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CREDIT SUISSE Bulletin Sfera privata Il difficile equilibrio tra sicurezza e libertà Dal 1895. La più antica rivista bancaria del mondo. 2 / 2017 075360I

CREDIT SUISSE Bulletin · vista bancaria svizzera più antica, ma anche la migliore. Hans J. Halbheer, Zollikerberg L’India fa passi da gigante Su un punto non sono d’accordo

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C R E D I T S U I S S E

Bulletin

Sfera privataIl diffi cile equilibrio tra sicurezza e libertà

Dal

189

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DEGUSSA, IL MODO PIÙ SEMPLICE DI INVESTIRE NEI METALLI PREZIOSI.

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Bulletin 2 / 2017 — 1

— Editoriale —

Michael Wolf è l’autore della copertina. Il pluripre-

miato fotografo tedesco, due volte vincitore del

World Press Photo Award, è cresciuto tra Stati Uniti

e Canada, mentre oggi vive a Hong Kong. Wolf

ha pubblicato 13 libri fotografici.

Perché abbiamo bisogno della sfera privata? Fino dall’Illuminismo

sappiamo che la risposta è: per proteggere la nostra libertà. Ma

se ci fosse qualcos’altro che garantisse la libertà? In questo caso,

la sfera privata sarebbe superfl ua.

La ricercatrice americana esperta in legge Julie E. Cohen, autrice

di questa teoria, sostiene che la sfera privata non deve garantire nulla,

ma ha per oggetto noi stessi. Senza la protezione della sfera privata

non ci potremmo evolvere, perderemmo la capacità di autorifl essione e

infi ne la nostra identità. Noi e la tutela della nostra sfera privata siamo

inseparabili.

Attualmente la Cohen e molti altri studiosi si occupano di tutela

della sfera privata. Anche l’ex Incaricato federale della protezione dei

dati Hanspeter Th ür rifl ette preoccupato sull’argomento: «Nell’era digi-

tale nessun dato è innocuo. È un aspetto a cui prestiamo troppa poca

attenzione» (pagina 38). Ma non è così semplice, e lo sa bene anche Th ür.

La gente condivide piuttosto volentieri i propri dati perché in

cambio riceve qualcosa: chi partecipa a un programma di fedel-

tà, grazie ai punti raccolti riceve un premio; chi utilizza

un moderno servizio di messaggistica comunica più facilmente con i

suoi amici; chi ha usufruito una volta dei vantaggi delle soluzioni cloud

diffi cilmente vi rinuncerà.

Questa moderna questione di equilibrio tra sfera pubblica e priva-

ta è l’argomento del saggio iniziale (pagina 6) e diventa evidente nella

sorprendente analisi sistematica sull’Internet delle cose (pagina 32).

Un altro contributo a questo tema lo dà Iris Bohnet, docente

svizzera ad Harvard nonché membro del Consiglio di am-

ministrazione di Credit Suisse, che aff erma: «La fi ducia è la

chiave della sfera privata» (pagina 20). E il responsabile di analisi im-

mobiliare di Credit Suisse Fredy Hasenmaile spiega perché possedere

un’abitazione propria è un’esigenza primordiale, e perché i proprietari

sono i cittadini più felici (pagina 62).

Ancora una buona notizia: nell’esteso reportage sui giovani gli

esperti mostrano, sostenuti dalle aff ermazioni degli studenti, che i

ragazzi sanno bene come proteggersi nel mondo digitale.

Sono gli adulti che hanno molto da imparare.

Vi auguriamo buona lettura!

La redazione

Si tratta di noi

1 – Wolf Lotter

Il giornalista e autore dalle origini austriache

si occupa da anni delle interconnessioni tra

questioni economiche, politiche e sociali. Nel

suo saggio si interroga su quanto dobbiamo

mantenere privato e quanto invece vogliamo

rendere pubblico oggi. Pagina 6

2 – Helene Laube

La giornalista vive dal 2000 a San Francisco,

dove è stata corrispondente dalla Silicon Val-

ley per «Financial Times Deutschland», oltre

ad esserne uno dei soci fondatori. In questo

numero parla di uno dei mercati dalla crescita

più rapida del settore informatico: la sicurezza

online. Pagina 26

3 – Iris Kuhn-Spogat

Questa giornalista economica cinquantaduen-

ne di grande esperienza lavora per diverse rivi-

ste quali «Bilanz», «Handelszeitung» e «Women

in Business». Madre di due adolescenti e

donna che, per sua stessa ammissione, è co-

stantemente online dal 1997, è l’autrice ideale

per il testo sul rapporto in apparenza disin-

volto che i giovani hanno con la sfera privata

online. Pagina 48

4 – Christian Heinrich

Medico e giornalista per la «Zeit», rara-

mente ha dimostrato tanto interesse come

per Sophia Genetics di Saint-Sulpice, la

start-up che unisce intelligenza artifi ciale,

big data e medicina personalizzata e viene

considerata come il prossimo «unicorno»

della Svizzera, ossia una società con valore di

mercato superiore al miliardo. Pagina 66

Hanno collaborato a questo numero:

3

24

1

Foto: Sarah-Esther Paulus; Mika Jakubal; per gentile concessione (2) Cover: Michael Wolf / laif

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Vi capiamo sia con le parole che senza.

Vogliamo comprendere le esigenze di tutti i nostri clienti. Per questo abbattiamo le barriere, ad esempio con apparecchi acustici, estratti bancari in braille o interpreti dei segni. Così possiamo offrire il miglior servizio possibile anche a persone con limitazione dell’udita, della vista e della mobilità. In questo siamo un passo avanti già da 10 anni.

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Copyright © 2017 Credit Suisse Group AG e/o società collegate. Tutti i diritti riservati.

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Bulletin 2 / 2017 — 3

— Sfera privata —

Foto: Th omas Meyer / Ostkreuz; Cyrill Matter; Manfred Mehner / Okapia; illustrazione: Matt Blease

32 Il nuovo sistema nervoso

L’Internet delle cose e il

dilemma tra comodità e sfera

privata.

38 «La sfera privata non

è negoziabile»

L’ex Incaricato svizzero

della protezione dei dati,

Hanspeter Th ür, parla chiaro.

42 Cacciatori in crisi

Perché il modello di

business dei paparazzi

di Hollywood vacilla.

45 (Non) si deve sapere

Fatti e cifre sorprendenti

(e un quiz) sul mondo online.

4 Lettere alla redazione/

Sigla editoriale

6 Una questione di equilibrio

Il diffi cile equilibrio tra

sicurezza, comodità e libertà.

10 Più o meno privato

Un viaggio fotografi co intorno

al mondo e all’interno della

sfera privata di persone prove-

nienti da luoghi diversi.

20 «La fi ducia è la chiave della

sfera privata»

La professoressa di Harvard

Iris Bohnet sulla fi ducia e il

pericolo di affi darsi all’intuito.

26 Un aff are sicuro?

I danni causati dai crimini

informatici costano miliardi.

30 L’impresa, un aff are di famiglia

La colonna portante, molto

privata, dell’economia svizzera.

48 Sanno quello che fanno

Per i giovani la sfera privata

su Internet è un problema?

No, ma per gli adulti sì.

58 Cupi presagi

La paura di un controllo totale

ha ispirato dei classici

della letteratura mondiale.

62 L’abitazione di proprietà

è un miraggio?

L’esperto immobiliare Hasenmaile

sui canoni locativi in calo,

le relazioni in case separate e la

digitalizzazione dell’edilizia.

66 Nell’essenza dell’uomo

Dalle rive del Lago Lemano una

start-up rivoluziona la medicina.

68 Si prega di non disturbare

Ogni animale vive il bisogno di

appartarsi in modo diverso.

72 Detto tra noi

L’illustratrice Sarah Mazzetti

sulla diffi coltà di mantenere la

privacy.

Sommario

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ReazioniBulletin «La nuova Asia», 1/2017

La più antica e la migliore

L’ultimo numero di Bulletin è eccellen-

te sotto ogni aspetto. Ho apprezzato

soprattutto i testi sulla Cina: nell’agosto

1974 ero responsabile della Swiss

Industrial Technology Exhibition a

Pechino. Bulletin non è solo la ri-

vista bancaria svizzera più antica, ma

anche la migliore.

Hans J. Halbheer, Zollikerberg

L’India fa passi da gigante

Su un punto non sono d’accordo con

Parag Khanna: secondo Khanna,

l’India è povera e caotica. A una prima

impressione potrebbe sembrare così,

ma oggi la maggior parte degli indiani

decide autonomamente la propria vita.

Bisogna considerare anche le dimensio-

ni del paese, la profonda fi ducia nella

democrazia – per quanto possa apparire

rudimentale ad occhi estranei –, l’enor-

me varietà demografi ca, con diverse

radici culturali, etniche e religiose, per

non parlare del plurilinguismo. Con una

buona leadership politica l’India farà

passi da gigante, a vantaggio di tutti gli

strati della popolazione.

Phiroze M. Daruwala, Mumbai, India

Grande interesse

Leggo Bulletin da oltre un anno e lo

apprezzo per i suoi articoli informativi e

analitici. Ho letto con grande interesse

l’edizione dedicata all’Asia, in particolare

gli articoli sull’India.

R.D.N. Rao, Hyderabad, India

Sorprendente varietà

Mi sorprende sempre la varietà dei temi

e dei reportage, che trovo molto

interessanti nonostante i miei 90 anni

suonati.

Werner Karth-Weiss, Basilea

Aff ari via telex

Ho letto tutti gli articoli e non posso

che constatare quanto sia cambiato

il mondo degli aff ari asiatico. Se penso

a come avvenivano in passato le ope -

razioni di import con l’Asia e a come si

svolgono oggi, sembra incredibile.

Prima dovevo fare tutto via telex. Il fax

è arrivato solo all’inizio degli anni

Ottanta e il cellulare all’inizio degli

anni Novanta. Anche i viaggi in

Asia erano molto più complessi, i voli

duravano di più e i biglietti aerei

costavano il doppio rispetto a oggi.

Andreas Bähler, Wichtrach

Sigla editoriale: editore: Credit Suisse AG, direzione del progetto: Christoph G. Meier, Mandana Razavi, hanno collaborato: Jessica Cunti, Katrin Schaad,Yanik Schubiger, Simon Staufer, contenuto, redazione: Ammann, Brunner & Krobath AG (www.abk.ch), progetto grafi co, layout, realizzazione: Craff t Kommunikation AG (www.craff t.ch), redazione fotografi ca: Studio Andreas Wellnitz, Berlino, prestampa: n c ag (www.ncag.ch), traduzione: Credit Suisse Language & Translation Services, tipografi a: Stämpfl i AG, tiratura: 110 000

Commissione di redazione: Oliver Adler, Felix Baumgartner, Th omas Beyeler, René P. Buholzer, Béatrice Fischer, André Helfenstein, Anja Hochberg, Th omas Hürlimann, Manuel Rybach, Frank T. Schubert, Robert Wagner, Michael Willimann, Gabriele Zanzi

Service

Saremo lieti di ricevere le lettere dei nostri lettori. La redazione si riserva la facoltà di eseguire una selezione e di redigere le lettere ricevute. Scriveteci:

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Indirizzo: Credit Suisse AG,

Redazione Bulletin, GCPA, 8070 Zurigo

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C R E D I T S U I S S E

Bulletin

La nuova AsiaUn breve viaggio attraverso la regione più emozionante del mondo

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2017

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No. 01-17-330151 – www.myclimate.org© myclimate – The Climate Protection Partnership

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— Sfera privata —

4 — Bulletin 2 / 2017

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Il nostro impegno. Meno disoccupazione giovanile.

credit-suisse.com/disoccupazionegiovanile

Dal 2010 Credit Suisse, con l’iniziativa contro la disoccupazione giovanile, si impegna per le future opportunità delle persone alla ricerca del primo impiego. Oltre 8800 giovani adulti hanno già ricevuto sostegno dalle nostre organizzazioni partner e da noi. Dal 1° aprile 2015 vengono condivise e promosse nel lungo termine dalle organizzazioni partner le offerte dell’associazione giuridicamente indipendente «Check Your Chance».

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Una quest

ione de d

— Sfera privata —

6 — Bulletin 2 / 2017

I bestseller sono sicuramente uno strumento affidabile

per valutare lo spirito del tempo. Da alcuni mesi è

tornato in auge «1984», la cupa visione del futuro di

George Orwell, scomparso nel 1950. La letteratura

internazionale viene spesso citata e acquistata, ma

raramente letta. Che sia così anche in questo caso?

Sarebbe un peccato. Perché da questo grande soste-

nitore della libertà personale e oppositore di tutti i

totalitarismi ci sarebbe molto da imparare. (Per

chi tuttavia volesse prendere una scorciatoia, da

pagina 58 trovate un riassunto di «1984» e di sei

altre opere distopiche).

Quanto è opportuno mantenere

privato? Quanto si deve rendere di

pubblico dominio?

Per rispondere a queste domande

occorre soppesare sicurezza,

comodità e libertà a seconda

della situazione.

Di Wolf Lotter

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e di e

quilibrio

— Sfera privata —

Bulletin 2 / 2017 — 7

In «1984» un uomo di bassa statura, Winston Smith, fi nisce

nell’ingranaggio di una collettività sprezzante del genere uma-

no, che si ritiene però una buona comunità. Nel mondo del

Grande Fratello tutto è sorvegliato e sottoposto a regole. Non

esiste più alcuna sfera privata, neppure all’interno delle proprie

mura domestiche: la televisione infatti funge anche da videoca-

mera di sorveglianza. Praticamente un mondo senza speranza.

È questo l’aspetto che, più della tortura, dell’omicidio e della men-

zogna permanente che si spaccia per verità caratterizza la trama

del romanzo di George Orwell.

Possiamo dunque capire, e come noi coloro che si procurano

«1984», che quando incertezza, terrore, sconvolgimenti e un

nuovo assetto mondiale determinano i titoli dei giornali, il desi-

derio di sicurezza, stabilità e controllo aumenti, a discapito della

sfera privata e di ciò che è proprio. Il prezzo della sicurezza

equivale sempre a una perdita della possibilità di decidere

autonomamente.

Il diritto alla sfera privata

I nostri timori legati alla scomparsa della sfera privata

sono eccessivi? Oppure è la nostra ricerca di sicurezza

che non conosce limiti? Non è forse vero che nessuna

generazione prima di noi ha mai avuto così tante liber-

tà? E a lamentarsi su Facebook della perdita della pro-

pria sfera privata non sono forse quelle persone che,

subito dopo, postano online una foto della loro cena?

Il concetto di privacy è sempre anche un paradosso.

Vive di contraddizioni che si provocano a vicenda.

La sfera privata è una delle più grandi conquiste dell’era moder-

na, nonché un diritto umano fondamentale. Senza di essa i dirit-

ti individuali non sarebbero neppure immaginabili. È la base per

agire in modo autonomo. Sfera privata, libertà e proprietà sono

strettamente collegate e sono l’una indispensabile all’altra. Il

modo di dire «My home is my castle» sostiene, dal XVII secolo,

che la sfera e la proprietà privata vanno rispettate e difese anche

dall’autorità statale.

La sfera privata è il diritto di vivere in casa propria come si

vuole (nel rispetto della legge), piaccia o non piaccia agli altri, allo

Stato, al capo, e a prescindere dal fatto che altri lo reputino «immo-

rale», «socialmente riprovevole» o «politicamente scorretto».

La sfera pubblica al servizio della felicità dell’individuo

La sfera privata è uno spazio di libertà. L’eterna domanda è: qual è

la giusta proporzione, o meglio, dove deve fi nire la nostra libertà

per non intaccare quella «degli altri»? Siamo noi a sceglierla o ci

viene concessa «dall’alto», ad esempio dallo Stato, dal prossimo, da

un dirigente, dai capi religiosi o da altre autorità? È una domanda

ricorrente sin dai tempi antichi. Quasi sempre l’autorità si appella

al «bene comune» quando si tratta di ridimensionare la sfera priva-

ta o limitare i diritti di proprietà (a volte si mette in campo anche

l’argomento della sicurezza, ma di questo parleremo più avanti).

Anche sotto questo aspetto il Medioevo è stata un’epoca

buia, perché l’individuo non contava nulla. La sfera privata era

peccato. Solo più tardi, gradualmente, arrivò la luce. L’Illuminismo

rappresenta il tentativo, che continua tutt’oggi, di defi nire i limiti

di ciò che è privato e di ciò che è pubblico. Quanta libertà è com-

patibile con la società? Qual è il giusto equilibrio tra la mia privacy

e la mia sicurezza?

Nel XVII secolo, l’intellettuale britannico John Locke ha

pensato a un equilibrio tra le due forze contrarie: sfera privata e

sfera pubblica. Uno Stato effi ciente promuove per quanto possibile

l’autodeterminazione del singolo. La limita soltanto quando vita,

felicità e progresso della persona risultano minacciati, ad esempio

in tempi di guerra o situazioni di emergenza. Per il resto, il compi-

to dello Stato è molto semplice: fare tutto il possibile per l’indivi-

duo. La sfera pubblica al servizio dell’individuo.

Questi obiettivi danno luogo a contratti sociali, costituzioni,

garanzie della proprietà, leggi e rivoluzioni ne sono la conseguenza.

Ma nulla di tutto ciò avrebbe senso se non fosse chiaramente

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— Sfera privata —

8 — Bulletin 2 / 2017

on

Una questionstabilito che il rapporto tra sfera privata e sfera pubblica richiede

una sorta di trattativa permanente, con regole chiare, una sicurezza

giuridica, e anche la fi ducia che ogni parte agisca con buone inten-

zioni nei confronti dell’altra.

Non signifi ca che ognuno fa ciò che vuole a proprio piaci-

mento. Si richiede bensì a Stato e società, quindi alla sfera pubbli-

ca, di occuparsi il meno possibile degli aff ari privati del singolo.

La sfera privata non è mai abbastanza ampia.

Un’abitazione più bella al posto di una vita migliore

Ma attenzione. La sfera privata da sola non basta. Anche la sfera

privata del Biedermeier era molto intensa. Durante la prima metà

del XIX secolo, nello Stato di polizia e di sorveglianza del principe

di Metternich, le persone vivevano in casa, perché fuori era troppo

pericoloso. Ognuno poteva arredarla come preferiva: un’abitazione

più bella al posto di una vita migliore. Anche questo ha una sua

importanza, si tratta di un diritto esistenziale. Ma chi si accontenta

diventa un Biedermeier, uno che, secondo le ironiche righe «I pen-

sieri sono liberi» del poeta tedesco Hoff mann von Fallersleben can-

terebbe qualcosa come: «Penso quello che voglio/e faccio quello che

mi rende felice,/ma tutto silenziosamente/e nel modo più consono».

Una vita privata silenziosa, però, è un po’ come una prigione.

Quindi è forse meglio lo slogan del Sessantotto «Il privato è poli-

tico» e quindi anche pubblico? Alla fi ne degli anni Ottanta, la ri-

cercatrice di trend americana Faith Popcorn ha formulato la tesi

del «cocooning», ossia la tendenza dei cittadini a ritirarsi nelle loro

abitazioni, a tessere il proprio bozzolo. Un atteggiamento spesso

criticato dall’infl uente generazione del Sessantotto, che chiedeva

continuamente conto all’individuo; un’idea oggi ripresa dall’estre-

ma sinistra e dall’estrema destra in tutto il mondo.

Alcuni però non hanno capito cosa signifi ca società aperta. È

una società fi era dei confi ni tra sfera privata e pubblica, degli ampi

spazi di libertà che i suoi cittadini si concedono, della sua varietà e

diversità. Nessuno può evolvere serenamente sotto la sorveglianza

del Grande Fratello. E non importa che lo si faccia «in buona fede»

o con l’intento di dominare. La privacy è un diritto fondamentale.

È anche il diritto di essere lasciati in pace.

In nome di questo diritto i luoghi pubblici possono essere

dotati di videocamere per prevenire attentati e ridurre i crimini. La

registrazione dei dati dei passeggeri aerei costituisce la base per i

profi li di movimento che registrano il comportamento di milioni

di viaggiatori incensurati, ma è anche un importante strumento

nella lotta contro il terrorismo. L’adozione di queste misure senza

un valido motivo sarebbe arbitraria, proprio come la loro applica-

zione permanente in assenza pericolo. Ma dove sta il limite?

Diffi cile a dirsi. Se la sfera privata è un valore consolidato, i suoi

confi ni sono labili, variano a seconda della situazione.

È l’individuo a decidere

Vale anche per le nuove tecnologie. I computer e l’automazione in

generale possono sollevare da incarichi monotoni, ma al contempo

il loro grado di controllo e manipolazione è ancora sconosciuto.

Smartphone e tablet sono utili e divertenti e ampliano notevol-

mente i confi ni della mobilità personale. Si sa però che, navigando,

i dati memorizzati possono essere utilizzati a danno dell’utente.

Sicuramente l’eliminazione del denaro contante potrebbe

contribuire a evitare azioni criminali. Ma vogliamo davvero

concedere allo Stato il totale controllo sulle nostre proprietà?

Una libertà che deve fare a meno dell’autonomia materiale –

ossia la proprietà personale – è una farsa. Chi può garantire

il diritto alla proprietà privata, se questa non esiste più?

Una società delle mancette che dipende dall’arbitrio poli-

tico? In ultima analisi, questo rischio è maggiore rispetto

a quello che si cerca di evitare.

Il pilota automatico può prevenire gli incidenti.

D’altro canto, il sistema prende il controllo delle auto

negli agglomerati urbani. Da conducenti si diventa pas-

seggeri. Questo va bene, se lo si desidera. Non va bene

invece se non possiamo più scegliere di disattivare

il pilota automatico. La persona pensa. La persona

guida. Se non lo fa, deve essere una sua decisione.

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— Sfera privata —

Bulletin 2 / 2017 — 9

one di equilibrio

La chiave: senso di responsabilità e spirito critico

Chi vuole tutelare gli spazi di libertà deve individuare opportunità

e rischi e prendere le proprie decisioni. Nessuno le prende per noi.

Non è un compito facile, e non può diventarlo, perché non c’è nes-

suna certezza. La tecnica a volte può essere d’aiuto. Ma in realtà

non può fare altro che sostenerci nella realizzazione delle nostre

decisioni. Se non vogliamo avere meno libertà, dobbiamo convive-

re con questa verità.

La chiave per un buon equilibrio tra sfera privata e sicurezza

è avere senso di responsabilità e spirito critico. Per questo è impor-

tante imparare e insegnare ad avere coscienza di sé e capacità di

decisione. Una società del rischio, costituita da cittadini preoccu-

pati e che lo Stato deve rassicurare con un’assistenza a tutto tondo,

non può evolvere. In questo modo non solo non si costruisce uno

Stato, ma neppure un’azienda.

