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Cossiga-Flamigni, è di nuovo duello

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Page 1: Cossiga-Flamigni, è di nuovo duello

Cossiga-Flamigni, è di nuovo duello di Gianni Cipriani

In eterna polemica, con strascichi giudiziari che hanno fatto dottrina, l'ex picconatore e il senatore della tela del ragno tornano a incrociare le spade sull'uscita dagli anni di piombo.

In Italia non c’è mai stata una guerra civile, come si dice ultimamente. Si è sempre sparato da una parte sola, come dimostrano le inchieste della magistratura che hanno evidenziato il ruolo dei servizi segreti e di altri apparati dello Stato nel proteggere i terroristi e depistare le indagini. Per questo non si deve "azzerare il passato" e mettere una pietra su tutto. Al contrario, è necessario andare avanti, scoprire tutta la verità, utilizzando ogni strumento, senza piegare questa ricerca alle convenienze politiche del momento. E’ questa la sfida politica contenuta nell’ultimo libro dell’ex parlamentare del Pci, Sergio Flamigni, appena arrivato nelle librerie: "I fantasmi del passato - La storia politica di Francesco Cossiga" (Kaos edizioni, 375 pagine, 35.000 lire). Una "sfida" lanciata a Cossiga, proprio perché l’ex presidente della Repubblica, almeno negli ultimi dieci anni, è stato il principale sostenitore della tesi secondo la quale per guardare avanti con la necessaria serenità è necessario chiudere i conti con il passato. Perché negli anni della "guerra fredda" e della conseguente eversione, ogni contendente avrebbe avuto la sua parte di colpa e di ragioni. Sul versante opposto, al contrario, si afferma che niente può nascere sull’oblio.

Vittime di stragi e terrorismo devono sapere tutta la verità e i responsabili, se individuati, devono essere colpiti, anche dopo molti anni. L’alternativa sarebbe quella di vivere in un paese dove non solo non c’è giustizia, ma dove il peso dei ricatti e delle pressioni incrociate si farebbe sentire ancora per molti anni. Flamigni e Cossiga, il biografo non autorizzato e il biografato, dunque, sono su versanti opposti. Del resto il "duello" tra i due esponenti politici va avanti da molti anni ed è diventato anche un caso giudiziario, studiato nei libri di giurisprudenza.

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Sergio Flamigni, è bene ricordare, è stato per oltre venti anni parlamentare del Pci, membro delle commissioni d’inchiesta sulla P2, sul caso Moro e componente dell’Antimafia. Nel 1988 scrisse un best-seller, "La tela del ragno" sul sequestro di Aldo Moro, nel quale venivano evidenziate le responsabilità politiche della "catastrofe investigativa" degli apparati allora guidati dal ministro dell’Interno, Francesco Cossiga. Diventato presidente della Repubblica, Cossiga – che ha sempre avversato le ricostruzioni dell’ex parlamentare comunista – definì in una sua esternazione Flamigni come un poveretto e una persona poco intelligente. Parole dalle quali scaturì una causa civile che vide l’ex capo dello Stato condannato ad un risarcimento in primo grado. Nel processo d’appello il giudizio fu capovolto: Cossiga, in quanto presidente della Repubblica, non poteva essere giudicato per le sue azioni, perché "irresponsabile", come scritto nella Costituzione. La Cassazione, a sua volta, aveva ribaltato il giudizio d’appello (e la relativa assoluzione) sostenendo che il capo dello Stato è certamente "irresponsabile", ma solo nell’esercizio delle sue funzioni. Le offese contro Flamigni non rientravano in questo ambito. Dunque nuovo processo d’appello, che è ancora in corso in questi giorni.Tra l’altro, come detto, il pronunciamento della Cassazione sui limiti dell’irresponsabilità presidenziale è diventato, da un lato, tema di ricerca scientifica nelle università e motivo di scontro tra scuole contrapposte di giuristi che vedono, o meno, nella sentenza della Suprema Corte un’invasione di campo nella sfera politica. Insomma, dal "duello" sono nati altri "duelli", seppure in ambito universitario.

