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II

Della Torre, Arnaldo - Storia Dell'Accademia Platonica Di Firenze 1902

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II

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http://www.archive.org/details/storiadellaccadeOOtorr

PUHHLICAZIONIILII.

ISTITITfl DI

STL'UI

Slil'EHIORI

I'R.W1CI

E

1)1

PERFEZIONAMENTO

rW FIKF.NZL

SEZIONE

DI

FILOSOFIA E FILOLOGIA

STORIADELL' ACCADEMIA PLATONICADI

FIRENZEPER

ARNALDO DELLA TORREGLV

ALUNNO DELL ISTITUTO

A BONO IN'licritione

BONUMdell' Accademia

sulU pareti

Ficiniana)

%%^Y^

FIRENZETIPOGRAFIAG.

CARNESECCHJd'

e FIGLI

Piazza

Arno,

1

1902

.

ce

/

^

-?;?4i'/

Al

Prof.

GUIDO MAZZONI

Caro ed

illustre maestro,

EccoLe quauto Le devo,dirlo - amico.

e

come

discepolo e

come

-

oso

Per quanta Sua gentilezza d' animo la deferente ammirazione provata da me, umile e sconosciuto studente, verso di Lei, illustre e celebrato professore, si sia potuta mutare in amicizia,

sempre rispettosa da parte mia, semprebenefici,

libei-ale e

cortese

da parte Sua; e per qualitristi della

resimi in circostanze assaisi

mia

vita,

quest'amicizia

sia

potuta consolidare

coi

legami della gratitudine, non posso qui dire per riguardo

modestia Sua. Nulla per m' impedisce di attestare che questo libro, in quello che potr avere di buono, tutto fruttoalla

del

Suo insegnamento e della Sua scuola, nella quale

il

metododiedi

storico

sempre tenuto all'altezza

dell' ufficio suo, oltre

ricercatore solerte di documenti, anche, e principalmente, di se-

vero indagatore e diligente ponderatore di questi stessi documenti in tutte le loro pi minute particolarit, riguardino essile parti vitali

dell'argomento da trattarsi, o ne illuminino sem-

plicemente

le parti accessorie.

questo alcun che di buono ce l'avrx egli il presente mio libro? Agli altri il giudicare, a me il far sapere anche a fatto chi legge, quello che Ella sa giii, che cio da parte mia s'

Ma

tutto

il

possibile,e'

perch qualche pregio

in realt, ce l'avesse;

che non

riga in esso alla quale io

non abbia atteso con im-

zienti ricerche e profonJo studio,

sempre soccorso e confortato

nel lavoro dalla

Sua cara immagine paterna, sempre stimolato

arifare,

VI

a correggere, a

togliere, ari

aggiungere dal desiderio

di far cosa

non

del tutto indegna di Lei.il

Non

son certo riuscito, come volevo, ed Ella ne sa

perch;

ma

ad ogni modo Ella sa Y>ure un' altra cosa vale ae costante, un'offerta did'

dire,

che

Le viene da me, continuaall'etto

ben maggior

pregio che non d'un librol'

erudizione storica, quella cio del-

mio, che non s'incontrer forse mai pi in persona,

nella quale al valore dell' ingegno e alla geniale larghezza della

dottrina siano tanto armonicamente unite onest di caratteree gentilezzad'

animo e

d' ideali.

Il

Suo riconoscente discepolo

Arnaldo della Tokre.

PREFAZIONE

A Boxo

IN

BoNUM

.

.

.

Questa

iscrizione,

apposta

sulle pareti

deir Accademia ficiniana, noi mettiamo in fronte a questo voluminoso libro per dichiarare ai lettori le h^oue intenzioni, le pazienti ricerche e il lungo studio nostro, e ad augurare al libro stesso, se non un buon esito (che l'augurio s]jeranza, e la sjteranza in tal caso potrebbe parere presunzione), almeno la i)onderata considerazione dei critici. Ai quali, percli sia loto agevolato il giudizio, e, vogliamo confessarlo, accresciuto il benevolo compatimento verso di noi. ci contentiamo di accennare alcune delle molte cause, clie possono aver contribuito a rendere il nostro libro manchevole e difettoso. Lasciamo pure stare che la sua natura stessa di lavoro d'ei;udizione e di sintesi, tale cio, che non solo raccoglie tutti i documenti vecchi e nuovi sul soggetto che tratta, ma tenta di disporne la materia in un quadi'o d'insieme, porta con s quegK inevitabili difetti e neirinfoiMuazioue e nel raggrui)ptm'iento dei fatti, che ben i-onosce chiunque si sia messo a lavori di siniil genere. Ma sta il fatto che si tratta del nostro primo lavoi-o, e quantunque esso non sia di ieri, e tale, quale ora lo pi'escntiamu ai lettori, sia il risultato di ben sei anni di studio, sentiamo di non essere riusciti a togliere del tutto quella stentatezza e quasi diremmo pesantezza nella mauiei'a 'altra parte accaduto di questo libro, quello che accaduto di molti altri consimili; vale a dire che la stampa di esso, rofessionali: e chi infatti avrebl)e potuto accudire alla stampa di un lavoro di erudizione, ioudato quasi tutto sa juateiiale

vminedito e manoscritto,

quando

si

fosse

trovato,

come

noi,

ad

insegnare in un paese della Sardegna? Non vorremmo per che fosse ritenuto come efietto di cosiffatte circostanze quella, che ad alcuni nel presente lavoro potr sembrare prolissit; giacch questa, sia .essa tale in realt, o lo sia solamente in apparenza, ad ogni modo effetto della nostra espressa volont, o per meglio dire dell" indirizzo de' nostri studi. Le esercitazioni critiche, nelle quali l'illustre uomo, a cui questo libro dedicato, soleva a tempo nostro, e suole tuttavia, addestrare gli scolari suoi nell'uso del retto metodo storico; il corso di metodologia critica tenuto durante gli annidel nostro discepolato da un non meno illustre maestro, il prof. Pio liajna, il quale lo accompagn allora di quelle lezioni sulla questione deirantenticil del De Vidi/ari ?Jht(j(cn{ia, che per noi. suoi scolari, costituiranno sem]>re il modello ideale delle trattazioni del genere, ci hanno persuaso che studio verastorico considera,

mente completo non se non quello, il quale d' un fenomeno ed esamina tutti indistintamente gli aspetti possibili. Jl che quanto dire che, ove manchi il dato di fatto, una veritii pu dirsi dimostrata solamente, quando siano state scartate tutte le opinioni possibili in contrario; mentre d'altro lato im errore pu ritenersi per tale soltanto, quando allo studiodella sua natura intrinseca e delle circostanze concomitantisi

accompagni quelloFiciniano,Corsi,

del

mododall'

e delle cause, che gli

hanno datodel

origine e sviluppo. Cosi a provare l'autenticit.ii dell'Epistolario

contestata

autorevolissima

dichiarazione

che di esso si fece nel 140.j; giacch in quella dichiarazione ci sono tutti gli elementi necessari e suilicieuti a porre l' ipotesi pi sfavorevole a chi voglia concludere nel senso di quella autenticit, V ipotesi cio che l'edizione in questione sia l'opera d'un falsilicatore. Di qui la necessit di passare in ia>^segna tutte le possibili categorie di falsiHcatori e successivamente scartarle: la quale eliminazione poi dar valore assoluto a quelle testimonianze, che depongono in favore dell' autenticit, e che in se stesse avrebbero invece un valore relativo. E con ci la dichiarazione del Corsila edizione

non basta

dimostrazione dell'errore non sar comcome mai e per quali ragioni il Corsi, che scrisse la sua biografia 7 anni dopo la morte dei Ficino, abbia potuto ritenere per opera di falsificatore 1' epistolario ficiniano che noi possediamo. Vorremmo quindi - e crediamo di avere il diritto di difendere questa qualunque opera nostra, senza essere tacciati di presunzione - che la nostra fosse riguardata non come inutilerisulta erratapleta, se;

ma

la

non

si

chiariiii,

1\

d'

pn^lis^ilr.

iii:i

roiio npr,pss;aria

mimr/iosit'i.

osposi/ione

e di

tanto voro che dove a noi una, minuta tratnoi interessava pi ugualmente, abbiamo tirato di tazione lungo. (Juindi che il lettore in questo libro, dei diversi ])ersonaggi. che necessitii di svolgimento ci fece incontrare sul nostro cammiuu, trover nari-ato solo quel tanto che stretta(litio-^trazioiic;

mente

si

attiene al nostro argomento; e basti qui citare l'esem-

pio del Pici no. la cui biografia, esposta pi

minutamente

cisamente che per noi

si

poteva, fino

al 1-492, fu

e prea questa data

lasciata senz'altro in tronco;

perche-a

noi,

convegno erudito, interessava in singoiar Ficino, in quanto fu fondatore e sostegno dell'Accademia Platonica, non in quanto egli sopravvisse a questa, che noi potremo chiamare sua creazione. Disuguaglianze quindi in questo libro, chi ci si metta di proposito, probabile che ne trovi parecchie; come anche pu darsi che coloro, che giudicano la boutii d'un lavoro non dalla sostanza, ma dalla scorrevolezza della dizione, mettano subito all'indice questo povero parto delle nostre lunghe e pazienti fatiche. M.a, diciamolo subito con loro buona pace; se vero che la Stoi'ia Letteraria sia oramai diventata una scienza, non inen vero, per quanto ci sembri che non tutti l'abbiano capita, che in essa storia si dehbono distinguere due categorieche si dirigono ai dotti, trattando qualche questione scientificamente, e quelle che si diligono al gran pubblico, divulgando in forma piana e dilettevoledi scritture e tiattazioni. quelle

come studiosi del modo di conoscere il

quei resultati

Ora di quella prima categoria di libri chi non sa che scopo supremo dev'essere la dimostrazione della verit? E chi non sa pure che a raggiungere questo scopo biscientifici.

.sQgna ad ogni pie sospinto interromjiere l'esposizione per dar

luogo alla discussione duu ])unto controverso, o, quando meno, a qualche citazione, che in certi libri deve poi essere in una lingua diversa dalla nostra? E in tal modo come dare scorrevolezza al modo d'esporre, vivaciti allo stile, ornamenti alla narrazione? Cose tutte queste che si pretenderanno invece a buon diritto nei libri, che sono riservati a quel pubblico, al quale importano solo i resultati della ricerca scientifica, nongiii

modo, con cui la ricerca stessa stata fatta. Ora ognun capisce, che non a questa seconili sotto tutti

rispetti.

