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Bilancio 2011
Indice
1. Le scritture di fine esercizio: completamento, integrazione, rettifica
e ammortamento
pag. 4
2. Fiscalità anticipata e differita pag. 12
3. Gestione delle perdite d’esercizio pag. 49
4. Novità nel riporto delle perdite fiscali pag. 60
5. ACE: incentivo alla capitalizzazione pag. 67
6. Irap: nuove regole di deducibilità dal reddito d’impresa pag. 84
7. Le nuove regole di deducibilità del TFM amministratori pag. 93
8. Cessione del contratto di leasing pag. 103
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Bilancio 2011
Capitolo 1
Le scritture di fine esercizio: completamento, integrazione,
rettifica e ammortamento
Le scritture di esercizio sono rilevate in contabilità generale in base al-la manifestazione
numeraria (aspetto originario), indipendentemente dalla competenza economica rispetto
all’esercizio in corso.
Sono inoltre da rilevare al 31.12 di ciascun anno dei costi e dei ricavi che sono di pertinenza
dell’esercizio appena concluso ma che sono conosciuti solo successivamente.
Sono quindi necessarie tutta una serie di scritture: di rettifica, completamento, integrazione e
ammortamento che vanno a determinare secondo principi contabili corretti il risultato
economico.
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Bilancio 2011
1. Scritture di completamento Le scritture di completamento rilevano componenti di reddito, interamente di competenza
dell'esercizio, la cui registrazione è differita alla fine del periodo amministrativo perché solo
allora ne diventa certo o liquido l'ammontare.
Tali variazioni origineranno modificazioni nella consistenza di taluni valori finanziari, quali il
denaro in cassa, i c/c bancari e postali, i crediti verso clienti, ecc. Tra questo tipo di scritture
troviamo le rilevazioni di:
Interessi maturati sui c/c bancari e postali;
Interessi maturati nei confronti di clienti e fornitori;
Fitti attivi e passivi;
Cedole con scadenza 1/1.
Una particolare scrittura di completamento può è quella che in sede di valutazione dei crediti
verso la clientela procede alla eliminazione contabile dei crediti di cui risulti accertata la
definitiva inesigibilità. Ci sarà una rilevazione di una perdita su crediti se si tratta di
perdite sorte nell’esercizio o di una sopravvenienza passiva qualora risalgano ad
esercizi precedenti e non trovino copertura nell’apposito fondo rischi. Un altro esempio
di scrittura di completamento è quella che raggruppa i conti correnti bancari per tipologia di
saldo.
Dopo la rilevazione delle competenze di fine periodo, i conti accesi alle singole banche
esprimeranno un saldo a credito o un saldo a debito dell’azienda e pertanto saranno
raggruppati a seconda del segno nel conto banche c/c attivi o banche c/c passivi.
Similmente, dopo la rilevazione della liquidazione IVA relativa all’ultimo mese trimestre
dell’anno, il conto erario c/IVA evidenzierà un saldo che dovrà essere trasferito:
al conto debiti IVA v/Erario, se si tratta di un saldo a debito;
al conto crediti IVA v/Erario, se si tratta di un saldo a credito.
Con la stessa filosofia sarà collocato al conto debiti verso istituti di previdenza o al conto crediti
v/istituti di previdenza l'eventuale credito o debito verso istituti di previdenza a seconda del
segno che assume lo sbilancio tra gli anticipi per conto dell’INPS e i contributi da versare.
2. Scritture di integrazione
Le scritture di integrazione “immettono” nel sistema dei valori di bilancio alcuni componenti di
reddito la cui manifestazione monetaria avrà luogo nel futuro o nei futuri esercizi, ma che sono
di competenza del periodo che si chiude. Tali valori di reddito sono misurati da valori finanziari
presunti: ratei, crediti e debiti da liquidare, fondi per oneri futuri e fondi rischi. Di seguito
alcuni esempi:
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Bilancio 2011
I ratei attivi e passivi: i ratei sono valori finanziari presunti che misurano quote di
costi o ricavi che si manifestano monetariamente in via posticipata ma che,
proporzionalmente al tempo decorso, sono di competenza dell’esercizio. Si avranno
pertanto ratei passivi, in quanto la loro rilevazione sia effettuata in via posticipata, sui
seguenti costi: interessi passivi su mutui, interessi passivi su riporti, interessi passivi su
obbligazioni emesse e fitti passivi di locali a uso magazzino o adibiti ad uffici. Si
avranno, invece, ratei attivi quando siano a rilevazione posticipata, relativamente ai
seguenti ricavi: interessi attivi su capitali dati a prestito, interessi attivi su titoli a
reddito fisso, interessi attivi per dilazione di pagamento e fitti attivi di fabbricati di
proprietà dati in locazione.
Il TFR maturato nell’esercizio: il TFR per l’azienda è un debito a formazione
progressiva che, dati il meccanismo di calcolo e l’incertezza del momento in cui avverrà
il pagamento, può considerarsi un debito da liquidare. Il calcolo della quota di TFR
maturata nell’esercizio deve essere effettuato in base alle disposizioni contenute
nell’art. 2120 del Codice Civile, le quali prevedono che essa comprenda:
o La quota annua;
o La rivalutazione dei debiti per TFR.
(L’incremento del debito per TFR sarà al netto del recupero contributivo dello 0.50%
delle retribuzioni lorde liquidate nell’esercizio).
Fatture da ricevere e da emettere: si riferiscono ad operazioni già avvenute, per le
quali, tuttavia, non si è ancora emesso o ricevuto il relativo documento in base al quale
avviene di norma la loro contabilizzazione. Casistiche:
o Nelle vendite con fatturazione differita le merci risultano già consegnate, ma la
relativa fattura sarà emessa entro la fine del successivo mese di gennaio,
naturalmente il ricavo di vendita sia di competenza dell’esercizio che si chiude.
o Nel caso di acquisti in attesa di fattura siamo di fronte a merci già consegnate
per le quali non si è ancora ricevuta fattura; poiché tali merci figureranno tra le
rimanenze o sono già state vendute si impone la contabilizzazione a fine
esercizio (in modo analogo si rileveranno i costi di competenza per consumi di
energia elettrica, acqua, gas, e altri servizi).
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Bilancio 2011
Altri debiti e crediti da liquidare: oltre alle fatture si possono avere note di accredito
da emettere nei confronti di clienti per abbuoni concessi, per resi di merci o per premi
da liquidare e note di accredito da ricevere da fornitori per le medesime cause. E ancora
in relazione alle vendite o agli acquisti per i quali siano stati pattuiti sconti di quantità
(premi) da commisurare al volume annuo delle negoziazioni, si dovranno rilevare i
premi da liquidare ai clienti a da ricevere dai fornitori:
Fondi per rischi e oneri: il principio della competenza economica impone di
considerare alcuni costi e perdite che sono di pertinenza dell’esercizio in corso perché in
esso risiede la loro causa generatrice. Tali costi e perdite sono contabilmente misurati
da valori finanziari presunti che prendono appunto il nome di fondi per rischi ed oneri. I
fondi per rischi e oneri sono valori finanziari presunti che rappresentano la previsione di
future perdite o di futuri esborsi che si ricollegano all’incerto verificarsi di eventi
sfavorevoli in corso alla fine dell’esercizio.
Si possono ricordare i seguenti:
TIPOLOGIE DI FONDI RISCHI E ONERI
Fondo imposte: serve per fronteggiare il rischio di decisioni sfavorevoli in merito a controversie già in atto con gli uffici fiscali;
Fondo responsabilità civile: fronteggia il rischio per l’azienda possa essere chiamata a risarcire i danni da essa causati a terzi e non coperti da assicurazione;
Fondo per controversie legali: pone a carico dell’esercizio gli oneri che potrebbero derivare da cause legali;
Fondo rischi su cambi: relativo alle eventuali perdite previste in relazione al complesso delle partite attive e passive in valuta estera.
Fondo rischi su crediti: si ricollega al rischio generico di inesigibilità dei crediti, da precisare che:
I crediti ritenuti sicuramente inesigibili vengono annullati, rilevando in contro partita una perdita su crediti oppure, se risalgono ad esercizi precedenti, utilizzando contabilmente il conto fondo rischi su crediti ove esista e sia sufficiente;
I crediti di dubbia esigibilità vengono totalmente o parzialmente svalutati, rilevando una variazione economica negativa nel conto svalutazione crediti e accreditando il conto fondo svalutazione crediti;
I crediti di normale inesigibilità, per i quali sussiste sempre il rischio generico, danno luogo alla costituzione o all’adeguamento del fondo rischi su crediti.
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Bilancio 2011
3. Scritture di rettifica
Con le scritture di rettifica si rinviano al futuro costi e ricavi che, essendosi già manifestati
sotto il profilo finanziario, sono già stati rilevati. Nell’ambito di queste scritture considereremo:
Le rimanenze di magazzino: nell’aspetto contabile sono complessi di costi d’esercizio che
si rinviano al futuro come rettifica indiretta e indistinta dei costi di acquisizione e di gestione
delle merci, degli imballaggi e degli altri materiali di consumo. Questa rettifica costituisce un
insieme inscindibile di componenti negativi di reddito, accorrerà una:
1. Valutazione delle rimanenze: deve essere effettuata al costo di acquisto ovvero al
valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato, se minore (il valore di
realizzazione si identifica generalmente con il prezzo di vendita al quale, in normali
condizioni operative, i beni potrebbero presumibilmente essere ceduti sul mercato,
dedotti gli oneri ancora da sostenere per il realizzo). Per costo di acquisto si intende il
costo di fattura addebitato dal fornitore e i costi accessori direttamente imputabili
all’acquisto e sostenuti per portare i beni nel luogo e nello stato in cui si trovano.
Esistono vari metodi per la valutazione delle rimanenze:
METODO SIGNIFICATO
METODO DEL
COSTO MEDIO
PONDERATO
Assumere come costo la media ponderata dei costi
di acquisto, integrati dei costi accessori
METODO FIFO
Si ipotizza che le merci vengano vendute secondo
l’ordine con cui sono state acquistate, sicché
Le rimanenze risultano idealmente costituite dalle
quantità più recenti e sono vendute al costo
effettivo degli ultimi acquisti
METODO LIFO
Si ipotizza le merci che vengono vendute per prime
siano quelle acquistate per ultime
Le rimanenze si ritengono idealmente
rappresentate dalle quantità acquistate in epoca
più remota e la valutazione è pertanto effettuata
al costo effettivo degli acquisti più lontani.
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Bilancio 2011
2. Rilevazione delle rimanenze: dando luogo al rinvio di un complesso indistinto di costi
d’esercizio che in tal modo verranno rettificati. Si avrà, pertanto, la rilevazione di un
componente positivo di reddito cui si accompagna l’inserimento di un elemento attivo
del patrimonio di funzionamento.
ESEMPIO rimanenze - ricavi
RI = 100
RF = 120
RF – RI = 20 > RICAVI variazione +
A2 VALORE DELLA PRODUZIONE
RI = 100
RF = 70
RF – RI = -30 < RICAVI variazione -
A2 VALORE DELLA PRODUZIONE
ESEMPIO rimanenze - costi
RI = 100
RF = 120
RF – RI = 20 < COSTI variazione -
B11 COSTI DELLA PRODUZIONE
RI = 100
RF = 70
RF – RI = -30 > COSTI variazione +
B11 COSTI DELLA PRODUZIONE
Rilevazioni contabili - rimanenze finali merci:
-------------31/12/2011----------------
d Merci (SP C I 4) a Merci c/RF (CE – B11)
-------------01/01/2012----------------
d Merci (SP C I 4) a Bil. Apertura
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Bilancio 2011
Al 01/01/2012, dopo le scritture di apertura si gireranno i conti patrimoniali accesi alle
rimanenze iniziali nei conti di reddito “Variazioni rimanenze di…”, i quali rappresenteranno le
esistenze iniziali del periodo d’imposta appena cominciato
-------------02/01/2012----------------
d Merci c/RI (CE - B11) a Merci (SP – C I 4)
I risconti attivi e passivi: scaturiscono dalla manifestazione e rilevazione anticipata di
determinati costi o ricavi che maturano in base al tempo e che a fine esercizio si
riconoscono parzialmente di competenza futura. Si avranno dei risconti attivi qualora
abbiano liquidazioni anticipata e coprano un periodo di tempo che si estende a due o più
esercizi, relativamente ai seguenti costi: fitti passivi, interessi passivi, oneri di sconto di
effetti commerciali, oneri di assicurazioni di ogni genere. Si avranno risconti passivi,
sempre che abbiano manifestazione anticipata e siano proporzionali al tempo, i seguenti
ricavi: fitti attivi, interessi attivi.
L’ammortamento è un procedimento tecnico - contabile con il quale si attua la ripartizione dei
costi pluriennali nel tempo in funzione del loro presunto concorso alla produzione d’impresa.
Sulla base dei programmi di utilizzazione dei beni materiali e immateriali, sarà necessario
predisporre un piano di ammortamento, ovvero occorre definire:
Valore da ammortizzare: è rappresentato dal costo di acquisizione diminuito del
presunto valore di recupero, cioè del ricavo che si prevede di conseguire, al termine del
periodo di utilizzo, cedendo il bene a terzi.
Durata dell’ammortamento: significa prevedere la durata utile del bene, cioè il
periodo di tempo per il quale esso sarà utilmente impiegato nei processi aziendali. A tal
fine sarà necessario tenere presenti molteplici fattori: l’obsolescenza, l’inadeguatezza
delle dimensioni, i mutamenti dei mercati. La durata dell’ammortamento è la durata
economica , cioè il tempo di prevista vita utile dei beni.
Criterio di ripartizione: si riferisce alla modalità in cui, una volta definiti il valore da
ammortizzare e la vita utile del bene, si perviene a stabilire l’entità delle quote da
addossare ai vari esercizi.
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Bilancio 2011
L’ammortamento ha la funzione di definire il valore residuo del bene da iscrivere nel
bilancio, valore che esprime l’ipotetico contributo che tali fattori a lento ciclo di utilizzo daranno
alle produzioni future.
Rilevazioni contabili - esempio amm.to automezzo
---------------------31/12/2011----------------
d Automezzi (CE - B10) a F.do amm.to autom.
(SP – rettifica diretta del cespite )
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Bilancio 2011
Capitolo 2
Fiscalità anticipata e differita
L'adozione di corretti principi contabili esige che nel bilancio le imposte sul reddito d'esercizio
(IRES e IRAP) siano computate e rilevate analogamente agli altri oneri sostenuti dall’azienda
nella produzione del reddito, e quindi nel rispetto del principio della competenza.
In altri termini, come affermato dal principio contabile 25 dell'OIC, “nel bilancio devono essere
recepite le imposte che, pur essendo di competenza di esercizi futuri sono esigibili con
riferimento all'esercizio in corso (imposte anticipate) e quelle che, pur essendo di competenza
dell'esercizio, si renderanno esigibili solo in esercizi futuri (imposte differite)”.
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Bilancio 2011
Il D.Lgs 6/2003 che ha recepito la legge delega 366/2001 ha riformato il diritto societario e
con esso la parte del codice civile dedicata al bilancio d’esercizio.
Tra le novità più rilevanti vi è l’inserimento, nelle norme del nostro codice civile, di una prassi
contabile già invalsa da anni, che è quella di imputare le imposte per competenza (essendo
anche essi costi come tutti gli altri) e dunque inserire, in contabilità generale, le imposte
anticipate e differite. Per la verità anche prima dell’introduzione di norme specifiche
relativamente alla fiscalità differita ed anticipata sia l’art. 2423 c.c. (rappresentazione veritiera
e corretta) che l’art. 2423-bis (principio di competenza) obbligavano l’estensore oculato di
bilancio ad inserire la fiscalità cosiddetta “latente”1 per cui si è solo ufficializzato un
comportamento invalso da tempo.
Nel presente lavoro si cercherà di verificare come si deve operare ai fini del bilancio alla luce
delle nuove norme passando in rassegna anche il principio contabile n. 25 e quello
internazionale (IAS) n. 12.
1. Le differenze permanenti e temporanee
Alla luce dell’obiettivo prefissato nella legge delega 366/2001 di disinquinare il bilancio
d’esercizio attraverso l’eliminazione del secondo comma dell’art. 2426 si è passati dal principio
definito “della dipendenza rovesciata”2 a quello “della dipendenza parziale”3. Si è arrivati, cioè,
alla determinazione di eliminare dal bilancio d’esercizio le interferenze dovute alla differente
norma tributaria rispetto a quella civilistica.
Pertanto i principi da seguire nella redazione del bilancio d’esercizio sono solo ed
esclusivamente quelli dettati dal Codice Civile e le cui norme sono contenute nella sezione del
codice relativa al bilancio d’esercizio.4
Pertanto la prassi contabile diffusa di tener conto delle normative di tipo fiscale per
strutturare le scritture contabili che poi confluiscono nel documento finale denominato
“bilancio d’esercizio” devono essere definitivamente abbandonate.
Tale comportamento tenuto dagli operatori contabili è dettato sia da una logica di
semplificazione – si segue la norma fiscale nei casi in cui differisce da quella civilistica in
contabilità generale e non si rispetta il prospetto di raccordo che è la dichiarazione dei redditi –
che da una scarsa conoscenza, a volte, delle differenti norme civilistiche e fiscali.
1 Termine sicuramente improprio che il sottoscritto autore utilizzerà in questa sede come sinonimo di imposte anticipate e differite 2 È il principio secondo cui il risultato civilistico viene inquinato dalla normativa fiscale che impone o consente delle norme tributarie al fine di ottenere un’agevolazione fiscale. 3 È il principio secondo cui il risultato civilistico costituisce la base per addivenire al reddito fiscale che verrà determinato attraverso delle variazioni in aumento o in diminuzione del reddito o della perdita civilistica dovute a norme fiscali disallineate rispetto a quelle civilistiche. 4 Le norme sono quelle che vanno dall’art. 2423 all’articolo 2435-bis.
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Bilancio 2011
Il disallineamento tra le norme civilistiche e quelle tributarie comporta una discrasia fra il
reddito derivante dal bilancio d’esercizio e l’imponibile fiscale. Vi sono norme di tipo sostanziale
che, seppur diverse tra le due normative, non inquinano il bilancio, in quanto si risolvono
esclusivamente attraverso le variazioni in aumento o in diminuzione del reddito civilistico. Vi
sono, viceversa, altre norme – per lo più di tipo sovvenzionale – che attraverso la discrasia di
cui sopra comportano una anticipazione o un differimento della tassazione rispetto al principio
di competenza economica dettato dall’art. 2423-bis c.c.
Le differenze di cui sopra possono essere “permanenti” o “temporanee” a seconda che
le stesse siano definitive oppure possano essere recuperate - se anticipate – o tassate – se
differite - in esercizi successivi5.
Costituiscono differenze “permanenti”
Quelle componenti positive o negative che sono definitivamente non imponibili o non
deducibili ai fini fiscali.
Un esempio di differenza permanente positiva è dettata dall’art. 89 del TUIR in tema di
dividendi6, mentre un esempio di differenza negativa è quella dettata – a contrario – dall’art.
101 del TUIR in tema di minusvalenze da valutazione delle partecipazioni (denominate
comunemente svalutazioni)7. Tali differenze avendo i caratteri di intassabilità perenne (per i
componenti positivi) o di irrecuperabilità perpetua (per i componenti negativi) non
comportano mai l’insorgenza di un’imposizione differita o anticipata.
5 La differenza è temporanea quando vi è il recupero dell’imposta anticipata o differita attraverso una variazione, in esercizi successivi, di segno opposto che l’annulla. 6 Per la parte pari al 95% che è esente se il dividendo è distribuito a società di capitali. 7 Si tenga presente che l’art. 101 del TUIR permette la deducibilità delle minusvalenze realizzate, per cui quelle da svalutazione sono sempre indeducibili.
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Bilancio 2011
Costituiscono, invece, differenze “temporanee”
quelle componenti positive o negative che per effetto della discrasia esistente tra le due
normative vengono assoggettate a tassazione o si rendono deducibili in un esercizio
differente rispetto a quello in cui sorge la competenza economica dettata dal codice civile.
Pertanto, quando la differenza tra il risultato civilistico (costi e ricavi sottoposti al principio
della competenza economica) e l’imponibile fiscale (costi e ricavi che seguono le norme del
TUIR) viene ad essere recuperato in un esercizio d’imposta successivo in modo da trovare un
perfetto riallineamento nel reddito dell’esercizio in cui termina la discrasia temporanea8
abbiamo l’obbligo di iscrizione delle imposte anticipate o differite.
Tali differenze hanno la caratteristica di essere generate dall’applicazione di norme
tributarie che in deroga alle disposizioni civilistiche dettano diversi criteri di
deducibilità o di tassabilità, sono destinate ad annullarsi in esercizi successivi a quello in cui
si generano e non comportano alcun effetto distorsivo.
Le differenze temporanee possono dar luogo, come visto a imposte differite (denominate
anche differenze temporanee imponibili) ed a imposte anticipate (denominate anche differenze
temporanee deducibili).
Le prime si hanno quando, in esercizi successivi, generano delle variazioni in aumento del
reddito imponibile9, mentre le seconde si hanno quando implicano, negli esercizi a venire, delle
variazioni in diminuzione del reddito imponibile10.
8 Al termine di tale esercizio la sommatoria dei redditi intercorrenti dal momento in cui è sorta la differenza temporanea a quello in cui termina diviene identico sia da un punto di vista civilistico che fiscale. 9 Un esempio è dato dalle plusvalenze da realizzo rateizzabili di cui all’art. 86, comma 4 del TUIR. 10 Un esempio è dato dalla limitazione all’accantonamento al fondo rischi su crediti dettato dall’art. 106 del TUIR.
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Bilancio 2011
2. Le novità del codice civile concernenti le imposte anticipate e differite
Sono numerose le modifiche introdotte dal D.Lgs. 6/2003 per dar conto, nell’ambito degli
schemi del bilancio (Stato patrimoniale, Conto economico e nota integrativa), degli importi
relativi alla contabilizzazione delle imposte latenti11.
Nell’ATTIVO dello Stato Patrimoniale, alla macroclasse C) Attivo circolante, II – Crediti, è
stata aggiunta la voce 4 ter) denominata “Imposte anticipate”. Tale voce è stata tenuta
separata da un’altra innovazione allo Stato patrimoniale apportata dalla riforma tributaria
che è la voce 4 bis) Crediti tributari per la differente natura delle “Imposte anticipate”.
Infatti, queste ultime non sono qualificabili tecnicamente come crediti12 riscuotibili, quanto
piuttosto come maggiori imposte13 da computare nel Conto Economico in futuro.14
Nel PASSIVO dello Stato Patrimoniale è stata integrata la dizione della voce B) Fondi per
rischi ed oneri 2) per imposte con la precisazione “anche differite”. La scelta operata dal
Legislatore appare corretta in quanto le imposte differite servono ad imputare un costo
(imposte) per competenza ma devono essere accantonate in quanto non sono debiti certi ed
immediatamente esigibili e pertanto non possono confluire nella voce del passivo D 12)
debiti tributari.
11 Tale definizione: “imposte latenti”, utilizzata dal sottoscritto autore, deve essere intesa come sinonimo delle imposte anticipate e differite che sorgono per effetto della discrasie tra le normative civilistica e fiscale. In realtà dall’emanazione del principio contabile n. 25 le imposte non sono più latenti dovendo essere riportate nel bilancio d’esercizio ma la locuzione mi è comoda per evitare di dover ripetere che si tratta di imposte anticipate e differite. 12 Qualche autore definisce tale voce un costo di tipo pluriennale che confluirà nel conto economico quando la normativa fiscale permetterà la deducibilità del costo che ha comportato la tassazione anticipata. Pertanto, e la tesi è solo parzialmente condivisibile, tale voce poteva essere più utilmente collocata nella voce B.I.7 che concerne le altre immobilizzazioni immateriali. Secondo l’opinione personale del sottoscritto tali costi sono sospesi e, dunque, sono rinviati ai futuri esercizi attraverso una scritturazione di “risconto in senso lato” assolvendo alla stessa funzione del conto “fatture da emettere”. Sono una sorta di magazzino virtuale, come i risconti attivi del resto, ma non possono essere inseriti in tale voce in quanto manca la comunanza di tale costi a due o più esercizi. 13 Seguendo il principio della competenza economica al momento del riconoscimento fiscale del costo già imputato civilisticamente vanno inserite le imposte per competenza che, precedentemente erano state sospese. 14 Per tale motivo non è stata inserita la locuzione “Crediti per ….”
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Bilancio 2011
Pertanto devono essere accantonate ad un fondo per oneri futuri che verrà ad essere utilizzato
al momento in cui la differenza temporanea inizia ad elidersi per poi definitivamente riallinearsi
con la normativa tributaria.
Nel Conto Economico viene integrata la voce 22) Imposte sul reddito dell’esercizio, con
la precisazione “correnti, differite ed anticipate”. Si tenga conto che non vi è alcuna
suddivisione tra le voci summenzionate, però a parere del sottoscritto, se si vuole ottenere una
maggiore chiarezza si potrebbe specificare:
a) correnti;
b) differite;
c) anticipate.
All’art. 2427 c.c. concernente le informazioni da dare nella Nota integrativa, è stato riscritto il
punto 14 che, nella previgente normativa, prevedeva un’informazione particolareggiata delle
rettifiche di valore e degli accantonamenti di valore operati esclusivamente in applicazione di
norme tributarie.
Come già visto la lettera a) dell’art. 6 della L. 366/01, ha eliminato le interferenze fiscali
abrogando il secondo comma dell’art. 2426 c.c., per cui la formulazione del punto 14 è stata
sostituita dalla previsione di informazioni circa le modalità di calcolo delle imposte anticipate e
differite.
In realtà bisogna predisporre un apposito prospetto contenente la descrizione delle
differenze temporanee che hanno comportato la rilevazione di imposte differite ed
anticipate, specificando l’aliquota applicata e le variazioni rispetto all’esercizio precedente, gli
importi accreditati o addebitati a Conto economico o a patrimonio netto, le eventuali voci
escluse dal computo e le motivazioni al riguardo.
Inoltre, il prospetto deve contenere l’ammontare delle imposte anticipate contabilizzato in
bilancio attinente a perdite d’esercizio o di esercizi precedenti e le motivazioni dell’iscrizione,
l’ammontare non ancora contabilizzato e le motivazioni della mancata iscrizione.
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Bilancio 2011
Tabella 1 – Imposte anticipate
Descrizione differenza temporanea
Aliquota Importo Variazione es. precedente
VOCI ESCLUSE MOTIVAZIONI
La quota parte delle attività per imposte anticipate che derivano da perdite fiscali riportabili, è pari a € _________ ed è iscritta in bilancio in quanto esiste la ragionevole certezza del recupero, tramite l’esistenza di adeguati redditi imponibili futuri.
La medesima tabella va riportata in nota integrativa per le imposte differite, con l’unica
differenza che la descrizione per ciò che concerne le perdite pregresse è valida solo delle
imposte anticipate.
3. La fiscalità anticipata e differita Il principio della competenza economica di cui all’art. 2423-bis è uno dei punti di riferimento
del redattore di bilancio e deve sempre essere perseguito per tutti i costi d’esercizio, comprese
le imposte.15
Si tenga conto che, solo nell’ipotesi in cui il risultato civilistico è identico all’imponibile
fiscale o nel caso in cui sono presenti solo differenze definitive tra le norme civilistiche e fiscali
si avranno esclusivamente imposte correnti che corrisponderanno esattamente al debito
tributario.
