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Avvenire 02/18/2012 Page : A23 Copyright © Avvenire February 19, 2012 8:13 am / Powered by TECNAVIA / HIT Copy Reduced to 58% from original to fit letter page KIERKEGAARD E IL GESÙ ETERNO PRESENTE MAURIZIO SCHOEPFLIN più riprese, in occasione del recente convegno "Gesù nostro contemporaneo", è stato citato il nome del filosofo danese Søren Kierkegaard, il quale affermò con grande chiarezza che la vera fede implica la decisiva avvertenza della piena contemporaneità di Cristo. Strettamente collegata con questa certezza, il pensatore di Copenaghen ne ebbe un’altra: Gesù di Nazaret non vuole ammiratori, ma imitatori. Queste due convinzioni kierkegaardiane stanno in fecondo rapporto fra loro. Se la contemporaneità non permette al cristiano autentico di relegare Cristo in un passato che non incide sul presente, così l’imitazione gli rende impossibile fare di Lui una sorta di innocuo personaggio da ammirare da lontano. All’imitatore è richiesto un coinvolgimento pieno, un impegno in prima persona, mentre all’ammiratore può bastare uno sguardo freddo e impersonale. Kierkegaard parla di reduplicazione: si tratta, a suo giudizio, di un elemento essenziale della fede cristiana, di un personale raddoppiamento esistenziale del Verbo salvifico, realizzato obbedendo al comando di Gesù: «Vi ho dato l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi». L’imitatore aspira a essere come l’originale, l’ammiratore, sostiene Kierkegaard, «rimane personalmente fuori». Nell’ammirazione manca la compromissione personale, il rischio connesso con il vivere nella contemporaneità con Gesù. Scrive ancora il pensatore danese: «Quando non c’è alcun pericolo, quando regna la calma e quando tutto sta in favore del cristianesimo, è fin troppo facile scambiare l’ammiratore con l’imitatore e con tutta tranquillità può accadere che l’ammiratore muoia nell’illusione d’aver scelto la strada giusta. Attenzione quindi alla contemporaneità». E rincara la dose, rammentando che a Giuda non fece certo difetto l’ammirazione per Gesù: anzi, egli «divenne traditore proprio perché era ammiratore». Kierkegaard intende spingere il vero cristiano verso un’imitazione che viene testimoniata dalla coerenza della vita e che dunque è nemica di ogni accomodamento interiore ed esteriore. Facendo appello alla fondamentale idea della contemporaneità, egli propone un’immagine della fede cristiana imperniata sulla vitale vivacità di una persona da seguire, piuttosto che sulla mera accettazione della lettera di una dottrina quanto si vuole ammirevole, ma pur sempre incapace, nella sua aridità, di muovere la persona verso una profonda adesione esistenziale. L’ammirazione finisce per condurre a un atteggiamento di distacco, mentre l’imitazione spinge fino all’assimilazione, come attestano le celebri parole di San Paolo contenute nella Lettera ai Galati: «Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me». Dunque, a giudizio di Kierkegaard, i concetti di contemporaneità e di imitazione si richiamano a vicenda e, in certo modo, si implicano: essi fanno sì che, se vuole essere autentico, il cristiano debba prendere molto sul serio la scelta di seguire Gesù Cristo. © RIPRODUZIONE RISERVATA A Letteratura Quando Schnitzler anticipò Freud sul «perturbante» PAGINA 24 Saggistica Wight e la politica internazionale tra Machiavelli e Kant PAGINA 25 Cinema A Berlino od di guerra in per una ba P IDEE. Da oggi in libreria una raccolta di sc sulla visione cristiana e il compito educat Contro la «tenta della famiglia d DI GIULIANOVIGINI er esser stato oltre vent’anni (1980-2002) il pastore di una grande città come Milano, e di un’ancor più grande diocesi, il cardi- nale Carlo Maria Martini ha avuto nu- merose occasioni di contatto diretto con persone e famiglie, in ambienti diversi. E certo, incontrandole e ascol- tandole, ha potuto decifrare la com- plessità delle situazioni in cui la gente vive, nel contesto di una società muta- ta nella coscienza degli ideali, dei va- lori e delle responsabilità, sia indivi- duali che pubbliche, e di riflesso an- che nella