Dispense Acustica Avellino 2016

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    DISPENSE DI ACUSTICA

    Il suono è qualcosa che la maggior parte delle persone danno per scontato. Il nostro ambiente è pieno di rumori, a cui siamo stati esposti da prima della nascita. Che cosa è il suono, come si propaga, e come può essere quantificabile? Lo scopo di questo capitolo è di introdurre il lettore gli

    elementi fondamentali del suono, il modo in cui si propaga, e argomenti correlati. Questo ci aiuteràa capire sia la natura del suono e il suo comportamento in una varietà di contesti acustici e ci

     permetterà di capire sia il funzionamento degli strumenti musicali che l'interazione del suono conl'udito.

    1.1. Le onde di pressione e la trasmissione del suono

    Un suono a livello fisico è semplicemente un disturbo meccanico di un medium, che può essere aria,o un solido, liquido o altro gas. Tuttavia una tale descrizione è semplicistica e non è molto utile inquanto non fornisce informazioni sul modo in cui questo disturbo viaggia, e non spiega in che modo

    le sue caratteristiche si diversifichino grazie al requisito di un medium  usato affinché possa propagarsi.

    1.2. La natura delle onde sonore

    Consideriamo il semplice modello meccanico della propagazione suono attraverso qualche mezzofisico, mostrato nella Figura 1.1. Questo mostra un semplice modello unidimensionale di unsupporto fisico, come l'aria, che noi chiamiamo il modello pallina da golf e la molla perché sicompone di una serie di masse, ad esempio palline da golf, collegati tra loro da molle. Le pallinerappresentano i punti materiali delle molecole di un materiale reale e le molle rappresentano la forza

    intermolecolare che le lega tra di loro. Se la pallina da golf all’estremità è spinta verso le altre,allora la molla che lo collega alla pallina da golf più prossima sarà compressa e spingerà la pallinada golf sulla linea che comprime la molla successiva, e così via. A causa della massa delle pallineda golf ci sarà un ritardo dell’azione del movimento delle molle.

    Figura 1.1 Modello di propagazione

    Ciò significa che il disturbo causato spostando la prima pallina da golf avrà bisogno di tempo perscendere lungo l'altra estremità. Se la pallina da golf dell'inizio viene riportata nella sua posizioneoriginale l'intero processo appena descritto accadrà di nuovo, salvo che le palle da golf sarannotirate piuttosto che spinte e il collegamento molle si dovrà espandere, piuttosto che comprimere.Alla fine di tutto questo sistema finirà con le palle da golf avente la stessa distanza media cheavevano prima che fossero spinte e tirate indietro.

    La regione dove le palline da golf sono messe vicine è nota come compressione, mentre la regionein cui sono allontanate è nota come una rarefazione. In un mezzo di propagazione vero, comel'aria, un disturbo avverrebbe naturalmente in una sequenza di compressione seguita da una

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    rarefazione o una rarefazione seguita da una compressione per consentire al medium di ritornare alsuo stato normale. Un quadro di ciò che accade è mostrato nella Figura 1.2. A causa del modo in cuiil disturbo si muove, le palle da golf sono spinte e poi riportate indietro rispetto alla direzione delviaggio del disturbo: questo tipo di propagazione è nota come onda longitudinale. Le onde sonoresono onde longitudinali che si propagano attraverso un serie di compressioni e rarefazioni in unmezzo, di solito aria.

    Figura 1.2: modello di propagazione di un impulso sonoro attraverso un materiale

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    1.3 Propagazione delle onde

    Se perturbiamo in una qualche zona una lunga corda, tesa tra i suoi due estremi, osserviamo che la perturbazione non permane in loco ma si propaga lungo la corda stessa. Lungo la corda vediamo apparireuna figura che si muove a velocità costante v .

    Figura 1.3: Spiegazione della formula della velocità d’onda 

    Durante l’intervallo di tempo tra t e t’ la perturbazione (cioè l’onda) ha percorso il tratto di lunghezza l  . Lasua velocità è perciò  v = l / (t’ - t). In questo caso si tratta di un’onda elastica, perché la propagazione èassicurata dalle caratteristiche elastiche del materiale di cui è fatta la corda.Bisogna notare che in questo fenomeno non si ha trasporto di materia: i punti costituenti la corda si muovonosoltanto attorno alla loro posizione di equilibrio. Nel caso di una corda elastica la velocità di propagazione dipende sia dalla tensione T  della corda (forza conla quale è tesa) che dalla sua massa “lineica”.

    Immaginiamo di avere una laminetta flessibile di acciaio, fissata ad uno dei suoi estremi con l’altro estremolibero: indichiamo con E il punto in cui si trova l’estremo lib ro della laminetta quando questa è in riposo (inequilibrio). Se, applicando la necessaria pressione, spostiamo l’estremo libero della laminetta dalla posizioneE alla posizione A (vedi la Fig. 1) e poi lo lasciamo, questo estremo si muoverà da A verso B, poinuovamente da B verso A, compiendo così un’oscillazione completa intorno al suo punto di equilibrio; poi simuoverà nuovamente da A verso B, poi tornerà in A e così via: oscillerà cioè intorno al punto di equilibrio E.Se la frequenza della vibrazione della laminetta è compresa nell’intervallo indicato al punto 1, il nostro

    orecchio percepisce un suono: l’onda elastica è, in questo caso, un’onda acustica. Ma come è stato trasmessoquesto suono al nostro orecchio? Vediamo. Quando l’estremo libero della laminetta si muove da E verso A,esso spinge lo strato d’aria che gli sta immediatamente vicino, comprimendolo; questi comprime a sua voltalo strato d’aria che lo circonda, il quale ne comprime un terzo e così di seguito: intanto suc- cessivamenteciascuno strato ritorna alla condizione normale. Si ha dunque una compressio- ne che si propaga nell’aria,allontanandosi in tutte le direzioni.

