotonon è buona, vuol dire che non eri abbastanza vicino’’. E lo stessovale per un articolo di giornale.Riguardo al secondo aspetto, cioè il flusso di informazioni, il datoche colpisce – restando ad esempio all’Afghanistan – è che quandoad ogni avvicendamento di contingente si riesce a ottenere a faticaun bilancio, si scopre che nei sei mesi precedenti i soldati italiani –oltre ad inaugurare ambulatori, pozzi, strade e ad addestrare le forzedi sicurezza locali - sono stati protagonisti di una serie impressio-nante di “eventi” (voce che ricomprende tutto: dall’attentato allasparatoria, al ritrovamento/esplosione di ordigni) la maggior partedei quali mai comunicati all’esterno. Insomma, a fronte dell’abbon-danza di notizie sulle attività umanitarie corrisponde la modestia –quantitativa e qualitativa - di quelle relative agli scontri a fuoco, agliattacchi, alle bombe sganciate. L’assurdo riserbo sui recenti raids deicaccia italiani in Libia, a proposito di bombe, è emblematico. L’auspicio è che questo duplice limite – la stitichezza della fonte ri-spetto a certe notizie e l’impossibilità per il giornalista di averne unacognizione diretta – possa essere prima o poi superato. In caso con-

Page 5: COSA DICONO GLI OCCHI AZZURRI DI SILVIA - difesa.it · COSA DICONO GLI OCCHI AZZURRI DI SILVIA Vincenzo Sinapi. Le missioni italiane all’estero 25 Supplemento a Bala Murghab il

Le missioni italiane all’estero

28Supplemento

Afghanistan - I Carabinieri in pattuglia nei pressi di Herat

trario il rischio è di non rendere un buon servizio a nessuno: nè ailettori, nè agli stessi militari, delle cui attività si finisce con il parlare– e avviene spesso, purtroppo – in modo superficiale e impreciso, op-pure di non parlarne affatto. Ma torniamo al tema. Mi è stato chiesto un pezzo di testimonianza,la mia esperienza con i militari italiani “fuori area”. Li seguo ormaida molti anni e, dovendo fare adesso una sorta di consuntivo, mirendo conto che di loro mi restano soprattutto i singoli gesti, le facce- come quelle sorridenti dei carabinieri che ci invitavano a cena sulterrazzo della Base Maestrale, che di lì a qualche giorno sarebbe sal-tata in aria - oppure gli sguardi, come quello di Silvia, la lagunare. Sì, per me la missione italiana in Iraq, segnata dalla tragedia di Nas-siriya, continua ad avere soprattutto gli occhi azzurri di Silvia. L’hogià scritto. ‘’Sorridono, quegli occhi, quando un bambino per strada le chiededell’acqua, ‘water, please, water’. Scrutano l’automobile che si affian-ca lentamente al suo mezzo blindato, ma poi lo sorpassa. Si bagnanodi lacrime quando qualcuno le chiede del suo migliore amico, MatteoVanzan, ucciso mentre difendeva la base Libeccio. Ecco: la voglia didare una mano a un popolo che ha bisogno di tutto, la determinazionenell’affrontare una minaccia sempre strisciante, il ricordo commosso

Page 6: COSA DICONO GLI OCCHI AZZURRI DI SILVIA - difesa.it · COSA DICONO GLI OCCHI AZZURRI DI SILVIA Vincenzo Sinapi. Le missioni italiane all’estero 25 Supplemento a Bala Murghab il