Ne domandiamo

X

tore, non senza dichiarare, die se ci .siamo decisi a render di pubblico dominio questo nostro tentativo di libro, chiamiamolo pur caA, la ragione si che, date le nostre condizioni, non si poteva forse far meglio per noi, e che del re>to collo specializzaisi, ci si perdoni la bi-utta parola, degli studiosi della Storia Letteraria, son sorti ora giudici di competenza cosi singolare

nei diversi campi e periodi di essa storia, da nutrir ferma speranza che essi possano, a malgrado dei suoi difetti, cogliere od apprezzare quel buono, che eventualmente ci sia nel nostrolavoro.

non senza per ringraziare pul)l)liinwniOas /thilosopliorum circa deum et mi! inani 521-522; de Virtutlbt Moralibus 52o; de Quataur sectis philusophorum 52b; de Furore

divino

studi medici di Marsilio 524-525, e sua decianiatiuncula de laudibus Medicinne 525-526, e trattato de rhysiognomia 526; Marsilio e i Mediti: Giovanni di Cosimo 526-528, e Cosimo 529-531; studi greci sotto il Platina52\i;

b'l-T^

;

traduzione degli Inni

oi-fici

537-538; Academia di Careggi 538, e ra-

436-54!; opere platoniche regalate da Cosimo 541-542. da Amerigo Benci 532, e probabilmente da Migliore Cresci 542-543; traduzione di Mercurio Trismegisto 543, di Giainblico, di Teone e di Pitagora 544, del de Legio-ione del

nome

bus 544-516; jjrimi raggruppamenti di studiosi intorno al Ficino 546-547; dispute con B. Valori e Piero do' Pazzi 547-548, e B. Giugni e B. Fortini 548, e Ciiovanni Rucellai 548 549; ijnstola snla. fortuna 549-550; compagni di studio di Marsilio 55(.)-551: Fr. Capponi 551, A. Canigiani 551-552. P. Agli 552, L. Pagni 553 e Epistola del Ficino de Appetitu 5.5:J-554, Giovanni Benci 555, Tommaso Benci 55.5-558; la traduzione dei dialoghi platonici e Cosimo de'Medici 558561; morte di

Cosimo 561; caratteristica del primitivo nucleo dell'Accademia

Platonica 562.

CAPITOLO IVL'Accademia Platonica.

Marsilio Ficino e l'icro di Cosimo. Protezione concessa da Piero al AcUademiac Florentiuae e aW Accademia del Ficino 563-564; il quale compie in una prima redazione la traduzione dei dialoghi Platonici 564-565; interesse di Piero a nuostc traduzioni e suoi doni al Ficino di commenti greci e latini a Platone (Spcusippo ed Alcinoo) 565-5r>6; conseguente commento deli;

L

C/iorus

Ficino al Sinn)oso 5

tution in Europe for the pursuit of science, detached from the scholastic meGiovaxxi Prkzzixer Storia del pubblico thod then universalley adopted Studio e delle Societ scientifiche e letterarie di Firenze (Firenze, 1810) Voi. I, in Firenze di Gep. 128: Cosimo pens fin d'allora [dal tempo della venuta;

misto] di formare nella nostra citt una riunione d'uomini dotti all'oggetto che fossero esse [dottrine di Platone] sempre pi dilucidate e promosse ; John S. Harford 2'hc life of Michael Angelo Buonarroti (London, 1857) p. 58: Inthis sentimeut [d'entusiasmo per le dottrine di Gemisto]

Cosmo shared:

to such

a degi-ee, that he became a couvert to his opinions, and resolved to aid in their F. T. Pkrre.vs propagation by founding a Platonic Acadeniy at Florence Jlistoire de Florence depuin la doiuination des Mvdicis Jusqu' h la chute dela lii'jniblifjue {Paris 1888-1890)

Tom.

I,

p. 250:

Cosimo

se laissa

persuader

par son vieil hte [Gemisto] de restaurer l'acadmie platonicenne. Il l'tablit dans ses jardins, et ce fnt, daus toute 1' Euroi)e, la premire institution consacre la science, qui s'ati'ranchit des mthodes scolastiques Adolfo Ga;

si'ARY Storia della LetteraturaRossi, Torino, 1891) p. 164sottoil;

Italiana Voi.

II,

parte 1* (trad. di Vittorio

La societ filosofica, che Cosimo de' Medici fond Accademia, non era la prima associazione di dotti diretta a favorire le comuni aspirazioni > Isidoro del Lcngo Florent (Firenze, 1897) p. 10(): Al Concilio fiorentino si legano... le origini della pi grande scuola di filosofia del scc. xv, che tale fu senza dubbio, anche tenendole a carico i fuorviamenti nel misticismo alessandrino, l'Accademia Platonica la quale con

nome

di

:

:

la restaurazione del platonismo svincolando la scienza dalle sottili catene degliscolastici,

dirsi

veramente

oper forse la sola fra le tante restatu-azioni classiche, che possa italiana, come quella nella quale gli elementi della civilt,

l'arte, la scienza e la religione

armonizzavano concordi con

la

natura e la storia

adempisse, rispetto alla .filosofia, le tradizioni lasciate dal nome del Petr.arca nello studio fiorentino, poich questo addivenne pure la pubblica e pi ampia sede de' Platonici, quando vi lesse Marsilio Ficino.nostre.

L'Accademia pu

dirsi

doveva prender persona l' Accadenii.a, vagheggiata la prima volta da Cosimo de' Medici ne' colloqui coi greci Gemisto Platone e Bessarione cardinale, appunto al giorni del concilio ... .in cui

oraili

7

correnti filosofiche che

enumerare tutte

le

altre

vengono

a i'ondersi nel crogiuolo del sistema ficiniano; impresa quindi da non potersi certamente compiere ne in uno n in pochi anni, e da spaventare perci chiunque. Ma le cose non stanno cosi. Chi infattistudi Platone? chi ne corressei

manoscritti? chi ne esplicle

le

oscure dottrino? chi nedentalicolle

rese accessibili

opere a tutti gli occi-

sue

traduzioni? chi

infine cre

un

nuovo sistema

platonico?stita,si

Non

ma

il

solo Marsilio Ficino

gi un'Accademia platonica, sia essa, o no, esipoich nessuno di coloro, che gli;

attribuisconointesa allo

come coaccademici, hascopo chesi

scritto

la

bench minima

opera

ascrive ordinariamente all'Accademia.

Giustissimamente osserva a questo proposito il prof. Vittorio Rossi nel suo Quattrocento^ dopo di aver data la lista dei confilosofi del ricino: < Pure, fatto notevole, ma non punto strano, se considerile

tendenze largamente ospitali dell'Accademia e

il

carattere di

piacevoli esercizi intellettuali che vi avevano le discussioni, non trovi in quella lunga serie nessuno che abbia lasciato di s durevolitracce nella storia della filosofia; nessuno,

quando tu ne tolga Fran'

e

cesco Diacceto, continuatore nel secolo xvi della tradizione fciuiana, Giovanni Pico, conte di Mirandola e Concordia j>. Il nostro lavoro

'

Pag. 230. Giin Jtalien

il

Geiger

del resto nel suo libro Renaissance

und Hiimani-

smusdetto

und Deutschland

(Berlin 1882), parlando delle Disputationea

Camaldulknses del Landino come di una seduta dell'Accademia. Platonica aveva (p. 113): Der Hauptredner [Leon Battista Alberti] der ebengenannten Versammlung kannte und verstand zwar Alles, aber war keiu Philosoph von Fach, auch die brigen Mitglieder waren keine Facbgelehrten, soudern Dilettanten im besten Sinne, weder die Medici, welche nicht blos ihre Gitrteu zu Versammlungsorten hergaben, sondern eine Ehre darin saben, an der Beantwortung der aufgestellten Fragen s^ zu betheiligen, noch die vornebmen Florentiuer Naldo Naldi, Alamanno Rinuccini und Giovanni Cavalcanti . Lo stesso Perrkxs o. c, quantunque afi'ermi cbe l'Accademia Platonica era statafondata perfessare:

aflEi-ancare la

filosofia daliae'

scienza scolastica, costretto a con-

L'me

de

1'

acadmie,

est Ficino, Elle nat et

meurt avec

lui.

Ce

ques ses amis lui portent, c'est qui en fait le ben, le ciment, e' la foi que ses disciples ont en lui. Aucun d' eux n' est un vrai pbilosopbe, tous ils reproduisent les ides qu' il leur communique, mCme dans la seconde priode o paraisseut non sans clat Lorenzo et Pico de la Mirandola. Quant est l'afFection

Cosimo, il ne fut au dbut qu'un bte bienveillant (o. e. p. 2G0). Ancbe il ViLLAUi nel suo Niccolo Machiavelli e i suoi tempi (2 edizione Voi. I, Milano, 1895 p. 179) ba un' opinione presso a poco uguale: in verit quando si guarda il numeroso catalogo dei platonici cbe si raccolsero intorno al Ficino, reca meravigliai l'osservare che due soli meritano considerazione come scrittori di operefilosotcbe.

Uno

di essi Cristoforolo

Landino

L'altro

Leon Battista Alberti

.

permette, osserviamo che del secondo di questi due scrittori non nel caso presente da fare calcolo alcuno, perch di lui sappiamo soltanto, come vedremo pi avanti, cbe egli fu di quelli cbe il Ficino confabulatores, atque ultro citroque con* chiama consuetudine familiares

Se l'illustre professore ce

8

del resto dimosfrer ampiamente la verit di questa, osservazione;

baster per ora aggiungere che mentre troviamo in Firenze una serie non interrotta di filosofi platonici che dal Ticino scende fino

con Francesco Yerino secondo, invece di Accademia Platonica non se ne trovan pi tracce fiji dalla morte del Ficino, e possiamo anzi dire dalla morte del Magnifico: il chealla fine del secolo xvi

vuol dire che una cosa il Platonismo, come sistema filosofico, altra il Platonismo come rievocazione e riproduzione nella vita pratica delle forme e dei riti esteriori dell' antica Accademia, e che l' uno

Conpu benissimo esser trattato indipendentemente dall' altro. dai nostri studi risult fortati da queste ragioni, riprendemmo lena, e al benigno lettore il giudicare, se, anche cosi il presente lavoro:

scemate

le difficolt, la

nostra sia stata temerit.

Ed

anzitutto, poich,

come abbiamo accennato,

tuttora aperta

unu questione

argomento, reputiamo necessario di dame tanto pi che ci ci dar occasione di esaminare e porre relazione, definitivamente da parte quell'opinione che faceva dell'Accademia ""^^ ^tunica un'Accademia vera e propria, col suo presidente, col suosul nostro

numero determinatobilmentefissate, e

di

membri,

colle sue

tornate periodiche sta-

con un programma da svolgere. La quale opinione come potesse sorgere facile ad ognuno di immaginarselo. Il periodo storico che segu immediatamente a quello in cui l'Accademia era fiorita, fu quello appunto in cui le radunanze di dotti si organizzarono coi loro statuti ed i loro regolamenti, e divennerovere corporazioni scientifiche o letterarie; e chi in questo tempo ebbe occasione di parlare dell'Accademia stessa, non essendo ancorain uso la ricerca e lo studio dei documenti originali, era naturale

che ne facesse senz'altro una di quelle del suo tempo. Anzi dapprima non si ebbe nemmeno una concezione netta e distinta dell'Accademia, come lasi

ebbe dopo: cos l'epiteto di Platonica

lo

slioruin

discplinarumque liberallum communi catores

egli fobsee.

un coaccademico del

p. 94), la filosofia

ganato sistema: anzi coordinamento, alla buona, quasi domesticamente >. Quanto poi al Landino, malgrado ci che dice anche Hermann Hett.neu ( Das Vicderaufleben dea BraPtatonisvus in * Jtalicnische Studien ztr Gcsdnchte dcr Jicnaisfiance unschweig 1379, p. 179, 184-18G), il quale scorgendo nell'Accademia due indirizzi filosofici, uuo eminentemente teorico ed astratto, l'altro essenzialmente pratico e morale, pone a capo di quello il Ficino, alla testa di questo il Landino

non gi quindi che come dice il Rossi (o. che l'Alberti professa, non si raccoglie in un bene oruna serie di precetti morali, esposti senza un meditato,

Ficino, e d'altra parte,

stesso, questi

non fu in realt \in filosofo, perch non fece altro che rivestire con garbata veste letteraria alcune delle dottrine filosofiche del Ficino; per

cui di filosofi veri e propri nella cos dettaMarsilio, non

Accademia Platonica,

oltre, s'intende,

rimangono

altro che

il

Diacceto e Pico.