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     Negli istanti successivi, quando l’estremo libero della laminetta si muove da A verso E poi da E verso B, l ostrato di aria che lo circonda, e che prima era stato compresso, viene ora decompresso e si rarefà; lo stratosuccessivo si precipita a colmare questa rarefazione e ne lascia una al suo posto; questa viene compensata dalterzo strato e così di seguito. Abbiamo ora una rarefazione che si propaga nell’aria a seguito dellacompressione. Quando poi l’estremo della laminetta ritorna in A (questo avviene dopo un periodo), si formaun nuovo strato di compressione, seguito da un nuovo strato di rarefazione, e così via di seguito. Si puòconcludere che la vibrazione della laminetta genera un’onda elastica periodica, costi- tuita da unasuccessione di strati nei quali l’aria è alternativamente compressa e rarefatta (Fig. 2) e che si dilatano inmodo che ogni rarefazione insegua la precedente compressione. Lo stesso avverrebbe ponendo un diapasonin vibrazione davanti all’imboccatura di un tubo aperto ad entrambi gli estremi (vedi la Fig. 3); unasuccessione di compressioni e rare- fazioni si propagherebbe nel tubo, con la differenza che, mentre nell’arialibera queste si attenuano rapidamente, dentro il tubo procedono anche per grandi cammini senza varia- re inmodo sensibile.

    Si ha un fenomeno simile a quello sopra descritto se si fa cadere un sassolino sulla superficie tranquilla

    dell’acqua di uno stagno (o dell’acqua contenuta in un recipiente): si osserverà in questo caso unasuccessione di onde che si rincorrono sulla superficie del- l’acqua in tutte le direzioni senza raggiungersi

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    mai, attenuandosi man mano sino a svani-re. In questo caso, invece di compressioni e rarefazioni dell’aria, sihanno innalzamenti ed abbassamenti della superficie dell’acqua. È proprio da questa analogia che deriva ilnome di onda attribuito all’insieme di una compressione e di una rarefazione in un mezzo elastico.

    Riflettiamo adesso sulle onde acustiche emesse da una sorgente sonora S, che per comodità immaginiamo

     puntiforme (vedi la Fig. 4). Consideriamo il moto di una particella d’aria posta ad una certa distanza dallasorgente sonora (per es. nel punto E), sotto l’azione delle onde acustiche provenienti da S.

    Questa particella oscilla tra due posizioni A e B compiendo una oscillazione completa (cioè andando dalla

     posizione di riposo E ad A, e poi da A a B e ritornando in E) nel tempo in cui lo strato di compressione equello di rarefazione passano per il punto E. La particella d’aria vibra quindi nella direzione SE (che èappunto la direzione di propagazione dell’onda acustica emessa da S e passante per E): il suo movimentooscillatorio avviene nella stessa direzione di propagazione dell’onda sonora.Si esprime questo fenomeno dicendo che le onde sonore sono onde elastiche longitudinali.Tutte le particelle di aria (o di qualunque altro corpo) vibrano, dunque, sotto l’azione delle onde sonore. Èfacile però constatare che queste vibrazioni diventano sempre meno ampie quanto più ci si allontani dallasorgente sonora (l’energia meccanica emessa dalla sorgente viene infatti distribuendosi su superfici sempremaggiori quanto più l’onda si allontana dalla sorgente stessa). Così una particella d’aria che si trovi nel puntoE’ (Fig. 4), a maggiore distanza da S rispetto alla particella situata in E, vibrerà tra due posizioni A’ e B’ che

    sono più vicine tra loro di quanto non siano le posizioni A e B tra le quali oscilla la particella situata nel punto E: l’ampiezza delle vibrazioni va dunque diminuendo man mano che ci si allontana dalla sorgentesonora.Osserviamo ancora che le onde elastiche emesse da una sorgente sonora e le onde pro- vocate dalla caduta diun sassolino su una superficie liquida in quiete manifestano tra loro una importante differenza e unaimportante analogia.

      LA DIFFERENZA: le onde sonore sono longitudinali (come abbiamo visto sopra), mentre le ondeche si propagano sulla superficie dell’acqua nel caso sopra descritto sono onde trasversali. Si puòverificare facilmente l’ultima affermazione mettendo un pezzetto di sughero sulla superficie liquida

     percorsa dalle onde: al passaggio dell’onda il sughero subirà uno spostamento dalla posizione diequilibrio E verso l’alto (innalzamento) fino a raggiungere un’altezza massima A (Fig. 5);successivamente si abbasserà, tornando alla posizione di equilibrio E per poi proseguirel’abbassamento sino a raggiungere un’altezza minima B; poi si innalzerà di nuovo sino a tornare inE e così via. Gli spostamenti del sughero avvengo- no in direzione verticale, perpendicolarmentealla direzione (SE) di propagazione dell’onda prove- niente da S e passante per E, e rappresentanovisibilmente lo stesso movimento al quale viene sottoposta al passaggio dell’onda una particellad’acqua situata nel punto E: questo si esprime appunto dicendo che si tratta di un’“onda trasversale”.

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      L’ANALOGIA: nelle onde acustiche, così come nelle onde liquide sopra descritte, non c’è trasportodi materia. Quando una particella del mezzo nel quale l’onda si propaga viene raggiunta dall’onda,

    essa viene stimolata dall’energia che la raggiunge e compie un movimento elastico periodico(longitudinale nel primo caso, trasversale nel secondo): lungo il percorso di queste onde c’è solotrasmissione di energia. La stessa esperienza del sughero descritta sopra mette in evidenza questa proprietà nel caso dell’onda che si propaga su una superficie liquida: il sughero infatti si solleva e siabbassa, ma non si allontana dalla sorgente. 