Nelle altre ipotesi, sicuramente più numerose, in cui il risultato ante imposte e l’imponibile
fiscale non coincidessero per la presenza di differenza temporanee, le imposte da iscrivere in
bilancio sono date da:
15 Non si dimentichi anche il corollario della correlazione dei costi ai ricavi d‘esercizio che comporta uno spostamento dei primi nel bilancio nel quale vi sono i ricavi afferenti.
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Bilancio 2011
+ Imposte correnti (calcolate sul reddito ante imposte e sulle differenze definitive)
- Imposte anticipate (calcolate sulle differenze temporanee passive)
+ Imposte differite (calcolate sulle differenze temporanee attive)
= Imposte di competenza16
Le imposte differite o anticipate sono determinate dalla differenza tra il risultato prima
delle imposte desunto dal bilancio civilistico e l’imponibile fiscale. Pertanto nell’ipotesi in cui il
reddito civilistico prima delle imposte fosse superiore al reddito imponibile17 si originerà quella
che viene denominata “fiscalità differita”.
Nell’ipotesi inversa, in cui il reddito ante imposte sia inferiore all’imponibile fiscale18
emergeranno delle imposte anticipate rispetto al principio di competenza temporale.
Alla luce di quanto sopra dovrà essere cura dell’estensore del bilancio d’esercizio, al
momento del calcolo delle imposte d’esercizio da imputare per competenza, verificare la natura
- permanente19 o temporanea20 - delle singole differenze intercorrenti tra l’utile di esercizio
ante imposte ed il reddito imponibile in modo da stanziare le stesse in maniera corretta.
Dopo aver ricordato che le imposte anticipate devono essere contabilizzate in modo
prudenziale e l’allocazione in bilancio può avvenire solo quando vi sia la ragionevole certezza di
conseguire utili futuri,21 se in un esercizio vi sono sia differenze che comportano l’iscrizione di
imposte anticipate, che differenze che comportano l’iscrizione di imposte differite, si può
operare la compensazione giuridica.
4. Documento n. 25 OIC – Le passività per imposte differite e le attività per imposte anticipate Prima di passare ai paragrafi del documento in oggetto che concernono l’argomento trattato si
vuole sottolineare come si riporta fedelmente quanto stabilito dal principio contabile nazionale.
4.1 Definizioni e caratteristiche
Le imposte sul reddito hanno la natura di oneri sostenuti dall'impresa nella produzione del
reddito, conseguentemente, per il principio della competenza, nel bilancio sono recepite le
imposte che, pur essendo di competenza di esercizi futuri sono esigibili con riferimento
16 Per un eventuale approfondimento dei temi trattati nel presente lavoro cfr. S. Giordano, Il manuale completo delle scritture contabili, ed. Maggioli, 2006 17 Per successiva tassazione dei componenti positivi – vedi il caso della rateizzazione delle plusvalenze – o per anticipazione della deducibilità dei componenti negativi – vedi il caso degli ammortamenti anticipati – rispetto al periodo in cui sono stati iscritti in bilancio secondo i criteri civilistici. 18 Ciò si verifica qualora i componenti negativi di reddito sono dedotti successivamente o i componenti positivi sono tassati in esercizi precedenti rispetto a quelli della loro iscrizione in bilancio. 19 Che darà luogo ad imposte correnti 20 che darà luogo ad imposte anticipate o differite. 21 Vedi comunicazione Consob del 30 luglio 1999 n. 99059010.
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Bilancio 2011
all'esercizio in corso (imposte anticipate) e quelle che, pur essendo di competenza
dell'esercizio, si renderanno esigibili solo in esercizi futuri (imposte differite).
La loro contabilizzazione deriva dalle differenze temporanee22 tra il valore attribuito
ad un’ attività o ad una passività secondo criteri civilistici ed il valore attribuito a
quell'attività o a quella passività ai fini fiscali.
Le differenze temporanee concorrono nel loro complesso a determinare la base di calcolo
delle imposte anticipate e differite.
Dette differenze, tenuto conto della legislazione fiscale vigente al momento della stesura di
questo documento, sono originate prevalentemente da differenze tra il risultato prima delle
imposte da bilancio civilistico e l'imponibile fiscale, che hanno origine in un esercizio e si
annullano in uno o più esercizi successivi23. Si tratta di ricavi e costi o di parte di essi che
concorrono a formare il reddito fiscale in un periodo d'imposta diverso da quello nel quale
concorrono a formare il risultato civilistico.
Le differenze temporanee si distinguono in:
▬ differenze temporanee tassabili;
▬ differenze temporanee deducibili.
Le prime hanno segno positivo in quanto danno luogo ad ammontari imponibili differenti
negli esercizi a venire, generando passività per imposte differite, ne sono esempi:
▬ i componenti positivi di reddito tassabili in esercizi successivi a quello in cui vengono
imputati al conto economico civilistico (come le plusvalenze su beni patrimoniali e
strumentali24, gli adeguamenti di valore di partecipazioni valutate con il metodo del
patrimonio netto e i dividendi rilevati per competenza);
22 Nello IAS 12 tali differenze sono chiamate "temporary differences". Precedentemente, lo IAS 12 trattava le differenze temporali tra reddito imponibile e risultato civilistico prima delle imposte ("timing differences"). In base alla legislazione fiscale vigente al momento della stesura di questo documento tutte le "timing differences" sono ricomprese nelle "temporary differences". 23 Differenze tra il valore di una attività o di una passività secondo criteri civilistici e quello a fini fiscali possono sorgere anche a seguito di operazioni di acquisizione e conferimento di aziende e di fusioni o scissioni. 24 Attualmente determinate plusvalenze concorrono a formare il reddito, per l'intero ammontare nell'esercizio in cui sono state realizzate ovvero, se i beni sono stati posseduti per un periodo non inferiore a tre anni, o a un anno per le società sportive professionistiche, a scelta del contribuente, in quote costanti nell'esercizio stesso e nei successivi, ma non oltre il quarto (art. 86, comma 4 del TUIR). Per cui se nell'esercizio X si consegue una plusvalenza di 100, non avente carattere straordinario e quindi iscritta nella voce A.5 - Altri ricavi e proventi del conto economico, e si opti per la rateizzazione della stessa ai fini fiscali, nella dichiarazione dei redditi dell'esercizio X si avrà una ripresa in diminuzione per 80, mentre nel bilancio di esercizio si dovrà effettuare un accantonamento per imposte differite per 29,8 (80 x 37,25%, pari alla somma tra 33% IRES e 4,25% IRAP), con le seguenti rilevazioni contabili: - imposte sul reddito dell'esercizio a debiti tributari 7,45 - imposte differite a fondo imposte differite 29,8 in tal modo l'ammontare delle imposte (correnti e differite) a conto economico (37,25) è pari a quello che si avrebbe avuto se non si fosse optato per la rateizzazione della plusvalenza (100x 37,25%). La medesima contabilizzazione si avrebbe in caso di plusvalenza straordinaria soggetta a tassazione ai fini IRAP, mentre in caso di plusvalenza straordinaria non soggetta a tassazione ai fini IRAP cambierebbe solo l'aliquota per il calcolo delle imposte differite (33%, anziché 37,25%).
21
Bilancio 2011
▬ i componenti negativi di reddito deducibili fiscalmente in esercizi precedenti a quello in
cui verranno imputati al conto economico civilistico.
Le seconde hanno segno negativo in quanto danno luogo ad ammontari imponibili,
nell'esercizio in cui si rilevano, generando attività per imposte anticipate, ne sono esempi:
▬ i componenti negativi di reddito deducibili ai fini fiscali in esercizi successivi a quello in
cui vengono imputati al conto economico civilistico a seguito di norme fiscali che
prevedono:
▬ limitazioni per accantonamenti a fondi del passivo e per rettifiche di valore , come: la
svalutazione dei crediti25 (art. 106, comma 1 TUIR), i rischi contrattuali su opere,
forniture e servizi di durata ultrannuale (art. 93, comma 2 del TUIR), l'ammortamento
dei beni materiali (art. 102, comma 2 del TUIR), l'ammortamento dei beni immateriali e
dell'avviamento (art. 103, commi 1 e 3), l'ammortamento finanziario dei beni
gratuitamente devolvibili (art. 104, comma 3), i rischi su cambi (art. 110), i lavori ciclici
di manutenzione e revisione di navi e aeromobili (art. 107, comma 1), i costi di
ripristino o di sostituzione dei beni gratuitamente devolvibili (art. 107, comma 2), gli
oneri derivanti da operazioni a premio e concorsi a premio (art. 107, comma 3) e gli
altri accantonamenti non previsti da norme tributarie26 (art. 107, comma 4);
▬ una deducibilità parzialmente differita, come ad esempio nel caso delle spese di
manutenzione imputate a conto economico, eccedenti il 5% del costo dei beni materiali
ammortizzabili (art. 102, comma 6) e delle spese di rappresentanza (art. 108, comma
2), o facoltativamente differita , come gli adeguamenti, per sopravvenute modificazioni
normative e retributive, del fondo di indennità di fine rapporto e dei fondi di previdenza
del personale dipendente (art. 105, comma 2), le spese relative a studi e ricerche (art.
108, comma 1 del Tuir) e le spese di pubblicità e propaganda (art. 108, comma 2); o
▬ una rilevazione per cassa , come le imposte deducibili (art. 99, comma 1) e i contributi
ad associazioni sindacali e di categoria (art. 99, comma 3);
In ciascuno dei quattro esercizi successivi, nella dichiarazione dei redditi verrà effettuata una ripresa in aumento per 20, con conseguente utilizzo nel bilancio d'esercizio del fondo imposte differite per 7,45, fondo imposte differite a debiti tributari 7,45, per cui l'ammontare delle imposte a conto economico (su tale rigiro di differenza temporanea) sarà pari a zero. 25 Si ipotizzi che nell'esercizio X vengano svalutati dei crediti per 100 e che fiscalmente la svalutazione non sia deducibile, in quanto eccedente i limiti previsti dall'art. 106, comma 1 del Tuir e non sussistendo gli elementi certi e precisi richiesti dal medesimo T.U.. Nella dichiarazione dei redditi relativa a tale esercizio la svalutazione sarà ripresa in aumento nella determinazione dell'imponibile, tuttavia, in previsione della deducibilità della perdita nei futuri esercizi, saranno stanziate le imposte anticipate (nella misura del 33%, in quanto le perdite su crediti non sono deducibili ai fini IRAP), per cui le registrazioni contabili saranno le seguenti: - svalutazione dei crediti a crediti 100 - imposte sul reddito a debiti tributari 33 - attività per imposte anticipate a imposte anticipate 33 quindi il carico di imposte a conto economico sarà pari a zero. Nell'esercizio in cui si manifesteranno le condizioni che ne permettono la deducibilità fiscale, l'ammontare delle perdite su crediti, già iscritte a bilancio nell'esercizio X, sarà portato in diminuzione nella relativa dichiarazione dei redditi; per allineare il carico fiscale al risultato prima delle imposte si dovranno poi utilizzare le imposte anticipate presenti in bilancio, effettuando la seguente registrazione: - imposte anticipate a attività per imposte anticipate 33. 26 E' il caso di tutti gli accantonamenti a fondi rischi ed oneri la cui deducibilità fiscale non è immediata.
22
Bilancio 2011
▬ i componenti positivi di reddito tassabili in esercizi precedenti a quelli in cui vengono
imputati al conto economico civilistico.
Le attività per imposte anticipate derivano, oltre che dalle differenze temporanee deducibili
(determinanti un minor carico fiscale futuro), anche dal riporto a nuovo di perdite fiscali27.
Le attività per imposte anticipate e le passività per imposte differite non devono essere
contabilizzate qualora relative a differenze tra imponibile fiscale e risultato del bilancio
d'esercizio prima delle imposte, che non si riverseranno in esercizi successivi28.
Inoltre, le attività per imposte anticipate non sono contabilizzate qualora non vi sia
la ragionevole certezza del loro futuro recupero.
Le passività per imposte differite passive non sono contabilizzate qualora esistano scarse
probabilità che tale debito insorga; potrebbe essere il caso delle riserve e dei fondi in
sospensione d'imposta per i quali sussistono fondati motivi per ritenere che non saranno
utilizzati con modalità tali da far venir meno il presupposto di non tassabilità.
A tale proposito occorre però precisare che non si ritiene corretto non stanziare le imposte
differite relative ad ammortamenti anticipati sulla base della motivazione che, continuando ad
effettuare nuovi investimenti in immobilizzazioni, negli esercizi futuri si genereranno sempre
ammortamenti anticipati in modo tale che le relative differenze temporanee non si
riverseranno mai.
4.2 Rilevazione
Sono rilevati nello stato patrimoniale e nel conto economico gli effetti derivanti dalle
differenze temporanee determinatesi come sopra descritto.
Le imposte differite sono calcolate sull'ammontare cumulativo di tutte29 le differenze
temporanee tra il valore di un’ attività o di una passività, incluse le voci del patrimonio netto30,
27 Vedasi il successivo paragrafo 4.2. 28 Tali differenze, denominate differenze "permanenti" nella precedente versione dello IAS 12, si originano in presenza di costi parzialmente o
totalmente indeducibili a fini fiscali (quali: i costi non inerenti (art. 109, comma 5 del TUIR), le liberalità non deducibili (art. 100, comma 4), le liberalità deducibili per la parte eccedente il limite di deducibilità previsto (art. 100, commi 1 e 2), gli interessi passivi indeducibili (artt. 96, 97 e 98) e la parte non deducibile delle spese di rappresentanza (art. 108, comma 2), o da componenti positivi di reddito fiscalmente esenti, in tutto o in parte, (quali: i componenti positivi esenti (art. 91, comma 1, lettera a) e i componenti positivi soggetti a ritenuta alla fonte (art. 91, comma 1, lettera b) o dall'inclusione nell'imponibile fiscale di componenti negativi di reddito non considerati come costi nel bilancio d'esercizio (quali: le partecipazioni agli utili per opere e servizi spettanti ai promotori, soci fondatori, lavoratori dipendenti e agli associati in partecipazione, che sono deducibili anche se non iscritti a conto economico (art. 95, commi 5 e 6). 29 Tale metodo è noto come "allocazione globale"; precedentemente lo IAS 12 consentiva anche il metodo della "allocazione parziale", ora non più consentito, che prevedeva la possibilità di non calcolare le imposte differite sulle differenze temporanee se esisteva la ragionevole certezza che le stesse non si sarebbero riversate entro un certo periodo (almeno tre anni). 30 Le voci del patrimonio netto per le quali possono sorgere differenze temporanee sono rappresentate dalle riserve in sospensione d'imposta.
23
Bilancio 2011
secondo criteri civilistici e il valore riconosciuto a quell'attività o a quella passività a fini fiscali,
applicando l'aliquota in vigore al momento in cui le differenze temporanee si riverseranno.
L'onere fiscale dell'esercizio è rappresentato quindi da:
- gli accantonamenti per le imposte liquidate e da liquidare per l'esercizio;
- l'ammontare delle imposte che si ritiene risulteranno dovute o che si ritiene siano state
pagate anticipatamente in relazione a differenze temporanee sorte o annullate
nell'esercizio in corso;
- le rettifiche nello stato patrimoniale ai saldi di imposte differite per tener conto sia delle
variazioni delle aliquote che dell'istituzione di nuove imposte.
Non è consentito utilizzare altri metodi di contabilizzazione.
4.2.1. Calcolo della tassazione differita
Le imposte differite e le imposte anticipate sono conteggiate ogni anno sulla base delle
aliquote in vigore al momento in cui le differenze temporanee si riverseranno, apportando
adeguati aggiustamenti in caso di variazione di aliquota rispetto agli esercizi precedenti,
purché la norma di legge che varia l'aliquota sia già stata emanata alla data di redazione del
bilancio.
Qualora siano previste differenti aliquote fiscali da applicarsi a differenti livelli di reddito, le
imposte differite e anticipate sono calcolate utilizzando le aliquote medie attese nei periodi in
cui le differenze temporanee si riverseranno. Nel caso in cui risultasse particolarmente
difficoltoso determinare l'aliquota media per gli esercizi futuri, è accettabile utilizzare l'aliquota
effettiva dell'ultimo esercizio.
Le attività derivanti da imposte anticipate non possono essere rilevate, in rispetto al principio della prudenza, se non vi è la ragionevole certezza31 dell'esistenza negli esercizi in cui si riverseranno le differenze temporanee deducibili, che hanno portato all'iscrizione delle imposte anticipate, di un reddito imponibile non inferiore all'ammontare delle differenze che si andranno ad annullare. In presenza di tali condizioni, la rilevazione è obbligatoria.
31 La ragionevole certezza è comprovata da elementi oggettivi di supporto, quali piani previsionali pluriennali attendibili.
Ai fini IRAP le differenze temporanee su cui calcolare le imposte differite sono diverse da
quelle IRES, a causa della specificità delle norme IRAP in materia di imponibilità e di
deducibilità; conseguentemente occorre effettuare calcoli separati delle imposte differite ai
fini IRES e ai fini IRAP.
24
Bilancio 2011
RAGIONEVOLE
CERTEZZA DI UN REDDITO
IMPONIBILE
ESERCIZI SUCCESSIVI
RILEVAZIONE
SI OBBLIGATORIA
NO NON CONSENTITA
L'ammontare delle imposte anticipate iscritto in bilancio è rivisto ogni anno in quanto
occorre verificare se continua a sussistere la ragionevole certezza di conseguire in futuro
redditi imponibili fiscali e quindi la possibilità di recuperare l'intero importo delle imposte
anticipate.
Non è ammessa, in alcun caso, l'attualizzazione delle attività per imposte anticipate e delle
passività per imposte differite32.
L'iscrizione nello stato patrimoniale dell'attività per imposte anticipate è effettuata solo se
esistono i presupposti per il suo riconoscimento, conseguentemente un'imposta anticipata non
contabilizzata in passato in quanto non sussistevano i requisiti per il suo riconoscimento, viene
iscritta nell'esercizio in cui tali requisiti emergono.
4.2.2 Perdite fiscali
La perdita fiscale per un periodo d'imposta può essere normalmente portata a diminuzione
del reddito imponibile di esercizi futuri33. Il beneficio fiscale potenziale connesso a perdite
riportabili non ha natura di credito verso l'erario, quanto piuttosto di beneficio futuro di incerta
realizzazione, dato che per utilizzare tale beneficio è necessaria l'esistenza di futuri redditi
imponibili, entro il periodo in cui le perdite sono riportabili.
Conseguentemente il beneficio fiscale potenziale connesso a perdite riportabili non è
iscritto a bilancio fino all'esercizio di realizzazione dello stesso, salvo che sussistano
contemporaneamente le seguenti condizioni:
32 A riguardo lo IAS 12 al paragrafo 54 afferma: "La determinazione attendibile del valore attualizzato delle attività e delle passività fiscali differite richiede una dettagliata programmazione dei tempi di annullamento di ogni differenza temporanea. Molto spesso tale programmazione è impraticabile o molto complessa. Di conseguenza, non è appropriato richiedere che le attività e passività fiscali differite siano attualizzate. Consentire, ma non richiedere, l'attualizzazione comporterebbe attività e passività fiscali differite non confrontabili tra imprese diverse. Perciò, il presente Principio non richiede né consente l'attualizzazione delle attività e delle passività fiscali differite". 33 Per la vigente legislazione ciò è possibile solo ai fini IRES e entro il quinto periodo d'imposta successivo a quello in cui la perdita si è verificata, salvo le perdite realizzate nei primi tre periodi d'imposta per le quali non sussiste alcun limite di tempo.
25
Bilancio 2011
- esiste una ragionevole certezza di ottenere in futuro imponibili fiscali che
potranno assorbire le perdite riportabili, entro il periodo nel quale le stesse sono
deducibili secondo la normativa tributaria;
- le perdite in oggetto derivano da circostanze ben identificate, ed è
ragionevolmente certo che tali circostanze non si ripeteranno.
Se sussistono tali condizioni, il risparmio fiscale connesso a perdite riportabili sarà quindi
iscritto nello stato patrimoniale tra le attività per imposte anticipate (Voce C.II. 4 ter),
avendo come contropartita a conto economico un accredito della voce 22 Imposte sul
reddito dell'esercizio, correnti, differite e anticipate.
Un'imposta anticipata derivante da perdite riportabili ai fini fiscali, non contabilizzata in
passato, in quanto non sussistevano i requisiti per il suo riconoscimento, è iscritta nell'esercizio
in cui tali requisiti emergono.
Qualora nel passivo di stato patrimoniale siano presenti imposte differite, relative a
differenze temporanee tassabili in esercizi successivi, che si riverseranno nel periodo in cui le
perdite riportabili saranno utilizzabili ai fini fiscali, il beneficio futuro connesso a tali perdite
sarà portato a deduzione dalla passività per imposte differite fino a concorrenza di tali
differenze temporanee. Il confronto è fatto tra perdita fiscale e differenze tassabili in futuro.
4.3 Esposizione in bilancio
Le imposte differite sono indicate nel conto economico in un'apposita sottovoce della voce
22 - Imposte sul reddito dell'esercizio, correnti, differite e anticipate34, in quanto dette
imposte, come quelle correnti sono considerate, costi dell'esercizio. Le imposte anticipate sono
iscritte nella stessa voce con segno negativo in quanto concorrono con tale segno ad
identificare l'importo delle imposte sul reddito iscritto alla voce 22.
34 Il Principio contabile 1 - Serie Interpretazioni, "Classificazione nel conto economico dei costi e ricavi secondo corretti principi contabili", afferma che la voce 22 del conto economico deve essere suddivisa in due sottovoci: 22a - Imposte correnti e 22b - Imposte differite . 35 Si veda il Principio contabile 1 - Serie Interpretazioni, "Classificazione nel conto economico dei costi e ricavi secondo corretti principi contabili", nota n. 7, pag. 29.
Qualora il fondo imposte differite accantonato in esercizi precedenti si riveli esuberante,
l'eccedenza è imputata a rettifica dell'importo della voce 22b Imposte differite35, salvo il caso
in cui il fondo imposte differite sia stato costituito direttamente da patrimonio netto.
26
Bilancio 2011
Le attività per imposte anticipate e le passività per imposte differite sono compensate se la
compensazione è consentita giuridicamente. Qualora dalla compensazione emerga un credito
occorre valutare la recuperabilità dello stesso, come previsto nel precedente paragrafo.
E' necessario inoltre distinguere tra debiti e crediti per imposte correnti e le
passività e le attività per imposte differite.
Non è consentito portare le attività per imposte anticipate e le passività per imposte
differite a riduzione del valore degli elementi dell'attivo e del passivo cui sono correlate36, in
quanto in contrasto con la clausola generale della chiarezza e con la norma che vieta i
compensi di partite.
Ad esempio, qualora sia necessario stanziare un fondo per oneri relativamente a costi di
competenza dell'esercizio, ma che avranno deducibilità fiscale in esercizi futuri, non è
consentito accantonare il fondo al netto dell'effetto fiscale positivo che si avrà nell'esercizio in
cui si manifesteranno i costi. Lo stanziamento è invece effettuato per l'intero ammontare dei
costi di competenza, rilevando le imposte anticipate correlate, se sussistono i presupposti per il
loro riconoscimento.
Le passività per imposte differite sono indicate nello stato patrimoniale alla voce B 2 Fondi per
rischi ed oneri per imposte anche differite.
Le attività per imposte anticipate sono indicate in un'apposita voce tra i crediti dell'attivo
circolante C.II.4.ter Imposte anticipate, pur non trattandosi di un credito vero e proprio, non
sussistendo infatti il diritto ad esigere un dato ammontare dall'Erario.
36 Con questo documento si puntualizza che la prassi adottata in passato non è più consentita.
27
Bilancio 2011
4.3.1 Imposte differite imputate direttamente a patrimonio netto
Le imposte differite relative a operazioni che hanno interessato direttamente il patrimonio
netto, senza transitare da conto economico, sono contabilizzate nel fondo imposte differite
tramite riduzione della posta di patrimonio netto creatasi a seguito dell'operazione stessa. Tali
fattispecie a titolo esemplificativo sono costituite da:
- rivalutazione di beni iscritti nell'attivo di stato patrimoniale a seguito di specifiche leggi37;
- riserve e fondi in sospensione di imposta;
- conferimenti di aziende in regime di sospensione di imposta.
5. Documento n. 12 IASB – Rilevazione delle passività e delle attività fiscali differite
Anche in questo caso si vuole fare una premessa prima di lasciare al lettore le disposizioni
contenute nel principio IAS sulle imposte. Tale principio su cui si fonda il documento nazionale
n. 25 è di ostica comprensione perché è tradotto in italiano dalla lingua madre in cui è stato
scritto e, in secondo ordine perché valevole per una serie di legislazioni nazionali differenti. La
creazione di un paragrafo apposito vuole solo dare una panoramica completa di tutte le norme,
nazionali ed internazionali, sull’argomento.
Differenze temporanee imponibili
15. Per tutte le differenze temporanee imponibili deve essere
rilevata una passività fiscale differita, a meno che la passività
fiscale differita derivi:
(a) da avviamento il cui ammortamento non sia fiscalmente
deducibile;
(b) dalla rilevazione iniziale di un'attività o di una passività in
un'operazione che:
(i) non sia un'aggregazione di imprese; e
(ii) al momento dell'operazione, non influisca né sull'utile
contabile né sul reddito imponibile (perdita fiscale).
37 Normalmente le leggi che obbligano o consentono di effettuare rivalutazioni monetarie (L. 576/75; L. 72/83; L. 408/90; L. 413/91; L. 342/2000) prevedono che in contropartita alla rivalutazione dei beni venga iscritta una riserva nel patrimonio netto non soggetta a tassazione, se non in caso di liquidazione della società o di distribuzione della riserva stessa; conseguentemente le imposte differite sono contabilizzate nel momento in cui si prevede che una delle due fattispecie si realizzi.
28
Bilancio 2011
Tuttavia, per le differenze temporanee imponibili derivanti da
investimenti finanziari in società controllate, filiali e società
collegate, e da partecipazioni in joint venture, deve essere rilevata
una passività fiscale differita secondo quanto previsto dal
paragrafo 39.
16. E' implicito nella rilevazione di un'attività che il suo
valore contabile sarà recuperato sotto forma di benefici
economici che l'impresa otterrà negli esercizi successivi.
Quando il valore contabile dell'attività eccede il relativo valore a
fini fiscali, l'importo dei proventi imponibili eccederà l'importo che
sarà consentito dedurre fiscalmente.
Questa differenza è una differenza temporanea imponibile e
l'obbligo di pagare negli esercizi successivi le imposte sul
reddito risultanti è una passività fiscale differita.
Nel momento in cui l'impresa recupera il valore contabile
dell'attività, la differenza temporanea imponibile si annulla e
l'impresa realizza un provento imponibile. Questo rende probabile
che i benefici economici defluiscano dall'impresa sotto forma di
pagamenti fiscali. Perciò, il presente Principio richiede la
rilevazione di tutte le passività fiscali differite, a eccezione di
alcuni casi descritti nei paragrafi 15 e 39.
Esempio
Un'attività che costa 150 ha un valore contabile di 100.
L'ammortamento cumulato a fini fiscali è 90 e l'aliquota d'imposta
è il 25 %.