Il rispetto della sfera privata dei clienti e dei cittadini è uno

dei fondamenti più importanti delle aziende del XXI secolo. Bi-

sogna pensare agli altri, se si vuole fare qualcosa di buono per sé.

Ci vuole capacità di immedesimazione o, come ha formulato

splendidamente la fi losofa Hannah Arendt, «il pensiero

rappresentativo».

Si tratta di una sorta di imperativo morale della nostra epoca, che

ci può aiutare a trovare l’equilibrio tra i propri interessi e quelli

degli altri. Quest’idea presuppone, come sostiene la Arendt in

«Verità e politica», di occupare, senza rinunciare alla propria

identità, un posto nel mondo che non sia il proprio, e da lì for-

marsi una propria opinione.

Il riguardo e la considerazione – quindi il rispetto – manten-

gono l’equilibrio tra sfera privata e sicurezza.

Una società costituita da cittadini preoccupati e che lo Stato deve rassicurare con un’assi -stenza a tutto tondo, non può evolvere.

Wolf Lotter è cofondatore e giornalista della rivista

economica «brand eins». La rivista di settore

«Wirtschaftsjournalist» gli ha conferito di recente

il titolo di Giornalista economico dell’anno

2016 per la categoria «Politica economica e società».

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— Sfera privata —

10 — Bulletin 2 / 2017

Ciò che deve e non deve essere pubblico è anche una

questione culturale. Un viaggio fotografi co intorno

al mondo e all’interno della sfera privata di persone

provenienti da luoghi diversi.

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— Sfera privata —

Bulletin 2 / 2017 — 11

La città perfettaS O N G D O , C O R E A D E L S U DNon lontano dalla capitale Seoul, sorge un quartiere

commerciale che è stato creato a tavolino: entro il

2020 questa città pianifi cata in ogni dettaglio verrà

costruita su un’area sottratta al mare prevedendo uno

spazio destinato alle abitazioni per 70 000 persone e

posti di lavoro per 340 000. La città del futuro è verde:

metà della superfi cie è occupata da parchi. Ed è anche

intelligente: attraverso un’interconnessione costante

e tramite dei sensori, il consumo di energia e risorse

è drasticamente ridotto. E, infi ne, è completamente

sorvegliata: fotocamere, chip e sensori registrano

ogni passo dei cittadini ai fi ni dell’ottimizzazione del

consumo energetico.

Foto: Giulio Di Sturco / Institute

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— Sfera privata —

12 — Bulletin 2 / 2017

Patria a termineM O N G O L I A I Dukha sono allevatori di renne mongoli che conducono una vita da nomadi. Una caratteristica che

non hanno sempre potuto esprimere: dagli anni Ottanta fi no alla fi ne della Repubblica Popolare Mongola

i Dukha sono stati costretti dal regime comunista a trasformarsi in due comunità stanziali.

Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, si trasferirono nuovamente nelle foreste della taiga, dove oggi

vivono ancora circa 40 famiglie nomadi. L’immagine mostra un insediamento mobile nella taiga

Zuun, a circa 17 chilometri dal confi ne russo.

Soli tra la follaG I A P P O N E

3,1 miliardi di persone si servono ogni anno

della metropolitana di Tokyo, il sistema di

trasporto sotterraneo più utilizzato del mondo.

Ogni giorno, circa 8 milioni di giapponesi si

recano al lavoro su mezzi sovraff ollati. Lo

«Spiegel» l’ha defi nita la «zona accartocciabile

del capitalismo»: in metropolitana i singoli

individui diventano una massa di persone da

trasportare. Per le donne sono previsti vagoni

speciali: l’unico luogo in cui sfuggire all’inevi-

tabile contatto fi sico con i passeggeri uomini,

sempre che ci sia ancora posto.

Foto: Jeroen Toirkens

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— Sfera privata —

Bulletin 2 / 2017 — 13Foto: Michael Wolf / Laif

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— Sfera privata —

14 — Bulletin 2 / 2017

Sola nell’universoS T A Z I O N E S P A Z I A L E I N T E R N A Z I O N A L E I S SL’astronauta italiana Samantha

Cristoforetti lavora per la European

Space Agency (ESA) ed è la pri-

ma italiana a viaggiare nello spazio.

Il suo luogo di lavoro è la stazione

spaziale ISS (International Space

Station), al cui interno c’è una

stanzetta delle dimensioni di una

cabina telefonica in cui può

ritirarsi per riposare. La missione

«Futura» dell’ISS, durante la

quale è stata scattata questa foto,

è durata dal 23 novembre 2014

all’11 giugno 2015.

Foto: NASA / Science Photo Library / Keystone

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Silenzio, pregoA G E N Z I A H I - R E S ! , N E U K Ö L L N , B E R L I N OQuella che da questa foto si direbbe un’installazione artistica dal recondito signifi cato, ha in realtà uno scopo

molto semplice e pratico: gli 80 dipendenti dell’agenzia di servizi digitali Hi-ReS!, nel quartiere Neukölln

di Berlino, si ritirano in questa cabina nera per telefonare indisturbati. Non a caso il moderno design dei suoi

uffi ci è stato premiato, e l’agenzia cerca ancora collaboratori.

— Sfera privata —

Bulletin 2 / 2017 — 15Foto: Th omas Meyer / Ostkreuz

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— Sfera privata —

16 — Bulletin 2 / 2017 Foto: Luca Zanetti / Laif / Keystone

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— Sfera privata —

Isola feliceS A N T A C R U Z D E L I S L O T E , C O L O M B I A L’isola con la maggiore densità di popolazione del mondo ha una superfi cie completamente

costruita di appena 1,2 ettari circa. L’isola artifi ciale si trova a circa 20 chilometri a nord

ovest della costa colombiana e nel suo centinaio di edifi ci vivono 1200 persone. Non vi sono

medici, manca l’approvvigionamento costante di acqua potabile e ha un solo generatore,

non sempre funzionante. A un reporter che aveva domandato come mai sull’isola vivono così

tante persone, un abitante ha risposto: «Non c’è violenza, non abbiamo bisogno di polizia,

ci conosciamo tutti e ci godiamo la vita».

Bulletin 2 / 2017 — 17

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Dove start-up e ITA sono di casaE M B A S S Y N E T W O R K , S A N F R A N C I S C O Quello che si vede in questa foto sembrerebbe il soggiorno di una famiglia americana non proprio consueta.

In eff etti si tratta di una coabitazione insolita: nell’edifi cio «Th e Embassy», a San Francisco, infatti

convivono principalmente fondatori di start-up e persone che lavorano in ambito tecnologico. In 13, sotto

lo stesso tetto, condividono spazi e parte della propria vita testando nuove forme di abitazione.

18 — Bulletin N°2 / 2017 Foto: Winni Wintermeyer18 — Bulletin 2 / 2017

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— Sfera privata —

In fugaB A R C O N E A L L A R G O D E L L A C O S T A L I B I C ANell’estate del 2005 circa 700 migranti erano in viaggio su due barche di legno, quando vennero tratti in salvo.

dall’organizzazione Medici Senza Frontiere (MSF). Mentre loro hanno trovato la salvezza, lo scorso anno oltre

5000 sono annegati nel Mediterraneo. Le imbarcazioni utilizzate per questi viaggi sono sovraff ollate e poco

idonee alla navigazione. E tra i vari gruppi di rifugiati nascono sempre più confl itti, il cui esito è talvolta mortale.

Bulletin 2 / 2017 — 19Foto: Paolo Pellegrin / Magnum Photos / Keystone

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— Sfera privata —

20 — Bulletin 2 / 2017

Iris Bohnet, docente svizzera di Harvard, smonta il concetto di intuito,

spiega come deve essere condotto un colloquio di lavoro e mette in guardia

dai pericoli dei social media.

Di Mandana Razavi e Simon Brunner (intervista), Yves Bachmann (foto)

«La fi ducia è la chiave della sfera privata»

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Bulletin 2 / 2017 — 21

potere, tutto questo ci infl uenza dall’e -

sterno. Ma se la domanda è che cosa muova

davvero l’uomo, allora non sono questi

aspetti ma il nostro essere più profondo.

E passione è una parola che riassume

bene tutte quelle forze interiori che pos-

siamo anche defi nire motivazione in-

trinseca.

Le sue ricerche vertono sulla fi ducia intesa da

un punto di vista economico-comportamentale:

qual è la relazione con la sfera privata?

di noi nella professione ma anche a

tenere duro se il lavoro non ci piace pur

di mantenere la famiglia o a resistere

durante un periodo in carcere.

Lei ha un dottorato in economia.

Sì. Che risposta vi aspettavate da me?

Che è il denaro a muovere le persone?

Forse, o più in generale la

massimizzazione dei vantaggi.

Status sociale, reddito, patrimonio,

Signora Bohnet, iniziamo con una domanda

facile: cos’è che muove l ’uomo?

Forse la domanda era intesa in senso

ironico, ma posso rispondere con una sola

parola: la passione.

Tutto qui?

Avrei anche potuto rispondere «la sete

di conoscenza» o «il senso della vita».

Ma la passione è più profonda. Ci spinge

a lavorare, amare, uscire a fare jogging

il mattino, comprare fi ori, dare il meglio

— Sfera privata —

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— Sfera privata —

22 — Bulletin 2 / 2017

Più conosco una persona, più fiducia

avrò in lei e più le permetterò di

avvicinarsi. La chiave della sfera privata

è la fi ducia.

Un detto recita: fi darsi è bene, controllare

è meglio.

Vero, controllare è molto utile, ma costoso.

Se sui tram ogni passeggero venisse

controllato nessuno viaggerebbe senza

biglietto. Ma è effi cienza questa?

Kenneth J. Arrow, premio Nobel per l ’eco-

nomia recentemente scomparso, disse:

«Potersi fi dare degli altri sulla parola per-

mette di risparmiare un sacco di costi e

problemi». Il politologo Francis Fukuyama

considera la f iducia persino come un

fattore per la creazione del benessere di una

nazione o di un’azienda. È d’accordo?

Di recente in un negozio mi sono accorta

di aver dimenticato il portafogli quan-

do mi trovavo già in cassa. Ho chiesto al

cliente in coda dietro di me se potesse

prestarmi del denaro e lasciarmi il suo nome

e indirizzo, cosa che ha fatto. Così ho

evitato la seccatura di dover andare a casa

Iris Bohnet, nata 51 anni fa a

Lucerna, è economista comporta-

mentale e docente alla Harvard

Kennedy School dov’è anche

direttrice del «Women and Public

Policy Program». È membro

del Consiglio di amministrazione

di Credit Suisse e autrice

dell’apprezzato volume «What

works – Gender equality by

design». Iris Bohnet è sposata con

Michael Zürcher, avvocato.

La coppia ha due figli.

e tornare al negozio. Assieme all’assegno

ho poi inviato a quella persona anche

una scatola di cioccolatini – gli interessi

insomma. La fi ducia migliora senza

dubbio l’effi cienza, è vantaggiosa per tutti.

Riporre o meno fi ducia in qualcuno

dipende anche dalla reputazione della

persona in questione.

A volte la nostra opinione personale su

qualcuno è meno importante di quella

degli altri. Questo è il potere della reputa-

zione. E con il progresso tecnologico

questo potere aumenta. Prima di un acqui-

sto consultiamo le recensioni. Amazon,

Ricardo e TripAdvisor hanno semplifi cato

il mondo e raff orzato l’orientamento

al cliente, ma come ogni altro progresso

nascondono dei pericoli.

L’onda incontrollata di commenti?

Ultimamente mi capita spesso di ripensare

a «L’onore perduto di Katharina Blum»

di Heinrich Böll. È la storia di una donna

che, pubblicamente screditata a causa

dell’amicizia con un criminale, cade vitti-

ma di un tragico destino. Böll ne fa una

L’economista comportamentale Bohnet afferma: «La fiducia migliora l’efficienza».

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— Sfera privata —

Bulletin 2 / 2017 — 23

Quali sono queste culture?

Abbiamo condotto i nostri esperimenti

in tutto il mondo e rilevato che, in molti

paesi del Medio Oriente, la concessione

della fi ducia è legata all’improbabilità

che quella persona abusi del rapporto di

fi ducia. Il tradimento ha una forte

connotazione morale in quest’area del

mondo. Inoltre essere ingannati signi-

fi ca anche perdere la faccia, perché implica

che non si sono fatti i dovuti controlli

sulla controparte. Le pene sono altrettanto

draconiane.

Quali sono i paesi che stanno all ’altra

estremità della scala?

La Cina è il paese con la minore avversio-

ne al tradimento. Anche in Brasile è

molto bassa. In questi casi non c’è quasi

alcuna diff erenza tra avversione al rischio

e avversione al tradimento. Concedere

fi ducia a una persona è visto un po’ come

giocare d’azzardo. A volte va bene, a

volte no.

Negli ultimi tempi si sta sempre più interes-

sando all ’intuito e a come ci faccia cadere

in errore. Ma non è proprio il tanto decantato

sesto senso che contraddistingue noi umani?

Moltissime ricerche dimostrano come

l’intuito sia ingannevole perché si basa su

pregiudizi e stereotipi. Ma è proprio nelle

decisioni più importanti, come l’assunzione

di collaboratori, che si vuole essere

certi di aver preso la decisione migliore.

Quindi in questo caso meglio ignorare il

nostro intuito?

Sì, non è un buon consigliere quando si

tratta di valutare prestazioni e competenze

in un processo di candidatura. Quando

si legge che una candidata ha una determi-

nata età, due bambini e ha studiato in tale

o tale altra università, subito in noi scattano

associazioni che non per forza sono

corrette. Le chiedo: pensando alla popola-

zione della Florida che associazioni

le vengono spontaneamente in mente?

I pensionati che vogliono godersi il caldo.

In realtà l’84 per cento della popolazione

della Florida ha meno di 65 anni, una

percentuale appena al di sotto della media

americana. La popolazione della Florida

è dunque certamente un po’ più anziana

rispetto al resto degli USA, ma se una

candidatura arriva da quello Stato non

c’è motivo di supporre che si tratti di una

persona in là con l’età. Si tratta di uno

Dovremmo esserne piuttosto sicuri. Diciamo

il 75 per cento?

Come potete vedere nel vostro caso l’avver-

sione al rischio è inferiore all’avversione

al tradimento di 20 punti percentuali. Ed è

così per la maggior parte delle persone,

semplicemente non ci piace essere traditi.

Lei tuttavia ha dimostrato anche che vi sono

grandi diff erenze culturali rispetto al modo

di reagire a un tradimento.

Supponiamo che io gestisca una galleria

e che voi abbiate acquistato da me un

quadro per 1000 franchi, ma che non l’ab-

biate ancora ritirato. Arriva un’altra

cliente a cui il quadro piace ancora di più

e mi off re 2000 franchi. Negli Stati

Uniti è molto probabile che io venda

l’opera alla signora e vi restituisca i vostri

1000 franchi più una certa somma

come risarcimento danni, dal momento

che in fondo vi ho procurato un pic-

colo danno emotivo. È quello che si chiama

«effi cient breach»: il non adempiere a

un contratto per ragioni di effi cienza

compensando la controparte della perdita

subita.

In Svizzera sarebbe impensabile. Qui il

sistema si basa sulla stretta di mano.

Esatto. Il nostro sistema si basa sul

principio giuridico «pacta sunt servanda»,

i contratti vanno rispettati. Ciò signifi ca

che con ogni probabilità in Svizzera avrei

riservato il quadro per il primo acquirente.

Da un punto di vista morale questo

comportamento appare corretto.

Certo, ma anche il sistema americano fa-

vorisce la fi ducia. In caso di inadempi-

mento contrattuale si riceve un compenso.

Il sistema è inoltre meno discriminante.

Non è necessario valutare se una persona

merita la nostra fi ducia dal momento che

il sistema mantiene i costi delle inadem-

pienze contrattuali molto bassi, un po’ come

un’assicurazione. Per contro, nei paesi dove

è estremamente importante non essere

ingannati, si fanno aff ari solo con persone

in cui si nutre una fi ducia totale, come la

propria famiglia o cerchia di conoscenze.

critica ai media scandalistici, che appaiono

però innocui rispetto ai social media.

Com’è possibile verifi care tutto ciò che

viene pubblicato? Non c’è da stupirsi

se viviamo nell’era delle «fake news». Oggi

più che mai è importante proteggere

la sfera privata.

L’importanza della fi ducia aumenta?

Cambia. La fi ducia serve quando l’infor-

mazione è ripartita in modo asimmetrico.

Se tutti sappiamo le stesse cose non c’è

bisogno di aver fi ducia in qualcuno. Le ul-

time tecnologie hanno ad esempio por-

tato maggiore trasparenza nel mondo della

fi nanza e incrementato lo scambio di

informazioni. Da un iPad oggi è possibile

intervenire sulla propria strategia d’in-

vestimento e monitorarla costantemente.

Durante i colloqui con i consulenti

clientela abbiamo tutti i dati sotto mano

e possiamo simulare gli scenari più di -

sparati in tempo reale. Da un lato il cliente

dispone di più informazioni ma dall’altro

il quadro è diventato poco trasparente,

la complessità è aumentata e si trova anche

a scegliere tra più off erenti. In questo

contesto, fi ducia e competenza riacquistano

un’enorme importanza.

Parte della sua attività di ricerca dimostra

come le persone diventino sensibili quando

si abusa della loro fi ducia, lei la chiama

av versione al tradimento. Possiamo parago-

narla all ’avversione al rischio?

No. Faccio un esempio lampante della

diff erenza. Supponiamo che andiate al

casinò e che ci sia un gioco in cui

potreste raddoppiare la puntata. Qual

è la probabilità di vincita per cui

secondo voi varrebbe la pena giocare?

Giocheremmo se in più della metà delle

giocate ci fosse la possibilità di vincita.

Quindi una probabilità di circa il 55 per

cento. Ora succede che un collega che

non conoscete bene vi chiede del denaro

in prestito, promettendo di restituirvene

il doppio a fi ne settimana. Con quale pro-

babilità di riavere il denaro decidereste

di prestarglielo?

«Controllare è molto utile,

ma costoso.»

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— Sfera privata —

24 — Bulletin 2 / 2017

effi cienza nelle situazioni quotidiane.

Ma come tutte le regole empiriche può

sbagliare. Perché affi dare decisioni

importanti a un sistema che è stato di-

mostrato essere difettoso, soprattutto

quando possiamo basarci su processi più

attendibili?

Lei cerca di eliminare quanti più elementi

possibile a cui potrebbero rimanere impigliati

i pregiudizi, ma il mondo va in tutt’altra

direzione.

Purtroppo è così. Storicamente, in tempi di

grande insicurezza e rapidi cambiamenti,

le persone si sono sempre isolate. Ed è quello

che stiamo vivendo ora. Ci isoliamo con

il nostro popolo, le persone che hanno il

nostro stesso colore della pelle, che ap-

partengono al nostro stesso sesso e partito

politico. Paghiamo il prezzo del fatto

che molti paesi occidentali sono cresciuti

a spese della piccola classe media. Il di-

vario tra ricchi e poveri si è allargato e per

la prima volta i vincitori non sono tutti

uomini e bianchi. Una parte di questo grup-

po si sta ribellando contro l’establishment

e la globalizzazione.

Nell ’occhio del ciclone ci sono anche le persone

come lei, un membro dell ’élite, una docente

che argomenta con cifre e fatti alla mano.

Sì, la fi ducia nei confronti della cosiddetta

élite è in calo. Nel corso della campagna

elettorale americana per me è stato un

grande shock constatare come si sia data

voce ai pregiudizi così a cuor leggero.

Fino a soli due anni fa sarebbe stato

inconcepibile esprimere pubblicamente

dichiarazioni razziste.

In Svizzera la situazione è un po’ diversa.

Stando al barometro delle apprensioni

di Credit Suisse, l ’esecutivo svizzero gode

di una grande fi ducia, molto più forte di

altri governi esteri. Come mai?

Penso che il dato abbia a che vedere con

la democrazia diretta. La politica è molto

vicina al popolo. In molti paesi c’è un

divario che separa cittadini e politica, non

è così in Svizzera. Anche se talvolta si

dei tanti «bias», o eff etti di distorsione, di

cui si occupa l’economia comportamentale.

Se non ci si può fi dare del proprio istinto,

su che cosa si può fare affi damento nella scelta

di un collaboratore?

Numerosi studi dimostrano cosa funziona

e cosa no. Innanzitutto è necessario redi-

gere un annuncio che si rivolga ai candida-

ti e alle candidate giuste. Sembra una

banalità, ma gli algoritmi possono esserci

in parte d’aiuto per ripulire il nostro

linguaggio da eff etti di distorsione indesi-

derati. Poi i curricula dovrebbero essere

resi anonimi, niente nome e indirizzo, e

naturalmente niente foto. Abbiamo

dimostrato che non aggiungono alcuna

informazione importante ma che anzi

ci inducono in errore.

E durante il colloquio?

Mai come oggi disponiamo di così tante in-

formazioni sui candidati, ciò nonostante

conduciamo ancora colloqui di lavoro non

strutturati, dove gli intervistatori sono

spietatamente in balia dei propri pregiudizi.

Google, ad esempio, ha stabilito il numero

ideale di intervistatori, ovvero quattro,

e quali sono le domande eff ettivamente in

grado di rivelare un futuro positivo in

azienda. È il potere dei Big Data. Inoltre è

utile mettere i candidati alla prova sui com-

piti che saranno chiamati a svolgere, questi

test possono individuare un collaboratore

di successo molto meglio di un colloquio.

A suo avviso la simpatia è la peggiore

consigliera. Perché?

L’obiettivo del reclutamento non deve esse-

re trovare un nostro clone, la cosiddetta

intelligenza collettiva è infatti maggiore nei

team molto variegati. Se una persona

ci sta simpatica, è facile che sia una replica

di noi stessi.

Non tutti i pregiudizi sono sbagliati,

uno svizzero tende in media a essere più

puntuale di un indiano.

Esatto. Il nostro intuito funziona per

regole empiriche, ci aiuta a cavarcela con

può non essere d’accordo, non credo che

in Svizzera la classe politica sia fuori dalla

realtà.

Per fi nire, una domanda personale. Quali

criteri l ’hanno guidata nella decisione

più importante della sua vita privata:

come ha reclutato suo marito?

(Ride). Mi ha colto in fallo, in quel caso

non sono stata molto sistematica. Mi sono

semplicemente innamorata. Ma prima

di sposarci ci siamo confrontati in modo

molto oggettivo e poco romantico sulle

cose importanti della vita: volevamo avere

dei fi gli? Volevamo lavorare? E quanto?

