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COME AIUTARE LA CONgREgAzIONE E LE NOSTRE MISSIONI Con l’invio di offerte Intestate a: OPERA DON ORIONE - Via Etruria, 6 - 00183 Roma Conto Corrente Postale n° 919019 Conto Corrente Bancario BANCA POPOLARE DI VICENZA - AG 5 Roma IBAN: IT27 F057 2803 2056 75 57 0774 043 Con legare per testamento Alla nostra Congregazione beni di ogni genere. In questo caso la formula da usare correttamente è la seguente: “Istituisco mio erede (oppure: lego a) la Piccola Opera della Divina Provvidenza di Don Orione con sede in Roma, Via Etruria, 6, per le proprie finalità istituzionali di assistenza, educazione ed istruzione… Data e firma”. SWIFT (per coloro che effettuano bonifici dall’estero) BPVIIT21675 Intestato a: OPERA DON ORIONE, Via Etruria 6 - 00183 Roma La Congregazione di San Luigi Orione è presente in molti Paesi in via di sviluppo con attività missionarie e di promozione umana per famiglie, bambini, disabili e anziani... Essa tiene “la porta aperta a qualunque specie di miseria morale o materiale”, come gli ha insegnato Don Orione. SOSTIENI ANCHE TU LE NOSTRE MISSIONI NEL MONDO! fondazione don orione onlus Via Cavour, 238 - 00184 ROMA - Tel. 06 4788 5686 Codice Fiscale 97302630583

DO MAG2018 La 1 03/05/18 10.12 Pagia 32 SOSTIENI ANCHE TU ... · ceva che il motivo per cui gli angeli vo-lano è che si prendono alla leggera. L’eutrapelìa è strettamente legata

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COME AIUTARELA CONgREgAzIONE

E LE NOSTRE MISSIONICon l’invio di offerte

Intestate a:OPERA DON ORIONE - Via Etruria, 6 - 00183 Roma

• Conto Corrente Postale n° 919019

• Conto Corrente BancarioBANCA POPOLARE DI VICENZA - AG 5 Roma

IBAN: IT27 F057 2803 2056 75 57 0774 043

Con legare per testamentoAlla nostra Congregazione beni di ogni genere.

In questo caso la formula da usare correttamenteè la seguente:

“Istituisco mio erede (oppure: lego a)la Piccola Opera della Divina Provvidenza di Don Orione

con sede in Roma, Via Etruria, 6, per le proprie finalitàistituzionali di assistenza, educazione ed istruzione…

Data e firma”.

SWIFT (per coloro che effettuano bonifici dall’estero) BPVIIT21675 Intestato a: OPERA DON ORIONE,

Via Etruria 6 - 00183 Roma

La Congregazione di San Luigi Orione èpresente in molti Paesi in via di sviluppocon attività missionarie e di promozione

umana per famiglie, bambini,disabili e anziani...

Essa tiene “la porta aperta a qualunquespecie di miseria morale o materiale”,

come gli ha insegnato Don Orione.

SOSTIENI ANCHE TU LENOSTRE MISSIONINEL MONDO!

fondazione don orione onlusVia Cavour, 238 - 00184 ROMA - Tel. 06 4788 5686

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RIVISTA MENSILE DELLA PICCOLA OPERA DELLA DIVINA PROVVIDENZA

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XIII

n. 5Maggio 2018

«Nel Cenacolo, la Madonna era là e faceva

da Ma dre di tutti quei discepoli del Suo Figlio;

era fin da allora come la Madre della Chiesa».

(Don Orione)

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RIVISTA MENSILE DELLA PICCOLA OPERA DELLA DIVINA PROVVIDENZA

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n. 5Maggio 2018

«Nel Cenacolo, la Madonna era là e fac

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da Ma dre di tutti quei discepoli del Suo Fi

glio;

era fin da allora come la Madre della Chiesa».

(Don Orione)

3EDITORIALEEutrapelìa

La rivista è inviata in omaggio a

benefattori, simpatizzanti e amici e a

quanti ne facciano richiesta, a nome

di tutti i nostri poveri e assistiti

6IN CAMMINO CON pApA fRANCESCOSpalancate le porte della vostra vita!