mentalità, nei comporta- menti e negli stili di vita. Non soltanto dunque la polis è cambiata per effetto del groviglio di problemi connessi al- l’economia e al lavoro, ma soprattutto in relazione al decadimento etico, alla crisi di credibilità e, di conseguenza, alla svalutazione delle istituzioni, alla sfiducia e al distacco dei cittadini dalla politica, ai conflitti tra generazioni; è cambiata perché ha elaborato una di- versa concezione di sé e del mondo, trovando (o credendo di trovare) mo- delli e punti di riferimento più conso- ni rispetto al passato per un’afferma- zione nuova di libertà individuali e di giustizia sociale. Anche la famiglia è ri- masta profondamente scossa in tutto questo rivolgimento di idee, costumi e prospettive, che non sembrano peral- tro aver rinsaldato la realtà etica e spi- rituale della polis, nella consapevolez- za dell’appartenenza dei singoli alla città degli uomini, come cittadini che agiscono in concordia per il bene co- mune. Certo la famiglia italiana ha re- sistito meglio di altre all’onda d’urto che rischiava di lederne irreparabil- mente le fondamenta come istituzio- ne cardine della convivenza sociale, ma indubbiamente anch’essa ha ri- sentito di un equilibrio generale che in parte si è spezzato, in parte si è ap- pannato e impoverito. Si è spezzato, generando instabilità e precarietà, per il consistente e costante aumento del- le separazioni e dei divorzi, la diminu- zione della durata media dei matri- moni, il moltiplicarsi delle coppie di fatto e dei figli nati fuori del matrimo- nio, con scelte determinate da atti di volontà «libera e libertaria», non vin- colanti come impegni e responsabilità e potenzialmente quindi anche prov- visori, pur in presenza di richieste di legittimità, tutela e riconoscimento sociale equiparabili a quelle della fa- miglia naturale. Si è appannato e im- poverito, perché la famiglia, diventata psicologicamente e affettivamente più fragile nelle relazioni di coppia, si è ri- trovata meno sicura e più sola. Proble- mi che si sono aggravati per le diffi- coltà economiche, ma anche per lo stress determinato da un ambiente ur- bano e da un’organizzazione sociale che ne ha accentuato la debolezza e accelerato il disagio. Il problema pa- storale, di fronte a una situazione fa- P miliare così problematica, emerge quindi con evidenza. Anche nei me- glio disposti e perseveranti si è insi- nuata la sensazione di essere impo- tenti e inutili, e la tentazione della ri- nuncia e dell’abbandono, per l’impos- sibilità percepita di non riuscire più a sostenere il valore di una famiglia buona, onesta, unita, e consapevole in cui ognuno è parte essenziale e inte- grante del cammino di tutti. Nell’ana- lisi di Martini questa tentazione viene più volte messa in luce, per ribadire che le difficoltà crescenti dell’educare non devono condurre a una forma di paralisi o di pessimismo, ma devono rendere ancora più intenso lo sforzo di chi ha il compito pastorale delle fa- miglie, e della cura dei giovani in par- ticolare, di indicare, e testimoniare, quell’insieme di virtù, responsabilità e beni comuni che fanno crescere come persone e come membri della società. e questo è il contesto, è evidente che educare è più difficile, pur restando sempre un compito bello e gioioso. Per la Chiesa, la fami- glia cristiana è l’àmbito in cui prende avvio la trasmissione del messaggio e dell’esperienza di fede in Gesù: mes- saggio che, vissuto all’interno del nu- cleo familiare, si dilata poi a tutta la rete dei rapporti quotidiani con gli al- S tri. Il cardinale Martini illustra questo aspetto salendo nella B bia alle vicende Giuseppe, il fig di Giacobbe, n Genesi (capito me emblema d sioni e degli err versare, scomp na famiglia, di società. Ma il r glia è anche la Dio pazientem re i risentimen vare la strada d che segni l’iniz vivere insieme mo attore di qu Dio, gli altri pro misura i memb glia: Giuseppe, Giacobbe. Da q Martini ricava certezza che no rabili, ma esist possibilità di ra in virtù della m riconciliatrice tori e figli proc sto cammino in che il loro itine gelizzazione. E DITORIALE S. Kierkegaard