Il nuovo libro di Flamigni, dunque, se da un lato rappresenta un nuovo capitolo della contrapposizione tra il senatore a vita e l’ex senatore, dall’altro – come detto – è una chiamata a raccolta di tutte quelle forze e personalità politiche, le quali ritengono che episodi come la strage di Brescia, piazza Fontana, lo stesso caso Moro e molti altri episodi, siano momenti della storia repubblicana sui quali manca ancora una verità completa e soddisfacente. Né sono state ancora individuate le reali responsabilità politiche. O non tutte fino in fondo. Nel suo nuovo lavoro, Flamigni ha evidenziato alcuni dati del ministero dell’Interno abbastanza eloquenti: tra il 1

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gennaio 1969 e il 31dicembre 1987, si sono avuti in Italia 14.591 atti di violenza politica, che hanno provocato 500 morti e 1.181 feriti. E’ un bene per la nostra democrazia chiedere la verità fino in fondo? O è meglio liberarsi da questo passato ingombrante e guardare avanti? Ha scritto l’ex parlamentare del Pci in un passaggio nel quale polemicamente confuta l’altra tesi: "In Italia non non ci fu nessuna guerra civile: ci fu il tentativo – attraverso stragi, tentati golpe, assassinii politici - di contrastare le forze parlamentari della sinistra. Si è sparato da una parte sola, e sempre contro la democrazia. Si sono strumentalizzati i terrorismi, si sono fatte scoppiare le bombe nelle piazze e sui treni e contro le forze dell’ordine, per inibire la libertà di scelta democratica, per alterare la Costituzione repubblicana. Accettando il falso (e interessato) presupposto della guerra civile inventato da Cossiga, si arriverebbe certo a seppellire i fantasmi del passato, ma insieme a loro verrebbero seppellite la verità, la giustizia e lo stesso stato di diritto. E nessuna seconda repubblica può nascere sull’oblio di tutto ciò che ha minacciato e funestato la prima".

I due "partiti" si fronteggiano da anni e c’è da ritenere che dopo il nuovo libro di Sergio Flamigni continueranno a farlo anche in questo finale di legislatura. E non solo in commissione Stragi. Proprio perché "i fantasmi del passato"esistono ancora.

(riproduzione riservata) (24 GENNAIO 2001; ORE 16:25)

I consigli degli americani: "Moro non doveva parlare" di Gianni Giadresco (Rinascita)

Se Moro fosse stato liberato, cosa sarebbe accaduto? Lo domando a Sergio Flamigni, ex parlamentare comunista, che ha in mano la prima copia del libro "i fantasmi del passato" che sta per andare nelle librerie (Kaos edizioni, pagg. 373, L.35.000). Già membro delle Commissioni d'inchiesta sul caso Moro, sulla Loggia P2 e Antimafia, Flamigni è stato, nell'ultimo decennio, un punto di riferimento e una fonte essenziale quanto inesauribile per chiunque abbia tentato di districarsi tra i misteri della strategia della tensione. Ha scritto

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questo libro, il settimo della serie terrorismo, servizi deviati, delitto Moro, - dedicato significativamente "a tutte le vittime della strategia della tensione e delle trame terroristiche" - per mettere a fuoco una figura come quella dell'ex Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, considerato personaggio chiave nelle vicende che, dalla strage di via Fani si susseguono via via, fino alla strage di Ustica, le rivelazioni sull'organizzazione clandestina anticomunista denominata "Gladio", e le manovre in atto, negli ultimi anni, per "mettere una pietra sul passato", evitando così di raggiungere la verità e fare giustizia.