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20ANgOLO gIOvANIadolescenza e parole... osare si può!

14DAL MONDO ORIONINOLa Casa Sênior “Mama Carolina”

19DAL MONDO ORIONINO“Folli di Dio e del prossimo”

8vITA DELLA CHIESALa santità al giorno d’oggi«i giovani vanno presi sul serio»

28pAgINA MISSIONARIAin Burkina Faso cristiani e musulmani vivono in amicizia

25IN bREvENotizie flash dal mondo orionino

Sommario

24DIARIO DI UN ORIONINO AL pICCOLO COTTOLENgOCon entusiasmo

5IL DIRETTORE RISpONDELu Monferratoanimali: quale amore

30“SpLENDERANNO COME STELLE”Don angelo Pellizzari

10STUDI ORIONINIStefano Cavazzoni

12CON DON ORIONE OggIUn patio per i più giovani

In copertina:L’effige della Mater Dei, la Madonna a cui Don Orione

ha affidato la Piccola Opera della Divina Provvidenza.

DOSSIERGiovani, talenti da valorizzare meglio

22pICCOLE SUORE MISSIONARIE DELLA CARITàSan Luigi Orione u na presenza viva tra noi

31NECROLOgIORicordiamoli insieme

Don Orione oggi

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Direzione e amministrazioneVia Etruria, 6 - 00183 RomaTel.: 06 7726781Fax: 06 772678279E-mail: [email protected]

Spedizione in abbonamentopostale BergamoRegistrata dal Tribunale di Roman° 13152 del 5/1/1970.

Nostro CCP è 919019 intestato a:OPERa DON ORiONEVia Etruria, 6 - 00183 Roma

Direttore responsabileFlavio Peloso

RedazioneGiampiero Congiuangela CiaccariGianluca Scarnicci

Segreteria di redazioneEnza Falso

Progetto graficoangela Ciaccari

Impianti stampaEditrice VELaR - Gorle (BG)www.velar.it

Fotografiearchivio Opera Don Orione

Hanno collaborato:Flavio Peloso - Oreste FerrariPaolo Clerici - Fernando FornerodGianluca Scarnicci - alessandro LemboM. irene Bizzotto - Virgilio MerelliCristina Uguccioni (Vatican insider)

Spedito nel MaGGiO 2018

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RIVISTA MENSILE DELLA PICCOLA OPERA DELLA DIVINA PROVVIDENZA

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EDITORIALE

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EUTRApELÌA

FLAVIO PELOSO

Eutrapelìa? Che significa? Che pa-rola è?

indica una virtù. È la virtù del compor-tarsi piacevolmente, del divertirsi benee del relazionarsi con gli altri in ma-niera piacevole e sorridente. Deriva dalgreco εὐτραπελία (eutrapelìa), ed ècomposta da εὐ (bene) + τρέπω (vol-gere). È la virtù di chi sa volgere albene le cose della vita, di chi si com-porta piacevolmente.Di questa virtù umana si occuparonograndi filosofi, come aristotele e SanTommaso. Don Orione la presentavacome “la serena e santa ilarità e pia-cevolezza” (Scritti 57, 77).

Elogio del divertimentoÈ stato proprio il nostro Don Orione adarmi l’idea per questo editoriale.infatti, mi sono imbattuto nella bozzadi un suo articolo dal titolo “Divertirsisì. Peccare no” (Scritti 104, 239-240).Ne riporto passaggi significativi.

“La Chiesa non ha mai condannato ildivertimento in sé; lo ha solo arginato,perché fosse onesto, moderato e nondegenerasse nella immoralità. Il sol-lievo è pur necessario.Un’ora di buona compagnia, un ban-chetto allegro, un bicchierotto di vinoe una partita fra amici, fanno dimenti-care, fanno star bene. Chi dicesse chela gioia è male, chi predicasse solo la-voro, serietà, preghiera, non compren-derebbe che l’arco troppo teso sirompe; e nemmeno comprenderebbelo spirito vero della Religione cristiana.Basta ricordare alcuni dei grandi mo-delli del Vangelo: Don Bosco, ad esem-pio, era sempre allegro.