Il valore ai fini fiscali dell'attività è 60 (costo di 150 meno
l'ammortamento fiscale di 90). Per recuperare il valore contabile
di 100, l'impresa deve realizzare ricavi imponibili di 100, ma potrà
dedurre solo ammortamenti fiscali per 60. Di conseguenza,
l'impresa pagherà imposte sul reddito di 10 (25 % di 40) quando
recupererà il valore contabile del bene. La differenza tra il valore
contabile di 100 e il valore ai fini fiscali di 60 rappresenta una
differenza temporanea imponibile di 40. L'impresa, quindi, rileva
una passività fiscale differita di 10 (25 % di 40) che rappresenta
29
Bilancio 2011
le imposte sul reddito che essa pagherà quando recupererà il
valore contabile del bene.
17. Alcune differenze temporanee si manifestano quando
proventi od oneri vengono inclusi nell'utile contabile in un
esercizio ma determinano il reddito imponibile di un
esercizio differente.
Queste differenze temporanee sono spesso segnalate come
differenze temporali. Quelli che seguono sono esempi di
differenze temporanee di questo tipo che sono differenze
temporanee imponibili e che perciò danno luogo a passività fiscali
differite:
(a) i proventi per interessi sono inclusi nell'utile contabile in
proporzione al tempo trascorso ma, in alcuni ordinamenti,
possono concorrere a determinare il reddito imponibile al
momento dell'incasso. Il valore ai fini fiscali di qualsiasi credito
rilevato nello stato patrimoniale con riferimento a tali proventi è
zero perché i ricavi non influiscono sul reddito imponibile fino al
momento dell'incasso;
(b) l'ammortamento utilizzato nella determinazione del reddito
imponibile (perdita fiscale) può differire da quello utilizzato per
determinare l'utile contabile. La differenza temporanea è
rappresentata dalla differenza tra il valore contabile del bene e il
suo valore ai fini fiscali che è il costo originario del bene meno
tutte le deduzioni relative a quel bene consentite dalle autorità
fiscali nella determinazione del reddito imponibile dell'esercizio in
corso e di quelli precedenti. Si manifesta una differenza
temporanea imponibile, e si traduce in una passività fiscale differita,
quando l'ammortamento fiscale è accelerato (se l'ammortamento
fiscale è meno rapido dell'ammortamento contabile si crea una
differenza temporanea deducibile che si traduce in un'attività fiscale
differita); e
(c) i costi di sviluppo possono essere capitalizzati e ammortizzati
negli esercizi futuri nella determinazione dell'utile contabile, ma
dedotti nel calcolo del reddito imponibile nell'esercizio in cui essi
sono sostenuti. Tali costi di sviluppo hanno un valore ai fini fiscali
30
Bilancio 2011
pari a zero dato che essi sono già stati dedotti dal reddito
imponibile. La differenza temporanea è la differenza tra il valore
contabile dei costi di sviluppo e il loro valore ai fini fiscali pari a
zero.
18. Si manifestano differenze temporanee anche quando:
(a) il costo di un’ aggregazione di imprese che costituisce un’
acquisizione è allocato alle attività e passività identificabili,
acquisite con riferimento ai loro fair value (valore equo) ma a fini
fiscali non viene fatta alcuna rettifica equivalente (vedere
paragrafo 19);
(b) le attività sono rivalutate ed ai fini fiscali non viene fatta
alcuna rettifica equivalente (vedere paragrafo 20);
(c) l'avviamento, sia positivo sia negativo, emerge al momento
del consolidamento (vedere paragrafi 21 e 32);
(d) il valore ai fini fiscali di un'attività o di una passività in sede di
rilevazione iniziale differisce dal suo valore contabile iniziale, per
esempio quando l'impresa beneficia di contributi pubblici non
imponibili relativi alle attività (vedere paragrafi 22 e 33); o
(e) il valore contabile di investimenti finanziari in società
controllate, filiali e società collegate, o di partecipazioni in joint
venture, si differenzia dal valore ai fini fiscali dell'investimento o
della partecipazione (vedere paragrafi 38-45).
Aggregazioni di imprese
19. In una aggregazione di imprese che costituisce una
acquisizione, il costo dell'acquisizione è attribuito alle attività e
passività identificabili acquisite in base ai loro rispettivi fair value
(valore equo) al momento dell'operazione di scambio. Si
manifestano differenze temporanee quando i valori ai fini fiscali
delle attività e delle passività identificabili acquisite non sono
influenzati dall'aggregazione di imprese o sono influenzati in
modo diverso. Per esempio, quando il valore contabile di
un'attività è aumentato fino al suo fair value (valore equo) ma il
valore ai fini fiscali dell'attività resta uguale al costo sostenuto dal
proprietario precedente, si manifesta una differenza temporanea
31
Bilancio 2011
imponibile che si traduce in una passività fiscale differita. La
passività fiscale differita che ne deriva influisce sull'avviamento
(vedere paragrafo 66).
Attività iscritte al fair value (valore equo)
20. I Principi Contabili Internazionali consentono che certe attività
siano iscritte al fair value (valore equo) o che siano rivalutate
(vedere, per esempio, IAS 16, Immobili, impianti e macchinari,
IAS 38, Attività immateriali, IAS 39, Strumenti Finanziari.
Rilevazione e Valutazione, e IAS 40, Investimenti immobiliari). In
alcuni ordinamenti, le rivalutazioni o altre rideterminazioni del
valore di un'attività al fair value (valore equo) influiscono sul
reddito imponibile (perdita fiscale) dell'esercizio corrente. Di
conseguenza, il valore ai fini fiscali dell'attività è rettificato e non
emerge alcuna differenza temporanea. In altri ordinamenti, la
rivalutazione o la rideterminazione del valore di un'attività non
influisce sul reddito imponibile dell'esercizio della rivalutazione o
della rideterminazione del valore e, di conseguenza, il valore ai fini
fiscali dell'attività non è rettificato. Nonostante ciò, il recupero
futuro del valore contabile si tradurrà in un afflusso di benefici
economici imponibile per l'impresa e l'importo che sarà fiscalmente
deducibile differirà dall'importo di tali benefici economici. La
differenza tra il valore contabile di un'attività rivalutata e il suo
valore ai fini fiscali è una differenza temporanea e comporta una
passività o un'attività fiscale differita. Questo è vero anche nel
caso in cui:
(a) l'impresa non intende cedere l'attività. In tali casi, il valore
contabile rivalutato dell'attività sarà realizzato attraverso l'utilizzo
e questo produrrà proventi imponibili che eccedono
l'ammortamento consentito a fini fiscali negli esercizi successivi;
(b) le imposte sulle plusvalenze sono differite se i corrispettivi
della cessione dell'attività sono investiti in attività analoghe.
Avviamento
21. L’avviamento derivante da una aggregazione aziendale è
valutato come l’eccedenza di (a) rispetto a (b):
32
Bilancio 2011
a) la sommatoria di:
i) il corrispettivo trasferito valutato in conformità all’IFRS 3, che
in genere richiede il fair value (valore equo) alla data di
acquisizione;
ii) l’importo delle partecipazioni di minoranza nell’acquisita
rilevato in conformità all’IFRS 3; e
iii) in un’aggregazione aziendale realizzata in più fasi, il fair value
(valore equo) alla data di acquisizione delle interessenze
nell’acquisita precedentemente possedute dall’acquirente.
b) il valore netto degli importi, alla data di acquisizione, delle attività
acquisite e delle passività assunte identificabili valutate in conformità
all’IFRS 3.
Nella determinazione del reddito imponibile, molti ordinamenti
non consentono di dedurre dal reddito imponibile le riduzioni del
valore contabile dell'avviamento. Inoltre, in tali ordinamenti, il
costo dell'avviamento spesso non è deducibile quando una
controllata cede la propria attività aziendale. In tali ordinamenti, il
valore riconosciuto fiscalmente dell'avviamento è pari a zero.
Qualsiasi differenza tra il valore contabile dell'avviamento e il
valore riconosciuto fiscalmente pari a zero, rappresenta una
differenza temporanea imponibile. Tuttavia, il presente Principio
non consente la rilevazione della conseguente passività fiscale
differita, in quanto l'avviamento è valutato come valore residuo e
la rilevazione della passività fiscale differita ne incrementerebbe il
valore contabile.
21A Le successive riduzioni della passività fiscale differita,
non rilevata in quanto derivante dalla rilevazione iniziale
dell’avviamento, sono anch’esse considerate come derivanti dalla
rilevazione iniziale dell’avviamento e pertanto non vengono
rilevate, in base alle disposizioni del paragrafo 15(a).
Per esempio, se l’avviamento CU100 rilevato a seguito di una
aggregazione aziendale ha un valore riconosciuto fiscalmente pari
a zero, il paragrafo 15(a) dispone che l’entità non può rilevare la
conseguente passività fiscale differita. Se l’entità rileva
successivamente, per tale avviamento, una perdita per riduzione
di valore pari a CU20, l’importo della differenza temporanea
33
Bilancio 2011
imponibile relativa all’avviamento si riduce da CU100 a CU80, con
conseguente decremento nel valore della passività fiscale differita
non rilevata. Il decremento nel valore della passività fiscale
differita non rilevata è anche esso riferito alla rilevazione iniziale
dell’avviamento, e pertanto il paragrafo 15(a) ne vieta la
rilevazione. [6]
21B Le passività fiscali differite derivanti da differenze
temporanee imponibili connesse all’avviamento sono,
tuttavia, rilevate nella misura in cui non derivino dalla
rilevazione iniziale dell’avviamento.
Ad esempio, se a seguito di una aggregazione aziendale un’entità
rileva un avviamento di CU100 che è deducibile fiscalmente a un
tasso annuo del 20% a partire dall’anno dell’acquisizione, il valore
riconosciuto fiscalmente dell’avviamento è pari a CU100 all’atto
della rilevazione iniziale e a CU80 alla fine dell’anno di
acquisizione. Se il valore contabile dell’avviamento alla fine
dell’anno di acquisizione rimane invariato a CU100, ne consegue
una differenza temporanea imponibile pari a CU20 alla fine
dell’anno. Poiché tale differenza temporanea imponibile non è
connessa alla rilevazione iniziale dell'avviamento, la conseguente
passività fiscale differita è rilevata
Rilevazione iniziale di un'attività o di una passività
22. Al momento della rilevazione iniziale di un'attività o di una
passività può emergere una differenza temporanea, per esempio
nel caso in cui parte o tutto il costo di un'attività non sarà
fiscalmente deducibile. Il criterio di contabilizzazione di tali
differenze temporanee dipende dalla natura dell'operazione che ha
condotto alla rilevazione iniziale dell'attività o della passività:
a) in una aggregazione aziendale, un’entità rileva qualsiasi
passività o attività fiscale differita e ciò incide sul valore
dell’avviamento o dell’utile derivante da un acquisto a prezzi
favorevoli che la stessa rileva (si veda paragrafo 19);
b) se l'operazione influenza l'utile contabile o il reddito imponibile,
l'entità rileva qualsiasi passività o attività fiscale differita e rileva
34
Bilancio 2011
nell'utile (perdita) d’esercizio l'onere fiscale o il provento fiscale
differito che ne derivano (cfr. paragrafo 59);
c) se l'operazione non è una aggregazione aziendale, e non
influenza né l'utile contabile né il reddito imponibile, l'entità, in
assenza delle esenzioni previste dai paragrafi 15 e 24, rileverebbe
la passività o l'attività fiscale differita e rettificherebbe del
medesimo importo il valore contabile dell'attività o della passività.
Tali rettifiche renderebbero meno trasparente il bilancio. Il
presente Principio, quindi, non consente all'entità di rilevare la
passività o l'attività fiscale differita, né in sede di rilevazione
iniziale né successivamente (cfr. il prossimo esempio). Inoltre,
l'entità, man mano che il bene è ammortizzato, non contabilizza le
successive variazioni di valore della passività o attività fiscale
differita non rilevata.
Esempio illustrativo del paragrafo 22, lettera c)
L'entità intende utilizzare un bene che costa 1.000 per tutta la sua
vita utile, che è di cinque anni, per poi cederlo a un valore residuo
di zero. L'aliquota fiscale è del 40%. L'ammortamento del bene
non è fiscalmente deducibile. Alla sua dismissione, l'eventuale
plusvalenza non sarà imponibile e qualsiasi minusvalenza non sarà
deducibile.
Man mano che l'entità recupererà il valore contabile del bene essa
realizzerà un reddito imponibile di 1.000 e pagherà imposte per
400. L'entità non rileva la passività fiscale differita risultante di
400 perché essa deriva dalla rilevazione iniziale del bene.
Nell'anno seguente, il valore contabile dell'attività è 800.
Realizzando un reddito imponibile di 800, l'entità pagherà imposte
per 320. L'entità non rileva la passività fiscale differita di 320
perché essa deriva dalla rilevazione iniziale del bene.
35
Bilancio 2011
23. Secondo quanto previsto dallo IAS 32, Strumenti Finanziari:
Esposizione nel Bilancio e Informazioni integrative, l'emittente di
uno strumento finanziario composto (per esempio, un titolo a
reddito fisso convertibile) classifica la componente di debito dello
strumento come una passività e la componente patrimoniale
come patrimonio netto. In alcuni ordinamenti, al momento della
rilevazione iniziale il valore ai fini fiscali della componente di
debito è pari al valore contabile iniziale della somma delle due
componenti. La risultante differenza temporanea imponibile
emerge dalla distinta rilevazione iniziale della componente
patrimoniale e di quelle di debito. Perciò, l'eccezione di cui al
paragrafo 15 (b) non è applicabile. Di conseguenza, l'impresa
deve rilevare la risultante passività fiscale differita. Secondo
quanto previsto dal paragrafo 61, l'imposta differita è addebitata
direttamente al valore contabile della componente patrimoniale.
Secondo quanto previsto dal paragrafo 58, le successive
variazioni della passività fiscale differita devono essere rilevate
nel conto economico come onere (provento) fiscale differito.
Differenze temporanee deducibili
24. Per tutte le differenze temporanee deducibili deve
essere rilevata un'attività fiscale differita se sarà probabile
che sarà realizzato un reddito imponibile a fronte del quale
potrà essere utilizzata la differenza temporanea deducibile, a
meno che l'attività fiscale differita derivi da:
a) non rappresenta una aggregazione aziendale;
b) al momento dell'operazione non influenza né l'utile contabile
né il reddito imponibile (perdita fiscale).
Tuttavia, per differenze temporanee deducibili relative a
investimenti finanziari in società controllate, filiali e società
collegate, ed a partecipazioni in joint venture, deve essere
rilevata un'attività fiscale differita secondo quanto previsto dal
paragrafo 44.
25. E' implicito nella rilevazione di una passività che il valore
contabile sarà estinto negli esercizi futuri attraverso un
36
Bilancio 2011
deflusso dall'impresa di risorse economiche. Quando le
risorse escono dall'impresa, parte o tutto il loro ammontare può
essere deducibile nella determinazione del reddito imponibile di
un esercizio successivo a quello nel quale è stata rilevata la
passività. In tali casi, esiste una differenza temporanea tra il
valore contabile della passività e il suo valore ai fini fiscali. Di
conseguenza, emerge un'attività fiscale differita riguardo alle
imposte sul reddito che saranno recuperabili negli esercizi
successivi quando, nella determinazione del reddito imponibile,
sarà consentito dedurre quella parte della passività.
Analogamente, se il valore contabile di un'attività è inferiore al
suo valore ai fini fiscali, la differenza darà luogo a un'attività
fiscale differita con riferimento alle imposte sul reddito che
saranno recuperabili negli esercizi successivi.
Esempio
L'impresa rileva una passività di 100 per costi di garanzia
accantonati. I costi di garanzia del prodotto non saranno
fiscalmente deducibili fino a che l'impresa non sosterrà il costo.
L'aliquota fiscale è del 25 %.
Il valore ai fini fiscali della passività è pari a zero (il valore
contabile di 100, meno l'importo che sarà fiscalmente deducibile
riguardo a quella passività negli esercizi successivi). Estinguendo
la passività per il suo valore contabile, l'impresa ridurrà il suo
reddito imponibile futuro di un importo di 100 e, di conseguenza,
ridurrà i suoi pagamenti fiscali futuri di 25 (25 % di 100). La
differenza tra il valore contabile di 100 e il valore ai fini fiscali pari
a zero rappresenta una differenza temporanea deducibile di 100.
Perciò, l'impresa rileva un'attività fiscale differita di 25 (25 % di
100), a condizione che sia probabile che essa realizzi negli esercizi
futuri un reddito imponibile sufficiente per beneficiare di una
riduzione dei pagamenti di imposta.
26. Quelli che seguono sono esempi di differenze temporanee
deducibili che si traducono in attività fiscali differite:
(a) nella determinazione dell'utile contabile si possono dedurre i
costi connessi alle prestazioni previdenziali
37
Bilancio 2011
in concomitanza con i servizi prestati dal dipendente, ma nella
determinazione del reddito imponibile essi possono essere dedotti
quando le contribuzioni sono pagate dall'impresa al fondo o
quando i benefici previdenziali sono pagati dall'impresa. Tra il
valore contabile della passività e il suo valore ai fini fiscali esiste
una differenza temporanea; il valore ai fini fiscali della passività
solitamente è pari a zero. Questa differenza temporanea
deducibile si traduce in un'attività fiscale differita poiché i benefici
economici affluiranno all'impresa come deduzione dai redditi
imponibili quando le contribuzioni o i benefici previdenziali
saranno corrisposti;
(b) i costi di ricerca sono rilevati come costo nella determinazione
dell'utile contabile nell'esercizio nel quale essi sono sostenuti ma
può non esserne consentita la deduzione nella determinazione del
reddito imponibile (perdita fiscale) fino a un esercizio successivo.
La differenza tra il valore ai fini fiscali dei costi di ricerca, che è
l'importo che le autorità fiscali consentiranno come deduzione
negli esercizi futuri, e il valore contabile pari a zero, è una
differenza temporanea deducibile che si traduce in un'attività
fiscale differita;
c) con alcune eccezioni, un’entità rileva le attività acquisite e le
passività assunte identificabili in una aggregazione aziendale ai
rispettivi fair value (valori equi) alla data di acquisizione. Quando
una passività assunta è rilevata alla data di acquisizione ma i
costi correlati non possono essere dedotti nella determinazione
dei redditi imponibili fino a un esercizio successivo, sorge una
differenza temporanea deducibile che si traduce in un’attività
fiscale differita. Un’attività fiscale differita sorge anche quando il
fair value (valore equo) di un’attività identificabile acquisita è
inferiore al relativo valore riconosciuto fiscalmente. In entrambi i
casi, la risultante attività fiscale differita influisce sull’avviamento
(vedere paragrafo 66); e
(d) alcune attività possono essere rilevate al loro fair value
(valore equo), o possono essere rivalutate, senza che, a fini
fiscali, sia fatta una rettifica equivalente (vedere paragrafo 20). Si
manifesta una differenza temporanea deducibile se il valore ai fini
fiscali dell'attività eccede il suo valore contabile.
38
Bilancio 2011
27. L'annullamento di differenze temporanee deducibili si traduce
in deduzioni nella determinazione dei redditi imponibili degli
esercizi successivi. All'impresa, tuttavia, affluiranno benefici
economici sotto forma di riduzione dei pagamenti di imposte solo
se essa realizzerà redditi imponibili sufficienti affinché le
deduzioni siano compensate. L'impresa, quindi, rileva attività
fiscali differite solo quando è probabile che saranno realizzati
redditi imponibili a fronte dei quali possano essere utilizzate le
differenze temporanee deducibili.
28. E' probabile che sarà disponibile un reddito imponibile a
fronte del quale possa essere utilizzata una differenza
temporanea deducibile quando ci sono differenze temporanee
imponibili sufficienti di cui si prevede l'annullamento in
riferimento alle medesime autorità fiscali e al medesimo soggetto
d'imposta:
(a) nello stesso esercizio in cui si prevede l'annullamento della
differenza temporanea deducibile; o
(b) negli esercizi nei quali una perdita fiscale derivante
dall'attività fiscale differita può essere riportata indietro a esercizi
precedenti o avanti a esercizi futuri.
In tali casi, l'attività fiscale differita deve essere rilevata
nell'esercizio nel quale emergono le differenze temporanee
deducibili.
29. Quando ci sono differenze temporanee imponibili insufficienti,
in riferimento alle medesime autorità fiscali e al medesimo
soggetto di imposta, l'attività fiscale differita può essere rilevata
nella misura in cui:
(a) sia probabile che l'impresa abbia redditi imponibili sufficienti,
con riferimento alle medesime autorità fiscali e al medesimo
soggetto di imposta, nello stesso esercizio in cui si annullerà la
differenza temporanea deducibile (o negli esercizi nei quali una
perdita fiscale derivante dall'attività fiscale differita può essere
riportata a esercizi precedenti o futuri). Nel valutare se essa
realizzerà un reddito imponibile sufficiente negli esercizi
39
Bilancio 2011
successivi, l'impresa deve ignorare gli importi imponibili derivanti
da differenze temporanee deducibili che ci si attende si
verificheranno negli esercizi futuri, perché l'attività fiscale differita
derivante da queste differenze temporanee deducibili richiederà
essa stessa l'esistenza di un reddito imponibile futuro per poter
essere utilizzata;
(b) sono disponibili opportunità di pianificazione fiscale che
consentano di realizzare un reddito imponibile negli esercizi
appropriati.
30. Le opportunità di pianificazione fiscale sono azioni che
l'impresa può intraprendere allo scopo di creare o incrementare il
reddito imponibile in un particolare esercizio prima che venga
meno la possibilità di riportare a nuovo una perdita fiscale o un
credito d'imposta. In alcuni ordinamenti, per esempio, il reddito
imponibile può essere creato o incrementato:
(a) scegliendo di assoggettare a tassazione i proventi per
interessi o al momento della maturazione o a quello dell'incasso;
(b) differendo alcune deduzioni dal reddito imponibile;
(c) vendendo, ed eventualmente riutilizzando in un leasing
finanziario, beni il cui valore è aumentato, ma per i quali il valore
ai fini fiscali non è stato rettificato per tener conto di tale
incremento di valore; e
(d) vendendo un bene che produce reddito non imponibile (quale,
in alcuni ordinamenti, un titolo di stato) allo scopo di acquistare
un'altra attività finanziaria che produca reddito imponibile.
Anche quando le opportunità di pianificazione fiscale consentono
di anticipare reddito imponibile da un periodo successivo a uno
precedente, l'utilizzo di una perdita fiscale o di un credito
d'imposta portati a nuovo dipende sempre dall'esistenza di un
reddito imponibile futuro di origine diversa dalle differenze
temporanee che si origineranno in futuro.
31. Quando l'impresa ha una storia recente di perdite, essa deve
tener conto delle indicazioni contenute nei paragrafi 35 e 36.
40
Bilancio 2011
Avviamento
32A Se il valore contabile dell’avviamento derivante da una
aggregazione aziendale è inferiore alla sua base imponibile, la
differenza genera un’attività fiscale differita. L’attività fiscale
differita risultante dalla rilevazione iniziale dell’avviamento deve
essere rilevata come parte della contabilizzazione di una
aggregazione aziendale, nella misura in cui sia probabile la
disponibilità di reddito imponibile a fronte del quale possa essere
utilizzata la differenza temporanea deducibile.
Rilevazione iniziale di attività o passività
33. Un caso in cui si verifica che un'attività fiscale differita emerge
al momento della rilevazione iniziale di un'attività, si ha quando
un contributo pubblico non imponibile relativo a un bene sia
dedotto per determinare il valore contabile del bene ma, a fini
fiscali, non sia dedotto dal valore ammortizzabile del bene (in
altre parole dal suo valore ai fini fiscali); il valore contabile del
bene è inferiore al suo valore ai fini fiscali e questo origina una
differenza temporanea deducibile. I contributi pubblici possono
anche essere esposti come ricavo differito, nel qual caso la
differenza tra il ricavo differito e il suo valore ai fini fiscali pari a
zero rappresenta una differenza temporanea deducibile.
Qualunque sia il metodo di esposizione in bilancio scelto
dall'impresa, per i motivi esposti nel paragrafo 22 l'impresa non
può rilevare l'attività fiscale differita risultante.
Perdite fiscali e crediti d'imposta non utilizzati
34. Un'attività fiscale differita per perdite fiscali o crediti
d'imposta non utilizzati va riportata a nuovo nella misura in cui è
probabile che sia disponibile un reddito imponibile futuro a fronte
del quale possano essere utilizzati le perdite fiscali e i crediti
d'imposta non utilizzati.
35. I requisiti per la rilevazione di attività fiscali differite derivanti
41
Bilancio 2011
dal riporto a nuovo di perdite fiscali e di crediti d'imposta non
utilizzati sono i medesimi applicabili alla rilevazione di attività
fiscali differite derivanti da differenze temporanee deducibili.
L'esistenza di perdite fiscali non utilizzate, tuttavia, è un
indicatore significativo del fatto che potrà non essere disponibile
un reddito imponibile futuro. Pertanto, quando l'impresa ha una
storia di perdite recenti, essa può rilevare un'attività fiscale
differita derivante da perdite fiscali e crediti d'imposta non
utilizzati solo nella misura in cui essa abbia differenze
temporanee imponibili sufficienti o esistano prove convincenti del
fatto che sarà disponibile un reddito imponibile sufficiente a fronte
del quale possano essere utilizzati le perdite fiscali e i crediti
d'imposta non utilizzati. In tali casi, il paragrafo 82 richiede
l'indicazione dell'importo dell'attività fiscale differita e la natura
delle ragioni che giustificano la sua rilevazione.
36. L'impresa, nel valutare la probabilità che sarà disponibile un
reddito imponibile a fronte del quale le perdite fiscali e i crediti
d'imposta non utilizzati possano essere utilizzati, deve prendere
in considerazione i seguenti criteri:
(a) se l'impresa abbia differenze temporanee imponibili sufficienti,
con riferimento alle medesime autorità fiscali e al medesimo
soggetto di imposta, che si tradurranno in importi imponibili a
fronte dei quali le perdite fiscali e i crediti d'imposta non utilizzati
possano essere utilizzati prima della loro scadenza;
(b) se è probabile che l'impresa abbia redditi imponibili prima
della scadenza delle perdite fiscali e dei crediti d'imposta non
utilizzati;
(c) se le perdite fiscali non utilizzate derivino da cause
identificabili che è improbabile che si ripetano; e
(d) se esistano per l'impresa opportunità di pianificazione fiscale
(vedere paragrafo 30) in base alle quali si avrà reddito imponibile
nell'esercizio nel quale possono essere utilizzati le perdite fiscali e
i crediti d'imposta non utilizzati.
Se non è probabile che sia disponibile reddito imponibile a fronte
42
Bilancio 2011
del quale potranno essere utilizzati le perdite fiscali o i crediti
d'imposta non utilizzati, l'attività fiscale differita non viene
rilevata.
Nuova valutazione delle attività fiscali differite non rilevate
37. A ogni data di riferimento del bilancio, l'impresa deve
effettuare una nuova valutazione delle attività fiscali differite non
rilevate in bilancio. L'impresa deve rilevare un'attività fiscale
differita precedentemente non rilevata nella misura in cui è
divenuto probabile che un futuro reddito imponibile consentirà di
recuperare l'attività fiscale differita. Per esempio, un
miglioramento delle condizioni commerciali può aumentare la
probabilità che l'impresa sia in grado di realizzare nel futuro
sufficiente reddito imponibile affinché l'attività fiscale differita
soddisfi i criteri per la sua rilevazione contabile esposti nei
paragrafi 24 o 34. Un altro esempio si ha quando l'impresa
effettua una nuova valutazione delle attività fiscali al momento di
un'aggregazione di imprese o successivamente (vedere paragrafi
67 e 68).
