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TECNICHE ANALITICHE PER IL FINGERPRINTING METABOLOMICO 1

cromatografia

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cromatografia

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Page 1: cromatografia

TECNICHE ANALITICHE PER IL FINGERPRINTING METABOLOMICO

1

Page 2: cromatografia

• La metabolomica è la più giovane delle “omics” technologies, e gode di

crescente popolarità. E’ una tecnologia “funzionale” finalizzata ad identificare,

quantificare e caratterizzare simultaneamente centinaia/migliaia (circa

3000) metaboliti di basso peso molecolare (oligopeptidi, AA, zuccheri, acidi

organici, acidi biliari, acidi grassi semplici, lipidi, steroidi, vitamine...) presenti

in un sistema biologico e dipendenti dal contesto, variando in base a stimoli

fisiologici, allo sviluppo e allo stato patologico di una cellula, tessuto, organo o

dell’ intero organismo. Essa è capace di generare una foto istantanea dello

stato metabolico del sistema biologico in esame.

METABOLOMICA

2

Page 3: cromatografia

Metabolomica

3

A differenza della genomica, infatti, che valuta ciò che potrebbe succedere ma non

necessariamente è successo, la metabolomica (dal greco metabolì, che significa

cambiamento) fotografa quello che effettivamente si è verificato.

Page 4: cromatografia

METABOLOMICA

Prima pubblicazione Metabolomica

Prima pubblicazione Lipidomica

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Page 5: cromatografia

METABOLOMICA

5

Page 6: cromatografia

LINUS PAULING 1970

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Page 7: cromatografia

OLIVER S.G. 1998

7

Page 8: cromatografia

METABOLOMICS SOCIETY 2004

8

Page 9: cromatografia

METABOLOMICA

9

Page 10: cromatografia

METABOLOMICA

10

Page 11: cromatografia

Quale piattaforma analitica bisogna impiegare?

Dovrebbe essere rapida, riproducibile, con facile preparazione del campione.

Scale da - a + + + per i maggiori svantaggi principali vantaggi

METABOLOMICA

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Page 12: cromatografia

METABOLOMICA

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Page 13: cromatografia

METABOLOMICA

13

Page 14: cromatografia

TECNICHE ANALITICHE PER IL FINGERPRINTING METABOLOMICO

Parte I: Principi di base della CROMATOGRAFIA

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Page 15: cromatografia

Cromatografia

Il termine cromatografia indica un insieme di tecniche che hanno lo scopo di

separare una miscela nei suoi componenti, per permetterne il

riconoscimento.

Queste tecniche sono basate sulla distribuzione differenziale dei vari

componenti fra due fasi, una chiamata fase fissa o fase stazionaria e l’altra

chiamata fase mobile o eluente, che fluisce in continuo attraverso la fase

fissa.

Le tecniche sono molto utilizzate in campo archeometrico, essendo

particolarmente utili nell’analisi di miscele complesse come sono la maggior

parte dei campioni di natura organica

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Page 16: cromatografia

Nascita della cromatografia

Inizi del XX secolo come tecnica per la separazione di pigmenti fogliari,

inventata dal botanico russo Mikhail Semenovich Tswett.

Egli intendeva separare i pigmenti presenti nella clorofilla; fece un estratto di

foglie verdi in etere di petrolio, lo depositò in testa ad una colonna di vetro

impaccata con carbonato di calcio ed eluì, (cioè versò in continuo) con

solfuro di carbonio: i vari pigmenti si separano in bande colorate, in

particolare clorofilla A e B, carotene e xantofilla

Tswett chiamò questa tecnica cromatografia dal greco scrittura del colore

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Page 17: cromatografia

Cenni preliminari

Le tecniche cromatografiche sono sempre distruttive (anche se in senso

strettamente analitico possono in alcuni casi essere non distruttive), in quanto

operano esclusivamente su campioni in soluzione o in fase vapore: i

materiali oggetto di analisi vanno quindi disciolti in un opportuno solvente.

Non è possibile l’analisi senza prelievo di campione né tanto meno l’analisi

in situ (tranne con strumenti miniaturizzati).

è bene precisare che il consumo di campione è minimo. Sono sufficienti da 1

ml a 1 µl di soluzione, corrispondenti a pochi mg di campione solido

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Page 18: cromatografia

Basi del procedimento cromatografico

• il campione è introdotto nella fase mobile, che può essere un gas, un liquido o un fluido

supercritico

• la fase mobile viene fatta eluire in continuo attraverso la fase stazionaria, che

immiscibile nell’eluente

• la fase stazionaria (liquida o solida) si trova all’interno di una colonna oppure è

supportata su una superficie piana

• la fase mobile e la fase stazionaria sono scelte in modo che i componenti della miscela da

separare si distribuiscano tra le due fasi

• i componenti più affini alla fase stazionaria passeranno più tempo in questa fase,

quindi si sposteranno più lentamente attraverso il sistema

• i componenti più affini alla fase mobile si sposteranno invece più velocemente

• la separazione dei componenti avviene in quanto ogni sostanza ha una distribuzione

caratteristica tra le due fasi (costante di ripartizione Kd=Cs/Cm) 18

Page 19: cromatografia

Visualizzazione della separazione

Ponendo all’uscita della colonna un

rivelatore che misuri la concentrazione

del soluto nell’eluito (cioè la fase mobile

che esce dalla colonna) e riportando il

segnale in funzione del tempo si può

ottenere un cromatogramma

La posizione dei picchi sull’asse dei

tempi, o tempo di ritenzione, serve per

identificare i componenti del campione

L’area sottesa dai picchi è

proporzionale alla quantità di ogni

singolo componente e può essere

utilizzata a scopo quantitativo 19

Page 20: cromatografia

Un processo separativo di tipo cromatografico ha quindi come risultato un profilo di

concentrazione risolto nello spazio o nel tempo di forma gaussiana.