troviamolorta la

ail

ossa applicato per la

pruna volta in un'orazione che

dnlu del 1G38. Si sapeva per una tradizione letteraria, facile a rompreuderR, di una splendida fioritura letteraria in Firenze al tempo del Magnifico e forse anche qualche cosa di quelle radunanze di letterati, di filosofi, d'artisti che si raccoglievano assieme neipalazzi e nelle Ville

Medicee;

ma

ad ogni modo, siccome nella

prima met del secolo xvi non e' era umanista o poeta o filosofo che non fosse ascritto s, qualche Accademia, cosi di quanti umanisti, poeti e filosofi si sapeva ad un dipresso cha erau fioriti alla corte di Lorenzo, e perfino di chi non aveva soggiornato in essa altro che di passaggio, si fece una Academia Laurentii o Medicm. Cosi il primo a nostra notizia, che - morti gli ultimi amici e conoscenti personaU di Marsilio Ficino, e passata cosi oramai nel dominio della storia s la sua vita che la sua attivit intellettuale '

abbia appunto parlatosua opera celebrante

d' un'

Accademia

istituita

da Lorenzo

de'

dici, ossia un certo Stephanus Joanninensis, ini

un paragrafo

di

Meuna

intitolato; Laurentii Mediris

che usc alla luce nel 1524, famigerata literatorum AcJiaemia [sic] quam ex universo^ Italae prospectu Florentiam usque transvexit, dice: Literarii proceres omues, omnes, inquam, sacre Philosophiefasti medicei,'

antistites, :ad Lrfurentii

opis asilum, ad illius aedes velut ad sapientie simulacrum,

Medicis praesidia, ad opes, ad sue velut atque

promptuarium certatim proruebant ut eius domestici lares literatorum omnium altrices esse conspicerentur: nullus enim aut Ehetor,aut Celebris orator, aut poesis fulgore insignitus, aut sacre Philosophie antistes, aut mathematice speculatione percelebris erat,

quem

Laurentius Medices non

iuvisset,

non opem

tulisset,

non beneme-

ntus esset atque- locupletatus >. E qui Fautore nomina, accompagnando ciascuno dei noini con qualche specificazione, molti dei letterati fioriti nel ccolo xv, Demetrio Calcondila, Scipione Carteromaco. Angelo Fniiziano. Domizio Calderini, Bartolomeo Scala,

Ermolao Barbaro,

'riovaniri Pico della Mirandola, Marsilio Ficino,

Cristoforo Landino. Maiteo Bossi, Bartolomeo Beuevoglienti,Acciaiuoli, r Argirutulo, Matteo Palmieri,

Donatoperfino

l'Andronico, e

jicnthathcucus

Stephani Joanninensis J. V. consul. S'men. in rnediccan ^fonarcfna1n ad divum Cle. Mediceuvi VII Poi. [sic] Max. apostolici regni c/^higerum, quo Medicei heroes omncs qui irmi prideui invidiosa tevporum caligine consenu^ranf ad suuni inmortalitatui splendorctn cvccti renitcscuni Omniaque iilorum praeclara facinora, quae madido velati sidore delitnerant, in avgustissivum veritatis monumcntum. referaniur, Divique Leonis X Poi. Ma:c. gesta panduniur. In fine: Ex archetipo Anchonitanac Chalchographic'

Tipo Bernardini Giceraldi Vcrcellensis ChalcJiographi publice cudentis codem Steph. Joannincnsi Itigem impcnson erogante Post redimitam fidei Orlhodoxc .'talnteu- 124 Svxto Kal. Decembres. - e. 74, e sgg.

Pomponio Leto(

JvJ

Pomponius etiam

laetus e CalalDrie sinu).

genesim

ducens, in eus Achademia floruit

Tutti questi letterati avreb-

bero formato insieme, come dice una rubrica apposta dall'autore al catalogo dei loro nomi, la, Literatorum Achademia',^ e ad essa

sarebbe stato proposto da Lorenzo come censore Cristoforo Landino (* quem eius achademie censore m praefecit ). Pu vedere chiunque, lggendo i noijii dei literati di questa Achademia^ che l'autore deveavere attnto per compilarneDiacceto, FlIoso[oil

catalogo alla fonte della tradizione.

Cosi Benedetto Yarchi nella sua Vita diet

M. Francesco Caitani da

GentiV huomo fiorentino, pubblicata in appenlui:

dice a 7 tre JiSr d' amre del Diacceto stesso,^ parlando del suo

matrimonio con Lucrezia Caponi, dice di-figliuoli,

< Stato con essa a

Pisa, quivi tanto l t-enne, che forniti i suoi stndij e Tiavuto di lei

licissima

ne torn a Pirenze, dove in quel tempo fioriva la fedi Lorenzo vecchio de' Medici, nella quale insieme con molti altri huomini d' ogni lingua e in tutte le facult dottissimi, si ritruovava M. Marsilio Ficini, Canonico fiorentino, il quale oltra la sincerit de costumi, fu d'eccellenza, d'ingegno e di profondit di dottrina cosi grande, che io per me non credo che Pirenze habbia mai, e parmi dir poco,.havnto alcuno, il quale se gli possa non che jpreporr aguagliare . E Prosino Lapini dell'Accademia Fiorentina pure nel suo Comse

Academia

ntentarius de zita Prancisci Catanei Jaccetii PJtilosophi ac patricii

Fiorentini adblicato

Bernardum Saltiatium Cardinalem CLmpUssimum, pubcome prefazione all'edizione basileense delle opere del Diacceto,^ dice che al tempo delladolescenza di Francesco tanta erat... omnibus ingenuis artibus omnique doctrina eruditoram homiuumtemporibus illis in unis aedibus cum bonis discioptimeque instituti, tum etiam perfecte eruditi inventi sint, quam tota nnnc provincia referautur. Ferebat euim aetas illa (ut aJios omittam) Ficinos, Politianos atqne Crinitos & qui advenae in nostrani hanc urbem (tamquam inc^rtissimum IVIusamm bonarumque omnium artium domicilium undique confluebant) Picos,copia, ut plures

plinis exculti

*

Ison ci potr esser dubbioil

intendere

cbe l'autore colla parola Achademici possa pubblico studio, dicendo egli o. e. p. 74 t. che Lorenzo chiam

AndronicQin viratu in Omni disciplinaruni genere doctissimum atque eminentissimnm, atqne peripatheticnm FJorentiam ad eins AcTiademiam atqne ad pnblice profitendnm . Da questo si vede che anc"he per lo Stplianas AcJtadehria

e

gymna.oium publicum ultneuo*

in questo caso sono cose disttnte.de''

In Tin.pn presj^o Gabriel Giolito pi gi p. 177-178.'

Ferrari 1561:

v.

pel brano riportato

('pera (hnnxa Francisci

Catand Diacctu PatrcU Fiorentini Philosop

sumvii TIC ppjnimn

iv fuceni edita. Basilea, 1S64.

simulque alics multos quibus lloreutissiina tmic "MeAcademia, tota videlicet civitas, releita erat . i^wpsV Acndett'a Medt'cnm si and vie])pi determinando, quando nlla semplice tradizione letteraria si aggiunse dagli studiosi come.'w>:\r.)]i\'l">s,

ilicni

Ibnte anche qualche cognizione pi specifica di

alcuno di coloroquestosi

che vi

si

ascrivevano come raerabri.si

Ed anche

trover

quando vano un determinato programma di studi da svolgere, e chi, scrivendo appunto nel secolo xvi della detta Accademia, ne faceva primo esempio di quelle che al suo tempo fiorivano, doveva il infine domandarsi quali mai fossero state le occupazioni degli Acnaturale,

pensi

che

le

Accademie

del svcolo xvi ave-

cademici in questione,fuil

e far delle ricerche in proposito.

E

questoda

caso del

senese

Scipione Bargagli,

il

quale jjarlando del-

l'Accademia in una sua orazione Delle lui recitata nell'Accademia degli Accesi Firenze nel 1569, ha anche occasione r origine, mettendola in relazione con

Iodi delle

Accademie,

in Siena e pubblicata indi

determinarnecheil

meglio

quella

Bessarione

istituito in Roma, anzi facendone addirittura una imitaLorenzo in poche parole avrebbe fondato la sua Accademia, perch vedeva quanto bene alle lettere aveva apportato quella del

avtva

zione.

Bessarione.

'

Infatti,

come

dice

il

titolo,

il

Bargagli nella sua ope-

' Anche quest'Accademia del Bessarione, ben s'intende non un'Accademia Vra e propria, come la intende il Bargagli essa appartiene al numero di quello radunanze d'uomini dotti che si raccoglievano intorno all'uomo che stava nelle rispettiViC sedi dell'umanesimo alla testa del movimento della Rinascenza, radimanze di cui vedremo altri esemp e di parecchio anteriori alla - chiamiamola pur cos - Accademia Bessariouea, a cui viene cosi tolta quella priorit:

sarebbe da dire su questa Accademia, nel suo Le Cardinal Bessarion, 298 sgg. bisogna fare lo stesso rimprovero che il r.xris, 1878, p. 162 sgg. Iastor nella sua Geschichtc dcr Papaie scit dem Austjang dcs Mittelaltcrs \\>\. I, Freiburg im Breslau 1886, p. 240 n. 4 muove a tutta la sua opera incheil

Bargagli

le attribuisce.

Molto

ci

tanto pi che a quanto ne dice:

Henui Vast

complesso, cio che essa];alla di

lasst

iTuto occasione di parlarne - e

sehr viel zu Aviinschen >, ne coloro che hanno non sono nemmeno molti - non aggiungonoci

speciale;

ma

l'economia del lavoro e la via lunga

impediscono di

trattenerci

sarione

si

come vorremmo. Ci limiteremo perci a pochi cenni. Quando il Besfiss a Roma, il che fu - com' noto - nel 1440, la sua casa ai SS.il

Apostoli divenne subito

soggiornavano nell'eternaJ'antgyricus indhials

punto di ritrovo degli uomini citt. Frequentabant - dice

di lettereil

che alloranel

Platina

suo

Laudcm

Anipli.> ;

tece negli anni seguenti (145;>-II4fi4)

il pio c^ardinale per promulgare la Crociat.T sue jieregrinazioni in conseguenza, dovettero togliere ogni occasione a raunanze di simil genere. Fu quando il Bessarione, mono jiaim Pio li ad Ancona (14 agosto 14G4) e perduta ogni sjierauza di efi'ettuare la crociata, torn a Ivoma, che la sua casa ridivenne un'Accademia, intesa la parola nel suo senso pi largo. E ben vero che circa quel tempo appunto- in

contro

i

IHirchi.

e le

un'altra casa, quella di Pom]onio Leto sul Quirinale,

si

radunava un'altro

Acmlcmta Eomana o jSodaliti'is Oiiriiial:>^, e tale che non poteva aver nulla di comune con quella del Bessarione. alla quale cosi moki degli studiosi di Koma venivano ad essere tolti per il momento. Infatti mentre coloro che frequentavano il jirimo di questi ritroviconvegnodi eruditi, ossia la

cosidetta

letterari erano o greci rifugiatisi dopo la caduta di Costantinopoli presso il munifico cardinale, che per quesito riguardo non dimenticava la chiesa dalhi quale era uscito per entrare nella latina, oppure italiani, che per del greco e

dello greche lettere facevano

il

principale oggetto dei loro studi, invece

Pom-

ponio Leto ed

i

suoi -seguaci sono ammiratori non solo fanatici,

ma

esclusivi

-

lo

mniio da Platone in poi Accademie, facendo specialmente osservare come ppr mezzo di esse si conservi non solo,' ma anche s'accresca maggiori. il patrimonio scieutiiBco lasciatoci in eredit dai nostri