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    2.  Il suono e l’acustica

    La percezione sonora è normalmente legata alle vibrazioni del timpano nell’orecchio. Questevibrazioni sono provocate da piccole variazioni di pressione nell’aria. La variazione di pressionedell’aria è quindi l’equivalente fisico del suono. Questo fenomeno può essere visualizzato

    appoggiando un foglio di carta sopra il cono di un altoparlante: quando viene emesso un suono, ilfoglio inizia a vibrare. Infatti il movimento verso l’esterno della membrana dell’altoparlantedetermina un aumento di pressione e quindi spinge in fuori il foglio di carta. Inversamente ilmovimento verso l’interno della membrana determina una diminuzione di pressione ed attrae ilfoglio verso l’altoparlante. La membrana del timpano ha un comportamento analogo a quello delfoglio di carta: un incremento di pressione spinge la membrana del timpano verso l’interno, mentreuna diminuzione di pressione la attrae verso l’esterno. I movimenti del timpano sono quinditrasmessi alla coclea che li trasforma in impulsi elettrici che vengono inviati al cervello attraverso leterminazioni nervose.

    2.1 Oscillazioni e onde

    Dato che il suono corrisponde a variazioni di pressione nell’aria, è naturale che le proprietà diqueste variazioni determinino le proprietà del suono percepito. Molti suoni musicali presentanovariazioni regolari di pressione. In particolare la regolarità implica che un determinato andamentodella pressione si ripeta nel tempo. Viene definita forma d’onda la ripetizione di tale andamento. Inquesto caso il suono è detto  periodico e la durata della singola forma d’onda è detta  periodo,indicato con il simbolo T e misurato in secondi. Se la funzione  p(t ) indica l’andamento della

     pressione nel tempo in un punto dello spazio, per un suono periodico si ha la relazione:

     p(t ) = p(t +T )

     Nel caso opposto, in cui l’andamento della pressione `e privo di qualsiasi regolarità, il segnaleassociato viene percepito come rumore. Il rumore può essere diviso di due classi principali:

      rumore impulsivo: è determinato da rapide variazioni di pressione circoscritte nell’arco di pochi millisecondi. Un tipico esempio di rumore impulsivo si ha quando un corpo rigidoviene percosso. Va notato che il rumore impulsivo viene regolarmente generato durante la

     produzione di suoni musicali, si pensi ad esempio al suono di chitarra nel quale èchiaramente percepibile il rumore prodotto dal plettro sulla corda; oppure al suono di

     pianoforte dove è fondamentale per il riconoscimento del timbro il rumore prodotto dalmartelletto sulla corda.

     

    rumore stazionario: ha generalmente una elevata estensione temporale ma è comunque privo diregolarità. Tipici esempi di rumore stazionario sono il rumore prodotto dal vento o quello proveniente da uno schermo televisivo in assenza di segnale (effetto neve). Per questo genere disegnali audio si ricorre generalmente ad una descrizione statistica dell’andamento della pressione.

    I suoni periodici sono alla base della musica occidentale e di molti altri repertori, per cui a questi verrà posta particolare attenzione.

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    2.2  I suoni periodici

    In campo musicale si è soliti descrivere un suono periodico in termini di frequenza, usualmente indicata conil simbolo f  e misurata in Hertz (Hz). Il legame tra periodo T e frequenza f è descritto dalla formula

    La scomposizione di un suono periodico di frequenza f in forme d’onda elementari, indica che questeavranno rispettivamente frequenze f , 2 f , 3 f , 4 f , . . . La sinusoide di frequenza f , pari alla frequenza delsuono periodico di partenza, è detta fondamentale mentre le sinusoidi di frequenza multipla intera di fvengono dette parziali.Si fa riferimento alle forme d’onda elementari che costituiscono un suono con il termine armoniche. Lafrequenza è associata alla sensazione di altezza ( pitch) di un suono: maggiore è la frequenza, maggiorerisulta l’altezza del suono, in altre parole il suono risulta più acuto.Gli esseri umani sono in grado di percepire suoni nell’intervallo di frequenze da circa 20 Hz a circa 16 kHz,

    anche se alcuni soggetti sono in grado di percepire suoni in intervalli più ampi, ma comunque contenuti tra i16 Hz e i 20 kHz.L’estensione di un pianoforte, così come l’estensione di un’orchestra sinfonica, va da 27.5 Hz a 3729.3 Hz.Al di sotto di 15 Hz, le variazioni di pressione non vengono più percepite come un singolo suono ma comeuna rapida successione di impulsi. Frequenze al di sopra della soglia di udibilità (ultrasuoni) non vengono percepite, quindi il filtraggio del segnale audio al di sopra dei 20 kHz non ne altera la qualità percepita.E’ per questa ragione che la frequenza di campionamento dei Compact Disc (44.1 kHz) è sufficiente per una perfetta ricostruzione del segnale analogico originario dal punto di vista percettivo.