della famiglia debole Contro la «tentazione» · del recente convegno "Gesù nostro contemporaneo", è stato citato il nome del filosofo danese Søren Kierkegaard, il quale affermò

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Page 1: della famiglia debole Contro la «tentazione» · del recente convegno "Gesù nostro contemporaneo", è stato citato il nome del filosofo danese Søren Kierkegaard, il quale affermò

Avvenire 02/18/2012 Page : A23

Copyright © Avvenire February 19, 2012 8:13 am / Powered by TECNAVIA / HIT-MP

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AGORÀCULTURARELIGIONITEMPO LIBEROSPETTACOLISPORT

KIERKEGAARDE IL GESÙ

ETERNO PRESENTEMAURIZIO SCHOEPFLIN

più riprese, in occasionedel recente convegno"Gesù nostro

contemporaneo", è stato citatoil nome del filosofo daneseSøren Kierkegaard, il qualeaffermò con grande chiarezzache la vera fede implica ladecisiva avvertenza della pienacontemporaneità di Cristo.Strettamente collegata conquesta certezza, il pensatore diCopenaghen ne ebbe un’altra:Gesù di Nazaret non vuoleammiratori, ma imitatori.Queste due convinzionikierkegaardiane stanno infecondo rapporto fra loro. Se lacontemporaneità non permetteal cristiano autentico di relegareCristo in un passato che nonincide sul presente, cosìl’imitazione gli rendeimpossibile fare di Lui una sortadi innocuo personaggio daammirare da lontano.All’imitatore è richiesto uncoinvolgimento pieno, unimpegno in prima persona,mentre all’ammiratore puòbastare uno sguardo freddo eimpersonale. Kierkegaard parladi reduplicazione: si tratta, asuo giudizio, di un elementoessenziale della fede cristiana,di un personaleraddoppiamento esistenzialedel Verbo salvifico, realizzatoobbedendo al comando diGesù: «Vi ho dato l’esempio,perché come ho fatto io,facciate anche voi». L’imitatoreaspira a essere come l’originale,l’ammiratore, sostieneKierkegaard, «rimanepersonalmente fuori».Nell’ammirazione manca lacompromissione personale, ilrischio connesso con il vivere

nellacontemporaneitàcon Gesù. Scriveancora ilpensatoredanese: «Quandonon c’è alcunpericolo, quandoregna la calma equando tutto sta

in favore del cristianesimo, è fintroppo facile scambiarel’ammiratore con l’imitatore econ tutta tranquillità puòaccadere che l’ammiratoremuoia nell’illusione d’averscelto la strada giusta.Attenzione quindi allacontemporaneità». E rincara la dose, rammentandoche a Giuda non fece certodifetto l’ammirazione per Gesù:anzi, egli «divenne traditoreproprio perché eraammiratore».Kierkegaard intende spingere ilvero cristiano versoun’imitazione che vienetestimoniata dalla coerenzadella vita e che dunque ènemica di ogniaccomodamento interiore edesteriore. Facendo appello allafondamentale idea dellacontemporaneità, egli proponeun’immagine della fedecristiana imperniata sulla vitalevivacità di una persona daseguire, piuttosto che sullamera accettazione della letteradi una dottrina quanto si vuoleammirevole, ma pur sempreincapace, nella sua aridità, dimuovere la persona verso unaprofonda adesione esistenziale.L’ammirazione finisce percondurre a un atteggiamento didistacco, mentre l’imitazionespinge fino all’assimilazione,come attestano le celebri paroledi San Paolo contenute nellaLettera ai Galati: «Non sono piùio che vivo, ma è Cristo chevive in me». Dunque, a giudizio diKierkegaard, i concetti dicontemporaneità e diimitazione si richiamano avicenda e, in certo modo, siimplicano: essi fanno sì che, sevuole essere autentico, ilcristiano debba prendere moltosul serio la scelta di seguireGesù Cristo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Archivi Vaticani:in rete l’indice delprocesso a Bruno

◆ Da ieri, sul sito"www.luxinarcana.org", èpossibile leggere il Sommariodel processo a Giordano Bruno.Il frate e pensatore ereticovenne arso sul rogo a Campode’ Fiori a Roma proprio il 17febbraio del 1600. In occasionedell’anniversario si volutaanticipare la visione alpubblico di questo documentoeccezionale che fa parte dellamostra "Lux in arcana.L’Archivio Segreto Vaticano sirivela", che apre i battenti aiMusei Capitolini il 29 febbraio eche sarà possibile visitare finoal 9 settembre. La mostra èstata organizzata incollaborazione con RomaCapitale per celebrare il quartocentenario della fondazionedegli Archivi. Nell’occasione coldocumento relativo a GiordanoBruno verranno esposti per laprima volta codici, pergamene,registri e manoscritti che vannodall’VIII al XX secolo. IlSommario del processo aBruno è l’unico documentorimasto di quell’evento. Gli attifurono probabilmente distruttiinsieme ad altri processi delSant’Uffizio prima che gliarchivi, trasferiti d’imperio daNapoleone a Parigi nel 1810,ritornassero a Roma nel 1817.

