66
Diego Manetti ISSR 2014-15 STORIA DELLA CHIESA CONTEMPORANEA (ISSR 2014-15) DOPO LA RIVOLUZIONE FRANCESE (P) Gli eventi in Europa dal 1789 al 1815 (dalla rivoluzione francese – RF a Napoleone) sconvolgono l’assetto religioso, politico e sociale precedente e ridimensionano la presenza sociale della chiesa, ponendo le basi per il rinnovato prestigio spirituale. Esaminiamo solo le strutture e i fenomeni di lungo corso sui rapporti Chiesa/mondo. 1-Entra in crisi il concetto di autorità, fondata non più su Dio ma sul consenso della nazione (borghesia, non il popolo), esaltando il principio della libertà di coscienza. 2-Nel rapporto chiesa/società la chiesa perde l’esclusiva nel determinare i rapporti sociali. 3-Questo pone le premesse per la separazione chiesa/stato che arriverà a negare il concetto di religione di stato. Alla vigilia del fenomeno di crisi Francia, Spagna e Portogallo sono paesi cattolici. In Francia in particolare il clero è la classe principale, quella cattolica è considerata religione di stato, l’anagrafe civile coincide col registro dei battesimi, i culti non cattolici sono interdetti in pubblico, il matrimonio civile non è riconosciuto. Le ricchezze della chiesa sono enormi (10% del territorio nazionale), i beni sono inalienabili, il clero riceve le decime; in cambio la chiesa assicura assistenza e formazione, garantendosi il controllo della vita dei sudditi. Punti deboli della chiesa: l’alto clero è fatto di vescovi di nomina regia che provengono dall’aristocrazia; la borghesia ne è esclusa, benché comprenda parroci di grandi parrocchie che reclamano la pratica pastorale come criterio per la nomina vescovile (cfr. la successiva costituzione civile del clero); crisi spirituale e vita poco edificante dei vertici della chiesa: i vescovi frequentano corte e salotti, assenti dalle diocesi, mentre il clero della ricca borghesia conosce i filosofi atei meglio del vangelo; il clero di campagna è ignorante e povero.

Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

STORIA DELLA CHIESA CONTEMPORANEA (ISSR 2014-15)

DOPO LA RIVOLUZIONE FRANCESE (P)

Gli eventi in Europa dal 1789 al 1815 (dalla rivoluzione francese – RF a Napoleone) sconvolgono l’assetto religioso, politico e sociale precedente e ridimensionano la presenza sociale della chiesa, ponendo le basi per il rinnovato prestigio spirituale. Esaminiamo solo le strutture e i fenomeni di lungo corso sui rapporti Chiesa/mondo.1-Entra in crisi il concetto di autorità, fondata non più su Dio ma sul consenso della nazione (borghesia, non il popolo), esaltando il principio della libertà di coscienza.2-Nel rapporto chiesa/società la chiesa perde l’esclusiva nel determinare i rapporti sociali.3-Questo pone le premesse per la separazione chiesa/stato che arriverà a negare il concetto di religione di stato.

Alla vigilia del fenomeno di crisi Francia, Spagna e Portogallo sono paesi cattolici. In Francia in particolare il clero è la classe principale, quella cattolica è considerata religione di stato, l’anagrafe civile coincide col registro dei battesimi, i culti non cattolici sono interdetti in pubblico, il matrimonio civile non è riconosciuto.Le ricchezze della chiesa sono enormi (10% del territorio nazionale), i beni sono inalienabili, il clero riceve le decime; in cambio la chiesa assicura assistenza e formazione, garantendosi il controllo della vita dei sudditi.

Punti deboli della chiesa: l’alto clero è fatto di vescovi di nomina regia che provengono dall’aristocrazia; la borghesia ne è esclusa, benché comprenda parroci di grandi parrocchie che reclamano la pratica pastorale come criterio per la nomina vescovile (cfr. la successiva costituzione civile del clero); crisi spirituale e vita poco edificante dei vertici della chiesa: i vescovi frequentano corte e salotti, assenti dalle diocesi, mentre il clero della ricca borghesia conosce i filosofi atei meglio del vangelo; il clero di campagna è ignorante e povero.

Anche la Francia ha i suoi problemi: è ricca ma con forte sperequazione economica. La borghesia compete con privilegi e tradizioni e vede la chiesa come nemica della sua voglia di cambiare.Nel 1789 il re convoca gli stati generali per far fronte al grande debito pubblico. Primo stato (clero), secondo (aristocrazia) e terzo (borghesia produttiva) rappresentano meno di un milione di membri, mentre 30 milioni di sudditi sono come invisibili.Gli stati generali deliberano per ordine, così clero e aristocrazia – che rappresentano poche migliaia di individui – contano per “2”, mentre il terzo stato – rappresentanza di circa 700.000 borghesi – conta per “1”. Il terzo stato pone dunque il problema del voto e trovano l’appoggio dei parroci, cui si uniscono i vescovi rimasti in minoranza e infine anche l’aristocrazia. Il re prende atto che la borghesia vuol farsi assemblea costituente: è la fine dell’assolutismo regio.

Nei primi giorni di luglio 1789 la “dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino” afferma tolleranza per tutte le religioni: nessuno può esser perseguito per reati di opinione.Dopo il 14 luglio, i privilegi sulla persona sono aboliti, quelli sulla proprietà soppressi a riscatto (la borghesia può comprare i beni resi alienabili). Benché il clero rinunci alle decime in favore delle casse dello stato, si comincia a pensare alla confisca dei beni della chiesa. Ma questo sarebbe in contraddizione col diritto di proprietà della “Dichiarazione” appena

Page 2: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

promulgata. Ci pensa Talleyrand, vescovo di Autoun, a sciogliere il nodo: i beni della chiesa non sono di proprietà ma in supporto alla funzione del culto, per cui se lo stato provvede direttamente al culto, la chiesa non ha più diritto a quei beni. Talleyrand mente sapendo di mentire: i beni sono proprietà della chiesa e un provvedimento diretto dello stato in materia di culto sarebbe una scelta giurisdizionalista non più compatibile con la “Dichiarazione” che non riconosceva più la religione cattolica come religione di stato. Nel novembre 1789 si delibera la confisca dei beni della chiesa, con una spaccatura che pone fine a un equilibrio secolare tra stato e chiesa.

La legge di confisca viene approvata con la Costituzione Civile del Clero nel luglio 1790, con quattro titoli fondamentali: (1) le diocesi sono ridotte a 83, in dipendenza dai dipartimenti civili; (2) le nomine dei vescovi sono per elezione degli elettori dei rappresentanti degli stati generali, secondo il criterio di pastorale attiva, per cui si esclude l’aristocrazia; (3) gli stipendi sono fissati per legge, con attenzione al basso clero; (4) si fissa l’obbligo di residenza per vescovi e parroci.

Spaccatura: solo 5 vescovi (su 83) giurano, ma la condanna della Santa Sede giunge tardiva (maggio 1791) e questo alimenta confusione e divisione. I vescovi vengono deposti in massa, emigrano, sono confinati, mentre Talleyrand consacra i nuovi eletti. Il popolo a questo punto reagisce, contrario all’idea di cambiare i pastori cui era abituato. Roma considera illegittimi i nuovi ordinati, mentre i cosiddetti “refrattari” – vescovi e parroci che non hanno giurato – vengono considerati nemici della patria e internati (maggio 1792). Si attacca sempre più la chiesa in quanto tale.

Napoleone sostiene il principio di separazione chiesa/stato ma si rende conto che l’elemento religioso è importante per il consenso: combatterà sì la chiesa in Italia, ma per interessi fondiari, affermando che avrebbe abbracciato qualunque fede pur di rafforzare il suo potere (“se governassi il popolo giudaico, riedificherei il tempio di Salomone”).

Nel 1799 muore Pio VI, dopo lunga prigionia francese, e il conclave a Venezia elegge Pio VII nel 1800. Napoleone ribadisce che il popolo può professare la religione preferita (quella cattolica in IT e FR) ma occorre norma giuridica che disciplini il culto. Napoleone impone come luogo di trattativa Parigi. La chiesa vorrebbe che quella cattolica fosse riconosciuta come religione di stato, cosa incompatibile con la Dichiarazione che Napoleone non intende sconfessare. Da qui il compromesso: è libero il culto della religione preferita dai francesi (la cattolica) ma il culto va esercitato secondo i regolamenti di polizia (cosa che autorizza o stato a legiferare in modo unilaterale in materia ecclesiastica!).

Sui beni confiscati, Pio VII sa bene che, una volta comprati dalla borghesia, non si possono rendere, e si accontenterebbe di una dichiarazione di rinuncia da parte della chiesa, a sottolineare che la confisca era ingiusta. Napoleone avrebbe invece desiderato la legittimità delle confische. Alla fine il papa dichiara che per il bene della pace né lui né i suoi successori turberanno diritti e proventi (non la proprietà!) dei beni alienati.

Sui vescovi (legittimi e illegittimi) Napoleone accetta che si chieda a entrambi di dimettersi e la Santa Sede provvede con due “brevi” distinti, per rimarcare la differenza tra i refrattari e quelli eletti da Talleyrand. La nomina di vescovi viene riservata al primo console Napoleone (imperatore dal 1804) e l’istituzione canonica resta di competenza della Santa Sede. Pio VII sarà prigioniero dei francesi (1809-1814) ma ciò non incide sui processi ormai in corso.

Page 3: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

L’OTTOCENTO: LA FRATTURA CON LA MODERNITA’ (P)

Dopo la RF, fallito il tentativo di scristianizzazione del “Terrore”, ripristinata la libertà di culto col Concordato napoleonico, si consolida il potere economico e politico della borghesia che nel nord Italia assume il volto di un ceto agrario opposto alla chiesa per motivi economici (mira a incamerare i beni ecclesiastici), politici (vs derivazione divina del potere), culturali (merito individuale vs solidarietà).Il potere non ha origine divina ma umana: si fonda sul consenso popolare e ne sono esclusi quelli che non sono borghesi e gli analfabeti, affermando l’individualismo contro i principi di solidarietà della tradizione ecclesiale.Se il potere viene dal consenso, viene meno l’alleanza trono/altare, riproposta durante la Restaurazione. La stessa chiesa, dopo la crisi rivoluzionaria, ha dubbi sui benefici di una tale alleanza e non si fida di quanto potrebbe ottenere dai principi restaurati ( legittimismo) quanto piuttosto punta sul laicato organizzato, per incidere nella società da cui il clero è escluso.Se il potere non deriva da Dio, neppure si può parlare più di religione di stato, benché lo Statuto Albertino del Regno di Sardegna ancora si esprima in tali termini.Quindi: dall’alleanza trono/altare alla separazione chiesa/stato.Due tipi di separatismo: separazione pura (USA: lo stato non interviene, i culti hanno eguale trattamento giuridico, poiché la norma costituzionale è chiara: “Il congresso non potrà emanare leggi concernenti l’istituzione di una religione o la proibizione del suo libero esercizio” – 1791) oppure separatismo ostile (FRANCIA: come reazione al rapporto troppo stretto chiesa/stato prima della RF, si introduce il giurisdizionalismo aconfessionale, che sostiene il divorzio, la confisca dei beni ecclesiali, la scuola laicizzata, la soppressione degli ordini religiosi…).

Mentre il liberalismo afferma i diritti di libertà di stampa, associazione, pensiero, nella prima metà Ottocento i cattolici liberali ritengono tali principi conciliabili col dettato evangelico, mentre i cattolici intransigenti e anti-rivoluzionari li condannano decisamente. Se la chiesa è unica depositaria della verità, e solo la verità può esser liberamente insegnata, solo la chiesa dovrebbe godere di libertà di magistero: questo principi aiuta a comprendere il senso delle condanne ottocentesche in ambito ecclesiale.

Gregorio XVI con la Mirari vos (1832) e Pio IX col Sillabo (1864) condannano la libertà di coscienza. Benedetto XVI nel discorso di Natale alla curia romana del 2005, parlando di continuità/discontinuità del CVII, affermerà che un conto è la libertà intesa come diritto dell’uomo alla ricerca, altro è la pretesa del diritto all’indifferentismo religioso. Il Papa rivendica al concilio la difesa della prima libertà e la condanna della seconda. Ma questo non può forse bastare per sostenere che Gregorio XVI e Pio IX abbiano inteso salvaguardare la prima e condannare solo la seconda, come pure affermerebbe Martina, attribuendo alcune ambiguità dei testi alla scarsa attenzione da parte dei compilatori per le dovute distinzioni. Invece, controllando i testi stessi, si vede difficile sostenere la continuità tra le condanne ottocentesche e il CVII. Nella Mirari vos si legge infatti che “dalla sorgente dell’indifferentismo scaturisce l’erronea sentenza secondo cui si dovrebbe ammettere la libertà di coscienza e opinione anche nel fatto religioso”, espressione che lega dunque quanto Benedetto XVI riteneva di dover separare (indifferentismo e libertà religiosa). Ancora, nel Sillabo prop. XV si condanna che “ogni uomo sia libero di abbracciare e professare quella religione che con il lume di ragione reputi vera”, mentre la prop. XVI nega che “gli uomini nel culto di qualsiasi religione possano trovare la via dell’eterna salute”. All’opposto, il CVII afferma che tutti gli uomini, in

Page 4: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

quanto dotati di ragione, sono tenuti a cercare la verità, sena subire coercizione di alcun genere. Quindi: niente continuità tra le condanne ottocentesche e il CVII.

Il caso specifico dell’Italia vede diversi stati disomogenei e divisi. Al Nord la modernizzazione dell’agricoltura ha arricchito la borghesia (agraria, dunque, mentre in Europa è industrializzata, dunque con maggior potere economico e politico). Se la borghesia agraria è protagonista dell’unità italiana, lo è anche della “lotta” alla chiesa, sul presupposto di un separatismo ostile simile alla Francia. Passati i moti rivoluzionari europei, gli statuti concessi erano stati abrogati, ma non nel Regno di Sardegna dove Vittorio Emanuele II – dopo l’abdicazione di Carlo Alberto per la sconfitta nella I guerra d’indipendenza, 1848 – conferma lo Statuto Albertino. Concesso dal sovrano, prevede una camera di nomina regia (Senato) e una elettiva (Deputati) che esprime il 2% dei “regnicoli”, cioè la borghesia agraria che si scontra con la chiesa, benché l’art. 1 dello Statuto riconosca quella cattolica come religione di stato, tollerando gli altri culti.

Primo incidente si verifica con l’insegnamento: il sistema scolastico è in mano agli istituti religiosi. Nel 1848 la legge Boncompagni tenta di imporre a ogni insegnante un esame di abilitazione per controllarne l’insegnamento, ma Pio IX condanna tale legge, dichiarando nel 1850 che l’insegnamento non può che essere di esclusiva competenza della chiesa, in quanto depositaria della verità. Idea ribadita nella Mirari Vos di Gregorio XVI, oltre che nel Sillabo dello stesso Pio IX.

Dopo il 1850 le leggi Siccardi (ministro della giustizia) aboliscono i privilegi ecclesiastici nel diritto: le sentenze vs il clero non erano esecutive se non c’era la sanzione di un collegio episcopale e ancora vigeva il diritto di asilo in chiese e luoghi sacri. La Santa Sede protestò contro l’unilateralità di questa abrogazione.

Nel 1852 la camera dei deputati approva il matrimonio civile. Il papa fa pressione sul re, che a sua volta preme sui senatori per non approvare tale legge. Cavour si preoccupa di far conoscere l’intesa papa/re al presidente del consiglio D’Azeglio, cattolico, che rassegna le dimissioni a motivo di tale sfiducia. Gli subentra Cavour che assicura il blocco della legge, e infatti il matrimonio civile viene introdotto solo nel 1865, dopo la morte di Cavour (1861).

Tutti questi interventi sono sulla linea del separatismo ostile/giurisdizionalismo aconfessionale.

Il passo successivo è l’incameramento dei beni ecclesiastici (1854/55): Cavour vuol mettere le mani sulle terre della chiesa che interessavano alla borghesia agraria, la quale sosteneva il progetto cavourriano. Tramite il vescovo di Casale, l’episcopato piemontese propone al re un contributo di un milione all’anno pur di evitare l’incameramento, ma Cavour, fiutato l’accordo papa/re, minaccia le dimissioni, obbligando il re ad non opporsi alla norma. Nel contesto stesso dell’unificazione italiana, la conquista di territori dello Stato Pontificio porterà alla scomunica della classe dirigente piemontese, per cui si parla di “Risorgimento scomunicato”.

Altro motivo di frattura è il problema di Roma capitale. Dopo la proclamazione del Regno d’Italia (17 marzo 1861), non esistono più dubbi sulla necessità di arrivare a Roma. Cavour riconosce il principio “libera chiesa in libero stato” (// separazione pura), ma il papa non vuol cedere il potere temporale per non diventare suddito del Re d’Italia e perdere l’autonomia

Page 5: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

necessaria per il governo spirituale.Cavour vorrebbe “andare a Roma” col consenso francese e senza obiezioni papali. Ma la prima condizione non si realizza senza la seconda, poiché la Francia difende il papato.Cavour propone allora questo ragionamento a Pio IX: non è vero che il potere temporale aiuti il governo spirituale, anzi! Infatti Pio IX come sovrano si troverà a dover accogliere libertà e diritti moderni (libertà religiosa, matrimonio civile, forse il divorzio) che come Papa non può certo accogliere. Quindi finirà per isolarsi come sovrano in un contesto europeo più aperto, oppure per concedere quei diritti contro coscienza. Il principato civile diverrebbe dunque un intralcio per il governo spirituale. Logica abbastanza stringente di Cavour, ma il papa non accetta la via diplomatica e si passerà all’occupazione manu militari.