    2.3 

    I suoni reali

    Come si è visto, la sinusoide è la più semplice forma d’onda perché non è ulteriormente scomponibile.I suoni prodotti dagli strumenti musicali acustici non hanno però mai un andamento così semplice. I suoninaturali infatti sono sempre costituiti da serie di armoniche, che contribuiscono a dare ricchezza ai suonimusicali.In realtà, i suoni prodotti dagli strumenti musicali non hanno mai un comportamento così regolare.Innanzitutto le armoniche hanno un rapporto che solo approssimativamente può essere espresso comerapporto tra interi. Ad esempio la corda reale si differenzia dalla corda ideale principalmente a causa diquesta inarmonicità: le parziali risultano avere dei rapporti leggermente maggiori dei numeri interi previsti

    dalla teoria (si dice in questo caso, usando il lessico musicale, che le parziali sono crescenti rispetto allafondamentale).Alcuni suoni reali inoltre sono caratterizzati proprio dell’assenza di armonicità: è il caso delle campane, nellequali non è nemmeno presente il termine relativo alla fondamentale e le armoniche hanno rapporti soloapprossimativamente armonici.Una seconda caratteristica dei suoni reali è che questi non sono mai esattamente periodici: le forme d’onda siripetono nel tempo assumendo degli andamenti simili, ma non del tutto uguali. L’orecchio percepisce quindiun andamento approssimativamente periodico, ma percepisce anche le variazioni nella forma d’onda, checontribuiscono a dare dinamicità al suono prodotto. Infatti una delle caratteristiche dei suoni di sintesi èappunto l’eccessiva regolarità del loro sviluppo temporale. Questo spesso si traduce nella percezione di un

    suono che rapidamente diventa poco interessante per l’ascoltatore.

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    In Figura 2.1 vengono riportati gli andamenti delle forme d’onda rispettivamente associate a una sinusoide,ad un segnale periodico costituito da una somma di 16 sinusoidi in rapporto armonico tra loro e ad unsegnale rumoroso stazionario.

    2.4  I caratteri che distinguono un suono dall’altro sono L’ALTEZZA, L’INTENSITÀ, LADURATA e IL TIMBRO.

    L’ALTEZZA è il carattere del suono che distingue i suoni acuti dai suoni gravi. È dunque quell’attributodella sensazione uditiva per mezzo del quale i suoni possono essere ordinati dal basso verso l’alto, peresempio come avviene nella scala musicale. Dal punto di vista propriamente fisico, si suole dire che l’altezzadi un suono dipende dalla sua frequenza. Più precisamente: quanto maggiore è la frequenza di un suono,tanto più il suono è acuto. I suoni molto gravi hanno una frequenza di alcune decine di Hertz, mentre i suoni più acuti hanno frequenze di alcune migliaia di Hertz. Nelle Figure 6 e 7 sono rappresentati sul pianocartesiano due suoni puri (vedi al punto 5): la loro rappresentazione grafica, dove si sono posti in ascissa itempi e in ordinata la variazione di pressione, è una curva che viene chiamata sinusoide.

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    Tuttavia il concetto di “altezza di un suono”, come tutti i concetti che interessano la percezione, non èmeramente legato alla scienza fisica: ed a noi interessa qui di prenderne in considerazione anche l’aspettofisiologico e psichico che, unitamente a quello fisico di produzione e propagazione del suono, dà luogo alla percezione uditiva. In questa più ampia ottica, dovremmo allora prendere atto che (come è stato dimostrato)tra stimoli e reazioni non esiste in questo caso alcuna identità (tutt’al più può essere indicata una certa

    regolarità nel loro rapporto): frequenza e altezza del suono non sono identificabili. E si può affermare chel’altezza di un suono, sebbene fondamentalmente dipenda dalla frequenza dell’on- da acustica, tuttavia èanche influenzata dalla intensità e dal timbro del suono stesso.

    Osservazione sperimentale: Osserviamo subito che non sempre un corpo che oscilla emette un suono: un

    corpo pesante che oscilla sospeso ad un filo non produce un suono. Perché il nostro orecchio percepisca un

     suono occorre che la vibrazione che lo produce sia abbastanza rapida ma non troppo: più precisamente,

    bisogna che la frequenza delle vibrazioni sia compresa all’incirca tra 16 e 12.000 Hertz.

    I termini tecnici e le misure che servono per misurare l’altezza dei suoni in modo scientifico sono:

    Ad esempio tutti sappiamo che il diapason  ci fornisce l’informazione acustica della nota  LA sopra il docentrale. Questa altezza è convenzionalmente associata alla frequenza di 440 Hz, ovvero 440 oscillazioni periodiche al secondo.A  titolo di esempio, in questa tabella, trovate le frequenze corrispondenti alle note del sistema temperato(evidenziata l'estensione del pianoforte).

    FREQUENZA: è il numero delle oscillazionicompiute dal corpo vibrante in un secondo.

    PERIODO: è il numero che esprime (in secondi) iltempo impiegato dal corpo vibrante per compiereun'oscillazione completa.Se con T si indica il periodo di una vibrazione e con  f  si indica la sua frequenza, allora

    HERTZ: è l'unità di misura della frequenza(un'oscillazione completa al secondo)

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    Da questa tabella possiamo dedurre delle cose interessanti. Se, per esempio, osservate la riga del LA (A)noterete che lo scarto di frequenza tra le varie ottave non è costante (più piccolo nelle ottave basse, piùgrande in quelle alte). Tuttavia noi sentiamo una differenza costante, sempre una ottava. E allora? Notate che, se non è costante la differenza, è invece costante il rapporto: la frequenza dell'ottava

    superiore è sempre il doppio di quella inferiore.Ovvero, noi percepiamo sempre lo stesso intervallo quando il rapporto fra le frequenze è costante .Partendo da un LA 110 Hz, per percepire un intervallo di 8va dobbiamo raddoppiarlo andando a 220 Hz, poia 440 Hz, a 880 Hz e così via. Per ottenere la 5a superiore dobbiamo moltiplicarlo per 1.5 = 165 Hz,eccetera. Ciò che resta costante è il rapporto, non la differenza.La cosa è ben visibile nell’immagine seguente, che rappresenta onde della famiglia degli ottoni: dall'alto al basso, corno, tromba, trombone, tuba.