Et

d tutto ci

-

continua

il

Bargagli - facci pienissima fede

dell' antichitli

romana, a

tal

puuto che

il

Leto stesso temrva di guastare la

(cfr. Arnaldo Un carme latino sopra la persecuzione ^di papa Paolo II contro Della Toiire: iAccudeiiiia Pomponiana in La liivista Cristiana K. Serie Febbraio I8b9 p. 61). Ma la politica sospettosa di Paolo, vedendo nell'Accademia Romana una con-

latinit del

suo

stile cli" occuparsi

troppo della lingua greca

giura, la disciolse bea presto (6ne del Febbraio 14G8). e ne imprigion i principali membri, fra. cui il Platina. Il quale per uscir dalle strette, pens di ri-

volgersi al Cardinale, e possediamo ancoranella ^uale egli Io

una

lettera di lui' al Bessarione.

prega della sua protezione (vedila in

De

vita et rebus gestis

Btssarionis Cardinalis Xicaeni Covvieutarius di Luigi Bandini, Roma 1777. hi facesse protettore p. 103, u. (1).) E che il Bessarione si lasciasse piegare e del disgraziato umanista, lo provano le parole del Platina stesso nella sua vita di Paolo II Fatlgatus [i. e. Pontifex] postremo Cardnlium praecibus, liberos:

facit. Vocor non ita multo post litteris a Ludovico Gonzaga, prinMantuano, ad balnea Petriolana valetudnis causa, quam in carcere destro humero debilitatus cntraxeram. Eo ut protisceui-er, primo vetuit Paulus, quum diceret se brevi rei nieae bene cousulturum. Eo tamen, ac redeo, spendente reditum meum Bessarione Cardinali Nicem, viro praestantis ingenii & singu

tandem uoscipe

Del resto appunto in casa del Cardinale anzi accademia lo conobbe G. Battista Almadiano da Viterber Uhlerani) Scinzcnzecr I-inO die

Septeiubris -p. yV v}. Ma cio polemica continuava pi atrocemente di prima. Verso gli ultimi anni della vita del Bessarione questi convegni col frequente ri})Ptrsi avevano preso il carattere di un' istituzione -quasi fissa e regolare da uno di coloro che ne era assiduo frequentatore, il Perotto, essa chiamata Aixadtitia l-ssarioica, e ne anche designato dallo stesso come princepf: Teodoro Gaza: cfr. lettera del Perotto ad un Francesco Guarniero, pubblicata come a]. pendice all'edizione aldina della Cornucopia del Perotto stesso (Venetiis " acdi/iuf AUl ti Andrem- suari llS meiise noroihyi), col. 1033 s^gg., nella quale ci fa la critica dell'edizione della Storia Naturale di Plinio curata dal vescovo di Aleria ed uscita per le stampe il natale del 1470 (cfr. G. B. Ai'difi:rTii Cat. Si notano gli errori; eppoi si seguita En ialrini, pubblicate per la prima volta dal can. Domkmcu Mokeni, Firenze ItlJ). - J. G. SciiELiKUtNiis, I)e ]'ita, moribns et scrijd.is Marsilii Ficini CommeiiJ7iujo)inme>ito sojjrti V Or/r/iie dell' Accndrinin

tatioinAinof'niiates Uterariae dello stesso, Fraucofurti et l^ipsiae 17150ivi,

p.

8-llS);

mentre non sconosciuto all' autore il brano della prefazione del Ficino alla sua traduzione di Plotino, su rij)ortato, ai'ermando anzi che Cosimo curante. sumptu9(jue praebente munifice, puer doctissiniorum virorum disciplinae traditus ingenuisque artibus instructus fuit. Eius potissinjum auspiciis juvcni instillata suut Platouis i)raecept.a ac dogmata, quac dcin iu omni vita summonisu tuitus, ferventissimoque studio(o.e.

omnium auimis:

insinuare conatussi

est

p.

31),

pi avanti dimostra d'intendere l'Accademia, di cui

parla nel

brano del Ficino. per lo studio Fiorentino Officiam dice egli a \). 51 praeterea docendi philosopbiara in Academia fiorentina, cui adhuc a Puero a Cosmo destinatub erat, nostro bonis auspiciis commissum fuit. Quanta vero fide

mente

24

final-

Cosicch bisogna scendere fino all'aniio 1741,^ per trovare chi

rifaccia dell'Accademia Platonica esplicito cenno, che dimostri

&

dexteritate, quanta cura

&

industriam

liane,

quam

nactus erat, sportam exor.

naven't, ciamant tot discipuli, qui ex eius scholis prodierunt doctis=iiuI

Par-

lando pi avanti dell'amore che

alle dottrine

platoniche portava

il

Ficino, pur

negando fede aChi-isti

ci che s'andava ripetendo di lui che cio" eum, cum nullam aut heatae Virginis aut alicuius Sancti iraaginem domi colerei, Platonis taraen simulacrum in cuhiculo hahuisse, anteque illud perpetuo dies noctesque ai'dentem lampadam susjiendisse l'nota f. a p. 80', confessa che eo etiain pro-

grcssus est Marsilius, ut Philosophiam Platonicam tamquam sacram legeuin sacris inque templis docendum asseverare non dubitaverit imo ipse jam ea in re aliis exeraplum praevisse videtur, oratiuncula, qua id suadet. in aodiijus sacris hal)ita.... Sed lis longius immorari nolo. Verhulo Jumtaxat meminihise liceat, nostrum illos, ([ui eodem suum in Platoneni studio et amore ducohantur, suos in Platone fratres nominavisse (p. 80-81). ed aggiunge in nota (nota h. a p. 81): Fratres istiusniodi l'iatonicos phires, praesertim Flodnin,

:

rentiae, habuit Ficinus. Ipsi

celebi-anint cereali pompa, convivio opiparo, convocataster

Medices alii[uando natalitia Platonis >. CosiccJi l'opluionc dello Schelhorn in jn-ojtosito si potrebbe riassumere cos: dove il Fioino parla deir--lsibiIe, pure dalla recensione che se ne fa nel Tomo XXXVIII del Giornale dei h-ttcrati d'Italia (Venezia 17:.'l p. 399 sgg.: si dico di essa che non che un puro saggio d'opera assai maggiore die'

si

[iroinotto

:

e coiisi.ste iui.stiruti

due

capi, nel ]>rinio de' (juali si d notizia della fon-

dazione, durazioue,

e persone illu^itri dell"

Aocademiu

del

Piemonte

e del

Monferrato; nel secondo si d simil notizia dell' Accademia della citt di Milano ) si ricava che della Accademia Platonica non deve parlare ai'atto. E questa non neppure annoverata nell'indice dell'Accademie d'Italia, pubblicato dallo dark nella .iua opera, e riprodotto nel C"iisjif':tii.< 7"/er il Bandini tutto il carattere di ovvia e sicura, tanto vero che oltre le brevissime affermazioni in proposito or ora citate ed il titolo dell'opera (.... Acta Acadcmiae Platon icae cui idem Landiniis] jrraeerat) egli non crede necessario di aggiungere altro. Comunque si sia, egli passa di poi a dire qualche cosa delle vicende dell'Accademia, e narra che, dopo la morte del Magnificci, Bernardo Kucellai celeberrimum hunc litteratorum coetum, fautore beneficentissimo orbatum, in hortos suos, ad disputandum\

summa humaiiitate ac munificentia exceptum quidem praeclarissimam de rebus omnibus distransduxit; quam sorcndi consuetudinem deinceps filli eius, Petrus, Cosmus, Pallas. Joannes et ^alter Cosmus. memorando exemplo sequenti, plurimum adiuvere . ^ All' Accademia si aggiunsero allora altri membri, Jacopo da Biacceto, Giovanni Cauacci, Giovanni Corsini, Piero Martelli, Francesco Vettori, Francesco Guidetti, Luigi Alamanni, Zanobi Buondelmonti, Antonio Brucioli. Xicol Martelli, Pietro Crimirifice

idoneos,

nito, Nicol Machiavelli,

i

quali per Platonicis disceptationibus

aliquantulum^sepositis, de ea reconditaserraonis instauratores,

dieendi arte,

qua nostriBoc-

Dantes

vidclicet Aligherius, .Joannes

caccius et Franciscus Petrarcha, usi fuerant, agendum sibi quoque proposueruut . S non che l'odio contro la tirannide che dopo esercitava sopra Firenze il Cardinale la morte di papa Leone Giulio de' Medici, tramttta gli Accademici in cospiratori contro il

X

'

-

^

Baxdini, r- 101. Ibidem, Tomo I, p. 18-2. Ibidem, Tomo II, p. 151.

*

Opera

i Mai-silio Ficino. Tol.p.

I.

p.

929: letwra a Filippo Valori.

^''

Bakcint, o. c. Ibidem, p. 87.

u.

tiranno

m

])ro

della

comune

libert; tanto

jnu

che

(jucsti

aveva

ingiustamente punito uno di essi, Luigi Alamanni. E la cosa sarebbe riuscita pel meglio di tutti se la congiura non fosse stata scoperta. L'accademico Jacopo da Diacceto, capo naturale di essa,

come quegli che ne aveva ordito

le

principali

fila,

venne gettato

in carcere e indi decapitato, e gli altri accademici, parte esularono,

parte condivisero la sorte del loro consocio, o restarono in prigione.

E

cos

l'Accademia fu distrutta. Questa la ricostruzione del Bandini,'

la quale,

diciamolo subito,

non

riesce ad altro che dare

una parvenza

storica e scientifica a

quella notizia tradizionaledel secolo

d' un'' Acade ma

Laurenti, che dai primi

XVI

era arrivata di erudito in erudito, sempre pi de-

terminandosi con aggiunte cervellotiche o interpretazioni false, fino al Bandini stesso. La sua ricostruzione oggi nessuno, che si siaoccupato dell'Accademia Platonica,la

crede in tuttola

e

per tutto

comspondentetutti

alla realt, anzi la

maggior parte

crede comple-

tamente falsa. Chi legge, potr esso stesso persuadersene. Anzitutto s'oppongono al concetto che dell' Accademia il Bandini aveva

ereditato dal Bianchini, questi dal Gaudenzi e questi dall'ambientefiorentino in cui la notizia

non dovette mai scomparire, concetto,quali,

che ne faceva una delle tante del tempo suo, ad una dellela

fiorentina,

il

Bandini strsso apparteneva.l'

Speciuen questa opinione non dubbio ch'egli l'avesse dal momento che egli fa scegliere i membri dell'Accademia da Lorenzo stesso, che colui che la mette insieme; si affanna di conoscere (^aesti stessi

Esplicitamente

autore dello

l'esprime,

ma non v'ha

membri,

e ce ne vuol persino dare

il

presidente. Del resto a dism-

cerarci in proposito basta l'esplicita dichiarazione del Tiraboschi,

che in procinto di purlare dell'Accademia Platonica, nel dir dellaquale segue, come egli stesso l'avverte,tore che peril