Prima però viene pubblicato il Sillabo (1864), composto di 80 proposizioni di condanna sulla cultura moderna. Quattro punti fondamentali: (1) vs errori della filosofia contemporanea (panteismo, naturalismo, razionalismo, indifferentismo); (2) vs errori sull’etica e il matrimonio cristiano; (3) vs errori sulla natura della chiesa; (4) vs errori nel rapporto chiesa/stato.Nell’ultimo punto si dichiara che quella cattolica ha da esser religione di stato, vs libertà religiosa, di stampa e di pensiero, poiché è impossibile che il pontefice possa “venire a patti con il liberalismo, il progresso e la moderna civiltà”. La chiesa non condanna il progresso in sé, ma in quanto contrasta coi principi della chiesa stessa.Condanna la separazione chiesa/stato come conseguenza dell’idea di uno stato quale fonte esclusiva del diritto (totalitarismo hegeliano) e infine si oppone alla libertà religiosa quale presupposto all’indifferentismo. Il Sillabo parve esprimere la guerra della chiesa vs la modernità, e Leone XIII dovrà tentare di recuperare il dialogo col mondo moderno respinto da Pio IX.

Nel 1869 viene indetto il Concilio Vaticano I per dichiarare solennemente i diritti della chiesa e del papa vs errori del modernismo. Giungono a Roma 700 vescovi, di cui 200 italiani. Dei 50 schemi preparati se ne discutono appena 2, poiché il CVI viene sospeso per la presa di Roma (20/09/1870).Dei Filius – schema sulla fede cattolica, tratta del rapporto fede/ragione e afferma la possibilità della ragione di dimostrare l’esistenza di Dio, mentre la rivelazione rafforza e chiarisce la fede della chiesa; condanna il razionalismo e il fideismo come estremi opposti al misurato riconoscimento della ragione umana.Pastor Aeternus – schema sulla Chiesa di Cristo, afferma l’infallibilità pontificia in un momento in cui viene attaccato il papato. Passa la versione forte (le definizioni del pontefice sono per sé irriformabili, senza approvazione implicita/esplicita della chiesa) ma limitata (alla dottrina della fede e della morale, relative non a nuova dottrina ma a quanto rivelato da Scrittura e Tradizione).

Occupata Roma dal governo italiano con l’esercito (20 settembre 1870), le leggi delle Guarentigie (1871, “garanzie”) vorrebbero salvaguardare il governo spirituale del papa, ma Pio IX le rifiuta per l’unilateralità con cui sono concesse/imposte. La frattura con la modernità è ormai completa e toccherà a Leone XIII, dal 1878, tentare di riavviare il dialogo chiesa/mondo moderno.

Page 6: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

L’OTTOCENTO: DALLA RESTAURAZIONE AL CVI (G)

Cominciamo con la crisi rivoluzionaria, che va dalla rivoluzione francese alla caduta di Napoleone.Crollano le strutture della Chiesa tipiche del periodo successivo al Concilio di Trento. Non esamineremo tutti gli eventi, soffermandoci piuttosto sugli effetti di lungo periodo. Così si tralascerà il tentativo di scristianizzazione della società perché si esaurirà nel breve periodo, mentre si analizzeranno le cose cambiate e non più restaurate. Si tratta di effetti di lungo periodo.

Il concetto di autorità: nessuno poneva in discussione che l’autorità avesse fondamento divino, sia che ci si credesse davvero sia che lo si accettasse per ragion politica. Dopo la crisi rivoluzionaria l’autorità viene fondata sul consenso della nazione, di coloro che sono i depositari delle istituzioni nazionali. Si dice che l’autorità non venga più da Dio, tuttavia non viene dal popolo – come spesso di dice – bensì dai rappresentanti dei ceti medio-alti.Emerge, di conseguenza, una libertà individuale che sostituisce la fede indiscussa come fondamento dell’accettazione della autorità.

Muta pure il rapporto Chiesa-Società: non è più la Chiesa che definisci i rapporti sociali e le forme istituzionali in cui essi si incarnano. Come invece era da Trento in poi. Adesso la società e le sue forme – educazione, sanità… - divengono affare di Stato. Procurando una frattura notevole tra quelle che un tempo erano due facce della stessa medaglia, ovvero Chiesa e Società.

Terzo elemento: si pongono le condizioni per la separazione tra Stato e Chiesa, quella separazione che verrà condannata dal Sillabo di Pio IX nel 1864, per esser poi definitivamente acquisita con Leone XIII.

Questi sono i tre elementi che vanno tenuti presenti per comprendere i mutamenti di lungo periodo della Chiesa contemporanea.

La restaurazioneLa maggior parte dei principi spodestati pensano di poter ritornare sui loro troni: legittimismo.Ancien Regime: sistema politico-religioso in auge fino alla rivoluzione francese. Messo in crisi dalla rivoluzione stessa. Tra il 1815 e il 1830 si ha la Restaurazione. Poi cominciano i moti insurrezionali che culmineranno nei moti europei del 1848.

La restaurazione vede la rinascita degli ordini religiosi soppressi dalla rivoluzione francese. Caso a parte i Gesuiti, soppresso nel 1773 e riammesso – ad esempio – in Austria solo nel 1917. Nascono tante nuove congregazioni. In 150 nascono circa 150 congregazioni maschili e oltre 1.000 femminili. Alcune sono solo diocesane, senza approvazione della Santa Sede, ma riconosciute di diocesi in diocesi dai diversi vescovi. Altre non sono vere congregazioni, ma associazioni private di fedeli. Diversificazione nell’abbigliamento, ad es nella lunghezza del velo.

Nasce un problema nuovo: la rottura nella persona tra il cittadino e il credente. Con il formarsi degli stati nazionali, i residenti entro i loro confini sono cittadini di quello stato e dunque soggetti alle leggi di quella nazione; al tempo stesso, si è cattolici, anglicani, ugonotti… Ci sono due autorità che possono emanare leggi diverse o contrastanti. Il conflitto si definisce “caso di coscienza”. Anche nel mondo cattolico si crea una divisione tra i cattolici liberali – le due autorità possono

Page 7: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

convivere – e quelli intransigenti – che ritengono impossibile obbedire al re senza disobbedire al Papa e viceversa.Scomunicato Vittorio Emanuele II, la figlia per andare a trovarlo quando è malato chiede il permesso a Pio IX (1846-1878).

Pio IX non accetta di lasciare il poter temporale – anche quando si arriverà a raccogliere 10.000 firme di preti che vorrebbero lasciasse il potere temporale – perché teme che, divenuto suddito di un sovrano, perderebbe la sua libertà spirituale. Le diverse soluzioni proposte per risolvere la questione non vengono mai accolte dal papa. Che rimane capo di stato del Vaticano e pertanto non soggetto alle leggi dello stato italiano.

Altro problema è l’accettazione delle cosiddette libertà moderne: tra queste, quella di culto, stampa, insegnamento, associazione, religiosa. Che sono totalmente escluse dal modello precedente dell’ancien regime. Prima, essendo quella cattolica la religione ufficiale, non si accettano altri culti; si vigila sulla “buona stampa”; le scuole sono gestite dagli ordini religiosi e spesso il maestro è il parroco; non ci si può riunire né parlare di “libertà religiosa” come se non si dovesse aderire alla fede cattolica. La gerarchia cattolica fa fatica ad accogliere queste nuove libertà.

A inizio Ottocento, c’era un prete ogni 60 abitanti circa. Quindi con 1000 abitanti, c’erano da 10 a 15 preti. La maggior parte diceva la messa al mattino. Il prezzo/offerta per la messa era l’equivalente di un salario giornaliero per un operaio, quindi celebrando quotidianamente si manteneva la famiglia (si viveva coi genitori).La rivoluzione francese parla dei diritti del cittadino, non dell’uomo. Se il Paese ha leggi che li riconoscono, bene. Se no, quei diritti non valgono. Solo nel 1948 verranno affermati i diritti dell’uomo con la Dichiarazione Universale formata dall’ONU.

Con la Restaurazione ci si chiede: si torna all’antico o le trasformazioni prodotte dalla Rivoluzione Francese sono irreversibili? Le posizioni sono diversificate. Sopravvivenza di usanze religiose: canto del Te Deum per il plebiscito (annessione al Regno di Sardegna). Anche Mussolini userà questa strategia.I più dicono che non si torna indietro, ma la devozione muta.Negli anni Venti e seguenti, nascono le prime società bibliche. In Italia sono fondate da immigrati riformati, raramente sono di matrice cattolica. Già nel 1848 dà le regie patenti (libertà religiosa) ai Valdesi. Ma le società bibliche non sono ancora così libere di diffondersi.Si accentuano alcune devozioni, cioè culti suggeriti da avvenimenti spirituali.Riemerge la devozione dei 9 primi venerdì del mese. Legata a Santa Margherita Maria Alacoque (+1690), le cui opere dedicate al Sacro Cuore di Gesù vengono ristampate nell’Ottocento, veicolando la rinascita della relativa devozione.

Si dibatte altresì della frequenza alla comunione. Il Piemonte ereditava un rigorismo giansenista per cui l’Eucaristia sarebbe solo un premio alla bontà e non un aiuto al cammino. La devozione al Sacro Cuore accentua l’attenzione per la presenza eucaristica, spingendo verso quel clima che porterà nel 1910 Pio X a decidere che quando un bambino sa distinguere tra pane normale ed Eucaristia, gli si può dare la comunione.

Cresce enormemente la devozione a Maria. Pio IX definisce il dogma dell’Immacolata

Page 8: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

Concezione (1854). Nasce il dibattito sui meriti di Maria: se non ha il peccato originale, come avrebbe potuto “meritare”? (Ma non aver il peccato originale significa esser nelle condizioni di Adamo ed Eva che potevano non peccare, mentre dopo il peccato originale “non si può non peccare”, NdR).Altresì influiscono le apparizioni di Lourdes (1858) a Bernardette.Ancora: San Luigi Maria Grignion de Montfort (1673-1716), autore del “Trattato della vera devozione a Maria” (1712, ma reso pubblico solo nel 1842).

Nascono nuove congregazioni religiose. Sorgono altresì le fondazioni.Nel ‘500-‘700 sono congregazioni in funzione del ceto sociale più elevato. Ma dagli anni Venti dell’Ottocento nascono fondazioni religiose dedite alle scuole per i poveri. Altre sono invece dedite al campo sanitario, con ospedali e case di cura. Emblematico è il caso del Cottolengo, colpito da una donna partoriente lungo la strada nella più profonda miseria…Negli anni Quaranta, a Modena, Fabriani fonda le Suore che ci occupano dei bambini sordo-muti che fino ad allora erano nascosti nella stalla, come fossero animali. Il fondatore inventa anche il sistema dei segni per i sordomuti.

Nascono le congregazioni missionarie (comboniani, della consolata). Nel 1840 sono 350, nel 1900 sono 87.000. Perché alle congregazioni tradizionali che inviano anche membri in missione, nascono congregazioni specificamente dedite alla missione.Nei “Mazziani” di p Mazza si trova Comboni che fonda l’omonima congregazione maschile e femminile per realizzare il “piano europeo di redenzione dell’Africa” secondo l’idea che saranno gli Africani stessi a salvarsi. Alcuni di loro verranno in Italia, saranno adeguatamente formati e torneranno nel loro paese per operare come missionari autoctoni.

Altro grosso cambiamento nella Chiesa è l’inizio dell’apostolato laicale, ovvero laici e credenti che, senza esser preti o suore, fanno apostolato: assistenza, catechesi, etc… Il prototipo negli anni Trenta è Federico Ozanam che in Francia fonda le Conferenze di San Vincenzo. Resta laico, cosa al tempo davvero rara. Si passa dal paternalismo – il vescovo o il prete dirige il tutto – alla condivisione – alcuni laici si inseriscono per collaborare coi ministri. Don Bosco è il primo a inaugurare il Terz’Ordine, con laici a volte sottomessi, altre volte ricchi di qualità e collaboratori attivi. Si arriva così a una carità come espressione concreta della propria fede.Anche gli Scalabriniani nascono a fine Ottocento per accompagnare in America Latina gli immigrati italiani, spostandosi poi a metà Novecento ad accompagnare migranti di altre nazionalità, poiché gli italiani non si spostavano più verso quelle mete.

Cfr. La Filotea (San Francesco di Sales) – diversi stati di perfezione. Quello che conta non è lo stato di vita, ma la santità del singolo.Anche un laico può fondare e dirigere delle associazioni. Dopo Ozanam, Pauline Jaricot a Lione ha fondato a metà Ottocento una congregazione per la Propaganda della Fede. L’idea era di raccogliere offerte per le missioni. Alla sua morte, fino agli anni Venti si sviluppa fortemente e mantiene sede a Lione. Finché trasferiscono tutto a Roma, portando alla nascita della congregazione per le Missioni e l’Opera per il clero indigeno, come successive ramificazioni. Alcuni anni fa, il nome complessivo di questa realtà divenne “Missio”, raggruppando i diversi rami e orientamenti.

Page 9: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

Nel 1846 diviene papa Pio IX, cui segue Leone XIII (1878).Tra i diversi messaggi di congratulazioni – circa 8 milioni - molti arrivano dai cattolici integralisti francesi (“Ultramontani”, perché guardavano al Papa oltre le montagne, in Italia). Inizia così il movimento verso Roma, espressione della devozione al papa e della centralizzazione.L’ecclesiologia diventa gerarcologia: parlare di Chiesa diventa un discorso sulla gerarchia (che è un po’ il limite che si riscontra anche oggi sui media). Altro elemento: si cambia atteggiamento nei confronti del Papa, che diventa sempre più forte punto di riferimento (si dice che Dio si è incarnato tra volte: in Cristo, nell’Eucaristia e nel Papa).

Ancora a metà Ottocento, il 60% dei preti non era mai stato in seminario. Anche se Trento stabiliva l’obbligatorietà della formazione dei chierici, solo nel 1908 venne applicato da Pio X. Quindi nell’Ottocento la formazione del clero era un problema serio.Dal clero-funzionario statale si passa al clero-pastorale.

La spiritualità dell’Ottocento vede anche la centralizzazione romana – tutto si decide a Roma. Nascono le nazioni (1850-70) da cui derivano i nazionalismi, che teorizzano il diritto dei sovrani di nominare la gerarchia ecclesiastica. Quindi la centralizzazione romana impedisce di fatto il formarsi di chiese di stato sottoposte al potere politico.

In negativo, nasce però una spiritualità individuale – per cui la preghiera è anzitutto quella solitaria, a discapito di quella comunitaria che, in primis nell’eucaristia, è dimensione essenziale se non prioritaria. Le devozioni e le diverse preghiere danno al singolo la possibilità di vivere una fede individuale. Ci andranno decenni prima che si riscopra la centralità della Parola di Dio e dell’Eucaristia. Si sviluppa altresì una devozione incarnata, basata cioè sulla convinzione che la fede si esprime anzitutto nella carità concreta, con il risultato che la vita, nelle sue diverse sfaccettature, si presenta sempre come un dono di Dio. Tutto è sotto lo sguardo del Signore: qualsiasi cosa accada, a Lui si rimanda, nel bene e nel male, per morti e nascite, per buone stagioni e per le carestie… Vita e fede non sono separate ma un tutt’uno.

Alcuni dei primi pronunciamenti di Pio IX fanno nascere l’illusione di un papa liberale. Quando però il Piemonte vuol combattere l’Austria e chiede aiuto alle truppe papali, Pio IX afferma di non potere (“non possumus”) perché in Austria ci sono anche cristiani! Le ragioni non sono quindi anti-illiberali ma anzitutto cristiane.Dal 1848 nasce quindi una diversa opinione su Pio IX.

Incomincia a preoccuparsi del confronto col modernismo e scrive l’enciclica “Quanta cura” (1864) e il “Sillabo” (1864), cioè una raccolta di frasi che vanno bollate come eretiche. Storicamente non è ottimale la scelta di isolare alcune frasi che, isolate dal contesto, non sono facilmente giudicabili o condannabili. Molte frasi sono estratte dai testi di Pio IX, altre da altri pontefici.

Nel giugno 1866 il papa annuncia l’idea di indire un Concilio Ecumenico. Nomina una commissione di preparazione per redigere i testi da sottoporre all’approvazione dei padri conciliari. La maggior parte delle commissioni sono composte di curiali italiani (per ragioni di spostamento e praticità).

Page 10: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

L’8 dicembre 1869 inizia il concilio, alla presenza di 700 vescovi su circa 1.000 aventi diritto, di cui 61 di rito orientale e 200 da Paesi non Europei. Solo 9 dall’Africa (ma pochi erano i vescovi africani, essendoci più delegati apostolici). Ben 200 sono italiani. Non ci sono vescovi originari dell’Africa o dell’Asia (non vi erano ancora gerarchie locali episcopali, ma missionari dislocati in terra di missione). La maggior parte di questi delegati apostolici non vengono ammessi al concilio se non dopo lunga discussione. Accanto a loro, sono ammessi gli abati nullius, cioè quegli abati che sono tali ma “di nessun territorio” (ad esempio un vescovo che segue un movimento diffuso a livello nazionale o internazionale).

La costituzione DEI FILIUS condanna gli errori moderni che mettono in discussione al fede: panteismo, protestantesimo, ateismo, razionalismo, materialismo.Si elencano anche qui frasi che se credute diventano motivo di scomunica.