PICCO CROMATOGRAFICO

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Page 21: cromatografia

Da un punto di vista matematico una curva gaussiana viene descritta dal punto di massimo e dalla

distanza tra i punti di flesso (tale distanza diviso 2 è la deviazione std. ()

• Altezza del picco: distanza tra il punto massimo

e la tangente alla linea di base

• Larghezza della base del picco (W): lunghezza

del segmento interpolato all’intersezione fra le

tangenti ai flessi della gaussiana e la linea di base

(Wb = 4 )

• Larghezza a metà altezza: larghezza misurata a

metà altezza del picco (WH = 2.354)

• Distanza fra i punti di flesso: segmento

interpolato fra i due punti di flesso

(corrsipondente al 60.7% altezza picco) (Wi = 2 )

• Area totale sottesa: proporzionale alla

concentrazione

PICCO CROMATOGRAFICO

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Page 22: cromatografia

PICCO CROMATOGRAFICO

Tempo di ritenzione (tR): tempo necessario alla sostanza iniettata per essere eluita

dall’inizio all’uscita della colonna.

Tempo morto (tM): tempo di ritenzione di un composto che non è trattenuto e che

passa attraverso la colonna alla stessa velocità con cui fluisce la fase mobile lungo la

colonna.

Analogamente si definiscono i corrispondenti:

Volume di ritenzione (VR): volume di fase mobile necessario ad eluire l’analita

dall’inizio all’uscita della colonna.

Volume morto (VM): il volume di ritenzione di un composto che non è trattenuto

(corrisponde al volume di fase mobile che occupa la colonna).

tR

tM

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Page 23: cromatografia

Un parametro importante che viene usato molto spesso per descrivere la velocità di migrazione dell’analita lungo la colonna è il fattore di capacità, k’.

Si dimostra che k’ può essere ricavato dai parametri del cromatogramma: Due sostanze saranno separabili se presentano valori diversi di k’.

M

SAA

V

VK

mobilefasenellaAdimoliditotalen

astazionarifasenellaAdimoliditotalen'k

M

MRA

t

tt'k

La selettività quantifica l’entità della separazione fra due specie: riguarda la capacità di un sistema cromatografico di distinguere fra due componenti ed è dipendente dalla distribuzione relativa delle specie fra la fase mobile e quella stazionaria, con (tR)B> (tR)A.

MAR

MBR

A

B

t)t(

t)t(

'k

'k

23

Page 24: cromatografia

tempo morto

CALCOLO DEL FATTORE DI CAPACITÀ

k’ (fattore di capacità) = (tR - tM ) / tM

k’ = 1,7 k’ = 3,5 k’ = 5,2

2 4 6 8 10 12 0 14

24

Tr = 5.5 Tr = 9.0 Tr = 12.5

Page 25: cromatografia

)(2

)(

12

12

RR

S

ttR

La risoluzione dei picchi è l’entità della separazione tra due picchi. E’ calcolata come la differenza tra i tempi di ritenzione di due picchi divisa per l’ampiezza media dei due picchi alla linea di base. Per due picchi ideali:

TR= Tempo di ritenzione

WA= larghezza alla base del picco= 4

W

RISOLUZIONE DEI PICCHI

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Page 26: cromatografia

)ba(

)tt(2R 1R2R

S

o, per due picchi reali:

Per picchi asimmetrici, non ideali, l’equazione deve essere modificata sostituendo la larghezza alla base del picco con la lunghezza delle semibasi che si affiancano.

RISOLUZIONE DEI PICCHI

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Page 27: cromatografia

Risoluzione dei picchi

separazione del 99,7% separazione del 98% con sovrapposizione 3%

27

Page 28: cromatografia

Efficienza. Capacità della colonna di formare picchi distanziati influenzando di

conseguenza la larghezza del picco. Maggiore è l’efficienza più stretti risultano i picchi

e perciò migliore è la risoluzione.

Selettività. Esprime la capacità della colonna di mantenere compatta la banda di

eluizione di una sostanza lungo tutto il percorso della fase mobile. Maggiore è la

differenza tra i coefficienti di distribuzione degli analiti tra le due fasi, maggiore è la

selettività. Un aumento di selettività, aumenta la risoluzione.