Bandini, previene

il

let-

accademia egli intende:con certe leggi,e

diti stretti fra loro

d'uomini erua cui eglino medesimi si sog quelle societ

gettano, che raduna'.idosi insieme orerudita -575. Il titolo dell'estratto l'abbiamo trovato in una recensione che di511. Tlssendoci stato iuaccessibllo l'estv^itto iu quesriouc-,

esso faceva Augusto Conti nell'Jjv/i/rit) storico Italiano Serie III. Tomo II, Parte '1.^ (1865) p. 172, recensione che si pu anche leggere nel libro dellostosso Conti: Cose di storia ed arte. Firenze iSTi, pag. 283-307.^

Storht detta ^[edcina,

cit.

p. 543.

dimostrare

la

verit di queste sue asserzioni. Soltanto j)rima d'ac mestieri

cmgcrvisi egli dice che

sapere che l'Accademia pla-

tonica fiorentina, innanzi che Cosimo primo chiamasse a CareggiMarsilio nel 1464 (forse donandogli la casa di Careggi), aveva gi

incominciato nelle foreste Camaldolesi, dove quattro anni innanzi era usi adunati nel sacro eremo varii platonici, tra i quali il Landino

Leon Battista Alberti, che seco vi trasse anche il Ficino, e dove Leon Battista espose la platonica dottrina che si asconde sotto il velame degli splendidi versi del poema di Virgilio. Ebbe poi la pi fre(]uente sede nella corte Medicea al tempo di Lorenzo, che sebbene la volesse con se trasferire stabilmente in Careggi, non pot colto da morte soddisfare alla sua intenzione. E fu pure sua sedee

quella che tenne in

ambedue

gli

Studi pubblici

di

Firenze,

nel

primo meno grande, nel secondo ampliato da Palla Strozzi, dove al platonico insegnamento ed a sostenere le gravi discussioni fueletto e molti anni vi lesse Marsilio Ficino,

acclamato e circondato da gran numero di discepoli ed ammiratori. E le ultime tornate dell'Accademia si ridussero colla vita stessa del Ficino entro a que' sacri tempj dove ebbero il loro primo nascimento, siccome sisopra dell'eremo di Camaldoli; imperocchFilelfo viil

detto di

Ficinolezioni

fatto sacerdote, le

sue lezioni accademiche dette in Santa Mariail

del Fiore, quasi negli stessi anni in che

dava

comunemente che l' Accademia platonica avesse sede fissa, come hanno oggi le nostre Accademie, e le sue tornate in Careggi, come ci rappresentano alcune modernesu Dante. Talchil

dire che

si

fa

pitture,

non verit che solamente appoggiata alla intenzione che ne ebbe due mesi prima della sua morte manifestata Lorenzo il^

Maiinifco.

'jui certamente a! quadro di Jjuigi Mussini, rapappuuto rAccadeinia Platonica a Careggi. Siccome questa l'unica opera d' arte, che abbia ])cr soggetto la nostra Accademia almeno a nostra uotizia, riportiamo qui il brano di un articolo di Cksaue Guasti che ce lo descrive e che abbiamo letto nel tomo IV delle Opere dello stesso, contenente gli Scritti d'Arie (Prato 18!.>S, ]>. 53-Gl). Esso s' intitola Del fturisiio nell'arie a j>yuj>erflua philologi est non pliilosopbi. Et cum paucissimi sint, quibus multa sint nota, s.iepe qui multa loquuntur, aut falsa, aut superfluo loquuntur, aut utra;

que.

Omnia haec.

a viri dignitate aliena, a pliilosopbi professione alienissima.

Vale

4S

Medicina, il solo autentico; ma questi, affinch il filosofo non abbia occasione di ripetere la protesta contro la nuova falsificazione, protesta clie avrebbe certamente ottenuto il suo effetto colla distruzione totale di essa, con provvido pensiero te lo rinchiude nella

Montevecchio segregato dal mondo cosi che la notizia non gli giunge nemmeno all'orecchio. Occorre spender parole per dimostrare l' assurdit di simile ipotesi y Anche lasciando stare i dati di fatto, con cui si potrebbe provarne la falsit, come, anche in tesi generale, poter pensare esua casettadi

di quella edizioue

credere che ad un uomo, che,i

come attestano

altre fonti che

non sono

libri dell'Epistolario in questione, s'era fatto

un

cosi largo cerchio

d'ammiratori, ed aveva avuto tanti discepoli, nessuno di costoro

andasse a fare unadirettamenteill'

visita, e gli parlasse perci,

come

di cosa che

interessava^ di

una

falsificazione libraria che portava

suo

nome ? Come non avrebbe

fatto ci quel Bindaccio Eicasoli,

che dovette tanto amare il suo maestro, come lo prova il fatto che il Corsi sapeva di consolarlo col solo raccontargliene la vita? Detto questo, ciascuno gi s'immagina con quale sorta di criteriil

Puccinotti

si

quella che

non avesse

accinga ad una disamina pi minuziosa di fatto nel brano su riportato, di ciascuno dei

libri dell'epistolario in questione. Il

ragionamento logico, che adoil

pera in proposito, qnesto: ern di Marsilio.^(orii (Idia

Ficin.

alla descritioiio d'

57

la solita

un umore

elio

non era>,

volgare volutt.

*

Questi ritiratosi a Venezia,illuni et

come

dice nella lettera, dopo * tristura

acerbum casum nostrae urbis

che

non sapremmo direfio-

quale fosse, vede quanto entusiasmo vi destava la letteratura

rentina, dei cui capolavori, la Divina Commedia e il Canzoniere, maestri veneziani imbevevano le menti dei lori giovani scolari; i

ed osserva quanta erae discusse

1'

ammirazione dieil

la classe colta della citt

delle lagune professava per

Ficino, di cui erano avidamente lette

da

tutti

i

begli ingegni cosi le opere originali

come

le

traduzioni, e specialmente l'epistolario che era allora allora uscitoalla luce.

Di tutto

ci

il

Bibbiena d notiziail

al

Ficino nella letteracorrispondenti.

in questione, che termina ringraziandofare l'onore di metterlo

filosofo di avergli volutoi

nell'epistolario fra

suoi

Ecco

la lettera

:

Petrus Bibbieusis Marsilio Ficino.

Miraberis, et fas est mireris, Marsili.ofiicio

Ego

Divitius

ille,

queminvi-

uuper in

ut

maximo

sic laboriosissimo, ut

optimo

sic

diosissimo inquietum nosti, tibi nuuc epistolam mieto, in qua nihilest quod, saluti metueus, exuli succenseas:

non enim post tristem

illum et acerbum casum nostrae urbis res graves scribere aut audire

contendimuset

;

sed nullis occupationibus districtus Yenetiis

me

dfposui et ad mea studia litterarum et quidem utriusque linguae,

iam defleta

conclamata,

serailiteratus

dicam emne yHuadijg?est

reduco, in quibus partim angor,

cum

subit recordatio ammissi

temporisletor,

quod genus iacturae luctuosissimum

,

partim

quia hoc specimen miserabile infractae fortunae alia

quam

litteraria iucuuditas abolero

non:

potest.

Hesitas iam, Marsili, ac

quorsum

hec, inquis, exordiordisciplinis

paucis accipe. Si qua urbs Italiae

litteralibus

excellit,

hec

maxime

excellit,

singulaque

exempla longiim

esset repetere.

Nam

sive quae

ad philosophiam,ius civile perti-

sive ad Musiceu, poeticen, rethoricen, sive

quo ad

neant, desideres, invenias doctissimos viros, plurimosque in Latiniset Grecis disertissimos; miror

equidem

:

multi sunt, aut multos foresi

arbitror Hermolaos.

Tu autem magis

miraberis

scieris

quam

in-

'

ijprra del Ficino. Voi.

I,

p.

927:

]\I.irsilius

Ficinus Pietro Divitio,

li-

moribus ornatissimo S. D. Cum i.undia Platoueiii nostrum iu convivio a'adi\-jsses de amore latissime disputantem, desideraresque praetcroa compcndiariarn quaudara de amore senteutiam, lihellum dedi legeudum hac de re uobis in adolescentia nostra comfositum ad Pcllegrinum Alium adolesceutein. Meuiiui equidem quam mirifice delectabaris audiro amorem ipsura revera non esse libidiiem ^td furorom ((iiendam excellvutibii-. ingcniis divinitus in^tiganf(.in... .teris et

-credibile .tiidium, quara

,^8

--

suinma vigilantia in eriuliendis pueris ha-

beatur.

Nam

traduntur, a

ad quadrimatnm cuiii pervenerint iiii, praeceptoribus qibus mores primani. inox llone^tas artes discant.

Sed iu hoc aetatis primo exordio pluriraum refert. a quo potissibeue fari accipiant, uou servi aut vernae, nec meretricis, sed sola nostrorum vatum Dautis ac Petrarche carmina infantiam imbuunt: quo fit ut elocutioni tantum vacent, mox liberalibus studiis adolescant. Quare nobis obiter gaudendum est, quod in patriam alienam tam prospere, tam celebriter vates nostri extra limen pro-

mum

Nam quod de pueris, idem loquor de senioribus: nemo euim est qui non admiretur, non adoret reverenter. non teneat aut domi signa et imagines illorum, aut memoria maximam partem poematis. Quod exemplum impulit me ut de te peterem inter nobilissimos civitatis an dignum Platonica illa tua altitudine, diguumferantur.

virtutibus tuis nomep vendiceris, iisdem quibus mereri?? spatiis. ora Lominum pervagcris. At o "veram sinceramque laudeml o ingens nomen veridicamque approbationem quam bene conveuitis atque parem Ficino meo gloriam promulgatisi quam mire successii exI

voto!

Fama

es

enim super ethera notus, utpote qui non minusaliis.

in

toto orbe landeris, amaris, complecterisque abvidisti,

quos nnmmodo

onmium

mors

est, si

addam: Tnvideo. cum componemur tibi habes enim.:

vivis quod r;iro coutingit, ante oculos

paratam immortalitatem. Sed quamvis illud supra Totum tuum esse putes, ut edas alia vel hoc reliquo viiae taae digna, Tel non minus viventibus, quam iosieris profulura. Venetiis Pridie Kalendas Aprilis *Jmaior etiam expectaiioest,

probinde

liortor te,

Occorre aggiungere parola per segnalare l'importanza di questodocumerito])rr (]uel

che riguarda

la

ijiiestione clie ora ci

occupa

?

Bibliote.-a Lroareiiziua Plut.

XC

sup. 39,

e.

30 v.-32

r.

del Ficino autentico,

59

SenoncLi sorgo qui poutauea un'altra domanda: se l'epistolario come mai il Corsi pot crederlo nella sua

parie di gran lunga maggiore una falsificazione? Intanto possiamo

deve gi a ragionamenti, che il Corsi avesse fatto in proposito, ma ad un abbaglio suo, o per lo meno ad una voce in quel senso, che circolava ai suoi tempi in Firenze, ed alla quale egli prest fede con troppa facilit. E ne abbiamo le prove. Noi sappiamo cio che Bindaccio Ricasoli, il grande amico del Corsi, a cui questi dedica la sua biografa, credeva all' autenticit dell' epistolario, come si ricava da un catalogo delle opere fciniane da lui etesso composto, nel quale appunto sono compresi fra l' altre opere tutti quei libri dell' epistolario che al tempo della composizione deldire che ci

non

si

catalogo stesso erano stati scritti dal Ficino, ossia undici. Questocatalogo da luizione del

mandato ad un medico chiamato Gregorio Aleslumine del Ficino, apparsa a Firenze nel 1493.

sandrino, con una lettera che pubblicata in calce alla prima edi-

De

sole et

Dice

la lettera:

2S. 3 Oprra voi. I p. 929.