Investimenti finanziari in società controllate, filiali e
società collegate, e partecipazioni in joint venture
38. Le differenze temporanee si manifestano quando il valore
contabile di investimenti finanziari in società controllate, filiali e
società collegate, o di partecipazioni in joint venture (vale a dire
la quota della controllante o dell'investitore nelle attività nette
della controllata, filiale, collegata o partecipata, compreso il
valore contabile dell'avviamento) differisce dal valore
dell'investimento o della partecipazione se conosciuto ai fini fiscali
(spesso coincidente con il costo). Tali differenze possono
manifestarsi in casi differenti, quali, per esempio:
(a) l'esistenza di utili non distribuiti di controllate, filiali, collegate
e joint venture;
(b) variazioni dei tassi di cambio esteri quando la controllante e la
sua controllata hanno sede in Paesi differenti; e
(c) riduzioni del valore contabile di un investimento in una
43
Bilancio 2011
collegata al suo ammontare recuperabile.
Nei bilanci consolidati, la differenza temporanea può essere
differente dalla differenza temporanea associata a
quell'investimento nel bilancio proprio della controllante se nel
suo bilancio essa riporta l'investimento al costo o a un valore
rivalutato.
39. L'impresa deve rilevare una passività fiscale differita per tutte
le differenze temporanee imponibili riferibili agli investimenti
finanziari in società controllate, filiali e società collegate, e a
partecipazioni in joint venture, salvo che siano soddisfatte
entrambe le seguenti condizioni:
(a) la controllante, l'investitore o il partecipante alla joint venture
siano in grado di controllare i tempi dell'annullamento delle
differenze temporanee; ed
(b) è probabile che, nel prevedibile futuro, la differenza
temporanea non si annullerà.
40. Poiché una controllante stabilisce le politiche dei dividendi
della sua controllata, essa è in grado di stabilire i tempi
dell'annullamento delle differenze temporanee riferibili a
quell'investimento (incluse le differenze temporanee che derivano
non solo dagli utili non distribuiti ma anche da eventuali
differenze cambio). Inoltre, sarebbe spesso impraticabile
determinare l'ammontare delle imposte sul reddito che si
dovrebbero pagare quando la differenza temporanea si annulla.
Perciò, quando la controllante ha stabilito che, nel prevedibile
futuro, quegli utili non saranno distribuiti, essa non deve rilevare
una passività fiscale differita. Le medesime osservazioni si
applicano agli investimenti finanziari in filiali.
41. Le attività e le passività non monetarie di un'entità sono
misurate nella valuta funzionale (cfr. IAS 21 Effetti delle
variazioni dei cambi delle valute estere). Se il reddito imponibile o
la perdita fiscale dell'entità (e, quindi, il valore ai fini fiscali delle
attività e passività non monetarie) è determinato in una valuta
44
Bilancio 2011
differente, le variazioni nel tasso di cambio danno origine a
temporanee differenze che risultano in una passività fiscale
differita rilevata o (subordinatamente al paragrafo 24) in
un'attività. L'onere/provento fiscale differito risultante è
addebitato o accreditato a conto economico (cfr. paragrafo 58).
42. Un investitore in una società collegata non controlla quella
entità e, di solito, non si trova nella condizione di stabilire la sua
politica dei dividendi. Perciò, in assenza di un accordo che
richieda che gli utili della collegata non siano distribuiti nel
prevedibile futuro, l'investitore rileva una passività fiscale differita
derivante dalle differenze temporanee imponibili riferibili alla sua
partecipazione nella società collegata. In alcuni casi, l'investitore
può non essere in grado di determinare l'importo delle imposte
che sarebbero dovute nel caso in cui recuperi il costo del suo
investimento nella società collegata, ma può stabilire che sarà
maggiore o uguale a un certo importo minimo. In tali casi, la
passività fiscale differita è valutata a tale importo.
43. L'accordo tra le parti di una joint venture di solito regola la
ripartizione degli utili e stabilisce se le decisioni riguardanti tali
argomenti richiedono il consenso di tutti i partecipanti o di una
particolare maggioranza. Quando il partecipante alla joint venture
è in grado di controllare la ripartizione degli utili ed è probabile
che, nel prevedibile futuro, gli utili non saranno distribuiti, non
deve essere rilevata la passività fiscale differita.
44. L'impresa deve rilevare un'attività fiscale differita per tutte le
differenze temporanee deducibili derivanti da investimenti
finanziari in società controllate, filiali e società collegate, e da
partecipazioni in joint venture, nella misura in cui, e solo nella
misura in cui, è probabile che:
(a) la differenza temporanea si annullerà nel prevedibile futuro; e
(b) sarà disponibile un reddito imponibile a fronte del quale possa
essere utilizzata la differenza temporanea.
45
Bilancio 2011
45. L'impresa deve tenere conto delle indicazioni contenute nei
paragrafi da 28 a 31 nel decidere se deve essere rilevata
un'attività fiscale differita per differenze temporanee deducibili
riferibili al suo investimento in società controllate, filiali e società
collegate, e alla sua partecipazione in joint venture.
6. Esemplificazione di imposte anticipate e differite
Nel presente paragrafo si riporta un prospetto nel quale sono contenute le più
significative discrasie tra la norma civilistica e quella fiscale. Nella prima colonna sono
specificate ai fini di quali imposte devono essere considerate le differenze. Nel caso in cui la
discrasia tra norma civilistica e fiscale valga solo ai fini RES le imposte anticipate o differite
devono essere calcolate con l'attuale aliquota del 27,50%, nel caso in cui la discrasia valga
solo per l'IRAP, il calcolo va fatto al 3,90%, mentre se vale per entrambe le imposte il calcolo
va eseguito ad una aliquota cumulativa del 31,40%.
La Legge Finanziaria per il 2008 reca un sostanziale riordino della tassazione sulle imprese
attraverso una serie di interventi la cui "filosofia " di fondo appare piuttosto chiara.
Le linee guida sono, da un lato, quella della riduzione dell'aliquota legale dell'IRES al
27,5%, riduzione quanto mai necessaria per promuovere la competitività del sistema tributario
italiano e, dall'altro, quella dell'ampliamento della base imponibile. Ampliamento attuato
mediante rilevanti modifiche alla disciplina del reddito d'impresa che si sostanziano in
interventi di natura strutturale finalizzati, in modo non equivoco, anche alla razionalizzazione e
alla semplificazione della base imponibile.
Analoghe considerazioni possono essere formulate in merito alla riduzione dell'aliquota
IRAP al 3,9% e alla contestuale modifica delle regole di computo del valore della produzione
rilevante agli effetti del tributo, laddove la base imponibile dei soggetti IRES sarà più
incisivamente legata ai valori del conto economico, rendendosi autonoma dai criteri di
determinazione del reddito d'impresa che sino ad oggi hanno comportato complesse
"interferenze " nel calcolo del valore della produzione (cd. triplo binario IRAP).
Nella seconda colonna sono riportate tutte le norme del Testo Unico delle Imposte sui
Redditi (D.P.R. n. 917/86) per un eventuale approfondimento delle stesse. Se la colonna
riporta la dizione "IRAP" sta a significare che la discrasia nasce direttamente da tale normativa.
Nella terza colonna si riporta la descrizione della discrasia che dovrebbe dare l'idea da
quale evento sorge la differenza. Ovviamente per capire meglio la singola differenza si rimanda
alla norma di riferimento ed ai commenti della dottrina.
Infine, l'ultima colonna evidenzia se l'ipotesi dà luogo ad imposte anticipate o differite o
se, alternativamente, potrebbe dar luogo ad una delle due indifferentemente a seconda del
segno della differenza con la norma civilistica. Nelle parti in cui non vi è scritto nulla la
differenza è definitiva e pertanto dà luogo a differenze permanenti negative (se vi è uno
46
Bilancio 2011
svantaggio fiscale) o a differenze permanenti positive (se, invece, vi è una norma favorevole al
contribuente dal punto di vista fiscale).
Le differenze permanenti e temporanee
Differenze ai fini
di: Norma fiscale
Descrizione Tipo di differenza
Ires Art. 84 Perdita d'esercizio recuperabile in futuro Imposta anticipata Ires ed Irap Art. 85 Adeguamento parametri e studi Ires ed Irap Art. 85 Corrispettivi non annotati Ires ed Irap Art. 85,
c. 2 Assegnazioni di beni ai soci
Irap Art. 85, c.1 c)
Cessioni di azioni
Irap Art. 85, c. 1 d)
Cessioni di strumenti finanziari
Irap Art. 85, c. 1 e)
Cessioni di obbligazioni
Ires ed Irap Art. 86, c. 4
Plusvalenze patrimoniali Imposte differite
Ires ed Irap Art. 87 Plusvalenze esenti (91%) Ires ed Irap Art. 88,
c. 2 Indennità da risarcimento assicurativo Imposte differite
Ires ed Irap Art. 88, c. 3 b)
Sopravvenienze attive da contributi Imposte differite
Ires ed Irap Art. 88, c. 4
Versamenti a fondo perduto
Ires ed Irap Art. 88, c. 5
Cessione contratto di leasing
Ires Art. 89, c. 2
5% dividendi Imposte differite
Ires ed Irap Art. 89, c. 2
Dividendi esclusi (95%)
Ires ed Irap Art. 90, c. 1
Redditi fabbricati non strumentali
Ires ed Irap Art. 90, c. 2
Spese relativi agli immobili
Ires Art. 91 Proventi esenti Ires ed Irap Art. 92,
c. 5 Variazione delle rimanenze Imposte anticipate/differite
Ires ed Irap Art. 93, c. 2
Maggiorazioni contrattuali Imposta anticipata
Ires ed Irap Art. 93, c. 3
Rischio contrattuale oltre il 2%
Ires ed Irap Art. 94 Valutazione delle partecipazioni Imposta anticipata Irap Art. 95,
c.1 Spese per prestazioni di lavoro
Irap Irap Personale distaccato presso terzi Ires ed Irap Art. 95,
c. 5 Compensi amministratori (lavoro autonomo) Imposta anticipata
Irap Art. 95, c. 5
Compensi amministratori (no lavoro Autonomo)
Ires ed Irap Art. 96 Interessi passivi Ires ed Irap Art. 97 Pro-rata patrimoniale Ires ed Irap Art. 98 Interessi indeducibili da thin cap Ires ed Irap Art. 99,
c. 1 Imposte indeducibili o non pagate Imposta anticipata
Ires Art. 99, c. 1
ICI
Ires ed Irap Art. 99, c. 3
Contributi ad associazioni sindacali Imposta anticipata
47
Bilancio 2011
Irap Art. 100, c. 1
Opere e servizi ai dipendenti
Ires Art. 100, c. 1
Opere e servizi ai dipendenti - oltre i limiti di cui all'art. 100
Ires Art. 100, c. 2 a
Erogazioni liberali eccedenti i limiti
Irap Art. 100, c. 2 b
Erogazioni liberali
Ires ed Irap Art. 101, c. 1
Minusvalenze esenti realizzate
Ires ed Irap Art. 101 Minusvalenze non realizzate Ires ed Irap Art. 101,
c. 3 Imm. Fin. In imprese controllate - parte eccedente il costo
Ires Art. 101, c. 5 a
Perdite su crediti fiscalmente non certe Imposta anticipata
Irap Art. 101, c. 5 b
Perdite su crediti
Ires ed Irap Art. 102, c. 1, 2
Ammortamento beni materiali Imposte anticipate/differite
Ires ed Irap Art. 102, c. 3
Ammortamento anticipato Imposte differite
Ires ed Irap Art. 102, c. 5
Beni < 516,46 Imposte differite
Ires ed Irap Art. 102, c. 6
Manutenzione > 5% Imposta anticipata
Irap Art. 102, c. 7
Interessi su canoni leasing
Ires ed Irap Art. 102, c. 9
Spese telefonini (50%)
Ires ed Irap Art. 103, c. 1
Ammortamenti dei beni immateriali Imposte anticipate/ differite
Ires ed Irap Art. 103, c. 1
Ammortamento marchi Imposte anticipate/ differite
Ires ed Irap Art. 103, c. 3
Ammortamento avviamento Imposta anticipata
Ires ed Irap Art. 104 Amm. Finanziario se amm. Civ. < durata concessione
Imposta anticipata
Ires Art. 105 Accantonamento di quiescenza e previdenza Imposta anticipata Irap Art. 105 Accantonamento di quiescenza e previdenza Ires Art. 106 Svalutazione crediti Imposta anticipata Irap Art. 106 Svalutazione crediti Ires ed irap Art. 107,
c. 1 Spese per lavori ciclici navi Imposte differite
Ires ed irap Art. 107, c. 2
Acc. Spese ripristino beni gratuitamente devolvibili
Imposta anticipata
Ires ed Irap Art. 107, c. 3
Acc. Oneri per operazioni a premio Imposte differite
Ires ed Irap Art. 108 Spese per studi e ricerche Imposte anticipate/ differite Ires ed Irap Art. 108 Spese di pubblicità Imposte anticipate/ differite Ires ed Irap Art. 108 Spese di rappresentanza (4/15) Imposte anticipate Ires ed Irap Art. 109,
c. 1 Costo non di competenza fiscale
Ires ed Irap Art. 109, c. 1
Mancanza del requisito della "certezza" Imposta anticipata
Ires ed Irap Art. 109, c. 4, b
Costi deducibili extracontabilmente Imposte differite
Ires Art. 109, c. 5
Spese eccedenti la quota deducibile
Ires Art. 109, c. 7
Interessi passivi di mora Imposta anticipata
Ires Art. 109, c. 7
Interessi attivi di mora Imposte differite
Ires ed Irap Art. 109, Remuner. Titoli partecipativi
48
Bilancio 2011
c. 9, a Ires ed Irap Art. 109,
c. 9, b Remunerazione ass. In partecipazione
Ires ed Irap Art. 110, c. 7
Operazioni con soggetti non residenti
Ires ed Irap Art. 110, c. 10
Operazioni con paradisi fiscali
Ires ed Irap Art. 164 Spese indeducibili relative auto Ires ed Irap Art. 167 Utili distribuiti da paradisi fiscali
Irap Irap Interessi impliciti sui ricavi Irap Irap Interessi impliciti sui costi
49
Bilancio 2011
Capitolo 3
Gestione delle perdite d’esercizio
Il D.L. 06/07/2011, n. 98, convertito in L. 15/07/2011, n. 111, è intervenuto modifi cando
alcune disposizioni che regolano le modalità di determinazione del reddito imponibile dei
soggetti IRES.
Una di tali modifiche è rappresentata dalla rivisitazione della disciplina del riporto delle perdite
fiscali recata dall’art. 84 del D.P.R. 917/1986 allo scopo di introdurre delle misure di sostegno
alle imprese che, in ragione dell’attuale crisi economico-finanziaria, si trovino nella condizione
di avere ingenti volumi di perdite fiscali pregresse.
50
Bilancio 2011
1. Premessa
L’Agenzia delle Entrate è recentemente intervenuta fornendo alcuni chiarimenti in merito alle
novità introdotte dalla c.d. “Manovra correttiva” in materia di riporto ed utilizzo delle perdite
per i soggetti IRES, in base alle quali è prevista non più una limitazione “temporale” di
utilizzo delle stesse (nei 5 anni), ma una limitazione “quantitativa” pari all’80% del
reddito di ciascun periodo.
In particolare, le precisazioni attengono:
- all’ambito soggettivo ed oggettivo di applicazione delle nuove disposizioni;
- agli effetti delle nuove regole per le società in regime di trasparenza e consolidato fiscale.
Va evidenziato che, secondo l’Agenzia, la nuova disciplina è applicabile anche alle perdite
“pregresse”, ossia a quelle realizzate anteriormente al 2011.
2. La nuova disciplina di riporto delle perdite
L’art. 23, comma 9, DL n. 98/2011 c.d. “Manovra correttiva” ha modificato l’art. 84, commi 1 e
2, TUIR, prevedendo che le perdite fiscali conseguite in un periodo d’imposta possono
essere computate in diminuzione dei redditi dei periodi successivi:
in misura non superiore all’80% del reddito imponibile di ciascun periodo
d’imposta, per l’intero importo che trova capienza in tale ammontare;
entro il limite del reddito imponibile di ciascun periodo d’imposta successivo e per
l’intero importo che trova capienza in tale ammontare se relative ai primi 3 periodi
d’imposta dalla data di costituzione, sempreché si riferiscano ad una nuova attività
produttiva.
In merito, i novellati commi 1 e 2 del citato art. 84, dispongono che:
1. “La perdita di un periodo d'imposta, determinata con le stesse
norme valevoli per la determinazione del reddito, può essere
computata in diminuzione del reddito dei periodi d'imposta
successivi in misura non superiore all'ottanta per cento del
reddito imponibile di ciascuno di essi e per l'intero importo che
trova capienza in tale ammontare …
2. Le perdite realizzate nei primi tre periodi d’imposta dalla data
di costituzione possono … essere computate in diminuzione del
reddito complessivo dei periodi d’imposta successivi entro il
limite del reddito imponibile di ciascuno di essi e per l’intero
51
Bilancio 2011
importo che trova capienza nel reddito imponibile di ciascuno di
essi a condizione che si riferiscano ad una nuova attività
produttiva”.
Si rammenta che anteriormente a tale modifica le perdite erano riportabili non oltre il 5°
periodo successivo (salvo il riporto illimitato se conseguite nei primi 3 periodi d’imposta dalla
data di costituzione riferite ad una nuova attività produttiva).
Tipologia perdita
Normativa ante DL n. 98/2011
Normativa post DL n. 98/2011
Perdita dei primi 3 periodi d’imposta dalla data di
costituzione
Riporto illimitato Utilizzo nel limite del reddito imponibile di ciascun periodo
d’imposta successivo
Riporto illimitato Utilizzo nel limite del reddito imponibile di ciascun periodo
d’imposta successivo
Perdita dal 4° periodo d’imposta dalla
data di costituzione
Riporto entro il 5° periodo d’imposta
successivo Utilizzo nel limite del reddito imponibile di ciascun periodo
d’imposta successivo
Riporto illimitato Utilizzo nel limite dell’80% del reddito imponibile di ciascun periodo d’imposta
successivo
In base alla nuova disposizione le società non sono più soggette ad alcun limite temporale
di riporto delle perdite con l’effetto che viene meno il rischio di “perdere” le perdite; tuttavia,
nelle annualità di conseguimento di un reddito, potendo le perdite abbattere non più dell’80%
dello stesso, ciò si traduce nell’assoggettamento a tassazione del 20% di quanto conseguito.
Relativamente alla novità in esame, l’Agenzia delle Entrate è recentemente intervenuta
fornendo, con la Circolare 6.12.2011, n. 53/E, una serie di chiarimenti di seguito analizzati.
3. Soggetti interessati
Nella citata Circolare n. 53/E è stato specificato che la disciplina in esame, riguardando
esclusivamente il riporto delle perdite d’impresa di cui all’art. 84, TUIR. La nuova disciplina
interessa quindi:
spa, sapa e srl;
società cooperative e società di mutua assicurazione;
società europee (Regolamento CE n. 2157/2001) e società cooperative europee
(Regolamento CE n. 1435/2003) residenti in Italia;
enti pubblici e enti privati diversi dalle società, trust, residenti in Italia che svolgono
esclusivamente o principalmente attività commerciale;
società ed enti di ogni tipo, trust, con o senza personalità giuridica, NON residenti in Italia;
La disciplina NON riguarda invece:
52
Bilancio 2011
imprese individuali e società di persone in contabilità ordinaria per le quali trova
applicazione, il limite ex art. 8, comma 3, TUIR, del riporto entro il 5° anno successivo per
l’intero importo che trova capienza nei redditi conseguiti (salvo il riporto illimitato se
conseguite nei primi 3 periodi d’imposta dalla data di costituzione);
enti non commerciali che esercitano attività d’impresa, ex art. 73, comma 1, lett.
c), TUIR, per effetto del rinvio al citato art. 8 ad opera dell’art. 143, comma 2, TUIR.
4. Limite all’utilizzo delle perdite Come evidenziato dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 53/E in esame la nuova
disposizione “risponde alla duplice esigenza di escludere, da un lato, un limite temporale
alla riportabilità delle perdite, e di introdurre, dall’altro, un limite quantitativo «di
periodo» all’utilizzo delle stesse”.
Infatti, ora, pur non essendo previsto alcun limite temporale di riporto, le perdite
possono essere utilizzate per un ammontare non superiore all’80% del reddito
imponibile di ciascun periodo d’imposta, per l’intero importo che trova capienza nel reddito
conseguito.
In merito, la stessa Agenzia precisa che tale “limitazione quantitativa … non fa venire
meno la possibilità di utilizzo integrale delle perdite, in quanto la finalità dell’intervento è
solo quella di «modulare» l’ammontare complessivo delle perdite compensabili in
ciascun periodo d’imposta”.
Esempio
La Alfa srl nell’anno “n+1” presenta un reddito pari a € 20.000 e perdite pregresse per €
18.000 (originate nell’anno “n”).
Anno Reddito Perdite Perdita
utilizzabili
Reddito
imponibile
Perdita residua
riportabile
n --- 18.000 --- --- 18.000
n+1 20.000 ---
16.000
(20.000 x
80%)
4.000
(20.000 -
16.000)
2.000
(18.000 -
16.000)
In base al nuovo regime la società nell’anno “n+1”:
può utilizzare le perdite disponibili (18.000) nel limite di € 16.000 pari all’80% del
reddito conseguito (20.000);
53
Bilancio 2011
deve assoggettare a tassazione il 20% del reddito pari a € 4.000 (20.000 -
16.000).
La perdita non utilizzata, pari a € 2.000, è riportabile negli anni successivi, senza limiti di
tempo.
5. Perdite maturate nei primi 3 periodi Come accennato, il comma 2 del citato art. 84, dispone che le perdite realizzate nei primi 3
periodi d'imposta dalla data di costituzione possono, “con le modalità previste al comma 1”,
essere computate in diminuzione del reddito complessivo dei periodi d’imposta successivi:
entro il limite del reddito imponibile di ciascuno di essi;
per l’intero importo che trova capienza nel reddito imponibile di ciascuno di essi
purché si riferiscano ad una nuova attività produttiva.
A tale proposito l’Agenzia Circolare n. 53/E in esame ha specificato che nella nuova
formulazione del citato comma 2:
- non è più prevista la disposizione che sanciva il riporto “senza alcun limite di tempo”; tale
precisazione risulta infatti superflua, stante la possibilità di riporto illimitato delle perdite a
prescindere dall’anno di formazione delle stesse (nei primi 3 periodi ovvero
successivamente);
- il rinvio operato alle “modalità previste al comma 1” non “attiene alla misura delle perdite
utilizzabili” con la conseguenza che le perdite maturate dai soggetti interessati nei primi 3
periodi d’imposta sono utilizzabili senza alcun limite quantitativo, ossia senza subire la
limitazione all’utilizzo nella misura dell’80% del reddito.
Esempio
La NewCo srl, costituita nel 2009, ha maturato perdite per € 50.000 nei primi 3 periodi
d’imposta (2009, 2010 e 2011) e per € 10.000 nel 2012.
La società potrà utilizzare le perdite relative al:
- 2009 – 2010 – 2011, per intero e senza limiti temporali;
- 2012, nel limite dell’80% del reddito conseguito.
54
Bilancio 2011
6.Perdite nel regime di trasparenza 6.1 Regime di trasparenza ex art. 115, tuir Come noto, l’art. 115, TUIR, disciplina il regime di trasparenza nell’ambito delle società di
capitali, e, in particolare delle società di capitali i cui soci sono altre società di capitali. Infatti il
comma 3 prevede che:
“Le perdite fiscali della società partecipata relative a periodi in cui è
efficace l'opzione sono imputate ai soci in proporzione alle rispettive
quote di partecipazione ed entro il limite della propria quota del
patrimonio netto contabile della società partecipata. Le perdite
fiscali dei soci relative agli esercizi anteriori all'inizio della
tassazione per trasparenza non possono essere utilizzate per
compensare i redditi imputati dalle società partecipate”.
In base a tale disposizione, pertanto, le perdite realizzate nei periodi antecedenti a
quello di esercizio dell’opzione per la trasparenza possono essere utilizzate
esclusivamente dal soggetto in capo al quale le stesse sono maturate al fine di “abbattere” i
redditi dallo stesso prodotti.
Ciò comporta quindi che, come evidenziato nella Circolare n. 53/E in esame, “non si
genera … alcuna commistione” tra le perdite generate prima dell’applicazione del
regime di trasparenza e i redditi imputati per trasparenza dalla società partecipata.
Ora, la nuova disciplina si riflette sull’utilizzo delle perdite:
realizzate prima dell’applicazione del regime di trasparenza, in capo alla società
partecipata / partecipante (socia);
da parte della società partecipante in regime di trasparenza.
Esempio
La Alfa srl e la Beta srl hanno conseguito:
- nell’anno “n” perdite, rispettivamente, per € 18.000 e € 15.000;
- nell’anno “n+1” redditi, rispettivamente, per € 20.000 e € 15.000.
In tale anno:
- le 2 società, socie al 50% della Tetris srl, optano per il regime di trasparenza ex art. 115,
TUIR;
- la società partecipata Tetris consegue un reddito pari a € 12.000 e dispone di perdite
pregresse per € 10.000.
55
Bilancio 2011
La situazione delle suddette società può essere così schematizzata:
Anno Reddito
Alfa
Reddito
Beta
Reddito
Tetris
Perdita
Alfa
Perdita
Beta
Perdita
Tetris
n --- --- --- 18.000 15.000 10.000
n+1 20.000 15.000 12.000 --- --- ---
Nell’anno “n+1” la società partecipata (Tetris srl) imputa per trasparenza ai soci (Alfa srl e
Beta srl) il reddito prodotto (al netto delle proprie perdite pregresse), pari a € 2.400 così
calcolato:
Reddito
Tetris
Perdite
disponibili
Perdite
utilizzabili Reddito
Reddito
imputato ex 115
12.000 10.000
9.600
(12.000 x
80%)
2.400
(12.000 -
9.600)
Alfa
1.200
(2.400
x 50%)
Beta
1.200
(2.400
x 50%)
L’effetto dell’applicazione della nuova disciplina delle perdite nel regime di trasparenza è il
seguente:
Soci RedditoPerdite
disponibili
Perdite
utilizzabili
Perdite
residue
Reddito
conseguito
Reddito
imputato
ex 115
Reddito
Imponibile
totale
Alfa 20.000 18.000
16.000
(20.000 x
80%)
2.000
(18.000
-
16.000)
4.000
(20.000 -
16.000)
1.200
5.200
(4.000 +
1.200)
Beta 15.000 15.000
12.000
(15.000 x
80%)
3.000
(15.000
-
12.000)
3.000
(15.000 -
12.000)
1.200
4.200
(3.000 +
1.200)
In merito la Circolare n. 53/E in esame precisa che la nuova disciplina non produce
alcun effetto sulle perdite realizzate dalla società partecipata (in regime di trasparenza)
imputate ai soci.
56
Bilancio 2011
In tal caso, infatti:
le “perdite di periodo” della partecipata vanno imputate ai soci nel limite della rispettiva
quota di partecipazione nella stessa;
le suddette perdite eccedenti il patrimonio netto della partecipata rimangono
nell’esclusiva disponibilità della stessa, come precisato dall’art. 7, comma 2, DM
23.4.2004, e possono essere utilizzate in diminuzione del proprio reddito secondo la
nuova disciplina disposta dall’art. 84;
le società partecipanti possono utilizzare le perdite imputate, residue connesse con il
mancato utilizzo integrale delle stesse, nei periodi successivi in misura non superiore
all’80% del proprio reddito.
