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Das Cabinet des Dr. Caligari 11gabinetto del dottor Caligari (1920) di Robert Wiene Jesús González Requena Una delle scene iniziali di Das Cabinet des Dr. Caligari (Il gabinetto del dottor Caligari, 1920) ritrae Alan che tenta invano di studiare in camera sua. Ora, come avrebbe potuto riuscirci in una camera e in un mondo come quelli? La critica dell'epoca salutó il film come un'opera maestra dell'horror, terrificante e angosciante. Ma questo indubbio effet- to non era dovuto solo aglí insoliti eventi relativi alla narrazione, bensi anche, se non soprattutto, alle strane caratteristiche dello spazio in cuí avevano luego, che generava sin dall'inizio uno stato di malessere e di vertigine determinante nell'esperienza visiva del film. Perché aliara non tentare di prestare attenzione a ció che emerge da queste caratteristiche anziché accontentarsi, come al solito, di catalogarle come tratti tipici dello stile espressionista rendendole cosi invisibili? Sin dall'inizio la composizione dell'imma- gine e definita da due forme verticali: quella del personaggio, situato alla sini- stra dell'inquadratura, e quella della sedia, che occupa una posizione prominente alla sua destra. Lo strano e del tutto immoti- vato angolo a forma di cuneo che si deli- nea sulla parete di fondo, nella parte superiore e centrale dell'immagine, tra la finestra e la sedia, sembra divídere la scena in due grandi zone, ciascuna domi- nata da una delle due figure. Indubbiamente sorprende che sia la sedia, e non il personaggio, l'elemento compo- sitivo dominante. Ed e cosi non solo per la sua maggiore dimensione relativa e per il fatto che sia me no laterale rispetto alla figura di Alan, ma anche per l'inten- sa luce che riceve e che le dona assoluto rilievo, delineando nitidamente il suo smisurato schienale sul fondo nero circo- stante, contrariamente al giovane, il cui vestito scuro si amalgama con lo sfondo. 11secondo elemento determinante della composizione e la presenza massiccia di linee rette, per la maggíor parte marcata- mente inclinate e non dritte come la sedia e Alan. Solo aIcune di queste, come quelle del letto e del pavimento deterio- rato, possono essere giustificate dalla prospettiva, ma non e cosi per quelle che popolano la finestra di fondo: si direbbe che le linee nettamente orizzontali e ver- ticali del suo rettangolo abbiano per obiettivo quello di rendere piu evidente l'assurda inclinazione del suo telaio interno, cosí come quella dei comignoli che si distinguono, pienamente definiti, 59

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Das Cabinet des Dr. Caligari11gabinetto del dottor Caligari (1920) di Robert Wiene

Jesús González Requena

Una delle scene iniziali di Das Cabinetdes Dr. Caligari (Il gabinetto del dottorCaligari, 1920) ritrae Alan che tentainvano di studiare in camera sua. Ora,come avrebbe potuto riuscirci in unacamera e in un mondo come quelli?La critica dell'epoca salutó il film comeun'opera maestra dell'horror, terrificantee angosciante. Ma questo indubbio effet-to non era dovuto solo aglí insoliti eventirelativi alla narrazione, bensi anche, senon soprattutto, alle strane caratteristichedello spazio in cuí avevano luego, chegenerava sin dall'inizio uno stato dimalessere e di vertigine determinantenell'esperienza visiva del film. Perchéaliara non tentare di prestare attenzionea ció che emerge da queste caratteristicheanziché accontentarsi, come al solito, dicatalogarle come tratti tipici dello stileespressionista rendendole cosi invisibili?Sin dall'inizio la composizione dell'imma-gine e definita da due forme verticali:quella del personaggio, situato alla sini-stra dell'inquadratura, e quella della sedia,che occupa una posizione prominente allasua destra. Lo strano e del tutto immoti-vato angolo a forma di cuneo che si deli-nea sulla parete di fondo, nella partesuperiore e centrale dell'immagine, tra lafinestra e la sedia, sembra divídere lascena in due grandi zone, ciascuna domi-nata da una delle due figure.Indubbiamente sorprende che sia la sedia,e non il personaggio, l'elemento compo-

sitivo dominante. Ed e cosi non solo perla sua maggiore dimensione relativa eper il fatto che sia me no laterale rispettoalla figura di Alan, ma anche per l'inten-sa luce che riceve e che le dona assolutorilievo, delineando nitidamente il suosmisurato schienale sul fondo nero circo-stante, contrariamente al giovane, il cuivestito scuro si amalgama con lo sfondo.11secondo elemento determinante dellacomposizione e la presenza massiccia dilinee rette, per la maggíor parte marcata-mente inclinate e non dritte come lasedia e Alan. Solo aIcune di queste, comequelle del letto e del pavimento deterio-rato, possono essere giustificate dallaprospettiva, ma non e cosi per quelle chepopolano la finestra di fondo: si direbbeche le linee nettamente orizzontali e ver-ticali del suo rettangolo abbiano perobiettivo quello di rendere piu evidentel'assurda inclinazione del suo telaiointerno, cosí come quella dei comignoliche si distinguono, pienamente definiti,