WA WB

tr(A) tr(B)

DIPENDENZA DELLA RISOLUZIONE DEI

PICCHI

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Page 29: cromatografia

Aumento di efficienza Scarsa selettività ed efficienza

Aumento di selettività Aumento di efficienza ma non di selettività

DIPENDENZA DELLA RISOLUZIONE DEI

PICCHI

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Page 30: cromatografia

Asimmetria dei picchi

I picchi cromatografici, in realtà, hanno raramente la forma simmetrica della curva gaussiana.

Le deformazioni che spesso si osservano sono di due tipi:

Tailing: il tracciato sale bruscamente e raggiunge

rapidamente il punto massimo, da cui scende verso la

linea di base in modo più lento;

L’asimmetria dei picchi viene espressa dal fattore o rapporto di asimmetria

AS = b/a

Fronting:quando il tracciato sale lentamente

fino al punto di massimo e scende rapidamente

verso la linea di base;

As >1

As <1

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Page 31: cromatografia

•Introduzione del campione lenta o comunque scorretta.

•Adsorbimento irreversibile della sostanza nella fase stazionaria

•Sovraccarico.

•Ridotta solubilità del campione nella fase mobile.

2 mg

2 µg

Le cause di fronting e tailing possono essere ricondotte ad uno di questi

fattori:

ASIMMETRIA DEI PICCHI

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Page 32: cromatografia

• Se l’isoterma della sostanza è convessa (Languir), in

pratica Kd diminuisce all’aumentare della concentrazione.

• Ciò si verifica quando la fase stazionaria si satura e la

sostanza tende a “scappare” con la fase mobile

• Partendo da una distribuzione gaussiana la

variazione di Kd farà si che la zona più concentrata

della banda corra di più delle altre.

• La banda finale in uscita si presenta con un

fronte netto con una lunga coda (tailing).

Asimmetria dei picchi

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Page 33: cromatografia

• Se l’isoterma della sostanza è concava (anti Languir), in

pratica Kd aumenta all’aumentare della concentrazione.

• Ciò si verifica quando la fase mobile si satura e la

sostanza non riesce a essere correttamente distaccata

via dalla fase stazionaria.

• Partendo da una distribuzione gaussiana la

variazione di Kd farà si che la zona meno

concentrata della banda corra di più delle

altre.

• La banda finale in uscita si presenta

con un progressivo aumento della

concentrazione (fronting)

Asimmetria dei picchi

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Page 34: cromatografia

• Il numero dei piatti teorici di una colonna cromatografica è ricavabile da

N = 16 (tR/wb)2

mentre facendo riferimento al tempo di ritenzione corretto, si definisce il numero dei

piatti effettivi

Neff = 16 (t’R/wb)2

• E’ importante precisare che N non è un parametro caratteristico per una data colonna,

poiché dipende anche dalla sostanza eluita. Ciò significa che una stessa colonna

attraversata da due sostanze mostra due diversi valori di piatti teorici.

• Il concetto di piatto teorico è stato preso a prestito dalla teoria della colonna di

distillazione. Si può immaginare che una colonna cromatografica, come una di

distillazione, sia suddivisa appunto in tante zone in cui si instaura l’equilibrio di

ripartizione dell’analita tra fase stazionaria e fase mobile.

Numero di piatti teorici

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Page 35: cromatografia

• La sostanza si sposta verso la fine della colonna attraverso la fase mobile che, in

equilibrio su un piatto, si passa al piatto successivo.

• È importante sottolineare che, a differenza della colonna di distillazione, i piatti

non esistono realmente all’interno della colonna ma sono solo un modello per

facilitare la comprensione del processo che avviene.

• Se si aumenta N, diminuisce il numero dei piatti teorici su cui si distribuisce

ogni sostanza poiché aumentano gli equilibri a cui essa è sottoposta; a parità di

lunghezza, pertanto, si accorcia il tratto di colonna su cui si distribuisce ogni

sostanza.

Numero di piatti teorici

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Page 36: cromatografia

Aumentando i piatti

Aumentano gli equilibri

più compatta viaggia la sostanza

Numero di piatti teorici

36

Page 37: cromatografia

• L’efficienza di una colonna aumenta con il numero dei piatti: tanto maggiore è N, tanto più

compatta è la banda in uscita e quindi tanto più è stretto il picco sul cromatogramma.

Aumentando i piatti

i picchi sono più

stretti

si hanno migliori

separazioni

• Il modo più semplice per aumentare il numero dei piatti consiste nell’aumentare la lunghezza

della colonna ma ciò comporta un notevole aumento dei tempi di ritenzione.

• In alternativa si deve trovare un modo di diminuire le dimensioni di un singolo piatto. A parità di

lunghezza una colonna sarà più efficiente quando viene minimizzata l’altezza equivalente al

piatto teorico

H = L/N

dove L è la lunghezza della colonna. Ancora più adatta è la formula

Heff = L/Neff

Numero di piatti teorici

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Page 38: cromatografia

• Una colonna è tanto più efficiente (nei confronti di una determinata specie chimica), e

fornisce quindi picchi tanto più stretti, quanto minore è il valore di H.

• Il parametro H è indipendente dalla lunghezza della colonna e quindi è più adatto di N

per confrontare le prestazioni di colonne diverse verso una stessa sostanza.