La seconda costituzione approvata è DEL PONTEFICE ROMANO E DELLA SUA INFALLIBILITA’ (PASTOR AETERNUS): scritto da due teologi romani, poi rivisto e infine approvato.Alcuni padri sono anti-infallibilisti; un secondo gruppo concorda con la definizione ma non la ritiene opportuna; infine un terzo gruppo che è d’accordo. In Germania ci sono anche i “vecchi cattolici” che si rifanno al prima della definizione della infallibilità papale.L’ultima frase si chiede che venga tolta: “e per questo le definizioni dello stesso pontefice per se stesse e non dopo l’approvazione dei vescovi sono irriformabili”.Scoppiata la guerra franco-prussiana, i vescovi francese se ne vanno. Nel settembre 1870 con la presa di Roma il CVI è sospeso “sine die”. Ecco perché alcuni dicono che il CVII non sia altro che una sua prosecuzione…

Page 11: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

MODERNISMO (Enciclopedia Filosofia – Guasco)

Per una definizione – Il termine modernismo indica generalmente l’emergere di nuove istanze innovatrici in ambito religioso, letterario e artistico. Nel linguaggio storico-teologico ha un significato più specifico, indicando i nuovi metodi scientifici applicati allo studio dei testi sacri tra fine Ottocento e inizio Novecento; tale applicazione viene condannata dalla enciclica Pascendi dominici gregis (1907) di Pio X, in cui viene data una definizione di modernismo che rimane il riferimento per la teologia seguente. Tale definizione vede il modernismo come “il corpo di dottrine condannato come tale dalla chiesa”. Tale riferimento emerge dal primo studio di storia del modernismo, a firma del francese Jean Rivière (1929), cui seguono altri studi negli anni Sessanta, sempre identificando il modernismo con gli errori dottrinali condannati dalla chiesa. Ma questo significa assumere una prospettiva ridotta.

Abbiamo dunque due definizioni di modernismo: (1) più ampia, indicante le istanze di rinnovamento, progresso e adeguamento della dottrina cristiana alle esigenze della società moderna; (2) più specifica, secondo la Pascendi, ovvero la corrente di pensiero erroneo che attenta alla verità del cristianesimo. La prima definizione coglie il contesto culturale in cui si origina la “crisi modernista” ma anche gli sviluppi positivi delle scienze biblico-teologiche, mentre la seconda si limita a riprendere le definizioni dei documenti ecclesiali.La massima espressione della seconda definizione si ha nel Sillabo (1864) di Pio IX, che condanna come erronea l’idea che il pontefice debba venire a patti col progresso e la civiltà moderna. Si apre un periodo di intransigenza: la scienza moderna pare nemica della religione.

Il contesto culturale – nella seconda metà del XIX secolo muta il rapporto chiesa/mondo, ma nella cultura laica emergente non ci sono solo segni di crisi bensì anche espressione di nuovi bisogni religiosi cui la teologia tradizionale non sa rispondere. Emerge un principio rivoluzionario: applicare il metodo positivo anche ai testi sacri. Il conflitto teologico si traduce anche sul piano politico come fine della alleanza trono/altare cui si oppone una libertà laica e irreligiosa. Ma la questione centrale è l’infallibilità del testo biblico: come approcciarsi ad esso, quando le scoperte archeologiche moderne ribaltano la cronologia biblica e dunque mostrano l’erranza del testo sacro? Dopo la Pascendi di Pio X, la polemica si smorza perché c’è il dramma della IGM (Benedetto XV, 1914). Frattanto, l’esegeta francese Alfred Loisy esprime posizioni non ortodosse, filo-moderniste, capofila di studiosi francesi che si aprono alla psicologia religiosa e alla filosofia della religione. In Italia è Giovanni Semeria che cerca di introdurre il metodo critico nello studio del cristianesimo antico.

Problemi aperti e censure ecclesiastiche – i grandi progressi delle scienze bibliche preoccupano le autorità religiose poiché mettono in dubbio l’autenticità del Pentateuco (attribuito a Mosé). Dal dibattito esegetico alla questione teologica (George Tyrrell) il passo poi è breve: il dogma è una verità fissata per sempre oppure affermazione in continuo sviluppo? Bisognava ripensare il concetto di rivelazione cristiana, di esperienza di fede e di chiesa. Istanze diffuse a livello letterario dal romanzo di Fogazzaro, Il santo (1905), condannato nel 1906. Le diverse anime del modernismo non riescono a coordinarsi per la ferma condanna della Pascendi (1907), cui segue anche il Sodalitium pianum, organizzazione segreta per la ricerca e la condanna dei modernisti in Europa. Dal 1910 si impone il giuramento anti-modernista per gli ecclesiastici che hanno incarichi di direzione di insegnamento.

Page 12: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

IL CONCILIO VATICANO I - (Martina, Storia della Chiesa…) (P)

Cause – Pio IX voleva promuovere la restaurazione della società cristiana e nel suo piano il dogma della Immacolata Concezione (1854), il Sillabo (1864) e il CVI (1869-70) avevano lo stesso obiettivo: avversare il razionalismo teorico e pratico del XIX secolo.

Preparazione – annunciato il 29 giugno 1867, il concilio è indetto il 29 giugno 1868, per aprirsi poi l’8 dicembre 1869 con la convocazione di cardinali, vescovi, superiori religiosi, abati nullius. Non hanno buon esito le iniziative di invitare i vescovi orientali e protestanti e acattolici. Formate le commissioni, 2/3 dei membri sono della curia romana. Lavoro assiduo per due anni: 50 schemi preparati, ma manca un coordinamento del lavoro, nonché l’attenzione alle reali circostanze politico-sociali del tempo. Nel 1869 si pubblica il regolamento che mira a snellire i lavori: solo al papa spetta il diritto di proporre questioni al concilio. Accolto con favore, l’annuncio del concilio desta poi inquietudine nella spaccatura tra cattolici liberali e intransigenti; si profila la questione della infallibilità papale: “Civiltà Cattolica” punta a una rapida approvazione in forma positiva, mentre Roma è più prudente e moderata. Gli anti-infallibilisti ritengono che una tale definizione sia inopportuna nei rapporti chiesa/stato. All’opposto, gli estremisti come il Manning, che difendeva l’infallibilità di qualunque atto del papa (ordinario e non), mentre altri contestavano una definizione che non pareva trovare radice nella Scrittura. Ancora, si pensava che una tale affermazione avrebbe messo in pericolo i diritti dell’episcopato. Il Doellinger criticava l’infallibilità come pretesa e abuso (tirannia del monarca assoluto), scuotendo l’opinione pubblica tedesca.Infine, i governi europei guardavano al CVI chiedendosi se intervenire o meno, ma Bismarck osservava che si sarebbe trattato di una intransigenza indebita in quanto anacronistica. I vescovi tedeschi scrissero al papa dicendo che ritenevano inopportuno affrontare la questione al concilio, mentre mons. Maret, decano della Sorbona, difendeva l’infallibilità del papa in quanto unito ai vescovi e non separato da essi. La discussione era divenuta ormai così pubblica che bisognava dare una definizione.

Le discussioni nel CVI – apertosi l’8 dicembre 1869 alla presenza di 700 vescovi (di cui 200 italiani), il CVI si divide subito tra minoranza anti-infallibilista (vescovi francesi) e maggioranza infallibilista, guidata dall’inglese Manning che si operò affinché nelle commissioni la minoranza fosse esclusa (contro il desiderio di Pio IX) poiché “gli eretici non devono essere ascoltati, ma condannati”. Le discussioni sul primo schema – gli errori del razionalismo – fecero cadere le illusioni di Pio IX su una rapida approvazione. Il papa cercò di conciliare due esigenze: libertà di discussione e celerità dei lavori. Perciò si decise che i padri avrebbero proposto i loro emendamenti solo per iscritto e per l’approvazione sarebbe bastata la metà + 1 uno dei voti, abbandonando il principio della unanimità morale. Cosa che suscitò critiche dalla minoranza.

La DEI FILIUS riconobbe la capacità della ragione di dimostrare l’esistenza di Dio, affermando però la necessità morale (relativa) della rivelazione - affinché tali verità siano conosciute da tutti, facilmente e senza errore – e la sua necessità assoluta per quelle verità soprannaturali contenute nelle Scritture e nella Tradizione che la ragione non può dimostrare. Respinti razionalismo e fideismo, si difendeva con equilibrio la ragione umana.

Page 13: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

La PASTOR AETERNUS è il risultato della discussione di uno schema assai ampio sull’infallibilità, del quale Pio IX decise di discutere subito il cuore, il cap. XI, ampliandolo fino a farne un vero e proprio documento sull’infallibilità. L’assenza di comunicati ufficiali favoriva intanto la fuga di notizie: preso atto della cosa, Pio IX autorizzò alcuni padri a comunicazioni esterne a loro discrezione.Mentre le opposte fazioni si dividevano sulla necessità di definire o meno l’infallibilità, “quod inopportunum dixerunt, necessarium fecerunt”: a forza di discuterne in pubblico, bisognava dare ora una definizione univoca. Mentre a Costanza (1414) era prevalsa la tesi conciliare, a Firenze (1439) si era affermato il primato del papa, poi a Trento (1545) si era evitata la discussione per tensioni con l’episcopato, per cui il CVI concludeva un percorso secolare. Si ribadiva che il papa possiede autorità suprema di giurisdizione in tutta la sua pienezza: il potere papale è immediato (da Dio), ordinario (connesso all’ufficio), episcopale (su fedeli e pastori) per quanto riguarda fede, costumi, disciplina e regime della chiesa. Anche i vescovi, come successori degli apostoli, godono di giurisdizione episcopale ordinaria e immediata. L’infallibilità papale ex cathedra lascerebbe fallibili numerosi atti ordinari del pontefice, ma lo stesso Pio IX rinunciò a difendere l’estremismo del Manning. L’infallibilità era poi prerogativa del singolo papa (nessun pontefice sbaglia) e non della serie dei papi (tesi secondo cui uno potrebbe sbagliare ma il successore lo corregge).Il papa non è separato in questa sua prerogativa dalla chiesa, poiché si suppone che il capo non possa affermare qualcosa di diverso da quanto creduto dal corpo.Venne però introdotto l’inciso “non autem ex consensu Ecclesiae”, a escludere la necessità giuridica di una consultazione episcopale prima di una definizione pontificia. Quando si vota la parte relativa all’irriformabilità “ex sese” delle proposizioni papali, la minoranza anti-infallibilista (55 padri) lascia la seduta. L’approvazione è di 533/535 vescovi.

Il CVI viene sospeso dopo la presa di Roma (20/09/1870) e mai più ripreso. I vescovi francesi aderiscono prontamente al nuovo dogma, più lenti sono quelli austriaci e tedeschi. Il Doellinger si rifiuta di riconoscere il dogma e viene scomunicato.

Giudizio conclusivo sul CVI – se si fosse riunito nel Sei/Settecento, durante l’assolutismo, il CVI non avrebbe goduto della libertà necessaria. Pio IX intervenne nelle discussioni, ma lasciando libertà sufficiente perché emergessero le diverse posizioni. Né si può criticare l’abbandono dell’unanimità morale, resa necessaria dall’alto numero di membri (700 vescovi). L’opposizione ha contribuito a limare certi estremismi, limitando l’infallibilità ai pronunciamenti ex cathedra.I frutti: (1) l’infallibilità papale rafforzò il prestigio del pontefice, controbilanciando la perdita del potere temporale (presa di Roma, 1870). Ma (2) l’interruzione del CVI impedì di definire il rapporto tra autorità pontificia e dei vescovi, trattata poi nella Lumen Gentium del CVII. (3) La presenza di così tanti vescovi a Roma favorì un confronto di indubbia utilità. Di fatto il CVI conclude il cammino secolare passato per Trento e le condanne ottocentesche, mentre il CVII aprirà una nuova pagina.

Page 14: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

1878-1901 (P)

Morto Pio IX, nel 1878 viene eletto Leone XIII. La chiesa appare isolata dopo la presa di Roma e la legge delle Guarentigie, con una frattura chiesa/stato ancor più marcata per l’astensionismo elettorale dei cattolici. Una frattura a livello europeo, poiché la chiesa ha perso il controllo della società civile a fronte della autonomia della coscienza individuale. Le scienze positiviste e il progresso paiono ora in grado di rispondere ai bisogni dell’uomo: la fede è residuale e la religione inutile. Mentre l’industrializzazione facilita l’arricchimento borghese, il proletariato lavora in condizioni spesso disumane. A loro difesa sorgono organizzazioni con presupposti non conciliabili col pensiero cristiano. La chiesa è dunque in mezzo a un doppio fronte: una borghesia che la considera nemica della modernità e organizzazioni operaie che la vedono come propugnatrice di una salvezza ultraterrena che indebolirebbe la lotta per la giustizia sociale. Dopo la questione romana (1870-71), il “non-expedit” emargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, supplendo all’assenza dello stato con libere iniziative.

Leone XIII non è contrario al dialogo con lo stato, ma non intende abrogare il “non expedit”.Tenta un riavvicinamento col mondo moderno. Le prime cinque encicliche (1881-1890) rispondono alle diverse controversie aperte sull’origine del potere e la natura dello stato, nonché sul valore della libertà. Diuturnum (1881) - Il potere deriva da Dio, ma può esprimersi attraverso il consenso: un conto è la sua natura, altro è la sua gestione. L’essenziale è che il governo degli uomini riconosca alcuni diritti “di natura” (vita, libertà, …) che non trovano la loro fonte nello stato ma nella natura e quindi in Dio che di essa è creatore. Se lo stato impedisce tali diritti, il cittadino non è tenuto a obbedire (“bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini”, At 5, 29). Se lo stato rispetta i diritti di natura, il cittadino cristiano può dare il proprio sostegno, poiché le due dimensioni – cittadino e cristiano – sono complementari.Immortale Dei (1885) – stato e chiesa sono a servizio del governo degli uomini, il primo per le cose terrene, la chiesa per le cose divine. Dunque hanno ambiti distinti, benché siano legittimi i rapporti bilaterali che escludono la pretesa giurisdizionalista dello stato moderno. Rispetto alle forme istituzionali, la chiesa nutre rispettosa indifferenza, accettando la dialettica politica come tale.

Frattanto si accende il dibattito nel Movimento Cattolico (MC), spaccato tra il cattolicesimo sociale – che ritiene una maggior equità obbligo di giustizia e quindi esige interventi legislativi dello stato per assicurare un salario idoneo a una vita dignitosa – e chi rifiutava l’intervento statale come filo-socialista, pensando che bastassero gli obblighi di coscienza ad assicurare un salario idoneo, essendo questione di giustizia il solo rispetto dei contratti di lavoro.La Rerum Novarum (1891, RN) prenderà posizione in merito.

Anzitutto la RN ribadisce il diritto di proprietà (contestato dal socialismo) come diritto della persona. Si parla però di diritto sulla terra da coltivare (data la cultura rurale del tempo) che ha la funzione essenziale di liberare l’uomo dal bisogno di sostentamento e assicura libertà e dignità più del salario.Il salario, poi, deve esser adeguato alle necessità dell’operaio: se è fissato secondo le sole regole di mercato, esso potrebbe non soddisfare il criterio di giustizia, quand’anche si rispettassero i contratti sottoscritti. Non basta il consenso tra le parti a rendere giusto un certo

Page 15: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

salario: si tratta di questioni di giustizia, non di carità (// cattolici sociali). L’elemento di giustizia anteriore al patto è infatti il diritto di tutti alla sopravvivenza umanamente dignitosa. Nei casi estremi, è lecito l’intervento pubblico, pur di evitare mali peggiori (sciopero e lotte operaie).

Per quanto riguarda l’organizzazione politico-sindacale dei cattolici, in Italia vigeva ancora il “Non expedit” che con Leone XIII diventa un obbligo ma esprime anche lo spirito dell’astensionismo fatto proprio dalla “Civiltà Cattolica” come essenziale per non compromettersi con uno stato che è “nemico di Dio”. Un tempo di astensione che è occasione di ricerca della identità politica cattolica, cioè una astensione/preparazione.

Dopo RN (1891) emergono due posizioni all’interno del MC. Da una parte il presidente dell’Opera dei Congressi, GianBattista Paganuzzi, e dall’altra il promotore della linea democratico/cristiana, Romolo Murri. Entrambi anti-liberali e intransigenti, ma su posizioni differenti. Paganuzzi ritiene essenziale la fedeltà assoluta alla chiesa, rifiutando ogni compromesso politico e indicando nella obbedienza all’autorità ecclesiastica l’unica via alla salvezza.Murri invece sostiene l’autonomia responsabile dei cattolici in ambito socio-politico, rivendicando la necessità di un laicato autonomo. Due posizioni inconciliabili.In mezzo, Giuseppe Toniolo, che propugna una concezione organica di Democrazia Cristiana intesa come struttura che non pone in discussione i rapporti tra le classi ma si organizza in modo da favorire quelle più deboli, come forma di cooperazione delle diverse forze sociali a favore delle classi inferiori, senza porsi il problema dell’organizzazione politica. Leone XIII e Pio X faranno propria questa impostazione, ritenendo non praticabile la via di un partito politico vero e proprio.L’enciclica Graves de communi (1901) di Leone XIII accoglie dunque la visione di Toniolo di una democrazia ispirata al principio cristiano, che persegue cioè il bene dei più deboli a livello di giustizia ma in ordine a un perfezionamento morale per conseguire i beni eterni. Precisando: “non sia poi lecito dare un senso politico alla democrazia cristiana” poiché essa si riduce a “actio benefica in popolum”, al di fuori di ogni inammissibile lotta di classe. Conseguenza di questa posizione fu che per almeno 20 anni non si organizzò alcun partito cattolico, passando piuttosto per il “patto Gentiloni” del 1913.

Page 16: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

LA PRIMA GUERRA MONDIALE E LO SLANCIO MISSIONARIO (G)

Fino al CVII vigeva la normativa del giuramento “antimodernista” per i docenti universitari. Ma il problema sorse per i docenti di teologia in Germania poiché insegnavano in facoltà teologiche statali e venivano così bloccati nella ricerca. Così Pio X sospese per loro il giuramento.Nel 1906 dal seminario di Tortona vennero allontanati tutti i docenti per “modernismo”.Pio X muore dopo aver tentato, invano, di scongiurare la prima guerra mondiale. Muore il 20 agosto 1914.