Le missioni italiane all’estero

29Supplemento

di quelli che ci hanno rimesso la pelle, ‘perchè se noi stiamo qui lo fac-ciamo anche per loro’. Tutto questo dicono gli occhi azzurri di Silvia,la lagunare, in pattuglia nelle strade polverose di Nassiriya’’. Io quello sguardo me lo ricordo, perchè in esso ho trovato l’essenzadell’impegno dei militari italiani in missione. Certo, anche se le uni-formi sono le stesse, ogni persona è diversa e la pensa come gli pare,ma l’idea che ti fai vivendo con i nostri soldati per settimane gomitoa gomito è che, in generale, lo stipendio non sia la ragione principaleper cui sempre in così tanti sono smaniosi di trascorrere sei mesi lon-tano da casa, in posti dove tornare del tutto indenni non è affattoscontato. C’è questo desiderio di aiutare la gente a vivere in modomigliore, lo vedi nell’impegno in cui tutti si buttano a capofitto inquello che devono fare. Gli esempi sono decine, a cominciare proprio da Nassiriya, dove lastrage degli italiani non ha fermato nè indebolito – nonostante tutto,e avrei potuto capirlo – lo sforzo umanitario del contingente: passanoinfatti solo pochi giorni che un convoglio umanitario parte dalla basedi White Horse con un carico di cibo, medicine e vestiario per il vil-laggio di Assab. Siamo su quel convoglio e la sensazione che si ha èche tutti siano consapevoli dell’importanza di non lasciare il lavoroa metà, di andare avanti. Senza inutili rancori verso ‘’persone chenon c’entrano niente’’ (i cittadini iracheni) e ‘’per realizzare un futuromigliore per tutti’’, come ci spiega uno di quei soldati.Voglia di aiutare, ma anche passione per il proprio mestiere: è l’altracosa che percepisci subito quando arrivi in quei luoghi, specie negliavamposti “remoti”, dove fatichi a trovare una risposta sensata alperchè qualcuno dovrebbe ‘’stare bene’’ – sono sempre le loro parole– in quel buco. Anche in questo caso mi ricordo una faccia. Ed unnome: Gianluca Simonelli, nell’agosto 2009 comandante dei “Grifi”del 187° reggimento della Folgore di Livorno e del fortino Tobruk diBala Baluk, Afghanistan, nel cuore della provincia “talebana” di Farah. Questo un pezzo dell’articolo trasmesso il 21 agosto, all’indomani diuna tornata elettorale importante per l’Afghanistan. Non facile ilcompito dei militari italiani di Bala Baluk: convincere gli abitanti adandare a votare, nonostante le minacce dei talebani.‘’Ascoltando i racconti di questo giovane capitano e visitando la base– 160 chilometri a sud di Herat, più di un’ora di volo ed un numero im-precisato di ore via terra - viene spontaneo pensare che a questa com-pagnia di parà sia capitato il peggio del peggio: vivono in otto pertenda, il caldo è infernale, dai monti lì intorno lanciano tutti i giornirazzi e proiettili di mortaio, mentre alle pattuglie che escono sparanoaddosso con una frequenza inquietante. Basti pensare che in poco piùdi quattro mesi i parà di Bala Baluk, un pugno di uomini, hanno avutoben 17 feriti in tre principali conflitti a fuoco (uno durato cinque ore)

Page 7: COSA DICONO GLI OCCHI AZZURRI DI SILVIA - difesa.it · COSA DICONO GLI OCCHI AZZURRI DI SILVIA Vincenzo Sinapi. Le missioni italiane all’estero 25 Supplemento a Bala Murghab il

Le missioni italiane all’estero

30Supplemento

Afghanistan - Attività di controllo del territorio

e in due attentati con ordigni esplosivi. Una percentuale terribile. Gliultimi tre razzi sono finiti vicino alla base solo ieri, il giorno del voto.Ma questi soldati - barba lunga e provati, però sempre all’erta - nonsi lamentano. E oggi si godono quello che il capitano Simonelli defi-

Page 8: COSA DICONO GLI OCCHI AZZURRI DI SILVIA - difesa.it · COSA DICONO GLI OCCHI AZZURRI DI SILVIA Vincenzo Sinapi. Le missioni italiane all’estero 25 Supplemento a Bala Murghab il

Le missioni italiane all’estero

31Supplemento

nisce, giustamente, ‘’un successo’’. ‘’Il nostro obiettivo - spiega l’uffi-ciale, 31 anni, romano - era che la gente andasse a votare. I capi deivillaggi non volevano seggi da loro, avevano paura di danneggiamentie di ritorsioni da parte dei talebani. Ma hanno assicurato che sareb-

Page 9: COSA DICONO GLI OCCHI AZZURRI DI SILVIA - difesa.it · COSA DICONO GLI OCCHI AZZURRI DI SILVIA Vincenzo Sinapi. Le missioni italiane all’estero 25 Supplemento a Bala Murghab il