I Santi della gioventù hanno creata ediffusa un’atmosfera sana d’allegria in-torno a sé. S. Francesco di Sales, stu-dente, era l’anima della ricreazione frai condiscepoli; una volta, per divertirei suoi fratelli, fece anche da attore.E chi non sa quale e quanta gioconditàe festevolezza adornasse l’animo di S.Filippo Neri? Ma il divertimento deveessere onesto e moderato. È un vinoche esilara, ma preso in troppa quan-tità, ubriaca, abbruttisce, degrada, ro-vina” (Scritti 104, 239-240).

L’arte del buon umoreQuesta antica parola, eutrapelìa, po-tremmo tradurla con “gaiezza, scher-zosità, ilarità, buon umore, humour”.È una virtù importante. È un’arte e,come ogni arte, “l’abito di vertude, sìmorale come intellettuale, non si ac-quista sùbitamente ma per usanza”(Dante, Convivio i Xi 7), cioè per atti ri-petuti, per consuetudine.

È il riposo dell’anima e il piacere del cuore.

“La Chiesa non ha maicondannato il divertimento insé; lo ha solo arginato, perchéfosse onesto, moderato e nondegenerasse nella immoralità.Il sollievo è pur necessario…”.

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Potremmo definirla l’arte del sorrideree del far ridere senza deridere.Quante volte nelle trascrizioni dei di-scorsi di Don Orione, a tavola o di“buona notte”, si trova annotato traparentesi “si ride”, “ilarità”. Un testi-mone riferisce che “era abitualmentesereno e ilare, nascondeva le moltesue preoccupazioni, i disappunti e idolori, premuroso di non far pesaresugli altri i suoi crucci. Voleva che incasa ci fosse atmosfera e spirito di leti-zia e avvicinava chi mostrasse volto odatteggiamenti tristi”. Cesare Pisano (Frate ave Maria),giovane cieco, era da poco al Paterno.È ricordata la scena di Don Orione che,dietro le spalle, gli chiude gli occhi e,cambiando voce, gli chiede: “Chi è?”.E l’altro: “E come faccio, se mi chiudigli occhi!”. Santa ilarità! anche Don Giuseppe Curetti, direttoredel Paterno, era cieco. Don Orione lotoccava sulla spalla e si ritraeva insilenzio... Don Curetti lo cercava atentoni qua e la... Don Orione siscansava, giocava... poi si facevatrovare, in un abbraccio, con grandesoddisfazione di Don Curetti per quelgioco sempre nuovo.Fantin, invece, era un fratellocoadiutore, autista di Don Orione,sempre in talare, già avanti negli annima con segreta speranza di diventareprete. i chierici ci scherzavano, eanche Don Orione: “È vero che almattino studi latino, a mezzogiornofilosofia e alla sera teologia? Ah!Fantin, come sono maligni questigiovani!”. Però, un giorno, andatipresso una famiglia genovese percelebrare Messa, quando chiesero

anche a Fantin se dovesse celebrareMessa... intervenne pronto DonOrione: “No, no! Lui, per la Messa ègià a posto”. E lo tolse dall’imbarazzo.

La via del sorriso

L’eutrapelìa, la giocosità, fiorisce da uncuore umile che, riconoscendo le insuf-ficienze umane, le accarezza e le volgeal meglio. La derisione e la beffa, in-vece, provengono dall’autosufficienza,dalla presunzione di sé e dal disprezzoper gli altri. Deridere è un peccatomolto grave. Mentre la derisione pro-voca al riso per mancanza di stima eper disprezzo del prossimo, la battutaallegra e l’atto scherzoso provocano alriso per la “trovata”, per gli accosta-menti imprevedibili, per la confidenzae la schiettezza amichevole. 