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in fondo. E questo gioco di inclinazioniassurde, destabilizzatrici, distruttrici dellecoordinate fondamentali - l'orizzontale ela vertical e - da cui dipende il nostroorientamento stabile nello spazio, prose-gue e si accentua dentro la stanza, tantonel centro quanto nel lato destro dellaparte superiore dell'imrnagine.Non c'e dubbio peraltro che questa pro-fusione di linee, al tempo stesso ansiosa-mente rette e assurdamente inclinate, siain relazione diretta con il personaggío,Alan, e piú nello specifico con la suatesta. Infatti la testa di Alan si trovasubito accanto alla finestra, finestra a cuí

in un primo momento eglí da le spalle.Dunque prova a concentrarsi sul libro chesta leggendo. E non e difficile indovinareche quello che gli offre illibro e il con-trario della costellazione visiva dispostadietro di lui, all'altezza della sua testa. Lelinee parallele invariabilmente orizzontalicostituenti le righe del libro sono il para-digma dell'ordine del discorso, in assolutaopposizione con lo sbocciare del disordi-ne visivo che circonda il personaggio.Cosa che, peraltro, risulta ancor piu evi-dente se prendiamo in considerazione iltempo necessario all'esplorazione percetti-va dell'imrnagine. Senza dubbio la primacosa che vede lo spettatore, per via del-l'assurda composizione, e la sedia adestra. Dalla sedia il nostro sguardo saltaa sinistra, in cerca di Alan, l'altra grandefigura eretta dell'immagine, quella che,per la sua natura antropomorfica, rispon-

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de alle nostre aspettative narrative. Unavolta li, ci fermiamo un attimo sulla testadi Alan, poi scendiamo, condotti dal suostesso sguardo, sul libro che tiene inmano. Pero non c'e nulla che ci trattengali, cosi ci troviamo immediatamente presida questa irritante finestra la cui confor-mazione strutturale, come abbiamo appe-na segnalato, si oppone in modo moltoaccentuato a quella del libro. Che lo sfor-zo compiuto dal giovane per studiaresembri destinato al fallimento fin dalprimo momento, lo si deve al fatto chel'ordine delle linee orizzontali paralleledel libro e minacciato, reso impossibile,

da questa proliferazione di linee assurda-mente inclinate a cui lo studente cerca didare le spalle. E il nostro sguardo si vedeobbligato a percorrerle e a fare sua l'espe-rienza di questo mondo caotico: esploraprima l'intemo della finestra, poi prose-gue, da sinistra a destra, seguendo questeviolente diagonali, assolutamente ingiu-stificate, che impongono la loro presenzanella parte superiore destra dell'immagineeche conducono fino alletto, ritagliatonel margine destro.Che relazione c'e tra questo proliferare dilinee inclinate che invadono la partesuperiore dell'immagine e Alan? Questelinee costituiscono un mondo pazzo insé, che circonda e minaccia il personag-gio rendendogli impossibile lo studio,oppure sono l'espressione metaforicadella sua stessa pazzia? Non e necessariosceglíere tra una risposta e l'altra: il rac-

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conto che ci offre il film, lo ricordiamo, equello del mondo pazzo di un pazzo.Ad ogni modo nel dispiegarsi di questapazzia - di Ajan, del mondo o di entram-bi - il letto occupa uno speciale, e sidovrebbe aggiungere impossibile, posta:si trova all'estremo opposto rispetto alpersonaggio, che, nello sforzo di studiare,gli volta ovviamente le spalle. Il che,inoltre, e giustificato dalla luce dellalampada a petrolio che si trova all'estre-ma sinistra dell 'inquadratura. Questalampada a petrolio contiene una dellepoche linee curve dell'immagine; le altresono quelle dello schienale della sedia e

del cuscino delletto. E va notata l'equi-valenza delle posizioni della lampada edel cuscino: entrambi si trovano agliestremi dell'inquadratura ed entrambicostituiscono, insieme alla sedia, le fontidi luce piú intense, senz'altro maggiori diquella del cielo visibile dalla finestra.Volgendosi verso la luce della lampada apetrolío, Ajan da le spalle alla luce delcuscino. Studiando, si direbbe che stiafuggendo dal letto, da questa strana pre-senza che e al tempo stesso quasi un'as-senza: rappresentato nel suo marginedestro, il letto si fa vedere con l'intensitádel suo volume, particolarmente rilevantein uno spazio come questo, dominatodalla scenografia dipinta, ma al tempostesso risulta quasi espulso dal campovisivo. In altre parole il letto e presentenel campo visivo, ma lo e nel peggíormodo possibile, dal momento che e