Solo dopo aver negoziato tutti gli aspetti

abbiamo fi rmato la convenzione matri-

moniale. Lo consiglio a tutte le coppie.

«In molti paesi c’è un divario che separa cittadini

e politica, non è così in Svizzera.»

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— Sfera privata —

26 — Bulletin 2 / 2017

Un aff are sicuro? Ogni anno i crimini informatici provocano danni per centinaia

di miliardi di dollari. Tra gli attacchi più diff usi, lo spionaggio

economico e industriale. La sicurezza online rappresenta uno dei

mercati più fi orenti del settore IT.

Di Helene Laube

Fin aumento. Secondo l’organizzazione non

profi t Identity Th eft Resource Center, il

2016 è stato un anno record: solo negli Sta-

ti Uniti sono stati riportati uffi cialmente

1093 casi di violazioni della sicurezza dei

dati («data breaches»), più del doppio ri-

spetto a cinque anni fa (si veda il grafi co).

Secondo la società di analisi della sicurezza

Risk Based Security sono stati sottratti mi-

liardi di record di dati.

Chiunque può essere attaccato

I danni economici causati dalla cybercrimi-

nalità e dai furti di proprietà intellettuale

sono enormi. Secondo le stime del Center

for Strategic and International Studies,

un laboratorio di idee indipendente di

Washington, si attestano tra i 450 e i 600

miliardi di dollari l’anno. Incalcolabile è il

danno fi nanziario ed emotivo subito da un

numero crescente di persone spiate, hacke-

rate e violate nella loro sfera privata.

Chiunque e qualsiasi cosa possono

essere bersaglio di un attacco digitale: dalla

persona fi sica, il suo computer, il cellulare,

la casa collegata in rete e l’auto a organizza-

zioni e imprese, fi no a infrastrutture criti-

che e governi. Tra gli attacchi più diff usi,

come emerge da varie indagini, si annovera

lo spionaggio economico e industriale.

Potenti organizzazioni di cyberspio-

naggio, non di rado supportate dai governi,

attaccano altri governi, istituzioni militari,

infrastrutture e imprese di tutto il mondo.

Il settore dell’economia e quello della ricer-

ca e sviluppo si vedono deprivati di prezio-

so know-how. Gli hacker hanno violato

addirittura i computer della Commissione

Gli attacchi si moltiplicano

Furti di dati denunciatinegli USA (in mio.)

2006 2008 2010 2012 2014 2016

0

200

400

600

800

1000

1200

Font

e: Id

entit

y Th

eft R

esou

rce

Cen

ter

u uno tra i più clamorosi furti di dati della

storia. Gli hacker fecero breccia nei server

del gruppo informatico Yahoo, sottraendo i

dati di almeno 500 milioni di clienti: pass-

word crittografate, indirizzi e-mail, infor-

mazioni personali come date di nascita o

numeri di telefono. Inoltre gli hacker riu-

scirono ad accedere a milioni di account

utenti per inviare spam e, con le informa-

zioni carpite, appropriarsi dei dati di carte

prepagate e carte di credito.

Solo nel settembre del 2016 l’azien-

da della Silicon Valley rese noto l’attacco,

avvenuto a fi ne 2014. Lo fece senza rivela-

re dettagli, perché erano in corso le indagi-

ni dell’FBI. Questa primavera il ministero

della giustizia americano ha fatto scoppia-

re una bomba diplomatica, accusando

quattro persone, tra cui due collaboratori

del servizio segreto russo FSB, di aver tes-

suto le fi la del gigantesco «complotto cri-

minale» confl uito nello scandalo Yahoo.

Le informazioni rubate, così si legge

nell’atto di citazione, sarebbero state uti-

lizzate anche per spiare funzionari di go-

verni stranieri, manager di banche e altri

istituti o giornalisti.

In un mondo sempre più digitale e

collegato, il rischio di crimini informatici è

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La maggior parte dei casi riguarda spionaggio economico (foto: l’interno di un centro per l’immagazzinamento di dati).

Bulletin 2 / 2017 — 27

— Sfera privata —

capitale di rischio della Silicon Valley. Se-

condo una ricerca di CB Insights, l’anno

scorso hanno investito 3,1 miliardi di

dollari in 279 start-up di cybersicurezza,

ovvero il quadruplo rispetto al 2010.

Pericolo nel babyphone

Un potenziale di rischio del tutto particola-

re si nasconde nell’Internet delle cose (In-

ternet of Th ings, IoT, si veda a pag. 32). La

maggior parte dei dispositivi IoT, dalle

webcam ai babyphone e ai televisori, è priva

di specifi ci meccanismi di sicurezza. Di

conseguenza questi possono essere tran-

quillamente violati all’insaputa dei proprie-

tari e collegati a una rete centralizzata, com-

posta da milioni di dispositivi. Con queste

cosiddette botnet, un gruppo di programmi

malevoli automatizzati, gli hacker accedono

ai server delle loro vittime e li bloccano.

fornitore di servizi esterno si fa carico del-

la protezione e del monitoraggio dell’inte-

ra infrastruttura IT dell’azienda.

La seconda area è quella dei soft ware

di sicurezza: in questo ambito si spende so-

prattutto per la protezione dei terminali e

la gestione delle identità e degli accessi.

Segue al terzo posto il settore della

sicurezza hardware, basato soprattutto

sull’acquisto dei cosiddetti sistemi UTM

(Unifi ed Th reat Management). Si tratta

di pacchetti che coniugano in un’unica

piattaforma molteplici funzioni, come

fi rewall, VPN gateway, protezione anti-

virus e antispam, servizi di autenticazio-

ne e un sistema per il riconoscimento

degli attacchi.

Non sorprende quindi che la cyber-

sicurezza sia diventata una tra le sfere

d’attività più ambite dagli investitori di

Europea e la banca centrale del Bangla desh,

sottraendole più di 80 milioni di dollari.

La sicurezza a caro prezzo

Il rapido moltiplicarsi degli attacchi, di

pari passo con la crescente connettività, ha

determinato un boom dei fornitori di sicu-

rezza informatica. «La sicurezza è uno dei

mercati più fi orenti del settore IT e conti-

nuerà a crescere», aff erma Michael Dia-

mond, Analyst per l’istituto di ricerche di

mercato NPD. Nelle aziende, la spesa in

sicurezza informatica aumenta a velocità

doppia rispetto al totale delle spese IT e

nel 2020, secondo le stime della società di

ricerche di mercato americana IDC, am-

monterà a oltre 100 miliardi di dollari.

Imprese e istituzioni investono in

primo luogo in servizi di sicurezza, in par-

ticolare i «managed security services»: un

Foto: Mischa Keijser / ISTL / Cultura / Keystone

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— Sfera privata —

28 — Bulletin 2 / 2017

entità. E questo sebbene, negli ultimi cin-

que anni, nove aziende su dieci siano cadu-

te nel mirino di un attacco su larga scala.

Le conseguenze di un attacco posso-

no essere pesanti. Un terzo delle aziende

che nel 2016 hanno denunciato una fuga di

dati ha dovuto mettere in conto una perdita

del 20 per cento in termini di fatturato,

clientela e opportunità commerciali. Lo ri-

leva il nuovo «Annual Cybersecurity Re-

port» di Cisco, la più grande multinaziona-

le specializzata nella fornitura di apparati

di networking.

Secondo le indagini, il 95 per cento di

tutti gli attacchi perpetrati sulle aziende è

riconducibile a comportamenti umani

scorretti. Tra gli errori più frequenti vi è

l’invio di e-mail con documenti sensibili ai

destinatari sbagliati oppure l’apertura di

e-mail infettate con software malevolo. In

cima all’elenco è citata anche la confi gura-

zione di nomi e password standard da parte

del reparto IT interno. Nemmeno i cospi-

cui investimenti in cybersicurezza possono

molto contro questi errori. La National

Cyber Security Alliance, un’associazione di

aziende IT americane in coordinamento

con il Dipartimento della Sicurezza Inter-

na degli Stati Uniti, si batte per una miglio-

re formazione dei collaboratori: «La più

potente tecnologia di sicurezza non serve a

nulla se i dipendenti non hanno ben chiaro

il loro ruolo nella tutela dei dati sensibili e

delle risorse aziendali».

Entrata di un bunker di Amsteg (Uri) utilizzato per l’archiviazione di dati.

Tra gli errori più

frequenti vi è

l’invio di e-mail con

documenti sensibili

ai destinatari sbagliati.

Helene Laube è giornalista freelance a San

Francisco. È stata una dei soci fondatori

del «Financial Times Deutschland» e, per molti

anni, sua corrispondente dalla Silicon Valley.

Il più famigerato attacco botnet è avvenuto

lo scorso ottobre. I siti web dei giganti di

Internet, come Amazon, Netfl ix o PayPal, e

decine di altre aziende molto visitate come

Airbnb, «Th e New York Times» e Twitter

sono rimasti indisponibili per ore, dopo che

un attacco botnet aveva paralizzato i server

di uno dei provider di servizi di rete utiliz-

zato dalle aziende. Gli esperti sospettano

che l’attacco sia servito per testare un’arma

cibernetica.

Anche gli aggressori stanno al passo

Nonostante l’enorme off erta di prodotti e

servizi per la protezione di dati, sistemi, in-

frastrutture, account e sfera privata, la rete

non è aff atto più sicura. Parallelamente

all’aumento dell’off erta di sistemi di difesa,

anche gli aggressori stanno al passo. Non

solo l’arsenale dei cybercombattenti è sem-

pre più raffi nato, ma diventa anche più faci-

le procurarsi il necessario per perpetrare

attacchi di qualsiasi tipo. Gang di cybercri-

minali vendono strumenti, informazioni,

servizi e consigli nella rete oscura, la por-

zione di Internet accessibile solo con

software specifi ci, spesso utilizzata per atti-

vità criminali.

In questo mondo sommerso è in ven-

dita anche il bottino. Lo scorso anno un

mercato underground di lingua russa off ri-

va 70 000 dati di login rubati per server

hackerati. Per soli 6 dollari si potevano ac-

quistare per esempio le credenziali di ac-

cesso alla rete governativa di uno Stato

dell’UE.

Nonostante ingenti stanziamenti in

cyberdifesa, molte aziende e istituzioni

sono impreparate agli attacchi e attribui-

scono alla lotta contro la criminalità infor-

matica scarsa priorità. In uno studio del

2016 commissionato dal Nasdaq e dal for-

nitore di sistemi di sicurezza statunitense

Tanium, oltre il 90 per cento dei manager

intervistati ha ammesso di non essere in

grado di leggere un rapporto di sicurezza.

Inoltre le loro aziende non sarebbero pre-

parate a fronteggiare una minaccia di grave

Foto: Martin Ruetschi / Keystone

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— Sfera privata —

Bulletin 2 / 2017 — 29

Signor Schmidt, lo scorso anno è stata pubblicata la 19a edizione

del «Global Information Security Survey» di EY. Quali minacce

incombono sulle aziende?

Negli ultimi anni i cyberattacchi mirati sono notevolmente

aumentati e continueranno ad aumentare: la digitalizzazione apre

le porte a nuove possibilità di attacchi in tutti i settori. Per

le banche le principali minacce provengono dalla criminalità

organizzata perché, per mettere a segno un attacco mirato

contro un singolo istituto, ci vogliono mezzi fi nanziari, motiva-

zione e tempo. Solo la preparazione può richiedere mesi o

addirittura anni. Gli attacchi diretti contro i clienti bancari,

per esempio con i cavalli di Troia per e-banking, vengono

perpetrati anche da singoli o piccoli gruppi. Questi attacchi

sono generalmente poco sofi sticati e di solito provocano

danni di minore entità.

Con il termine «cyber resilience» si indica la capacità delle

aziende di respingere gli attacchi o di reagire ad essi.

In questo come se la cavano gli istituti f inanziari?

Le banche, soprattutto in Svizzera, off rono un maggior livello

di sicurezza nel confronto trasversale con molti altri settori.

Tuttavia va considerato che negli ultimi anni l’intensità e la

raffi natezza degli attacchi si sono molto evolute. Fino a qualche

mese fa, quasi tutti i provvedimenti miravano a contrastare

i rischi informatici. Ora, anche nel settore fi nanziario, si investe

sempre più nel riconoscimento degli attacchi e nella capacità

di reazione. Per una buona «cyber resilience» bisogna considerare

e coprire tutte queste dimensioni.

Le aziende fanno abbastanza?

Da circa tre anni, molte grandi aziende annoverano i rischi

informatici tra i principali rischi d’impresa. Di sicuro il

tema si è fatto largo a livello di management e consigli

d’amministrazione. Attualmente il budget destinato alla

sicurezza informatica rappresenta ancora meno del dieci per

cento delle spese IT totali, ma il trend è in crescita.

Dove esistono ancora lacune?

Soprattutto nella capacità di riconoscere tempestivamente gli

attacchi da prendere sul serio e di opporvi una reazione mirata.

Fanno parte di questo aspetto anche tematiche legate alla

comunicazione interna ed esterna se l’attacco va a buon fi ne.

Come è cambiato il contesto normativo?

Soprattutto in ambito bancario, negli ultimi anni le autorità di

vigilanza di tutto il mondo hanno defi nito e posto in atto requisiti

aggiuntivi in termini di sicurezza dei dati e cybersicurezza.

Questo vale anche per l’autorità svizzera, la FINMA. A metà del

2017 entrerà in vigore una circolare aggiornata che stabilisce

nuove misure per la gestione dei rischi informatici.

Nel settore IT l ’anello debole è il fattore umano o il fattore macchina?

Il maggior rischio per la sicurezza è ancora l’uomo, gli attacchi

informatici messi a segno nelle aziende hanno origine

perlopiù nei comportamenti scorretti di clienti o collaboratori.

Intervista

«Il più grande rischio per la sicurezza è l’uomo»

Tom Schmidt, 44 anni, è partner

della società di consulenza EY

(Ernst & Young AG) e dirige il settore

dedicato alla cybersecurity e alla sicurezza

delle informazioni in Svizzera. Inoltre,

nello stesso campo, insegna alla Scuola

universitaria professionale di Lucerna.

Di Simon Brunner

Foto: per gentile concessione

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Cercasi disperatamente: in Svizzera molte imprese di famiglia non hanno un successore.

— Sfera privata —

30 — Bulletin 2 / 2017

Non se ne parla quasi mai nelle pagine eco-

nomiche dei giornali. Comunicano poco e

raramente sono oggetto di analisi: le im-

prese di famiglia.

Che cosa le contraddistingue? Quan-

to è esteso questo gruppo? E com’è regola-

mentata la successione? Recentemente un

ampio studio di Credit Suisse e del Center

for Family Business dell’Università di San

Gallo si è dedicato alle imprese di famiglia

e in particolare alla successione aziendale,

che proprio in queste aziende assume

grande rilievo e spesso risulta alquanto

complessa.

Oltre il 99 per cento di tutte le imprese sviz-

zere appartiene alla categoria delle piccole e

medie imprese (PMI). A loro volta tre quar-

ti delle PMI dichiarano di essere imprese di

famiglia, quindi interamente di proprietà

della famiglia del fondatore. In base a stime

di massima, la Svizzera annovera quindi

375 000 imprese di famiglia che danno la-

voro a 1,6 milioni di addetti. Il 41 per cento

della popolazione attiva in Svizzera lavora

per queste imprese, il che ne dimostra l’im-

portanza. A livello mondiale si stima che le

imprese di famiglia raggiungano addirittura

una quota del 60–90 per cento.

L’impresa, un aff are di famigliaRaramente occupano i titoli dei giornali, eppure in Svizzera danno lavoro a quattro

addetti su dieci: le imprese di famiglia sono uno dei cardini dell’economia nazionale.

Di Sara Carnazzi Weber

Per prima cosa va notato che la «famiglia

dei proprietari» assume un’accezione relati-

vamente ristretta: i titolari sono perlopiù

i coniugi, i genitori e i loro fi gli o fratelli.

Solo nel 10 per cento dei casi è coinvolta la

cerchia familiare più estesa.

Mancanza di interesse dei fi gli

Più è lontano l’anno di fondazione, mag-

giore è la quota delle aziende di famiglia

sul totale delle PMI. Dunque le imprese di

famiglia non incarnano lo spirito del tem-

po? Non necessariamente, potrebbe trat-

tarsi anche di un modello nel ciclo di vita

Foto: Beth Yarnelle Edwards, il ritratto è stato realizzato nell’ambito del 2o Fotofestival Mannheim / Ludwigshafen / Heidelberg 2007

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— Sfera privata —

Bulletin 2 / 2017 — 31

delle imprese: all’atto della fondazione,

molti proprietari non considerano la pro-

pria attività un’impresa di famiglia, spesso

questa percezione giunge solo con l’in-

gresso dei fi gli in azienda. Inoltre i fonda-

tori delle imprese non famigliari hanno

meno a cuore il trasferimento dell’attività

come azienda consolidata (si veda sotto).

In altre parole: con la graduale uscita di

scena della generazione dei fondatori e il

passaggio alla seconda generazione, la

quota delle imprese di famiglia aumenta

automaticamente.

Ma un altro risultato raff orza la tesi

che le imprese di famiglia stiano perdendo

popolarità: nei settori in crescita, come la

sanità, i fornitori di servizi alle imprese e

l’IT, le imprese di famiglia sono molto

meno presenti.

Se questa tendenza dovesse consoli-

darsi, si dovrà mettere in conto un ulteriore

calo della quota di imprese di famiglia. Ciò

non signifi ca che l’universo aziendale stia

diventando meno «privato», ma è piuttosto

il rifl esso di una tendenza sociale orientata

a una società multiopzionale. Non sorpren-

de dunque che uno dei motivi alla base del-

la successione extra famigliare sia la scarsa

propensione dei fi gli a rilevare l’impresa di

famiglia. Infatti i potenziali successori

aspirano spesso a staccarsi dalla famiglia,

almeno in senso professionale, per perse-

guire una carriera al di fuori.

Grande opportunità per le donne

Come accennato, il 75 per cento delle PMI

è costituito da imprese di famiglia. Ma le

famiglie controllano l’impresa soprattutto

sotto forma di partecipazione, solo il 55

per cento dei consigli direttivi è intera-

mente rappresentato dalla famiglia dei

proprietari e solo il 48 per cento nomina il

consiglio di amministrazione in ambito

famigliare.

Rapportato al totale delle PMI, l’80

per cento dei proprietari svolge an-

che funzioni direttive. Viceversa, i mem-

bri del Consiglio direttivo detengono

mediamente il 77 per cento delle quote

d’impresa. Anche il consiglio di ammini-

strazione non si limita alla sua funzione

di organismo di controllo. In media il

65 per cento dei membri è operativo in

azienda. In generale non sussiste una netta

distinzione tra proprietà, direzione e con-

siglio di amministrazione sebbene, secon-

do i principi di good governance, sarebbe

auspicabile separare l’esercizio di queste

funzioni.

Nei consigli direttivi delle PMI le

donne sono decisamente sottorappresen-

tate (23 per cento), ma come membri del-

la famiglia le loro opportunità crescono

notevolmente: l’80 per cento delle donne

che fanno parte di un consiglio direttivo

appartiene alla famiglia.

Chi subentrerà?

Da ultimo, le relazioni famigliari incidono

pesantemente sulla regolamentazione della

successione aziendale. Nello specifi co, si

distingue tra:

— FBO: family buyout, cessione ad altri

membri della famiglia;

— MBO: management buyout, cessione

a manager interni;

— MBI: management buy-in, cessione

a persone esterne;

— vendita a un’altra azienda o a una

società di Private Equity.

In vista di un futuro trasferimento, le PMI

non famigliari optano per un MBO nel 53

per cento dei casi. Questa quota scende al

31 per cento quando la cerchia dei proprie-

tari comprende anche membri della fami-

glia e si attesta al 16 per cento se tutti i

proprietari sono membri della famiglia.

Viceversa, i proprietari delle aziende

interamente a conduzione famigliare scel-

gono l’FBO, ovvero la cessione a un altro

membro della famiglia, nel 52 per cento dei

casi. Ovviamente il desiderio di mantenere

l’azienda in famiglia è maggiore quando

tra i proprietari vi sono parenti con fi gli.

Anche i legami di fratellanza raff orzano il

desiderio di consolidare tra congiunti il

futuro controllo dell’azienda. Nonostante

le imprese di famiglia presentino una lieve

tendenza al ribasso, l’esigenza di assicurare

l’impresa nell’ambito della ristretta cerchia

famigliare è ancora marcata.

Tuttavia i risultati non rifl ettono le

soluzioni successorie eff ettivamente attua-

te, ma solo i desideri e i progetti degli at-

tuali manager. Spesso l’attuazione concreta

non rispecchia le intenzioni. È interessante

notare che le acquisizioni all’interno della

famiglia sono state più numerose del previ-

sto (cifre arrotondate): il 46 per cento con-

tro il 41 per cento – forse, nonostante l’in-

tenzione di collocare l’azienda all’esterno

della famiglia, non si sono trovati acquiren-

ti. Nel 25 per cento dei casi (MBO) alla

guida dell’azienda sono subentrati i colla-

boratori: questo dato corrisponde esatta-

mente alle aspettative. La cessione a esterni

(MBI) si è verifi cata nel 30 per cento dei

casi, 13 punti percentuali in più rispetto

alle previsioni.

Sara Carnazzi Weber è responsabile dell’analisi

settoriale e regionale per Credit Suisse.

Lo studio «La sfida del ricambio

generazionale» è disponibile

per il download su: https://publications.

credit-suisse.com (> Imprese e istituzioni >

Studi e analisi)

Chi subentrerà?

Se l’azienda è di proprietà della famiglia, si tende a preferire soluzioni famigliari.

FBO MBO MBI Vendita

0 100

Le quote non sono detenute dai membri della famiglia

Le quote sono detenute dai membri della famiglia e da persone esterne

Le quote sono detenute solo dai membri della famiglia

8

38

52

53

31

16

16

12

14

23

19

19

A chi appartengono le aziende

Tre PMI su quattro in Svizzera sono interamente di proprietà della famiglia dei fondatori.

6

Quota di proprietà della

famiglia(in %)

100% = interamente di proprietà della famiglia0% = nessuna partecipazione di famiglia

14

5

75 100% 50–99% 1–49% 0%

Fonte per entrambi i grafi ci: sondaggio sulla successione Credit Suisse 2016

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— Sfera privata —

32 — Bulletin 2 / 2017

Il nuovo Il nuovo sistema nervososistema nervosodel mondodel mondo

L’«Internet delle cose» connetterà ogni aspetto

della vita lavorativa e privata, dalla stampante in

uffi cio, agli sportelli bancari automatici, alle

bambole. Il vantaggio: più comfort e opportunità

di business. Lo svantaggio: ancora più falle

nella sfera privata.