Ricordo tre scrittori dei quali ho lettoquasi tutto quando ero al liceo e chesono maestri di eutrapelìa, ricchi dibuon umore: Giovannino Guareschi, ilcreatore di don Camillo e Peppone,Gilbert Chesterton con il suo padreBrown, e Bruce Marshall. Ne consigliola lettura.L’eutrapelia è una virtù da recuperare

perché c’è bisogno di un sorriso buonoin un tempo come il nostro che oscillatra seriosità introversa e satira cattiva,tra sghignazzo sboccato e pessimismotossico. La via di questa virtù ha al latodestro il sorriso, a quello sinistro la mi-sura e, davanti, il bene. È una via chepassa con serenità per ogni situazioneche incontra, perché la comprensionedegli altri e lo sguardo magnanimosanno relativizzare e dribblare le buchee i macigni dell’insufficienza umana.

Anche in punto di morte

aggiungo ancora due osservazioni suquesta virtù. L’eutrapelìa è una virtùimparentata con la modestia: ci aiutaa non darci troppa importanza e a nonmontare in superbia. Chesterton di-ceva che il motivo per cui gli angeli vo-lano è che si prendono alla leggera.L’eutrapelìa è strettamente legata allamaturità e alla santità. Dante osserva:“felicitade è operazione secondo vir-tude in vita perfetta, in quanto fine dela vertù sia la nostra vita essere con-tenta” (Dante, Convivio i Viii 12).Per questo “la vertù dee essere lieta, enon trista in alcuna sua operazione, equesto è il requisito di perfetta vertù”(idem 7). È un italiano antico, ma si ca-pisce. È in sintonia con l’affermazione“santo triste è tristo santo”, cara al no-stro Don Orione e prima ancora a DonBosco e a san Francesco di Sales.Si potrebbe anche dire che “in risu ve-ritas”: la verità della bontà e della san-tità risplende nel riso allegro, nel buonumore. Mentre la tristezza è l’ombradel diavolo.E finisco con il venerabile Frate aveMaria. Morì al mattino del 21 gennaio1964, all’ospedale di Voghera. Già dalmattino del 20 gennaio la sua situa-zione era grave. Cristina Balduzzi, unadevota amica dell’Eremo, gli era ac-canto e vegliava aspettandosi semprequalcosa di straordinario da quel-l’uomo. Lo nota bisbigliare da solo. - Con chi parla?- Parlo con la Madonna”, rispose conun fil di voce.

- E cosa le dice? - “Dice che è là che mi aspetta con unbastone!”.

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EDITORIALE

L’eutrapelìa, la giocosità,fiorisce da un cuore umile che,riconoscendo le insufficienzeumane, le accarezza e le volgeal meglio. La derisione e labeffa, invece, provengonodall’autosufficienza, dallapresunzione di sé e daldisprezzo per gli altri.

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Il 12 marzo 2018, come ogni anno,qui a Lu Monferrato (Alessandria) ilnostro parroco ha celebrato la Messain onore di San Luigi Orione nella cap-pella della Casa di riposo.Questa casa di riposo è stata gestitadal 1943 al 1990 dai sacerdoti diDon Orione, una grande e bella pre-senza per il nostro paese.Ora anche se gli Orionini si sono riti-

rati ed hanno lasciato la gestione, pernoi il riferimento della casa è sempreDon Orione, avendo intitolato anchela via al Santo.Io sono iscritta agli Amici di DonOrione da lunga data, ricevo regolar-mente il Bollettino. Ho una devozioneparticolare per San Luigi Orione per-ché lo sento un santo del nostro ter-ritorio.

Esprimo il mio grazie per il Santo eper i suoi sacerdoti, per quanto fannonel mondo. Chiedo una preghiera, sa-luto ed ossequio.

Anna Forni Dealessi

San Luigi Orione benedica lei, si-gnora anna, e tutto il caro piccolo

paese di Lu Monferrato.

Io sono impressionato nel vederetanta gente attaccata ai gatti e aicani, che vive una vita solitaria,insensibile al prossimo e anche aiparenti. No, per favore no! Fin dovel’amore per gli animali è qualcosa disano e quando invece diventa unattaccamento assurdo e morboso?

Ludovico Acerbi

Ero incerto se rispondere su questotema. Dico qualche parola che

spero possa essere utile.La cultura biblico-cristiana ha portatouna visione positiva di tutto il creatoe delle sue creature. Questa visione èriassunta brevemente in alcuni nu-meri del “Catechismo della ChiesaCattolica” che costituiscono il riferi-mento per valutare e animare al ri-spetto degli animali (2415-2418).