Flamigni risponde alla domanda sulla sorte di Moro, aprendo il suo libro alle pagine 342/43. Due pagine esplosive. Prima cosa, sarebbe scattato il "Piano Victor". Cioè Moro sarebbe stato internato in una clinica, seguendo il consiglio dato da un esperto del dipartimento di Stato americano(politologo-psichiatra) che aveva già trattato 66 casi di sequestri di persona e che era stato "prestato" dagli americani al governo di Roma nei terribili 55 giorni della prigionia dello statista democristiano. Alla sostanza, secondo "Victor" Moro, una volta liberato, avrebbe detto delle cose che era meglio non lasciargli dire. Per quanto aberrante possa apparire, la rivelazione è stata fatta da Francesco Cossiga in una intervista rilasciata alla TV tedesca, sul finire del novembre 1993, una ventina d'anni, o quasi, dopo il rapimento e l'assassinio di Moro ad opera delle brigate rosse, mentre scoppiava lo scandalo dei "fondi neri" del Sisde. L'esperto americano - affermava Cossiga - "ci disse che era molto pericoloso per l'equilibrio del sequestrato che lo si lasciasse parlare liberamente" in quanto probabilmente avrebbe detto "delle cose verissime, ma una volta apprese sarebbe stato pentito e questo sarebbe stato di grave nocumento per lui". Secondo quello che scrive Flamigni, i dirigenti democristiani del tempo dichiararono di essere stati tenuti all'oscuro della faccenda. E la famiglia dello statista scomparso dirà che si trattava di un "disegno ripugnante".

Nella stessa intervista alla TV tedesca, della quale l'Ambasciata d'italia a Bonn fornirà solamente una estrema sintesi, l'ex Presidente della Repubblica farà una seconda importante ammissione, dichiarando che,

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quando egli era alla guida del Ministero degli Interni, era riuscito ad infiltrare nei gruppi estremistici dell'Autonomia di Bologna alcuni giovani funzionari di polizia che avevano fatto gli studi universitari e, perciò, non destavano sospetti. La rivelazione è da collegare con la vicenda fantasiosa sorta intorno al nome di "Gradoli" (la base delle Brigate rosse a Roma, che era stranamente contigua ai nostri Servizi segreti). Si disse che quel nome, fosse evocato durante una seduta spiritica svoltasi a Bologna. Ma nel suo libro Flamigni dirada il mistero e le nebbie delle bugie, ricordando una piccola frase, detta in proposito da Andreotti alla Commissione stragi: "non ho mai creduto allo spiritismo. Per me a dare quella notizia e' stato qualcuno dell' Autonomia operaia bolognese". Aggiungendo: "chiedetelo a Cossiga".

Dopo avere letto le pagine de "I fantasmi del passato", aumentano le domande e gli interrogativi cui Cossiga - e non solamente lui - dovrebbe rispondere. Ad esempio le vicende che portarono all'uccisione di Giorgiana Masi, allo scandalo Donat Cattin, alla tragedia di Ustica, e altre ancora, che il libro di Flamigni evoca con la forza di chi cita gli avvenimenti e li confronta con le reticenze,le lacune delle indagini, gli "omissis", i depistaggi, i grandi interregativi che gravano sulla vita democratica del nostro paese. In una nota finale del libro - nella quale l'autore contesta la tesi, cossighiana, che trasforma la strategia della tensione e il terrorismo in "guerra civile" (ribadendo, viceversa che, le stragi, i tentativi golpisti, gli assassini politici, avevano l'obiettivo di contrastare la Sinistra e, in particolare, l'ascesa elettorale e l'accesso al governo da parte del PCI) - sono ricordate le dieci stragi che hanno insanguinato il paese: 12 dicembre 1969, piazza fontana a Milano, 16 morti e 84 feriti; 22 luglio 1970, treno Freccia del Sud, Gioia Tauro (Reggio Calabria), 6 morti e 72 feriti; 31 maggio 1972, Peteano (Gorizia), 3 morti e 1 ferito; 17 maggio 1973, Questura di Milano, 4 morti e 46 feriti; 28 maggio 1974, piazza della Loggia, Brescia, 8 morti e 103 feriti; 4 agosto 1974, treno Italicus, 12 morti e 44 feriti; 16 marzo e 9 maggio 1978, Roma, strage di via Fani e uccisione di Aldo Moro, 6 morti; 27 giugno 1980, Ustica, 81 morti; 2 agosto 1980, stazione di Bologna, 85 morti e 200 feriti; 23 dicembre 1984, treno 904, S.Benedetto Val di Sambro, l5

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morti e 267 feriti. Si tratta di avvenimenti più che noti. Tuttavia, pubblicati come una statistica demografica, danno l'idea, drammaticamente inquietante, del fatto che - come scrive Sergio Flamigni"- si è sparato da una parte sola, e sempre contro la democrazia".