Di Steff an Heuer (testo) e Rami Niemi (illustrazioni)

Il mondo digitale e quello fi sico diventano un tutt’uno: il frigorifero

si riempie grazie a sensori, shopping

online e corrieri robot.

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— Sfera privata —

Bulletin 2 / 2017 — 33

o impianti di riscaldamento, sono servitori

fedeli in grado di comunicare.

Il cosiddetto Internet delle cose (in

inglese Internet of Th ings, in breve «IoT»)

fonde il mondo digitale con quello fi sico.

Sempre attento ad ogni passo, ascolta e ri-

sponde alle domande, espletando mansioni

semplici o di media complessità.

Attualmente al mondo esistono fi no

a 18 miliardi di dispositivi e macchine con

connessioni «intelligenti» di questo tipo.

Entro il 2020, secondo le previsioni, il loro

numero raggiungerà quota 30 miliardi. Le

stime variano a seconda che gli esperti, ol-

tre alla sensoristica per aziende, televisori

interconnessi e tecnologie indossabili

come l’Apple Watch e il Fitbit, includano

nel conteggio anche smartphone, tablet e

computer tradizionali.

LLe conseguenze economiche sono immense.

Per esempio il McKinsey Global Institute

stima che nei prossimi dieci anni le appli-

cazioni IoT potrebbero generare un valore

aggiunto economico compreso tra i quattro

e gli undici miliardi di dollari.

Poiché ormai quasi tutto è collegabile

a Internet a basso costo e senza fatica, la

moderna tecnologia dell’informazione si

prepara a dotare il mondo intero di un nuo-

vo sistema nervoso digitale. Anche il colla-

re per cani e la sedia da uffi cio possono

accedere all’enorme potenza di calcolo e

all’infi nita memoria del cloud, così come

gli impianti di produzione e le navi cisterna

di un impianto portuale. Con questo eff et-

to leva l’IoT trasformerà profondamente la

vita lavorativa e privata, la mobilità, i con-

sumi e anche discipline ad alta componente

umana come l’istruzione e la medicina. Al

contempo solleva domande in termini di

protezione dei dati, rispetto della sfera pri-

vata e strisciante inabilitazione del singolo.

E anche nell’IoT si tratta spesso di racco-

gliere e aggregare i dati degli utenti per in-

dividuare nuovi modelli (leggi: Big Data).

Le conseguenze pratiche si osservano in un

numero crescente di economie domestiche.

Altoparlanti «intelligenti» come Echo di

Amazon o Google Home rispondono alle

domande e prendono ordini. Le etichette

Bluetooth di Tile o TrackR aiutano a rin-

tracciare portafogli e oggetti di valore.

Braccialetti per il monitoraggio del sonno,

sensori da culla che vegliano sui più piccoli,

sistemi di sicurezza per la casa che ricono-

scono se a suonare alla porta è un volto

noto o uno sconosciuto. I sensori per l’auto

calcolano il premio delle assicurazioni in

base alla performance chilometrica perso-

nale e allo stile di guida. Ormai i droni

sono così raffi nati che, grazie al riconosci-

mento del volto, sono tarati sui loro pro-

prietari e li seguono come cagnolini.

L’L’IoT è onnipresente anche nel commercio.

Gli sportelli bancari automatici e le app di

banking registrano i loro clienti tramite

scansioni del viso o dell’iride. I punti ven-

dita inseguono clienti e passanti con i co-

siddetti beacon, che stabiliscono un contat-

to non richiesto con i cellulari, per esempio

per proporre off erte speciali. I supermercati

sperimentano le targhette del prezzo dina-

miche, che cambiano in base alla stagione e

alla persona che si trovano davanti. Quasi

ogni confezione contiene piccole etichette

RFID, che possono essere tracciate lungo

l’intera catena di approvvigionamento tra-

mite onde elettromagnetiche. Nei loro edi-

fi ci, le aziende possono illuminare o riscal-

dare individualmente corridoi o addirittura

singole postazioni di lavoro, grazie a senso-

ri che rilevano la presenza dei collaboratori.

L’accesso al cloud rende possibile anche il

collegamento in rete di macchine comples-

se, come ascensori, linee di produzione o

motori aeronautici, per segnalare guasti e

prevenire costosi interventi di manutenzio-

ne. I nuovi mobili da uffi cio riescono persi-

no a «vedere» se e per quanto tempo si resta

seduti al computer. E se necessario possono

visualizzare un allarme sul monitor, invi-

tando il collaboratore X ad alzarsi per non

rischiare un mal di schiena.

Alla fi ne il mondo fi sico e quello di-

gitale si fondono in un nuovo tutt’uno:

se per esempio il semaforo dialoga con i

veicoli in attesa in modo che visualizzino

sul cruscotto tra quanti secondi diventerà

di nuovo verde, l’automobilista sarà meno

portato a distrarsi.

«Prima o poi ogni aspetto del nostro

ambiente sarà integrato in una comunica-

zione digitale. Non abbiamo ancora inizia-

to a scalfi re la superfi cie dell’IoT», sostiene

l’imprenditore tech Andy Meadows, che ad

UUn normalissimo venerdì pomeriggio nel

2017: «Siri, manda un SMS a mia mo -

glie». «Volentieri, cosa vuoi dirle?», risponde

l’iPhone. «Che sono in ritardo di 15 mi-

nuti». «Ecco il tuo messaggio. Devo inviar-

lo?». «Sì». «Benissimo, fatto».

Mezz’ora dopo a casa. «Alexa, accen-

di la luce in sala da pranzo». «Ma certo»,

risuona l’altoparlante sul comò. «Alexa, ag-

giungi alla lista della spesa latte, uova e

pane». «Fatto». «Come sarà il tempo doma-

ni?». «Il fi ne settimana sarà soleggiato, con

temperature massime intorno ai 18 gradi».

«Grazie. Ricordami tra 20 minuti di chia-

mare Peter». «Tra 20 minuti, sarà fatto».

Poco dopo arrivano due notifi che. La

telecamera all’ingresso dell’uffi cio ha regi-

strato un movimento, anche se a quest’ora

non dovrebbe esserci più nessuno. «Vuole

vedere il live feed?». No, eliminare la notifi -

ca. La seconda spiega perché è scattato l’al-

larme: tre minuti fa un corriere ha cercato

di recapitare un pacco e l’ha lasciato al vici-

no. Poco prima di andare a letto, ancora un

ping: il cellulare reclama perché il Blue-

tooth è disattivato e un’app ha perso la con-

nessione con il localizzatore nel mazzo di

chiavi. «Ultima località nota dieci minuti

fa: indirizzo privato».

Per milioni di persone nei ricchi pae-

si industrializzati, almeno alcuni elementi

di questi scenari sono già oggi parte in-

tegrante della quotidianità. I dispositivi

costantemente connessi a Internet, dallo

smartphone al fi tness tracker, fi no a elet-

trodomestici, apparecchi d’illuminazione

Il nuovo sistema nervosodel mondo

Continua a pagina 36

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CORPO

— Sfera privata —

34 — Bulletin 2 / 2017

Dal polso alla pressione sanguigna e al sonno profondo: i gadget interconnessi possono misurare i valori vitali, inviarli al cellulare

o al medico di famiglia. Conoscersi meglio come «Quantifi ed Self» e riconoscere i

primi segnali di malattia. A volte i dati sanitari creano ancora più stress e fi niscono

nelle mani sbagliate.

Impostare un timer o aprire una playlist con le mani sporche: nessun problema con gli assistenti digitali.

La tecnologia può ritrovare gli oggetti dimenticati e i bambini possono

parlare con i loro giocattoli. Più comodità in tutti gli ambiti della vita.

I giganti tech come Amazon o Google sono sempre in ascolto.

IN VIAGGIO

CASA

L’INTERNET DELLE COSE NELLA QUOTIDIAN ITÀ

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Bulletin 2 / 2017 — 35

— Sfera privata —

La spesa del futuro: prelevare soldi tramite scansione dell’iride, aprire

al corriere robot e richiamare un’offerta con il cellulare. Negozi totalmente in-terconnessi trasmettono a ogni cliente

offerte personalizzate. Offerte in funzione di destinatario, ora e luogo. Il consumatore trasparente, che può

essere manipolato.

Grazie a sensori e software, le aziende sanno sempre chi si trova dove e

quando. I dati consentono di progettare uffi ci migliori o andare incontro a

persone con esigenze speciali, come i disabili. Più possibilità di sviluppo

e valutazioni eque per i lavoratori. L’aumento dei dati signifi ca più

rischi di uso improprio.

Veicoli trasformati in robot con la navigazione in realtà aumentata, droni che consegnano a domicilio. Chi guida con prudenza, lo può

dimostrare. Il drone fotografi co ci segue nelle passeggiate. Con il collare smart, il cane non si perde più. Più effi cienza nella logistica,

più sicurezza nei trasporti. Le autorità e le società di elaborazione dati possono

controllarci da vicino.

POSTO DI LAVORO

VENDITA AL DETTAGLIO

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— Sfera privata —

36 — Bulletin 2 / 2017

Austin, capitale del Texas, gestisce uno

dei più grandi servizi per l’abbreviazione

automatica degli indirizzi Internet. «Si sta

facendo molto, ma ci vorranno ancora da

cinque a dieci anni per fare breccia a livel-

lo di massa».

L’azienda di Meadows, BudURL, è

un po’ come una guida turistica automatica

nell’Internet delle cose. L’obiettivo è sem-

pre mettere in comunicazione gli oggetti

tra di loro o con le persone, non importa se

convertendo un indirizzo web molto lungo

in una breve stringa compatibile con un

tweet, passando davanti a un beacon o

ancora fotografando il codice QR di una

confezione per poi ricevere sul cellulare un

messaggio personalizzato in base al luogo,

al giorno e all’ora.

IIl che ci deve far rifl ettere: in gran parte le

applicazioni IoT sono terribilmente vulne-

rabili per quanto riguarda la gestione dei

dati confi denziali dei loro utenti e la pro-

tezione dagli hacker. La maggioranza dei

consumatori si porta tranquillamente in

casa le nuove tecnologie senza preoccuparsi

dei microfoni, delle telecamere e delle ban-

che dati nel cloud che di esse si alimentano.

Per esempio i produttori di apparecchi te-

levisivi Samsung e Vizio hanno ammesso

che le loro smart TV non solo rispondono

ai comandi vocali, ma registravano le con-

versazioni dei loro utenti e le inviavano ai

servizi web per la relativa analisi.

Nemmeno la cameretta dei bambini è

immune allo spionaggio. A febbraio l’auto-

rità tedesca garante delle telecomunicazio-

ni ha vietato la bambola «My Friend Cayla»

collegata in rete con microfono e altopar-

lante, a causa dei rischi di intrusione. Se-

condo l’organismo di vigilanza, i discorsi

del bambino e di altre persone potrebbero

essere registrati e trasmessi all’insaputa dei

genitori, violando il diritto alla privacy.

Nel caso degli attacchi ai dispositivi

IoT, il problema non è tanto il monitorag-

gio di un singolo individuo o di una data

cameretta. La maggiore minaccia proviene

dal reclutamento di migliaia o milioni di

questi dispositivi all’insaputa o senza il

consenso dei loro proprietari per un attacco

su larga scala (si veda a pag. 26) o dal loro

utilizzo come testa di ponte per insinuarsi

nella rete di un’azienda.

NNon ci sono limiti alla fantasia, perché In-

ternet stesso non conosce (quasi) limiti.

L’innocuo fi tness tracker di un dipendente,

connesso alla rete aziendale, potrebbe co-

stituire il punto debole di un’intera multi-

nazionale. Il sistema di infotainment hacke-

rato di un unico veicolo può off rire ai ladri

libero accesso alla rete informatica dell’in-

tera fl otta. E il malware introdotto nella

pompa di infusione di un paziente permet-

terebbe ai ricattatori di paralizzare il siste-

ma IT di un intero ospedale.

«Il genio è uscito dalla lampada. Mi-

liardi di dispositivi non protetti sono già in

circolazione e gli hacker hanno scoperto

come approfi ttarne», conclude Rick Kam, a

capo della società di consulenza per la sicu-

rezza ID Experts di Portland, Oregon. An-

che se sempre più aziende proteggono i loro

dispositivi IoT con protocolli e password, il

problema non può che aggravarsi nel pros-

simo futuro: non solo perché il numero dei

dispositivi IoT e dei dati degli utenti au-

menta in continuazione, ma anche perché

da tempo non si tratta più solo di sensori o

elettronica d’intrattenimento per la casa.

Gli esperti hanno individuato nei

robot le stesse gravi lacune in termini di

sicurezza. «Nel prossimo futuro i robot

saranno ovunque: come giocattoli per l’in-

fanzia o accompagnatori per anziani, com-

messi nei punti vendita e infermieri, operai

e addirittura soldati o poliziotti», prevedo-

no i ricercatori dell’azienda IOActive, che

recentemente hanno analizzato i robot di

sette produttori leader. Il robot è l’incar-

nazione dell’Internet of Th ings, solo che

ha braccia, gambe o ruote. «Se è possibile

hackerare un robot», ammoniscono gli

esperti, «siamo esposti a pericoli oggi an-

cora inimmaginabili».

Questo vale soprattutto per l’IoT di do-

mani, destinato a supportare applicazioni

che fi nora si vedevano solo nei fi lm di fan-

tascienza: dal controllo remoto a impulsi

cerebrali ai dispositivi impiantabili che tra-

sformano gli esseri umani in veri «cyborg»:

metà uomo, metà macchina. Nonostante

la preoccupazione che la tecnologia IoT in-

tegrata nel corpo possa essere impiegata

in modo improprio da aziende o criminali,

sono già in corso molti esperimenti per ra-

dicare Internet in ogni millimetro della no-

stra vita. Oltre alle lenti a contatto che

Il robot è l’incarnazione dell’Internet Il robot è l’incarnazione dell’Internet of Things, solo che ha braccia, of Things, solo che ha braccia,

gambe o ruote.gambe o ruote.

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— Sfera privata —

Bulletin 2 / 2017 — 37

elettroencefalogramma (EEG) appositi

elettrodi misurano le correnti elettriche

del cervello e sono in grado di interpretar-

le come comandi. Con questo metodo già

oggi si può intervenire sugli oggetti colle-

gati in rete: per esempio guidare un drone,

aprire una porta o spostare oggetti su un

monitor. I ricercatori stanno già speri-

mentando tecniche per leggere i pensieri e

le intenzioni delle persone partendo dagli

impulsi.

Presto questi telecomandi fanta-

scientifi ci per il mondo dell’IoT divente-

ranno la norma, sostiene la fondatrice di

Emotiv Tan Le. «Tra 50 anni i comandi dei

dispositivi non esisteranno più o saranno

integrati nel nostro corpo. Allora potremo

controllare il mondo intorno a noi con la

forza del pensiero o dei sentimenti. Le case

si sintonizzeranno con noi mentre rientria-

mo. In classe, gli insegnanti sapranno quale

studente ha capito cosa».

L’attività core di Emotiv consiste nel-

la connessione e nel rilevamento IT delle

persone, ma anche Tan Le mette in guardia

dalle conseguenze impreviste di un’ecces-

siva dipendenza dalla rete: «Dubito che

permetterei a un computer di accedere a

tutti i miei pensieri e sentimenti», aff erma.

E dopo una breve pausa aggiunge: «L’uomo

dovrebbe sempre avere un interruttore di

spegnimento».

misurano il valore glicemico di chi le in-

dossa o agli occhiali smart di Snapchat in

grado di registrare video di dieci secondi da

condividere con gli amici, alcuni pionieri si

stanno già cimentando con gli impianti

elettronici. Per esempio l’azienda londinese

Cyborg Nest vende una bussola elettronica

chiamata North Sense, che si impianta nel

torace e vibra ogni volta che ci si rivolge

verso nord. Finora, secondo i dati dell’a-

zienda, circa 1000 persone hanno ordinato

il sensore.

CCon un po’ di allenamento, una cuffi a dell’a-

zienda Emotiv di San Francisco consente

di controllare gli oggetti e il software con

la sola forza del pensiero. Come in un

Steffan Heuer è giornalista esperto di tecnologia

e corrispondente dagli Stati Uniti della rivista

economica «brand eins». Vive a San Francisco.

Tecnologia integrata nel corpo: nel mondo

dell’IoT del futuro, gli insegnanti sapranno

quali studenti hanno capito cosa.

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— Sfera privata —

38 — Bulletin 2 / 2017

Siamo un po’ delusi che un convinto difensore

della sfera privata come lei abbia fatto

marcia indietro: WhatsApp fornisce alcuni

dati degli utenti alla casa madre Facebook,

tra cui il numero di cellulare.

A mia difesa: quando sono state modi-

fi cate le condizioni generali ho informato

immediatamente la mia community

mostrando loro come cambiare le impo-

stazioni della privacy al fi ne di evitare

che WhatsApp passi determinati dati a

Facebook.

In generale, come mai è così importante

tutelare la sfera privata?

Perché è uno dei pilastri della libertà. È

parte integrante della dignità umana,

ci consente di prendere le nostre decisioni

più personali in modo autonomo. Ecco

perché le elezioni sono eque solo se sono

segrete. Uno Stato libero protegge un

ambito mio personale di cui nessuno deve

interessarsi e che forse nemmeno gli

«La sfera privata non è negoziabile»

È stato Incaricato svizzero della protezione dei dati. Ha vinto

la sua battaglia contro Google. È stato spiato per anni dal

sistema di protezione dello Stato. Hanspeter Th ür sa bene di

cosa parla quando aff erma: «I pensieri non sono più liberi».

Di Daniel Ammann e Simon Brunner (intervista), Cyrill Matter (foto)

Signor Th ür, vorremmo mostrarle una foto:

riconosce questo sportivo in sella a una

bici da corsa?

Sono io. Bella foto, vero? È stata scattata

da un collega lo scorso anno, quando ho

aff rontato in bicicletta il Passo dell’Albula.

Sembra quasi che abbia vinto una corsa.

L’abbiamo scaricata dal suo account di

WhatsApp. Un anno fa diceva di

non utilizzare questo servizio di chat

per principio. Cos’è successo?

È un esempio della forza della realtà.

La mia famiglia è sparsa tra Sudafrica,

Australia, California e Svizzera, così

uno dei miei nipoti ha suggerito di creare

una chat di gruppo per essere sempre

in contatto. È molto pratica. Le principali

domande che dobbiamo porci dinanzi

a molti di questi servizi sono: quali sono i

vantaggi? A quanto della mia sfera priva-

ta devo rinunciare? Nel caso di

WhatsApp ho ceduto per motivi familiari.

Hanspeter Thür, 68 anni, dal

2001 al 2015 è stato Incaricato

federale della protezione dei

dati e della trasparenza e, in pre-

cedenza, per dodici anni

consigliere nazionale per i Verdi.

Thür è salito alla ribalta inter-

nazionale quando ha portato

Google fino al Tribunale federale

dove ha vinto la propria bat-

taglia affinché i volti e le targhe

automobilistiche ripresi dal

servizio online Street View non

fossero riconoscibili. Thür lavora

come avvocato nel suo studio

legale e in autunno si candiderà

al Consiglio comunale di Aarau

(AG). È sposato, ha una figlia

già adulta e due nipoti.

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Bulletin 2 / 2017 — 39

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— Sfera privata —

40 — Bulletin 2 / 2017

amici più stretti conoscono. Una struttura

statale che non può o non vuole garan-

tire questa tutela ha quanto meno tratti

autoritari. La protezione della sfera pri-

vata è uno dei principi non negoziabili di

uno Stato democratico e liberale.

Quali aspetti della sfera privata sono

maggiormente in pericolo?

La rivoluzione tecnologica ha in sé un

incredibile potenziale in termini di

raccolta, analisi e utilizzo di dati perso-

nali. Pensate, ogni anno la quantità

di dati personali registrati in formato

digitale raddoppia. Dieci anni fa ero

ancora convinto che una simile montagna

di dati non potesse essere elaborata,

tanto meno utilizzata. Mi sbagliavo. Oggi

trovare l’ago nel pagliaio è letteralmente

possibile.

Per la prima volta nella storia dell’umanità

è possibile guardare nelle nostre teste.

Con le nostre abitudini di consumo e navi-

gazione in Internet, i «Mi piace» e i

tweet mettiamo a nudo non solo le nostre

consuetudini ma anche i nostri senti-

menti e pensieri che vengono raccolti,

analizzati e interpretati. Interi modelli

di business si basano su questo processo,

dai social network ai programmi di

fi delizzazione della clientela. I dati rive-

lano un profi lo della personalità che

descrive nel dettaglio le preferenze, i

pensieri, l’orientamento politico, le

abitudini quotidiane e magari addirittura

aspetti relativi alla salute.

Di cosa dobbiamo avere timore?

Nell’era digitale nessun dato è innocuo.

È un aspetto a cui prestiamo troppa poca

Cediamo i nostri dati volontariamente e

in cambio riceviamo qualcosa. Cosa c’è

di così grave? Dopotutto siamo cittadini

maggiorenni.

Finché si vive in una democrazia funzio-

nante potrebbero non esserci conseguenze.

Ma un ordinamento democratico non

è scolpito nella pietra, nemmeno quello

svizzero, e al momento vediamo segnali

che provano come non ci stiamo muoven-

do in una direzione liberale e democra-

tica bensì autoritaria, in Occidente come

in Oriente.

Non sarà troppo allarmista?

Una meravigliosa canzone popolare tedesca

dice: «I pensieri sono liberi». Oggi

dovremmo dire: i pensieri non sono più

liberi, e quando i pensieri non sono liberi

a rimetterci è l’essenza dello Stato liberale.

«Chi vuole eliminare

i contanti vuole

il controllo totale sul

cittadino.»

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— Sfera privata —

Bulletin 2 / 2017 — 41

attenzione. Le assicurazioni sulla vita

americane stanno già studiando come de-

sumere informazioni su stile e aspettati-

va di vita dei clienti dai loro profi li online

e respingono le persone che non sono

presenti sui social network perché non è

possibile stabilirne il profi lo di rischio.

Ed è anche stato reso noto che all’arrivo

negli USA è necessario rivelare quanto

prima contatti del cellulare e password dei

social network. E siamo solo all’inizio.

Facebook esiste solo dal 2004, Twitter dal

2006 e Instagram dal 2010.

Il ritornello standard è: chi non ha nulla da

nascondere non ha nulla da temere.