102

n- 2.

noi marzo, bonstipi del solitoil

627

il

7 di

maggio

del 1492'

libro

usci

fuori,

coi

Miscominosiil

in Firenze.

Con quest'opera

chiude deguameute*Magnifico Lorenzo

il

periodo dell'attivit

spesa dal Ficino sotto

(f

8

aprile

1492)

in

vista della missione propostasi di convertire alla religione tutti coloro che se n' erano discostati per

ragionamento

filosofico.

E

riguar-

dando all'enorme lavoro

fatto e al nobile scopo che si prefiggeva,

egli poteva con orgoglio dire nella prefazione a Plotino,

che Diopoeti e

stesso l'aveva ispirato e guidato e nella traduzione e neldi quell'autore, all'apparir del quale, secondoil

commentoi

suo dire,

gl'increduli avrebbero cessato di ascrivere fra le favole delle vec-

Plotinum promove - scrive il - nostrosque omnes et caeteros cobortare ad bunc manibus alacriter comprehendendum, ut ipse, in lucem e vestigio prodiens, contuentibus omnibus, vicissim reddat lucem . ^ E guardando all'ammirazione suscitata dalla sua opera colossale, Marsilio poteva davvero credere che Dio stesso avesse pugnato pr religiosa philosophia , come ne aveva espresso la speranza scrivendo a Antonio da Faenza, giacche si Deus pr nobis, quis centra nos? >."* E difatti l'importanza dell'opera ficiniana, qualunque sia il giudizio che se ne debba oggi fare, certocliierelle le verit della religione.

Ficino a Filippo Carducci in data del 12 Luglio 1492

che fu subito riconosciuta dai contemporanei, pressocino ne crebbe di

i

quali

il

Fi-

fama

e d'autorit

:

Ob quam

egregie navatamdi Plotino -

operam

- dicesibi

il

Corsi della traduzione e

commento

maximam'

apud omnes gloriam compara vit. Si quidem hic

est

Vedine Vln fine riportato a p. 457 n. 1. Infatti uou sono opere originali le altre messe assieme dal Ficino tra la fine del commento a Plotino e la morte di Lorenzo. Cos l'iunl assieme i suoi scritti giovanili in quel codice Laur. xxi, 8, che abbiamo tante volte citato, inviandolo allo stesso Lorenzo con una lettera che ha la data del 27 ottobre 1490 (cfr. Opera voi. I p. 916). Un' altra silloge, ma assai pi curiosa, quella die il Ficino intitol Homo, e dedic pure al Medici. Ce ne resta la dedica al Medici in data del 30 ottobre 1490 (Ibidem p. 916), e da essa appare che la silloge si componeva, come l'uomo, di una parte corporale e di una parte spirituale: la prima non era altro, almeno pare, che il Liber de Vita, nel quale tamquam medici, de curando corpore disputamus > appunto dice Marsilio nella seconda eran riuniti qutgli scritti ubi - dice il Ficino - quasi Theologi animum a cura corporis ad Deum convertimus contemplandum , e che, dalle sue indicazioni, risultano essere 7, ossia le Quinque Claves Platonicac Sapientiae (cfr. il presente lavoro p. 91), il de Stella Magoruni, che potrebbe essere tanto la predica dallo stesso titolo {Opera voi. I p. 489), quanto l'opuscolo gi mandato a Federigo d'Urbino (Ibidem p. 849), e il de Raptu Patiti ad tertixim coclum (Ibidem, p. 697 sgg.). Infine e di questi tempi il rifacimento*

delle giovanili Institutiones Platonicae (cfr.3 *

questo lavoro

p.

613-514).

Opera

voi. I, p. 935.p^.

Ibidem,

909.

ille

628

:

Plotinus,

in eo est

quem Platonici ipsi sudentfes vix intelligunt tanta tum sermonis brevitas, tum doctrinae profunditas Quare!

merito laudatur Marsilius, qui obscurissima tanti Philosophi enig-

mata, nevello

di^epinli dogtnata,

Latinorum omnium primus

aperuit, atil

que edocuit

.

'

E

il

Ficino ne venne anzi riguardato come

no-

Platone.

Infatti nell'edizione uscita a Venezia,

appunto di questi tempi,

ossia

il

13 agosto del 1491, della traduzione ficiniana di Platone,la

aggiuntavi in pivisto,

Theologia Platonica^ che,

nella mente

stessa del suo autore

doveva essere

come abbiamo gi il commen-

tario di quella traduzione, si leggono proprio nel frontespizio, questi distici di

Naldo Naldi

:

deus ethereis nunc mittere vellet ab Qui supero nobis a love dona daret, Divinum celsa demittit ab arce platona,Cui sacra tutelae philosopbia foret.Accipit, officiumque

Cum

oris,

datum Plato

laetus et acri

MenteIllius

subit tante iura tuenda dee;

ac ponit capiti redimicula mitre,

Ungit et unguentis tempus utrunque sacris, Membra tegit peplo, quod palladis esset amictus, Sub pede purpureas spargit ubique rosas. At modo ne pereat tante pietatis imago, Neve suum perdat philosophia decus,Marsiliusterris, alter

Plato redditusille

est,

qui. *

Factitet haec eadem, quae dedit

prius

Ecco dunque

il

Ficino diventato agli occhi dei contemporanei

un secondol'attivit

Platone.

Ma

l'

importante per noi gli l'osservare, che

quest'appellativo venne dato al Ficino

immensa da

lui spesa

non solo in riguardo come propagatore delle teorie

delpla-

tniche e neoplatoniche, non solo dietro la considerazione del suo carattere di filosofo - apostolo che lo faceva apparire quasifilosofo originale,

come unlui

come un caposcuola, applicatofilosofo

a formarsi la sua

setta filosofica, e nettamente distinto perci

da quanti prima di

avevan tradotto questo o quel

greco, limitandosi sempli-

'

O.

e.

p. 324.:

Ecco l' In fine di questa edizione Impressum Venetiis per Bernardinum de Choris de Cremona et Simonem de luero impensis Andree Toresani de Asula - 13 Augusti 1491 . Di questa edizione aveva avuto sentore aucbe il Ficino stesso, cbe in una lettera del 20 Luglio 1491 scriveva a Martino Uranio Yenetiis quotidie Platonis Theologiaeque libri iteruin, et, ut aiunt, diligentius imprimuntur > (Opera voi. I p. 928). Con essa poi veniva in certo*:

meno urgente e necessaria quella ristampa della versione Lorenzo aveva promesso al Ficino (cfr. lettera al Martelli del 20 Gennaio 1490 [st. f.j, .ibidem p. 918, e all' Uranio del 24 novembre 1491, ibidem p. 929), e cb poi egli non pot compiere per essere presp dalla morte.qualrendersidi Platone, cbe

modo a

oemente ad esercitareciamo,

629

nonsolo, di-

la loro pedanteria di letterati,

per tutto ci, gli venne chiamato alter Plato, ma anche per una reale somiglianza di temperamento fra il Ficino stesso e Platone, e per la cura posta dal filosofo fiorentino nell' imitare quanto

pi fosse possibile, cosi nelstanze della vita esteriore.

modo

di filosofare,

come

nelle

circo-

Anzi aggiungeremo^ subito che a questa sua mania d'imitazione che si deve il riil

filosofo Ateniese.

sorgere, nella Firenze del 400,

minciamo dal cogliere per conto nostro

dell'Accademia Platonica. Ma cole somiglianze del tempe-

ramento, che dovettero del resto saltar subito agli occhi dei contemporanei in grazia della Vita di Platone, scritta dallo stessoFicino, e da

un pezzo per

le

mani

di tutti.

Lasciando dunque stare la struttura del corpo, formosissimo, a malgrado di qualche difetto, e robusto nell' uno ^ piccola, lievemente gibbosa, e gracile nell'altro,* ci fermeremo anzi tutto su quel tratto

comune ad ambedue che Marsilio

chiama melancholia, ossia quella tristezza ingenita, che scompare, quando l'animo sia distratto dalla conversazione degli uomini, ma esercita una straordinaria efficacia nella solitudine, chiudendo l'animo sopra di se e concenstesso

trandolo nel suo interno. Plato melancholicus erat dice Marsilio

Opera

voi. I p. 764: [Plato] erat et speciosissimo et

robustissimo cor-

unde et a latis humeris, ampia fronte et egregio totius corporis habitu, orationis quoque ubertate Plato est nuncupatus, cum ante nominatus fuisset Aristocles. Nihil in eo deforme, nisi forte vox aliquantum gracilis et, nescio, quid sub vertice gibbosum eum aliquantum deformabat .poris habitu;* Vedi il Corsi, o. c. p. 330 sg.: < Statura fuit admodum brevi, gracili corpore et aliquantum in utrisque humeris gibboso; lingua pai-umper haesitante, atque in prolatu dumtaxat litterae s balbutiente, sed utraque non sine gratia; cruribus ac brachiis, sed praecipue manibus oblongis; facies illi obducta; et, quae mitem ac gratura aspectum praebent, color sanguineus, capilli favi ac

crispantes; ut qui super frontein in altum prominebant stesso (lettera al Cavalcanti

.

Cfr. inoltre

il

FiciNO

Operapoi la

brevisque tenuisque

,

cfr.

dove lettera a Lorenzo evoi. I p. 745,il

si

chiama

homuncio

la

risposta di costui,

ibidem

p.

621, nella quale

i

due scherzano

sul caso strano della concessioneal

della chiesa di S. Cristofano, che

santo gigante,

piccolo Marsilio),

il

Ca-

PONSACCHi

(o. e. p. 31),

e

il

DEL MiGLiOKE

nella sua Firenze illustrata p. Ili:

Per venir cosi corredato e ricco, correva un proverbio, perseverante ancor oggi nel popolo, che Non gli farebbe onore, se gli avesse il Pallio di S. Giovanni addosso ' dice detto per quegli che non si rifanno di qualsivoglia abito ricco, per il lor sembiante vile o povero, mancante d'una certa leggiadi-ia e grazia. Cosi fu detto

(parla del palio da corrersi per la festa di S. Giovanni)

:

'

;

una volta a Marsilio Ficino, il quale non ostante foss^ quel gran Uomo, che ognuno sa, era piccolo e sparuto, mostrandosi esser vero gli uomini non si misurare a canne, e l'altezza del talento non aver che far nulla con la composizione corporea. Per il ritratto del Ficino dipinto dal Vasari, cfr. G. UziEl.Li, Intorno alla famiglia ed al ritratto di P. dal Pozzo Toscanelli, Roma, 1884, p. 10, e P. dal P. Toscanelli iniziatore della scoperta dell' America, Firenze,

1892,

dove riprodotto.

630

Cavalcanti:

nella sua Vita di Platone; e di s dice al

Compi edire del

xiouem quandam accuso nielaucholicamd'averla avuta dal pianeta Saturno,'

,

aggiungendo che credesecondoil

il

quale,

Cavalcanti, accettato in tutto e per tutto dallo stesso Ficino, avrebbe

riguardato collo stesso aspetto Mai'silio

.ornandam

,

e

il

divo Platone

*

missum ad florentem urbem ad Atben^s illustrandas euutem .