Le missioni italiane all’estero

32Supplemento

bero andati a votare se fossero stati allestiti da un’altra parte. Allafine, insieme alla polizia e ai militari afgani, siamo riusciti a garantirele condizioni di sicurezza in otto seggi su 30, ma lì è andata a votarequasi la metà degli elettori di tutto il distretto. In questa zona, credete,è un successo’’.Una passione per il proprio lavoro che ti fa dire ‘’voglio continuare’’,anche se sei appena uscito vivo dall’esperienza assurda e scioccantedella morte di quattro tuoi amici, tutti a bordo dello stesso tuo mezzosaltato in aria.Herat, 17 ottobre 2010 - Di quel giorno non può e non vuole parlare:‘’è stata una botta, non mi va’’. Luca Cornacchia, 31anni, di Lecce neiMarsi, in provincia dell’Aquila, era seduto davanti, accanto al con-ducente del Lince saltato in aria quel maledetto 9 ottobre, nella pro-vincia talebana di Farah. Sono morti tutti, quelli a bordo del mezzoblindato, San Lince, come lo chiamano, che stavolta però non ha fattoil miracolo. Erano tutti e quattro amici suoi. Sono morti, ma lui hafretta di ‘’guarire e tornare laggiù’’. Luca, ricoverato nell’ospedale mi-litare da campo di Herat, il quartier generale italiano, parla con i gior-nalisti per la prima volta da quel giorno. È infilato nel letto e sorridealla telecamera con gli occhi verdi che brillano. È un bel sorriso, il suo,non diresti che ha passato quello che ha passato, che ha visto quelloche ha visto. Questa è la sua terza missione in Afghanistan e il padreha detto che stavolta ‘’non era sereno come al solito’’, ma preoccu-pato: ‘’per questo ha voluto portarsi dietro a tutti i costi l’immagi-netta di Padre Pio. È lui che l’ha salvato’’. Lui, caporal maggiore scelto,di tutto questo, non parla. Uno dei suoi obiettivi è ‘’dimenticare’’. Di-menticare i corpi dei suoi compagni maciullati dall’esplosione, glispari che hanno preceduto e seguito quell’enorme boato, le grida, labattaglia combattuta nella valle del Gulistan dagli alpini del 7° reg-gimento di Belluno contro una trentina di insorti. Dei suoi amici abordo del Lince piace parlare come erano ‘prima’: ‘’erano grandi, tuttibravi ragazzi. È successo quello che è successo, ma li ricorderemosempre com’erano’’. Come va? ‘’Me la cavo, diciamo, è stata tosta’’.A chi gli chiede se si sente una persona coraggiosa risponde di no:‘’No, sono una persona normale. Normalissima’’. Le sue condizioni disalute ormai non sono più preoccupanti. Luca parla di ‘’acciacchini’’.‘’Un piede fratturato, una costola schiacciata, il fegato un po’ lesio-nato, i polmoni ristretti. Ma nell’insieme sto bene. Tutto a posto. I me-dici dicono che serviranno due-tre mesi e poi sarò come nuovo’’. ACamp Arena è stato trasferito qualche giorno fa dall’ospedale di De-laram, gestito dagli americani, dove era stato trasportato in elicotterosubito dopo l’imboscata. Ora aspetta di essere rimpatriato e di rimet-tersi in forma perchè vuole tornare quaggiu’, dai suoi compagni.‘’Aspetto di tornare in Italia, a casa dai miei, dimenticare tutta questa

Page 10: COSA DICONO GLI OCCHI AZZURRI DI SILVIA - difesa.it · COSA DICONO GLI OCCHI AZZURRI DI SILVIA Vincenzo Sinapi. Le missioni italiane all’estero 25 Supplemento a Bala Murghab il

Le missioni italiane all’estero

33Supplemento

Carro armato “Ariete” impiegato in Afghanistan

Page 11: COSA DICONO GLI OCCHI AZZURRI DI SILVIA - difesa.it · COSA DICONO GLI OCCHI AZZURRI DI SILVIA Vincenzo Sinapi. Le missioni italiane all’estero 25 Supplemento a Bala Murghab il

Le missioni italiane all’estero

34Supplemento

storia e ricominciare prima possibile’’, dice. ‘’Ricominciare da capo,tornare in missione coi miei ragazzi’’. Tornare in Afghanistan: sei pro-prio sicuro? ‘’Certo, è il mio lavoro. Non vedo l’ora’’. Con i suoi colleghidel 7° di Belluno, che si trovano tuttora nello sperduto e pericolosodistretto del Gulistan, Luca è in contatto ‘’ogni giorno. L’altro ieri hofatto una videochiamata, finalmente li ho rivisti. Ho voluto salutarlitutti, fargli vedere che stavo in forma. Sono stati contentissimi, sonotutti molto forti e aspettano che guarisca e che torni da loro’’. Tutti igiorni Luca parla con la moglie, che vive a Roma: ‘’ogni volta le ripetodi stare tranquilla, che presto tornerò a riabbracciarla’’. E riabbrac-

ciare, con lei, anche il piccolo Alessandro, ‘’che ogni volta mi chiama,‘papà‘. Ha 16 mesi’’. In realtà, almeno per questa missione, Luca nonpotrà raggiungere i suoi ‘ragazzi’. Ci vorrà ancora un po’ di tempo perguarire, nel fisico e nello spirito, perchè dovrà superare anche psico-logicamente i momenti orrendi vissuti. ‘’Nei prossimi giorni i medicimi faranno sapere quando potrò essere rimpatriato. Certo, io ho vo-glia di tornare dai miei prima possibile, ma soprattutto voglio rimet-termi in forma: prima farò una bella vacanza con mia moglie e miofiglio, noi tre soli e nessun altro. Poi - ripete, soprattutto a se stesso- sarà ora di tornare in missione’’.