E io ogni volta ribatto: vuoi che tutto ciò

che accade nel tuo privato diventi di

pubblico dominio? La frase implica che

chi vuole tenere il privato per sé è per-

ché fa qualcosa di vietato o disdicevole.

Se la pensiamo così, allora nulla è più

privato. Trovo inaudito che oggi ci si debba

difendere se non vogliamo condividere

degli aspetti della nostra vita con tutti.

Questo è esattamente ciò che mi infasti-

disce maggiormente dei social media:

le impostazioni standard sono studiate in

modo che del mio profi lo di privato ci

sia molto poco. Ma dovrebbe essere esatta-

mente il contrario e ci dovrebbero essere

dei vincoli di legge in tal senso per gli

operatori.

È necessario difendere le persone da se stesse?

No, ma le si deve mettere nella posizione

di far valere i propri diritti. Per la maggior

parte delle persone è diffi cile tenere il

passo con l’evoluzione tecnologica, ecco

perché è necessario un migliore quadro

giuridico. Il problema naturalmente è che

da singoli è improbabile mettersi contro lo

Stato o aziende come Facebook e Google.

Dev’esserci un’autorità, come l’Incaricato

della protezione dei dati, che rappresenti

le persone e lotti per questi interessi,

come ho fatto io con Google Street View.

In veste di politico di sinistra, negli anni

Settanta e Ottanta era sotto la sorveglianza

del sistema di protezione dello Stato elvetico.

Com’è stato?

Ero su una lista nera. C’erano persone in-

caricate di controllarmi personalmente.

Un pensiero da incubo. Non voglio banaliz-

zare, ma ciò che allora queste persone

scoprirono sul mio conto sono sciocchezze

rispetto alle informazioni oggi disponibili

sui social media.

Dopo ogni attacco terroristico si fanno più

insistenti le voci di chi pensa che le persone

potenzialmente pericolose andrebbero

monitorate maggiormente.

Capisco che in tempi di incertezza ci si

chieda se si può fare di più e natural-

mente è necessario che polizia e servizi

segreti facciano il loro lavoro di sorve-

glianza. Tuttavia non dobbiamo illuderci

che svolgere molte attività di intercetta-

zione, pedinamento e spionaggio sia la

chiave per avere il problema sotto control-

lo. Nemmeno con una sorveglianza conti-

nua si può impedire a qualcuno di lanciarsi

su una folla con la propria auto come

accaduto a Stoccolma, Londra o Berlino.

Come è possibile trovare un equilibrio tra

sicurezza e libertà?

L’equilibrio lo dobbiamo negoziare noi

di volta in volta come società. In uno Stato

funzionante ci si può accordare su un

equilibrio da aggiustare eventualmente con

il tempo, deve essere un processo. Per

me tuttavia ci sono determinati principi

dello Stato di diritto che non possono

essere sacrifi cati in nome di un’ossessione

per la sicurezza.

Lei dove colloca il limite?

Con Big Data Analytics già oggi è pos-

sibile determinare, in base al profi lo della

personalità, le probabilità che una certa

persona sviluppi comportamenti criminali.

Cosa facciamo se l’algoritmo dà una

probabilità dell’80 o persino del 90 per

cento? Il mio limite è questo: non

dev’essere permesso arrestare una persona

in assenza di un sospetto fondato o

metterla in galera a tempo quasi indeter-

minato in mancanza della sentenza di

un tribunale.

Un’ultima cosa: vorremmo che

lei commentasse alcune parole chiave.

Prego.

Contanti.

Senza contanti non c’è sfera privata. Chi

vuole eliminare i contanti, e sono sempre

più numerosi i governi che vanno in

questa direzione, vuole il controllo totale

sul cittadino. Lo Stato vuole sapere nel

dettaglio per cosa spendo il mio denaro.

Molte persone non si rendono conto di

questo legame: l’abbandono del denaro

contante ha molto a che fare con la

rinuncia alle libertà. Il cittadino maggio-

renne deve essere libero di investire i

propri soldi come gli aggrada, di spenderli

come e per chi meglio crede, senza che

ci sia un controllo da parte dello Stato.

Segreto bancario.

Ne sono da sempre uno strenuo difensore.

Come io sia organizzato dal punto di

vista fi nanziario è parte integrante della

mia sfera privata. Nessuno deve sapere

quali sono i miei mezzi e come li impiego.

Ma chi abusa del segreto bancario, ad

esempio per sottrarsi alle imposte, perde

questa tutela. Alcune banche hanno pur-

troppo trasformato il segreto bancario in

un segreto per coprire l’evasione fi scale,

ne hanno fatto un modello di business.

La libertà non può essere sfruttata per

nascondere un reato.

Scambio automatico di informazioni.

Posso accettarlo fi no a un certo punto,

ovvero fi ntanto che i principi dello Stato

di diritto sono garantiti. Inizio però

a storcere il naso quando sono coinvolti

Stati non democratici. Non trovo ad

esempio accettabile uno scambio automa-

tico di informazioni con la Russia.

Abbiamo già perso la battaglia per la

tutela della nostra sfera privata?

No, ma ci troviamo in una fase critica.

In fi n dei conti anche l’indiff erenza

delle persone costituisce un pericolo.

Se vogliamo salvaguardare la nostra

privacy non possiamo sottrarci al senso

di responsabilità. Come cittadini dob-

biamo essere più allerta, meglio informati

e anche sviluppare un senso critico.

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42 — Bulletin 2 / 2017

Cacciatori in crisiIl modello di business dei paparazzi vacilla. Oggi le celebrità

pubblicano le foto spontaneamente. Da Los Angeles, uno dei più rinomati

rappresentanti del settore sogna i bei tempi passati.

Di Beatrice Schlag

Quasi dieci anni fa, il paparazzo Rick Mendoza fi nì per un paio di

giorni alla ribalta della cronaca mondana perché a Beverly Hills la

popstar Britney Spears gli aveva schiacciato il piede con l’auto. La

foto di Mendoza riverso a terra con la fotocamera in mano e di

una spaventata Britney Spears al volante della sua auto fece il giro

del mondo.

Rick Mendoza, da 14 anni fotografo delle star nonché uno

tra i più abili paparazzi di Hollywood, ne parla malvolentieri.

«Eravamo un gruppo di fotografi , aspettavamo Britney davanti a

uno studio medico. Lei uscì, si sedette al volante. Io mi trovavo

proprio a fi anco dell’auto. Un’automobilista aveva bloccato l’uscita

del parcheggio. Britney provò a svoltare. Così facendo, passò sul

mio piede». Ma in realtà, aff erma Mendoza, la storia dell’infortu-

nio non la racconta giusta su lui e Britney.

La storia vera è meglio. Chi legge anche saltuariamente le

pagine mondane ricorderà che nel 2007, dopo la separazione dal

marito Kevin Federline, Britney Spears faceva cose strane: ammac-

cava con l’ombrello le auto dei paparazzi, a tarda sera si rasava i

capelli a zero in un ignoto salone di parrucchiere e guidava il SUV

attraverso la città con il fi glio sulle ginocchia. Un esaurimento ner-

voso, sospettavano i media. «Molti pensano che Britney non sia

molto a posto», aff erma Mendoza, «ma lei è abilissima nel gestire

la sua immagine. All’epoca era in rotta con Federline per i soldi e

la custodia dei fi gli, non aveva un nuovo album in arrivo, né una

tournée in programma. In un momento così è facile fi nire nel

dimenticatoio».

Britney Spears incaricò un gruppo di paparazzi, tra cui Men-

doza, di inseguirla 24 ore su 24 e di rivelare le novità ai media.

«Abbiamo mantenuto accesi i rifl ettori fi no alla risoluzione dei

problemi con i fi gli e le fi nanze. Federline sapeva che era tutta una

montatura. Ma taceva. C’erano di mezzo i soldi.

So bene come funziona il sistema. Sono uno degli ingranag-

gi della macchina scandalistica hollywoodiana. L’album successivo

di Britney, ‹Circus›, fu un enorme successo».

In seguito all’incidente che provocò la morte della principessa

Diana e del magnate Dodi Al-Fayed a Parigi, lo sdegno dell’opi-

nione pubblica nei confronti dei paparazzi toccò l’apice. Nell’onda-

ta di indignazione che seguì la fi ne di Diana, vittima dei paparazzi,

a nessuno venne in mente che anche la principessa era stata

un’abile manipolatrice dei media, pronta a off rirsi agli obiettivi dei

fotografi quando più le conveniva. L’autore delle immagini che

ritraevano Diana due giorni prima della morte, tranquilla e ab-

bronzata insieme a Dodi sullo yacht di lui, era stato reclutato dalla

principessa. Nelle vesti di amante di un ricco musulmano, voleva

dare uno schiaff o alla casa reale.

«Noi siamo i perfetti capri espiatori»: Rick Mendoza

lavora da 14 anni come fotografo delle celebrità.

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— Sfera privata —

Bulletin 2 / 2017 — 43

Nuova acconciatura, nuovo colore di capelli, nuovo tatuaggio? È la novità che paga. Nella foto: paparazzi davanti a un night club di Los Angeles.

Per i profani del gossip: al di fuori del porto, le celebrità vengono

fotografate solo con il loro consenso. I mezzi dei paparazzi e delle

loro agenzie non bastano per noleggiare imbarcazioni con cui in-

seguire le star in mare aperto, considerando che potrebbero non

mostrarsi in coperta per giorni.

Talvolta la simbiosi tra star e paparazzi è sorprendentemente

palese. Nel 2005 tutto il mondo mediatico rideva delle foto che

mostravano per la prima volta insieme Angelina Jolie, il fi glio

adottivo Maddox e Brad Pitt dopo la sua separazione da Jennifer

Aniston, scattate durante una passeggiata sulla Diani Beach in

Kenya. Nessun paparazzo si apposta casualmente su una spiaggia

africana. Erano immagini commissionate. Dopo gli anni turbolen-

ti a fi anco di Billy Bob Th ornton, Angelina Jolie aveva urgente-

mente bisogno di off rire al pubblico un’immagine di sé più seria,

come madre adottiva e impegnata benefattrice.

È la novità che paga

Non tutti, ma molti degli scatti dei paparazzi si basano su simili

accordi (in gergo: «assignments»): le informazioni sul luogo in cui

comparirà in pubblico il vip provengono dal suo stesso contesto.

Quando Victoria Beckham viveva ancora a Los Angeles, alcune

agenzie fotografi che venivano informate quasi quotidianamente

via fax sui suoi spostamenti.

Ancora più redditizi sono i cosiddetti «specialties»: incarichi

mirati delle agenzie di PR, che sperano di riportare in auge i loro

clienti pressoché dimenticati con immagini che sembrano istanta-

nee. Spesso questi committenti abitano al di fuori della «thirty-

mile zone»: la riserva di caccia dei paparazzi di Los Angeles si esten-

de per un raggio di 30 miglia intorno alla sede del portale di gossip

TMZ.com nella zona ovest di Hollywood. Comprende tutti i

grandi studi e i quartieri di lusso come Beverly Hills, Malibu e

Los Feliz, dove vive la maggior parte delle celebrità.

In mancanza di «assignments» o «specialties», si pratica il

«door stepping». I fotografi si appostano dalle sei del mattino

davanti alle ville di personaggi come Kim Kardashian, l’icona del

gossip hollywoodiano più gettonata del momento, e attendono

fi no a quando escono di casa. Oppure si piazzano davanti alle pa-

lestre e ai centri di yoga frequentati dalle star dei reality. I paparazzi

conoscono i luoghi a menadito, scattano qualche foto, poi seguono

i personaggi nella speranza che si fermino da Starbucks o in

Foto: Rick Mendoza; Jessica Dimmock / VII / Redux / Laif

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— Sfera privata —

44 — Bulletin 2 / 2017

Beatrice Schlag è giornalista freelance

a Zurigo e Los Angeles.

una boutique di lusso, dove realizzare scatti più interessanti.

L’adrenalina è alta, sostiene Rick Mendoza, perché ogni dettaglio

è importante: abbigliamento, occhiali da sole, borsa, scarpe – tutto

materiale per le pagine di moda. Nuova acconciatura, nuovo colore

di capelli, nuovo tatuaggio? È la novità che paga.

Mendoza si rende conto del motivo per cui le celebrità dete-

stano quelli come lui? «Non gli creda quando si arrabbiano con

noi», aff erma senza scomporsi. «Le star non possono lamentarsi dei

fan importuni, né dei cacciatori di autografi o delle foto rubate con

lo smartphone. Ma noi siamo i perfetti capri espiatori. Chi vuole

davvero liberarsi di noi, non deve far altro che trasferirsi in un’altra

città. Ma se i fotografi se ne stanno alla larga, la carriera va a picco».

Mendoza riconosce alle star il diritto alla privacy, «ma solo fra le

quattro mura di casa loro. Queste persone hanno scelto una carrie-

ra che li rende personaggi pubblici non appena escono di casa.

È stata una loro decisione».

Fino a due anni fa, Rick Mendoza non accettava «assign-

ments», «specialties» o il «door stepping»; solo raramente il

«LAX», ovvero l’appostamento all’aeroporto di Los Angeles. Pra-

ticava solo la disciplina regina dei paparazzi: la foto o il video

esclusivi, che solo lui aveva e poteva vendere a prezzi esorbitanti.

Come la foto di Zsa Zsa Gabor in ambulanza. Fu l’ultima foto

pubblicata prima della sua morte e gli fruttò 65 000 dollari, «non

negli Stati Uniti, ma in Ungheria, Austria e Germania, dove era

ancora famosa. Da tempo il nostro mercato non si limita più solo

agli Stati Uniti». Ed è in piena espansione. La domanda di indi-

screzioni sulle celebrità aumenta costantemente su Internet, sulla

stampa e in televisione.

Eppure i tempi sono molto più duri per i paparazzi di

Hollywood. Non solo perché oggi chiunque può tirar fuori un

cellulare se si imbatte in una star. Quindi in teoria sono milioni i

«waparazzi», così chiamati per via del Wireless application proto-

col (WAP) che supporta l’accesso a Internet degli smartphone.

Nel frattempo sono sorte anche apposite agenzie dove i profani

possono mettere in vendita i loro scatti. Ma diffi cilmente un non

professionista che avvisti Jennifer Aniston sulla Sunset Plaza ha

in memoria il loro numero.

Il problema di Mendoza non sono nemmeno i «waparazzi».

È convinto che nessun profano possa competere con la velocità

con cui i professionisti caricano le foto sul computer, le corredano

di un testo e le inviano alle agenzie. Mezz’ora circa dopo che

Mendoza ha scattato la foto, la sua agenzia la invia in tutto il

mondo in un’e-mail di massa con titoli come «Nuova foto di XY

senza fede al dito!».

La concorrenza si chiama Twitter, Instagram o Snapchat

Più che dai fotografi amatoriali, la concorrenza proviene dalle star

stesse che, per curare la loro immagine, gestiscono sempre più in

prima persona la loro presenza fotografi ca sui social media. Ancora

prima che le foto di qualche celebrità femminile con la pancia ar-

rotondata alimentino le voci di una cicogna in volo, molte donne

famose annunciano la loro gravidanza con un selfi e su Twitter,

Instagram o Snapchat. Altre immortalano il nuovo anello di fi dan-

zamento prima ancora di sfoggiarlo in pubblico.

Ma il motivo principale per cui oggi i paparazzi di L.A. inta-

scano poco più di un reddito medio è la crisi economica iniziata

nel 2008. Le tirature delle riviste di gossip come «People», «Us

Weekly», «In Touch» e «OK!», la cui concorrenza fi nora aveva tenuto

alti i compensi per le foto dei paparazzi, hanno fatto registrare un

crollo, i prezzi delle inserzioni sono scesi. Al loro posto sono sorti

su Internet innumerevoli portali di gossip e celebrity blog gratuiti,

che nel migliore dei casi pagano compensi a due cifre per le foto.

Tramonta l’epoca degli eccessi

Le agenzie si sono accorpate o sono sparite, arrivando a off rire le

foto che alimentano il gossip in abbonamento mensile. Nel 2013

la California ha inasprito le leggi anti-paparazzi per tutelare me-

glio i fi gli dei personaggi famosi. Le sanzioni pecuniarie per i fo-

tografi che si avvicinano ai rampolli dei vip tanto da provocare il

loro «turbamento» sono severissime. Nessuno sa esattamente cosa

si intenda per turbamento in questo contesto. È suffi ciente chia-

mare un bambino per nome?

E poi, continua Rick Mendoza, c’è un altro problema, tanto

imprevedibile quanto la crisi fi nanziaria: la «thirty-mile zone»

sembra aver perso la voglia di trasgredire. Fino a qualche anno fa,

a L.A. si aggiravano circa 500 paparazzi. Oggi, secondo i suoi cal-

coli, non superano i cento. I suoi anni d’oro, aff erma Mendoza,

sono stati quelli delle giovani star fuori controllo: Britney, Lindsay,

Paris… sempre fuori casa, sempre in vena di far festa, spesso non

del tutto lucide e con il make-up sfatto. Andavano a ruba.

Oggi le star festeggiano nelle loro ville. E in pubblico si

comportano a modo. Per questo ora Rick accetta anche «assign-

ments» e «specialties» e si apposta davanti alla villa di Kim Karda-

shian nella speranza di intercettarla con il suo bambino in braccio.

Perché le immagini madre-fi glio sono molto ambite. Kim con fi -

glio vale un migliaio di dollari. Se bacia il piccolo, naturalmente di

sua spontanea volontà e senza alcuna forzatura, se ne potrebbero

ricavare anche diecimila.

«Chi vuole davvero liberarsi

di noi, non deve far altro

che trasferirsi in un’altra città.»

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— Sfera privata —

Bulletin 2 / 2017 — 45

(NON) SI DEVE SAPERE

COSA RIVELA UN «MI PIACE»

Facebook ci conosce meglio

di familiari e amici. Secondo

i ricercatori dell’Università

britannica di Cambridge,

un buon algoritmo è in grado

di interpretare la nostra

personalità sulla base dei

«Mi piace» su Facebook.

Già con dieci «Mi piace»

analizzati il computer conosce

l’utente meglio dei colleghi,

con 70 meglio degli amici, con

150 meglio di genitori e

fratelli, e con 300 «Mi piace»

meglio di un partner.

Queste cifre e fatti sul lavoro non servono a molto, ma vi

daranno una mano quando, durante la prossima cena

(privata), vi troverete a parlare del mondo online e offl ine.

Di Mathias Plüss e Matt Blease (illustrazioni)

IL BOOM DEL PRIVATOA partire dal 1900 l’utilizzo del termine inglese

«privacy» è più che sestuplicato.

La scala a destra indica la frequenza

della parola «privacy» nei libri in lingua

inglese rispetto a tutte le altre parole.

Fonte: Google Ngram Viewer

Il 30 per cento delle

persone non si è mai

preoccupato di proteggere

i propri dati. LINGUA IN

CODICEROMANCIO

La lingua Navajo è così

complessa che durante

la Seconda guerra mondiale

le forze armate americane

impiegarono gli indiani

Navajo come radiotelegrafi sti.

A diff erenza dei normali

linguaggi criptati, questo

«codice» non fu mai decifrato.

Anche in Svizzera esiste

una lingua segreta: durante

la guerra fredda, Berna

avrebbe occasionalmente

comunicato in romancio con

la sua ambasciata di Mosca.

1

1800 20000%

0,002%

0,001%

1900

KAYLA ITSINES (26 ANNI, AU)Inizialmente l’istruttrice di fi tness lavorava con signore piuttosto in

là con gli anni; la sua famosa BBG («Bikini body guide») si rivolge a donne «normali» che hanno poco

tempo. Le molte foto «prima/dopo» dicono: anche tu puoi farcela!

6,7 mio. 11,5 mio. 18,2 mio.

Già nel 1946 l’FBI era

in possesso di circa cento

milioni di cartoncini

con le impronte digitali.

Già nel 1946 l’FBI

in possesso dimili

Foto: Ken McKay / ITV / REX / Shutterstock / Dukas

Spesso le star di Internet riesconoa raggiungere un pubblico più

vasto rispetto ai media tradizionali. Collezionano clic mettendo inmostra vita privata e hobby, e

guadagnando una fortuna.

022_304_Bulletin_02_17_Teil2_IT_26-47 45 26.05.17 10:53

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— Sfera privata —

46 — Bulletin 2 / 2017

Fonti: Hasso-Plattner-Institut, Università di Potsdam, Le password più usate del 2016, Keeper Security

L’AUTO CHE SI APRE DA SOLA

Le auto con sistema keyless,

che si aprono automatica-

mente via radio non appena il

proprietario vi si avvicina,

fi nora presentano un grave

svantaggio: sono relativamente

facili da hackerare. Mentre

il proprietario si allontana

dall’auto, il ladro gli si avvicina.

Se riesce a potenziare a

suffi cienza i segnali costanti

emessi dalla chiave, può

aprire l’auto anche a distanza.

L’attrezzatura necessaria

è reperibile su Internet per

35 000 euro.

FINE DELLE TRASMIS-

SIONIUna delle vie d’accesso

preferite per spiare gli altri è

la webcam: chi si intrufola

nella telecamera di un portatile

o di un PC può comodamente

osservarne il proprietario.

Il miglior modo di proteggersi

è tanto semplice quanto effi cace:

mettere un post-it sull’obiet-

tivo della webcam. Persino il

presidente di Facebook

Mark Zuckerberg e il direttore

dell’FBI James Comey

ricorrono a questo metodo

«vecchia scuola». Tuttavia

sarebbe ancora più importante

aggiornare regolarmente il

sistema operativo e i programmi

antivirus per avere sempre

la massima sicurezza.

LE PASSWORD PIU’ USATE DEL 2016Un’analisi di oltre 10 milioni di password trapelate in seguito a fughe di dati ha dimostrato che:

un utente su due si affi da a una delle 25 password più comuni, e quasi uno su sei sceglie la prima

della classifi ca: 123456.

Germania:1. .......... 1234562. .......... 1234567893. .......... 123454. .......... hallo5. .......... 12346. .......... passwort7. .......... 123456788. .......... hallo1239. .......... schalke0410. ......... 1234567

Svizzera:1. .......... 1234562. .......... 123453. .......... 1234567894. .......... 123456785. .......... 12346. .......... 2121217. .......... soleil8. .......... 1111119. .......... hallo10. ......... juventus

Nel mondo:1. .......... 1234562. .......... 1234567893. .......... qwerty4. .......... 123456785. .......... 1111116. .......... 12345678907. .......... 12345678. .......... password9. .......... 12312310. ......... 987654321

In media, ogni abitante del

Regno Unito viene ripreso ogni

giorno da circa 70 telecamere.