I fantasmi del passato di Sergio Minghetti

Torna a parlare degli 'anni di piombo' e dei suoi protagonisti il forlivese Sergio Flamigni, senatore del Pci in quell'epoca e membro della commissione parlamentare che indagò sul suquestro Moro. A Forlì ha presentato "I fantasmi del passato", la sua ultima fatica letteraria. Per l'ex-senatore del Pci indagare su segreti e depistaggi del caso di Aldo Moro, il segretario della Dc rapito e poi ucciso nel 1978 dalle Brigate Rosse, è ormai una missione. Tanto da avere aperto anche un sito internet (www.casomoro.it), che raccoglie tutto il materiale raccolto in anni di ricerche, Flamigni nel suo ultimo libro punta i riflettori sulla carriera politica di Francesco Cossiga, ministro degli Interni all'epoca dell'assassinio del dirigente democristiano, e avanza il sospetto che alcune parti del memoriale di Moro prigioniero delle Br non siano state svelate. "In realtà la storia dell'ex- presidente della Repubblica - ha affermato il professor Luciano Casali, docente di storia dell'Università di Bologna - appare come un crocevia attraverso cui passano gran parte dei misteri dell'Italia repubblicana, segnali forti di costruzione di una democrazia limitata per un popolo vissuto quasi cinquant'anni sotto la tutela degli Stati Uniti".

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Per Valter Bielli, capogruppo Ds nella commissione parlamentare che si occupa delle stagione dello stragismo: "Cossiga si è guardato dal dire tutto ciò che sa sui misteri del nostro paese perchè sarebbero troppe le verità che ci dovrebbe dire da Gladio in poi". Certo che gli argomenti affrontati in "Fantasmi del passato" sono un vero e proprio campo minato ma l'ex-senatore del Pci non se ne preoccupa: "Questo libro non è dedicato solo alle vicende politiche di Cossiga; attraverso di lui prendo in esame vicende drammatiche che hanno contrassegnato il nostro paese e che costituiscono i fantasmi che lui vorrebbe dimeniticare. In questo modo spero di poter richiamare l'attenzione delle forze politiche e dell'opinione pubblica su avvenimenti che rimangono ancora avvolti nel mistero. Bisogna fare giustizia e indicare le responsabilità politiche di chi, nei 55 giorni della prigionia di Moro, non fece nulla per salvarlo". Ma Flamigni è ancora più esplicito: "Moro fu ucciso per ragioni politiche, per impedire l'accesso della sinistra al governo. Il dramma di questo paese è che nessuno ha mai pagato per le responsabilità politiche. Adesso Cossiga vorrebe mettere una pietra sopra la stagione degli 'anni di piombo graziando i terroristi che ancora custodiscono i segreti del caso Moro che lui gestì così sciaguratamente. Io questo non l'accetto, una pietra sopra ce la metterò solo quando i responsabili avranno pagato. Mi auguro che, almeno qui, la sinistra sia tutta d'accordo".

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(Resto del Carlino - Edizione di Forlì - 23 marzo 2001

Le parole scomparse

A conclusione de "I fantasmi del passato", Sergio Flamigni, ex membro della Commissione di inchiesta sul Caso Moro, riporta un'affermazione del recente libro di Francesco Cossiga, "La passione e la politica". Racconta l'ex presidente che nel secondo memoriale di Aldo Moro con l'interrogatorio delle Br, l'ex statista Dc "a un certo punto parlava dell'Irlanda e diceva che io gli avevo raccontato come gli Inglesi mi volessero far vedere dei villaggi Irlandesi finti dove venivano addestrati i soldati che poi erano inviati a tenere l'ordine in Irlanda". Secondo Flamigni, però, di quanto ricordato da Cossiga non vi è traccia nè in quello nè negli altri scritti di Moro. Conclude l'ex parlamentare: "O si tratta di una farneticazione cossighiana, oppure è la conferma che vi sono altri scritti di Moro ("censurati" prima dalle Br e poi da organi dello Stato) dei quali Cossiga è a conoscenza". Urge chiarimento.

Da L'espresso del 1°febbraio 2001