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    Si vede bene che corno e tromba stanno eseguendo la stessa nota, infatti la durata del ciclo è identica (i picchi corrispondono). Il trombone è una ottava sotto la tromba, infatti ogni suo ciclo corrisponde a due dellatromba. Il tuba è una ottava sotto il trombone e due sotto la tromba, infatti ogni suo ciclo corrisponde a duedel trombone e a 4 della tromba. L'ottava, quindi, corrisponde a un rapporto di frequenza 2:1. La cosa ha una precisa corrispondenza fisica:

    dividendo una corda a metà, si ottiene l'8va superiore (corde più corte producono frequenze più alte in baseal loro rapporto; la barretta del 12mo tasto della chitarra si trova a metà corda). Nello stesso modo funzionano le colonne d'aria: se si prende un tubo e lo si suona in stile flauto di pan, siottiene una nota. Se si taglia a metà il tubo, si ottiene l'8va superiore.Anche per gli altri intervalli ci sono rapporti fissi. Nella scala pitagorica, direttamente derivata dagliarmonici, alla 5a corrisponde il rapporto di 3:2 = 1.5. Ne consegue che, dato un LA 440 Hz, il MI alla 5asopra avrà una frequenza di 440 x 1.5 = 660. Nella tabella che riporta le frequenze nella scala temperata i valori non corrispondono a quelli della scala pitagorica. Nei capitoli successivi si vedrà come e perché questi valori hanno subito un “accomodamento”.

    L’INTENSITÀ è il carattere che distingue i suoni forti dai suoni deboli. Sotto l’aspetto meramente fisico,l’intensità di un suono dipende dall’ampiezza delle vibrazioni che le particelle del mezzo nel quale l’onda si propaga compiono intorno alla loro posizione di equilibrio. Più precisamente, un suono è tanto più fortequanto maggiore è l’ampiezza delle oscillazioni.

    Da quanto abbiamo visto al punto 2, possiamo quindi dedurre che noi percepiamo un suono come più intensoo meno intenso a seconda della nostra posizione rispetto alla sorgente. Più precisamente, l’intensità è tantomaggiore quanto maggiore è l’energia trasmessa dall’onda sonora al nostro orecchio: tutto ciò che influiscesu questa energia influisce sull’intensità.

    Però, come già abbiamo avuto occasione di rilevare, poiché la percezione delle caratteristiche di un suonodipende dall’azione fisiologica e psichica che le particolari vibrazioni esercitano sull’orecchio, possiamofacilmente renderci conto di come non ci sia proporzionalità fra l’energia delle vibrazioni sonore (fenomeno

    meramente fisico) e la sensazione che noi avvertiamo. Ragionando in quest’ottica, dovremo anche rilevareche la percezione dell’intensità del suono è influenzata anche dalla sua altezza e dal suo timbro.

      Il Watt (W) Si è detto che l’equivalente fisico del suono è la variazione di pressione nell’aria (la pressione si misura in pascal, simbolo Pa). L’entità delle variazioni di pressione è legata alla percezione di volume sonoro(loudness): maggiore è la variazione di pressione, maggiore è il volume sonoro percepito.La minima pressione efficace che può essere percepita di 0.00002 Pa, mentre la soglia del dolore variaintorno ai 20 Pa, in relazione alla frequenza del suono come vedremo in seguito parlando di psicoacustica.

    Si consideri di dover determinare il volume sonoro prodotto da una sorgente. L’esperienza comune ci diceche la pressione efficace di un suono varia in relazione alla distanza della sorgente; una sorgente sonora può

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    irradiare in maniera diversa in differenti direzioni. Infine il fenomeno della riflessione può ulteriormentecomplicare la misurazione, rendendola sensibile, non solo alla distanza e alla posizione rispetto alla sorgente,ma anche alla presenza di ostacoli o elementi riflettenti. E’ per questa ragione che una sorgente sonora vienecaratterizzata in base alla propria potenza acustica, ovvero in base al lavoro prodotto nell’unità di tempo.Come ogni potenza, anche la potenza acustica si misura in watt (W). In Tabella 2.2 viene riportata la potenza

    acustica del parlato e di alcuni strumenti musicali.

    Il Watt, quindi esprime la POTENZA di un suono nel punto in cui viene emesso e nel tempo, ossia misura

    [Un joule è il lavoro svolto esercitando la forza di un newton per una distanza di un metro Ci si può fareun'idea di quanto sia un joule considerando che è circa pari al lavoro richiesto per sollevare una massa di102 g (una piccola mela) per un metro, opponendosi alla forza di gravità terrestre.Un joule è anche il lavoro svolto per erogare la potenza di un watt per un secondo.]

      Il decibel (dB) Per esprimere l’intensità di un suono non in termini della potenza che esso trasporta attraverso una superficieunitaria (misura fisica), ma in termini della sensazione che esso provoca ( misura fisiologica) dobbiamotrasformare il risultato della misura fisica dell’intensità del suono in modo da rispecchiare la classificazionesimile a quelle su cui si fonda il nostro cervello.