• Il numero di piatti teorici, e quindi la loro altezza, può essere calcolato esaminando un

picco cromatografico dopo l’eluizione.

Neff = 16 (t’R/wb)2 • Come si può osservare dall’equazione, il numero di piatti della colonna è diverso per ciascun componente del campione.

Esce dopo ma ha la stessa ampiezza di base: maggior efficienza della colonna nei suoi confronti Esce prima ma

ha la stessa ampiezza di base: minor efficienza della colonna nei suoi confronti

38

Page 39: cromatografia

TECNICHE ANALITICHE PER I FINGERPRINTING METABOLOMICO

Parte II: Equazione di Van deemter

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Page 40: cromatografia

Eq. van deemter

40

Page 41: cromatografia

• Abbiamo visto che per efficienza di una colonna si intende la sua capacità di

mantenere compatti i picchi lungo il percorso e quindi all’uscita.

• Tale grandezza, in omaggio al parallelismo con una colonna di distillazione

(fatto da Martin e Synge nel 1941), viene evidenziata con l’ altezza

equivalente al piatto teorico (Height Equivalent to a Theoretical Plate)

abbreviata con H.

Eq. van deemter

41

Page 42: cromatografia

• Se si fanno più misure sperimentali di H a differenti valori della velocità della fase

mobile, si trova che l’andamento di H è molto complesso

• La spiegazione di tale andamento non può essere ricercata semplicemente nelle Kd

(o nelle k) poichè esse non variano.

Eq. van deemter

42

Page 43: cromatografia

• L’attenzione è stata allora posta sui fenomeni che rallentano il

raggiungimento dell’equilibrio e quindi il non rispetto totale delle Kd.

• E’ stata così formulata, da Giddings, la teoria del non-equilibrio; a lui si

deve appunto l’individuazione dei fenomeni che ostacolano

l’instaurarsi degli equilibri tra le due fasi nel sistema cromatografico.

• Sulle basi di tale teoria è stata sviluppata, da Van Deemter e collaboratori,

l’equazione che correla H con la velocità lineare della fase mobile (u):

H= A + B/u + C·u

Eq. van deemter

43

Page 44: cromatografia

• I fenomeni che rallentano il raggiungimento dell’equilibrio sono tre:

– percorsi multipli (eddy o multipath diffusion)

– diffusione molecolare longitudinale

– resistenza al trasferimento di massa

• Tutti e tre causano un allargamento della banda e quindi perdita di

efficienza della colonna verso una data sostanza

Eq. van deemter

44

Page 45: cromatografia

Percorsi multipli

• Le inevitabili differenze di dimensioni delle

particelle solide che costituiscono la fase

stazionaria (o il supporto che la sostiene) fanno

procedere le molecole della sostanza in analisi

secondo strade diverse.

• Nel loro moto casuale, alcune molecole

arriveranno prima, altre dopo, con il risultato

globale di far allargare la banda in uscita dalla

colonna 45

Page 46: cromatografia

Percorsi multipli

46

Page 47: cromatografia

• Due sono le soluzioni teoricamente possibili:

– utilizzare particelle molto piccole, in modo che i vari cammini risultino

poco differenti

– utilizzare particelle con granulometria costante

• In realtà nessuna delle due è completamente applicabile.

• Un abbassamento eccessivo delle dimensioni dei granuli della fase stazionaria

causerebbe problemi di intasamento della colonna e blocco della fase mobile

mentre è, di fatto, impossibile ottenere granuli con dimensioni costanti.

Percorsi multipli

47

Page 48: cromatografia

• La soluzione migliore è quella di usare granuli quanto più omogenei

possibili e dimensioni non tali da causare problemi all’apparecchiatutra

cromatografica

• Rispettando queste caratteristiche si può avere la relativa certezza che le

particelle utilizzeranno quasi lo stesso tempo per uscire e si minimizza il

naturale allargamento della banda.

Percorsi multipli

48

Page 49: cromatografia

• La diffusione multivorticosa è costante. Indipendentemente dalla velocità con cui la fase

mobile trasporta le molecole della sostanza attraverso la fase stazionaria, la loro differenziazione

avverrà sempre con la stessa distribuzione.

• Nell’ equazione di Van Deemter

il parametro che rappresenta

questo fenomeno è indicato con

A. Il suo contributo ad H,

costante al variare del flusso

(u), sarà raffigurato con una

retta parallela alle x.

Percorsi multipli

49

H= A + B/u + C·u

Page 50: cromatografia

• Il valore del parametro A può essere espresso come:

A = 2λdp

– λ è una costante associata alla granulometria (diametro delle particelle e

loro distribuzione granulometrica) e all’impaccamento della colonna

– dp il diametro medio delle particelle di riempimento.

• Come già anticipato qualitativamente, si vede anche dalla relazione che per

minimizzare il suo valore occorre ridurre il diametro delle particelle della fase

stazionaria e la loro distribuzione granulometrica, oltre a migliorare

l’impaccamento. Attualmente il termine A incide molto poco sul valore di H.