Cani e gatti – e anche altre specie dianimali – a volte si inseriscono neiritmi e nelle relazioni di una persona,di una famiglia, di un compito. Perl’affetto della persona che familia-rizza, capita che alcuni animali sianocircondati di cure speciali, di un’atten-zione privilegiata. “Si possono amaregli animali; ma non si devono far og-getto di quell’affetto che è dovutosoltanto alle persone”, ci ricorda il Ca-techismo della Chiesa (n.2418).Si arriva ad acquistare per gli animalicibi molto costosi, addirittura “abiti”firmati; si giunge ad avere con loroquel linguaggio e quei tratti che sonospecifici ed esclusivi delle relazioniumane. Per quanto ci si affezioni adanimali domestici che sanno esserecompagni di vita fedeli e affettuosi,non vanno equiparati… ad amici e

parenti. Che dire poi delle violenzecomportamentali che si impongonoall’animale in nome di un male intesoaffetto e cura? a volte, si riversa sul-l’animale, di per sé addomesticabile,il proprio esibizionismo, le proprie ca-renze affettive, si fa del cane o gattoun “placebo” dei propri problemi.Non è sano fare di essi dei piccoli idoli,a cui si sacrificano beni (tempo, de-naro, persone che passano in secondopiano…) in modo sconsiderato.Ci sono delle logiche affettive e anchedi mercato che dirigono sugli animalitanti beni che potrebbero andare apersone vicine e lontane da aiutare.Saldi nella verità: la cura e anche l’af-fetto per gli animali sono buoni esono rispettosi se sono misurati sullanatura specifica di ciascun animale,con le sue potenzialità e i suoi limiti.

LU MONfERRATO

ANIMALI: qUALE AMORE

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IL DIRETTORE RISpONDE

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FLAVIO PELOSO

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Il Papa prosegue: “Il discernimento di-venta indispensabile quando si tratta

della ricerca della propria vocazione.Questa, infatti, il più delle volte non èimmediatamente chiara o del tuttoevidente, ma la si comprende a pocoa poco. Il discernimento da fare, inquesto caso, non va inteso come unosforzo individuale di introspezione,dove lo scopo è quello di conosceremeglio i nostri meccanismi interioriper rafforzarci e raggiungere un certoequilibrio. In questo caso la personapuò diventare più forte, ma rimane co-munque chiusa nell’orizzonte limitatodelle sue possibilità e delle sue vedute.La vocazione invece è una chiamatadall’alto e il discernimento in questocaso consiste soprattutto nell’aprirsi al-

l’Altro che chiama. È necessario allorail silenzio della preghiera per ascoltarela voce di Dio che risuona nella co-scienza. Egli bussa alla porta dei nostricuori, come ha fatto con Maria, desi-deroso di stringere amicizia con noi at-traverso la preghiera, di parlarcitramite le Sacre Scritture, di offrirci lasua misericordia nel sacramento dellaRiconciliazione, di farsi uno con noinella Comunione eucaristica”.

Discernimento e confronto

il discernimento si fa quindi davanti aDio, ma lo si fa anche confrontandocicon altri.“… È importante anche il confrontoe il dialogo con gli altri, nostri fratellie sorelle nella fede, che hanno piùesperienza e ci aiutano a vedere me-glio e a scegliere tra le varie opzioni.Il giovane Samuele, quando sente lavoce del Signore, non la riconosce su-bito e per tre volte corre da Eli, l’an-ziano sacerdote, che alla fine glisuggerisce la risposta giusta da darealla chiamata del Signore: «Se ti chia-merà, dirai: “Parla, Signore, perché iltuo servo ti ascolta”» (1 Sam 3,9).Nei vostri dubbi, sappiate che poteteDO

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ORESTE FERRARI IN CAMMINO CON pApA fRANCESCO

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SpALANCATE LE pORTEDELLA vOSTRA vITA!

«L’“altro” non è solo la guidaspirituale, ma è anche chi ciaiuta ad aprirci a tutte leinfinite ricchezze dell’esistenzache Dio ci ha dato».