La prima enciclica di Benedetto XV è per confermare tutte quelle di Pio X. Poi, pian piano, il papa prende le sue scelte in autonomia, restituendo a cariche e insegnamenti prelati prima rimossi da Pio X. Benedetto XV interviene poi sulla questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione Biblica sosteneva fosse vero, mentre B XV sosteneva fosse falso ma non sapeva come smentire la commissione senza dar loro torto.

Eletto quando sta per iniziare la guerra. L’Italia è neutrale – entrerà in guerra circa un anno dopo. La teoria della guerra giusta – affermata da Tommaso in poi – inizia a esser messa in crisi. Perché è cambiato il modo di fare la guerra – dice un articolo sulla Civiltà Cattolica di padre De Rosa a inizio 1915. E bisogna comprendere che sostenere l’idea di guerra giusta è ormai difficile. Fin dalla prima enciclica dunque B XV parla della guerra come “inutile strage”. 1 novembre 1914: fa una triplice proposta. (1) Invita a rapporti diplomatici: se favoriamo una politica di negoziato, forse si può superare la prospettiva della guerra. (2) Una volta che la guerra sia esplosa possiamo “umanizzarla”, con l’evitare il coinvolgimento della popolazione civile, assistendo chiunque vi si trovi coinvolto (nel Vaticano nascerà un centro di informazione per aggiornare i familiari dei soldati sulle condizioni dei loro cari al fronte). (3) Rivolgersi in modo specifico ai cattolici per creare una situazione di aiuto e soccorso a familiari e soldati, cercando di superare l’odio reciproco.L’Inghilterra è anglicana, la Germania divisa… Non tutte le potenze possono quindi esser considerate interlocutrici.Ma è il 1 agosto 1917 che viene pubblicata una lettera ai Paesi belligeranti (in francese) in cui si parla di “inutile massacre”, tradotto come “inutile strage”.

Attuale insegnamento del CCC2307 Il quinto comandamento proibisce la distruzione volontaria della vita umana. A causa dei mali e delle ingiustizie che ogni guerra provoca, la Chiesa con insistenza esorta tutti a pregare e ad operare perché la bontà divina ci liberi dall'antica schiavitù della guerra.2308 Tutti i cittadini e tutti i governanti sono tenuti ad adoperarsi per evitare le guerre.«Fintantoché esisterà il pericolo della guerra e non ci sarà un'autorità internazionale competente, munita di forze efficaci, una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si potrà negare ai governi il diritto di una legittima difesa». 

2309 Si devono considerare con rigore le strette condizioni che giustificano una legittima difesa con la forza militare. Tale decisione, per la sua gravità, è sottomessa a rigorose condizioni di legittimità morale. Occorre contemporaneamente:— che il danno causato dall'aggressore alla nazione o alla comunità delle nazioni sia durevole, grave e certo;— che tutti gli altri mezzi per porvi fine si siano rivelati impraticabili o inefficaci;

Page 17: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

— che ci siano fondate condizioni di successo;— che il ricorso alle armi non provochi mali e disordini più gravi del male da eliminare. Nella valutazione di questa condizione ha un grandissimo peso la potenza dei moderni mezzi di distruzione.Questi sono gli elementi tradizionali elencati nella dottrina detta della «guerra giusta».La valutazione di tali condizioni di legittimità morale spetta al giudizio prudente di coloro che hanno la responsabilità del bene comune.2310 I pubblici poteri, in questo caso, hanno il diritto e il dovere di imporre ai cittadini gli obblighi necessari alla difesa nazionale.Coloro che si dedicano al servizio della patria nella vita militare sono servitori della sicurezza e della libertà dei popoli. Se rettamente adempiono il loro dovere, concorrono veramente al bene comune della nazione e al mantenimento della pace.2311 I pubblici poteri provvederanno equamente al caso di coloro che, per motivi di coscienza, ricusano l'uso delle armi; essi sono nondimeno tenuti a prestare qualche altra forma di servizio alla comunità umana.2312 La Chiesa e la ragione umana dichiarano la permanente validità della legge morale durante i conflitti armati. «Né per il fatto che una guerra è ormai disgraziatamente scoppiata, diventa per questo lecita ogni cosa tra le parti in conflitto».2313 Si devono rispettare e trattare con umanità i non-combattenti, i soldati feriti e i prigionieri.Le azioni manifestamente contrarie al diritto delle genti e ai suoi principi universali, non diversamente dalle disposizioni che le impongono, sono crimini. Non basta un'obbedienza cieca a scusare coloro che vi si sottomettono. Così lo sterminio di un popolo, di una nazione o di una minoranza etnica deve essere condannato come peccato mortale. Si è moralmente in obbligo di far resistenza agli ordini che comandano un «genocidio».2314 «Ogni atto di guerra che indiscriminatamente mira alla distruzione di intere città o di vaste regioni e dei loro abitanti, è delitto contro Dio e contro la stessa umanità e con fermezza e senza esitazione deve essere condannato».  Un rischio della guerra moderna è di offrire l'occasione di commettere tali crimini a chi detiene armi scientifiche, in particolare atomiche, biologiche o chimiche.2315 L'accumulo delle armi … L'armarsi ad oltranza moltiplica le cause di conflitti ed aumenta il rischio del loro propagarsi.2316 La produzione e il commercio delle armi …A inizio del 1918 B XV enuncia alcuni punti utili per fermare la strage della IGM. Anche Wilson enuncia nel 1919 alcuni punti per fondare la Società delle Nazioni (antenata dell’ONU), e vi sono somiglianze, ma probabilmente casuali.Antonio Pigafetta (poi chiamatosi Gabriele D’Annunzio) capitanò la presa di Fiume.

I diversi trattati di pace portano alla cosiddetta vittoria mutilata dell’Italia e fomentano la voglia di rivincita della Germania, cui vengono sottratti territori dalla Francia e imposte pesanti spese di guerra.

1919 – enciclica di B XV1957 – enciclica di Pio XIISono due anni che hanno cambiato la storia delle missioni. Come il 1974 – referendum sul divorzio – ha cambiato il mondo cattolico, o meglio ha rivelato alla cattolicità che non era più la maggioranza. E così pure col referendum nel 1981 sull’aborto.

Nel corso dell’Ottocento si sviluppano le congregazioni missionarie.A inizio XIX sec sono circa 3/400 persone. A fine secolo sono più di 90.000! Questo perché alcune vecchie congregazioni riprendono anche attività missionarie e poi soprattutto nascono nuove realtà maschili e femminili che hanno come scopo la missione.Ad esempio nel 1850 nasce a Milano l’Istituto Missioni Estere e nel 1874 il Pontificio xxx, poi

Page 18: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

fusi nel PIME.Nel 1867 nascono i Comboniani, prima maschili e poi femminili (1872). In Africa il primo missionario che accoglie Comboni è fratello del bisnonno di Guasco. Nel 1877 Dehon fonda i Dehoniani, sacerdoti missionari del Sacro Cuore.Nel 1895 mons. Conforti dà vita ai Saveriani.A Torino il canonico Allamano fonda i missionari della Consolata.

Quasi sempre i missionari portano anche la cultura del paese di origine. E comunque ricordiamo che sono colonie, dunque paesi già legati a culture europee.

A questo punto interviene B XV con l’enciclica del 1919 “Maximum illud” dedicata a temi diversi ma, nella seconda parte, al problema missionario e suscita reazioni negative.Anzitutto indica la necessità di una formazione specifica per il clero missionario, con la capacità di adattarti fortemente alla cultura del paese di ricezione.Ma questo – dicono i missionari – lo abbiamo sempre fatto!Perché, chiede il Papa, tutti questi Paesi hanno una classe dirigente politica indigena, ma non c’è ancora il clero e la chiesa indigena? Forse perché non siete stati capaci – sembra dire ai missionari – di gettare il seme per una chiesa autonoma. Ma quando ci sarà la decolonizzazione non si faranno differenze tra coloni e missionari e questi verranno mandati via con quelli. Occorre quindi un clero locale, formato dai missionari ma destinato a restare come pilastro della chiesa del paese missionario.In più, poiché stanno apparendo i fari nazionalismi e totalitarismi (fascismo, nazismo, franchismo, salazarismo portoghese). L’Associazione Nazionalista Italiana (ANI) ispira a inizio Novecento il pensiero che farà da sfondo al Fascismo di Mussolini. B XV afferma che il missionario non va ad annunciare la propria nazione bensì il regno di Cristo che è trasversale a paesi e culture.

Non contento di questo, il papa dice di guardare con preoccupazione alle riviste missionarie che, invece di estendere il Regno di Dio, pensano a difendere i diritti della propria nazione.

Era appena nata l’Unione Missionaria del Clero per sviluppare tale spirito nelle diverse diocesi, aldilà della partenza per la missione o meno. E il papa auspica la diffusione della UMC in tutte le diocesi.Infine, richiama all’importanza di coinvolgere il mondo femminile nella vita della chiesa.

Page 19: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

LETTERA APOSTOLICA MAXIMUM ILLUD DEL SOMMO PONTEFICE BENEDETTO XV AI PATRIARCHI, PRIMATI, ARCIVESCOVI E VESCOVI DEL MONDO CATTOLICO SULL'ATTIVITÀ SVOLTA DAI MISSIONARI NEL MONDO

Venerabili Fratelli, salute e Apostolica Benedizione.La grande e sublime missione che, sul punto di ritornare al Padre, il Nostro Signore Gesù Cristo affidò ai suoi discepoli quando disse: «Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura», non doveva certamente terminare con la morte degli Apostoli, ma durare, per mezzo dei loro successori, sino alla fine dei tempi, cioè sino a quando fossero esistiti sulla terra degli uomini da salvare col magistero della verità. È infatti fin da quel giorno che «essi andavano e predicarono per ogni dove», e in modo che la «loro voce si è diffusa per tutta la terra, e le loro parole sino ai confini del mondo». La Chiesa di Dio, memore del divino mandato, non cessò mai, attraverso il corso dei secoli, di inviare per ogni dove banditori e ministri della divina parola che annunziassero l’eterna salvezza recata al genere umano da Cristo. Persino durante il periodo dei primi tre secoli del cristianesimo, quando la furia delle persecuzioni, scatenate dall’inferno, pareva dovesse affogare nel sangue la Chiesa nascente, la voce del Vangelo fu bandita e risuonò fino agli estremi confini dell’Impero Romano. E quando poi furono concesse pubblicamente alla Chiesa la pace e la libertà, assai maggiori furono i suoi progressi compiuti con l’apostolato in tutto il mondo, per opera specialmente di uomini insigni per zelo e santità (…).Poi, scoperta l’America, una schiera di uomini apostolici, fra i quali è da ricordare principalmente Bartolomeo Las Casas, gloria e luce dell’Ordine Domenicano, si consacra alla protezione di poveri indigeni, contro l’infame tirannia degli uomini, allo scopo di liberarli dalla durissima schiavitù dei demoni. Nella stessa epoca Francesco Saverio, degno egli pure di essere paragonato agli Apostoli, dopo aver tanto sudato nelle Indie Orientali e nel Giappone per la gloria di Dio e la salvezza delle anime, muore sul limitare dell’Impero Cinese, verso il quale anelava, quasi dischiudendo con la sua morte la via ad una nuova evangelizzazione di quelle sterminate regioni, dove i solerti figli di tanti Ordini religiosi e di tanti Istituti missionari avrebbero esercitato l’apostolato tra mille vicissitudini.Infine l’Australia, l’ultimo continente scoperto, e parimenti l’Africa centrale, esplorate con audacia e costanza, ricevettero gli araldi della Fede cristiana; e nell’immenso mare Pacifico non esiste alcuna isola, per quanto sperduta, che non sia stata raggiunta dallo zelo operoso dei nostri Missionari.Fra questi, molti, anelando alla salvezza dei propri fratelli, sull’esempio degli Apostoli giunsero ai fastigi della santità. E molti altri, coronando con il martirio il loro apostolato, suggellarono la loro Fede con il sangue.In verità, è motivo di grande stupore constatare che, dopo tante così gravi fatiche sofferte dai nostri nel propagare la Fede, dopo tante illustri imprese ed esempi di invitta fortezza, siano ancora così numerosi coloro che giacciono nelle tenebre e nelle ombre della morte, dato che il numero degli infedeli, secondo un recente computo, arriva al miliardo.Noi, pertanto, commiserando l’infelicità di una così rilevante moltitudine di anime, e desiderosi, per sacro dovere Apostolico, di renderle partecipi della divina Redenzione, vediamo con viva gioia e conforto che, sotto l’influsso dello Spirito di Dio, va ogni giorno aumentando in varie parti della cristianità lo zelo dei buoni nel promuovere e sviluppare le sacre Missioni fra gl’infedeli. E appunto per assecondare questo movimento e dargli vigoroso impulso in tutto il mondo, come dobbiamo e ardentemente auspichiamo, Noi, dopo avere implorato insistentemente lume ed aiuto dal Signore, inviamo a voi, Venerabili Fratelli, questa lettera, che infervori voi, il vostro clero e i popoli a voi affidati, e vi indichi in qual modo possiate giovare a questa santissima causa.

Innanzi tutto rivolgiamo la parola a coloro che, in qualità di Vescovi o di Vicari o di Prefetti Apostolici, presiedono alle sacre Missioni; da loro infatti dipende direttamente la propagazione della Fede, ed è in loro che la Chiesa tiene riposta la speranza della sua maggiore espansione. Non ignoriamo quanto sia vivo in loro lo spirito dell’apostolato. Ci sono ben note le immense difficoltà che essi hanno dovuto superare e l’ardue prove che hanno subìto, specie in questi ultimi anni, non solo per non perdere le posizioni già

Page 20: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

acquisite, ma anche per dilatare sempre più il regno di Dio. Tuttavia, ben conoscendo il loro attaccamento e la loro filiale pietà verso questa Sede Apostolica, apriamo loro con piena fiducia il Nostro cuore, come farebbe un padre coi suoi figli. Pensino dunque innanzi tutto che essi, come si dice, devono essere l’anima della loro Missione. Perciò siano specialmente col loro zelo di esemplare edificazione ai loro sacerdoti e cooperatori, esortandoli e incoraggiandoli sempre a maggior bene. Poiché tutti quelli che in qualsivoglia modo lavorano in questa vigna del Signore devono capire, sperimentare, e diremo quasi sentire che essi nel superiore hanno un vero padre, vigile, diligente, pieno di premura e di carità, che tutto e tutti abbracciando affettuosamente condivide con loro gioie e dolori, asseconda e promuove ogni buona iniziativa e, in una parola, considera come cosa sua propria tutto ciò che a loro appartiene. La sorte di una Missione dipende, si può dire, dal modo con cui è diretta: perciò può riuscire assai dannosa l’inidoneità di chi la governa. Infatti, chi si consacra all’Apostolato delle Missioni, abbandona patria, famiglia e parenti; si avventura spesso a un lungo e pericoloso viaggio, disposto e pronto a tollerare qualunque travaglio pur di guadagnare moltissime anime a Cristo. Se egli pertanto ha un superiore che lo assiste in ogni circostanza con provvida carità, non v’è dubbio che l’opera riuscirà assai fruttuosa; altrimenti v’è assai da temere che egli, abbattuto a poco a poco dalle contrarietà e dai disagi, finisca con l’abbandonarsi in braccio allo scoraggiamento e all’inerzia.Inoltre, chi presiede a una Missione deve cercare di dare ad essa il massimo incremento e sviluppo. Essendo infatti affidato alla sua cura tutto il territorio della sua Missione, è chiaro che egli dovrà rispondere dell’eterna salvezza di tutti gli abitanti di quella regione. Perciò egli non si deve accontentare di avere conquistato alla Fede, fra tutta quella moltitudine, qualche migliaio di anime, ma procuri di coltivare e di mantenere coloro che ha dato a Gesù Cristo, in modo che nessuno di essi ritorni sulla via della perdizione. E non creda di avere compiuto interamente il suo dovere, se prima non si sarà adoperato con tutte le sue forze a cristianizzare anche il restante numero di infedeli, che è di solito di gran lunga superiore. Perciò, per facilitare sempre più la predicazione del Vangelo, sarà di notevole giovamento creare nuovi centri e nuove cristianità, che daranno poi luogo, a loro volta, a nuovi Vicariati o Prefetture, quando si giudichi opportuno di suddividere quella Missione. (…) quanto sarebbe riprovevole la condotta di colui che, essendogli stata assegnata da coltivare una parte della vigna del Signore, la considerasse come esclusiva sua proprietà, geloso che altre mani gliela tocchino. E quale tremenda responsabilità non verrebbe egli ad incontrare dinanzi all’eterno giudice, specialmente se trovandosi la sua piccola cristianità — come spesso avviene — quasi perduta in mezzo ad una moltitudine di infedeli e non bastando alla catechizzazione di questi la sua opera con quella dei suoi, si ostinasse a non chiedere l’aiuto di altri cooperatori! Invece il Superiore della Missione, che è premuroso soltanto della gloria di Dio e della salvezza delle anime, se occorre chiama cooperatori da ogni parte perché lo aiutino nel suo santo ministero, senza badare se essi siano di un altro Ordine o di diversa nazionalità, «purché ad ogni modo sia annunziato Cristo»; e non chiama solo coadiutori, ma anche coadiutrici, per le scuole, per gli orfanotrofi, per i ricoveri, per gli ospedali, ben persuaso che tutte queste opere di carità sono un mezzo efficacissimo nelle mani della divina Provvidenza per la propagazione della Fede.

Inoltre, il buon Superiore della Missione non restringe la sua azione al suo solo territorio, disinteressandosi di quanto accade al di fuori; ma quando lo richieda la carità di Cristo o la sua gloria — la sola cosa che a lui importi — cerca di stare in relazione con i suoi colleghi confinanti . Vi sono infatti sovente degli interessi che riguardano la stessa regione, i quali non possono essere ben curati senza il comune accordo. Ed è pure assai vantaggioso per la Religione che i capi delle Missioni, potendo, tengano periodicamente delle adunanze per consigliarsi e incoraggiarsi a vicenda. Infine, chi presiede alla Missione deve rivolgere le sue principali premure alla buona formazione del clero indigeno, sul quale specialmente sono riposte le migliori speranze delle nuove cristianità. Infatti il sacerdote indigeno, avendo comuni con i suoi connazionali l’origine, l’indole, la mentalità e le aspirazioni, è meravigliosamente adatto a instillare nei loro cuori la Fede, perché più di ogni altro conosce le vie della persuasione. Perciò accade spesso che egli giunga con tutta facilità dove non può arrivare il missionario straniero.