    L’apparato uditivo è sensibile alle vibrazioni di pressione atmosferica, ma questo legame non è lineare.Infatti, al raddoppio dell’intensità del suono non avvertiamo il raddoppio della pressione, ma molto meno. In

    ENERGIA PRODOTTA NELL'UNITA'DI TEMPO

    P = E / t

    1 W = 1 J / s = 1 kg m2 / s3 (Watt )

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    linea di massima, se l’intensità I del suono aumenta di 10 volte avvertiamo solo un raddoppio del volume.Questo fatto indica che il legame è di tipo logaritmico. L’occhio e l’orecchio sono organi favolosi che riescono ad espandere la differenza tra due suoni o lucideboli, ed invece comprimono la sensazione quando sono molto grandi evitando saturazioni.Ci sono delle forme numeriche come i logaritmi e gli esponenziali, che hanno la proprietà analoga a quella di

    certi nostri organi: propongono una rappresentazione matematica di una graduale compressione dellegrandezze.

    Figura: rappresentazione scalare di un logaritmo 

    Un lieve cambiamento dell’intensità di un suono, dunque, non é percepito come cambiamento: la percezionedi aumento o di diminuzione del suono avviene solo se il cambiamento della sua intensità è ragionevolmentealto.Il nostro cervello, infatti, si comporta in questo modo: se accendiamo una radio e ci abituiamo per un po’ aisuoni che essa emette, solo dopo una rotazione ben definita della manopola del volume abbiamo la certezza psicologica che ora il suono sia più intenso di prima. Se avessimo a disposizione uno strumento di misuradelle intensità sonore, potremmo scoprire che il rapporto tra l’intensità I2 quando si sente che il suono ècambiato e l’intensità iniziale I1 è circa pari a 1,30 indipendentemente dal valore di I1.Ecco dunque come il cervello analizza i suoni di uguale frequenza e di diversa intensità: se I0 è un intensitàdi riferimento, tutti i suoni di quella stessa frequenza e di intensità compresa tra I0 e 1,3 I0 vengonoclassificati in una “casella”. Ogni suono con intensità maggiore che si porta ad un rapporto superiore di 1,3

    con quello precedente si colloca ad una “casella” più alta nella scala dell’intensità percepita.

    Il dB ovvero decimo di bel (in onore del ricercatore e inventore Alexander Graham Bell) si definisce comedieci volte il logaritmo in base dieci del rapporto di due livelli di potenza:Perché complicarsi la vita con una scala logaritmica?La scala logaritmica non è sempre di uso intuitivo, tuttavia ha due grandi vantaggi:

    1.  Utilizzando la scala logaritmica è molto più facile effettuare calcoli e misure su grandezze cheabbracciano un grandissimo intervallo di valori. In acustica l’orecchio umano è sensibile ad intensità

    sonore che variano da 0 a circa 200 dB, ossia l’orecchio è sensibile per valori che hanno unadifferenza di 12 zeri, ovvero 10 12 che, per dare una idea, equivalgono ai secondi che sono passatiche fare con valori che spaziano dalla dimensione dello spessore di una banconota (10 -4 m) a quelledi un anno-luce (1016).

    2.  Quando si utilizzano formule che usano generalmente moltiplicazioni o divisioni, con i decibel essesi trasformano in somme e sottrazioni, semplificando i calcoli.

    Il dB è una misura del rapporto fra due quantità omogenee (in pratica due quantità che condividono la stessaunità di misura, per esempio due pressioni, due potenze, ecc.) e quindi è una misura “adimensionale”, ossianon misura fisicamente una “grandezza”, ma esprime una relazione, un rapporto.

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    Per il rapporto tra due livelli di potenza (P1 e P2) il decibel (dB) è definito come pari a 10 volte il logaritmodel loro rapporto:

    A livello grafico l’equazione logaritmica risultante illustra anche in modo intuitivo il modo “non lineare” concui i suoni vengono recepiti dall’essere umano:

    Ci sono alcuni casi notevoli facili da tenere a mente ed utili nei calcoli manuali. Ad esempio un raddoppio di potenza equivale ad un incremento di circa 3 dB, moltiplicare per quattro equivale ad un incremento di circa6 dB, etc.. Questi casi sono riepilogati nella tabella sottostante.

    Valori in dB Differenza di potenza(partendo dalla soglia diudibilità P0) fra P1 / P0 

    3 2

    6 4

    10 10

    20 100

    -3 0.5

    -6 0.25

    -10 0.1

    -20 0.01

    dB = 10 log(P1/P2) 

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     – LA DURATA di un suono si lega indissolubilmente alla “percezione del tempo” . Ogni suono dura neltempo, ossia si dispiega e lo si avverte lungo un arco temporale preciso, all’interno del quale è facileindividuare l’inizio e la fine del suono stesso.

     – IL TIMBRO di un suono è il carattere che consente di distinguere due suoni aventi la stessa intensità e la

    stessa altezza, ma che provengono da due fonti diverse. L’origine del timbro ha caratteri di notevolecomplessità: limitiamoci per ora alla constatazione che suoni dal timbro diverso differiscono per la formadell’onda (così nella fig. 8 sono rappresentati due suoni di uguale altezza e intensità, ma di timbro diverso).

    Il timbro è un fenomeno multidimensionale, il che significa che il timbro, pur essendo considerato una proprietà del suono come l'altezza e la dinamica, non può essere espresso con un singolo numero in unaqualche unità di misura. Non possiamo dire che il timbro di un suono è 25 qualcosa o 1100 qualcos'altro.Come vedremo, misurare il timbro significa prendere in considerazione una certa quantità di parametri.

     

    La teoria classica: gli armonici

    Alla metà dell'800 Helmholtz dimostrò in modo scientifico l'esistenza degli armonici, cosa che era già notaintuitivamente fin dai tempi di Rameau, formalizzando quella che è nota come la teoria classica del timbro.Secondo questa teoria, il timbro di un suono è determinato dai suoi armonici. Ma cos'è un armonico?Ogni onda può essere scomposta in una serie di onde semplici e prive di armonici, dette sinusoidi (in figura),ognuna delle quali ha una certa frequenza, una certa ampiezza e una certa fase.