Percorsi multipli

50

Page 51: cromatografia

Diffusione molecolare longitudinale

• Le molecole della sostanza diffondono sia nella fase mobile sia in quella

stazionaria. Tendono cioè a passare spontaneamente da zone a

concentrazione più alta a quelle a concentrazione più bassa secondo una

direzione longitudinale, quella appunto di avanzamento della fase mobile.

• In realtà è più marcata la retrodiffusione rispetto alla diffusione nella

direzione di avanzamento della fase mobile.

51

Page 52: cromatografia

• Il fenomeno è tanto più favorito quanto meno è viscosa la fase e per questo

stesso motivo è più accentuato nella fase mobile che in quella stazionaria.

• Anche il tempo di permanenza è importante: più a lungo la sostanza rimane

nella colonna e più tempo ha a disposizione per diffondere.

• Per minimizzare questo fenomeno occorrono flussi elevati (ma non troppo

perché si possono verificare problemi per la pressione) e fluidi viscosi; anche

le basse temperature aiutano poiché aumentano la viscosità delle fasi.

DIFFUSIONE MOLECOLARE LONGITUDINALE

52

Page 53: cromatografia

• Nell’ equazione di Van Deemter il parametro che rappresenta questo fenomeno

è indicato con B. Il suo contributo ad H, inversamente proporzionale al

variare del flusso (u), è raffigurato con un ramo di iperbole. Come si vede dal

grafico il suo contributo all’altezza del piatto teorico cala prima velocemente e

poi in maniera più blanda con il crescere del flusso

Diffusione molecolare longitudinale

53

H= A + B/u + C·u

Page 54: cromatografia

•Il parametro B viene espresso come

B = 2gDM

g è il fattore di tortuosità, che dipende dall’impaccamento della colonna (vale a

dire dalla geometria degli spazi disponibili per la fase mobile)

DM il coefficiente di diffusione del soluto nella fase mobile, un parametro che

riassume tutte le caratteristiche che influenzano la sua resistenza alla diffusione:

densità e viscosità.

Poiché valori alti di entrambe portano a piccoli coefficienti di diffusione, si spiega

perché tale fenomeno sia più accentuato con un gas che con un liquido.

Diffusione molecolare longitudinale

54

Page 55: cromatografia

Per ridurre il valore di g occorre usare particelle

di dimensioni uniformi (ma non necessariamente

piccole); in questo modo, infatti, l’impaccamento

risulta più compatto e si riducono gli spazi in cui

la fase mobile può consentire il fenomeno della

diffusione longitudinale.

La variabile u, che compare al denominatore, suggerisce, come già detto, di

aumentare il flusso per minimizzare il contributo del termine al valore complessivo di

H.

Al contrario, dimensioni diverse delle particelle lasciano disponibili

larghe zone alla fase mobile con la possibilità di dar luogo a

consistenti diffusioni.

Piccolo velo di

fase mobile

Grosse zone di

fase mobile

Diffusione molecolare longitudinale

55

Page 56: cromatografia

Resistenza al trasferimento di massa

• Il terzo parametro da cui dipende l’efficienza di una colonna è associato alla

resistenza al trasferimento di massa: un equilibrio ha bisogno di tempo per

instaurarsi

• Il suo contributo al valore complessivo di H è il più importante di tutti gli

altri.

56

Page 57: cromatografia

• Su di esso incidono tutte quelle variabili che influenzano il passaggio di una

sostanza da una fase all’altra e in particolare:

solubilità della sostanza nelle due fasi

temperatura

viscosità, densità

quantità del liquido di ripartizione

estensione delle superfici attraverso cui

l’equilibrazione può avvenire

Resistenza al trasferimento di massa

57

Page 58: cromatografia

• Per esempio, in gascromatografia, sarà molto più semplice il passaggio nella fase

gassosa che in quella liquida, che è più densa e viscosa.

• Poiché quella gassosa va costantemente avanti, con il tempo lo sbilanciamento diviene

più marcato e si avrà un progressivo allargamento della banda

Resistenza al trasferimento di massa

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Page 59: cromatografia

• Nell’ equazione di Van Deemter il parametro che rappresenta questo fenomeno è indicato

con C. Il suo contributo ad H, direttamente proporzionale al variare del flusso (u), è

raffigurato con una retta.

• Come si vede dal grafico il suo contributo all’altezza del piatto teorico cresce

costantemente con il flusso della fase mobile: più veloce è la fase mobile e minore è il

tempo che le fasi hanno per equilibrarsi e più sfasate saranno con conseguente

allargamento della banda.

Resistenza al trasferimento di massa

59

Page 60: cromatografia

• Il valore complessivo del termine C è fornito dall’equazione:

C= CS + CM

− Cs è il contributo relativo alla fase stazionaria

− CM è quello relativo alla fase mobile.

• E’ ovvio che lo stato fisico delle fasi fa sì che i due contributi non siano

uguali.

• Tutte le variabili indicate prima trovano rispondenza in parametri ben precisi

legati alla natura delle fasi e a come una colonna è stata costruita.