A PROVA DI HACKER:

CARTAPer andare davvero sul sicuro,

la soluzione è passare all’analo-

gico. I servizi segreti russi ar-

chiviano alcuni documenti deli-

cati non più in formato digitale,

ma solo cartaceo, redatti a mano

o con macchine da scrivere.

2

LACI GREEN (28 ANNI, USA)Da oltre dieci anni la fi glia di una

mormona e di un iraniano chiacchiera di educazione

sessuale su YouTube. Laci, che si considera «pansessuale» ed

è dottoranda in Public Health Management, vuole che il

sesso smetta di essere un tabù. 141 mio.

Le

ch

è reperibile su Internet per

35 000 euro.

1 2 43 5 65

Foto: Simon Hadley / Alamy Stock Photo; Mike Windle / Getty Images for Dick Clark Productions

A RISCHIO HACKER:

SKATEBOARDGli oggetti hackerabili sono:

babyphone, armi telecoman-

date, serrature elettroniche,

satelliti, impianti di riscalda-

mento, sistemi di controllo

aereo, semafori, reti elettriche,

defi brillatori, telecomandi,

fotocamere digitali, scanner,

centrali nucleari, droni, porte

di sicurezza, aerei da combat-

timento, skateboard elettrici.

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— Sfera privata —

Bulletin 2 / 2017 — 47

QUIZ

1 Quale tra questi strumenti

di spionaggio storici è realmente

esistito?

a — Sistemi di intercettazione

formati da vasi di argilla

collegati da fi li (romani)

b — Piccioni con telecamera

(Prima guerra mondiale)

c — Mini sommergibili nei condotti

di scarico (Seconda guerra

mondiale)

d — Ratti con microfoni

(guerra fredda)

2 Quale delle seguenti password

non è per niente sicura?

a — afmr/_-mhq

b — ,-.nswrgol

c — xcvbnm,.

d — gs-lb/sy,k

3 Quale di questi oggetti è da

poco considerato ufficialmente

un «sistema di intercettazione

occulto» in Germania e deve

pertanto essere distrutto da chi lo

possiede?

a — La bambola parlante britannica

Cayla

b — Il robot-infermiere giapponese

Robear

c — Il babyphone americano

Motorola Babycontrol MBP35

d — La luce stroboscopica cinese

Spriak SP-LI-86l

4 Quanti punti del modello di

movimento di un individuo è

necessario conoscere per poterlo

identifi care tra un milione e

mezzo di persone?

a — 4

b — 40

c — 400

d — 4000

5 Quale noto personaggio

statunitense è stato

vittima di un attacco hacker

al suo pacemaker?

a — L’investitore George Soros

b — L’ex presidente George

H. W. Bush

c — L’ ex vicepresidente

Dick Cheney

d — Il vicepresidente William

Walden di «Homeland»

6 Quante schede relative a

persone e organizzazioni

ha creato lo Stato svizzero

fi no al 1990?

a — 9000

b — 90 000

c — 900 000

d — 9 000 000

7 In che modo è possibile

evitare che la chiave della propria

auto (si veda a sinistra)

subisca un attacco hacker?

a — Parcheggiare in un garage

sotterraneo

b — Avvolgere la chiave

nell’alluminio

c — Lasciare il bagagliaio

socchiuso

d — Mettere la chiave in frigo

Soluzioni: 1b / 2c (corrisponde alla seconda fila di tasti dal basso) /

3a / 4a / 5d / 6c / 7b e d (alluminio e frigo proteggono il segnale emesso

dalla chiave)SE LA

STAMPANTE CANTA

L’hackeraggio può essere anche

acustico. Oggi è possibile

1) ricostruire il testo stampato

sulla base dei suoni emessi

dalla stampante, 2) capire cosa

qualcuno sta scrivendo

sulla base del rumore dei tasti,

3) ricavare dati sensibili e

password dai rumori dell’hard

disk.

Sette domande per valutare i vostri sistemi di sicurezza.

3

4

5

ELISE ANDREW (28 ANNI, UK)La pagina Facebook «I fucking

love science» è seguita dal doppio degli utenti di quella del

«New York Times». Elise Andrew vuole rendere la scienza

accessibile a tutti. Uno degli ultimi post tratta di una specie di

gambero in grado di produrre un suono fortissimo, il cui nome

è un tributo ai Pink Floyd. 26 Mio.

LILLY «SUPERWOMAN» SINGH (28 ANNI, CAN)

YouTube ha dato vita a un intero esercito di attori comici.

Una delle più brillanti è Singh, che lo scorso anno ha

guadagnato 7,5 milioni di dollari con i suoi video.

1837 Mio.

RUBÉN DOBLAS GUNDERSEN (27 ANNI, ES)

Con lo pseudonimo El Rubius, lo spagnolo recensisce gli ultimi videogiochi sul suo canale

YouTube. Tre anni fa la star di Internet ha scritto un libro di quiz

(«El libro Troll»), arrivato in vetta alle classifi che dei libri più

venduti in Spagna. 5236 mio.

q

sulla base del rumore dei tasti,

3) ricavare dati sensibili e

password dai rumori dell’hard

disk.

EN

lo mi

di uiz

più

Foto: Carlos Alvarez / Getty Images; Shotwell / REX / Shutterstock / Dukas; Henry S. Dziekan III / WireImage / Getty Images

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— Sfera privata —

48 — Bulletin 2 / 2017

Simon

Sanno quello che fanno

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Bulletin 2 / 2017 — 49Bulletin 2 / 2017 — 49

I giovani e i mezzi di comunicazione digitali sono un fenomeno che

disorienta i genitori e tiene occupate schiere di esperti (adulti). Ma i

giovani sanno perfettamente come tutelare la loro sfera privata.

Sono gli adulti che hanno molto da imparare.

Di Iris Kuhn-Spogat (testo) e Anne Morgenstern (foto)

— Sfera privata —

Cyrill

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Sina

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— Sfera privata —

Bulletin 2 / 2017 — 51

Cyrill, 18 anni,

apprendista

«Condivido la mia vita

privata solo con

pochi contatti diretti.

Raramente carico

foto private, fotografo

solo ciò che vedo e

trovo interessante. Co-

nosco bene i confl itti

con i genitori a causa del

cellulare. Secondo loro

soff oca le idee e mi im-

pedisce di fare altro.

In un certo senso è vero.

Al momento non pos-

sono lamentarsi, sono

spesso in offi cina a

provare le macchine. Ho

in lavorazione diverse

lame e un appendiabiti.»

Sina, 17 anni, liceale

«Anche mio padre è su

Instagram. Io non lo

seguo e nemmeno lui

segue me. Era ovvio,

non c’è stato bisogno di

parlarne e lo apprezzo.

Tutti i miei account sono

protetti, decido io chi

aggiungere e chi no. Non

accetto sconosciuti

come follower e seguo

solo contatti che co-

nosco di persona. Così

difendo la mia sfera

privata anche online.

A volte però non è facile

scovare le impostazioni

per la tutela della

privacy.»

Simon, 17 anni, apprendista

«Io ho diverse sfere

private. La mia personale

e quella famigliare, di

cui nulla va online. Con

i colleghi sono attivo

soprattutto su WhatsApp,

Instagram e Snapchat,

ma anche lì non condivi-

do molto. Direi che

della mia vita pubblico

al massimo il cinque

per cento. Su Snapchat

qualche foto che non

caricherei mai su Insta-

gram e che poi per

fortuna sparisce. Su Insta

mi sono creato un’im-

magine senza rivelare

molto di me. Si può

vedere che so fare il salto

mortale all’indietro da

terra. Non molto altro.»

a domanda «Cosa intende per sfera privata

e come la protegge?» lascia subito affi orare

una controdomanda: «Offl ine od online?».

Un venerdì pomeriggio alla scuola canto-

nale di Wettingen. Nell’aula 210 Philippe

Wampfl er insegna la materia integrativa

«Digitale Gesellschaft und ihre Medien»

(La società digitale e i suoi media), in bre-

ve DGM. È stata introdotta nell’estate del

2015 perché, come si legge nella presen-

tazione del corso, «le possibilità della di-

gitalizzazione trasformano radicalmente il

modo in cui comunichiamo». E con l’obiet-

tivo dichiarato di aiutare i giovani a ricono-

scere, rifl ettere, «orientarsi nella realtà del

XXI secolo».

Ma non di rado Wampfl er, rinomato

esperto DGM, ha l’impressione opposta:

sono i suoi studenti ad aprirgli gli occhi.

Come quando voleva discutere con la clas-

se del messaggio di una foto che ritraeva

due ragazze e un ragazzo. «Per me si tratta-

va chiaramente della relazione dell’uomo

con una delle due donne», aff erma l’inse-

gnante. I suoi studenti la vedevano in modo

completamente diverso. Per loro non c’era-

no dubbi: la foto è un messaggio dei tre

per qualcuno di poco gradito. Il messaggio:

«Non è come pensate, non riuscirete a divi-

derci». Wampfl er ammette: «Esistono

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— Sfera privata —

52 — Bulletin 2 / 2017

Il singolo utente

Scuole/altri istituti di formazione

Stato/politica

Provider di servizi basati su Internet

Provider Internet

Aziende

Fornitori di computer/tablet/smartphone

Associazioni/gruppi d'interesse/ONG

Persone come Julian Assange/Edward Snowden

livelli di signifi cato nascosti che io come

adulto non conosco, ma che i giovani cono-

scono molto bene».

I giovani e i mezzi di comunicazione

digitali: un fenomeno che accomuna i gio-

vani, disorienta i genitori, tiene occupate

schiere di esperti adulti e getta nell’incer-

tezza i reparti di marketing delle aziende.

Fanno domande, congetture, valutazioni,

ricerche; redigono studi, dissertazioni, arti-

coli di giornale, blog, presentazioni e guide.

Per ogni tesi esiste uno studio che la conva-

lida. Spesso fanno proprie le ipotesi e i ti-

mori imperanti, i risultati poi portano ac-

qua al mulino degli scettici: è vero che nel

mondo digitale si celano molti pericoli.

Quando sono i mezzi di comunicazione a

dominare i giovani e non viceversa, incom-

bono minacce come mobbing, stress, diffi -

coltà ad addormentarsi, carenza di sonno,

depressione, dipendenza e abuso.

La buona notizia: le conoscenze e i

rapporti di forza si spostano continuamen-

te a favore dei giovani utenti. «Diventano

sempre più bravi a gestire i mezzi di comu-

nicazione digitali», aff erma Gregor Waller,

coresponsabile del gruppo specialistico di

psicologia dei media della ZHAW, che

ogni due anni in collaborazione con Swiss-

com conduce «James», un grande studio

sull’uso dei media e le abitudini nel tempo

libero dei ragazzi tra i 12 e i 19 anni. «E già

oggi se la cavano altrettanto bene o meglio

degli adulti.» Trova così conferma la tesi

delle tre ricercatrici statunitensi Alexis

Hiniker, Sarita Y. Schoenebeck e Julie A.

Kientz della University of Washington e

della University of Michigan, che recente-

mente hanno voluto appurare quali regole

impongano le famiglie riguardo all’uso

della tecnologia e come vi reagiscano i gio-

vani. Quello che hanno scoperto ha dell’in-

credibile. Per esempio, in una domanda

aperta, il 20 per cento dei fi gli lamentava

che i genitori pubblicano le loro foto senza

chiedere. Per la maggioranza dei padri e

delle madri non era un problema. «I gio-

vani sono più sensibili degli adulti in tema

di dati e sfera privata?», chiedono le ricer-

catrici. Sì, lo sono.

La sfera privata è una conquista

Torniamo alla scuola cantonale di Wet-

tingen: «Cosa si intende per sfera privata

offl ine», chiede Wampfl er e riceve risposte

come: «la mia camera», «i miei trucchi», «io

in bagno», «ciò che indosso», «le persone

con cui esco», «come spendo i miei soldi».

La sfera privata analogica è sinonimo di

spazi privati e autodeterminazione. Viene

tutelata con chiare asserzioni come: «nes-

suno può entrare nella mia stanza», «non ti

riguarda» o «lasciami in pace», dando per

scontato che saranno rispettate. E se così

non fosse? Quando una studentessa dice

che questo la fa infuriare, un altro annuisce

facendo il pugno e tutta la classe scoppia a

ridere. È comprensibile: in fondo i giovani

devono conquistare e poi difendere la loro

sfera privata, a nessuno viene regalata.

E nei contesti sociali virtuali? Da

uno studio del Pew Research Center e

della Harvard University emerge che so-

prattutto le giovani donne utilizzano i

dati privati con piena consapevolezza e

senza quell’ingenuità che spesso viene

loro attribuita dagli adulti. I rumorosi di-

ciassettenni della classe di Wampfl er si

dividono in due fazioni: gli uni proteggono

i propri account, li mantengono privati,

Simona, 15 anni,

studentessa

«Una compagna ha

postato foto in cui

appariva nuda, poi sono

state divulgate. Per

lei è stato orrendo: si è

alzato un gran polve-

rone e c’era la polizia in

classe. Ci hanno con-

sigliato di non postare

niente che non pubbli-

cheremmo in una rivista.

Mi sembra una buona

norma. Inoltre i miei

post possono essere visti

solo da una stretta cer-

chia di persone. Su Snap-

chat non ho contatti di

adulti. Innanzi tutto

perché quasi tutto ciò

che pubblico è total-

mente inutile. Secondo,

perché gli adulti ve-

dono certe cose in modo

diverso rispetto ai

coetanei.»

I giovani lo sanno: in rete sono responsabili in prima persona della loro sicurezza

0 in % 100

Ai giovani è stato chiesto: «Quanto ritenete importante il ruolo dei seguenti soggetti per la tutela dell’individuo e dei suoi dati personali?». Risposte «molto» e «abbastanza impor-tante», circa 1000 intervistati tra i 16 e i 25 anni.

Fonte: barometro della gioventù Credit Suisse 2016

88

79

77

71

69

69

65

60

44

022_304_Bulletin_02_17_Teil3_IT_48-74 52 26.05.17 10:54

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Simona022_304_Bulletin_02_17_Teil3_IT_48-74 53 26.05.17 10:54

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Abhash022_304_Bulletin_02_17_Teil3_IT_48-74 54 26.05.17 10:54

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— Sfera privata —

Bulletin 2 / 2017 — 55

può accedere solo chi chiede ed è gradito.

Gli altri pubblicano liberamente, ma solo

foto che chiunque può o deve vedere. Nes-

suno sottovaluta l’importanza della sfera

privata.

Chi è responsabile? Io!

La classe di Wampfl er si attesta quindi so-

pra la media svizzera, il che non sorprende:

è scientifi camente provato che l’istruzione

conti anche nel campo dei social media.

Ma, indipendentemente dal curriculum

scolastico, l’idea che la sfera privata vada

difesa è profondamente radicata nelle

menti dei giovani. Secondo lo studio «Ja-

mes» (giovani, attività, media – rilevamen-

to Svizzera), 940 dei 1000 intervistati tra i

12 e i 19 anni sono registrati su almeno un

social network, di questi tre quarti hanno

attivato le impostazioni di privacy del pro-

fi lo. Il barometro della gioventù Credit

Suisse 2016 conferma l’impressione che i

giovani sappiano bene cosa fanno: l’88 per

cento dei giovani tra i 16 e i 25 anni dichia-

ra di essere responsabile in prima persona

della propria sicurezza in rete (si veda la

fi gura a pag. 52).

«Un notevole passo avanti», aff erma

Waller, «è svanita la leggerezza con cui,

sul fi nire degli anni zero, i teenager sbarca-

vano su Facebook e che tuttora viene spes-

so attribuita ai giovani». Lo stesso vale

anche per l’interesse verso Facebook come

piattaforma di comunicazione. Facebook

è out: «Ho un account, ma non sono atti-

vo», dice uno studente. Un altro: «Vado

su Facebook perché solo lì vengo a sapere

di determinati eventi». I giovani non in-

teragiscono quasi più su questa piatta-

forma, non solo qui alla scuola cantonale

di Wettingen, ma in tutto il mondo: se-

condo Statista, a fi ne gennaio il 52,8 per

cento degli utenti era di età compresa tra i

25 e i 34 anni, ai giovani tra i 13 e i 17 anni

è attribuibile solo il 5,9 per cento dei pro-

fi li Facebook.

Anche secondo il barometro della

gioventù, Facebook non è più in voga, ma

ha trovato una nuova ragion d’essere: il

47 per cento lo usa come «canale di noti-

zie». Il social network ha già superato la

radio (42 per cento) e i quotidiani a paga-

mento (17 per cento).

A segnare il declino di Facebook

sono state le richieste di amicizia inviate

da madri e padrini, aff erma lo psicologo

dell’adolescenza zurighese Allan Guggen-

bühl. Anziché stabilire un contatto, hanno

messo in fuga i giovani.

Snap: troppo complicato per i genitori

Si pensi, per esempio, a Snapchat. Qui gli

scatti possono essere inviati a una selezio-

ne di amici confermati. Rimangono visi-

bili solo per pochi secondi e poi si auto-

distruggono. Questa app, dalle modalità

di utilizzo (in gergo «usability») così in-

consuete, risulta complicata agli occhi degli

adulti e viene scelta come luogo di ritro-

vo virtuale soprattutto dai giovani sotto i

25 anni. Le cifre sono enormi. Fondata a

Los Angeles nel 2011, l’app faceva registra-

re 158 milioni di utenti a fi ne 2016. A cosa

è dovuto questo clamore? «Se c’è una paura

correlata all’utilizzo di Internet, è quella

che le proprie tracce digitali non sparisca-

no», aff erma Michael In Albon, respon-

sabile della tutela mediatica dei giovani

per Swisscom.

Anche in Svizzera, secondo il ba-

rometro della gioventù Credit Suisse, il

52 per cento dei giovani tra i 16 e i 25 anni

utilizza già il servizio di comunicazione,

che a inizio marzo ha debuttato in borsa

ed è stato subito valutato 33 miliardi di

dollari. Anche su Snapchat i post non sono

del tutto sicuri. Possono essere catturati in

screenshot, archiviati o messi in circolazio-

ne. Questo però non è considerato accet-

tabile dalla community: «Fare uno screen-

shot è come abusare della fi ducia», aff erma

Waller, «chi infrange la regola, non riceverà

altri snap».

Le applicazioni come Snapchat pro-

ducono una frattura, nota anche come

confl itto generazionale, tra i giovani adulti

e i loro genitori eternamente giovani, ali-

mentando tensioni. Queste ultime sono

normali, auspicabili e addirittura necessa-

rie «affi nché i giovani trovino la loro iden-

tità», sostiene lo psicologo Allan Guggen-

bühl. E il professionista digitale Philippe

Wampfl er la vede così: «I giovani usano

Internet non perché sono cresciuti come

nativi digitali ma perché, vista la loro età,

è normale che intessano una propria rete

di relazioni».

L’obiettivo è tenere a distanza gli

adulti e lo strumento è lo smartphone,

questa centralina di comunicazione multi-

funzionale; secondo lo studio «James», il

99 per cento dei giovani svizzeri ne pos-

siede uno.

Per i teenager i gadget, così come le

app, non sono in prima istanza tecnologie,

ma parte integrante della loro cultura po-

polare, del presente. E questo è un mondo

di immagini. Le foto sono divenute uno tra

i principali strumenti di comunicazione

Abhash, 17 anni, liceale

«Ovviamente ai miei

genitori interessa cosa

faccio, con chi e dove.

Loro chiedono, io raccon-

to, è una questione di

fi ducia. I social media

non sono un proble-

ma a casa, i miei genitori

possono controllare

in qualsiasi momento.

Perché se ho qualcosa

da nascondere di certo

non lo pubblico on-

line. Per me le piatta-

forme social sono

come un palcoscenico.

Lì mostro un lato di

me che non ha molto a

che fare con la mia

normale vita da studente.

Sono appassionato

di fotografi a e il mio

account è aperto,

così i contatti con gli

stessi interessi pos-

sono vedere le mie foto.»

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— Sfera privata —

56 — Bulletin 2 / 2017

e in questo i giovani assumono il ruolo di

precursori. Le loro aspettative sono alte,

ci mettono molta energia, ma anche pru-

denza. «Essere in piscina in bikini non è

come pubblicare una foto di sé in piscina in

bikini», aff erma una delle studentesse di

Wampfl er. Anche i suoi compagni sono

dello stesso parere. Il gruppo è compatto

anche in merito all’uso delle immagini sul-

le quali compaiono anche gli amici: prima

si chiede, poi si pubblica.

Ma non tutto ciò che gira in rete è

lecito: anche di questo i giovani sono con-

sapevoli. Sembrano piuttosto esperti nel

discernere tra i commenti online, secondo

il barometro della gioventù Credit Suisse

l’88 per cento sa che la rete pullula di troll

(si veda la fi gura sopra).

Genitori esclusi

Tutto perfetto, tutto sotto controllo? «È in-

credibile quanto tempo si trascorra su In-

stagram & Co.», aff erma uno studente. «Ci

sto perdendo gusto, sono ancora attivo ma

solo quando lo decido io.» Un altro raccon-

ta di aver cancellato il vecchio account, con

molte centinaia di follower in attesa di sue

notizie, e di averne aperto uno nuovo «con

solo una cinquantina di follower, senza

stress e senza complicazioni».

Instagram, dal 2012 di proprietà di

Facebook, è un grande palcoscenico di

autorappresentazione con chiare regole di

messa in scena: tutto ruota intorno alla

bellezza; le foto caricate devono essere

perfette; i «like» sono la moneta, la pru-

denza è l’assicurazione e la sfera privata la

cassaforte. Lo psicologo dei media Waller

conosce leggi non scritte: ovvero, che su

Instagram nulla deve essere pubblicato

sotto l’eff etto dell’alcol o durante l’uscita,

ma solo il giorno successivo.

Mondo vero, mondo virtuale: per la

maggior parte dei giovani esiste solo un

mondo, quello online è reale quanto quello

offl ine. Sono utenti esperti, abili nel de-

limitare il campo che sono disposti a con-

dividere con gli altri, spesso a discapito dei

genitori che restano tagliati fuori. Di soli-

to le sue foto compaiono su Snapchat per

soli due secondi, racconta una studentessa,

«troppo poco per uno screenshot». E trop-

po poco per un «fammi vedere» da parte dei

genitori. Suona la campanella della pausa,

un’ultima storia: racconta di un ragazzo di

15 anni al quale i genitori hanno imposto

di caricare sul cellulare un’app con un siste-

ma di localizzazione GPS per quando è

fuori casa. Ha accettato e installato il

GPS. Da allora, prima di cominciare i suoi

giri, lascia sempre lo smartphone da un

amico.