E comepresente,

in Platone, cosi nel Ficino questa meancholia col concenin s stessolei

tramento dell'animo

importava:

le astrazioni

dal

mondo

o in altre parole

estasi

anzi per Marsilio questo

temperamento comune a

omnium lancholiaj

Maxime vero literatorum Sana - hi atra bile [i. e. mepremuntur, qui sedulo philosophiae studio dediti, mentuttifilosofi,

egli dice nel suo de

Vita

tem a corpore rebusque corporeis sevocant, incorporeisque coniungunt, tum quia dijQ&cilius admodum opus maiori quoque indiget mentis intentione, tum quia quatenus mentem incorporeae ventati coniungunt, eatenus a corpore disiungere compelluntur hinc corpus eorum nonnumquam, quasi semianimum redditur atque melancho:

il

licum >. E, secondo il suo solito, cita l'autorit del divino Platone, quale nel Timeo afierma, che l'animo nella contemplazione dellecose divinesi

eleva al di sopra del corpo, pi di quanto la natura

certo qualmodo disOra Platone ebbe di queste estasi, anzi fu in una di < Plato cum frequenter contemplationis intentione esse che mor longe secessisset a corpore, tandem in ea ipsa abstractione a core per quel che riguarda il Ficino, poris viftclis decessit omnino rimandiamo a quanto abbiamo gi detto. ^ Ma in Platone questa meancholia non impedi la festevolezzadi questo lo permetta, e quasi lo sfugge, in

solvendosi.

^

:

^

;

'

scherzosa del conversare.

[Plato], dice Marsilio - etsi

melanchosaeveriores

licus erat profundissimique ingenii, ut scribit Aristoteles, iocis ta-

men

pluribus utebatur, atque Xenocratem et. ^

Diouem

saepissime admonebat, ut gratiis sacra facerent,gratioresque redderenturci

quo jucuuJioresil

Lo

stesso era Marsilio, di cui

Corsi

dice

che quand' era

solo,

lasciandosis'

andare

al

suo tempera-

mento melanconico, pareva che quasi

intorpidisse,

mentre nella

conversazione degli amici hilarem se ac festivum semper exhi-

Opera toI. I p. 732-733. Ibidem p. 732. Questa lettera il Cavalcanti la scrisse al sao amico per mostrargli quanto ingiustamente si dicesse pieno di mali, e accusasse di ci Saturno E il Ficino conveniva col suo Giovanni nella lettera che abbiamo ci

*

tata nella nota precedente.^ *'=>

Opera voi. I p. 497 (capo Ibidem p. 286 (cap. II delCfr. p. 459.

III).

libro

XIII della Theologia).

Opera voL

I p. 765.

boret. >.'

631

trattodel

E

pi avanti, tornando sullo stessoci

carattere

marsiliano,

fa

sapere che Rncbelui,

a'

suoi tempi circolavan pel pole

polo certi arguti detti dirisa.

che ancora suscitavano-

pi grasse

Animo

fuit

mansuetissimoqui

dice

dunque

il

biografo -

cum

in

omnibus, tum etiamegregius,ijuippe

in disputando, ubiqiie festivus, ac

confabu-

lator

urbanitate ac salibus uemini cederet.verbis,

Exstant pleraque eiustidie

dieta, etrascis prolatafrequenti;!,

suiitque quo-

in

ore amicorum

piena facetiarum, jocorum, ac'

vafer circum praecordia Anzi per il Ficino stesso gli scherzi sono come Platonica prooemia >, perch, in Platone la conversazione scherzosa preludia sempre ad una disputa seria ;^ e d'altra parte Mercurio, che presiede alla loquela, parla seriamente con Giove e con Saturuo,risus; et

quibus interdura, ut poeta inquit,

ludat'

. ^

ma

scherza con Venere,

presso la

quale,

rigettate'

le

cose

serie,

s'intrattiene volentieri delle facete e ridicole.dire con Apuleio:

Laonde Marsilio pufe-

Nos, platonica familia, nihil novimus, nisi. ^

stum, laetum, caeleste, supernumil

Edi

chiss

come avrin

brillato

nostro mite filosofo per la sua conversazione arguta,

quella

lieta e

gioconda brigata, che col nomeradunava)si

Mammolai

(forse del

luogo

ove

si

form circa

il

1490 fra

principali cortigiani

medicei collo scopo di cacciar la noia e spassarsela allegramente,e della

quale Marsilio appunto era stato dichiarato re e signorealtro tratto che la tradizione

'"'

!

Un

concedeva a Platone era quello

come dice, il Ficino, in senio sacra na. turae fecisso dicitur, ut se apud vulgus crimine sterilitatis absolveret . Inclinato poi ad amare gli adolescenti, l'affetto che provavadella castit: tanto che,

per loro era tutto fatto d'idealit, e Marsilio nell'ultimo paragrafodella

suasi

Vita Pafonts,

intitolato

appunto Apologia de morihuali

Pafonis^

scaglia contro quei cani, com'egli

chiama, che coi

loro latratitone.

avevan tentato di lacerare la fama e la moralit di PlaMalgrado ])er questa castit, noto come il filosofo Ateniesedell'amore;di questo

s'intrattenesse volentieri a parlare dei diversi asj)etti

ed

il

Simposio che altro

,

se

non uno studio completoi

principe degli affetti umani, considerato sotto tutti

suoi punti di

'

0.0.

e. p.e.

332.

3*'

p.

336-330.al

Lettera

Cavalcanti Optra voi.770.

I p. G2fi (3).

Lettera a Pier Leone, Ibidem

p. 8D5.

Ibidem

p.

p. JXK, dove la data indecifrabile ha a leggere colTedizione di Venezia 1J05, e. e. LXHII?.'.: 4 Gennaio 1489 [s. f.]) intitolata appunto- Coefiis civiuni .

}2

icap. I del libro 11 doli; Tltcui^-j-t).;il

*

610-041

Pandozisi.

' *

p. t>r>8-G59 al Lippi.

Ibideiu p. 688.

Ibidem

p.

619-6^0

all'Albizzi.

-

CI 5

-

tliHV'ViMilt

(^uaihIo fi trattai del bene,

dovesi

o'

posto per tutti, e;

checizia

tutti gli

uomijii liauno la possibilit di coiapreudereil

e l'amico-

sar tanto pi salda, seaspirazione, siail

bene, che

fa oggetto della

muneille

massijno dei beni, ossia Dio. Anzi

solus

vir verus

legi(inHisi|Uo

aniator est apjjellaudus, qui inteliigii

in

omnibus bonis, qnae passim sibi olferuntur et placent, nihil revera aliud sibi piacere, quam divinum ipsum bouum, ex quo et per quod cuncta sunt bona; ideoque in iis omnibus ipsura amat, iu ipso diligit omnia, ita ut neque ipsumet sibi sit dilectus, nisiin eo, per

quem hoc

habet, ut sit diligendus

.

'

Cosi davanti alla bont, di cui V Academicus fciniano deve andar fornito, la scienza del medesimo passa affatto in seconda linea.

Non

occorre quindi che esso sia scienziato,

ossia

filosofo

di pro-

fessione; ed infatti fra

noi troviamo per laretori, poeti,proiivi,

frequentatori deWAcadenia careggiana i maggior parte uomini politici, giureconsulti, medici e musici improvvisatori. Anzi i filosofi veri e

pure allargando la parola a tutti coloro, che, senza creare un sisten)a proprio, fauno della filosofia oggetto speciale dei loro studi, son pochi neWAcademia', e ci non pu meravigliare, chi pensi che, generalmente parlando, coloro che al tempo della Rinasi mantenevano solo come una citt quindi non ce ne poprofessori ai pubblici Studi, e in teva c-ssero che quell'esiguo numero, che si trovava nel ruolo dello

scenza facevano professione di

filosofia,

Studio di essa. Si osservi poi che a questi pochi filosofi, chiamiamoli pur cosi, non si impone, come condizione necessaria a varcareh:

soglie

vW Academia,il

di essere platonici, niente affatto; troil

veremo anzi

fra essi dei convinti aristotelici,

che pure conformequello

allo sjirito del Ficino,

quale distingue due Aristotelismi, quelloe

traviato dalle scuole arabe e greche seriori,])rimo da combattersi ad oltranza,eil

genuino

:

il

da jm.pugnarsi

come'^

quello che

si

secondo invece da seguirsi pu conciliare benissimo col

pu chiamare Anzi nei convegni di Montevecchio accottato i)f'rlino un Ebreo, un certo Fortuna, ^ quantunque apparteiieiite a quella razza, contro la cui empiet e nequizia il Ficino scaglia con tanta veemenza nel suo de Christiana religione; ePU^to))i^mo, laudo cosi origine a quel sistema che si

Actidemia //eripa f etica.

.si

ci certajnente in grazia di quella cabbala ebraica,

d'}

cui Marsilio

diventa ammiratore sotto l' indel suo contlosofo Pico. Del resto colla filosofa Platonica fluenzanegli uhini tempi della sua vita

'

Oliera voi.

I

j).

777, ai ruoi ConfilosoG.

* '

L'espressione nella lettera ad Antonio da Faenza, ihjdeni p. 900. suoi faiiiii;;Iiari dal Ticiuo ste>so uella uotu Ifct.tora Catalo:.':ito lV;ii

al-

l'Uranio, ibidem

\).

9i>b-iiii7.

nonsi si

646le

la scienza si trova solil

connettono forse tutte

pi disparate manifestazioni del-

l'attirit intellettuale

umana?

Anzi, nonch dire che tutta la scienza

trova in quella*

filosofia,

bisogna dire chePlatone,e

tanto in essa.

La

Filosofia - dice col suo stile figuratosi

Ficinoparola

nella prefazione alla versione di

prenda

la

Filosofa nel significato di scienza in genere - la Filosofia,

nata, cominci ad aggirarsi fra le diverse genti e

appena da tutti nazioni,

festeggiata ed ammirata.

Capitata finalmente da Platone, questi

non

solo le tribut sensi d'ammirazione,le

vera e propria. Per primo le cinsetale; le indossil

peplo che

si

ma le prest un'adorazione tempia della mitra sacerdoconviene alla figlia di Minerva; le

capo, le mani, i piedi di soavi odori, e le infior vagavariamente la via. Tale essa , finche s'intrattiene dentro i limiti dell'Accademia; perch tutte le volte che essa va errando al di fuori dei giardini platonici, non solo perde gli unguenti che la profumano, e i fiori che le adornan la via, ma anche cade in

asperse

il

mente

e

mano

di ladroni, e perdute le insegne del sacerdozio ed ogni appa-

renza di gravit, erra vagabondando nuda e cosi deforme, che nonpiace pi n ad Apollo poeta, n a Mercurio oratore, ne a Giovelegislf^tore,

ne a Minerva, ripienaal

di

ogni pi riposta dottrina.il

Masuo

appena essa ritorna

suo luogo d'elezioue, riprende subito'.

perduto decoro, e riposa, come nella stessa sua patria assai chiara, e ancora pi la in questealtre

L'allegoria

parole,

con cui

Marsilio, visto che la scienza

non si trova che dentro i recinti dell'Accademia, raccomanda a Lorenzo di invitare tutti coloro che sien desiderosi cosi di addottrinarsi, come di viver bene ad Aca-

demiam Platonicamcetti

.

'

Quivi infatti - egli dice -

i

giovani frai

i

giuochi e gli scherzi conseguiranno utilmente e facilmente

pre-

morali e

l'arte del disputare;

quivi gli adulti apprenderanno;

la disciplina delle cose private e

pubbliche

quivi

della vita mortale, spereranno la vita eterna.

i vecchi in luogo Nei giardini dell'Ac^

cademia [poeti udranno cantare all'ombra dei lauri lo stesso Apollo; nel vestibolo d'essa gli oratori sentiranno declamare lo stesso Mercurio; nel portico e nell'aulai

giureconsulti e

i

governatori di citt

ascolteranno lo stesso Giove, sancitore di leggi, dettatore di diritti,

governatore d'imperi; finalmente negli stessi penetrali

i

filosofi ri-

conosceranno

mentre poicui

i

Saturno contemplatore degli arcani celesti, sacerdoti troveranno per tutta l'Accademia armi, conil

loro

difendere strenuamente la religione contro gli assalti degli'.

empi

.