Resistenza al trasferimento di massa

60

Page 61: cromatografia

• Il parametro CS viene espresso dalla relazione

CS = q k df2/ (1+k)2 DS

q è una costante legata alla disomogenità della fase stazionaria*

k è il fattore di ritenzione*

df è lo spessore massimo della fase stazionaria*

DS è il coefficiente di diffusione nella fase stazionaria

• Tra i tre coefficienti costruttivi*, quello su cui è più semplice operare per

abbassare CS , è ridurre lo spessore della fase stazionaria (df).

Resistenza al trasferimento di massa

61

Page 62: cromatografia

• Il parametro CM viene espresso dalla relazione

CM = w dp2/ DM

w è una costante che dipende dall’impaccamento*

dp è il diametro medio delle particelle della fase solida*

DM è il coefficiente di diffusione nella fase mobile

• Tra i due coefficienti costruttivi*, quello su cui è più semplice operare per

abbassare CM , è ridurre il diametro medio delle particelle della fase solida (dp).

• Non conviene invece aumentare DM poiché esso favorirebbe il termine B

Resistenza al trasferimento di massa

62

Page 63: cromatografia

• L’equazione di Van Deemter deriva dalla somma dei tre componenti visti prima e

si vede come ci sia una zona di flussi più convenienti

• Il valore del flusso viene scelto

– per minimizzare H

– per avere tempi di analisi non troppo lunghi

equazione di Van Deemter

63

Page 64: cromatografia

TECNICHE ANALITICHE PER I FINGERPRINTING METABOLOMICO

Parte III: Tecniche Cromatografiche

64

Page 65: cromatografia

Le interazioni che si verificano tra le sostanze da separare e le due fasi (mobile e

stazionaria) sono deboli: se così non fosse non ci sarebbe trattenimento sulla fase

stazionaria oppure, al contrario, eluizione. Sono sfruttate a scopo separativo le

seguenti interazioni:

In tutte queste interazioni svolge un ruolo solitamente decisivo la polarità delle due

fasi. Spesso possono essere presenti più tipi di interazione nello stesso processo

cromatografico

• legami a idrogeno

• interazioni dipolo-dipolo

• interazioni dipolo-dipolo indotto

• forze di Van der Waals

• formazione di composti di interazione

• attrazione coulombiana

• interazioni steriche

INTERAZIONI FRA SOLUTI E FASI

65

Page 66: cromatografia

In base ai tipi di interazione prima descritti possiamo suddividere i meccanismi

di separazione impiegati in cromatografia in:

adsorbimento

ripartizione

scambio ionico

esclusione

affinità

MECCANISMI DI SEPARAZIONE

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Page 67: cromatografia

La fase stazionaria è un solido in polvere steso su un supporto; sulla superficie dei

granuli si trovano siti attivi che possono stabilire legami deboli (reversibili!) con le

molecole della miscela da separare. Si parla quindi di cromatografia di

adsorbimento, che può essere gas-solido o liquido-solido a seconda della natura della

fase mobile

La cromatografia di adsorbimento è

utilizzata per separare sostanze neutre

polari o non polari, di natura organica

o inorganica

ADSORBIMENTO

67

Page 68: cromatografia

La fase stazionaria è un liquido che impregna un solido granulare inerte o è ad esso

chimicamente legato; in questo liquido le molecole da separare sono solubili; la fase

stazionaria e la fase mobile devono invece essere immiscibili.

Durante l’eluizione le molecole si ripartiscono dinamicamente tra le due fasi secondo

la diversa solubilità di ognuna. Si parla quindi di cromatografia di ripartizione, che

può essere gas-liquido o liquido-liquido a seconda della natura della fase mobile

La cromatografia di ripartizione è chiamata in

fase normale se la fase stazionaria è più polare

della fase mobile, mentre è chiamata fase

inversa se la fase stazionaria è meno polare

della fase mobile. Si tratta della tecnica più

comunemente impiegata per la separazione di

sostanze organiche

RIPARTIZIONE

68

Page 69: cromatografia

La fase stazionaria è costituita da un polimero inerte contenente siti attivi ionizzati o

ionizzabili, i cui controioni possono essere scambiati con altri ioni aventi carica dello

stesso segno. Il meccanismo di separazione è basato sulla competizione per i siti di

scambio tra gli ioni presenti nella fase mobile e quelli presenti nel campione. Si parla

di cromatografia di scambio ionico (IEC)

La cromatografia a scambio ionico è impiegata per la separazione di

sostanze ioniche o ionizzabili

SCAMBIO IONICO

69

Page 70: cromatografia

La fase stazionaria è un solido poroso o un gel.

Le molecole dell’analita, disciolte nella fase mobile, penetrano nei pori se le

loro dimensioni sono compatibili e vi rimangono per un certo tempo; le

molecole più grandi sono invece escluse dai pori ed escono dalla colonna in

tempi brevi

Si parla di cromatografia di esclusione dimensionale (SEC)

oGel permeazione per la separazione di sostanze insolubili in acqua

oGel filtrazione per la separazione di sostanze solubili in acqua

La tecnica è impiegata per la separazione di molecole di grandi dimensioni

ESCLUSIONE DIMENSIONALE

70

Page 71: cromatografia

In questo caso si utilizzano reazioni di tipo biochimico, reversibili e molto specifiche,

in modo che le molecole da separare interagiscano con la fase stazionaria e si ottenga

così l’eluizione selettiva di alcuni componenti della miscela. Si parla di

cromatografia di affinità (AFC)

La cromatografia di affinità è

impiegata nella separazione di

molecole di interesse

prevalentemente biochimico

AFFINITÀ

71

Page 72: cromatografia

Cromatografia

72

Page 73: cromatografia

Separazione di amminoacidi

Separazione per scambio cationico di amminoacidi provenienti da residui di materiale proteico rinvenuto all’interno di vasi ceramici. Il profilo degli amminoacidi consente di risalire alla natura degli dei leganti proteici utilizzati negliaffreschi.