(papa francesco)

Ritorniamo sulla lettera di papa francesco ai giovani per la giornata delle palmedi quest’anno. Stavamo parlando del Discernimento.

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contare sulla Chiesa. So che ci sonobravi sacerdoti, consacrati e consa-crate, fedeli laici, molti dei quali gio-vani a loro volta, che come fratelli esorelle maggiori nella fede possonoaccompagnarvi; animati dallo SpiritoSanto sapranno aiutarvi a decifrare ivostri dubbi e a leggere il disegnodella vostra vocazione personale.L’“altro” non è solo la guida spirituale,ma è anche chi ci aiuta ad aprirci atutte le infinite ricchezze dell’esi-stenza che Dio ci ha dato. È necessa-rio aprire spazi nelle nostre città ecomunità per crescere, per sognare,per guardare orizzonti nuovi! Mai per-dere il gusto di godere dell’incontro,dell’amicizia, il gusto di sognare in-sieme, di camminare con gli altri. I cri-stiani autentici non hanno paura diaprirsi agli altri, di condividere i lorospazi vitali trasformandoli in spazi difraternità. Non lasciate, cari giovani,che i bagliori della gioventù si spen-gano nel buio di una stanza chiusa incui l’unica finestra per guardare ilmondo è quella del computer e dellosmartphone. Spalancate le portedella vostra vita! I vostri spazi e tempisiano abitati da persone concrete, re-lazioni profonde, con le quali potercondividere esperienze autentiche ereali nel vostro quotidiano”.

“Essere chiamati per nome”

La nostra vocazione sta all’originestesso della nostra esistenza perchéDio chiama ciascuno di noi per nomerendendoci unici.“Quando chiama per nome una per-sona, Dio le rivela al tempo stesso lasua vocazione, il suo progetto di san-tità e di bene, attraverso il qualequella persona diventerà un dono pergli altri e che la renderà unica.E anche quando il Signore vuole allar-gare gli orizzonti di una vita, scegliedi dare alla persona chiamata unnuovo nome, come fa con Simone,chiamandolo “Pietro”.…In quanto personale e unica, lachiamata divina richiede da noi il co-raggio di svincolarci dalla pressioneomologante dei luoghi comuni, per-ché la nostra vita sia davvero un donooriginale e irripetibile per Dio, per laChiesa e per gli altri.

Cari giovani, l’essere chiamati pernome è dunque un segno della no-stra grande dignità agli occhi di Dio,della sua predilezione per noi. E Diochiama ciascuno di voi per nome. Voisiete il “tu” di Dio, preziosi ai suoiocchi, degni di stima e amati (cfr Is43,4). Accogliete con gioia questodialogo che Dio vi propone, questoappello che Egli rivolge a voi chia-mandovi per nome”.

La grazia di Dio

Ci troviamo di fronte a un misterogrande che avvolge ciascuno di noi inun binomio “sacro” formato dalla no-stra debolezza e dalla grandezza diDio.“Il motivo principale per cui Maria nondeve temere è perché ha trovato gra-zia presso Dio. La parola “grazia” ciparla di amore gratuito, non dovuto.Quanto ci incoraggia sapere che nondobbiamo meritare la vicinanza el’aiuto di Dio presentando in anticipoun “curriculum d’eccellenza”, pienodi meriti e di successi! L’angelo dice aMaria che ha già trovato grazia pressoDio, non che la otterrà in futuro. E lastessa formulazione delle parole del-l’angelo ci fa capire che la grazia di-vina è continuativa, non qualcosa dipasseggero o momentaneo, e perquesto non verrà mai meno. Anche infuturo ci sarà sempre la grazia di Dioa sostenerci, soprattutto nei momentidi prova e di buio”.Una grazia che non ci abbandoneràmai:“La presenza continua della grazia di-vina ci incoraggia ad abbracciare confiducia la nostra vocazione, che esigeun impegno di fedeltà da rinnovaretutti i giorni. La strada della vocazionenon è infatti priva di croci: non solo idubbi iniziali, ma anche le frequentitentazioni che si incontrano lungo ilcammino. Il sentimento di inadegua-

tezza accompagna il discepolo di Cri-sto fino alla fine, ma egli sa di essereassistito dalla grazia di Dio”.