Affinché però possa conseguire i frutti sperati, è assolutamente necessario che il clero indigeno sia

Page 21: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

istruito ed educato come si conviene. Non è quindi sufficiente una formazione qualsiasi e rudimentale, tanto da poter essere ammesso al sacerdozio, ma essa deve essere completa e perfetta come quella che si suol dare ai sacerdoti delle nazioni civili. Insomma, non si deve formare un clero indigeno quasi di classe inferiore, da essere soltanto adibito nelle mansioni secondarie, ma tale che, mentre si trovi all’altezza del suo sacro ministero, possa un giorno assumere egli stesso il governo di una cristianità. Poiché, come la Chiesa di Dio è universale, e quindi per nulla straniera presso nessun popolo, così è conveniente che in ciascuna nazione vi siano dei sacerdoti capaci di indirizzare, come maestri e guide, per la via dell’eterna salute i propri connazionali. Dove dunque esisterà una quantità sufficiente di clero indigeno ben istruito e degno della sua santa vocazione, ivi la Chiesa potrà dirsi bene fondata, e l’opera del Missionario compiuta. E se mai si levasse il nembo della persecuzione per abbattere quella Chiesa, non vi sarebbe da temere che, con quella base e con quelle radici così salde, essa non soccomberebbe agli assalti nemici.Per la verità, la Sede Apostolica ha sempre insistito perché questo importantissimo compito fosse ben compreso dai Superiori delle Missioni ed effettuato con tutto l’impegno: ne siano prova gli antichi e nuovi Collegi fondati in quest’alma Città per la formazione dei chierici esteri, specialmente di rito orientale. E nonostante ciò, vi sono ancora purtroppo delle regioni in cui, benché la Fede cattolica vi sia penetrata da secoli, non vi si riscontra che un clero indigeno assai scadente. Parimenti vi sono parecchi popoli, che pure hanno già raggiunto un alto grado di civiltà sì da poter presentare uomini ragguardevoli in ogni ramo dell’industria e della scienza, e tuttavia, benché da secoli sotto l’influenza del Vangelo e della Chiesa, ancora non hanno potuto avere Vescovi proprî che li governassero, né sacerdoti così influenti da guidare i loro concittadini. Questo dimostra che nell’educare il clero destinato alle Missioni si è finora seguito qua e là un metodo assai difettoso e manchevole. Ad ovviare perciò ad un tale inconveniente, vogliamo che la Sacra Congregazione di Propaganda Fide prenda, come crederà opportuno, misure e disposizioni adatte per le varie regioni; s’interessi della fondazione e del buon andamento dei Seminari sia regionali che interdiocesani; e sorvegli in modo particolare la formazione del clero nei singoli Vicariati e nelle diverse Missioni.

Ed ora rivolgiamo il discorso a voi, dilettissimi Figli, quanti siete, coltivatori della vigna del Signore, da cui più direttamente dipendono la propagazione della verità cristiana e la salvezza di tante anime. Anzitutto è necessario che voi abbiate un gran concetto della vostra eccelsa vocazione. Pensate che l’incarico a voi affidato è assolutamente divino ed è al di sopra dei piccoli interessi umani, perché voi recate la luce a chi giace nelle ombre di morte, dischiudete la porta del cielo a chi corre verso la rovina eterna. Considerando dunque che a ciascuno di voi fu detto dal Signore: «Scordati del tuo popolo, e della casa di tuo padre», ricordatevi che voi non dovete propagare il regno degli uomini ma quello di Cristo, e non aggiungere cittadini alla patria terrena, ma a quella celeste. Da qui si comprende quanto sarebbe deplorevole se vi fossero Missionari i quali, dimentichi della propria dignità, pensassero più alla loro patria terrestre che a quella celeste; e fossero preoccupati di dilatarne la potenza e la gloria al di sopra di tutte le cose. Sarebbe questa una delle più tristi piaghe dell’apostolato, che paralizzerebbe nel Missionario lo zelo per le anime, e ne ridurrebbe l’autorità presso gl’indigeni. Questi, infatti, quantunque barbari e selvaggi, comprendono sufficientemente ciò che vuole e cerca da loro il Missionario, e conoscono, si direbbe al fiuto, se egli ha per caso altre mire all’infuori del loro bene spirituale. Poniamo che egli non abbia del tutto deposto questi intenti umani, e non si comporti pienamente da vero uomo apostolico, ma dia motivo a supporre che egli faccia gl’interessi della sua patria; senz’altro tutta l’opera sua diverrà sospetta alla popolazione; la quale facilmente sarà indotta a credere che la religione cristiana non sia altro che la religione di una data nazione, abbracciando la quale uno viene a mettersi alla dipendenza di uno stato estero, rinunciando in tal modo alla propria nazionalità. E veramente Ci recano gran dispiacere certe Riviste di Missioni, sorte in questi ultimi tempi, nelle quali più che lo zelo di estendere il regno di Dio, appare evidente il desiderio di allargare l’influenza del proprio paese: e stupisce che da esse non trapeli nessuna preoccupazione del grave pericolo di alienare in tal modo l’animo dei pagani dalla santa religione. Non così il Missionario cattolico, degno di questo nome. Non dimenticando mai che non è un inviato della sua patria, ma di Cristo, egli si comporta in modo che ognuno può indubbiamente riconoscere in lui un ministro di quella religione che, abbracciando tutti gli uomini che adorano Dio in spirito e verità, non è straniera a nessuna nazione, e

Page 22: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

«dove non c’è più Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, Barbaro o Scita, schiavo o libero, ma Cristo in tutti».Un altro grave inconveniente da cui deve con ogni cura guardarsi il Missionario è il cercare altri guadagni che non siano quelli delle anime. Non occorre a questo riguardo che spendiamo troppe parole. Come potrebbe, infatti, colui che fosse avido del danaro cercare unicamente e convenientemente la gloria di Dio, come è suo dovere e, per promuoverla, salvando il suo prossimo, essere pronto a sacrificare ogni suo avere e la stessa sua vita? Si aggiunga che egli in tal modo verrebbe a perdere molto della sua autorità e del suo prestigio presso gli infedeli, specialmente se questa smania di lucro, come facilmente accade, fosse già in lui diventata avarizia: perché nessuna cosa, più di questo sordido vizio, è spregevole al cospetto degli uomini e più sconveniente al regno di Dio. Il buon predicatore del Vangelo, invece, imiti anche in ciò accuratamente l’Apostolo delle genti, il quale non solo disse a Timoteo: «Quando abbiamo di che mangiare e di che coprirci, contentiamoci di questo», ma ebbe in tanta considerazione il disinteresse che, pure in mezzo a tantissime attività del suo ministero, si procurava il vitto con il lavoro delle sue mani.Senonché, prima di iniziare il suo apostolato, occorre che il Missionario vi si disponga con un’accurata preparazione; quantunque si potrebbe osservare che non v’è poi bisogno di tanta scienza per chi va a predicare Cristo in mezzo ai popoli rozzi e incivili. Infatti, sebbene sia vero che a convertire e salvare le anime è immensamente più efficace la virtù che il sapere, però, se uno non si sarà acquistato prima un certo corredo di dottrina, s’accorgerebbe in seguito del gran presidio che gli manca per conseguire il successo nel suo santo ministero. Poiché non è raro il caso che il Missionario si trovi senza libri e senza la possibilità di consultare qualche dotta persona; e che intanto debba rispondere alle obiezioni mossegli contro la Fede, e sciogliere questioni e problemi difficilissimi. A ciò si aggiunga che quanto più egli si mostrerà istruito, tanto maggiore sarà la stima che godrà fra la gente; in specie poi se si troverà tra un popolo che ha in pregio e in onore lo studio e il sapere; conseguentemente sarebbe assai sconveniente che i banditori della verità fossero inferiori ai ministri dell’errore. Pertanto, mentre i seminaristi chiamati da Dio saranno preparati convenientemente per le Missioni estere, dovranno essere istruiti in tutte le discipline che occorrono al Missionario, sia sacre che profane. E ciò appunto vogliamo che sia fatto con ogni cura nelle scuole del Pontificio Collegio di Propaganda Fide; dove pure ordiniamo che d’ora innanzi sia impartito uno speciale insegnamento di tutto ciò che ha attinenza con le Missioni.La prima cosa che il Missionario deve conoscere è la lingua del popolo, alla cui conversione intende dedicarsi. E non basta che ne abbia una conoscenza qualsiasi, ma bisogna che la possieda in modo da poterla parlare correttamente e con speditezza. Infatti egli è debitore ad ogni sorta di persone, tanto ai rozzi quanto ai sapienti; né può ignorare quanto sia facile ad uno che parli bene, accattivarsi la benevolenza di tutti. Riguardo alla spiegazione della dottrina cristiana, il diligente Missionario non l’affidi ai catechisti, ma la tenga per sé come una mansione tutta sua propria, anzi come il principale dei suoi obblighi, ben sapendo che per nessun altro scopo egli è stato mandato da Dio se non per predicare il Vangelo. Talvolta può accadere che come ministro e rappresentante della santa religione egli debba comparire davanti alle autorità del paese, oppure sia invitato a qualche adunanza di dotti: e allora come potrebbe sostenere il decoro del suo grado, se, per ignoranza della lingua, non sapesse esprimere i suoi pensieri?Noi pertanto proprio questo abbiamo avuto testé di mira quando, per dare sviluppo e incremento alla Chiesa in Oriente, abbiamo fondato qui in Roma uno speciale Istituto perché coloro che si daranno all’apostolato in quelle regioni riescano ben addottrinati in ogni cosa, ma specialmente nella conoscenza delle lingue e dei costumi d’Oriente. E poiché questo Istituto Ci pare di una grande opportunità, approfittiamo di questa occasione per esortare tutti i Superiori degli Ordini e delle Famiglie religiose, a cui sono affidate Missioni in Oriente, di mandar quivi i loro alunni, destinati alle stesse Missioni, perché vi acquistino una solida cultura.Ma innanzi tutto, a colui che si accinge all’apostolato è indispensabile, come abbiamo già detto, la santità della vita. Infatti è necessario che sia uomo di Dio colui che Dio predica, e abbia in odio il peccato chi tal odio intìma. Specialmente presso gli infedeli, che sono guidati più dall’istinto che dalla ragione, è assai più profittevole la predica dell’esempio che quella delle parole. Sia pur dotato il Missionario dei più bei pregi di mente e di cuore, sia pur pieno di dottrina e di cultura; ma se queste qualità non sono

Page 23: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

congiunte ad una vita intemerata e santa, ben poca o nessuna efficacia esse avranno per la salvezza dei popoli; anzi il più delle volte saranno di nocumento a lui stesso ed agli altri.Sia egli adunque esemplarmente umile, obbediente e casto: sia specialmente pio, dedito alla preghiera e in continua unione con Dio, patrocinando con zelo presso di Lui la causa delle anime. (…) Pertanto il Missionario che, ad imitazione del Signore Gesù, arda di carità, riconoscendo anche nei più perduti pagani dei figliuoli di Dio, redenti con lo stesso prezzo del sangue divino, non si irrita per la loro rozzezza, non si sgomenta dinnanzi alla perversità dei loro costumi, non li disprezza o disdegna, non li tratta con asprezza e severità, ma cerca di attirarli con tutte le dolcezze della benignità cristiana, per condurli un giorno all’abbraccio di Cristo, il Buon Pastore (…).Con questi intendimenti e propositi, il Missionario, sull’esempio di Cristo Signore e degli Apostoli, s’accinge fidente a compiere il suo mandato: ma si ricordi di riporre ogni sua fiducia in Dio. È tutto un lavoro divino, come dicemmo, la propagazione della sapienza cristiana, poiché Dio solo sa penetrare nelle anime, illuminare le menti con lo splendore del vero, accendere nei cuori la fiamma della virtù, e apprestare all’uomo le opportune energie perché possa abbracciare e seguire ciò che egli ha conosciuto come vero e buono. Quindi se il Signore non aiuterà il Ministro affaticato, sarà vano ogni suo sforzo. Malgrado tutto ciò, proceda egli pure animosamente nel suo lavoro, confidando nel soccorso della grazia divina, la quale non viene mai negata a chi la invoca.A questo punto non si possono ignorare le donne, le quali, fin dai primordi del cristianesimo, hanno efficacemente collaborato con i predicatori nella diffusione del Vangelo. E sono specialmente degne di una ben meritata lode quelle vergini consacrate a Dio, che si trovano in gran numero nelle sacre Missioni, dedite o all’educazione dei fanciulli o ad altre svariate opere di pietà e di beneficenza: e vogliamo che esse da questa Nostra lode prendano nuova lena e coraggio per accrescere sempre più le loro benemerenze a favore della Chiesa; tenendo per certo che la loro opera sarà tanto più vantaggiosa, quanto più esse s’impegneranno alla propria perfezione spirituale.Ed ora Ci piace rivolgere la parola a tutti coloro che, per gran misericordia di Dio, sono già in possesso della vera fede e ne fruiscono gl’immensi benefizi. (…) chi, più dell’infedele, ha bisogno del nostro fraterno soccorso, trovandosi egli nell’infelicità di non conoscere Iddio, in balia delle più sfrenate passioni e sotto la durissima tirannia del demonio? Perciò tutti coloro che contribuiscono, secondo le proprie forze, ad illuminarli, soprattutto aiutando l’opera dei Missionari, forniscono a Dio la più gradita testimonianza della loro gratitudine per averli favoriti del dono della Fede.Gli aiuti che si possono fornire alle Missioni, e che i Missionari non cessano di chiedere, sono di tre tipi. Il primo è alla portata di tutti, ed è di rendere loro propizio il Signore per mezzo della preghiera. (…) Né vi può essere dubbio riguardo all’esaudimento di questa preghiera, trattandosi di una causa così nobile e così accetta agli occhi di Dio. Perciò, come un giorno Mosè in cima al colle, alzando le mani al cielo, impetrava il divino aiuto a favore degli Israeliti che combattevano contro gli Amaleciti, cosi tutti i cristiani devono, pregando, levare aiuto ai banditori del Vangelo, mentre questi sudano nella vigna del Signore. E poiché appunto a tale scopo è stato istituito l’«Apostolato della preghiera», Noi qui lo raccomandiamo vivamente a tutti i fedeli, augurandoCi che nessuno si rifiuterà di appartenervi, ma che tutti, anzi, vorranno, se non di fatto, almeno con il cuore partecipare alle sante fatiche apostoliche.In secondo luogo, è necessario sopperire alla scarsità dei Missionari, che, se era già sentita prima, si è fatta molto più sensibile dopo la guerra, così che parecchie parti della vigna del Signore difettano di coltivatori. Noi pertanto facciamo appello alla vostra diligenza, Venerabili Fratelli: e voi farete cosa degna del vostro amore per la religione, se stimolerete nel clero e negli alunni del Seminario diocesano la vocazione alle Missioni appena qualcuno ne dia la testimonianza. Non lasciatevi ingannare da alcuna immagine di bene o da considerazioni umane, temendo che sia sottratto alla vostra diocesi quanto avrete dato alle Missioni. Al posto di un Missionario che voi lascerete partire, Dio susciterà più sacerdoti che saranno utilissimi alla vostra diocesi. E qui facciamo vive premure ai Superiori degli Ordini e degli Istituti religiosi che si dedicano alle Missioni estere, perché vogliano destinarvi soltanto il fiore dei loro alunni, coloro cioè che per santità di vita, spirito di sacrifizio e zelo delle anime si mostrino veramente idonei all’arduo ministero dell’apostolato. E quando i Superiori verranno a sapere che i loro Missionari hanno felicemente portato qualche popolazione dalla turpe superstizione alla sapienza cristiana e vi hanno fondato una chiesa abbastanza stabile, permettano pure che tali veterani soldati di Cristo si

Page 24: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

trasferiscano per strappare un altro popolo dalle mani del diavolo e lascino ad altri, senza rimpianto, il compito di ingrandire e migliorare quanto da loro stessi assicurato a Cristo. In tal modo, mentre contribuiranno a giovare ad una grande quantità di anime, attireranno anche sulle loro Famiglie religiose i più eletti doni della bontà divina.Ma per sostenere le Missioni si richiedono anche i mezzi materiali, e non pochi, specialmente essendone di molto cresciuti i bisogni a seguito della guerra, che ha devastato o distrutto scuole, ricoveri, ospedali, dispensari ed altre fondazioni di carità. Facciamo quindi caldo appello a tutti i buoni, perché nei limiti delle proprie forze, vogliano largamente provvedervi. Infatti, «Se uno ha ricchezze di questo mondo, e vedendo il suo fratello in necessità gli chiude il proprio cuore, come dimora in lui l’amore di Dio?». (…) Pertanto desideriamo in special modo che siano aiutate dalla generosità dei cattolici quelle opere che sono appositamente istituite a vantaggio delle Missioni. E in primo luogo l’«Opera della Propagazione della Fede», tante volte dai Pontefici Nostri Predecessori encomiata e vogliamo che la Sacra Congregazione della Propaganda ne prenda una particolare cura perché diventi ogni giorno più feconda di ottimi frutti. Essa principalmente ha da fornire gli ampi mezzi richiesti per il mantenimento delle Missioni già create e delle altre che si dovranno formare: confidiamo pertanto che i cattolici del mondo intero non vorranno permettere che mentre altri dispongono di potenti mezzi per spargere l’errore, i nostri per diffondere la verità abbiano a lottare con l’indigenza. Raccomandiamo pure vivamente l’«Opera della Santa Infanzia», che si propone di amministrare il Battesimo ai bambini moribondi degli infedeli. Opera tanto più commendevole perché vi possono partecipare anche i nostri fanciulli, i quali così, venendo a conoscere quanto sia inestimabile il dono della Fede, imparano anche a portare il loro contributo assieme ad altri. Né va dimenticata l’«Opera di San Pietro», la quale ha per scopo la buona formazione del clero indigeno delle Missioni (…).Ma perché i Nostri voti più sicuramente e felicemente si adempiano, è necessario che voi, Venerabili Fratelli, organizziate, in un modo affatto speciale, il vostro clero a proposito delle Missioni. (…) è Nostro desiderio che sia istituita in tutte le diocesi dell’orbe cattolico l’associazione chiamata «Unione Missionaria del Clero»; e vogliamo che essa sia alle dipendenze della Sacra Congregazione di Propaganda Fide (…). Ecco, Venerabili Fratelli, quanto volevamo comunicarvi intorno alla propagazione della Fede in tutto il mondo.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 30 novembre 1919, anno sesto del Nostro Pontificato.