Militari in pattugliamento

Page 12: COSA DICONO GLI OCCHI AZZURRI DI SILVIA - difesa.it · COSA DICONO GLI OCCHI AZZURRI DI SILVIA Vincenzo Sinapi. Le missioni italiane all’estero 25 Supplemento a Bala Murghab il

Le missioni italiane all’estero

35Supplemento

Ci sono stati altri militari che ho conosciuto che non sono stati cosìfortunati. Ne ricordo uno, tra gli altri. Si chiamava Marco Briganti,elicotterista dell’Esercito in missione in Iraq. Il 31 maggio 2005,quando il suo AB 412 è precipitato nel deserto di Nassiriya, aveva 33anni ed il grado di capitano. È stato promosso maggiore dopo lamorte, che si è portata via anche gli altri tre membri dell’equipaggio,tutti del 7° “Vega” di Rimini: il colonnello Giuseppe Lima, il mare-sciallo capo Massimiliano Biondini e il maresciallo ordinario MarcoCirillo. Briganti l’avevo conosciuto l’estate dell’anno prima e me loricordo non tanto per le sue doti di pilota - un eccellente pilota –quanto per la grande passione che si era portato laggiù, quella perl’archeologia. Aveva la tenda piena di libri sulla storia e l’arte dellaMesopotamia e quando parlava delle sue ricognizioni su uno degli800 siti di interesse archeologico della provincia irachena affidata alcontrollo degli italiani, la terra di Abramo e di Ur dei Caldei, ti la-sciava a bocca aperta per la passione e la competenza. Ho scritto diuna di quelle missioni, il pezzo cominciava così.‘’L’archeologo prestato all’Esercito sorvola oggi il sito di Tel Yukhan, anord, uno dei più importanti. Com’era facile prevedere, c’è folla. Allavista dell’elicottero una trentina di persone si danno alla fuga su trepick up. Ci sono anche donne e bambini: sono piccoli e si infilano me-glio nei buchi. Compito del capitano Briganti e dei soldati italiani (cheper quest’attività si sono guadagnati anche un ampio servizio sulleprestigiose pagine del New York Times) è di dare una mano alle pochee disarmate guardie archeologiche locali affinchè non proprio tuttovada saccheggiato e perduto’’.Anche di questo giovane ufficiale mi ha colpito, soprattutto, lo sguar-do: uno sguardo luminoso, curioso, che si illuminava quando ti par-lava del suo lavoro. Proprio come Mauro Gigli e Pierdavide De Cillis,gli sminatori, uccisi il 28 luglio 2010 in Afghanistan da un ordigno,poco dopo averne neutralizzato un altro. Gigli aveva due figli piccolie, parlando con i giornalisti, insisteva sull’importanza che la gentedel posto, soprattutto i bambini, fossero i primi ad essere istruiti sullaminaccia dei famigerati “LED”. Parlava e bastava guardarlo negliocchi per capire quanto ‘sentisse’ ciò che diceva.Ecco, questi sono i militari che ho conosciuto in missione. In moltiarticoli ho raccontato quello che so di loro, quello che ho visto, quelloche mi hanno insegnato. È gente per bene, che fa seriamente il pro-prio dovere e lo fa fino in fondo. È giusto che la gente lo sappia. Anzi,più che giusto è doveroso. È per questo, e per il rispetto che si deve a gente come Gigli e Bri-ganti, che l’operato dei militari italiani deve essere raccontato sempreper intero, non solo quello che viene ritenuto, di volta in volta, poli-ticamente corretto.

Page 13: COSA DICONO GLI OCCHI AZZURRI DI SILVIA - difesa.it · COSA DICONO GLI OCCHI AZZURRI DI SILVIA Vincenzo Sinapi. Le missioni italiane all’estero 25 Supplemento a Bala Murghab il
Page 14: COSA DICONO GLI OCCHI AZZURRI DI SILVIA - difesa.it · COSA DICONO GLI OCCHI AZZURRI DI SILVIA Vincenzo Sinapi. Le missioni italiane all’estero 25 Supplemento a Bala Murghab il