oggetto della peggiore inquadratura. Sarache costituisce il luogo impossibile delfilm nel suo insieme? Come abbiamo evi-denziato, nel momento in cui Ajan glívolta le spalle provando a concentrarsisul libro, il groviglio di linee oblique chepartono dalla sua testa conduce imman-cabilmente verso il letto. Specialmentel'ultima, quella lunga línea discendenteche sembra indicare il letto come luegodi un collasso definitivo. Peraltro, lo svi-luppo della narrazione dovrá confermarein tutte le sue espressioni ció che orariconosciamo scritto nella sua scenogra-fia: innanzitutto, in questa stessa scena

Ajan rinuncerá allo studio e si affacceraalla finestra, dalla quale ricevera un affa-scinante richiamo che illuminera iI suovolto e la sua mano stranamente contor-ta nel gesto tipico di un alienato, poiuscirá correndo in strada, dove vedral'annuncio della fiera; il suo percorsonarrativo si concludera piú tardi, quando,dopo ayer assistito allo spettacolo diCaligari, morirá assassinato nel suo stes-so letto dal sonnambulo Cesare.D'altronde iI film non esita a richiamarela massima attenzione dello spettatore suiparticolari dello spazio in cui si sviluppala scena iniziale. Dopo averci mostrato inpiano medio Ajan nel momento in cuidecide di uscire di casa, la macchina dapresa torna all'inquadratura general e del-1'inizio e ci fa vedere il giovane cheattraversa 1'inquadratura fino a uscirne dicampo da destra. Il giovane rientrera in

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campo solo otto secondi dopo per riattra-versare la stanza dirigendosi verso laporta.Perché un piano vuoto cosi insolitamentelungo? E impossibile attribuirlo a un defi-cit tecnico o al dominio dei piani.Abbiamo appena visto in questa sequenzauna fluida successione di piani stretti e dicampi lunghi in cui l'angolazione dellamacchina da presa rimane inalterata, epotremmo citare molti altri momenti delfilm in cui Wiene si mostra capace disegmentare la scena variando l'angolazío-ne di ripresa. 11regísta ricorrera anchealla panoramica per mostrare una succes-

sione di piani medi di personaggí che sitrovano in linea perpendicolare all'assedella macchina da presa. Nulla, pertanto,gli avrebbe impedito di utilizzare anchequi uno di questi procedimenti per seguí-re Alan che indossa il cappotto e si accin-ge a lasciare la sua stanza. Cosicché lascelta di lasciare a lungo il piano vuotocorrisponde a un'opzione consapevole.Una scelta che tuttavia non corrisponde aun utilizzo specifico dello spazio fuoricampo, poiché quello che accade nel fuoricampo e assolutamente irrilevante, privodi intensita drammatica, cosi come l'attomeccanico di indossare il cappotto, cheavrebbe potuto essere omesso senza com-promettere la narrazione. Dunque e possi-bile attribuire la scelta di non muovere lamacchina da presa alla riluttanza amostrarci meglio questo letto, dato chequalsiasi altra opzione ne aumenterebbe

la visibilita. E, al tempo stesso, si puóattribuire alla chiara scelta del regista diobbligare lo spettatore a guardare atten-tamente la stanza, ora che il personaggionon distrae piú il suo sguardo.Capire cíó che interviene in questo lungopiano vuoto ci obbliga a rendere esplicitoil riferimento intertestuale che vi sinasconde: La camero di Arles.Le somiglianze tra le due ímmagíní sipalesano immediatamente: la stessa posi-zione della finestra, due sedie rustiche, infondo a sinistra mobili equivalenti,un'angolazione simile delletto, inentrambi i casi avvolto da una coperta dicolore intenso, la centralita del pavimen-to vuoto, visto da una stessa angolazionee con un medesimo effetto grandangolare(le linee del parquet, in entrambi i pavi-menti, hanno lo stesso punto di fuga), edequivalenti effetti di angolazione; allostesso modo le linee spezzate del filmtrovano il loro corrispettivo nei quadrifortemente inclinati sopra il letto deldipinto di Van Gogh.Consideriamo ora le differenze piú note-voli: riguardano la sedia e il letto.Questo, per quanto non sia centrato, sivede interamente nel quadro, ma soloparzialmente nel film. E c'e di sicuro unaforte differenza cromatica tra il quadro eil film. 11primo e formato da que staappassionante combinazione di coloriprimari che tanta influenza avrá sui pit-tori espressionisti: un blu freddo allepareti e alle porte, il marrone per il pavi-mento e i mobili, eccezion fatta per illegno tendente all'arancione del letto, ilverde e il giallo nei riquadri della fine-stra, il gíallo per le lenzuola, i cuscini eper due dei quadri appesi, l'arancione piúintenso negli altri due quadri, in uno deiquali si intravede un ritratto maschile, eper finire un rosso intenso per la coperta.A fronte di una varieta cromatica cosiampia, non puó che contrastare l'omoge-neita cromatica che regna, per opera delviraggio, nell'immagine cinematografica.