Page 25: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

1901-1921: ETA’ GIOLITTIANA E PARTITO POPOLARE ITALIANO (P)

Per giungere all’inserimento dei cattolici nella vita politica italiana bisogna passare per lo scioglimento dell’Opera dei Congressi – deciso nel 1904 da Pio X di fronte alle iniziative di indipendenza di OC che rifiuta l’idea di democrazia come mero impegno a favore del popolo (// Toniolo) – e l’età giolittiana.Giovanni Giolitti sostiene l’assoluta incompetenza dello stato in materia di religione e la conseguente piena libertà del cittadino. Su questa scia, l’Osservatore Romano distingue il mezzo (il potere temporale della chiesa) con il fine (l’indipendenza della chiesa).Giolitti cerca una nuova base di consenso politico in un momento di forti conflittualità sociali (sciopero generale del 1904): invita i cattolici al voto vs pericolo socialista.Il papa non accenna alla revoca del “non expedit” ma invita ad agire secondo coscienza. Si giunge così al “patto Gentiloni” (dal nome del presidente della Unione elettorale cattolica): i cattolici sostengono le liste governative alle elezioni del 1913 in cambio di un programma che garantisca libertà alla chiesa, difendendo la famiglia, la scuola pubblica non statale, l’insegnamento religioso.

Contrario al patto Gentiloni è don Luigi Sturzo. Che rifiutava sia la linea di Meda (favorevole a un partito di centro, riformista e collaboratore coi liberali) sia quella di Murri (che puntava a rappresentare il proletariato). Sturzo capisce che il partito cattolico, pur necessario, è però ancora prematuro, ma quando fosse giunto il tempo avrebbe dovuto essere autonomo dall’autorità ecclesiastica e non chiamarsi cattolico: un conto è il cattolicesimo (religione, universale), altro il partito (di ispirazione cristiana, ma politico, dunque espressione di interessi elettorali particolari). Per cui don Sturzo parlerà di partito “di cattolici” e non “dei cattolici”. Finita la guerra, nel 1919 don Sturzo fonda il Partito Popolare Italiano (PPI), mentre si impongono i partiti di massa (socialisti) e la chiesa non è più contraria a un partito cattolico.Il PPI è di ispirazione cristiana ma autonomo dalla chiesa, poiché la politica per sua natura è aconfessionale (particolarità vs universalità). Inoltre così non si rischia di compromettere la chiesa sul terreno della lotta politica. Il successo elettorale è immediato: nel 1919 il PPI conquista 100 seggi, secondo solo ai 156 dei Socialisti.Dal punto di vista sociale, Sturzo punta sui comuni, proponendo una riforma agraria che spezzetti i latifondi (// RN sulla terra). Dal pv politico, in continuità con il Sillabo di Pio IX che aveva condannato lo stato come fonte di diritti e della Immortale Dei di Leone XIII che aveva posto confini precisi al potere dello stato (coi diritti di natura), Sturzo nel congresso del PPI del 1923 afferma l’incompatibilità della sua idea di stato con il totalitarismo e dunque il fascismo. La società che si organizza nello stato – dice Sturzo – non crea i diritti naturali dell’uomo, ma li riconosce e li tutela. Lo stato non è religione, ma la rispetta. La chiesa stessa finisce con l’approvare la visione di Sturzo sull’autonomia del partito cattolico. Quando il PPI viene soppresso dal Fascismo (1926), il card. Gasparri dirà che tale realtà era sorta senza intervento della Santa Sede, esprimendo una tolleranza senza entusiasmi. Perché questa freddezza? Perché la chiesa temeva la strategia democratica che, esponendosi al giudizio elettorale, rischiava una possibile sconfitta. La chiesa puntava invece a precise garanzie per risolvere la questione romana: in tal senso, il Fascismo di Mussolini pareva offrire maggiori possibilità. Ecco perché a un certo punto la chiesa guarda con più interesse al regime Fascista che non al PPI.

Page 26: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

IL FASCISMO: AFFERMAZIONE E CADUTA (P)

La Chiesa aveva condannato la visione dello stato totalitario nel Sillabo di Pio IX, rigettando gli estremismi della visione politica hegeliana per la quale ogni individuo è chiamato a sacrificarsi agli interessi superiori della nazione, di cui si esaltano potenza e violenza.Tali caratteri emergono nella ricerca dei nuovi mercati e delle materie prime che spingono la corsa coloniale delle potenze industrializzate di inizio XX secolo.La Chiesa, aldilà delle condanne dei principi totalitari, assume posizioni a volte ambigue, condannando anche l’opposta visione liberalista e opponendosi di fatto anzitutto al totalitarismo di sinistra in quanto anti-religioso e ateo.Lo stato totalitario un certo fascino sulla chiesa lo esercita in virtù dell’ordine, dell’autorità, dell’ideale superiore, benché gli interventi di prepotenza paiano più pagani che cristiani.Se negli ultimi anni di pontificato di Pio XI emerge chiara la condanna dei due regimi di destra (fascismo e nazionalsocialismo), nei primi anni di Mussolini (1922-25) la Santa Sede ha una posizione attendista: condanna le violenza del fascismo, ma come espressione di intemperanze dei singoli, non autorizzate dal Duce e destinate a rientrare quando il Fascismo si fosse “normalizzato”.

Pio XI (Achille Ratti), dopo una vita di studi, diviene arcivescovo di Milano ne 1921 e papa nel 1922. L’esperienza diplomatica in Polonia lo portano a temere soprattutto la sinistra e a vedere nel fascismo la possibile soluzione dei rapporti stato/chiesa in Italia.Ispirato alla ecclesiologia del CVI, voleva ricollocare la chiesa nella società contemporanea, con una sorta di “riconquista” nella scuola, nella famiglia, nel mondo del lavoro, tramite il laicato organizzato.Non ritiene il PPI funzionale a tale progetto (per il rischio di sconfitta nel confronto democratico e perché il PPI pareva orientato ad accordo coi socialisti moderati) e avvia i contatti col regime per una soluzione concordataria che si concretizza nei Patti Lateranensi firmati l’11 febbraio 1929.

I Patti Lateranensi constano di tre parti.Un TRATTATO che risolve la questione romana: la S. Sede riconosce Roma capitale e l’Italia riconosce lo Stato della Città del Vaticano con il Papa sovrano e dunque indipendente dall’Italia, superando le Guarentigie del 1871. Con la CONVENZIONE FINANZIARIA si versano come riparazione per la formazione dello stato unitario 1 miliardo in titoli di stato e 750 milioni di lire in contanti.Il CONCORDATO riconosce alla chiesa la libertà di culto, di insegnamento religioso (esteso alle medie inferiori e superiori), gli effetti civili del matrimonio e la condizione dell’Azione Cattolica Italiana (ACI).

Problematica è la realizzazione. Da una parte si oppongono i liberali “laici”, dall’altra i fascisti anticlericali, dall’altra ancora i cattolici anti-fascisti. Mussolini di suo non nasconde l’idea della subalternità del cristianesimo all’ideale universalistico di romanità. Né il Duce vuol cedere sul versante educativo, in quanto mira a preparare i giovani alla guerra.Su questo sfondo educativo, nasce il problema dell’ACI che mira a una ampia formazione sociale, per cui si arriva allo scontro del 1931: il fascismo scioglie i circoli cattolici e Pio XI risponde con l’enciclica “Non abbiamo bisogno”, in cui dichiara l’incompatibilità tra cattolicesimo e visione totalitaria dello stato. L’accordo porta alla riapertura dei circoli ACI

Page 27: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

ma ridotti a mera attività di organizzazione del culto. Il regime aveva vinto, ma almeno Pio XI apre gli occhi sulle illusioni di collaborazione col regime, anche in ragione della campagna d’Etiopia (1935-36) e delle successive Leggi Raziali (1938) che daranno l’occasione di una chiara condanna delle persecuzioni anti-ebraiche del nazionalsocialismo.

Quando sale al potere Hitler (1933) in Germania, subito la chiesa ravvisa la necessità di un Concordato per assicurare almeno la libertà di culto, tutelare le scuole cattoliche, ribadire i diritti della persona contro le teorie razziali. Insomma, la firma del luglio 1933 vuol salvare il salvabile. Le persecuzioni contro la chiesa si intensificano però già dal 1935: le associazioni religiose vengono sciolte, i sacerdoti processati ingiustamente. Dopo un tentativo di sopravvivere adattandosi, l’enciclica di Pio XI “Mit brennender Sorge” (1937) condanna senza mezzi termini l’ideologia totalitaria dello stato fonte del diritto.

Lo scontro, ormai irreversibile, è acuito dalle persecuzioni cruente contro gli ebrei, che portano la chiesa a distinguere l’antigiudaismo (emerso nella tradizione della chiesa) e l’antisemitismo (mai praticato o difeso dai cristiani).Mentre il papa riflette sulla opportunità di una enciclica di radicale condanna dell’antisemitismo razzista, muore.Il successore Pio XII, eletto nel marzo del 1939, tiene tale bozza nel cassetto e tenta la via diplomatica, senza successo.

Caduto il fascismo, il 25 luglio 1943, le posizioni sono le più varie entro il mondo cattolico.È ormai chiaro che la chiesa avrebbe preferito per il post-fascismo una soluzione autoritario/monarchica senza più Mussolini, per non ridiscutere le prerogative concordatarie. Ancora nel 1945 il card. Dalla Costa difendeva lo statuto albertino che riconosceva quella cattolica come religione di stato e invocava la difesa dei Patti Lateranensi.Si puntava a una successione cattolica al regime, senza partiti politici. Tanto che Gedda, dirigente ACI, offrì a Badoglio la collaborazione per un nuovo governo, con il consenso dei vertici ecclesiastici.La S. Sede aveva previsto la caduta di Mussolini e trattava per una pace con gli Alleati: portando l’Italia fuori dalla guerra, la chiesa avrebbe accresciuto il proprio prestigio. Interpellata dagli Usa, la S. Sede indica la preferenza italiana per la Monarchia e poi fa tre nomi per il post-Mussolini, indicando dei conservatori o addirittura dei fascisti moderati.

Il cambiamento di rotta rispetto all’intenzione originaria – dare il supporto con l’associazionismo cattolico a una continuità monarchica, senza supportare un partito cattolico – avviene dopo l’8 settembre 1943. La fuga del Re e di Badoglio incrinano il prestigio della monarchia, mentre molti preti restano al loro posto e il radiomessaggio del Natale 1944 vede Pio XII offrire un prudente appoggio ai sistemi democratici.Questi sono i motivi essenziali per cui la DC diviene punto di riferimento dei cattolici e della chiesa. La causa prossima è però il fatto che nel 1945 ormai è un fatto la dialettica tra partiti di massa e la presenza cattolica deve esprimersi a livello di partito politico, dunque la DC è l’unica scelta per opporsi all’unione delle sinistre.

La DC riceve consenso dalla chiesa ma anche condizionamento, mentre la S. Sede vede accrescere il proprio prestigio (Pio XII è rimasto a difendere Roma: il governo viene meno, la chiesa no).

Page 28: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

De Gasperi, leader della DC, supera la prospettiva di una democrazia ridotta a mera “acio benefica in popolum” (Graves de communi di Leone XIII) in favore di una concreta azione fondativa delle istituzioni statali in nome di quei principi della rivoluzione francese che, aldilà delle derive del Terrore, sono intrisi di spirito evangelico.De Gasperi fa della DC il partito di cattolici che difende le libertà individuali e il merito della persona, distinguendosi sia dalle ipotesi di successione al regime sognata dalla gerarchia cattolica, sia dalla linea di Dossetti che rifiutava ogni apporto della tradizione liberale. Si allontana poi dalle condanne ottocentesche del liberalismo e della democrazia come mero aiuto sociale ai più deboli, fino a citare S. Tommaso: “Omnes aliquam partem habeant in principatu”.Recupera dunque la tradizione liberal-cattolica, esaltando il tessuto popolare della chiesa più che la gerarchia, promuovendo le nuove libertà civili. La libertà senza giustizia non ha però senso: dalla democrazia formale bisogna passare a quella sostanziale, tramite gli strumenti economici per cui libertà e giustizia si possano promuovere reciprocamente.Dal nome PPI passa a DC perché il consenso viene chiaramente dalla chiesa e per attirare le nuove generazioni.Sul voto per l’art. 7 della Costituzione (Stato e Chiesa indipendenti e sovrani) sarà decisivo il contributo di Togliatti (segretario PCI) che riconosce la necessità dell’appoggio della chiesa per il cammino democratico italiano; mentre la chiesa, da parte sua, appoggia la DC sia in funzione anti-comunista sia per evitare derive di estrema destra (vedi il caso dell’Uomo Qualunque di Guglielmo Giannini).

Page 29: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

IL CONCILIO VATICANO II (Martina, Storia della chiesa…)

Idea e preparazione – L’elezione di Angelo Roncalli il 28 ottobre 1958 fu una sorpresa per l’Italia poiché aveva trascorso 27 anni all’estero e i 6 anni da patriarca di Venezia non erano stati sufficienti per farlo ben conoscere. Appena eletto, obbliga mons. Tardini a diventare Segretario di Stato - carica di cui aveva fatto a meno Pio XII, centralizzatore – assicurandosene così la fedele collaborazione.Il giorno della sua incoronazione a pontefice si presenta come “buon pastore”, poi visita il carcere di Regina Coeli (Roma) per Natale.Ma la vera bomba è l’annuncio, il 25 gennaio 1959, nella basilica di San Paolo: vuole un sinodo romano, rivedere il Codice di Diritto Canonico e soprattutto desidera un concilio ecumenico. E pensare che lo avevano scelto come papa di transizione, visto che aveva ormai 77 anni…Anche Pio XI e Pio XII avevano pensato a un concilio, accantonando però l’idea. Papa Giovanni decise rapidamente, coscientemente e in virtù dei suoi poteri di capo della Chiesa. Non sarebbe stata la continuazione dell’assemblea del 1870: non si trattava di condannare nuovi errori bensì riproporre la dottrina antica in modi nuovi, avviando un dialogo con tutti.Scrisse ai 75 cardinali chiedendo un parere, solo 26 risposero e per lo più in modo formale o perplesso.Mons. Tardini scrisse quindi ai 3.000 vescovi del mondo, ai rettori delle università e ai superiori religiosi chiedendo proposte per il concilio. Furono due anni di intenso lavoro.Frattanto si tenne il sinodo romano (1959-1960) che, fortemente conservatore, non venne di fatto mai applicato nella diocesi del papa. La riforma del Codice venne rinviata al post-concilio.Nel 1959 viene creato cardinale il padre Bea, (1881, Germania), gesuita, al Biblico dal 1930 al 1949, che si intese subito con Giovanni XXIII per il vivo senso ecumenico: nel 1960 nasce infatti il Segretariato per l’unità dei cristiani di cui Bea stesso è presidente.Ancora: il Venerdì Santo del 1959 il papa chiese che si omettesse “perfidi” nella preghiera riservata agli Ebrei ed estese alla chiesa universale questa scelta come invito al dialogo.Nel 1960 vengono formate 11 commissioni. Segretario di quella centrale è mons. Felici, poi segretario del concilio. A differenza del CVI, le commissioni sono più numerose e abbracciano campi disparati, unendo vescovi e teologi-consultori (comprese personalità un tempo “sospette”: Congar, De Lubac, K. Rahner), per un totale di 400 membri.Nel Natale 1961 il concilio è ufficialmente indetto per l’11 ottobre 1962, accelerandone l’apertura causa l’età del pontefice. Il regolamento prevede alcuni osservatori delle Chiese separate, senza diritto di voto. Ogni padre può parlare al massimo 10 minuti. I testi sono approvati con la maggioranza dei 2/3. La lingua è il latino. Come nel CVI, l’alto numero degli schemi impose una loro riduzione.Ottaviani (commissione dogmatica) e Bea (segretariato unità dei cristiani) preparano due testi diversi sulla libertà religiosa, poiché Bea esalta la libertà di coscienza e a libertà pubblica di culto. I testi vennero rinviati a una commissione mista che di fatto non si riunì mai e la questione sarà chiusa solo nella quarta e ultima fase del concilio stesso.Lo schema sulla chiesa riprendeva l’infallibilità papale, come il CVI; quello sulla rivelazione distingueva bene Scrittura e Tradizione, in ottica anti-protestante.Il limite del materiale preparato è che era troppo abbondante.Intanto Giovanni XXIII riscuoteva simpatia per il nuovo stile impresso nel Vaticano e la stima di Kruscev e tanti personaggi pubblici, visitando di frequente le parrocchie e infondendo fiducia,

Page 30: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

oltre a evitare pressioni politiche sulla DC. Nel 1961, con la Mater et Magistra (70mo della Rerum Novarum), il papa esalta la sussidiarietà dello stato.Si comprende che i lavori del concilio farebbero bene a concentrarsi sulla chiesa: la sua natura e il rapporto col mondo contemporaneo.