Esempio
Nell’anno “n”, primo anno di applicazione del regime di trasparenza:
le società partecipanti (al 50%) Alfa srl e Beta srl hanno conseguito redditi
rispettivamente per € 13.000 e € 15.000;
la società partecipata Tetris srl ha conseguito una perdita pari a € 35.000 che viene
imputata pro quota (50%) ai 2 soci per un ammontare di € 17.500 ciascuno.
Soci Reddito Perdite
imputate ex 115
Perdite
residue
Reddito
netto
Alfa 13.000 17.500
(35.000 x 50%)
4.500
(13.000 -
17.500)
---
Beta 15.000 17.500
(35.000 x 50%)
2.500
(15.000 -
17.500)
---
Nell’anno “n+1”:
le 2 società partecipanti conseguono un reddito rispettivamente pari a € 20.000 e €
15.000;
la società partecipata, Tetris srl, imputa per trasparenza e pro quota (50%) il proprio
reddito di € 10.000 ai 2 soci nella misura di € 5.000 ciascuno.
Anno Reddito
Alfa
Reddito
Beta
Perdite
Alfa
Perdite
Beta
Reddito
imponibile
Alfa
Reddito
imponibile
Beta
57
Bilancio 2011
n+1 20.000 15.000 4.500 2.500
20.500
(20.000 +
5.000) -
4.500
17.500
(15.000 +
5.000) -
2.500
Nel caso prospettato l’Agenzia nella citata Circolare n. 53/E evidenzia che le 2 società
partecipanti (Alfa srl e Beta srl) “possono utilizzare integralmente la perdita residua in quanto
inferiore all’ottanta per cento del reddito complessivo di periodo”.
Il reddito complessivo della Alfa srl, al lordo della perdita, risulta pari a € 25.000 (20.000
reddito proprio + 5.000 reddito imputato dalla Tetris); poiché la perdita pregressa è pari a €
4.500, ossia inferiore all’80% del reddito, pari a 20.000 (25.000 x 80%), la stessa è
integralmente utilizzabile. Analoga considerazione vale per la Beta srl.
7. Perdite nel regime della c.d. “piccola” trasparenza Nella Circolare n. 53/E in esame l’Agenzia afferma che “in linea di principio” i chiarimenti forniti
in merito al meccanismo del riporto delle perdite nel regime di trasparenza ex art. 115, TUIR,
valgono anche per il regime della “piccola trasparenza” ex art. 116. Ciò in particolare con
riferimento alle perdite:
realizzate dalla società partecipata anteriormente all’opzione;
eccedenti la quota di patrimonio netto della società partecipata riferibile a ciascun socio.
Infatti, il comma 2 del citato art. 116 rinvia espressamente all’art. 115 e l’art. 14, comma
4, DM 23.4.2004 estende le disposizioni di cui al citato art. 115 alle società a ristretta base
societaria.
L’Agenzia precisa comunque che la nuova disciplina ex art. 84, TUIR non è applicabile ai
soci delle società trasparenti in esame considerato che, essendo gli stessi persone fisiche, nei
loro confronti si applicano le disposizioni di cui all’art. 8, TUIR.
8. Perdite nel regime del consolidato fiscale
Per le società che adottano il regime del consolidato fiscale, il comma 2 dell’art. 118, TUIR
dispone che:
“Le perdite fiscali relative agli esercizi anteriori all’inizio della tassazione di gruppo …
possono essere utilizzate solo dalle società cui si riferiscono”.
Di fatto, dunque, le perdite realizzate anteriormente all’efficacia del regime in esame, sono
utilizzabili esclusivamente dalla società cui le stesse si riferiscono.
58
Bilancio 2011
Sul punto la citata Circolare n. 53/E, dopo aver rammentato che la “fiscal unit” (ossia il gruppo
di società) può utilizzare solo le perdite maturate dalle società partecipanti durante il regime
del consolidato, evidenzia che la nuova disciplina in esame produce effetti sulle modalità di
utilizzo delle perdite:
realizzate dalle società prima dell’ingresso nel regime del consolidato;
da parte della consolidante durante il regime del consolidato.
La Alfa srl e Beta srl hanno conseguito:
nell’anno “n” perdite, rispettivamente, per € 18.000 e € 15.000;
nell’anno “n+1” redditi, rispettivamente, di € 20.000 e € 15.000.
In tale anno le 2 società optano per la tassazione di gruppo e la consolidante Chalet srl
consegue un reddito di € 12.000.
Anno Reddito
Alfa
Reddito
Beta
Perdite
Alfa
Perdite
Beta
Reddito
Chalet
“n” --- --- 18.000 15.000 ---
“n+1” 20.000 15.000 --- --- 12.000
Nell’anno, “n+1”, le 2 società: trasferiscono alla consolidante (Chalet srl) rispettivamente un reddito pari a € 4.000 e a
€ 3.000; dispongono di perdite pregresse residue, rispettivamente, per € 2.000 e € 3.000, come
di seguito evidenziato.
Società Reddito Perdite
disponibili
Perdite
utilizzabili
Perdite
residue
Reddito
netto
Reddito
imponibile
Consolidato
Alfa 20.000 18.000
16.000
(20.000 x
80%)
2.000
(18.000 -
6.000)
4.000
(20.000 -
6.000) 19.000
(12.000 + 4.000
+ 3.000) Beta 15.000 15.000
12.000
(15.000 x
80%)
3.000
(15.000 -
12.000)
3.000
(15.000 -
2.000)
In merito nella Circolare n. 53/E in esame è precisato che le società partecipanti:
trasferiscono al consolidato il 20% del reddito “pur disponendo di perdite pregresse
residue utilizzabili in compensazione dei redditi futuri autonomamente prodotti”;
trasferiscono al consolidato, in misura integrale, le perdite di periodo dalle stesse
realizzate.
59
Bilancio 2011
La stessa Agenzia evidenzia altresì che:
“Il nuovo regime di riporto delle perdite incide, invece, sul
trattamento delle perdite fiscali risultanti dalla dichiarazione dei
redditi del consolidato conseguite negli esercizi di validità
dell’opzione [modello CNM, quadro CS].
Spetta, come noto, al soggetto controllante il riporto a nuovo di tali
perdite, che potranno essere utilizzate in compensazione del
reddito complessivo globale relativo ai periodi d’imposta successivi
secondo le modalità previste dal nuovo articolo 84 del TUIR”.
9. Decorrenza della nuova disciplina
Nella Circolare n. 53/E in esame l’Agenzia fornisce anche gli attesi chiarimenti in merito
alla decorrenza della nuova disciplina di riporto ed utilizzo delle perdite.
In particolare è precisato che le nuove regole sono applicabili:
a partire dal periodo d’imposta in corso al 6.7.2011 (data di entrata in vigore del
DL n. 98/2011, c.d. “Manovra correttiva”) e pertanto dal 2011 per i soggetti con
esercizio coincidente con l’anno solare;
alle perdite risultanti dal mod. UNICO 2012, relativo al 2011, conseguite, per i
soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, negli anni dal 2006 al
2010.
Rimangono, quindi, escluse le perdite maturate nel 2005 “non più riportabili per
decorso del limite temporale quinquennale previsto dalla previgente disciplina”.
Di fatto dunque le perdite realizzate nelle pregresse annualità (2006 – 2010) sono
utilizzabili, analogamente a quelle conseguite nel 2011, nel limite dell’80% del reddito, con
riporto dell’eccedenza nelle successive annualità senza alcun limite di tempo.
PERDITE D’IMPRESA REALIZZATE DA SOGGETTI IRES:
- DAL 2006 AL 2010
- DAL 2011
NEL LIMITE DELL’80% DEL REDDITO IMPONIBILE DI CIASCUN PERIODO
D’IMPOSTA PER L’IMPORTO CHE VI TROVA CAPIENZA (per le perdite dei primi 3
periodi d’imposta dalla costituzione, l’utilizzo non è soggetto al limite dell’80%.)
RIPORTO DELL’ECCEDENZA SENZA ALCUN LIMITE DI TEMPO
60
Bilancio 2011
Capitolo 4
Novità nel riporto delle perdite fiscali
L' art. 9, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (cd. "Decreto Monti"), conv. con modif. con la L. 22
dicembre 2011, n. 214, è intervenuto sulla disciplina di trasformazione delle attività per
imposte anticipate (in seguito "Dta") in crediti d'imposta, introdotta dall'art. 2, co. 55- 58, D.L.
29 dicembre 2010, n. 225 (cd. "Decreto Milleproroghe") al fine di rendere più monetizzabili
talune tipologie di Dta in vista dei più stringenti parametri di misurazione del patrimonio di
vigilanza dettati da Basilea III.
61
Bilancio 2011
1. Premessa
L’art. 2, commi 55-58, del D.L. 29 dicembre 2010, n. 225, modificato dall’art. 9, comma 1, del
Decreto Monti, consente la conversione delle imposte differite attive rilevate in bilancio
in crediti d’imposta, nel rispetto di determinate condizioni poste dalla legge.
Si ritiene che le imposte differite attive convertibili in credito d’imposta siano solo quelle
relative all’Ires; infatti il comma 55 fa espresso riferimento alle attività per imposte anticipate i
cui componenti negativi (ammortamenti) sono deducibili in più periodi d’imposta ai fini delle
imposte sui redditi.
È prevista la possibilità che, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la
Banca d’Italia, siano stabilite le modalità di attuazione della disciplina in questione.
2. Requisiti soggettivi
Sono interessati dalla disciplina in questione
tutti i soggetti Ires la cui forma giuridica prevede l’approvazione del bilancio da
parte dell’assemblea dei soci o dai diversi organi competenti per legge.
Con le modifiche introdotte dal Decreto Monti,
“la disciplina di cui ai commi 55, 56 e 56-bis si applica anche ai bilanci di liquidazione
volontaria, ovvero relativi a società sottoposte a procedure concorsuali o di gestione della
crisi, ivi inclusi quelli riferiti all’amministrazione straordinaria e alla liquidazione coatta
amministrativa di banche e altri intermediari finanziari vigilati dalla Banca d’Italia”.
OSSERVA - La norma non è di immediata comprensione: infatti
non è chiaro se l’agevolazione possa essere fruita con riferimento
al bilancio di apertura, peraltro non approvato dall’assemblea,
relativo alle procedure sopra indicate.
È stato, invece, definitivamente chiarito dall’Amministrazione finanziaria che l’ambito di
applicazione della normativa in esame non è circoscritto ai soli enti finanziari e creditizi,
destinatari delle norme di vigilanza previste da “Basilea III”, ma è aperto alla generalità
delle imprese in possesso dei requisiti soggettivi e oggettivi posti dalla stessa.
RICORDA - A seguito della Risoluzione dell'Agenzia delle Entrate
24 maggio 2011, n. 57/E, con la quale è stato stabilito il codice
tributo ai fini dell'utilizzo in compensazione dei crediti di imposta
62
Bilancio 2011
derivanti dalla trasformazione delle Dta, denominandolo credito
d'imposta “a favore degli enti creditizi e finanziari”, con la
successiva Risoluzione 22 settembre 2011, n. 94, la stessa
Agenzia ha definitivamente chiarito che il regime in parola può
essere invece utilizzato da tutti i contribuenti interessati, quindi,
anche da soggetti diversi dagli enti creditizi e finanziari.
3. Requisiti oggettivi
La normativa in esame prevede tre fattispecie di trasformazione delle imposte differite attive in
crediti verso l’Erario, di cui due sono state introdotte dal decreto Monti.
3.1 Svalutazione crediti avviamento e attività immateriali
Per quanto riguarda la prima fattispecie (introdotta dalla legge di conversione del D.L. n.
225/2010), le imposte differite attive che possono essere trasformate in credito verso l’Erario
sono quelle che si originano dal differimento della deduzione dei seguenti
componenti negativi relativi:
a) alla svalutazione dei crediti degli enti finanziari e creditizi di cui all’art. 106, comma 3,
del T.U.I.R.; si tratta delle svalutazioni del credito alla clientela per la parte che eccede
il limite fiscalmente riconosciuto dello 0,30%, deducibile nei 18 esercizi successivi. Pur
nel silenzio della norma è ragionevole ritenere che la trasformazione in crediti tributari
riguardi anche le imposte anticipate corrispondenti al rinvio della deduzione ai nuovi
esercizi successivi delle svalutazioni di cui al comma 3-bis);
b) al valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali.
La trasformazione è possibile solo qualora nel bilancio individuale della società sia rilevata una
perdita d’esercizio.
L’importo di imposte differite attive che può essere convertito in credito verso l’Erario non
può eccedere il valore che deriva dal prodotto tra:
la perdita d’esercizio e
REQUISITO OGGETTIVO
La trasformazione interessa le Dta effettivamente iscritte in
bilancio e che siano originate dalle svalutazioni di crediti non
ancora dedotte ai sensi dell'art. 106, co. 3, D.P.R. 22
dicembre 1986, n. 917 e dal valore dell'avviamento e delle
altre attività immateriali i cui componenti sono deducibili ai
fini delle imposte sui redditi in più periodi d'imposta.
63
Bilancio 2011
il rapporto tra imposte differite attive rilevanti e la somma del capitale e delle riserve.
3.2 Perdite
Nella seconda fattispecie le imposte differite attive che possono essere trasformate in
crediti verso l’Erario sono quelle relative alle perdite fiscali generate dalla deduzione dei
componenti negativi indicati ai suddetti punti a) e b).
In tal caso non è richiesto che l’esercizio in cui avviene la trasformazione sia anche in
perdita civilistica e, conseguentemente, non si rende applicabile il limite quantitativo
proporzionale operante nella fattispecie precedente.
In particolare, la seconda fattispecie riguarda due tipi di situazioni:
la prima si verifica quando, da un lato, nell’esercizio in cui si verifica il disallineamento tra i
valori civili e fiscali dei crediti e/o delle attività immateriali, mancano i presupposti per
l’iscrizione di imposte differite attive e, dall’altro, tali presupposti sorgano successivamente
allorquando la corrispondente reversal si traduce in una perdita fiscale riportabile nei
successivi periodi d’imposta;
la seconda, invece, ricorre quando, pur essendo presenti i presupposti per l’iscrizione delle
imposte differite attive dipendenti dal disallineamento di cui sopra, la società non subisce
una perdita d’esercizio, ma, successivamente, nell’anno in cui si verifica la reversal
corrispondente ai precedenti disallineamenti, registra una perdita di rilevanza fiscale.
ESEMPIO - Supponiamo che una società industriale abbia
acquistato nel corso dell’esercizio per un’azienda ad un prezzo
comprensivo di un avviamento di 1.800. L’organo amministrativo,
in sede di redazione del bilancio, giudica che l’avviamento debba
essere ammortizzato in cinque esercizi, mentre l’avviamento è
ammortizzabile, ai fini fiscali, in 18 esercizi.
Durante tutto il quinquennio, l’organo amministrativo non procede
alla rilevazione delle imposte differite attive perché non vi sono
previsioni di realizzare (entro un periodo di tempo ragionevole) un
reddito imponibile non inferiore alle variazioni in aumento
determinate dalla temporanea indeducibilità delle quote di
ammortamento civilistiche dell’avviamento.
Al termine dell’esercizio X + 4, il valore contabile dell’avviamento
è azzerato, mentre il suo valore fiscale è di 1.300.
Nell’esercizio X + 5, la società effettua una variazione in
diminuzione dal reddito imponibile di 100, e il modello UNICO
64
Bilancio 2011
chiude con una perdita fiscale di 70.
La società ritiene che sussistano i presupposti per iscrivere le
imposte differite attive su tali perdite, per un importo pari a 19,25
(70 x 27,5%).
In base all’art. 2, comma 56- bis, del D.L. n. 225/2010, le imposte
differite attive corrispondenti alla perdita causata dalla variazione
in diminuzione, pari a 19,25, si trasformano in crediti verso
l’Erario.
Conseguentemente le perdite fiscali corrispondenti alle imposte
differite attive trasformate in crediti verso l’Erario non sono più
riportabili.
la terza e ultima fattispecie riguarda l’ipotesi in cui il bilancio finale per cessazione di
attività dovuta a liquidazione volontaria, fallimento o liquidazione coatta
amministrativa evidenzi un patrimonio netto positivo. In tal caso, l’intero
ammontare delle attività per imposte differite attive si trasforma in crediti d’imposta.
OSSERVA - La disposizione non è chiara. Infatti non si capisce
come possano essere iscritte in bilancio le imposte differite attive
quando la chiusura della società preclude il loro recupero in termini
di minori imposte correnti future.
4. Decorrenza e rilevanza della trasformazione
La decorrenza della trasformazione delle imposte differite attive in crediti verso l’Erario è
differenziata in relazione alle tre fattispecie previste dalla norma di favore.
Riguardo:
alla prima fattispecie, la conversione delle imposte anticipate attive in crediti d’imposta
ha efficacia con decorrenza dalla data di approvazione del bilancio da parte
dell’assemblea dei soci o dei diversi organi competenti per legge. A decorrere dal periodo
d’imposta in corso alla data di approvazione del bilancio, non sono più deducibili i
componenti negativi corrispondenti alle attività per imposte differite attive trasformate in
crediti verso l’Erario;
alla seconda fattispecie, introdotta dal decreto Monti, la trasformazione in crediti
d’imposta decorre, a termini del comma 56-bis, dalla data di presentazione della
dichiarazione dei redditi in cui viene rilevata la perdita. Pertanto è opportuno che il
contribuente anticipi il più possibile la presentazione della dichiarazione dei redditi al fine
di assorbire in compensazione il credito d’imposta relativo alle imposte differite attive;
65
Bilancio 2011
alla terza fattispecie, se il ragionamento prima svolto circa la spettanza del credito
d’imposta è corretto, il credito d’imposta sorge con il bilancio finale il quale può essere
fruito secondo le modalità ordinarie.
5. Utilizzo del credito
In ordine all'utilizzo del credito d'imposta derivante dalla trasformazione delle Dta, il D.L.
201/2011 amplia le possibilità di utilizzo dello stesso, compreso il rimborso, al fine di
migliorarne la liquidità.
Più precisamente il credito d’imposta ora può essere:
rimborsato:
la possibilità di chiedere a rimborso il credito è però ammessa solo per l’eccedenza che
residua dopo aver effettuato le compensazioni possibili;
utilizzato, senza limiti di importo, in compensazione:
l’utilizzo del credito era, fin dall'inizio, ammesso in compensazione senza alcun limite di
importo;
ceduto al valore nominale:
si esclude una cedibilità totale, ma è consentita la possibilità di utilizzare il credito
nell'ambito del gruppo ai sensi dell'articolo 43-ter del DPR 602 del 1973.
RIEPILOGO
L'AMBITO DI APPLICAZIONE
La trasformazione delle imposte differite attive in crediti di imposta si
applica a tutti i soggetti, anche non finanziari, che presentano i
requisiti richiesti dalla norma. Oggetto di trasformazione sono
soltanto le Dta iscritte in bilancio in relazione a: svalutazioni di crediti
non ancora dedotte ai sensi dell'articolo 106, comma 3, del Tuir;
avviamento e altre attività immateriali i cui componenti negativi sono
deducibili in più periodi d'imposta.
IL CREDITO D'IMPOSTA
Il credito d'imposta originato dalla trasformazione delle Dta non è
rilevante ai fini della determinazione delle basi imponibili Ires e Irap.
RIMBORSABILITA’ DEL CREDITO
E’ possibile il rimborso dei crediti eccedenti rispetto a quelli
compensabili
66
Bilancio 2011
Può essere: utilizzato, senza limiti di importo, in compensazione
(articolo 17 del decreto legislativo 241/97); ceduto al valore
nominale ai soggetti del gruppo (articolo 43-ter del DPR 602/73);
richiesto a rimborso per l'ammontare che residua in seguito alle
compensazioni effettuate.
LA PERDITA CIVILISTICA
In presenza di perdite civilistiche, l'articolo 2, comma 56, del D.L.
225/10 prevede la trasformazione in credito d'imposta delle Dta per
un ammontare pari al prodotto tra la perdita d'esercizio e il rapporto
fra le attività per imposte anticipate indicate al successivo comma 55
e la somma del capitale sociale e delle riserve. La decorrenza della
trasformazione scatta dalla data di approvazione del bilancio
d'esercizio.
LA PERDITA FISCALE
In presenza di perdite fiscali, l'articolo 2, comma 56-bis, del D.L.
225/10 prevede la trasformazione in credito d'imposta delle Dta per
l'ammontare di queste corrispondente alla perdita derivante dalla
deduzione dei componenti negativi di reddito previsti al comma 55
dell'articolo 2 del Milleproroghe dello scorso anno. La trasformazione
decorre dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi in
cui è rilevata la perdita.
LE SITUAZIONI STRAORDINARIE
Il nuovo comma 56-ter estende la disciplina di trasformazione anche
a liquidazione volontaria, procedure concorsuali o gestione delle crisi,
ivi incluse l'amministrazione straordinaria e la liquidazione coatta
amministrativa degli intermediari vigilati dalla Banca d'Italia. Se il
bilancio finale di cessazione evidenzia un patrimonio netto positivo, è
prevista la trasformazione dell'intero ammontare delle Dta.
GLI STANDARD INTERNAZIONALI
Basilea 3 fissa nuovi standard globali per affrontare i rischi a livello di
singole istituzioni e di sistema. Le nuove regole, che entreranno in
vigore nel 2013 con un impatto sulle Dta a decorrere dal 2014,
prevedono una graduale riduzione del peso delle Dta (dal 20% del
2014 al 100% del 2018) in sede di determinazione del Tier one delle
banche tenuto conto che tali attività presentano un basso grado di
liquidabilità.
67
Bilancio 2011
Capitolo 5
ACE: incentivo alla capitalizzazione
Grazie all’art. 1 del Decreto “Salva Italia” - D.L. n. 201/11 viene introdotta nel nostro sistema
fiscale una nuova agevolazione finalizzata alla capitalizzazione delle imprese: si tratta dell’ACE
(Aiuto alla Crescita Economica).
L’attuazione della normativa è stata demandata ad un provvedimento del Ministro
dell’Economia e delle Finanze che ne definirà tempi e modi. Le linee applicative sono, tuttavia,
già definite ed è, quindi, opportuno svolgere i primi approfondimenti, anche in considerazione
del fatto che la nuova previsione trova applicazione immediata.
68
Bilancio 2011
1. Definizione di ACE
L’ACE è un Aiuto alla crescita economica, che consiste nella deduzione dal reddito
d’impresa del rendimento figurativo del capitale proprio. Tale rendimento è fissato al
3% per i primi tre anni di applicazione della normativa (2011 – 2012 – 2013) e sarà invece
individuato ogni anno, con apposito decreto, a decorrere dal 2014.
Il nuovo meccanismo denominato ACE introduce una riduzione del prelievo delle imposte sui
redditi commisurata al nuovo capitale immesso nell'impresa, sotto forma di conferimenti in
denaro da parte dei soci o di destinazione di utili a riserva.
La misura esclude dalla base imponibile del reddito d'impresa il rendimento nozionale riferibile
ai nuovi apporti di capitale di rischio ed agli utili accantonati a riserva, secondo il modello
cosiddetto ACE (Allowance for Corporate Equity): il rendimento è fissato al 3 % per il primo
triennio.
Si tratta, quindi, di un meccanismo di riequilibrio del carico fiscale relativo alle diverse fonti di
finanziamento di natura incrementale, in modo che non siano beneficiati, ex post, gli attuali
azionisti.
Per le imprese di nuova costituzione l'incremento è costituito dall'intero patrimonio
conferito.
Il rendimento nozionale del nuovo capitale proprio si determina mediante applicazione
dell'aliquota percentuale alla variazione in aumento del capitale proprio, rispetto a quello
esistente alla chiusura dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2010. Tale aliquota, fissata
in via transitoria per il primo triennio di applicazione al 3 %, dal quarto periodo di imposta è
determinata con decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze, da emanare entro il 31
gennaio di ogni anno, tenendo conto dei rendimenti finanziari medi dei titoli obbligazionari
pubblici, aumentabili di ulteriori tre punti percentuali a titolo di compensazione del maggior
rischio.
2. Ambito soggettivo
Possono fruire dell’agevolazione:
Soggetti Ires (di cui all’art. 73 c. 1 lett. a) e b) e d) del TUIR)):
le società per azioni;
le società in accomandita per azioni;
RENDIMENTO NOZIONALE
(deduzione dal reddito d’impresa)
=
Incremento del capitale proprio rispetto a quello esistente al 31.12.2010
3% (*) x
69
Bilancio 2011
le società a responsabilità limitata;
le società cooperative e di mutua assicurazione;
gli enti pubblici e privati (nonché i trust) aventi per oggetto esclusivo o principale
l’esercizio di un’attività commerciale (compresi i consorzi);
le stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di società ed enti commerciali non
residenti.
Soggetti Irpef in contabilità ordinaria:
società in nome collettivo;
società in accomandita semplice;
imprese individuali.
NOTA BENE - Il beneficio riguarderà, comunque, solo i soggetti Irpef in regime di
contabilità ordinaria.
Inoltre sempre in riferimento ai soggetti Irpef, le concrete modalità di applicazione saranno
stabilite con il provvedimento di attuazione della norma, in modo da assicurare un beneficio
conforme a quello garantito ai soggetti Ires.
La norma primaria non prevede cause di esclusione soggettiva; è ragionevole ritenere
che i soggetti oggetto di procedure concorsuali che non prevedono la continuazione
dell’attività d’impresa possano essere esclusi dall’ambito soggettivo di applicazione ad opera
del decreto di attuazione.
SOGGETTI BENEFICIARI
Le società per azioni, in
accomandita per azioni, a
responsabilità limitata,
società cooperative e di
mutua assicurazione;
gli enti pubblici e privati
(nonché i trust) aventi per
oggetto esclusivo o principale
l’esercizio di un’attività
commerciale (compresi i
consorzi);
le stabili organizzazioni nel
territorio dello Stato di società
ed enti commerciali non
residenti.
Le società di persone e
imprese individuali in
contabilità ordinaria.
70
Bilancio 2011
3. Incremento del capitale proprio
Per applicare il meccanismo dell’ACE è necessario seguire alcuni step:
1) partire dal patrimonio netto della società al 31.12.2010: K zero
2) determinare l’incremento del capitale proprio al 31.12.2011: K2011
Questo incremento è la risultante della differenza positiva tra:
VARIAZIONE IN AUMENTO DEL CAPITALE PROPRIO:
conferimenti in denaro;
accantonamenti a riserva di utili, ad esclusione di quelli destinati a riserve non disponibili;
e VARIAZIONI IN DIMINUZIONE DEL CAPITALE PROPRIO:
riduzioni volontarie del Patrimonio netto per attribuzione ai soci;
acquisti di partecipazioni in società controllate;
acquisti di aziende o di rami di aziende.
Riepilogando:
se (K2011 - K zero) > 0 -> spetta l’ACE
se (K2011 - K zero) < 0 -> non spetta l’ACE
dove k 2011 = k ZERO + VAR + - VAR -
Si ritiene che, qualora il periodo di imposta sia superiore o inferiore ad un anno,
l’incremento vada ragguagliato alla durata del periodo stesso, in quanto la
remunerazione nozionale del 3%, o quella che sarà stabilita con decreto, è riferita all’anno
solare.
4. Variazioni in aumento del capitale proprio
Costituiscono, quindi, componenti positivi della variazione in aumento del capitale proprio:
gli incrementi operati con conferimenti in denaro;
gli incrementi operati con accantonamenti a riserva di utili, ad esclusione di quelle non
disponibili.