Deyna, 17 anni, liceale

«Utilizzo piattaforme

come Instagram per

condividere la mia vita

con gli altri. Il mio

account non è privato.

Questo signifi ca che

chiunque può guardare

le foto. Ma natural-

mente, prima di pub-

blicare qualcosa,

rifl etto bene e tengo

presente che molte

persone, diversamente da

me, sono piuttosto ini -

bite. Per me tutto ruota

intorno alla musica,

il metal e il rock sono le

mie passioni, vado

a concerti e festival.

Tramite Insta trovo in

tutto il mondo altri

con gli stessi interessi,

loro trovano me e

condividiamo questi

momenti fantastici.»

Iris Kuhn-Spogat è giornalista freelance

e madre di due adolescenti, dei quali non ha

l’amicizia su alcun social network.

Internet pullula di troll che vogliono solo provocare

Commenti di odio e insulti non sono consoni alla rete

Le emozioni negative infiammano gli animi molto in fretta

Celebrità e politici esercitano un influsso sui social media

Le emozioni negative in rete rafforzano i sentimenti di odio

Facebook e Twitter sono manipolabili

Su Facebook e Twitter prevale la fame di sensazionalismo

Spesso i commentatori online banalizzano problemi complessi

Grazie alla rete, le organizzazioni e le aziende intuiscono cosa vuole la gente

Grazie all’anonimato della rete le ingiustizie vengono svelate

I giovani hanno un’idea realistica dei commenti online

88

79

73

73

72

70

66

65

51

480 in % 100

Ai giovani è stato chiesto se sono d’ac-cordo o meno con alcune affermazioni che sono state loro presentate. Risposte «pienamente» e «abbastanza d’ac-cordo», circa 1000 intervistati tra i 16 e i 25 anni.

Fonte: barometro della gioventù Credit Suisse 2016

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Deyna

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— Sfera privata —

58 — Bulletin 2 / 2017

La paura di un controllo totale e della

perdita della libertà personale è

fortemente radicata nell’uomo e ha

ispirato alcune delle più celebri

opere della letteratura mondiale.

Di Th omas Widmer

Cupi presagi

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— Sfera privata —

Bulletin 2 / 2017 — 59

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Suzanne Collins

HUNGER GAMES

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IL

CERCHIO

hissà se qualcuno ha già letto questo articolo sul

cloud prima della pubblicazione sul Bulletin? Dopo-

tutto il sentimento dominante nella nostra epoca è la

paranoia: i servizi segreti possono intercettarci, gli

hacker penetrare nei computer e i social media rac-

cogliere i nostri dati.

I racconti che dipingono una visione cupa del

futuro si defi niscono «distopici» e spesso parlano di

intrusioni illecite nella vita privata. Il fi lone letterario

del genere è aff ascinante perché la paura può diventare

davvero reale. Il XX secolo ha dato ampiamente prova

di come le dittature possono privare il singolo dei suoi

diritti e i romanzi hanno descritto più e più volte la

vita sotto la tirannia di una dittatura. Ma il potere può

ricorrere anche a mezzi più sottili, e anche in tal senso

le distopie abbondano. Sottomissione dell’individuo

con medicinali che inducono apatia, annientamento

del pensiero critico tramite l’imposizione di una lin-

gua molto semplifi cata, contesti di armonia oppressiva

che rendono il cittadino un non cittadino.

La letteratura distopica ci permette di ricono-

scere le minacce che incombono su di noi. Non sono

storie belle, ma istruttive.

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60 — Bulletin 2 / 2017

— Sfera privata —

Franz Kafka

Il processo

1925

George Orwell

19841949

generale tutti sono felici nel «mondo

nuovo». Il titolo inglese originale

(Brave new world) cita Shakespeare:

«O brave new world, that has such

people in’t (O nuovo mondo impavido,

che ospiti uomini di tal genere)». La

particolarità dell’inglese Huxley è che

nel suo romanzo la sottomissione

non è attuata tramite la violenza, la tor-

tura o l’espropriazione dei beni: le

persone assumono un medicinale che le

rende felici, hanno una vita sessuale

intensa e rimangono degli eterni bambi-

ni. La comunità viene prima di tutto,

il privato è estremamente mal visto. Ma

naturalmente in paradiso ci sono gli

scettici, altrimenti il romanzo sarebbe

tanto noioso quanto lo Stato in cui

la storia si svolge.

J osef K. è un procuratore bancario,

un uomo innocuo. Eppure nel

giorno del suo trentesimo compleanno

si presentano alla sua porta due

uomini: sono «guardiani» e sono venuti

per arrestarlo. K., che pur accusato

rimane a piede libero, intende scoprire

a ogni costo quale sia l’imputazione

e l’autorità dietro al suo arresto. Il tri-

bunale a cui cerca di avvicinarsi e

l’imputazione rimangono però inaff er-

rabili. Un anno dopo K. è condannato

a morte e ucciso «come un cane». In

quello che è uno dei più famosi romanzi

di tutti i tempi, Franz Kafka, praghese

che scrive in tedesco e maestro del nebu-

loso, unisce due aspetti: da un lato il

senso di colpa e l’insicurezza dell’uomo

moderno, dall’altro l’agire di uno

Stato le cui dimensioni sfuggono ormai

all’individuo.

AA governare è un partito unico,

le masse vivono di stenti, la

«psicopolizia» controlla tutti. La propa-

ganda uffi ciale fomenta l’odio contro i

nemici dello Stato che operano di nasco-

sto. Le persone parlano la «neolingua»,

una lingua controllata dalla politica che

col tempo impedisce alle persone di

concepire idee sovversive: lo Stato è en-

trato nel cervello degli individui. In

questo clima di totale repressione nasce

l’amore proibito tra Julia e Winston,

il quale si unisce alla resistenza contro

il sistema. L’inglese George Orwell è

l’autore di una delle opere più incisive e

infl uenti del XX secolo, nel 1948 descrive

la sua visione da incubo di un futuro

che si svolge nel 1984, da cui il titolo.

Non è chiaro se sia stato proprio

Orwell a coniare il termine «brainwash»

(lavaggio del cervello), quel che è

certo è che Orwell è il padre del «Grande

Fratello», colui che tiene sempre sotto

controllo i cittadini.

A451 gradi Fahrenheit la carta

inizia a bruciare: da qui nasce il

titolo del libro dell’americano Ray

Bradbury. I vigili del fuoco del romanzo

non spengono gli incendi, li appic-

cano. Il regime considera infatti la lettura

un’attività sovversiva perché spinge a

sviluppare un proprio pensiero critico

rendendo l’uomo asociale. I pompieri

sono sempre in giro a distruggere i libri

scovati, e se i possessori decidono di

bruciare assieme ai loro volumi, la cosa

non è ritenuta una grave perdita. Il

protagonista del romanzo è Guy, un vi-

gile del fuoco. Conoscere la giovane

Clarisse gli fa scoprire il valore della let-

tura. È a questo punto che Guy inizia

dubitare della sua «felicità». Bradbury

dipinge inoltre la televisione come

un’oscura minaccia che, a diff erenza dei

libri, rende gli spettatori stupidi e in-

dolenti. Questo classico della letteratura

moderna è dunque anche una critica

ai media.

Ray Bradbury

·Fahrenheit 451

1953

Aldous Huxley

Il mondo nuovo

1932

L enina e Bernardo compiono un

viaggio nella riserva. Qui vivono

non solo persone giovani e belle ma

anche vecchi e malati, e ne sono scon-

volti. La storia è ambientata in un

futuro lontano. Gli «Alfa-Plus» sono

persone che plasmano la società

secondo il proprio volere e che tramite

la manipolazione degli embrioni sta-

biliscono la casta di ogni nascituro. In

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Bulletin 2 / 2017 — 61

— Sfera privata —

Thomas Widmer è redattore al «Tages-Anzeiger»

e scrittore. Studioso di cultura islamica e

araba, è stato inoltre membro della giuria del

premio Ingeborg-Bachmann, uno dei più

importanti riconoscimenti della letteratura di

lingua tedesca.

L'America è distrutta. La maggior

parte dei sopravvissuti alle

catastrofi nucleari è sterile. I fondamen-

talisti cristiani «Figli di Giacobbe»

hanno instaurato una dittatura. Tutte

le donne sono asservite agli uomini,

non possono possedere alcun bene né

hanno diritti. Difred è un’«ancella»

e il suo unico compito è procreare. Vive

nella casa del «Comandante», lui

stesso probabilmente sterile. Difred ha

una relazione clandestina con l’auti -

sta del Comandante, rimane incinta, ma

nel frattempo si è innamorata del-

l’uomo. La canadese Margaret Atwood

dipinge un mondo oppressivo in cui

il potere decide direttamente del corpo

degli individui e in particolare di

quello femminile. Nello Stato patriar-

cale la donna non ha alcun diritto,

è una mera macchina da riproduzione.

Nella trilogia degli «Hunger Games»

Suzanne Collins intreccia passato

e futuro. Il futuro è un’America distrut-

ta da guerre e catastrofi e governata

da una dittatura chiamata «Panem». Ed

è qui che entra in gioco il passato:

nell’antica Roma i tiranni off rivano

alle masse pane («panem») e giochi cir-

censi per divertirle e guadagnarne la

benevolenza. Ogni anno ciascuno dei do-

dici distretti di Panem deve inviare

nella capitale un ragazzo e una ragazza

che parteciperanno agli «Hunger

Games». I «tributi», i ragazzi-gladiatori,

combattono l’uno contro l’altro sullo

sfondo di una società brutale fi nché uno

solo rimane vivo. Il singolo, incarnato

da personaggi come la combattente

(e voce narrante) Katniss Everdeen, è

solo una pedina nelle mani del potere.

I l «Cerchio» ricorda Facebook. L’ameri-

cano Dave Egger proietta i social

nel futuro: che cosa accadrebbe se tutto

ciò che facciamo fosse sempre pubbli-

co e se ci facessimo riprendere costante-

mente? Che cosa rimarrebbe di noi

in quanto persone e individui? E che fi ne

farebbe chi non si adegua? La giovane

Mae trova lavoro presso il Cerchio. Lo

stipendio è buono, lei e i familiari go-

dono di favolose prestazioni accessorie

inclusa l’assistenza sanitaria. Anche i

colleghi sono altrettanto soddisfatti. Ma

con l’andare del tempo in Mae cresce

il disagio. Quando utilizza un drone do-

tato di videocamera per rintracciare

Mercer, il suo ex ragazzo, questi preso

dal panico fugge e si suicida. Non era

intenzione di Mae e il suo entusiasmo

per il «Cerchio» svanisce per sempre.

La ragazza scopre inoltre che all’interno

del «Cerchio» c’ è chi trama per

distruggere l’azienda.

MARGARET ATWOOD Il

raccontodell’

ancella1985

Dave

Eggers

IL

CERCHIO

2013

Suzanne

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HUNGER

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2008, 2009, 2010

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— Sfera privata —

62 — Bulletin 2 / 2017

«Oggi acquistare un’abitazione di proprietà è un miraggio, anche per molte persone di ceto medio»

Fredy Hasenmaile, 50 anni, è responsabile di analisi

immobiliare per Credit Suisse, nonché prestigioso

relatore e docente in tema immobiliare. Vive con la

moglie e le due figlie a Zurigo-Enge.

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— Sfera privata —

Bulletin 2 / 2017 — 63

ignor Hasenmaile, possedere un’abitazione

è un’esigenza primordiale, perché?

La nostra casa è un porto sicuro, quindi

molto importante. L’uomo vuole avere

massima libertà d’azione nel luogo in cui

si è stabilito. E soprattutto vuole deci-

dere in prima persona quando andarsene

dal suo rifugio. Uno sfratto è traumatico

quanto perdere il posto di lavoro.

Questo desiderio è razionale dal punto

di vista economico?

Sì, se si dispone di un reddito e di un patri-

monio suffi cienti. In tal caso si possono

contrastare le oscillazioni cicliche cui sono

esposti gli immobili e col tempo parteci-

pare all’apprezzamento della propria

regione. Per molte economie domestiche,

la pro prietà abitativa comporta rischi

di accumu lazione che aumentano con le

ipoteche. Per questo c’è bisogno di riserve.

A Singapore la proprietà di abitazioni

è sovvenzionata perché, come ha dichiarato

a Bulletin il ministro delle fi nanze, i

proprietari sono i cittadini migliori (1/2014).

Anche lei vede il vantaggio socio-politico

di una quota di proprietà elevata?

Di certo i proprietari sono cittadini più

felici, come confermano i sondaggi. Inoltre

risparmiano di più e investono i loro ri -

sparmi nella manutenzione della proprietà

o nel riscatto dell’ipoteca. In entrambi i

casi si rivelano lungimiranti: in età avanzata

i proprietari di case dispongono general-

mente di un buon cuscinetto fi nanziario.

In Svizzera accade l ’esatto contrario: i

proprietari di abitazioni sono penalizzati,

l ’onere fi scale derivante dal valore locativo

supera la deduzione fi scale per le ipoteche.

Lo Stato dovrebbe promuovere di più la

proprietà?

Nessun sistema fi scale ha solo sostenitori,

è praticamente impossibile. Tuttavia

negli ultimi anni i proprietari di abitazioni

hanno benefi ciato molto della fl essione

dei tassi d’interesse. In questo senso, il mal

visto valore locativo crea un certo equili-

brio a favore dei locatari.

A San Francisco molti appartamenti vengono

assegnati tramite asta, a Stoccolma il

mercato immobiliare è eccessivamente

regolamentato. A quale modello deve

orientarsi la Svizzera?

Regolamenti e sovvenzioni hanno pesanti

eff etti a medio e lungo termine. L’ultima

crisi fi nanziaria aff onda le radici nella crisi

immobiliare degli Stati Uniti, dove la

proprietà è stata incentivata al punto che

si poteva acquistare una casa anche sen-

za mezzi propri. D’altra parte una rigorosa

protezione degli inquilini è fuori discus-

sione. Ritengo che il sistema svizzero sia

ben calibrato. Ne è scaturito un effi ciente

mercato della proprietà e degli appartamen-

ti in affi tto. Una perla rara nel confronto

internazionale.

Ma anche questo mercato si evolve,

i proprietari aumentano, i locatari

diminuiscono.

Negli ultimi 25 anni le condizioni sono

state molto vantaggiose per la proprietà

abitativa. Negli anni Novanta la proprietà

è tornata accessibile e dal 1995 per

l’acquisto di un’abitazione possono essere

utilizzati anche gli averi della previden-

za. Parallelamente, i tassi d’interesse sono

drasticamente scesi.

Nonostante tassi d’interesse ai minimi

storici, lei defi nisce un «miraggio» l ’acquisto

di un’abitazione di proprietà. Perché?

Gli appartamenti e le case sono diventati

carissimi. La tentazione dei bassi tassi

d’interesse è irrilevante per la maggior

parte delle persone, infatti gli istituti

fi nanziari devono accertarsi che siano in

grado di sostenere anche un interesse

del 4,5 o 5 per cento: solo in quel caso

otterranno il credito. Oggi acquistare

un’abitazione di proprietà è un miraggio,

anche per molte persone di ceto medio

[si veda la fi g.1, pag. 65].

Esiste qualcosa di più personale dell’abitazione di proprietà? L’esperto

di Credit Suisse Fredy Hasenmaile sul «miraggio» della proprietà

immobiliare, i canoni locativi in calo, i veicoli a guida autonoma, le relazioni

in case separate, la digitalizzazione dell’edilizia e l’eredità per i fi gli.

Di Simon Brunner (intervista) e Noë Flum (foto)

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— Sfera privata —

64 — Bulletin 2 / 2017

È un problema per la società se il ceto

medio non può permettersi un’abitazione

di proprietà?

Dal punto di vista economico è importante

evitare un surriscaldamento del mercato.

Le crisi immobiliari sono molto dannose,

come sappiamo bene in Svizzera per

esperienza. Oggi qui non c’è una bolla

immobiliare, ma non è bello che gli eff etti

negativi delle misure di regolamentazione

ricadano sul ceto medio e sugli istituti

di credito ipotecario: i primi non possono

acquistare, i secondi concedono meno

crediti.

Ha una risposta all ’eterna domanda:

quando saliranno i tassi d’interesse?

Ci vuole infl azione. Solo allora le banche

centrali aumenteranno i tassi. Ma la

digitalizzazione, la globalizzazione e

l’invecchiamento demografi co man-

tengono l’infl azione a livelli contenuti,

per cui gli interessi rimarranno bassi

ancora a lungo. Prima o poi ne uscire-

mo, ma escludo un ritorno ai livelli

record del passato, almeno nel breve

periodo. Un eff etto secondario dei

bassi tassi d’interesse è l’eccesso di atti-

vità edilizia [si veda la fi g. 2].

Per un investimento a lungo termine, oggi

conviene puntare ancora sugli immobili o su

altro, come azioni o obbligazioni?

Negli ultimi vent’anni gli immobili hanno

battuto le altre classi di investimento,

e questo a fronte di un rischio più basso.

Tuttavia sarebbe avventato limitarsi

a estrapolare questa performance per i

prossimi decenni. L’incredibile fl essione

dei tassi d’interesse ha alimentato il

rendimento degli immobili, ma non si

ripeterà un’altra volta: i tassi d’inte-

resse non possono scivolare in territorio

negativo ancora a lungo. Ci sono dei

limiti. Con tutta probabilità nei prossimi

vent’anni la classifi ca sarà diversa, credo

che le azioni torneranno ai vertici.

Per chi desidera acquistare comunque un

immobile, si dice che vadano considerati

soprattutto tre elementi: posizione, posizione,

posizione. È davvero così?

In un mercato in recessione, questa regola

generale conta ancora di più. Ma il punto

è: cosa si intende per buona posizione? La

risposta a questa domanda cambia in

continuazione, per es. negli ultimi anni ha

acquisito importanza il collegamento

alla rete dei trasporti pubblici, mentre ne

ha persa la vicinanza ai negozi, a causa

dell’online shopping.

In termini di qualità dell ’ubicazione,

i veicoli a guida autonoma defi niranno

nuovi standard?

Garantito. Oggi per molte località è l’ac-

cessibilità il fattore limitante. Questo

aspetto cambierà drasticamente. A trarne

vantaggio saranno le ubicazioni che

distano dal centro fi no a 30 minuti di auto

e non sono collegate, o lo sono limita-

tamente, alla rete dei trasporti pubblici.

Lei ha previsto che la domanda di abitazioni

di proprietà in Svizzera subirà un crollo nel

lungo periodo. Perché?

La demografi a ha conseguenze devastanti.

Gli eff etti della contraccezione, quindi

il signifi cativo crollo dei tassi di natalità a

partire dalla seconda metà degli anni

Sessanta, sono in gran parte attenuati

dall’immigrazione, ma oggi il mercato

assorbe 20 000 unità abitative all’anno,

mentre secondo i calcoli nel periodo tra il

2030 e il 2040 questa cifra non supererà

le 9000 unità.

La proprietà abitativa perde importanza,

le superfi ci a uso uffi cio sono in larga misura

sfi tte e il commercio online sostituisce le

superfi ci di vendita. Esiste un comparto

immobiliare fi orente?

I segmenti di nicchia vanno a gonfi e vele:

superfi ci logistiche, spazi abitativi per la

terza età, case di cura, appartamenti per

studenti e spazi abitativi per single.

Anche case di vacanza? Chi poteva ha

costruito prima che entrasse in vigore

l ’iniziativa sulle abitazioni secondarie.

Ora l’off erta è alta, i prezzi bassi.

È vero, a ciò si aggiungono anche il franco

forte e una certa incertezza giuridica le-

gata alle nuove disposizioni. Tutti questi

fattori negativi si affi evoliranno col tem-

po. Quindi il momento è eff ettivamente

propizio per l’acquisto di un’abitazione di

vacanza.

Come sono cambiate negli anni le abitudini

abitative degli svizzeri?

Oggi, con il 35 per cento, le famiglie uni-

personali sono l’economia domestica

più diff usa, nel 1960 rappresentavano solo

il 14 per cento ed erano il gruppo più

ristretto.

Cos’è successo?

È molto semplice: siamo diventati più

ricchi, quindi dobbiamo accettare meno

compromessi. Questo si rifl ette nella

forte tendenza all’autorealizzazione.

Oggi molti vivono da soli anche se

sono coinvolti in una relazione aff ettiva.

È uno sviluppo positivo?

Mi lascia perplesso questo fenomeno,

che si riscontra in ugual misura tra

gli uomini e le donne. Non parlo come

specialista immobiliare, ma come

rappresentante della nostra società. La

convivenza promuove la tolleranza

e la capacità di scendere a compromessi.

Ho l’impressione che questi valori sociali

vengano meno nelle persone che hanno

vissuto da sole per molto tempo. Un vero

peccato, in fondo non è proprio dalla

convivenza che nascono storie indimenti-

cabili? [si veda la fi g. 3]

Quali sono le conseguenze dell ’invecchia-

mento delle società sul mercato immobiliare?

In futuro avremo bisogno di meno case

unifamiliari, per contro serviranno

più appartamenti idonei alla vecchiaia.

Emergono nuove forme abitative, in

cui gli anziani dispongono di un piccolo

spazio privato e condividono con altri

determinati ambienti e servizi.

Come può un locatario benefi ciare dell ’elevato

tasso di sfi tto, il più alto da anni?

Vi sono sempre più possibilità di scelta.

Inoltre cresce il potere di negoziazione nei

confronti del locatore. I canoni di loca-

zione non sono più in costante aumento,

anzi, in alcuni casi dovrebbero persino

calare.

«Mi lascia perplesso il fatto che molti

vivano da soli anche se sono coinvolti in

una relazione aff ettiva.»

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— Sfera privata —

Bulletin 2 / 2017 — 65

«Mercato immobiliare svizzero 2017:

Cercasi locatari» è l’ultimo studio

immobiliare di Credit Suisse.

È disponibile online all’indirizzo:

www.credit-suisse.com/immobilienstudie

Devo chiedere al mio locatore una riduzione

del canone di locazione?

Sì, ma solo se il tasso di riferimento torna

a scendere. Se il contratto di locazione

sussiste già da tempo, è probabile che l’af-

fi tto sia inferiore al livello di mercato.

In quel caso non sussistono molti margini

di negoziazione.

Finora gli alloggi sfi tti non sono un tema

nelle grandi città. La situazione cambierà?

Anche nei centri vi sono segnali di una

maggiore disponibilità di appartamenti in

affi tto. In un sondaggio recentemente

condotto nella città di Zurigo, solo una

minoranza defi nisce diffi cile la ricerca

di un’abitazione.

Lei parla spesso di una «rivoluzione digitale»

in cantiere. Cosa comporta?