:

cfr. allo stesso, ivi p.

a

primis annis conciliata nobis est amicitia'*

Opera

voi. I p. 761 a

Domenico

Galletti.

Cfr. questo lavoro p. 566.

Opera voi. I p. 736, al Cavalcanti. Ibidem p. 625, allo stesso (3*). " Cfr. Fabroni Historia Academiae Pisanae cit. voi. I, p. 370 nota; nell'ai rcTi. Med. a. il Princ. XXIX, 821 una sua lettera, dove s^i firma come notaro delle Miformagioni; a lui indirizza il Naldi due sue poesie: ad Joannem gu-dum florentinarum legum conditorem atque octovirum designatum e Johani Guido viro doctissimo (in Magb. VII, 1057 e. 67 r. e 61 y.). * Opera voi. I, p. 631, al Cavalcanti (2): ci resta poi del Naldi (Magb, \11, 1057, e. 12 V.) una poesia ad Joannem^ che senza dubbio il Guidi, nella quale si congratula con lui, appunto^

^

Cam libi pr meritis tribuat florentia tantum, dum leges patria condis in urbe novas.Quantum lacedemon^tribuit

bene grata iycurgo.

Ibidem

p. 632, allo stesso.

le professioni,il

049

-

non scriveva qualcosa per lodare la filosofa, che era ? E perch scrive sempre lettere amatorie ? E Marsilio contentando l'amico, scrive da una parte l'opuscolo Laus PhilosophiaSy dall' altra la lettera Legitimus amoris termi. nu8 est consuetudo.* Non sdegna poi il Cavalcanti le parti pi.suo principale studio':

amene

della

letteratura,

come

la

poesia

volgare, della quale

un;

suo antenato, contemporaneo di Dante, s'era reso cosi benemeritoe cos egli incitail

suo amico Antonio di Tuccio Manetti a scri-

verne qualchecosa,suoi gusti, g'

mentre d' altra parte il Naldi, che conosce i invia una sua parafrasi latina del sonetto del Pe'i

trarca

:

< L'oro e le perle, e

fior

vermigli eil

i

bianchi

.

*

Ma

oltre

che per questi suoi pregi

Cavalcanti ebbevisto

campoegii

di accattivarsi l'affetto e la considerazione del Ficino coll'amicizia

dimostratagli in diverse occasioni.gli consigliasse

Abbiamo gi

come

assistesse Marsilio nel periodo della sua depressione morale, e

come

per trovare

il

conforto, invano fino allora cercato,

commentare il Simposio di Platone.^ E cosi, lasciando stare gentilezze di minor conto, come regali di cacciagione, fatti da Giovanni al nostro, ^ il Cavalcanti ci si presenta come confortatore del Ficino nei momenti, in cui costui si lasciava prendere dalla malinconia. Cos una volta Marsilio in un accesso di malumore scrivedi

all'amico che sopra di se piovevacanti con

l'

influenza del maligno Saturno,^

sopra di lui invece quella del benigno Giove.

E

allora

il

Cavalina che

una

lettera vibrata;

:

'

Non mi

accusare pi da quici

avanti Saturno - gli dice -

perch gli astri

hanno poco

vedere con gli uomini, e Saturno del resto non di mali,ti

ma

di

beni

ha ricoperto. E per restare sulle generali, esso astro non riguard mandato ad onorare la citt dei fiori, collo stesso aspetto con cui ebbe gi a riguardare il divino Platone, eletto ad illustrare Atene? E chi t'ha dato codesto meraviglioso ingegno tuo? Dove trovasti tanta gagliardia di corpo, quanta te ne occorse per rovistare la Grecia tra balzi e monti scoscesi, e penetrare fino nell'Egitto onde portarci sulle tue spalle quei sapientissimi vecchi ? Audace impresa fu certamente questa tua, per la quale la posterit ti darte,

pi di quello cne oggi tu possa averne in guiderdone.

N mancasti

'

OperaIbidem

voi. I p.

668

al

Bembo.(3).

* '

p. 631, al

Cavalcanti

Operette storiche dip.

Antonio Manetti per cura34,

di

Gaetano Milanesi

Firenze 1887,*

171 sgg.

Laurenziana Plut. xixv,Cfr. p. 667 sgg.

e

IBr.

5

(Prose volgari inedite e poesie latine e greche edite ed inedite del Poliziano per cura del ukl Lungo, Firenze 1865 p. 249-250). Carlo poi avrebbe aiutato etc. cit. il Poliziano nella traduzione d'Omero: cfr. Voigt II tisorgimentovoi. II p.'

Rice. 834

190 e ZippKL, Giunte cit. p. 54, e. 187r. colla data: Ex Ymola dieal

XI

Junii 1467;

seguita

da un'altra lettera del PelottiMartii 1468*

Tranchedino

colla

data: Vale Jmole

X

.

Si trova autografo nella

Nazionale di Firenze

II,

ii,

e.

lllr. '

un

altro

epigrammae.

dello stesso, pure autografo,

62, e. llOr.: ivi a a Nicol MicUelozzi.

Laur. xc sup. 39,

28w.: Antonius Pelottus Laureutio Medici.:

Non horam, Laurens, suspensus durat habene Spiramentum animae guttura clausa negaul.Ast vero verCredidi, et

Ver geminum

geminum tremula de reste pependi, Tidit me superesse tanta. hinc vixi, quod ames me credo, sed cum:

ainas me, (c

f I]

Tu solo nutu restituisse potes. De cruce lolle igitur dubium, vir magne, Pelotum Salvat queuque lides; die modo: salvus ero .

braio 1477[s.f. ?],

660

:

sogni, che troviamo spiegati meglio in una sua lettera del 16 feb-

sempre a Lorenzo si trattava di certa concescampi presso Ponte di Sacco, che il signore del luogo, Gherardo della Gherardesca, aveva gi dato, ma che ora il povero Antonio temeva che egli volesse ritirare; ed egli naturalmente si rivolge al Magnifico peicb lo soccorra. < Te obsecro - finisce la lettera -, te supplico, ne me dest[itua]s, ne [me] mea frustrar! spe permittito. Cupio sub lauro et vivere et mori, et tandem domum habere permanentem. Tam potens igitur arbor, cuius umbre utranque solis domum attingunt, non me fovebit ? Ahsione in enfiteusi di alcuni

!

mi Laurens, meus amor, meabeneficii

iure

postulat.

Fac,

mea erga te pietas cumulum amabo, cum caeteri omnes officiumfides,sit,

tunm

sentiant, ne pelotus solus

cui

non bene

feceris .

^

E

non

avendo subito ottenuto il bisogno suo, il Pelotti scrive a Lorenzo una seconda lettera, ed anche in questa, come nell'altra, egli esprime il desiderio e la speranza di poter mettere su casa. Fac - egli dice -, amabo, intelligant verbum tuum, quod velis. Quid verbum ? Nutum cognoscant ego in portu navigo. Quod si feceris, adiecta uxore, quam cupio, nihil est, quod ulterius expetam . ^ E la necessit del pigliar moglie l'andava il Pelotti predicando presso tutti:

i

suoi famigliari, e

il

Ficino, che era

fra

questi,

gliene riscrisse

di

una lunga lettera, dicendogli che in verit non avrebbe potuto far meglio che condur donna. ^ Non sappiamo se i suoi desideri fosanni pi tardi, circaegli

sero finalmente soddisfatti; certo che moltiil

1490, lo troviamo -ancora in Firenze, doveil

ebbe occasione

celebre patrizio veneto Girolamo Donati, di presentare al Ficino che da tempo desiderava fare la conoscenza del filosofo fiorentino. *

poreil

Orbene costui ci presentato da Marsilio come apollineo le^ Una volta della sua Accademia, ^ come alunno delle Muse Pelotti gli manda un carme panegirico in lode di Carlo Marsup*'

'

'.

il Ficino, accusandogliene ricevuta, dice che, leggendolo, deve convenire verissimam esse illam Platonis nostri sententiam, Poesim non ab arte, sed a furore aliquo proficisci . Ed a lode

pini, e

"^

grandissima del valore poetico di Antonio riesce quella specie di ragionamento con cui il Ficino, in una delle lettere a lui gi ci-

'

Arch. Med.

a. il

Pr.

XXXV,:

187.

2

3

Ibidem XXXV, 344. Opera voi. I p. 778 sgg.

e

....

Video

te,

Antoni apud familiares tuos

saepe hunc in*-

modum

pr re uxoria declamantem etc. etc.

6

'

Ibidem p. 907. Ibidem ibidem. Ibidem p. 634. Ibidem ibidem.

(Aie,

(iGl

(!.s.soii.^

gradiuntur, neque un quam ab ea longe discedunt

Eppure nientelotti,

nella produzione poetica, che ci avanza del Pelodi e l'epiteto

giustifica queste

concessogli dal Ficino;

di

i

Apollineus Academiae nostrae lepos poeti del suosi

che

il

Pelotti stesso frae nessuno

tempo dei mediocri, anzi mediocrissimi,

dei suoi carmi tocca soggetti, che

riferiscano in qualche

modo

all'Accademia ficiniana. Oltree al Michelozzi, citaffio eil

i gi mentovati epigrammi a Lorenzo rimangono di lui tre sonetti in volgare, un epitrentacinque epigrammi in latino. ^ Nel primo dei sonetti

Pelotti narra le sue pene amorose, forse fattegli patire da quella

stessa donna, in onore della quale l'epitaffio latino; nel secondosi

scaglia contro

un Sansone

(Raffaello Sansoni Riario, cardinale,

?)

delle

francesche Gregie

pastor

tacciandovelo di violatore di

monasteri, bestemmiatore, goloso, scialacquatore, seduttore di donne;nelterzo

descrive le dolcezze dei campi Elisi.essi

Quantoesponeil

agli

epi-

grammi,

son dedicati a Gaspare Viscontii

:

poeta inconsigli,

alcuni di essilasciare perretorici al

suoi tormenti d'amore coi relativi proponimenti die le volutt;

sempre amoredifficile

d in

altri

i

soliti

giovane Pietro Galeritovia degli studi;vi si

decus orbis lusubrii

che

entra nella

canta la vergine Maria e S.

mostra in relazione con Luigi Marliauo, Girolamo, Landriani, Matteo Trotto, Giovanni Borromeo, e Marchesino Stanga, rinnovando con alcuni di essi la eterna querela degli umanisti,

Giovanni

;

quella cio della propria povert e della iniquit dei tempi, ed im-

'

Oliera voi.

I p.

779.di

'

I sonetti e gli

l'epitaffio in

epigrammi nel cod. dalla Naziunalu Laurenziana xc sup. B9, e. 26u.

Firenze

II,

ii,

75;

tonico.

662

plorando piet e sussidi. Niente dunque di originale, niente di pla-

Lo

stesso dicasi di

Amerigo'

142 - 4 maggio 1501). Lisa, egli cant in versipressole

di Bartolomeo Corsini (12 agosto Innamoratosi da giovane di una certa il suo amore, sperando di trovar ristoro

musegli