4.1 Conferimenti in denaro
Sono compresi tra gli apporti di denaro rilevanti, a titolo esemplificativo, gli aumenti di
capitale sociale, i versamenti di sovrapprezzo azioni o quote, i versamenti in conto capitale o a
fondo perduto, la conversione in azioni di prestiti obbligazionari convertibili.
Nel periodo in cui vengono effettuati, i conferimenti in denaro si computano a partire dalla
data del versamento, richiedendosi, quindi, il ragguaglio ad anno. Ovviamente, tali
conferimenti, dagli esercizi successivi, rilevano per l’intero.
71
Bilancio 2011
Non assumono efficacia gli aumenti di capitale sociale deliberati e sottoscritti, ma
non versati entro la chiusura di ogni singolo periodo d’imposta, dal momento che la norma
prevede che i conferimenti in denaro rilevino solo a partire dalla data di versamento.
4.2 Rinuncia ai crediti
Per quanto concerne la rinuncia dei crediti da parte dei soci, la stessa dovrebbe
considerarsi rilevante ai fini dell’agevolazione, in analogia con quanto affermato dall’Agenzia
delle Entrate in occasione del bonus capitalizzazione di cui all’art.5, co.3-ter, D.L. n.78/09.
Con riguardo a tale beneficio, la C.M. n.53/E/09 ha chiarito, infatti, che la rinuncia
incondizionata dei soci persone fisiche al diritto alla restituzione di crediti verso la società
determina un aumento di capitale agevolabile.
OSSERVA - E' opportuno ricordare un passaggio della C.M. 6
marzo 1998, n. 76 (par. 4.1.1), che ha elencato le operazioni che
permettono di incrementare il capitale proprio:
- “- i versamenti eseguiti a fronte di ricostituzione o aumento
del capitale sociale o del fondo di dotazione ovvero, con
riferimento all'imprenditore individuale, per aumento del
capitale proprio;
- i versamenti di denaro a fondo perduto o in conto capitale
eseguiti dai soci, con esclusione quindi dei finanziamenti
erogati dagli stessi che costituiscono debiti per la società,
anche se per essi non sono dovuti interessi;
- i versamenti dei soci per soprapprezzo azioni o quote e i
versamenti per gli interessi di conguaglio effettuati dai
sottoscrittori di nuove azioni o quote”.
Nel periodo immediatamente successivo, la citata C.M.
76/E/1998, aveva escluso che la rinunzia da parte dei soci, alla
restituzione di finanziamenti precedentemente eseguiti, possa
configurare un'ipotesi di incremento rilevante del capitale proprio.
Il punto è stato particolarmente controverso, poiché la chiusura
della circolare appariva immotivata e soprattutto facilmente
aggirabile tramite la restituzione del finanziamento e l'immediato
versamento a favore della società in conto capitale.
Probabilmente, alla luce di quest'ultima considerazione, la più
recente C.M. 53/E/2009 (par. 2.1), ha ammesso anche le rinunzie
a finanziamenti soci tra le forme di incremento del patrimonio
netto con la seguente affermazione:
“Per quanto detto, determinano aumenti di capitale agevolabili:
72
Bilancio 2011
- i conferimenti effettuati da persone fisiche a fronte della
sottoscrizione di azioni o quote in sede di costituzione o di
aumento del capitale sociale;
- i versamenti a titolo di soprapprezzo effettuati da persone
fisiche all'atto della sottoscrizione di azioni o quote;
- i versamenti in denaro a fondo perduto eseguiti da soci persone
fisiche, che non comportano obblighi di restituzione da parte della
società, e la rinuncia incondizionata dei soci persone fisiche al
diritto alla restituzione di crediti verso la società”.
Alla luce di questo più recente spunto interpretativo si
ritiene che anche ai fini Ace sia possibile computare tra gli
incrementi le rinunzie ai finanziamenti soci.
Il punto è molto delicato e, quindi, sarebbe opportuna un’
esplicita conferma da parte dell'Agenzia delle Entrate in merito.
Rilevazione contabile
La rinuncia dei soci ai crediti verso la società, ordinariamente, incrementa il patrimonio
netto attraverso la costituzione di una riserva di capitale. Contabilmente, quindi, la società
deve redigere la seguente scrittura:
Debiti v/soci a Altre riserve
La conferma di questa impostazione proviene dall’OIC n. 28, dove è stabilito che l’aumento
del capitale può avvenire anche tramite la rinuncia al credito vantato dai soci, dietro preventivo
abbandono della riscossione da parte di questi ultimi.
D’altro canto, la risoluzione n. 152/E del 22 maggio 2002 dell’Agenzia delle entrate,
argomentando sull’intassabilità della sopravvenienza attiva originata dalla rinuncia al credito da
parte dei soci, ha chiarito che la ratio della disposizione (all’epoca art. 55 oggi art. 88 del Tuir)
è che detta rinuncia è effettuata non a titolo di “liberalità”, bensì in funzione della
patrimonializzazione delle aziende in una prospettiva di continuità dell’attività. Considerando,
come già precisato, che lo scopo dell’introduzione dell’ACE è quello di rafforzare il patrimonio
aziendale, la logica conclusione comporta che la rinuncia ai crediti da parte dei soci dovrebbe
rientrare tra le variazioni in aumento del capitale proprio.
Per il socio, la rinuncia ai crediti verso la società può investire contabilmente il conto
economico ovvero lo stato patrimoniale. Interessando il conto economico, si rileva una
sopravvenienza passiva. Pertanto si avrà:
73
Bilancio 2011
Sopravvenienza passiva a Credito v/partecipata
Effettuando, invece, un giroconto del “credito verso la società”, si incrementa il costo della
partecipazione allocata nello stato patrimoniale. Questa ultima soluzione è quella fiscalmente
riconosciuta dall’articolo 101, comma 7, del Tuir, laddove è disposto che la rinuncia dei soci ai
crediti non è ammessa in deduzione ed il relativo ammontare si aggiunge al costo della
partecipazione. La scrittura sarà:
Partecipazione a Credito v/partecipata
Va tenuto presente, infine, che, utilizzando il conto “sopravvenienza passiva”, la stessa
deve essere indicata tra le variazioni in aumento in sede di redazione della dichiarazione dei
redditi.
4.3 Accantonamento a riserve di utili
Con riferimento agli incrementi operati con accantonamenti a riserva di utili, gli stessi si
computano a partire dall’inizio dell’esercizio in cui si sono formati.
Non rilevano le riserve di utili non disponibili.
Ora, il riferimento alle riserve non disponibili dovrebbe negare il beneficio a tutte quelle
riserve che non possono essere distribuite e non possono essere utilizzate all’interno
dell’impresa per copertura perdite o aumenti gratuiti di capitale.
È il caso della riserva azioni proprie o delle riserve da utili derivanti dalla valutazione al
valore equo (fair value) di cui all’art.6 del D.Lgs. n.38/05 per i soggetti IAS adopter.
Anche la riserva legale potrebbe “subire” delle limitazioni per la parte fino al 20% del
Capitale sociale.
Sul punto è auspicabile che il decreto di attuazione rechi precise indicazioni, anche con
riguardo alla necessità o meno che l’ indisponibilità sia solo quella prevista ex lege o anche solo
in via statutaria.
OSSERVA:
Rivalutazione monetaria
Una particolare situazione è rappresentata dalla rivalutazione volontaria di beni eseguiti
a seguito di situazione eccezionali di cui all'art. 2423, co. 4, c.c.
In tale caso, la citata norma stabilisce che l'utile derivante dall'operazione debba essere
allocato in una riserva non distribuibile se non in misura corrispondente al valore recuperato.
74
Bilancio 2011
In tale situazione, si ritiene che fino a quando l'utile non sia recuperato, non sia
possibile dare rilevanza all'incremento patrimoniale, mentre al momento della
cessione del bene rivalutato e, quindi, avendo recuperato il maggior valore, si
dovrebbe avere rilevanza dell'utile, poiché in questo caso la riserva diviene
disponibile.
Poste in valuta al cambio
Una ulteriore ipotesi di riserva non disponibile è rappresentata dall'utile ritratto dalla
valutazione delle poste in valuta al cambio della fine dell'esercizio. In tale circostanza, l'art.
2426, n. 8 bis, c.c., impone di allocare l'utile netto ad una riserva non distribuibile fino al
momento del realizzo della posta in valuta stessa.
Anche in questa fattispecie, la riserva si presenta come non disponibile fino al
momento del realizzo. Avveratasi quest'ultima condizione, la riserva diviene libera
e, pertanto, dovrebbe rilevare ai fini Ace.
4.4 New-co
L’ultimo periodo del co.6 dell’art.1 estende l’applicazione dell’agevolazione anche alle
imprese di nuove costituzione, stabilendo appunto che “per le aziende e le società di nuova
costituzione si considera incremento tutto il patrimonio conferito”.
Deve trattarsi, comunque, di apporti in denaro e non anche in natura; in tal senso si
espresse il Ministero delle Finanze con riguardo alla DIT (C.M. n.76/E/98).
Conferimenti in denaro (ad
esempio, aumenti di capitale sociale,
versamenti sovrapprezzo azioni,
versamenti in conto capitale,
versamenti a fondo perduto)
rilevanti dalla data
di versamento
Accantonamenti di utili a riserva,
esclusi quelli a riserve indisponibili
(ad esempio, a riserva legale, a
riserva per acquisto di azioni proprie
ex art. 2357-ter, C.c.)
rilevanti dall’inizio
dell’esercizio in cui
le relative riserve si
sono
formate
5. Variazioni in diminuzione del capitale proprio
I decrementi assumono rilevanza ai fini della determinazione della quota di reddito
agevolato sia se effettuati in denaro, sia se effettuati in natura, mediante l’assegnazione di
beni.
75
Bilancio 2011
Non rilevano, invece, le riduzioni del patrimonio non volontarie quali, per
esempio, quelle derivanti dalla copertura delle perdite di esercizio.
Ad esempio rileva l’attribuzione ai soci di:
riserve di utili;
riserve per sovrapprezzo azioni o quote;
capitale sociale o altre riserve di capitale;
versamenti in conto capitale o a fondo perduto.
I decrementi si computano sempre a partire dall’inizio dell’esercizio in cui si sono verificati.
Se nessuna previsione limitativa sarà introdotta nel decreto di attuazione, non dovrebbe
rilevare il c.d. limite del patrimonio netto.
Tale limite nega il beneficio ai versamenti operati a fronte del ripristino del deficit
patrimoniale (Patrimonio netto negativo).
In assenza di una siffatta previsione, in caso di versamento soci per copertura perdite,
l’incremento rileverebbe per l’intero ammontare, anche per la quota che eccede il Patrimonio
netto.
ESEMPIO: Ipotizziamo che nel 2011 la società abbia subito una perdita di 50 che ha
azzerato il Patrimonio netto pari a 50, esistente al 31/12/2010. I soci nel 2011 eseguono un
versamento a copertura di 70, con un Patrimonio netto di 20 a fine esercizio. La riduzione
per perdita non rileva, mentre dovrebbe rilevare il versamento di 70 (ragguagliato ad
anno) anche per la quota di 50 che eccede il Patrimonio netto finale al 31/12/2011.
5.1 Acquisti di partecipazioni in società controllate
Gli acquisti di partecipazioni in società controllate riducono il Patrimonio netto ai fini ACE.
Il fine è quello di evitare che apporti in denaro siano utilizzati per mere riorganizzazioni del
gruppo societario.
5.2 Acquisti di aziende
Anche gli acquisti di azienda costituiscono decrementi del capitale. Circostanza non
condivisibile in quanto un acquisto di azienda non può essere considerato un investimento non
meritevole di beneficio fiscale.
Riduzioni di PN con attribuzione, a qualsiasi titolo, a soci e
partecipanti (ad esempio, distribuzioni di riserve di utili,
riserve sovrapprezzo azioni / quote, capitale sociale /
versamenti in conto capitale / versamenti a fondo perduto,
assegnazioni di beni)
rilevanti dall’inizio
dell’esercizio in cui si
sono verificati
Acquisti di partecipazioni in società controllate
Acquisti di aziende/rami di aziende
76
Bilancio 2011
6. Calcolo dell’ACE Sull’eventuale incremento del capitale si applica il 3% e ciò determina una deduzione
dall’imponibile Ires (o Irpef) valida nell’anno dell’aumento e in ciascun esercizio successivo fino
a quando il patrimonio non diminuisce a seguito di assegnazioni o rimborsi ai soci.
Considerando l’aliquota Ires del 27,5%, si può affermare che il risparmio fiscale
effettivo dell’ACE (con il rendimento del 3%) è, per ogni anno, pari allo 0,825%
dell’incremento patrimoniale.
Il beneficio non rileva ai fini Irap in quanto si esprime mediante una variazione fiscale in
diminuzione extra-contabile che, peraltro, non può determinare una perdita, ma un
eventuale riporto in avanti.
Per effetto dell’ACE e della circostanza che le distribuzioni di utili riducono la variazione del
capitale, potrebbero essere meno convenienti le distribuzioni di riserve e/o dell’utile 2010, che
molte società con soci non qualificati hanno ipotizzato di effettuare entro fine 2011 per
usufruire dell’aliquota di tassazione del 12,5%, destinata ad aumentare al 20% dal 1°
gennaio 2012.
Il decreto attuativo dovrà prevedere specifiche disposizioni antielusive per evitare
fenomeni ripetuti di capitalizzazioni all’interno dei gruppi. Attendiamo inoltre i necessari
chiarimenti da parte dell’ Agenzia delle Entrate concernenti il beneficio in caso di operazioni
straordinarie.
È ragionevole prevedere, comunque, che nei casi di operazioni neutrali caratterizzate dalla
continuità tra soggetti gli incrementi di capitale investito formatisi in capo al dante causa si
trasferiscono all’avente causa (vedi operazioni di fusione, scissione, totale o parziale che sia).
7. Caratteristiche ACE
L’agevolazione è caratterizzata dai seguenti punti:
non è prevista alcuna clausola di salvaguardia di un reddito imponibile minimo,
come invece avveniva nella Dit, ove si stabiliva che l'effetto dell'agevolazione sull'aliquota
Irpeg non poteva generare una tassazione inferiore all'aliquota del 27%. L'assenza di
questa previsione, comporta che a fronte di rilevanti aumenti di capitale proprio si
ESEMPIO
1. Accantonamento a riserva dell’utile 2010: euro 1.000
(l’accantonamento dell’utile di esercizio rileva dall’inizio del
medesimo)
2. Versamento soci in c/capitale eseguito il 01/10/11: euro
3.000
(il versamento rileva dalla data di esecuzione = 92/365 giorni –
77
Bilancio 2011
potrebbe avere una totale detassazione del reddito imponibile, per effetto della variazione
diminutiva. Di seguito riportiamo un esempio.
Reddito imponibile 2011 Euro 60.000.
Incremento del capitale proprio Euro 2.000.000 x 3% = Euro
60.000,
variazione diminutiva = Euro 60.000, reddito imponibile del
2011 = zero.
è evidente che si potrebbero avere anche casi in cui la variazione diminutiva supera il
reddito di un determinato esercizio e, in tal caso, il differenziale non utilizzato
può essere riportato a nuovo negli esercizi successivi senza alcun limite
temporale. Tale passaggio ha effetto sulla fiscalità differita attiva, nel senso che la quota
eccedente di rendimento nozionale ridurrà le imposte di esercizi successivi, il che dovrebbe
legittimare l'iscrizione di imposta differite attive pari al 27,5% di detta quota di rendimento
nozionale non utilizzata nell'esercizio;
la variazione diminutiva ha effetto ai soli fini Ires, non essendo prevista alcuna
riduzione del valore della produzione ai fini Irap;
trattandosi di un'agevolazione tributaria che riduce il reddito imponibile, si dovrebbe
ottenere un significativo vantaggio anche nella normativa delle società di comodo,
nel senso che il reddito minimo determinato ex art. 30, co. 3, L. 23 dicembre 1994, n.
724, dovrebbe essere ridotto dell'importo della variazione in diminuzione Ace. In questa
direzione, peraltro, si registra un passaggio della C.M. 21 dicembre 2009, n. 53, in materia
di bonus capitalizzazione e società di comodo, in cui l'Agenzia delle Entrate ha affermato
che: “Tali importi (variazione diminutiva per effetto della capitalizzazione ndr) sono
sottratti dal reddito presunto per determinare il reddito minimo imponibile ai fini del
successivo confronto di quest'ultimo con il reddito effettivo”.
L’agevolazione ha comunque il pregio di produrre un risparmio nel tempo e deducibile degli
interessi passivi.
L'aspetto interessante della detassazione in questione è che il risparmio fiscale è
prospetticamente destinato a reiterarsi nel tempo, in quanto il bonus non esaurisce
l'utilità del periodo cui è stata effettuata la ricapitalizzazione ma, laddove non
dovessero configurarsi prelevamenti da parte dei soci, può trovare applicazione
pluriennale. L'utilità dello sconto fiscale deve quindi essere apprezzata nella prospettiva del
medio-lungo periodo. Solo in tal modo, infatti, si può meglio cogliere l'utilità del bonus che,
visto sul singolo periodo, potrebbe apparire di modesta entità.
78
Bilancio 2011
7.1 Rilevamento contabile Considerato che la deduzione ACE produce minori imposte da pagare, è fuori dubbio che
nel Conto Economico le “imposte correnti” diminuiscono per effetto della deduzione stessa.
Valga il seguente esempio riguardante una società a responsabilità limitata:
Patrimonio netto al 31.12.2010
100.000
Utile d’esercizio 2010
100.000
Riserva legale (100.000 x 5%)
5.000
Soci c/dividendo
45.000
Riserva straordinaria
50.000
Conferimento di denaro al 1.10.2011
90.000
Conferimento rilevante ACE (90.000 x 92 : 365)
22.685
Deduzione ACE (50.000 + 22.685)
72.685
Modello Unico 2012 (72.685 x 3%)
2.181
Considerando un reddito della società pari a euro 50.000, l’Ires da versare è data dal
seguente calcolo:
50.000 – 2.181 (rigo RN6 colonna 3 Unico SC) = 47.819 x 27,5% = 13.150
In contabilità, quindi, le imposte correnti si evidenziano con la scrittura:
Imposte correnti Ires a Debiti tributari
13.150
79
Bilancio 2011
Occorre, infine, tenere presente che, nell’ipotesi di un reddito imponibile della società pari
a euro 2.000, la deduzione ACE può essere utilizzata fino a compensazione del reddito e,
l’eccedenza, può essere utilizzata nei periodi d’imposta successivi. Nel nostro caso, quindi,
l’importo di euro 181 (2.181 – 2.000) va indicato nel rigo RS113, colonna 11, dell’Unico SC,
tenendo presente che bisogna determinare le imposte anticipate da utilizzare nei periodi
d’imposta successivi.
Quindi:
181 x 27,5% = 49,77
In contabilità:
Crediti per imposte anticipate a Imposte Ires anticipate
49,77
Questo se si ha la ragionevole certezza che in futuro si conseguiranno utili.
8. ACE nel 2011
L’ACE riguarda già l’esercizio 2011 se dovesse risultare una variazione positiva del capitale
proprio al 31.12.2011 rispetto a quello al 31.12.2010.
Al riguardo, va evidenziato che rilevano non solo i conferimenti in denaro effettuati nel 2011
(ragguagliati al giorno di esecuzione) ma anche gli accantonamenti di utili effettuati nello
stesso anno. Rilevano, ad esempio, gli utili dell’esercizio 2010 accantonati nel 2011.
8.1 Istruzioni Unico 2012
Importanti spunti per quanto riguarda il 2011 possono arrivare dalle istruzioni di Unico
2012.
Infatti in tale modello:
compare un campo dove esporre il valore del patrimonio esistente al termine dell'esercizio;
il dato, come spiegano le istruzioni al quadro RS, è richiesto perchè “in ciascun esercizio la
variazione in aumento non può comunque eccedere il patrimonio netto risultante dal
relativo bilancio, escluso l'utile del medesimo periodo”;
si tratta di una indicazione che non è presente nella norma, la quale, proprio su questo
punto, si differenzia dalla precedente agevolazione Dit che stabiliva espressamente il limite
del patrimonio netto.
In questo modo:
è dunque da ritenere che la precisazione anticipi quanto sarà stabilito dal decreto
ministeriale di attuazione previsto dall'articolo 1, comma 8, del D.L. 201/2011, che
80
Bilancio 2011
avrebbe dovuto essere emanato entro il 27 gennaio scorso, ma che ancora non ha visto la
luce.
il limite del patrimonio netto riduce l'incentivo per le imprese che ricapitalizzano a fronte di
perdite che hanno superato il patrimonio. In questo modo, infatti, come già era previsto
per la Dit, i versamenti dei soci a copertura del "sottozero" sono di fatto esclusi
dall'agevolazione (come indicato negli esempi a margine).
il limite del patrimonio netto si quantifica senza tenere conto dell'utile dell'esercizio,
che dunque non è in grado di controbilanciare il deficit per ripristinare la
rilevanza degli apporti;
le perdite, secondo questo schema, non riducono di per sé la base Ace,
addossandosi preventivamente al patrimonio preesistente che non vale per
l'agevolazione (o ad eventuali riserve di rivalutazione e conferimenti in natura, pure
esclusi dall'incentivo) ma, una volta azzerato questo importo, esse cominciano a erodere le
ricapitalizzazioni rilevanti, depotenziando il beneficio. Una società che subisce
ripetutamente delle perdite pari al patrimonio netto originario, che vengono integralmente
coperte dai soci, di fatto usufruisce dell'Ace solo sul primo versamento.
ESEMPIO - Una S.r.l. con patrimonio al 31.12.2010 pari a 100,
nel 2011 subisce una perdita di 100 e riceve un versamento di
100. L'apporto rileva interamente essendo pari al patrimonio
netto finale. Se la situazione si ripete nel 2012 e nel 2013
(perdita 100, versamento 100, patrimonio finale sempre 100), nel
modello Unico 2014 la detassazione si calcolerà su 100 anche se
nel triennio sono stati effettuati versamenti per 300.
PROSPETTO DI UNICO
Nel rigo RS113 va indicato:
in colonna 1, l’importo degli incrementi del capitale proprio pari all’ammontare dei
conferimenti in denaro e degli utili accantonati a riserva, ad esclusione di quelli destinati a
riserve non disponibili, rispettivamente versati e accantonati nel corso del periodo
d’imposta 2011;
81
Bilancio 2011
in colonna 2, l’importo dei decrementi del capitale proprio pari all’ammontare delle
riduzioni del patrimonio netto con attribuzione, a qualsiasi titolo (sia in denaro che in
natura), ai soci o partecipanti;
in colonna 3, l’ammontare delle riduzioni pari agli acquisti di partecipazioni in società
controllate e agli acquisti di aziende o di rami di aziende. In tale colonna vanno, altresì,
indicate le altre riduzioni derivanti dalle disposizioni aventi finalità antielusiva
eventualmente stabilite dal decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze di cui
all’articolo 1, comma 8, del Decreto Legge n. 201 del 2011;
in colonna 4, la differenza tra l’importo di colonna 1 e la somma degli importi di colonna 2
e di colonna 3; qualora il risultato sia pari o inferiore a zero, le successive colonne non
vanno compilate, in quanto non sussiste alcuna variazione in aumento del capitale proprio;
in colonna 5, l’importo del patrimonio netto risultante dal bilancio dell’esercizio, con
esclusione dell’utile dell’esercizio stesso. Se il patrimonio netto assume valore negativo o
zero, le successive colonne non vanno compilate, in quanto non sussiste alcuna variazione
in aumento del capitale proprio;
in colonna 6, il minore tra l’importo di colonna 4 e quello di colonna 5;
in colonna 7, il rendimento nozionale del nuovo capitale proprio, pari al 3 per cento
dell’importo di colonna 6, se positivo;
in colonna 8, il codice fiscale del soggetto partecipato (artt. 5 e/o 115 del TUIR) ovvero
del Trust trasparente o misto di cui il dichiarante risulta beneficiario che ha attribuito per
trasparenza il rendimento nozionale eccedente il proprio reddito complessivo netto
dichiarato, e in colonna 9 il relativo importo. Nel caso in cui il dichiarante abbia ricevuto il
rendimento nozionale da più soggetti deve compilare più moduli, avendo cura di numerare
distintamente ciascuno di essi e di riportare la numerazione progressiva nella casella posta
in alto a destra del presente quadro;
in colonna 10, l’importo del rendimento nozionale complessivo pari alla somma tra
l’importo indicato in colonna 7 e quello indicato in colonna 9, di tutti i moduli compilati.
in colonna 11, l’importo del rendimento nozionale di cui a colonna 10 che non è stato
possibile utilizzare in deduzione dal reddito complessivo netto dichiarato nel quadro RN,
ovvero dal reddito complessivo netto dichiarato di gruppo; tale importo è computato in
aumento dell’importo deducibile dal reddito dei periodi d’imposta successivi;
in colonna 12, l’importo del rendimento nozionale di cui a colonna 10 che non è stato
possibile utilizzare in deduzione dal reddito complessivo netto dichiarato assoggettato
all’addizionale di cui all’articolo 81 del D.L. n. 112 del 2008 (rigo RQ43) ovvero
assoggettato alla maggiorazione di cui all’articolo 2, comma 36-quinquies, del D.L. n. 138
del 2011 (rigo RQ64); tale importo è computato in aumento dell’importo deducibile dal
reddito dei periodi d’imposta successivi.
82
Bilancio 2011
ESEMPIO Patrimonio netto: euro 3.000
Accantonamento a riserva dell’utile 2010: euro 1.000
(l’accantonamento dell’utile di esercizio rileva dall’inizio del medesimo)
Versamento soci in c/capitale eseguito il 01/10/11: euro 3.000
(il versamento rileva dalla data di esecuzione = 92/365 giorni – 756 euro rilevanti)
Incremento rilevante Ace per il 2011 = 1.756
Ace spettante per il 2011 = 1.756 X 3% = 52,68
RIEPILOGO
AGEVOLAZIONE
Al fine di incentivare il finanziamento
delle imprese con capitale proprio, è
introdotta una deduzione dal reddito
d’impresa, pari al “rendimento nozionale”
del nuovo capitale proprio. Tale
rendimento è pari all’importo risultante
dall’applicazione, all’incremento del
capitale proprio rispetto a quello
esistente alla chiusura del periodo
d’imposta in corso al 31.12.2010, di
un’aliquota individuata con apposito
Decreto da emanare entro il 31.1 di ogni
anno. In via transitoria, per il primo
triennio (2011 – 2013) detta aliquota è
fissa.ta nella misura del 3%
DETERMINAZIONE
DELL’INCREMENTO
Al fine di determinare l’incremento
patrimoniale rilevano:
▬ quali incrementi: i conferimenti in
denaro, a partire dalla data di
versamento; gli utili accantonati a
1.756 1.756
3.000 1.756 52 68
52,68
83
Bilancio 2011
riserva (esclusi quelli destinati a
riserve indisponibili), a partire
dall’inizio dell’esercizio in cui la
riserva si è formata;
▬ quali decrementi, a partire dall’inizio
dell’esercizio in cui si sono verificati:
le riduzioni del patrimonio netto con
attribuzione dello stesso ai
soci/partecipanti, a qualsiasi titolo;
gli acquisti di partecipazioni in
società controllate; gli acquisti di
aziende/rami d’azienda.
BENEFICIARI Soggetti Ires e ditte individuali e società
di persone in contabilità ordinaria.
DECORRENZA 2011.