La digitalizzazione dell’edilizia assicura

un incredibile aumento dell’effi cienza.

Negli ultimi decenni, la produttività nel

settore delle costruzioni non è riuscita

a decollare, come confermano i grandi

impresari edili. Nel prossimo decennio,

secondo le loro previsioni, i costi dell’edili-

zia scenderanno del 30 per cento. L’edili-

zia è un settore complesso con molte parti

coinvolte. È proprio in questi ambiti che

la digitalizzazione off re soluzioni ideali

sfruttando il collegamento in rete.

Lei come abita?

Per me è importante un tragitto casa-lavoro

breve, quindi vivo in centro, nella co -

stosa città di Zurigo. Questa scelta è anche

legata ai fi gli perché ci tengo a vederli

tutti i giorni, nonostante i lunghi orari di

lavoro: noi abitiamo in un quartiere

dove ci si conosce e aiuta, quasi come in

un paese. Per me è molto importante,

tanto che ancora non ho potuto realizzare

il mio desiderio di un’abitazione propria.

Preferirebbe lasciare ai suoi fi gli una casa

o un patrimonio ingente?

Se i fi gli hanno conoscenze fi nanziarie

e molta disciplina, il patrimonio off re

maggiore fl essibilità. In caso contrario,

una casa è dieci volte meglio.

Fig. 1 — Proprietà abitativa inaccessibile

Onere sul reddito calcolatorio per un’economia domestica media in % sul reddito lordo in base ai seguenti parametri: interesse del 5%, manutenzione dell’1%, anticipo dell’80%, ammortamento a 2/3 entro 15 anni.

Fig. 3 — Abitare da soli nonostante una relazione

Stato della relazione uomo/donna per età, quota in %, 2013. Partner nell’economia domestica Partner al di fuori dell’economia domestica Nessun/a partner

Uomo Donna

Immobile di nuova costruzione medio Appartamenti di proprietà esistenti offerti, mediana Appartamenti di proprietà esistenti offerti, quantile del 30% Regola aurea del finanziamento

0

10

20

30

40

2006 2008 2010 2012 2014 2016

Fig. 2 — Boom ininterrotto dell’edilizia: appartamenti in affi tto

Incremento netto assoluto Domande di costruzione (somma su 12 mesi)

Fonte per tutti i grafi ci: Mercato immobiliare svizzero 2017 Credit Suisse

200620042002 2008 2010 2012 2014 2016

0

10 000

20 000

30 000

18–24Età 25–34 35–44 45–54 55–64 65–80

0

100 in %

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— Sfera privata —

66 — Bulletin 2 / 2017

I test genetici aiutano i medici nella ricerca delle cause delle malattie permettendo di mettere a punto cure migliori: Jurgi Camblong, CEO di Sophia Genetics.

Questa è la storia di una rivoluzione. Ha

inizio in una piccola start-up del Politec-

nico di Losanna (EPFL) e fi nisce con una

tecnologia indispensabile per i medici degli

ospedali di tutto il mondo, che aiuta a com-

prendere – e curare – i pazienti e le loro ma-

lattie in un modo completamente nuovo.

Ma iniziamo con un esperimento.

Come mai, cari lettori, siete in grado di

capire ognuna di queste prime frasi già

mentre le leggete, senza doverci pensare

troppo? Di certo per dedurne un senso non

le comparate a tutte le altre frasi che avete

sentito fi nora nella vostra vita. In teoria

sarebbe possibile, ma nella pratica si trat-

terebbe di un procedimento molto com-

plesso. L’uomo ha interiorizzato le regole

grammaticali, le quali, in un certo senso,

racchiudono tutte le frasi che abbiamo

ascoltato, non come somma, bensì come

quintessenza delle regole stesse.

Storia di una rivoluzioneL’intelligenza artifi ciale impara a decifrare

l’essenza stessa dell’uomo: il genoma.

Dalle rive del Lago Lemano, una start-up

svizzera sviluppa soluzioni all’avanguardia

di cui benefi ciano pazienti in tutto il mondo.

Di Christian Heinrich

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— Sfera privata —

Bulletin 2 / 2017 — 67

Fino a poco tempo fa i computer non erano

in grado di svolgere una simile operazione.

Potevano confrontare enormi quantità di

dati alla ricerca di similarità, potevano svol-

gere calcoli complicatissimi, impossibili per

noi umani. Ma eseguivano soltanto dei co-

mandi. Solo negli ultimi anni ciò che era

virtualmente inimmaginabile è diventato

possibile: i computer hanno acquisito la

capacità di imparare. Con il termine «deep

learning» ci si riferisce alla capacità dei

programmi di modifi care il loro stesso co-

dice a seconda dei dati immessi. Nel caso

del riconoscimento della parola e delle im-

magini, il deep learning ha consentito di

conseguire progressi notevoli, ma è in cam-

po medico che stiamo assistendo a una

vera e propria rivoluzione.

Come spesso accade, a spianare la

strada non è un gigante del settore ma una

start-up: Sophia Genetics. «Inizialmente

ciò che avevamo da off rire agli ospedali

era molto semplice», racconta Jurgi Cam-

blong, capelli scuri, sguardo intenso e ac-

cento francese. Il biologo molecolare è

CEO e uno dei fondatori di Sophia Gene-

tics. L’azienda fece un’off erta ai nosocomi:

«Lasciateci analizzare il profi lo genomico

dei vostri pazienti. Lo trasformeremo in

informazioni che fungeranno da linee gui-

da per le vostre decisioni diagnostiche e

terapeutiche».

La storia di Sophia Genetics inizia

così. La scelta di rivolgersi solo a cliniche

anziché ai pazienti fu intenzionale. «Si trat-

ta pur sempre di informazioni genomiche,

devono essere gestite da esperti», aff erma

Camblong.

Genetica o alimentazione?

Considerata la semplicità e i vantaggi cli-

nici del procedimento, per gli ospedali

l’off erta di Sophia Genetics è stata interes-

sante sin dall’inizio. Basta infatti prelevare

un campione dal paziente, e in genere il

solo sangue è suffi ciente. Il campione viene

quindi preparato in laboratorio, parti di

DNA vengono sequenziate, tradotte in in-

formazioni digitali e inviate a SOPHiA,

la piattaforma di intelligenza artifi ciale.

Qualche ora più tardi Sophia Genetics

invia i risultati sotto forma di rapporto

genetico personalizzato, dal quale i me-

dici possono stabilire se e in quale misura

un paziente è predisposto a patologie

ereditarie.

I motivi per cui i medici fanno ana-

lizzare il genoma dei pazienti sono i più

diversi. Elevati livelli di colesterolo nel

sangue possono essere ad esempio determi-

nati da un’alimentazione ricca di grassi o da

una predisposizione ereditaria. SOPHiA

consente di eliminare la seconda ipotesi.

Per i medici è un aiuto prezioso: conoscere

la causa di una patologia permette di trat-

tarla con più effi cacia.

Nel caso di pazienti oncologici,

SOPHiA elabora un profi lo del genoma a

partire da una biopsia del tumore. Ciò può

aiutare a individuare il miglior trattamento

per il paziente, a risparmiargli tempo pre-

zioso e possibilmente a salvargli la vita.

Per Camblong e il suo team il primo

passo è stato immettere in SOPHiA non

frasi ma dati relativi ai genomi dei pa-

zienti. La tecnologia doveva apprendere i

vocaboli e la grammatica delle correlazioni

tra geni e salute.

Nella primavera del 2017, Sophia

Genetics ha annunciato di aver analizzato

il profi lo genomico di 100 000 pazienti

in tutto il mondo. Mentre molti piccoli e

grandi attori del mercato si limitano a

parlarne, Sophia Genetics mette la rivo-

luzione genomica al servizio di un vasto

numero di persone.

SOPHiA è la tecnologia che di gran

lunga più di ogni altra ha analizzato i pro-

fi li genomici, e ciò le conferisce un buon

vantaggio competitivo rispetto a rivali come

Watson di IBM. Maggiori sono gli input

che un sistema di intelligenza artifi ciale

riceve, più il software incrementa la propria

intelligenza.

SOPHiA fornisce pertanto risultati

sempre più dettagliati e completi. Gli

ospe dali che ricorrono all’off erta sono

attualmente più di 270 in 47 paesi, il costo

di un’analisi è compreso tra i 50 e i 250 dol-

lari statunitensi e ogni mese ne vengono

eff ettuate diverse migliaia.

L’aspetto straordinario di questo mo-

dello di apprendimento è che ogni paziente

benefi cia delle analisi svolte in precedenza.

L’analisi eff ettuata da SOPHiA del pro-

fi lo genomico di un paziente di Singapore

potrebbe essere utile di lì a poco per un

paziente di Monaco di Baviera. Jurgi Cam-

blong defi nisce questo processo la demo-

«Gli ospedali non ci comunicano i nomi dei pazienti,

riceviamo solo un numero d’ordine e le relative

caratteristiche.»

cratizzazione della medicina data-driven,

guidata cioè dai dati.

I settori chiave del futuro

Finora gli investitori non sono mancati a

Sophia Genetics: nel 2012 l’azienda è stata

premiata al prestigioso concorso per start-

up «Venture» e da allora ha raccolto oltre

30 milioni di franchi in diversi cicli di

fi nanziamento. Ma per Camblong non è

che l’inizio. Secondo «TechCrunch», ri-

vista online dedicata alle start-up, Sophia

Genetics ha le potenzialità per diventare

il prossimo «unicorno» svizzero (una start-

up cioè il cui valore di mercato supera il

miliardo di dollari statunitensi) dal mo-

mento che copre tutti i settori chiave del

futuro: medicina personalizzata, intelli-

genza artifi ciale, big data.

Ma quanto sono sicuri i dati? Jurgi

Camblong rassicura: «Gli ospedali non ci

comunicano i nomi dei pazienti, riceviamo

solo un numero d’ordine e le relative carat-

teristiche». Ma l’ospedale possiede il nome

del paziente ed è in grado di abbinarlo

ai risultati dell’analisi. Ai sensi delle più

recenti regolamentazioni dell’UE, Sophia

Genetics può analizzare i dati solo se è

l’ospedale a controllarli.

Christian Heinrich, medico e giornalista

freelance, scrive regolarmente per «Die Zeit»

e «Geo».

Il concorso per start-up «Venture», giunto

quest’anno alla 20a edizione, è sostenuto

da Credit Suisse. Nel 2012 Sophia Genetics

ha ottenuto il secondo posto nella categoria

business plan.

Foto: Christian Grund (2)

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— Sfera privata —

68 — Bulletin 2 / 2017

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— Sfera privata —

Bulletin 2 / 2017 — 69

— Sfera privata —

Si prega

di non

disturbare

Ogni animale vive

il bisogno di appartarsi

in modo diverso.

Gli esemplari di tassi

nelle grandi città,

ad esempio, hanno

abitudini diverse dal

leopardo delle nevi

sull’Himalaya o ancora

dai crossopterigi

(ritenuti a lungo estinti)

nelle profondità

degli abissi.

Di Herbert Cerutti

Foto: George Shiras / National Geographic Creative

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— Sfera privata —

70 — Bulletin 2 / 2017

el 2010 l’esperto di fi lm e docente universi-

tario inglese Brett Mills è comparso sulle

prime pagine dei giornali internazionali

per una critica ai documentari sugli anima-

li della BBC. Come ha spiegato nella sua

analisi, non è contrario ai documentari in

generale, che anzi off rono un servizio di in-

formazione sulle questioni legate alla tutela

di ambiente e natura. Secondo Mills però

troppo spesso questo tipo di riprese off en-

derebbe la dignità degli animali, ad esem-

pio quando vengono fi lmati in momenti

privati quali la nascita o l’accoppiamento:

«Parlare di diritto alla sfera privata degli

animali può sembrare assurdo, non po-

tremmo mai sapere davvero se sono d’ac-

cordo a essere osservati».

In passato gli animali erano conside-

rati semplicemente oggetti di cui l’uomo

disponeva a proprio piacimento. Discussio-

ni sull’etica e il diritto nei loro confronti

infatti esistevano già prima dell’analisi di

Mills. Dichiarare che anche per loro esiste

una sfera privata oggi sembra piuttosto una

proiezione dei nostri sentimenti. Gli ani-

mali hanno un bisogno naturale di sicurez-

za, motivo per cui per riposare o per divo-

rare le loro prede cercano un posto in cui si

sentano al sicuro da nemici o pericoli natu-

rali. E se per accoppiarsi o partorire ricer-

cano un po’ di «privacy» non è per pudore,

ma sempre per istinto di protezione, poiché

durante queste attività l’animale è vulnera-

bile di fronte a un eventuale attacco. Chi ha

degli animali sa bene quanto sia irrilevante

per loro la privacy, ad esempio quando, in

un ambiente familiare, si accoppiano «sen-

za vergogna».

Volpe e tasso: comportamenti diversi

L’importanza di un habitat indisturbato di-

pende dalla forza fi sica di una specie ani-

male. Per questo uno stambecco si avven-

tura senza timori sui nostri sentieri, mentre

il timido capriolo sta sempre in guardia dai

nemici e balza via al minimo rumore.

Anche gli animali selvatici che vivono nel-

le grandi città hanno esigenze di sicurezza

diverse. Negli ultimi anni la volpe si è tra-

sformata da schivo abitante della foresta a

residente cittadino piuttosto audace. Du-

rante le sue incursioni notturne saccheggia

i bidoni dell’immondizia e i cumuli di

compostaggio, poi sparisce all’alba per ri-

fugiarsi non più in una tana scavata nella

terra, bensì nella sterpaglia nei pressi di

uno stabilimento balneare o in un nascon-

diglio sul tetto di una fabbrica. A Zurigo

vivono al momento circa 1000 volpi. A

Berlino il doppio. E Londra si può consi-

derare addirittura la capitale tra le città in

cui vivono questi animali selvatici: ce ne

sono più di 10 000.

Anche i tassi si avvicinano sempre di

più alle grandi città, eppure quasi nessuno

nota la loro presenza. Questo perché di

giorno restano al sicuro nel proprio na-

scondiglio sotto terra, mentre durante le

ronde notturne vanno ancora in cerca di

coleotteri, lombrichi, nidi di vespe, bacche

e frutta caduta, e solo raramente di rifi uti

dell’uomo. Per questo il tasso evita il centro

città e vive nei boschi in periferia, talvolta

anche nei giardini delle ville vicine al bosco

o nei cimiteri. Nell’area urbana di Zurigo

vivono circa 160 tassi, a Berlino diverse

centinaia. A Londra si parla addirittura di

una cifra in crescita tra i 1500 e i 2000

esemplari. Anche in questa grande città il

tasso abbandona solo di notte la propria

tana sicura, scavata nei vasti parchi dei

N

Royal Botanic Garden a sud-ovest di Lon-

dra o nei parchi di Greenwich a sud-est.

Eremita di montagna

Privacy e protezione si possono trovare an-

che in un habitat isolato. Il leopardo delle

nevi vive sulle alte montagne dell’Asia cen-

trale che vanno da Mongolia, Tibet e Ne-

pal fi no a Pakistan e Kazakistan. In estate

questo maestoso felino sale fi no a 6000

metri di altezza, mentre durante il rigido

inverno si rifugia nelle foreste più in basso.

Il leopardo delle nevi è un animale solita-

rio: passa diversi giorni nell’inospitale am-

biente montano alla ricerca di uno stam-

becco o di un bharal. A causa della scarsa

off erta di cibo lo spazio vitale si estende per

diverse centinaia di chilometri quadrati. Di

conseguenza, per questo eremita è diffi cile

Foto: H. Jegen / McPHOTO / DPA / Keystone; Bettmann / Getty Images

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— Sfera privata —

Bulletin 2 / 2017 — 71

nuova specie venne chiamata Latimeria chalumnae. La notizia di questo «fossile vi-

vente» fu un evento sensazionale. Nel 1987,

nei pressi delle isole Comore, Hans Fricke

dell’Istituto Max Planck di fi siologia del

comportamento riuscì a immortalare per la

prima volta un esemplare vivente di cros-

sopterigi.

Nel frattempo nelle grotte laviche di

questo arcipelago nell’Oceano indiano è

stato documentato il comportamento della

latimeria a circa 200 metri di profondità.

Durante il giorno questi enormi pesci si

nascondono quasi immobili all’interno del-

le grotte. La notte invece cacciano in acque

profonde sino a 500 metri. Si lasciano tra-

sportare dalle correnti, con le pinne distese

come ali. Quando il pesce vuole nuotare,

sbatte prima la pinna pettorale destra e

quella ventrale sinistra con un movimento

sincrono e poi quelle opposte. Ma se gli si

presenta davanti una preda, raggiunge i

50 chilometri orari in mezzo secondo.

La sua vita rilassata, ad eccezione dei

pochi sprint durante la caccia, gli consente

di risparmiare preziosa energia. È stata

proprio questa frugalità che ha permesso ai

crossopterigi di sopravvivere in un habitat

così povero. Nel 1997 al largo dell’isola in-

donesiana Sulawesi è stata scoperta una

nuova specie di crossopterigi: il celacanto

indonesiano. Ma proprio per via della sua

indole discreta, non riusciremo mai a sape-

re dove si nasconde di preciso nelle profon-

dità dell’oceano la latimeria: la sua privacy

rimane indisturbata.

quest’animale interessante per la medicina

cinese. Una diminuzione generale delle

prede in alta montagna – anche a causa

della caccia di frodo – spinge quest’animale

a catturare sempre più spesso pecore e ca-

pre domestiche, ragion per cui ora viene

cacciato anche dai pastori. Oggi i leopardi

delle nevi che vivono nel loro habitat natu-

rale sono poche migliaia, nei giardini zoo-

logici sono invece circa 600.

Il fossile vivente

La storia di come un pesce degli abissi sia

riuscito a resistere all’estinzione grazie alla

sua estrema frugalità ha dell’incredibile. I

fossili dei crossopterigi risalgono al periodo

Devoniano, ossia a 400 milioni di anni fa.

Con circa 30 diverse specie, appartenevano

ai pesci più comuni. Dai molti reperti fos-

sili però si presumeva che non ne esistesse-

ro più da almeno 70 milioni di anni, e i

biologi ritenevano che i crossopterigi si

fossero estinti ancor prima dei dinosauri.

Il 22 dicembre 1938, però, una sco-

perta casuale sconvolse ogni certezza su

questo tema. Alla foce del fi ume Chalum-

na, sulla costa orientale del Sudafrica, i pe-

scatori trovarono nelle proprie reti un esse-

re insolito: un pesce color blu acciaio con

un paio di pinne simili a delle pagaie sul

torace e sul ventre. Questo animale degli

abissi, lungo circa un metro e mezzo, venne

subito portato sulla barca. Il capitano lo

consegnò a Marjorie Courtenay-Latimer,

la curatrice del museo di storia naturale lo-

cale. Poiché questa non riusciva a classifi ca-

re l’animale, ne inviò uno schizzo a James

L.B. Smith, un esperto di pesci. «Sarei stato

meno sorpreso di incontrare per strada un

dinosauro», dichiarò successivamente.

L’esperto comprese subito che si trattava di

un esemplare di crossopterigi, teoricamente

estinti da molto tempo. In onore della cu-

ratrice e del luogo del ritrovamento, questa

anche trovare un partner con cui riprodursi.

Gli esemplari di entrambi i sessi tentano di

trovarsi in uno spazio sconfi nato grazie agli

odori distintivi e ai versi che fungono da

richiamo dell’accoppiamento.

L’indole solitaria del leopardo delle

nevi lo ha reso una creatura misteriosa. Il

primo a scattare una fotografi a di buona

qualità di questo leggendario «fantasma

della montagna» è stato lo zoologo George

Schaller nel 1970 in Pakistan, a 4000 metri

di altezza. Il suo stile di vita incredibilmen-

te ritirato però non impedisce all’uomo,

mosso dall’avidità, di trovarlo ugualmente.

Nonostante la tutela nazionale, infatti, è

ambito dai bracconieri a causa della sua

splendida pelliccia, che vale oltre 10 000

dollari sul mercato nero. E le presunte pro-

prietà terapeutiche delle sue ossa rendono

Volpe, crossopterigi

(pagina sinistra), leopardo

delle nevi e tassi

(pagina destra): alcuni

animali vivono senza farsi

notare dall’uomo, altri

invece sfruttano abilmente

la sua presenza. La

sfera privata costituisce

soprattutto un’esigenza

naturale per la sicurezza.

Herbert Cerutti è fisico sperimentale

nonché pluripremiato pubblicista scientifico.

Vive a Maseltrangen, San Gallo.

Foto: Vincent J. Musi / National Geographic Creative; Hugh Clark / FLPA / imageBROKER / Okapia

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— Sfera privata —

72 — Bulletin 2 / 2017

Detto tra noiLa conversazione riservata esiste ancora?

Nemmeno a un appuntamento privato si è mai soli.

Di Sarah Mazzetti

Sarah Mazzetti è un’illustratrice bolognese. I suoi lavori sono stati pubblicati, fra l’altro,

su «The New Yorker», «The New York Times» e «die Zeit». Sarah Mazzetti ha ricevuto diversi

riconoscimenti e insegna presso l’Istituto Europeo di Design (IED) a Milano.

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In qualità di organizzazione globale senza scopo di lucro dedicata alla costituzione di un mondo inclusivo sotto il profilo finanziario, Accion conta sul sostegno e sulla leadership di Credit Suisse nell’utilizzo positivo della tecnologia finanziaria, nonché nella tutela e nello sviluppo dei clienti.

Il vostro sostegno del Credit Suisse a favore di Accion Venture Lab aiuta la nostra iniziativa di investimenti sociali in fase di avvio, dedicata alle start-up che catalizzano tecnologie digitali innovative e dirompen-ti. La partnership con il Center for Financial Inclusion presso Accion - un coordinatore, costruttore di comunità

e leader di pensiero nell’inclusione finanziaria - crea un settore incentrato sui principi di responsabilità e rispetto: l’iniziativa sottoscritta dal centro, la Smart Campaign - il primo standard al mondo per la tutela globale dei consumatori - raggiunge 82 istituzioni che rappresentano quasi 40 milioni di clienti.

Poiché ci impegniamo a favore di un sistema finanziario che funzioni per tutti, vi ringraziamo per conto dei nostri milioni di clienti e dei 3 miliardi di persone con esigenze finanziarie ancora non soddisfatte che desideriamo raggiungere.

Grazie a Credit Suisse per questi 15 anni di successi nella

e nell’impact investing.

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Page 76: CREDIT SUISSE Bulletin · vista bancaria svizzera più antica, ma anche la migliore. Hans J. Halbheer, Zollikerberg L’India fa passi da gigante Su un punto non sono d’accordo

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