Grecia, al museodi Olimpia rubate60 opere antiche

◆ Oltre 60 preziosi repertiarcheologici in ceramica ebronzo sono stati rubati nelleprime ore di oggi dal museosituato all’interno del sitoarcheologico di Olimpia. Loriferiscono i media grecisecondo cui il ministro dellaCultura Pavlos Geroulanos hagià presentato le propriedimissioni al premier LucasPapademos. Il furto, secondofonti della polizia, è statomesso a segno da due uominicon il volto coperto da unpassamontagna entrati nelmuseo spaccando una vetrataa colpi di martello. Una voltadentro, i due hanno legato eimbavagliato una impiegatache si trovata già all’interno ehanno preso i reperti. Gliesperti stanno in queste orecercando di definire il valoreesatto della refurtiva. Èquesto il secondo caso diclamoroso furto ai danni diun museo greco. Lo scorso 9gennaio alcuni sconosciutitrafugarono dalla Pinacotecanazionale di Atene alcunepreziosissime opere tra lequali una tela di PabloPicasso, una dell’olandesePiet Mondrian e un disegnodel XVII secolo dell’artistaitaliano Guglielmo Caccia.

■ LetteraturaQuando Schnitzleranticipò Freudsul «perturbante»

PAGINA 24

■ SaggisticaWight e la politicainternazionale traMachiavelli e Kant

PAGINA 25

■ CinemaA Berlino odisseadi guerra in Congoper una bambina

PAGINA 26

■ SportTrulli a piedi,nessun italianoin Formula 1

PAGINA 29

IDEE. Da oggi in libreria una raccolta di scritti del cardinale Martinisulla visione cristiana e il compito educativo del nucleo familiare

Contro la «tentazione»della famiglia debole

DI GIULIANO VIGINI

er esser stato oltre vent’anni(1980-2002) il pastore di unagrande città come Milano, e di

un’ancor più grande diocesi, il cardi-nale Carlo Maria Martini ha avuto nu-merose occasioni di contatto direttocon persone e famiglie, in ambientidiversi. E certo, incontrandole e ascol-tandole, ha potuto decifrare la com-plessità delle situazioni in cui la gentevive, nel contesto di una società muta-ta nella coscienza degli ideali, dei va-lori e delle responsabilità, sia indivi-duali che pubbliche, e di riflesso an-che nella mentalità, nei comporta-menti e negli stili di vita. Non soltantodunque la polis è cambiata per effettodel groviglio di problemi connessi al-l’economia e al lavoro, ma soprattuttoin relazione al decadimento etico, allacrisi di credibilità e, di conseguenza,alla svalutazione delle istituzioni, allasfiducia e al distacco dei cittadini dallapolitica, ai conflitti tra generazioni; ècambiata perché ha elaborato una di-versa concezione di sé e del mondo,trovando (o credendo di trovare) mo-delli e punti di riferimento più conso-ni rispetto al passato per un’afferma-zione nuova di libertà individuali e digiustizia sociale. Anche la famiglia è ri-masta profondamente scossa in tuttoquesto rivolgimento di idee, costumi eprospettive, che non sembrano peral-tro aver rinsaldato la realtà etica e spi-rituale della polis, nella consapevolez-za dell’appartenenza dei singoli allacittà degli uomini, come cittadini cheagiscono in concordia per il bene co-mune. Certo la famiglia italiana ha re-sistito meglio di altre all’onda d’urtoche rischiava di lederne irreparabil-mente le fondamenta come istituzio-ne cardine della convivenza sociale,ma indubbiamente anch’essa ha ri-sentito di un equilibrio generale chein parte si è spezzato, in parte si è ap-pannato e impoverito. Si è spezzato,generando instabilità e precarietà, peril consistente e costante aumento del-le separazioni e dei divorzi, la diminu-zione della durata media dei matri-moni, il moltiplicarsi delle coppie difatto e dei figli nati fuori del matrimo-nio, con scelte determinate da atti divolontà «libera e libertaria», non vin-colanti come impegni e responsabilitàe potenzialmente quindi anche prov-visori, pur in presenza di richieste dilegittimità, tutela e riconoscimentosociale equiparabili a quelle della fa-miglia naturale. Si è appannato e im-poverito, perché la famiglia, diventatapsicologicamente e affettivamente piùfragile nelle relazioni di coppia, si è ri-trovata meno sicura e più sola. Proble-mi che si sono aggravati per le diffi-coltà economiche, ma anche per lostress determinato da un ambiente ur-bano e da un’organizzazione socialeche ne ha accentuato la debolezza eaccelerato il disagio. Il problema pa-storale, di fronte a una situazione fa-