84
Bilancio 2011
Capitolo 6
Irap: nuove regole di deducibilità dal reddito d’impresa
A decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31/12/2012 per i soggetti con periodo d’imposta
coincidente con l’anno solare, è possibile dedurre dal reddito d’impresa l’Irap pagata nell'anno
e riferita alla quota imponibile del costo del personale dipendente e assimilato al netto delle
deduzioni previste dall’articolo 11 comma 1 lettera a), 1-bis, 4-bis e 4-bis1, decreto legislativo
446/97.
Inoltre sempre dal 2012 per effetto delle nuove disposizioni vengono previsti sensibili aumenti
delle deduzioni ai fini Irap, in relazione ai contratti di lavoro che interessano le lavoratrici
dipendenti e giovani sotto i 35 anni con contratto di lavoro a tempo indeterminato.
85
Bilancio 2011
1. Premessa
Il D.L. n. 201/2011, c.d. “Salva Italia”, ha previsto, all’art. 2, commi da 1 a 3, alcune novità in
materia di IRAP. In particolare:
un incremento delle deduzioni per i lavoratori di sesso femminile o di età inferiore a 35
anni impiegati nel periodo d'imposta;
possibilità di dedurre al 100%, dalle imposte sui redditi, l'Irap relativa al personale
dipendente e assimilato, in luogo della deduzione forfettaria del 10% attualmente in
vigore.
Tali misure consentono di ridurre l’incidenza del costo del lavoro sulla base imponibile
Irpef/Ires.
Le nuove disposizioni sono applicabili a decorrere dal
→ periodo d’imposta in corso al 31.12.2012,
ossia dal 2012 per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare.
NOVITA’
riconosciuta la deducibilità dal reddito d’impresa/lavoro
autonomo del 100% dell’IRAP versata riferita al costo del
personale dipendente ed assimilato;
è aumentata la misura della deduzione ex art. 11, comma 1,
lett. a), nn. 2 e 3, D.Lgs. n. 446/97 (c.d. “cuneo fiscale”) per i
lavoratori dipendenti a tempo indeterminato di sesso femminile
ovvero di età inferiore a 35 anni.
DECORRENZA 2012
2. Deducibilità Irap riferita al costo del personale
Come noto, dal 2008, l’art. 6, D.L. n. 185/2008 ha riconosciuto, ai fini della determinazione del
reddito d’impresa/lavoro autonomo, la deducibilità ai fini Irpef/Ires di una quota pari al 10%
dell’Irap versata, a condizione che alla formazione del valore della produzione abbiano
concorso spese per lavoro dipendente, oppure interessi passivi non ammessi in deduzione nella
determinazione della base imponibile IRAP.
Tale deduzione spetta a prescindere dall’ammontare effettivamente sostenuto a tale titolo.
Ora, l’art. 2, D.L. 201/2011, prevede che:
→ “a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2012 è ammesso in deduzione
ai sensi dell'articolo 99, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con il
decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive
modificazioni, un importo pari all'imposta regionale sulle attività produttive determinata ai
86
Bilancio 2011
sensi degli articoli 5, 5-bis, 6, 7 e 8 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446,
relativa alla quota imponibile delle spese per il personale dipendente e assimilato al netto
delle deduzioni spettanti ai sensi dell'articolo 11, commi 1, lettera a), 1-bis, 4-bis, 4-bis.1
del medesimo decreto legislativo n. 446 del 1997”.
In sostanza, l’art. 2, commi 1 e 2 del citato D.L. n. 201/2011:
ha previsto la deduzione integrale dell’IRAP relativa alle spese per il personale
dipendente ed assimilato;
ha abrogato la deduzione forfetaria del 10% dell’IRAP con riferimento alle spese
per il personale dipendente ed assimilato, mantenendola soltanto in presenza di
interessi passivi.
Come cambia la deduzione ai fini Irpef ed Ires
2011 Deduzione forfettaria del 10% dell'Irap versata (in presenza di base
imponibile dovuta al costo del lavoro o alla gestione finanziaria).
2012 Deduzione analitica del 100% dell'Irap relativa al costo del lavoro.
3. Soggetti interessati
La deduzione è ammessa per i soggetti che determinano la base imponibile Irap ai sensi degli
articoli 5, 5-bis 6, 7 e 8 del D.Lgs 446/1997.Rientrano nell’ambito di applicazione della
disposizione, anche i soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere e) ed e-bis) del decreto
Irap, ovvero gli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato,
che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, le società e
gli enti di ogni tipo con o senza personalità giuridica non residenti nel territorio dello Stato,
nonché le amministrazioni pubbliche.
Soggetti interessati della disposizione
Società di capitali ed enti commerciali;
società di persone ed imprese individuali;
banche, enti e società finanziarie;
imprese di assicurazione;
persone fisiche esercenti arti e professioni, società semplici ed
equiparate;
altri soggetti che determinano la base Irap ex art. 5 D.Lgs
446/97
(es. imprese agricole).
87
Bilancio 2011
La deduzione in esame è preclusa ai soggetti che si avvalgono del metodo retributivo per
la determinazione della base imponibile IRAP (ad esempio, enti non commerciali che
svolgono esclusivamente attività istituzionale, Amministrazioni pubbliche).
RICORDA - Analogamente alla deduzione forfetaria del 10%, possono comunque
usufruire della deduzione in esame tutti i soggetti che determinano l’IRAP ai sensi del
citato art. 5, D.Lgs. n. 446/97 a seguito di opzione (imprenditori agricoli,
Amministrazioni pubbliche per l’attività commerciale esercitata), ovvero per regime
naturale (enti non commerciali per l’attività commerciale esercitata in via non
prevalente).
4. Determinazione della quota deducibile
Secondo quanto disposto dal comma 1 del citato art. 2:
→ “è ammesso in deduzione … un importo pari all’imposta regionale sulle attività produttive …
relativa alla quota imponibile delle spese per il personale dipendente e assimilato al netto
delle deduzioni spettanti ai sensi dell’articolo 11, commi 1, lettera a), 1-bis, 4-bis, 4-bis.1
…”.
In sostanza, i soggetti Irap sopra citati potranno considerare quale voce diminutiva
dell'imponibile Ires o Irpef l'importo dell'Irap corrispondente alla base imponibile
determinata dal costo del lavoro al netto delle seguenti deduzioni:
i contributi per le assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro (art. 11, co. 1,
lett. a), punto 1, D.Lgs. 446/1997);
le spese relative agli apprendisti, ai disabili e le spese per il personale assunto con
contratti di formazione e lavoro, nonché, i costi sostenuti per il personale addetto alla
ricerca e sviluppo (art. 11, co. 1, lett. a), punto 5, D.Lgs. 446/1997);
gli importi detassati per ridurre il “cuneo fiscale” (art. 11, co. 1, lett. a), punti da 2 a 4,
D.Lgs. 446/1997), peraltro riformulati proprio per effetto del medesimo art. 2, D.L.
201/2011;
le indennità di trasferta previste contrattualmente dalle imprese autorizzate
all'autotrasporto di merci, per la parte che non concorre a formare il reddito del
dipendente ai sensi dell'art. 48, co. 5, Tuir (art. 11, co. 1-bis, D.Lgs. 446/1997);
gli importi forfettari previsti per i soggetti “minori” (art. 11, co. 4-bis, D.Lgs. 446/1997);
gli importi forfettari previsti per l'impiego di lavoratori dipendenti - fino ad un massimo di
5 - per i soggetti con componenti positivi concorrenti alla formazione della base
imponibile Irap non superiori, nel periodo d'imposta, a Euro 400.000 (art. 11, comma 4-
bis1, D.Lgs. 446/1997).
Circa i criteri di deduzione dell’Irap si fa presente che:
88
Bilancio 2011
come ricordato dalla C.M. n. 16/E/2009, l'imposta regionale rilevante per il calcolo della
deduzione (anche per gli esercenti e professioni), è quella versata, nel periodo di
imposta di riferimento, a titolo di saldo del periodo di imposta precedente e di
acconto di quello successivo, nei limiti, per quanto concerne l'acconto, dell'imposta
effettivamente dovuta per il medesimo periodo di imposta. In altri termini, l'Irap versata in
acconto potrà partecipare al calcolo dell'importo deducibile, solo se nei limiti in cui rifletta
l'imposta effettivamente dovuta per il periodo di imposta di riferimento;
il criterio di cassa va integrato per tener conto della circostanza che la quota di
acconto versata in eccesso rispetto all'Irap dovuta la quale risulta dalla
liquidazione definitiva del debito di periodo, non può essere computata nel calcolo della
deduzione, in quanto, non risultando definitivamente dovuta, costituisce credito
dell'esercizio medesimo;
deve essere considerata anche l’Irap versata a seguito di ravvedimento operoso,
ovvero di iscrizione a ruolo di imposte dovute per effetto della riliquidazione della
dichiarazione o di attività di accertamento.
OSSERVA: Chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate
Secondo quanto recentemente chiarito dall’Agenzia delle Entrate nel corso degli
incontri con la stampa specializzata, considerato che la disposizione in esame è
applicabile anche con riguardo alle spese per il personale “assimilato” a quello
dipendente, è integralmente deducibile anche l’IRAP connessa con le spese
relative agli amministratori ed ai collaboratori coordinati e continuativi.
Schema di sintesi
LA MODIFICA AVVANTAGGIA
Soggetti con forte incidenza del costo del lavoro sulla base imponibile Irap.
LA MODIFICA SVANTAGGIA
Soggetti la cui base imponibile Irap deriva principalmente dal risultato
economico e dagli oneri finanziari, con importo minimo del costo del lavoro.
ESEMPIO Supponiamo che l’Irap dovuta da una una Srl per il periodo d’imposta 2011 sia data dai
seguenti importi:
4.000 a titolo di saldo (da versare il 18/06/2012);
89
Bilancio 2011
6.000 a titolo di acconto già versati in data 16/06/2011 e 30/11/2011.
Ipotizziamo che per il periodo d'imposta 2012 la base imponibile Irap al netto delle deduzioni
sia pari a euro 200.000, e il costo del lavoro e assimilato indeducibile corrisponda esattamente
al 50% dell'imponibile totale.
L’importo rilevante ai fini della deduzione analitica prevista dal decreto “salva Italia”, sarà
dunque pari al 50% dell'intero versamento. Dato che l’agevolazione decorre dal 2012 si dovrà
considerare l'importo del saldo versato il 16/06/2012 (più gli eventuali acconti 2012). Nel
modello Unico 2013 la deduzione calcolata sarà quindi pari a 2.000 euro (4.000 x 50%).
5. Nuova deduzione e vecchia deduzione
Per effetto del riconoscimento dell’integrale deducibilità dell’IRAP riferita al costo del personale,
l’art. 6 del citato D.L. n. 185/2008 è stato modificato al fine di limitare, dal 2012, la
deducibilità nella misura del 10% all’imposta forfettariamente riferita alla sola quota
imponibile degli interessi passivi e oneri assimilati al netto degli interessi attivi e
proventi assimilati.
Il citato art. 6 infatti ora così dispone:
art. 6, D.L. n. 185/2008
(in vigore fino al 2011)
art. 6, D.L. n. 185/2008
(in vigore dal 2012)
“… è ammesso in deduzione … un
importo pari al 10 per cento
dell’imposta regionale sulle
attività produttive …
forfettariamente riferita
all’imposta dovuta sulla quota
imponibile degli interessi passivi
e oneri assimilati al netto degli
interessi attivi e proventi
assimilati, ovvero delle spese per
il personale dipendente al netto
delle deduzioni spettanti …”.
“… è ammesso in deduzione …
un importo pari al 10 per cento
dell’imposta regionale sulle
attività produttive …
forfettariamente riferita
all’imposta dovuta sulla quota
imponibile degli interessi
passivi e oneri assimilati al
netto degli interessi attivi e
proventi assimilati”.
A seguito di tale modifica, dunque, dal 2012 (mod. UNICO 2013) è deducibile:
l’IRAP versata riferita ai costi del personale dipendente ed assimilato nella
misura del 100%;
90
Bilancio 2011
l’IRAP versata riferita agli interessi passivi ed oneri assimilati nella misura
forfettaria del 10%.
Di conseguenza, dal 2012, a seconda della presenza esclusivamente di interessi passivi o di
spese per il personale dipendente/assimilato, ovvero della contestuale presenza di entrambi
tali componenti negativi, si possono verificare le seguenti situazioni:
interessi
passivi
spese personale
dipendente /
assimilato
deducibilità
ai fini Irpef
/ Ires
1. SI NO 10% dell’IRAP versata
2. NO SI 100% dell’IRAP versata riferita
alle spese per il personale (*)
3. SI SI
10% dell’IRAP versata
+
100% dell’IRAP versata riferita
alle spese per il personale (*)
(*) al netto delle deduzioni spettanti
6. Deduzioni maggiorate per dipendenti donne e giovani under 35
Il co. 2, art. 2, D.L. 201/2011 prevede che:
→ “all'articolo 11, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446,
sono apportate le seguenti modificazioni: a) al numero 2), dopo le parole “periodo di
imposta” sono aggiunte le seguenti: “aumentato a 10.600 euro per i lavoratori di sesso
femminile nonché per quelli di età inferiore ai 35 anni”; b) al numero 3), dopo le parole
“Sardegna e Sicilia” sono aggiunte le seguenti: “aumentato a 15.200 euro per i lavoratori
di sesso femminile nonché per quelli di età inferiore ai 35 anni”.
Nelle disposizioni del decreto 201/2011, viene, quindi, previsto, che con decorrenza dal periodo
d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2011, le deduzioni forfettarie
dalla base imponibile dell'imposta regionale, relative ai contratti di lavoro a tempo
indeterminato, passano da due a quattro.
In pratica, vengono stabilite alcune maggiorazioni per quanto attiene le deduzioni spettanti per
il costo del personale nella determinazione della base imponibile Irap.
91
Bilancio 2011
Dal 2012, dunque, il panorama delle deduzioni forfettarie Irap concesse per ogni dipendente a
tempo indeterminato pari a euro 4.600 o 9.200 a seconda dell'ubicazione territoriale delle
unità lavorative, si arricchirà di due nuove categorie.
Si tratta nello specifico:
dei contratti di lavoro a tempo indeterminato relativi a dipendenti di sesso
femminile;
di dipendenti di età inferiore ai 35 anni.
6.1 Diverse per le Regioni del Mezzogiorno d’Italia
Per queste categorie di lavoratori, le deduzioni del cuneo fiscale Irap passeranno in linea
generale da euro 4.600 a euro 10.600, mentre, se tali lavoratori sono impiegati nelle regioni
Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, la deduzione in
parola salirà fino a euro 15.200.
6.2 Innalzato l’importo
L'intervento della Manovra Monti agisce dunque direttamente sulle disposizioni che disciplinano
il cuneo fiscale, innalzando l'importo delle stesse sia in relazione alla categoria di lavoratori
protetti (donne e giovani), sia in relazione alla sede di lavoro (Regioni del Mezzogiorno
d’Italia).
Dal 2012 avremo in pratica quattro deduzioni forfettarie che potranno essere applicate in
relazione ad ogni singolo contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato:
due già conosciute di 4.600 e 9.200 euro per i lavoratori impiegati nelle regioni del
sud che si applicheranno alla generalità dei lavoratori;
due nuove deduzioni rispettivamente di euro 10.600 e 15.200 per ogni lavoratrice e
per ogni lavoratore di età inferiore a 35 anni impiegati a tempo indeterminato (l’ultima
per le regioni del sud Italia).
6.3 Soggetti interessati
Si rammenta che la deduzione in esame è riconosciuta, in generale, in capo a tutti i soggetti
passivi Irap. Sono tuttavia esclusi:
dalla deduzione “base” di € 4.600 (€ 10.600 dal 2012), le imprese operanti in
concessione ed a tariffa nei settori dell’acqua, dei trasporti, delle infrastrutture, delle
poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e depurazione delle acque di scarico e della
raccolta e smaltimento dei rifiuti, nonché le Amministrazioni pubbliche, le Amministrazioni
della Camera dei Deputati, del Senato, della Corte Costituzionale, della Presidenza della
Repubblica e degli organi legislativi delle Regioni a statuto speciale;
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Bilancio 2011
dalla deduzione “maggiorata” di € 9.200 (€ 15.200 dal 2012), oltre alle imprese
escluse dalla deduzione base, anche le banche ed altri enti finanziari e le imprese di
assicurazione.
Incremento delle deduzioni forfettarie
(tempo indeterminato)
Dipendenti donne
Deduzione di 10.600 euro
Dipendenti di età inferiori a
35 anni
Dipendenti nelle regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Molise,
Puglia, Sardegna e Sicilia
Dipendenti donne
Deduzione di 15.200 euro
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Bilancio 2011
Capitolo 7
Le nuove regole di deducibilità del TFM amministratori
La manovra Monti, DL 201/2011 tra le varie modifiche al Tuir ha, previsto una nuova disciplina
fiscale per quanto concerne le erogazioni relative alla fine del rapporto di lavoro, in particolare
è stato abrogato il regime di tassazione speciale (tassazione separata) che caratterizzava le
indennità di fine mandato degli amministratori.
94
Bilancio 2011
1. Definizione
Il trattamento di fine mandato (TFM) costituisce una retribuzione differita in favore degli
amministratori avente, di fatto, la stessa funzione del trattamento di fine rapporto (TFR)
previsto dal codice civile in favore dei lavoratori dipendenti. Il TFM, tuttavia, non è disciplinato
civilisticamente; esso, pertanto, non è obbligatorio e in ogni caso è lasciato alla libera
trattativa delle parti.
Negli ultimi anni, il TFM aveva trovato sempre maggiore diffusione nelle aziende in ragione dei
potenziali vantaggi fiscali e previdenziali che lo contraddistinguevano.
Si parla al passato perché dal 2011 sarà la tassazione ordinaria l’unica
applicabile alle erogazioni di TFM ad amministratori di società di
capitali.
La manovra Monti ha, infatti, previsto una nuova disciplina fiscale per quanto concerne le
erogazioni relative alla fine del rapporto di lavoro, in particolare è stato abrogato il regime di
tassazione speciale (tassazione separata) che caratterizzava le indennità di fine mandato
degli amministratori.
Secondo il meccanismo della tassazione separata, l’imposta gravante su quanto percepito
veniva calcolata in base all’aliquota fiscale corrispondente al reddito medio del biennio
anteriore alla percezione dell’indennità.
2. La precedente disciplina
Più nel dettaglio prima di tale previsione legislativa, l’indennità di fine mandato era imponibile
in capo all’amministratore, al momento dell’effettivo incasso, con la possibilità in presenza dei
requisiti di cui all’ art. 17 co. 1 lett. c, di assoggettare tale reddito a tassazione separata.
Il Tuir si occupava del TFM negli articoli:
ART. 17,
c.1, lett. c)
in cui veniva prevista l’applicazione della
tassazione separata per le indennità
percepite per la cessazione dei rapporti di
collaborazione coordinata e continuativa a
condizione che il diritto all’indennità risultasse
da atto di data certa anteriore all’inizio del
rapporto;
95
Bilancio 2011
ART. 105, c.4
che prevedeva la possibilità di dedurre per
competenza, in luogo del criterio di cassa
previsto per i compensi agli amministratori,
gli accantonamenti al fondo TFM.
I vantaggi fiscali si verificavano, pertanto, sia in capo all’amministratore che in capo
all’azienda. Gli amministratori, beneficiando della tassazione separata, avevano la possibilità
di conseguire un risparmio fiscale; quanto percepito a titolo di TFM, infatti, non faceva cumulo
con gli altri redditi e veniva quindi sottratto alla tassazione con aliquote progressive.
3. La nuova disciplina
L'articolo 24, comma 31 della legge n. 214 del 2011, prevede una nuova disciplina fiscale per
quanto concerne le erogazioni che seguono, la fine del rapporto di lavoro, abrogando il
regime di tassazione separata. In particolare, in relazione alle indennità di fine rapporto di
cui all'art. 17, comma 1, lettere a) e c) del Tuir (dunque, in generale, per i lavoratori
dipendenti), la quota in denaro, ovvero in natura che supera 1 milione di euro è tassata in
via ordinaria, nessuna franchigia, invece, per il trattamento di fine mandato degli
amministratori di società di capitali che in relazione ai compensi e alle indennità scontano la
tassazione ordinaria.
CATEGORIA FRANCHIGIA TASSAZIONE
LAVORATORI
DIPENDENTI
PER TFM
<= 1.000.000 EURO
TASSAZIONE
SEPARATA
LAVORATORI
DIPENDENTI
PER TFM
> 1.000.000 EURO
TASSAZIONE
ORDINARIA
AMMINISTRATORI
DI SOCIETA’
TFM SENZA ALCUNA
FRANCHIGIA
TASSAZIONE
ORDINARIA
NUOVA DISCIPLINA: Tassazione ordinaria per il trattamento di
fine mandato per gli amministratori delle società di capitali dal
2011: questo indipendentemente dall'esistenza o meno di un atto
di data certa anteriore all'inizio del rapporto.
96
Bilancio 2011
4. La decorrenza della nuova disposizione
Per la decorrenza della disposizione, è stato fatto ricorso alla deroga allo Statuto dei diritti del
contribuente. La norma prevede la tassazione ordinaria se il diritto alla percezione è
sorto dal primo gennaio 2011, e così tutti gli amministratori il cui rapporto si è concluso al
31 dicembre 2010 in poi sarebbero sottoposti alla nuova disciplina. Se le indennità sono state
incassate nel 2011, le stesse devono essere dichiarate in Unico 2012, tra i proventi assoggetti
a tassazione ordinaria, con lo scomputo dall’imposta dovuta delle ritenute operate dalla società
all’atto della corresponsione delle somme.
5. Requisiti per la tassazione
La manovra Monti rende inoperante la disposizione contenuta nell'articolo 17, comma 1, lettera
c) del Tuir, in relazione alla parte in cui si disciplina il regime di tassazione separata alle
indennità spettanti ai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, laddove il
diritto all’indennità risulti da atto di data certa anteriore all'inizio del rapporto.
6. Deducibilità dell’accantonamento
Un altro problema che si pone, riguarda invece, la deducibilità dell'accantonamento per il
trattamento di fine mandato in capo alle imprese per effetto di quanto previsto dall'articolo 105
del Tuir. La norma in questione, al comma 4, rinvia in tema di reddito di impresa a quanto
previsto dall'articolo 17, comma 1, lettera c).
7. La posizione dell’Agenzia
Sul rinvio si è pronunciata l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 211/08 affermando
che, ai fini della deducibilità per competenza dell'accantonamento per TFM nella
determinazione del reddito di impresa, si rendeva necessaria la presenza dell'atto di data certa
anteriore all'inizio del rapporto che assumeva una doppia valenza in termini di requisito
fondamentale per l'applicazione del regime di tassazione separata in capo al percipiente, e per
la deducibilità per competenza in capo all'impresa dell'accantonamento.
L'Agenzia aveva inoltre affermato che l'inesistenza dell'atto di data certa, comportava la
deducibilità nella determinazione del reddito di impresa soltanto al momento del pagamento
del trattamento di fine mandato.
Ora, alla luce della modifica della normativa, ci si interroga sulla maggiore o minore
valenza dell’indicazione dell’Agenzia, considerando tuttavia che rimane ferma la diversa logica
di tassazione della persona fisica rispetto alla determinazione del reddito d’impresa.
97
Bilancio 2011
8. Tassazione TFR: le regole oltre il milone di euro
L’articolo 24, comma 31, del Decreto “Salva Italia”, ha previsto l’applicazione della tassazione
ordinaria, in luogo della tassazione separata, alla quota delle indennità e dei compensi legati
alla cessazione di un rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e
continuativa, erogati in denaro o in natura, che eccede l’importo di un milione di euro.
L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare 3/E del 28 febbraio 2012, ha fornito i chiarimenti
sul coordinamento della disposizione in esame, con quelle riguardanti la tassazione ordinaria e
separata, nonché sugli adempimenti dei sostituti di imposta.
La disposizione in esame si applica alle:
“indennità di fine rapporto di cui all’articolo 17, comma 1, lettere a) e c), del testo unico
delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con decreto del Presidente della Repubblica
22 dicembre 1986, n. 917”.
Il comma 1 dell’articolo 17 del TUIR, individua le tipologie di redditi che, in considerazione
della loro tendenziale formazione pluriennale, sono assoggettati al regime di tassazione
separata. Detti redditi, in base all’articolo 3 del TUIR, non concorrono alla formazione del
reddito complessivo cui si applica la tassazione ordinaria.
La disposizione in esame non modifica le regole che individuano i redditi da assoggettare a
tassazione separata previste all’articolo 17 del TUIR, né i criteri di determinazione dell’imposta
per gli stessi previsti dai successivi articoli 19 e 21 del TUIR, ma si limita a escludere
l’applicazione del regime di tassazione separata alle tipologie di redditi di cui alle lettere a) e c)
del comma 1 dell’articolo 17 del TUIR per la parte eccedente l’importo di 1 milione di
euro.
9. TFR indennità equipollenti e altre somme
La lett. a) del comma 1 dell’art. 17 del TUIR riguarda i redditi percepiti in dipendenza della
cessazione di rapporti di lavoro dipendente (privato e pubblico) relativi a:
trattamento di fine rapporto di cui all’articolo 2120 del codice civile;
indennità equipollenti, commisurate alla durata dei rapporti di lavoro dipendente;
altre indennità e somme percepite una tantum in dipendenza della cessazione dei predetti
rapporti.
Il rinvio effettuato dalla norma alle “indennità di fine rapporto […] di importo
complessivamente eccedente […]” deve intendersi riferito a tutte le indennità indicate
98
Bilancio 2011
alla citata lettera a), quindi sia all’indennità principale, sia alle altre indennità e somme
erogate una tantum in relazione alla cessazione del rapporto di lavoro.
L’applicazione della disposizione richiede delle precisazioni, in quanto possono concorrere alla
formazione dell’importo complessivo eccedente euro 1.000.000 redditi per i quali, a seconda
della tipologia e dell’anno di maturazione, sono previste diverse modalità di calcolo della
tassazione separata, di conseguenza non è irrilevante individuare quali siano i redditi che
concorrono prioritariamente alla formazione del reddito complessivo di cui all’articolo 8 del
TUIR e quali siano quelli che rimangono assoggettati a tassazione separata.
Possono confluire nel reddito complessivo i redditi secondo il seguente ordine, che tiene conto
delle modifiche apportate alla tassazione separata dal decreto legislativo n. 47 del 2000 a
partire dal 2001:
altre indennità e somme, comprese quelle non commisurate alla durata del rapporto di
lavoro, a partire da quelle maturate più di recente;
TFR e indennità equipollenti, a partire da quelle maturate più di recente;
10. TFMe altre somme
La lett. c) del comma 1 dell’art. 17 del TUIR concerne sostanzialmente i redditi percepiti in
dipendenza della cessazione di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa relativi
a:
indennità per la cessazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa;
altre somme e valori comunque percepiti in relazione alla risoluzione dei rapporti di
collaborazione coordinata e continuativa.
In aderenza alla ratio della norma e analogamente a quanto precedentemente indicato in
relazione alla lett. a), rientrano nel campo di applicazione della disposizione, anche i
compensi e le indennità percepiti per la cessazione degli uffici di amministratore
di società.
11. Il superamento del limite
La disposizione in esame si applica con riferimento alle indennità ed ai compensi il cui diritto
alla percezione è sorto a decorrere dal 1° gennaio 2011 e richiede di tenere conto, ai fini
della verifica del superamento dell’importo di euro 1.000.000, delle indennità di cui
all’articolo 17, comma 1, lettere a) e c) del TUIR complessivamente erogate.