D: acido aspartico; N: asparagina; T: treonina; S: serina; E: acido glutamico; Q: glutamina; A: alanina; V: valina

89

Page 74: cromatografia

• Su strato sottile si possono eseguire cromatografie di ripartizione, di adsorbimento, a esclusione e la cromatografia liquida ad alta risoluzione.

• La tecnica è semplice, veloce e permette l'analisi di più campioni contemporaneamente.

• Può essere impiegata sia a scopi analitici che preparativi.

• È basata su un principio analogo alla cromatografia su colonna (a parità di fase stazionaria il comportamento delle sostanze è analogo).

Cromatografia su strato sottile

90

Page 75: cromatografia

TLC • La fase stazionaria è deposta come film sottile su una lastrina di vario

materiale (vetro, plastica, metallo, cartoncino, …).

• La lastrina viene disposta verticalmente in un recipiente chiuso

ermeticamente detto camera di eluizione (becker coperto, barattolo,…),

contenente dell’eluente che bagna solo la parte inferiore della lastrina (al

di sotto della linea di deposizione).

• La fase mobile si muove dal basso verso l’alto per capillarità.

• Quando l'eluente raggiunge quasi la cima della lastrina, la si rimuove dalla

camera di eluizione e la si sviluppa per evidenziare delle macchie.

• La TLC è molto utile per seguire l’andamento di una reazione, per saggiare

la purezza di un composto e per identificare un prodotto noto in una

miscela.

• In TLC gli analiti si associa il fattore di ritenzione Rf data da:

Rf = spostamento della sostanza

spostamento del fronte del solvente 91

Page 76: cromatografia

• A una lastrina dí vetro, di plastica o di metallo viene applicata una sospensione densa della fase stazionaria, normalmente in acqua, e la si stende sotto forma di uno strato sottile e uniforme per mezzo di una spatola, partendo da un lato della lastra e muovendosi verso il lato opposto.

• Lo spessore dello strato dipende dal tipo di separazione cromatografica desiderata. Nel caso di separazioni analitiche lo spessore è dell'ordine di 0,25 mm, mentre per quelle preparative può arrivare anche a 5 mm.

• Nella cromatografia d'adsorbimento, alla sospensione viene aggiunto un agente legante, come il solfato di calcio, che facilita l'adesione dell'adsorbente alla lastra. In generale la lastra viene essiccata per far aderire perfettamente la fase stazionaria al supporto. Nel caso di adsorbenti, l'essiccamento è condotto in una stufa a 100-120°C. Ciò serve anche a ottenere l'attivazione dell'adsorbente.

• È oggi commercialmente disponibile una vasta gamma di piastre già pronte.

Preparazione dello strato sottile

92

Page 77: cromatografia

Punto di allpicazione del campione

Fronte del solvente

Sostanze separate

Page 78: cromatografia

Sviluppo • Il campione viene applicato alla lastra mediante una micropipetta o una

siringa sotto forma di macchia, a circa 2,0 cm dal bordo. Il solvente viene rimosso con un leggero riscaldamento o con un asciugacapelli.

• La separazione avviene in un recipiente di vetro che contiene sul fondo circa 1,5 cm di solvente di sviluppo.

• Il solvente va lasciato equilibrare per almeno un'ora chiudendo il recipiente con un coperchio, in modo di assicurare che l'atmosfera al suo interno diventi satura del vapore del solvente (equilibramento), per evitare una corsa irregolare del solvente e quindi una cattiva separazione.

• Una volta avvenuto l'equilibramento, si toglie il coperchio e si posiziona verticalmente la lastra nel recipiente facendo in modo che peschi nel solvente.

• Si ripone quindi il coperchio e la separazione avviene man mano che il solvente corre lungo la lastra.

• Lo sviluppo viene arrestato quando il fronte del solvente ha raggiunto circa i due terzi della lunghezza della lastrina: normalmente occorrono pochi minuti.

94

Page 79: cromatografia

Rivelazione dei componenti • In alcuni casi di analiti colorati non è necessaria alcuna operazione.

• Spruzzando sulla lastra acido solforico al 50% o acido solforico al 25% in

etanolo, si ottiene la carbonizzazione della maggior parte dei composti che,

pertanto, saranno visibili come macchie marroni.

• L'esame della lastra sotto luce ultravioletta mostrerà la posizione di

sostanze che assorbono nell'ultravioletto o di composti fluorescenti. Molti

adsorbenti commerciali usati per la cromatografia su strato sottile

contengono un colorante fluorescente, così che, all'esame in luce

ultravioletta, i composti separati appaiono come macchie blu, verdi o nere

su uno sfondo fluorescente.