L’apertura del concilio – A Trento (1545) c’erano 30 vescovi, a Roma (1869) circa 700, ma l’11 ottobre 1962 si riunirono 2540 padri conciliari: tutte le diocesi erano rappresentate. 423 italiani. Se nel CVI il rapporto tra infallibilisti e anti-infallibilisti era di 3:1, adesso tra progressisti e conservatori il rapporto sale a 9:1. Le votazioni sono quasi tutte all’unanimità, tranne alcune punte critiche (circa 20%).La minoranza – dei paesi di antica e maggiore cristianità, spaventati dal nuovo, minacciati dal comunismo e dalla secolarizzazione - conta alcuni italiani (Ottaviani, Siri), molti francesi (spiccava Lefebvre); ma la maggioranza stava con Giovanni XXIII e Paolo VI, intenti a raggiungere davvero i fedeli e praticare spirito ecumenico. I contrasti rallentarono i lavori e fecero svanire le speranze di Giovanni XXIII che puntava a rapida approvazione degli schemi.La allocuzione iniziale, ottimista e fiduciosa, contro i “profeti di sventura” che si attaccano con nostalgia al passato, afferma sì la condanna degli errori, ma in modo positivo e con appelli all’unità. La prima sera del concilio – quella del saluto alla luna e della carezza ai bambini – già c’erano dubbi sulla possibilità di realizzare tali speranze.

Il primo periodo: 1962/63 – Mancava un piano di lavoro e questo rallentava i lavori.Si comincia con la liturgia e ci si divide tra progressisti e conservatori. Ancor più grave la spaccatura sul “De fontibus revelationis” che proponeva Scrittura e Tradizione come un’unica fonte. Lo schema è rifiutato dalla maggioranza (due terzi meno 105 padri), ma occorrevano 2/3 di opposizione per bocciarlo, quindi serve l’intervento del papa stesso che, comprese le difficoltà, ritira lo schema e ne affida la rielaborazione a una commissione mista presieduta da Ottaviani + Bea.Ancor peggio con lo schema sulla chiesa: quale rapporto tra papa e vescovi? Non era chiarito. Così la prima fase del concilio si chiude come fase di rodaggio che non vede alcun documento approvato. Nell’inter-sessione 1962/63 si rielabora lo “schema 13” (dei 17 rimasti dai 72 originari) partendo non dalla chiesa come societas perfecta bensì come popolo di Dio.11 aprile 1963, enciclica Pacem in terris: il pericolo del conflitto mondiale (crisi di Cuba, ottobre 1962) porta alla necessità della solidarietà tra nazioni e ad esaltare la libertà di coscienza, aprendosi per la prima volta alla collaborazione tra forze cattoliche e non.

Da un papa all’altro – Il 3 giugno 1963 muore Giovanni XXIII suscitando commozione in tutto il mondo. Il 21 giugno 1963 viene eletto il card. Montini/Paolo VI che subito dichiara di voler riprendere, il 29 settembre, il concilio. Se Montini non avrebbe mai indetto il concilio, era però la figura più adatta per portarlo a conclusione: dotato di cultura ed equilibrio, suscita simpatia e rispetto, potendo realizzare con ordine e metodi gli alti ideali del predecessore. Ridotti gli schemi da 72 a 17, vengono ammessi uditori laici (Jean Guitton) e si proseguono i lavori: dalla spontaneità di Giovanni XXIII alla concretezza di Paolo VI si registra comunque profonda continuità.

Secondo, terzo quarto periodo: 1963/65 – Finito il rodaggio, si passa alla fase costruttiva.La Sacrosanctum Concilium sulla liturgia viene approvata con schiacciante maggioranza

Page 31: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

(introduzione del volgare nelle letture). Poi si rielabora lo schema De Ecclesia: la minoranza difende i diritti dell’episcopato, ma il papa procede senza remore, concedendo però una nota che resta come appendice alla Lumen Gentium. Lo stesso giorno si approva la Unitatis Redintegratio, sull’ecumenismo. Ma la vera corsa contro il tempo è il quarto periodo (13 settembre-8dicembre 1965) in cui si approva la gran parte dei documenti: la Dignitatis Humanae (sulla libertà religiosa, 101 anni dopo il Sillabo). Poi la Dei Verbum (stretta connessione tra Scrittura e Tradizione, senza specificare oltre il necessario). Quindi la Gaudium et spes (la Chiesa e il mondo contemporaneo).Intanto, il 7 dicembre 1965 Paolo VI e il patriarca Atenagora dichiarano la revoca delle reciproche scomuniche (scisma del 1054).

Principali documenti – il concilio approva 4 costituzioni (SC, LG, DV, GS).La liturgia (SC) è rinnovata sotto l’auspicio di una maggior partecipazione dei fedeli, introducendo il volgare nelle letture. Nella LG all’infallibilità papale del CVI si affianca la teologia dell’episcopato (collegialità = corresponsabilità col papa). La Chiesa è popolo di Dio: comprende tutti i fedeli e si muove nella storia. La GS afferma che la chiesa cammina al fianco dell’umanità tutta.Nostra Aetate (dichiarazione) afferma che chiamata divina e doni del popolo ebraico sono irrevocabili e condanna ogni antisemitismo (come risposta al genocidio 1939-1945).La Dignitatis Humanae afferma il valore della libertà religiosa, contro ogni coercizione di coscienza, ammettendo la libertà psicologica (libera ricerca) ma non quella morale (necessaria ricerca della verità); riconosce poi che a volte (!) la Chiesa è venuta meno allo spirito evangelico vs altre confessioni, ma non è mai mutata la dottrina che difende la libertà religiosa.

I due protagonisti – Se Roncalli era stato scelto come papa di transizione, in realtà aveva sorpreso tutti, decidendo un CVII che nessuno si attendeva da lui.Era un buon conservatore (“oboedentia et pax”) ma voleva migliorare il dialogo con il mondo e coi fratelli separati, adattando la missione della chiesa ai nuovi tempi. Montini veniva da una famiglia borghese bresciana e aveva studiato coi gesuiti, prestando poi lungo servizio presso la curia romana. Qualcuno dice che avrebbe affievolito lo spirito aperto di Giovanni XXIII, altri che invece avrebbe avuto la concretezza per realizzare quanto sognato dal predecessore. Quando intervenne in assemblea, Paolo VI non lo fece per frenare la libertà dei padri bensì dissipare dubbi e convincere come guida tenace, paziente e ferma.

Se il CVI riafferma il centralismo romano di Trento, il CVII apre una nuova epoca: rivaluta le chiese locali, esalta la corresponsabilità dell’episcopato e il sacerdozio universale dei fedeli, riannoda il dialogo con i fratelli separati, esalta il valore unitivo del matrimonio (GS).

Page 32: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

I VESCOVI ITALIANI E LA RECEZIONE DEL CONCILIODi Maurilio Guasco

Dopo l’annuncio di Giovanni XXIII, inizia la fase preparatoria del CVII. Vescovi, superiori religiosi e rettori delle università pontificie vengono consultati per presentare “con assoluta libertà e sincerità” le attese. Le risposte presentano temi particolari, con scarsa visione d’insieme. Delle 311 risposte arrivate a Roma, la maggioranza ribadiscono la dottrina tradizionale della chiesa, l’autorità del papa (come il CVI), la necessità di definire il rapporto papato/vescovi, la richiesta di nuove definizioni dottrinali (mediazione di Maria, regalità di Cristo), la condanna al modernismo, l’esigenza di rinnovo degli abiti dei consacrati. Insomma: l’episcopato appare interessato ai singoli problemi delle diocesi ma scarsamente alla dimensione universale della chiesa.Al CVII il ruolo degli italiani non sarà di primo piano. Molti di essi sono conservatori, preoccupati delle eccessive aperture. Ma non mancheranno clamorose “conversioni” progressiste, come quelle del card. Pellegrino, arcivescovo di Torino, di contro alle forti resistenze del card. Siri di Genova o di mons. Carli di Gaeta che parlava di “deicidio” indicando il ruolo degli ebrei nella condanna a morte di Gesù.

Nonostante le divisioni tra conservatori e progressisti, la riforma liturgica avviata dalla SC è una rivoluzione: modificare la lex orandi significa cambiare la lex credendi. Si decide il rinnovo della catechesi, diversificando i percorsi per adulti e bambini; si aggiornano le norme sul digiuno eucaristico e si ammette il clergyman al posto della talare. Paolo VI sa bene che molti vescovi sono figli di un’altra epoca e faticano ad accogliere le novità, per cui segue una accorta politica di rinnovamento tramite le nomine. La più significativa è la scelta di Urbani al posto di Siri quale presidente della CEI, il cui statuto definitivo viene approvato nel 1970, riservando al papa la nomina del presidente e del segretario generale.

Dal 1966 al 1970 si applicano diversi principi del concilio, riorganizzando l’episcopato e riducendo le diocesi, riformando i seminari, dando la responsabilità ai vescovi di quelli regionali, curando l’inserimento nella vita diocesana delle vocazioni, anche adulte, favorendo esperienze pastorali per i seminaristi, stabilendo (1971) il diaconato permanente, fissando poi la Ratio fundamentalis studiorum (1972) che fissa il dovere della formazione permanente.

Il volgare nella liturgia permette una maggiore partecipazione dei fedeli, esaltando il ruolo sacerdotale, regale e profetico anche del laicato, poiché tutto il popolo di Dio è chiamato ad annunciare la salvezza.

Il 1968 segna una spaccatura: il movimento studentesco, le contestazioni in seguito alla Humanae Vitae di Paolo VI, e poi la legge sul divorzio, e si comincia a parlare di aborto, realtà tutte che amareggiano Paolo VI, ma non oscurano tutto il buono realizzato dal CVII.

Page 33: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

DAL ’45 al CVII (G)

Alcuni dei momenti più significativi.Dal ’45 al ’48 – la ricostruzione. Ci vanno alcuni mesi prima che la Chiesa decida di puntare su un unico partito, mentre diverse erano le forze allora presenti. Alcuni al centro, altri a sinistra. Anche gli eredi del fascismo aspiravano a un partito. Mentre De Gasperi aveva nel ’43-’44 rifondato il Partito Popolare con il nome di Democrazia Cristiana.Alessandrini scriveva corrispondenze immaginarie da Madrid e da Berlino – ricevendo i giornali spagnoli e tedeschi in ufficio, traducendoli e rielaborando articoli così credibili che i servizi segreti cercavano questo fantomatico corrispondente.Ottaviani e Pizzardo auspicavano o un partito tendente a destra o una pluralità di partiti con spazio per le forze di destra. Ma De Gasperi era amico di Montini e si muove bene e nel giro di pochi mesi la DC si pone come unico partito cattolico.Nel contempo nasce “L’uomo qualunque” fondato da Giannini – da cui il “qualunquismo” – che voleva infischiarsene della politica per interessarsi invece delle cose concrete della vita sociale. Scioltosi il partito, molti aderenti entrano in DC. Questo spiega il perché della presenza sin dalle origini della DC di una certa destra. Accanto al movimento di Dossetti, vicino invece alla sinistra.

Tra il ’46 e il ’48 i tre partiti di massa – DC, PCI, PSI – hanno una relativa autonomia, nel senso che ricevono orientamenti da altre fonti, rispettivamente dal Vaticano per la DC (che diventa il partito dei cattolici e l’espressione politica del Vaticano).Dopo il 1948 la DC, con maggioranza assoluta, avrebbe potuto fare un governo monocolore ma avrebbe dovuto assumere in pieno l’orientamento vaticano. De Gasperi rinuncia a questa prospettiva, scontentando Pio XII che invece puntava allo Stato Cristiano.Al punto che Pio XII rifiuta di incontrare De Gasperi che risponde dicendo che come credente accettava l’umiliazione del rifiuto ma come funzionario chiedeva spiegazioni per via diplomatica. Ma non ricevette risposta. Dopo il ’53 gli onori che si davano al SS. Sacramento col baldacchino vengono riservati a Franco.

Il PCI è fortemente condizionato da Mosca: per vari anni sarà il PCUS a indirizzare il PCI. I fatti di Ungheria del 1956 vedranno il PCI cercare perfino di negare l’evidenza.

Il PSI teoricamente poteva esser indipendente, ma dipende dal PCI. Quando Nenni del 1947 sceglie la linea del fronte popolare – alleandosi con il PCI – Saragat sceglie di separarsi, per non dipendere dal PCI, e fonda il Partito Sociale Democratico.

Nell’aprile del 1948 c’è una forte campagna elettorale dove si oppongono DC e PCI con toni anche esasperati. La DC vince le elezioni con buona maggioranza in parlamento. De Gasperi avrebbe potuto fare un governo monocolore, ma rinuncia per non fare un governo “vaticano”.

Nel luglio 1949 c’è la scomunica ai comunisti. Successive alle elezioni del ’48 e dunque non determinanti per vincere le elezioni. Il comunismo – si dice – stava prendendo piede. Ma non solo in Italia, bensì nell’Europa dell’Est e molti vescovi di questi paesi vengono imprigionati, per cui non si tratta di scomunicare i comunisti per favorire la DC ma per svelare le illusioni di libertà nei paesi a regimi comunisti.

Page 34: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

La scomunica esce però prima del tempo previsto. A opera del Papa o dei Gesuiti della Civiltà Cattolica? Comunque, il 1 luglio 1949 si dice che verranno scomunicati “quei fedeli che professano il materialismo comunista e anticristiano”. E altresì colpirà chi si dichiara ateo, cosa che pare poco fondata (se già è ateo, perché scomunicarlo?). O si considerano scomunicati tutti i comunisti (13 milioni in Italia!) o solo gli attivisti. È un testo che fa discutere. Anche all’interno della Chiesa e a livello di base. Alcuni parroci non considerano scomunicati i comunisti praticanti. Altri invece non sposano né danno i sacramenti ai comunisti tout-court. Si creano divisioni di pastorale tra parrocchie confinanti. NB – non è una scomunica relativa al caso italiano né volta a sostenere la DC (bisognava farla prima!).

Altro elemento del dopoguerra è il movimento liturgico. Già un secolo prima Rosmini nelle “5 piaghe della Santa Chiesa” – la sesta per Guasco è la vanità che entra nei conventi, nei monasteri, in Vaticano… - aveva denunciato i limiti della coeva liturgia.

A inizio anni ’50 la parrocchia di Saint Severin (Parigi) inizia a fare le letture in lingua volgare. Romano Guardini aveva parlato dello spirito della liturgia, non intendendo le cerimonie e l’esteriorità ma il culmine della vita della Chiesa. Nascono i primi fermenti di quello che sarà il movimento liturgico.Riprendono anche le Settimane Sociali, dove persone si ritrovano per discutere dei diversi temi e problematiche sociali. Negli anni ’70 furono sospese (presidente era il card. Siri) e furono riprese negli anni ’90, riprese col card. Charrier, che si sentì dire da Siri che lui non era stato esautorato ma solo sospeso… Anche se di fatto Siri non faceva più nulla in merito.

Ancora, nell’aprile 1957 viene pubblicata (dopo Maximum illud del 1919, con Benedetto XV) la FIDEI DONUM: sta iniziando la colonizzazione e Pio XII vuol affrettarsi – come già BXV – a creare una gerarchia e un clero locali. Ma negli Anni Cinquanta la decolonizzazione è ormai entrata nel vivo e nel giro di due decenni al massimo le diverse colonie torneranno indipendenti. Bisogna dunque creare una chiesa locale. Ma per fare questo occorre una certa preparazione. Alcuni preti africani son già a Roma a studiare. Ma in ogni diocesi dovranno fondarsi seminari locali per formare i futuri sacerdoti. Certo, dice Pio XII, ma in questo momento non abbiamo docenti in loco. Per cui ogni diocesi è chiamata a inviare sacerdoti per diventare rettori o docenti di seminari.

Alcuni vescovi autorizzano dunque i propri sacerdoti a partire per un certo tempo al servizio degli ordinari d’Africa per favorire la transizione verso una chiesa locale.Alcune diocesi tedesche avevano già mandato propri preti, così pure la diocesi di Padova.

Due elementi di novità nelle missioni.Primo. Fino ad allora il missionario entrava in una congregazione missionaria – saveriani, comboniani – mentre adesso non è necessario.Secondo. Si era missionari per la vita (salvo esser richiamati dai superiori) mentre adesso c’è un tempo limitato: sei anni di invio “fidei donum”. Si partiva per tre anni rinnovabili, ma si tendeva a stare 6-9 anni.

Fino ad allora i missionari non parlavano nei seminari per evitare che scatenassero entusiasmi che avrebbero potuto sottrarre vocazioni al clero diocesano. Ma con l’enciclica del 1957 di Pio XII si sdogana la propaganda e formazione missionaria anche in seminario. Tanto che si tengono

Page 35: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

due congressi missionari a Firenze e a Padova appena prima e subito dopo l’enciclica.

Si va in Africa, ma anche in America Latina. Tanto che a inizio anni ’60 a Verona nasce un seminario per preparare coloro che, pur diventando preti diocesani, sarebbero andati in missione per almeno alcuni anni. Negli anni ‘70/’80 il clero alessandrino è più presente in America Latina che in Africa. Vuoi per il calo delle vocazioni, vuoi per ambizioni più alte, sono ben pochi i sacerdoti intenzionati a vivere tale missionarietà.

Dagli anni ’90 a Verona si tengono corsi di formazione per missionari (per America Latina, Africa, Asia). Adesso l’80% dei partecipanti sono laici, mentre vent’anni fa erano sacerdoti. Mancano preti, certo, ma c’è anche una crescita di missionari laici.