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    Ma queste sinusoidi sono gli armonici? La risposta è: non sempre.In questo caso specifico, sì. Se osserviamo la serie delle frequenze notiamo che

    la più bassa, che in questo caso è la fondamentale, è 220 Hz, cioè un LA.  La frequenza delle altre sinusoidi è sempre un multiplo della fondamentale (o quasi).

      440= 220 x 2; 660= 220 x 3; 880= 220 x 4; 1099 quasi = a 220 x 5 (sarebbe 1100); 1319 quasi = a220 x 6 (sarebbe 1320).

    Per questa ragione (frequenze multiple di quella della fondamentale) in questo caso le sinusoidi sonoarmonici.In realtà, la cosa deve essere generalizzata come segue:

      ogni sinusoide in cui un suono è scomposto viene chiamata parziale (o componente)

      se la frequenza di una parziale è multipla di quella della fondamentale, essa è una armonica.

     Ne consegue che una parziale può essere o non essere una armonica, quindi esistono anche dei suoni le cui parziali non sono armoniche. Sono quelli che la teoria classica chiamava "rumori" o "suoni non musicali",ma che oggi sono soltanto suoni. Nelle  slides proposte a lezione avete ascoltato questo suono, vagamentesimile a una campana, di cui potete vedere la forma d'onda nella figura seguente:

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    Ascoltandolo, vi sarete accorti che non suona come una nota precisa, ma come una specie di accordo. Notateche la forma d'onda qui sopra non è periodica. Ora vediamo l'analisi

    La componente più bassa (200 Hz) potrebbe essere una fondamentale, ma nessuna delle altre è un multiplo di200 (non ci vanno nemmeno vicino). Infatti, questo suono non ha componenti armoniche, ovvero ha parzialiinarmoniche. La cosa è evidente anche confrontando i due grafici: nel primo le parziali hanno sempre lastessa distanza orizzontale, segno che fra loro c'è sempre la stessa distanza in frequenza; nel secondo no. Notate come il grado di fusione delle parziali in un unico suono non sia così forte come del caso degliarmonici.

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    Con una certa cautela, possiamo arrivare alle seguenti conclusioni basate sulla forma d'onda

      se un'onda è chiaramente periodica, quasi certamente ha parziali armoniche

      se un'onda non è periodica, quasi certamente ha delle parziali inarmoniche

    Perché, in entrambi i casi, non possiamo dare una certezza? Perché in natura esistono sempre dei casi particolari. Per esempio, molti strumenti che suonano all'unisono non sono intonati perfettamente sullo stessonumero di Hertz (la perfezione matematica si può raggiungere solo in laboratorio).L'onda potrebbe avere una periodicità molto difficile da individuare, tuttavia, all'ascolto, sentiremo una nota precisa.Una situazione analoga si ha quando il suono ha un forte componente di rumore, come può essere in certistrumenti a fiato, oppure è formato da più suoni leggermente stonati, come nel pianoforte.Inoltre, non basta esaminare la forma d'onda in un punto, ma bisogna guardarla per tutto il corso della nota.

    Mostriamo questa serie degli armonici (fino al 16mo, che abbiamo ascoltato durante le lezioni) e vediamo aquali note:

    Analisi di suoni reali

    Subito un caso complesso. SIb di pianoforte. Notate l'alto numero di parziali armoniche, sia pure con qualche piccola deviazione (la fondamentale è 232.8). Notate anche che la parziale che ha maggior ampiezza è laseconda, all'8va sopra la fondamentale. Non è un caso particolare. Accade spesso e dipende dalla cassa dirisonanza o dalla risonanza del corpo dello strumento (ne parliamo più avanti).Guardate sempre il numero in basso a destra, sotto l'asse orizzontale come riferimento per l'estensione dellospettro.

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    SOL basso di violoncello 

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    SOL di tromba qui la terza parziale ha l'ampiezza maggiore

    E ora qualche suono con parziali inarmoniche:

    Un gong

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    Tam-tam (grande gong non intonato)

    Piatto (batteria)

     Notate come, in questi ultimi due casi che si avvicinano molto al rumore indifferenziato (soprattutto il

     piatto), non abbia più senso parlare di parziali, ma solo di bande di rumore più o meno estese. Nel caso del piatto c'è una banda intorno ai 6000 Hz e un'altra fra i 12000 e 20000 Hz.Ora guardate un rumore quasi totalmente indifferenziato come quello prodotto da una fontana:

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    Come vedete, non si vedono parziali, ma solo una banda continua la cui ampiezza diminuisce verso gli acuti.

    I limiti della teoria classica

    Secondo la teoria classica, il timbro di un suono è determinato unicamente dalla forma d'onda e dalle sue parziali (armoniche o inarmoniche). Se fosse vero, sarebbe molto facile ricreare in studio un suono reale.Basterebbe riprodurre la forma d'onda con il suo contenuto armonico.

    Abbiamo già visto due casi (i primi due esempi) in cui questo procedimento ha funzionato, ma, in realtà nonfunziona quasi mai. Ecco una prova: considerate questa nota di pianoforte, di cui vedete lo spettro

    Ora riproduciamo la forma d'onda inserendo le parziali armoniche trovate con l'analisi, ognuna con la suaampiezza, e diamo al suono un inviluppo simile a quello del pianoforte. Come abbiamo ascoltato a lezione sidetermina un suono un po' simile, ma decisamente non uguale. Quindi, per definire il timbro, alla teoria delle parziali armoniche manca qualche elemento.Il primo problema sta nel fatto che i suoni reali non sono fissi. Nella realtà l'ampiezza delle parziali nonrimane fissa, ma cambia. Nelle fasi di attacco e rilascio cambia notevolmente, ma anche nella fase di tenuta,

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    in cui il suono sembra fisso, ci sono dei leggeri cambiamenti. Il pianoforte, poi, è uno strumento a evoluzionelibera, privo di una fase di tenuta, quindi l'ampiezza delle parziali cambia sempre. (Tratteremo di questecaratteristiche nel prossimo capitolo).