99
Bilancio 2011
Nell’effettuare la verifica occorre considerare anche eventuali pregresse anticipazioni e
acconti relativi al TFR il cui diritto alla percezione è sorto a decorrere dal 1° gennaio 2011,
fermo restando che l’importo già oggetto di tassazione separata anche se in via provvisoria,
non concorre alla formazione del reddito complessivo.
La disposizione in esame non è applicabile nel caso in cui i compensi siano erogati agli eredi
o aventi diritto del dipendente o collaboratore deceduto, e conseguentemente, tali indennità
percepite devono essere assoggettate a tassazione con le medesime modalità che sarebbero
state applicate se le somme fossero state assoggettate a tassazione separata in capo al de
cuius per il loro intero ammontare, a nulla rilevando il superamento del limite di euro
1.000.000.
12. Tassazione ordinaria Il concorso alla formazione del reddito complessivo dell’importo eccedente il limite di euro
1.000.000, non comporta un mutamento della natura delle indennità e dei compensi
erogati.
Dal mantenimento della natura delle somme erogate consegue anche il mantenimento delle
regole previste per la determinazione dell’imponibile di dette indennità, ancorché parte delle
stesse sia da assoggettare a tassazione ordinaria.
Le riduzioni e gli abbattimenti forfetari previsti dall’articolo 19 del TUIR sono da ripartirsi
proporzionalmente tra la quota delle indennità da assoggettare a tassazione separata e quella
da assoggettare a tassazione ordinaria.
In particolare, l’imponibile che concorre alla formazione del reddito complessivo quale reddito
di lavoro dipendente è determinato:
per il TFR, al netto delle rivalutazioni già assoggettate annualmente all’imposta
sostitutiva dell’11 per cento (per gli importi maturati a decorrere dal 2001) e
dell’abbattimento forfetario di euro 309,87 (per gli importi maturati fino al 2000),
proporzionalmente riferibili alle rispettive parti del TFR da assoggettare a tassazione
ordinaria;
per le indennità equipollenti, al netto della riduzione percentuale e dell’abbattimento
forfetario di euro 309,87 per tutti gli anni di anzianità lavorativa, proporzionalmente
riferibili alla parte da assoggettare a tassazione ordinaria.
100
Bilancio 2011
Esempio
In ipotesi di erogazione di un TFR pari a euro 1.600.000, di cui euro 1.000.000 maturati a
partire dal 2001 (importo comprensivo di euro 100.000 a titolo di rivalutazioni già al netto
della relativa imposta sostitutiva), l’importo da assoggettare a tassazione ordinaria è pari a
euro 600.000, da considerare riferibile all’importo maturato dal 2001.
L’importo delle rivalutazioni già assoggettate a imposta sostitutiva (euro 100.000) riferibili
proporzionalmente all’importo del TFR maturato dal 2001 da assoggettare a tassazione
ordinaria (X) è dato dalla seguente proporzione:
X = (€ 600.000 / € 1.000.000) x € 100.000 X = € 60.000
Il TFR imponibile che concorre alla formazione del reddito complessivo quale reddito di lavoro
dipendente è pari a euro 540.000, dato dall’importo di euro 600.000 al netto delle
rivalutazioni già assoggettate a imposta sostitutiva per euro 60.000.
Il concorso di indennità e compensi alla formazione del reddito complessivo comporta un
incremento dello stesso con le ordinarie conseguenze che ne derivano in termini, ad esempio,
di calcolo e versamento degli acconti, di applicazioni di addizionali regionali e comunali e del
contributo di solidarietà previsto dall’articolo 2 del decreto-legge n. 138 del 2011, qualora il
reddito complessivo ecceda l’importo di euro 300.000.
Nel procedimento di determinazione dell’aliquota da applicare al TFR, alle indennità
equipollenti, nonché alle altre indennità e somme da assoggettare a tassazione separata il c.d.
reddito di riferimento deve essere assunto al lordo dell’importo eccedente euro
1.000.000 da assoggettare a tassazione ordinaria.
Per la determinazione dell’imponibile di dette indennità, si tiene conto delle riduzioni e degli
abbattimenti forfetari previsti dall’articolo 19 del TUIR proporzionalmente riferibili alle quote
delle indennità stesse da assoggettare a tassazione separata.
In particolare, l’imponibile da assoggettare a tassazione separata è determinato:
per il TFR, al netto delle rivalutazioni già assoggettate annualmente all’imposta
sostitutiva dell’11 per cento (per gli importi maturati a decorrere dal 2001) e
dell’abbattimento forfetario di euro 309,87 (per gli importi maturati fino al 2000),
proporzionalmente riferibili alle rispettive parti del TFR da assoggettare a tassazione
separata;
per le indennità equipollenti, al netto della riduzione percentuale e dell’abbattimento
forfetario di euro 309,87 per tutti gli anni di anzianità lavorativa, proporzionalmente
riferibili alla parte da assoggettare a tassazione separata.
101
Bilancio 2011
Esempio
Consideriamo il caso di un dipendente che all’atto della cessazione del rapporto di lavoro durato 15 anni
(n) percepisce euro 1.500.000 a titolo di TFR, di cui euro 500.000 maturato fino al 2000 (TFR 1) in 4
anni di lavoro e euro 1.000.000 maturato dal 2001 (TFR 2) comprensivo di euro 100.000 di rivalutazioni
già assoggettate a imposta sostitutiva dell’11 per cento (R).
Reddito di riferimento (RR) = (TFR1 + TFR2 – R) x 12
n
Aliquota (a) = imposta su RR x 100
RR
Nell’esempio prospettato è assoggettato a tassazione ordinaria l’importo di euro 500.000, pari al 50
per cento dell’importo maturato dal 2001, mentre il rimanente importo del TFR di euro 1.000.000 è
assoggettato a tassazione separata. Le rivalutazioni assoggettate a imposta sostitutiva sono per euro
50.000, pari al 50 per cento, portate a riduzione dell’importo maturato dal 2001 (TFR 2) da
assoggettare a tassazione separata, il cui imponibile è quindi pari a euro 450.000.
Imponibile tassazione separata =
(TFR1 – riduzioni) + (TFR2 – TFR a tassazione ordinaria – R proporzionalmente riferibili a TFR2)
Imposta = Imponibile tassazione separata x (a)
13. Tassazione ordinaria
I sostituti d’imposta dovranno operare le ritenute previste tenendo conto che in base alla
disposizione in esame l’importo eccedente euro 1.000.000 concorre alla formazione del reddito
complessivo. Di conseguenza, effettueranno i calcoli relativi all’importo dell’indennità di fine
rapporto che concorre alla formazione del reddito complessivo e contestualmente
procederanno alla determinazione dell’imponibile e dell’aliquota di tassazione separata
dell’indennità principale da assoggettare a tassazione separata secondo le indicazioni date.
In presenza di indennità principale (TFR e indennità equipollenti) e di altre indennità e somme
corrisposte nel medesimo periodo d’imposta da soggetti diversi, è necessario porre in essere
un sistema di comunicazione tra i soggetti medesimi volto a consentire al sostituto d’imposta
che eroga altre indennità e somme connesse alla cessazione del rapporto di lavoro (che ha
generato il diritto all’indennità principale) la corretta tassazione delle somme erogate.
13. Regime transitorio per le erogazioni
Anche se il decreto è entrato in vigore il 6 dicembre 2011, il comma 31 dell’articolo 24 del
decreto espressamente prevede che:
“le disposizioni di cui al presente comma si applicano con riferimento alle indennità e ai
compensi il cui diritto alla percezione è sorto a decorrere dal 1° gennaio 2011”.
102
Bilancio 2011
I sostituti d’imposta sono tenuti a rideterminare la tassazione cui sono soggette le indennità e
le somme in esame in base alle presenti indicazioni, liquidando distintamente l’imposta dovuta
a titolo di tassazione separata, l’imposta dovuta a titolo di tassazione ordinaria, nonché quella
eventualmente dovuta ad altro titolo. L’esito della nuova liquidazione è comunicato al
percettore delle indennità e somme in questione mediante la predisposizione del CUD, ovvero
di un nuovo CUD, da rilasciare entro i termini ordinari.
In riferimento al contributo dei solidarietà l’Agenzia precisa che il sostituto d’imposta non è
tenuto ad applicarlo se il dipendente lascia il lavoro nel corso dell’anno. In questo caso la
somma non sarà inserita nel CUD, ma la certificazione indicherà l’obbligo per il contribuente di
presentare la dichiarazione dei redditi.
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Bilancio 2011
Capitolo 8
Cessione del contratto di leasing
La cessione del contratto di leasing è un’operazione che fino ad oggi non ha avuto, sul piano
normativo, giuridico e contabile, specifico trattamento. Soltanto la normativa fiscale ha fornito
delle valide linee guida per gestire la rappresentazione contabile della stessa in bilancio.
Il 23 novembre 2011, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, ha
emesso un documento nominato “profili contabili della cessione dei contratti di leasing
finanziario” che finalmente ha fatto maggiore chiarezza relativamente alle problematiche
contabili e fiscali emerse riguardo a questa fattispecie.
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Bilancio 2011
1. Premessa
Nel corso del 2011, e precisamente il 23 novembre 2011, il Consiglio Nazionale dei Dottori
Commercialisti ed Esperti Contabili, ha emesso un documento nominato “profili contabili della
cessione dei contratti di leasing finanziario” che finalmente ha fatto maggiore chiarezza
relativamente alle problematiche contabili e fiscali emerse riguardo a questa fattispecie: la
cessione del contratto di leasing.
Incominciamo con dire che la cessione del contratto di leasing risponde generalmente a
due esigenze:
1. da un lato quella del locatario, che con la cessione riesce ad abbattere l’esposizione
finanziaria e i costi;
2. dall’altro lato quella del cessionario, che con l’acquisto riesce ad ottenere la disponibilità
di cespiti necessari.
Certo è che tale operazione si è dimostrata molto ricorrente soprattutto in un periodo storico
ed economico come questo, dove a fronte della crisi economica molte aziende si trovano a
dover far dietro front con gli investimenti e soprattutto “far cassa”.
La cessione di un contratto di leasing, sempre con il placet della società di leasing, di per
se comporta solo il trasferimento in capo al cessionario degli obblighi (pagamento dei canoni
residui ed eventuale riscatto) e dei diritti (godimento del bene e diritto al riscatto dello stesso
alla scadenza) derivanti dal contratto stesso, senza che ciò modifichi alcuno degli elementi
essenziali dell’accordo stipulato con il locatore.
Fino ad oggi, in materia c’è stato un totale silenzio della normativa giuridica e contabile e
soltanto la normativa fiscale ha fornito delle valide guide lines per gestire la rappresentazione
contabile della stessa in bilancio.
Non è mancata la prassi contabile e fiscale come ad esempio:
l'Associazione dei Dottori commercialisti di Milano - norma di comportamento n.
141/2000;
- la Risoluzione n. 212/E dell’Agenzia delle Entrate del 2007;
- il Documento del CNDCEC del 23 novembre 2011.
Nel prosieguo cercheremo di approfondire, sia dal punto di vista del cedente che
dell’acquirente:
1. gli aspetti contabili;
2. gli aspetti fiscali,
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Bilancio 2011
e tentare di pervenire alla definizione di un quadro di riferimento chiaro ed esaustivo per una
corretta rappresentazione della fattispecie in bilancio.
2. Rilevazione contabile del leasing
In Italia come è noto il leasing si può rilevare contabilmente solo seguendo il metodo
patrimoniale.
Solo i principi contabili internazionali, e in particolare lo IAS 17, prevedono la possibilità di
applicare il metodo finanziario ovvero la contabilizzazione del bene tra l'attivo dello stato
patrimoniale dell'utilizzatore, come contropartita alla rilevazione del debito; a conto economico
l’imputazione degli ammortamenti. Per quanto riguarda la rilevazione dei canoni, questi
vengono imputati a conto economico solo per la quota relativa agli interessi.
1. I canoni di leasing vengono iscritti in conto economico quale costo a
carico del periodo.
2. In presenza di un maxicanone iniziale è necessario rettificare la quota
non di competenza del periodo iscrivendo risconti attivi in stato
patrimoniale a rettifica del valore dei canoni di leasing in conto
economico.
3. Non viene iscritta nessuna immobilizzazione in stato patrimoniale
mentre di norma si dà evidenza dell’operazione di leasing tra i conti
d’ordine.
4. L’immobilizzazione si iscrive solo in caso di riscatto del bene.
Metodo patrimoniale
1. Iscrizione dell’immobilizzazione tra le attività al valore corrente (anche se
manca il titolo di proprietà) ed in contropartita di un debito v.fornitori di
immobilizzazioni tra le passività per lo stesso importo iniziale.
2. L’immobilizzazione deve essere ammortizzata in conto economico in
ragione della residua possibilità di utilizzazione.
3. I canoni di locazione pagati devono essere ripartiti pertanto tra oneri
finanziari maturati sul debito v.fornitori e riduzione dello stesso debito
v.fornitori (analogamente al rimborso di una quota di un mutuo).
Metodo finanziario
106
Bilancio 2011
Allo stato attuale, però, in Italia, la modifica introdotta con la riforma societaria, prevede
solo l'indicazione in nota integrativa dei dati che sarebbero necessari ai fini dell'applicazione del
metodo finanziario (art. 2427, n. 22) del codice civile 38.
Quindi, comprendendo che il sistema contabile guida è il metodo patrimoniale, ciò
consente la deducibilità fiscale dei canoni corrisposti a condizione che gli stessi siano rilevati in
conto economico (art. 109, comma 4, del Tuir). Quindi l'utilizzatore del bene imputa a conto
economico i canoni, per competenza, e indica nei conti d'ordine il debito residuo verso la
società di leasing. La rilevazione del bene tra le immobilizzazioni viene effettuata solo dalla
società di leasing proprio perché proprietaria del bene, e, quindi, la stessa procede al relativo
ammortamento.
3. Aspetti contabili della cessione del contratto di leasing
Purtroppo non ci sono riferimenti normativi chiari riguardo al corretto trattamento
contabile della cessione del contratto di leasing. Si può pertanto far riferimento alla prassi che
si è succeduta nel tempo, soprattutto di natura fiscale, fino ad arrivare al documento del
CNDCEC del 23 novembre 2011.
Tale documento che riprende sia la Norma di comportamento dell’Adc n. 141/2000 di
Milano, sia la R.M. 212/E/2007 dell’Agenzia delle Entrate, rimarca il fatto che la cessione del
contratto di leasing è un atto traslativo con cui il cedente trasferisce il diritto di utilizzazione del
bene, oltre che il diritto di riscatto. Si ritiene infatti che non sia possibile attribuire una
qualificazione contabile univoca all’onere sostenuto per l’acquisto di un contratto di leasing. La
corretta contabilizzazione del costo deve, infatti, tener conto delle caratteristiche particolari
della specifica transazione con particolare riguardo alle motivazioni economiche che possono
aver indotto il cessionario a subentrare in un contratto di leasing finanziario, ovvero:
l’acquisizione della facoltà di godimento del bene nel periodo di durata residua del
contratto; e/o
l’acquisizione del diritto di acquisire la proprietà giuridica del cespite attraverso l’esercizio
dell’opzione di riscatto.
In tal caso, il cedente registra la fattura di vendita per l’importo concordato.
Cliente AC a # XXX
Altri ricavi XXX
Iva ns debito XXX
38 L'adozione del metodo finanziario non è inibita dall'art. 67, comma 8, del TUIR (attuale art. 102, comma 7, del Tuir). È peraltro sempre esclusa la possibilità di detrarre le quote di ammortamento, da parte dell'utilizzatore. (Cassazione, sentenza n. 8292 del 26 maggio 2003). L'unico soggetto autorizzato a dedurre le quote di ammortamento è il concedente. (Agenzia delle Entrate, Risoluzione n. 211/E del 18 novembre 2003).
107
Bilancio 2011
Per l’acquirente, le registrazioni contabili sono un po più complesse. Il corrispettivo
pagato a fronte dell’acquisto del contratto di leasing deve, infatti, essere scomposto in due
parti:
1) La parte riferita al corrispettivo che è finalizzata all’ottenimento del godimento del bene
fino alla conclusione del contratto;
2) La parte riferita al corrispettivo pagato a fronte dell’acquisto del diritto di esercitare
l’opzione di riscatto del bene alla conclusione del contratto.
Vediamo un esempio:
Corrispettivo = 100, di cui:
90 = Canoni di leasing per il godimento del bene
10 = Acconti su Imm.ni per il riscatto del bene
Escludiamo l’IVA per semplicità
# a Fornitore AC XXX
Acconti su Imm.ni XXX
Canoni leasing XXX
al 31/12 dello stesso anno:
Risconti attivi a Canoni leasing XXX
In altri termini:
- la prima parte costituisce pertanto un onere che dovrà essere ripartito in base alla durata
residua del contratto attraverso la tecnica dei risconti, proprio come avviene per la
rilevazione del maxicanone iniziale.
- la seconda parte, deve essere considerata come un acconto a fronte del futuro riscatto del
bene, e pertanto come acconto su immobilizzazioni materiali nella voce B.II.5 dell’attivo
dello stato patrimoniale.
108
Bilancio 2011
4. Aspetti fiscali della cessione del contratto di leasing
La cessione del contratto di leasing naturalmente rileva sia ai fini delle imposte dirette che
delle imposte indirette. Ma andiamo per ordine.
Riguardo alle imposte dirette, la norma di riferimento per il cedente è l’art. 88, comma 5
del TUIR. Una norma questa che, in passato, ha generato non pochi dubbi circa il rischio che
un'operazione straordinaria, che riguardi il trasferimento di un contratto di leasing, possa
essere poi contestata dall'Amministrazione Finanziaria. Infatti, l’art. 88 comma 5 del TUIR
riporta che il cedente deve imputare a sopravvenienza attiva il valore normale del bene,
prescindendo dal valore attribuito al contratto dai due contraenti. Secondo tale norma pertanto
non è possibile determinare il componente positivo di reddito in base al corrispettivo ricevuto.
Questo significa che la norma fiscale non prevede la possibilità di dedurre, dal valore normale
del bene, i canoni relativi alla durata residua del contratto e il prezzo stabilito per il riscatto.
Nel 1996 è intervenuta l’AAEE che con una circolare ha chiarito che ai fini della
determinazione della sopravvenienza attiva da assoggettare a tassazione il valore normale
deve essere assunto al netto dei canoni relativi alla residua durata del contratto e del
prezzo stabilito per il riscatto che dovranno poi essere pagati al cessionario in dipendenza
della cessione, attualizzati alla data della cessione medesima39.
39 Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 108/E del 3 maggio 1996 e Associazione Dottori Commercialisti - Norma di comportamento n. 141/2000.
Acquisto leasing traslativi. Al subentro, la parte di prezzo pari al valore normale
netto del bene (valore di mercato del bene alla data di subentro – valore attuale degli
importi ancora dovuti al locatore, calcolato al tasso di interesse implicito del leasing)
va iscritto nella voce dell’attivo dello Stato Patrimoniale B.II. 5 “Immobilizzazioni in
corso e acconti” (conto poi chiuso al riscatto, con il suo saldo che incrementa il valore
del cespite da ammortizzare). L’eventuale eccedenza rappresenta un costo relativo
all’utilizzo del bene (conto economico, voce B.8), da far partecipare al reddito di
periodo attraverso la tecnica dei risconti attivi, lungo la durata residua del contratto.
Acquisto leasing di godimento. Il prezzo pagato è interamente riferibile al
godimento del bene. Quindi, sempre con la tecnica dei risconti, si fa partecipare - di
esercizio in esercizio, fino al termine del contratto - la quota di costo di competenza al
reddito di periodo.
Sintesi contabile
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Bilancio 2011
Sopravvenienza attiva imponibile =
Valore normale –
Valori canoni non scaduti attualizzati –
Valore riscatto attualizzato
Esempio 1
a) Costo sostenuto dal concedente = 100
b) Valore normale alla data di cessione = 70
c) Maxicanone = 10, di cui maturato alla data di cessione = 4
d) Riscatto = 10
e) Canoni residui attualizzati = 33
f) Riscatto attualizzato = 7
g) Prezzo cessione contratto = 40
h) Valore sopravvenienza attiva imponibile = b - e - f = 30
Ma cosa succede se nell’esempio sopra h) è maggiore di g) ?
In tal caso è accettabile che, poiché la sopravvenienza attiva è superiore al corrispettivo
pattuito, la differenza sarà oggetto di una variazione in aumento nel modello Unico.
Se quanto sopra riguarda il trattamento fiscale della cessione del contratto di leasing dal
lato del cedente, altro discorso riguarda il trattamento fiscale dal lato del cessionario. In tal
caso infatti ci troviamo dinanzi a un silenzio normativo che nulla dispone relativamente
all’acquirente. Nel tempo si sono succedutI solo degli interventi di prassi che comunque non
hanno pienamente convinto come la D.R.E. dell’Emilia Romagna del 4 maggio 199940, la
Norma di comportamento dell’Adc n. 141/2000 di Milano e la R.M. 212/E/2007
dell’Agenzia delle Entrate.
Questi interventi di prassi fanno emergere che in ogni caso bisogna distinguere le cause
economiche che hanno portato alla determinazione del corrispettivo dovuto da parte
dell’acquirente:
1. il subentro nel diritto di utilizzazione del bene per tutta la durata del contratto;
2. l’acquisizione del diritto di riscatto del bene.
In altri termini ciò significa che per l’acquirente,
a) nel caso in cui l’acquisto del contratto avvenga all’inizio del contratto stesso, la parte
preponderante del corrispettivo dovuto sarà da imputare all’acquisto del diritto di
utilizzazione del bene;
40 La Direzione Regionale delle Entrate per l'Emilia-Romagna, in data 4 maggio 1999, ha ritenuto corretto classificare il costo sostenuto per l'acquisto di tre contratti di leasing, aventi ad oggetto un capannone e trascorsi mediamente due anni e mezzo dalla stipula degli stessi, come "Altre immobilizzazioni immateriali" (B.I.7 dello stato patrimoniale) e considerarlo ammortizzabile per la residua durata dei contratti stessi. Alternativamente, ha previsto la possibilità di rilevare il costo tra le "Immobilizzazioni in corso e acconti".
110
Bilancio 2011
b) nel caso in cui l’acquisto del contratto avvenga in prossimità del termine del contratto, la
parte preponderante del corrispettivo dovuto sarà da imputare all’acquisto del diritto al
riscatto del bene.
Quindi nell’ipotesi sub 2-a), la parte del corrispettivo dovuto a fronte del godimento del
bene dovrà essere ripartita dall’acquirente sulla durata residua del contratto mediante la
tecnica dei risconti. Nell’ipotesi sub 2-b) la parte dovuta a fronte dell’acquisto del diritto di
riscatto, iscritta nella voce B.II 5 dell’attivo dello stato patrimoniale, rappresenterà un costo
«sospeso » fino alla data del riscatto del bene e non ammortizzabile. Da questo costo sospeso
va poi stornato la parte di maxicanone riscontata.
la parte di maxicanone riscontata dal cedente sarà imputata a conto
economico e riscontata lungo la durata residua del contratto;
la parte che ha costituito sopravvenienza attiva per il cedente (data dal
valore normale diminuito dei canoni residui attualizzati, del prezzo di
riscatto attualizzato) al netto della quota di maxicanone non dedotta dal
cedente sarà imputata nell’attivo patrimoniale e portata in deduzione con
gli ammortamenti, unitamente al valore di riscatto;
l’eventuale surplus (dato dalla differenza tra corrispettivo pagato ed il
valore normale netto del bene) sarà imputato a conto economico e
riscontato lungo la durata residua del contratto.
Indicazioni da parte della Norma di comportamento dell’ADC n. 141/2000
la parte che ha costituito sopravvenienza attiva per il cedente (data dal
valore normale diminuito dei canoni residui attualizzati e del prezzo di
riscatto attualizzato) sarà imputata nell’attivo patrimoniale e portata in
deduzione col meccanismo degli ammortamenti, unitamente al valore di
riscatto, qualora questo sia esercitato;
l’eventuale surplus (dato dalla differenza tra corrispettivo pagato ed il
valore normale netto del bene) sarà imputato a conto economico e
riscontato lungo la durata residua del contratto.
Indicazioni da parte della R.M. 212/E/2007 dell’Agenzia delle Entrate
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Bilancio 2011
SINTESI
1. la parte di corrispettivo pari al valore normale del bene, al
netto dei canoni residui e del prezzo di riscatto, attualizzati
alla data di cessione - vale a dire, ciò che rappresenta una
sopravvenienza attiva per il cedente - si sospende, andando
poi ad aggiungersi all’importo che il cessionario iscriverà
nell’attivo patrimoniale al momento del riscatto e che, di
conseguenza, ammortizzerà. In caso poi di mancato riscatto,
tale parte di prezzo parteciperà integralmente, come costo,
al reddito di periodo (insussistenza di un elemento
dell’attivo)
2. l’eventuale differenza positiva è da considerarsi, per il
cessionario, una spesa relativa a più esercizi, deducibile
lungo la residua durata del contratto (per inciso, tale surplus
è, per il cedente, un componente positivo di reddito,
imponibile per derivazione).
Riguardo la deducibilità dei canoni, il limite rimane quello del rispetto del vincolo di
durata minima del contratto. La durata del contratto che rileva ai fini del rispetto di detto
vincolo è quella complessiva del contratto di leasing inizialmente sottoscritto. La risoluzione del
4 dicembre 2000, n. 183/E ha precisato che l'espressione "durata del contratto" prevista
dall'art. 102, comma 7, del TUIR, si riferisce alla durata prevista e non a quella effettiva.
Quindi nessun problema circa la regolare deducibilità dei canoni anche in presenza di tale
fattispecie traslativa e nel pieno rispetto della durata del contratto.
Ai fini Irap la sopravvenienza derivante dalla cessione del contratto di leasing è un
componente positivo di reddito attinente alla gestione operativa dell'impresa. A conferma di ciò
vengono in aiuto sia l'art. 11, comma 4, del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 44641 sia l’OIC nr. 12
laddove dispone che tra i proventi e gli oneri straordinari devono essere iscritti tutti quei
proventi e quegli oneri la cui fonte è estranea all'attività ordinaria, indipendentemente
dall'eccezionaiità o dall'anormalità dell'evento. La cessione di un contratto di leasing può
tranquillamente ritenersi facente parte della gestione ordinaria dell'impresa e quindi la
sopravvenienza attiva va imputata nella sezione A del conto economico al n. 5) altri ricavi e
proventi.
41 Indipendentemente dalla collocazione nel conto economico, i componenti positivi e negativi sono accertati in ragione della loro corretta classificazione.
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Bilancio 2011
La cessione del contratto di leasing, in base all'art. 3, comma 2, n. 5), del D.P.R. 26
ottobre 1972, n. 633, è soggetta ad IVA, con la stessa aliquota prevista per la cessione del
bene oggetto del contratto. Qualora il trasferimento del bene non sia soggetto ad IVA, al
contratto di leasing, e conseguentemente anche alla sua cessione, si applica l'aliquota
ordinaria.
La cessione del contratto di leasing deve essere assoggettata ad IRAP,
in base al valore normale del bene ottenuto dalla differenza tra il
valore di mercato del bene al momento della cessione e il debito
residuo.
Ai fini IRAP
La cessione del contratto di leasing è soggetta ad IVA con la stessa aliquota prevista per la cessione del bene oggetto del contratto.
Ai fini IVA