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miliare così problematica, emergequindi con evidenza. Anche nei me-glio disposti e perseveranti si è insi-nuata la sensazione di essere impo-tenti e inutili, e la tentazione della ri-nuncia e dell’abbandono, per l’impos-sibilità percepita di non riuscire più asostenere il valore di una famigliabuona, onesta, unita, e consapevole incui ognuno è parte essenziale e inte-grante del cammino di tutti. Nell’ana-lisi di Martini questa tentazione vienepiù volte messa in luce, per ribadireche le difficoltà crescenti dell’educarenon devono condurre a una forma diparalisi o di pessimismo, ma devonorendere ancora più intenso lo sforzodi chi ha il compito pastorale delle fa-miglie, e della cura dei giovani in par-ticolare, di indicare, e testimoniare,quell’insieme di virtù, responsabilità ebeni comuni che fanno crescere comepersone e come membri della società.

e questo è il contesto, è evidenteche educare è più difficile, purrestando sempre un compito

bello e gioioso. Per la Chiesa, la fami-glia cristiana è l’àmbito in cui prendeavvio la trasmissione del messaggio edell’esperienza di fede in Gesù: mes-saggio che, vissuto all’interno del nu-cleo familiare, si dilata poi a tutta larete dei rapporti quotidiani con gli al-

S

tri. Il cardinaleMartini illustraquesto aspetto ri-salendo nella Bib-bia alle vicende diGiuseppe, il figliodi Giacobbe, narrate nel libro dellaGenesi (capitoli 37-50), e le pone co-me emblema dei drammi, delle divi-sioni e degli errori che possono attra-versare, scompaginandola, la vita di u-na famiglia, di un popolo, di un’interasocietà. Ma il racconto di questa fami-glia è anche la rappresentazione cheDio pazientemente agisce per supera-re i risentimenti e le vendette e far tro-vare la strada di una riconciliazioneche segni l’inizio di un nuovo modo divivere insieme come fratelli. Se il pri-mo attore di questa riconciliazione èDio, gli altri protagonisti sono in variamisura i membri stessi di questa fami-glia: Giuseppe, i suoi fratelli, il padreGiacobbe. Da qui l’insegnamento cheMartini ricava dal racconto biblico: lacertezza che non ci sono errori irrepa-rabili, ma esiste sempre per tutti unapossibilità di ravvedimento e riscatto,in virtù della misericordia e della forzariconciliatrice dell’amore di Dio. Geni-tori e figli procedono insieme in que-sto cammino interiore, che segna an-che il loro itinerario di reciproca evan-gelizzazione.

SABATO18 FEBBRAIO 2012

A N Z I T U T TOE D I TO R I A L E

IL LIBRO

Esiliate, ferite e poi ritrovatena raccolta di scritti sullafamiglia, i suoi problemi e le sue

immense prospettive. Redatti neiventi anni in cui il cardinale CarloMaria Martini (foto sopra),esercitando la funzione di pastoresulla cattedra di Sant’Ambrogio, hapotuto incontrare e conoscere lavarietà di situazioni familiari esistentiin una grande città come Milano.«Famiglie in esilio. Ferite, ritrovate,riconciliate» (San Paolo, 168 pagine,euro 16, in libreria da oggi), purpresentando la realtà in tutte le suesfaccettature, spesso devastate epoco lusinghiere, è soprattutto unlibro di speranza. Affronta una peruna tutte le evidenze pastorali, dalladisgregazione familiare e morale,all’educazione dei figli, alla necessitàdi ripercorrere le perdute stradedell’amore per tentare di ricostruirel’unità perduta. Perché – come fanotare Giuliano Vigini nella Prefazioneal volume, di cui anticipiamo alcunistralci – non bisogna mai cedere allatentazione che tutto sia perduto.

US. Kierkegaard