      Il suono si evolve nel tempo

    In tutte le analisi che abbiamo visto, invece, la componente temporale non c'è mai. Si tratta di analisiistantanee che fotografano il suono in un particolare istante (un po' come una vostra foto a 5 anni: siete voi,ma non voi adesso).Guardate, invece, questo tipo di analisi. Qui abbiamo le frequenze sull'asse verticale e il tempo su quelloorizzontale. Le parziali sono le linee colorate e la loro ampiezza è rappresenta con il colore (colore scuro =ampiezza elevata). Qui perdiamo un po' di definizione in ampiezza per vedere l'evoluzione temporale.Questo tipo di grafico è chiamato sonogramma.

    Si vede benissimo che le parziali non hanno tutte la stessa durata. Quelle più acute finiscono prima. Si trattadi una caratteristica comune a tutti i mezzi vibranti che riescono a sostenere più facilmente le vibrazioni basse e lente rispetto a quelle acute e veloci.Il segno in basso vicino a 0.0 con frequenza bassa e durata breve è il rumore del martelletto.

      La teoria formantica: lo strumento

     

    In uno strumento musicale esistono sempre un elemento vibrante (quello che genera la vibrazione; èchiamato eccitatore) un elemento risonante (che entra in vibrazione a causa della presenza del primo; è dettorisuonatore)L'esempio tipico è corda e cassa armonica, ma l'idea su può estendere anche a colonna d'aria e corpo dellostrumento. Questi due elementi formano il suono che sentiamo interagendo fra loro. Qual è esattamente illoro ruolo?Si osservi questa analisi di un suono di chitarra effettuata nel punto segnato in azzurro, cioè poco dopol'attacco:

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    Si è visto che una corda vibrante, da sola, produce la fondamentale seguita da una serie di armonici conampiezza (intensità) calante. Allora ci si può chiedere perché qui la seconda e la terza parziale sono entrambe più forti della fondamentale? E perché anche le parziali seguenti non hanno ampiezza regolarmentediscendenti?Tecnicamente, si dice che questo spettro mostra dei formanti.

    formante = concentrazione di energia acustica in una certa banda frequenziale

     Ne consegue che le parziali che si trovano entro quella banda hanno una ampiezza maggiore del normale. Infigura vedete i formanti in questo spettro di chitarra.

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    I formanti sono causati dalla cassa armonica, essenzialmente per due ragioni.La prima (e principale) è che il materiale di cui è composta ha delle frequenze di risonanza, cioè vibrameglio in certe zone di frequenza rispetto ad altre e il risultato è che le frequenze che si trovano in queste zone vengono rinforzate, mentre quelle che si trovano al di fuori vengono attenuate.La seconda è che, nello spazio all'interno della cassa, le onde sonore prodotte dalla corda continuano a

    rimbalzare e si sommano alle onde principali con un piccolo ritardo sufficiente, però, a mettere certe frequenze in fase e altre in controfase, ancora con l'effetto di rinforzarne alcune e attenuarne altre. Proprio per questa ragione non si costruiscono casse armoniche rettangolari, che sarebbero molto più facili da fare.L'effetto di una forma così regolare sarebbe quello di creare una serie di rimbalzi regolari e quindi diamplificare troppo le frequenze il cui periodo è pari o multiplo al tempo di rimbalzo.In pratica, la cassa armonica amplifica certamente il suono, ma non agisce nello stesso modo su tutte lefrequenze. Alcune sono amplificate maggiormente, altre vengono attenuate.

    In pratica la cassa armonica è un filtro che con la sua azione crea i formanti che non devono essere visticome una cosa negativa perché caratterizzano timbricamente il suono di tutto lo strumento.

    Quello che accade, in sintesi, è schematizzato in figura.

    La corda fornisce un segnale con armoniche di ampiezza calante. Questo segnale viene rimodellato in basealle frequenze di risonanza della cassa armonica che agisce da filtro. Il segnale risultante è il prodottodell'interazione di questi due elementi.

    Questo fenomeno ha un importante effetto collaterale. La cassa armonica è fissa. Non cambia da una notaall'altra e nello stesso modo, sono fisse le sue frequenze di risonanza. Quindi anche i formanti che essa creasono sempre negli stessi punti, qualsiasi nota si faccia.

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    BIBLIOGRAFIA:

      John R. Pierce, La scienza del suono, Bologna, Zanichelli 1987; Pietro Righini e G. Ugo Righini, Ilsuono, Milano, Tamburini 1974.

      Andrea Frova, Fisica nella musica, Bologna, Zanichelli 1999. 

    AA.VV.,Enciclopedia della musica, Einaudi, Torino, 2002, vol. 2; Il Sapere Musicale.  Elementi di Acustica e Psicoacustica, Carlo Drioli Nicola Orio, Copyright 1999  Dispense del Corso di Acustica per Musicisti, Prof. Mauro Graziani (in particolare il Capitolo sul

    Timbro)  David M. Howard and Jamie Angus, Acoustic and Psycoacoustic, Published by Elsevier 2006  L’uomo, il suono e la musica / Alessandro Bertirotti. -Firenze : Firenze University Press, 2003.