CVII

Appena diventato Papa, Giovanni XXIII a conclusione dell’ottavario di preghiera per l’unità dei cristiani, il 25 gennaio 1959 annuncia ai cardinali tre cose:

- Il sinodo romano (che non si faceva dal tridentino!)- Il rifacimento del Codice di Diritto Canonico- Il Concilio Ecumenico

Il terzo annuncio venne accolto da un assordante silenzio.Già PIO XII nel 1949 aveva deciso di fare un concilio, iniziando gli atti preparatori, ma si era poi fermato per il timore delle voci dissonanti dei vescovi che avrebbero potuto levarsi contro la tradizione.Il CVII venne annunciato anche come “ecumenico” nel senso di apertura alle diverse chiese cristiane o almeno così la stampa lo interpretò.

GVXXIII volle consultare i circa 2500 vescovi del mondo, i superiori delle principali congregazioni religiose e i rettori delle università pontificie.Lasciarono una lettera aperta chiedendo quali temi si volevano affrontare. Si fa una commissione preparatoria che indica i temi principali, dai quali scaturiranno i principali documenti del CVII. Si delineano 72 schemi/documenti, poi riducendoli e accorpandoli. Lo schema 13 “Chiesa-Mondo” sarà la Lumen Gentium.GVXXIII aspettava una lieve approvazione dei documenti. La prima sessione non basta, se ne apre una seconda, con l’idea di chiuderlo entro fine 1963. Poiché il tridentino era concluso nel dicembre 1563 si poteva festeggiare il quarto centenario di Trento.Ma nella primavera del 1963 gli diagnosticano il tumore. Oltre a questo, la mole di lavoro rendeva difficile pensare di concludere il CVII entro fine 1963.

Già il secondo giorno del concilio, un cardinale accusa le commissioni preparatorie in quanto “romane”, dunque incapace di assumere un pv universale. Ottaviani replicò: il papa li ha firmati. E quello: per forza, li avete presentati. Ottaviani: ok, rifacciamoli, rivedendo e modificando le commissioni. Così iniziano a discutere le commissioni già sapendo che gli schemi sono da rifare completamente. Ma i giornali parlano di unanimità tra i padri…

Uno schema è sulla Rivelazione. Si parla delle “fonti della rivelazione” (Scrittura e Tradizione). Si scopre, con l’esegesi critica, che dai fatti di Gesù ai primi scritti trascorrono 25/30 anni.

Page 36: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

Occupati dalla traditio oralis. Si usano linguaggi e mentalità un po’ antiquati perché i vescovi avevano studiato 30 anni prima.Le discussioni vertono sui singoli capitoli. Va rifatto solo il documento che viene respinto da almeno 2/3 dei presenti.Sulla Dei Verbum (De fontibus revelationibus) si spacca il concilio: va bene, quel testo, benché approvato da poco più di un terzo dei padri (800 su 2400 circa). Quando si comincia a discutere sul singolo capitolo, le discussioni si accendono. Un vescovo disse a Guasco che come ai tempi di Ario c’erano 1600 vescovi eretici che avevano votato contro DV, cioè contro il concilio di Trento.Felici, segretario generale del CVII, annuncia che, con l’accordo del papa, visto che 1600 non lo vogliono, si provvederà a riscrivere il testo. Gli 800 rimangono spiazzati: il papa ha appoggiato i 1600 “eretici”. Con disappunto del vescovo di cui sopra.

Il fatto è che buona parte dei padri conciliari avevano studi “datati”. E da allora alcuni di esi considerano il papa illegittimo e affermano il sedevacantismo.

Risultato: il primo periodo non vede alcuno schema approvato.In quattro periodi, fino al 1965, a poco a poco i documenti vengono discussi, elaborati, rivisti. Intrecciandosi i rapporti tra i diversi vescovi, anche il lavoro procedeva più speditamente.Un certo influsso hanno R. Schultz e M. Thourian di Taizé.Al CVII entrano, dopo protestanti e ortodossi, anche le donne. E, solo dopo, alcuni preti. Ai quali è dedicato un documento abbastanza esile e non molto approfondito, dando ben più rilevanza all’episcopato.

I protestanti non avevano diritto di parola, ma avevano occasioni informali di confronto nel pomeriggio. I vescovi parlavano a titolo personale o per gruppi. Tempo massimo 10’ per ognuno, con rispetto severo dei tempi massimi di intervento.

Tutti gli interventi, sono stati raccolti per temi (parole chiave) e per Paesi (Italia, etc.). Una risorsa preziosissima per avere un punto di vista privilegiato su certi temi nella Chiesa.

Approvati tutti i documenti oggetti di discussione con la stessa procedura:- Si approva il singolo documento (almeno 1/3 + 1 a favore)- Si discutono i singoli capitoli, ascoltando gli interventi- Poi si vota: piace/non piace/piace ma con modifiche indicare quali

Quasi tutti i documenti sono stati approvati all’unanimità (3 o 4 contrari) sotto Paolo VI che favorisce un certo annacquamento dei testi per evitare divisioni e avere l’appoggio di quasi tutti.Circa 80 voti contrati al documento sulla libertà religiosa. Troppi, forse, rispetto alla media (bassissima) dei voti contro gli altri documenti.

Similmente accadde al CVI: contro l’infallibilità papale, un gruppo di circa 100 padri conciliari (su 700) lascia l’assemblea per non dover votare contro una dichiarazione che non rientrava nella loro sensibilità e rispetto alla quale tuttavia non volevano far emergere una eccessiva divisione.

Il CVII approva 4 COSTITUZIONI - Sacrosanctum Concilium – sulla liturgia / Lumen Gentium – ecclesiologia / Dei Verbum – divina rivelazione / Gaudium et Sper – la Chiesa e il mondo contemporaneo

Page 37: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

9 DECRETI - Ad Gentes / Presbyterorum Ordinis / Apostolicam Actuositatem / Optatam Totius / Perfectae Caritatis / Christus Dominus / Unitatis Redintegratio / Orientalium Ecclesiarum / Inter Mirifica

3 DICHIARAZIONI - Gravissimum Educationis / Nostra Aetate / Dignitatis Humanae

Come ha detto Benedetto XVI, il CVII va letto nella ermeneutica della continuità.Su alcuni temi pare esserci una rottura, su altri una certa continuità.Ma è un falso problema. Se non ci fossero rotture, la storia non procederebbe. Ma ogni rottura è preparata da alcune premesse storiche (ad es. Taizé rispetto al dialogo ecumenico).Uno dei documenti con maggior rottura rispetto alla tradizione è quello sulla libertà religiosa che la riconosce come valore rispetto alla tradizione precedente. Restano le verità fondamentali, si modificano altri elementi non essenziali.L’essenza rimane quella, mentre cambiano elementi secondari.Aspre discussioni nascono sulla liturgia: Ottaviani e Bacci. Bacci traduce tutti i testi dal latino. Accusano Paolo VI di eresia e il papa deve difendersi. Uno dei motivi del distacco di Lefevre dalla chiesa cattolica è anche legato alla riforma liturgica.Ratzinger ha provato a farli rientrare ma invano, poiché essi pretendevano che fosse riconosciuto nullo dal papa il CVII.

Page 38: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

CHIESA E CATTOLICESIMO IN ITALIA (1945-2000)Di Maurilio Guasco

Dopo la fine del fascismo, vescovi e preti danno assistenza agli sfollati e ospitano fuggiaschi. Se Pio XII, rimasto a Roma, era stato detto “defensor civitatis”, la stessa cosa si poteva dire di molti preti, rimasti al loro posto mentre il re e il governo, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, erano fuggiti da Roma.Alla caduta del fascismo si temeva che la chiesa avrebbe pagato certi compromessi degli anni Trenta, e invece restando al proprio posto la chiesa uscì rafforzata nel prestigio, tornando a essere un punto di riferimento per gli italiani. Dal 18 al 24 luglio 1943 De Gasperi e compagni si ritrovano presso il monastero di Camaldoli e redigono “Per la comunità cristiana: principi di ordinamento sociale”. Il 25 luglio il duce si dimette e si pongono le condizioni per riprendere il discorso interrotto da Murri – che nel 1901 avrebbe voluto fondare il partito della Democrazia Cristiana – e Sturzo – fondatore del PPI nel 1919, poi soppresso nel 1926. La DC non poteva prescindere dal consenso del Vaticano.

Nel maggio 1943 la S. Sede esprime la preferenza per un passaggio morbido verso un regime monarchico-conservatore, con posizione attendista e timidamente benevola sulla resistenza, senza operare scelte di campo ma dando a tutti assistenza e aiuto.Nell’agosto del 1943 Luigi Gedda, dirigente dell’ACI, offre sostegno a Badoglio per una transizione che non metta in discussione l’istituzione statale, mentre De Gasperi dimostrerà presto di non intendere la DC come emanazione politica del vaticano. Ma l’ipotesi del partito cattolico si farà strada lentamente.

La Civiltà Cattolica nel marzo 1945 scrive sul “dovere della unione tra cattolici”. Frattanto il partito comunista si riorganizza e la pratica religiosa, venuta meno la paura della guerra, incomincia a calare. A ciò si aggiungano la paura per il degrado morale e per il comunismo. In vista di una più incisiva presenta nel tessuto sociale, nel 1944 si fondano le ACLI (Associazioni Cristiane dei Lavoratori Italiani), ponendo come base la dottrina sociale della chiesa. Gedda pensa intanto a una altra organizzazione, aldilà dell’ACI, per favorire l’unità politica dei cattolici e nel 1946 fonda i Comitati Civici, per formare una coscienza civica e democratica (cioè anti-comunista). Tali Comitati avranno un ruolo decisivo nelle elezioni dell’aprile 1948.

La vittoria della DC nel 1948 pareva aprire la strada per uno stato guelfo, ma i toni di aspra contesa delle elezioni hanno creato spaccature profonde, mentre la persecuzione anti-religiosa si accende nei paesi dell’Europa dell’Est, sotto il controllo dell’URSS.La DC, che il Vaticano aveva guardato con diffidenza, adesso ha la maggioranza politica e potrebbe diventare strumento della potestas indiretta della chiesa.

La chiesa conta su 45.000 preti secolari e 15.000 religiosi. I salesiani hanno 400 scuole e 150 oratori. I Paolini gestiscono mezzi di comunicazione. La carenza di preti diocesani porta ad affidare molte parrocchie ai religiosi (a Roma, saranno il 50% dei parroci!). Oltre 110.000 religiose gestiscono scuole di ogni ordine, case di cura, cliniche.Si lancia la campagna del “grande ritorno” alla fede, con missioni popolari. Padre Lombardi viene detto “microfono di Dio”.

Page 39: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

Si rilancia la devozione mariana col dogma dell’Assunzione (1950) e il moltiplicarsi di processioni e pellegrinaggi a santuari.

Se nel 1948 il comunismo era il vero nemico, la scomunica contro i comunisti arriva solo il 1 luglio 1949, per colpire i fedeli “che professano la dottrina del comunismo materialista e anticristiano”, estesa anche a quanti fanno propaganda a tale dottrina. Quindi non è limitata all’Italia ma guarda al contesto europeo, né ha fini elettorali, essendo successiva.Ambiguità interpretative: sono scomunicati tutti i comunisti o solo quelli che credono nel marxismo ateo? I parroci sono confusi e divisi e la scomunica crea forti lacerazioni nelle coscienze individuali.

Intanto la DC viene considerata la presenza della chiesa nella sfera politica, mentre i suoi maggiori esponenti non intendono ridursi a tale ruolo. Nella DC l’unità è apparente. Le correnti sono diverse: da Giorgio La Pira, attento alle “attese della povera gente”, a Dossetti, della sinistra democristiana.

Il vero centro della vita religiosa restano però le parrocchie, al Nord caratterizzate da oratori con cine-forum e campeggi. Il prezzo del divertimento sono catechesi e celebrazioni, ma i servizi sono offerti a tutti. Salesiani e Azione Cattolica la fanno da padroni, ma è intorno al parroco in genere che tutto ruota: sacramenti, scelte elettorali, ricerca del lavoro. L’Italia conserva un forte attaccamento alla chiesa, comunque, come Guareschi ben rappresenta nella saga di Peppone e don Camillo.Al sud il prete vive per lo più in casa, non ci sono oratori, si è in povertà: è la “questione meridionale religiosa”. Resta però un forte senso religioso, con feste e processioni.

Nel 1914 i benedettini iniziano la pubblicazione della Rivista liturgica, cui segue nel 1947 il Centro di Azione Liturgica, sulla scia dell’enciclica Mediator Dei di Pio XII (1947). A Parma dal 1949 si tiene la settimana liturgica nazionale, mentre nel 1956 si organizza il primo Congresso internazionale di liturgia pastorale. Ma sui teologi italiani pesa il freno posto dal centralismo romano. Frattanto Famiglia Cristiana, fondata ad Alba nel 1931, raggiunge le 100.000 copie, per arrivare al milione verso fine anni Cinquanta. Nasce anche la Caritas.

Un momento di forte riflessione socio-politica è rappresentato dalle settimane sociali, nate nel 1907 come dibattito finalizzato a far conoscere al largo pubblico la dottrina sociale della chiesa. Un ruolo di spicco vi hanno i docenti della Università Cattolica del Sacro Cuore. Nel 1948 la gestione viene affidata a un comitato di nomina pontificia e diviene una delle maggiori istituzioni culturali del mondo cattolico, benché miri più a divulgare le encicliche sociali che a favorire un vero confronto, causa il centralismo conservatore del presidente Siri.

Intanto i vescovi parlano di crisi religiosa. Ma l’ACI è in forte espansione, ci sono oltre 25.000 seminaristi in Italia e un sacerdote ogni 1.000 abitanti.Lo sviluppo urbano e l’esodo dalla campagne incidono sulla pratica religiosa, mentre comunismo, protestantesimo e laicismo avanzano. Anche la DC è in difficoltà: nel luglio 1953 De Gasperi non ottiene la fiducia ed è costretto alle dimissioni. Mentre il card. Ottaviani nel 1953 invoca la religione cattolica come confessione di stato, a imitazione della Spagna, nel 1954 De Gasperi ribadisce che la DC è autonoma dalla chiesa e lo stato è aconfessionale, sollevando le critiche della Civiltà Cattolica.

Page 40: Web viewemargina i cattolici dall’arena politica e questi si riversano nel Paese reale, ... questione di un versetto evangelico di Giovanni su cui la Commissione

Diego Manetti ISSR 2014-15

Ma il 1954 è l’Anno Santo mariano, indetto da Pio XII per incrementare la devozione a Maria. Gli iscritti ACI superano i 3 milioni. Nonostante un certo centralismo, emergono personalità originali: don Primo Mazzolari (vicino a Cremona), don Zeno Saltini (“Nomadelfia”, presso Modena), i preti operai in Francia (ma il nemico vero è il consumismo e il materialismo più che il comunismo, si osserva), don Lorenzo Milani (Lettera a una professoressa, 1967; Esperienze pastorali, 1957), padre Davide Turoldo (Milano), padre Ernesto Balducci (Firenze, con la rivista Testimonianze), i Piccoli Fratelli di Gesù (a modello di Charles de Foucauld, indicano una vita religiosa fatta di silenzio e servizio ai poveri).

Tra i giovani, si distinguono nel mondo ACI le impostazioni di Gedda (centralista, per un impegno politico) e quella di Rossi (per categoria, al fine di formare religiosamente i membri).

L’impegno missionario Ottocentesco in Italia ha visto la nascita di specifiche realtà: nel 1850 a Milano sorge l’Istituto Missioni Estere che diventa poi, nel 1926, il PIME. Nel 1867 nascono i Figli del Sacro Cuore di Gesù a Verona con Daniele Comboni (comboniani). Nel 1877 p. Léon Dehon fonda in Francia i sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù, poi detti dehoniani. A Parma nel 1895 mons. Conforti fonda la Pia Società di san Francesco Saverio (saveriani), mentre a Torino il canonico Allamano fonda nel 1901 l’Istituto Missioni della Consolata.

L’impulso missionario viene da due encicliche: la Maximum illud di Benedetto XV (1919) e la Fidei Donum di Pio XII (1957): in quest’ultima il papa suggerisce ai sacerdoti di mettersi a disposizione degli ordinari dei paesi di missione per formare clero indigeno e costituire al più presto chiese autonome, prima della completa decolonizzazione. Questo è possibile per 3 + 3 anni. Incremento di testimonianze e vocazioni missionarie.

La crisi dell’ACI e della DC porta a guardare verso sinistra. Nel 1955 Nenni parla di una possibile collaborazione coi cattolici, grazie alla destalinizzazione di Kruscev, benché in quello stesso 1956 l’invasione dell’Ungheria da parte sovietica raffreddi gli entusiasmi. Ma si cerca il dialogo tra i due blocchi, mentre la Civiltà Cattolica condanna ogni irenismo conciliativo.

Se nel 1957 l’Osservatore Romano condanna le alleanze di centro-sinistra, Fanfani commemorando de Gasperi parla di nuovo di autonomia della DC dalla gerarchia ecclesiale.Nel 1958 il vescovo di Prato viene prima condannato e poi assolto per aver indicato come “pubblici concubini” due giovani sposati solo civilmente. Il clima è pesante. Nel 1960 l’Osservatore Romano ribadisce quali siano i “Punti fermi”, contro ogni separazione dei cattolici dalla gerarchia. Nel 1959 il sant’Ufficio ribadisce che la scomunica contro i comunisti resta in vigore e si estende anche ai socialisti. Il fallimento del governo Tambroni nel 1960 – in seguito ad appoggio dalle destre, con gravi proteste, scontri di piazza e feriti – permette a Moro di ribadire l’autonomia della DC come assunzione di responsabilità e di inaugurare, nel 1963, il primo governo di centro-sinistra, presieduto da Moro e con Nenni vice-presidente. Per la prima volta i cattolici hanno operato una scelta politica in contrasto con la linea gerarchica vaticana. Segno premonitore o solo il frutto di una nuova presenza in Vaticano?