• Se si sottopone invece la lastra a vapori di iodio si mettono in evidenza i

composti insaturi.

• Spruzzando infine la lastra con reattivi specifici si otterrà la colorazione di

determinati composti: ad esempio, con la ninidrina gli aminoacidi si

colorano in violetto.

95

Page 80: cromatografia

TLC bidimensionale

direzione di flusso del primo solvente

direzione di flusso del secondo solvente

separazione se viene usato solo il secondo solvente

separazione se entrambi i solventi vengono utilizzati

separazione se viene usato solo il primo solvente

Il materiale da cromatografare è posto su un angolo della lastra come singola macchia e successivamente viene sviluppato in una direzione e dopo essiccamento è sviluppata con un altro eluente in una direzione perpendicolare alla prima.

96

Page 81: cromatografia

Cromatografia su carta • Le fibre di cellulosa della carta fungono da matrice di supporto per la fase

stazionaria.

• La fase stazionaria può essere acqua, o un materiale apolare (ad esempio la

paraffina liquida) oppure particelle impregnate di un adsorbente solido.

• Esistono in commercio carte dotate di diverse caratteristiche.

• Sia per il metodo ascendente (simile al TLC) sia per quello discendente il

solvente è posto sul fondo di un recipiente chiuso per permettere la

saturazione della camera con i suoi vapori.

• Nella tecnica discendente, il lato della carta lungo il quale è deposto il

campione è invece immerso in una vaschetta alla sommità del recipiente

mentre il resto della carta è lasciato pendere verticalmente. Il solvente si

muove verso il basso a causa della forza di gravità. Questa tecnica, rispetto a

quella ascendente, presenta il vantaggio che la velocità di flusso del solvente

è maggiore.

• Anche nella cromatografia su carta si può usare la tecnica bidimensionale,

analogamente a quanto è stato descritto per la TLC. 97

Page 82: cromatografia

TECNICHE ANALITICHE PER I FINGERPRINTING METABOLOMICO

Parte IV: UHPLC

98

Page 83: cromatografia

99

HPLC

Page 84: cromatografia

HPLC

Mobile Phases

Flow Rate Composition

Injection Volume

Column Oven Temperature

Wavelength Time Constant

100

Page 85: cromatografia

Fasi Mobili

101

Page 86: cromatografia

Pompa HPLC a pistoni reciprocanti

102

Page 87: cromatografia

INIETTORE A LOOP

103

Page 88: cromatografia

Trapping mode

Load-trapping injection mode was performed using a 10-port switching valve connected

to a Loading Pump (L.P.), a micro-pump (μ.P.), a trap column and a separation column.

In the Load-Inject position, the sample is introduced onto the loading column using the

L.P. for 5 min and then transferred to the separation column using the μ.P. (Eluting

mode position). 104

Page 89: cromatografia

Esempio

Carboidrati: 1. Fructose 2. Glucose 3. Saccharose 4. Palatinose 5. Trehalulose 6. isomaltose

Zorbax NH2 (4.6 x 250 mm)

70/30 Acetonitrile/Water

1 mL/min Detect=Refractive Index

1

2 3

4

5

mAU

time

6

105

Page 90: cromatografia

Separation in based upon differential migration between the stationary and mobile phases.

Stationary Phase - the phase which remains fixed in the column, e.g. C18, Silica

Mobile Phase - carries the sample through the stationary phase as it moves through the column.

Injector

Detector

Column

Solvents

Mixer

Pumps

Waste

HPLC

106

Page 91: cromatografia

Injector

Detector

Column

Solvents

Mixer

Pumps

Chromatogram

Start Injection

mAU

time

HPLC

107

Page 92: cromatografia

Injector

Detector

Column

Solvents

Mixer

Pumps

Chromatogram

Start Injection

mAU

time

HPLC

108

Page 93: cromatografia

Injector

Detector

Column

Solvents

Pumps

Mixer

Chromatogram

Start Injection

mAU

time

HPLC

109

Page 94: cromatografia

Injector

Detector

Column

Solvents

Pumps

Mixer

Chromatogram

Start Injection

mAU

time

HPLC

110

Page 95: cromatografia

Injector

Detector

Column

Solvents

Pumps

Mixer

Chromatogram

Start Injection

mAU

time

HPLC

111

Page 96: cromatografia

Injector

Detector

Column

Solvents

Pumps

Mixer

Chromatogram

Start Injection

mAU

time

HPLC

112

Page 97: cromatografia

Injector

Detector

Column

Solvents

Pumps

Mixer

Chromatogram

Start Injection

mAU

time

HPLC

113

Page 98: cromatografia

Injector

Detector

Column

Solvents

Pumps

Mixer

Chromatogram

Start Injection

mAU

time

HPLC

114

Page 99: cromatografia

Injector

Detector

Column

Solvents

Pumps

Mixer

Chromatogram

Start Injection

mAU

time

HPLC

115

Page 100: cromatografia

Injector

Detector

Column

Solvents

Pumps

Mixer

Chromatogram

Start Injection

mAU

time

HPLC

116