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Tuttavia ció, lungi dall'ipotizzare unpunto di rottura tra il quadro e il film, cirestituisce anzi uno deglí aspetti píú inti-mi di questa somiglianza. Basta fareattenzione all'ampiezza della gamma cro-matica del quadro, dalla freddezza dellesue pareti azzurre fino al rosso ardentedella coperta e all'intenso e insolito gial-lo dei cuscini e delle lenzuola. Non c'edubbio che la coperta, in un mobileantropomorfico corn'e un letto, individuail luego di un carpa. Un carpa tantoardentemente sanguigno per il rosso dellacoperta quanto febbrile nella testa per ilgiallo intenso che impregna lenzuola ecuscini. Ebbene, il gíallo che domina lasequenza del film non e l'estensioneassoluta del giallo della febbre vango-ghiana?La distanza fra le due immagini esistesenz'altro, ma si trova altrove.Concentriamoci, una volta per tutte, sullesedie. L'importanza soggettiva, ovveroespressiva, di tutti i colori nell'universovangoghiano e nitidamente percettibile inesse, poiché, pur essendo materialmenteuguali, le sedie variano soggettivamentele loro tonalita cromatiche. Di fronte almarrone deciso di quella in primo piano,l'altra risulta tendente all'arancio per lacontaminazione soggettiva del giallo delcuscino.Per quanto riguarda le sedie del film, nonc'e dubbio che condividano con quelledel quadro il vuoto centrale che conferi-sce alle camere l'identica sensazione disolitudine desolata; che c'e di meglio,infatti, di un campo vuoto per registrarela solitudine di uno spazio? Pero, aldiladi questo e della loro comune rusticitá, lesedie del film e del quadro costituisconodue espressioni opposte. La sedia princi-pale nel film di Wiene e in primo piano eda palesemente le spalle al letto, casicome in un certo senso fa l'inquadraturastessa, mantenendo il letto al suo margi-ne. La sedia principale del quadro di VanGogh, invece, si trova piú lontano e al

tempo stesso condivide il centro del qua-dro con la trapunta rossa e il cuscinogiallo; ma l'elemento piú rilevante dellasua posizione eche, anziché dare le spal-le al letto, sembra rivolgerglisi amorevol-mente, come se fosse stata messa li peressere occupata da qualcuno che, lungidal limitarsi a far visita a un malato, siaccinge ad accompagnarlo, a prendersicura di lui e ad ascoltarlo nella piuprofonda intimita. Cosicché la sedia allafine si rivela come l'espressione piúintensa di un desiderio di compassione:qualcuno che vi si sieda, ascolti, com-prenda, si faccia carico di questo carpaardente, di questa testa febbrile quale eraquella di Van Gogh.Questo quadro che parla di solitudinecostituisce, inoltre, una disperata richie-sta di amore: qualcuno che limiti la fred-dezza notturna che fa di queste paretiquanto di piú opposto a un focolaredomestico. Richiesta disperata che qual-cuna, un altro - forse Gauguin - accorraa mettere fine all'abisso della solitudinein cui naufraga il pittore.Nel film accade tutto il contrario. Alregistro schizofrenico che invade il qua-dro, e l'intera opera di Van Gogh, DasCabinet des Dr. Caligari ne contrapponeuno paranoico. Come dicevamo, la suasedia, dalle fattezze stranamente defor-mate, da totalmente le spaUe al letto. Lasedia non marca la posizione di chi com-píange e si prende cura di un malato, maquella di chi non vuole sapere nulla dilui, né della sua malattia. O piuttosto e lasedia del malato stesso, sommerso nellapazzia che si impone di ignorare. Unmalato che non vuole sapere nulla diquesto letto, che gli volta completamentele spalle pur essendone al contempoattratto: da qui la sua deformitá, il suoinsolito allungamento, ma anche il suoinaspettato incurvarsi follemente ripetu-to, malta simile alla curva del cuscinodel letto, da cui si sprigionano tutti gliincubi.

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Das Cabinet des Dr. Cligari, Il cabinetto del dottor Caligari (1920) di Robert Wiene, en Paolo Bertetto e Sergio Toffetti (Eds.): Incontro ai fantasmi. Il cinema espessionista, Centro Sperimentale di Cinemtografia, 2008, Roma.

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