vivere con coraggio

L’invito finale del Papa è quindi quellodel “vivere il presente con coraggio”.“Dalla certezza che la grazia di Dio ècon noi proviene la forza di avere co-raggio nel presente: coraggio perportare avanti quello che Dio cichiede qui e ora, in ogni ambito dellanostra vita; coraggio per abbracciarela vocazione che Dio ci mostra; co-raggio per vivere la nostra fede senzanasconderla o diminuirla.Sì, quando ci apriamo alla grazia diDio, l’impossibile diventa realtà. «SeDio è per noi, chi sarà contro di noi?»(Rm 8,31). La grazia di Dio toccal’oggi della vostra vita, vi “afferra”così come siete, con tutti i vostri ti-mori e limiti, ma rivela anche i mera-vigliosi piani di Dio! Voi giovani avetebisogno di sentire che qualcuno hadavvero fiducia in voi: sappiate che ilPapa si fida di voi, che la Chiesa si fidadi voi! E voi, fidatevi della Chiesa!”.

Ultimo invito a un impegno deciso:“Alla giovane Maria fu affidato uncompito importante proprio perchéera giovane. Voi giovani avete forza,attraversate una fase della vita in cuinon mancano certo le energie. Impie-gate questa forza e queste energieper migliorare il mondo, incomin-ciando dalle realtà a voi più vicine.Desidero che nella Chiesa vi siano af-fidate responsabilità importanti, chesi abbia il coraggio di lasciarvi spazio;e voi, preparatevi ad assumere questeresponsabilità”.…“Carissimi giovani, il Signore, laChiesa, il mondo, aspettano anche lavostra risposta alla chiamata unicache ognuno ha in questa vita!”.

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IN CAMMINO CON pApA fRANCESCO

Ci troviamo di fronte a unmistero grande che avvolgeciascuno di noi in un binomio“sacro” formato dalla nostradebolezza e dalla grandezzadi Dio.

La grazia di Dio tocca l’oggidella vostra vita, vi “afferra”così come siete, con tutti ivostri timori e limiti, ma rivelaanche i meravigliosi piani di Dio!

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vITA DELLA CHIESA

La scelta della tipologia di docu-mento per Gaudete et exsultate,

un’esortazione apostolica anzichéun’enciclica, indica che il Ponteficenon intende esporre una riflessionema vuole piuttosto “esortare” i fedelisu un tema, quello della santità. Nel nuovo documento Papa France-sco riprende e sistematizza un temaa lui caro, che ha più volte affrontatonelle messe mattutine a Casa SantaMarta, nelle omelie di celebrazioni uf-ficiali o in altri testi. Quella che il Papatratteggia è una visione “popolare”della santità, che non prende in con-siderazioni i santi “già beatificati o ca-nonizzati” né tantomeno ritiene cheper essere santi sia “necessario esserevescovi, sacerdoti, religiose o religiosi.il santo che il Pontefice argentino hain mente è “il santo della porta ac-canto”, spesso anonimo e nascosto. Una vocazione universale, che af-fonda nel battesimo e ognuno puòrealizzare “vivendo con amore e of-frendo ciascuno la propria testimo-nianza nelle occupazioni di ognigiorno, lì dove si trova”: “Sei una con-sacrata o un consacrato? Sii santo vi-vendo con gioia la tua donazione.Sei sposato? Sii santo amando e pren-dendoti cura di tuo marito o di tuamoglie, come Cristo ha fatto con laChiesa. Sei un lavoratore? Sii santocompiendo con onestà e compe-tenza il tuo lavoro al servizio dei fra-telli. Sei genitore o nonna o nonno?Sii santo insegnando con pazienza aibambini a seguire Gesù. Hai autorità?Sii santo lottando a favore del benecomune e rinunciando ai tuoi inte-ressi personali”.Non, dunque, un supereroe, non unapersona priva di errori e peccato, nonchi coltiva “l’ossessione per la legge,il fascino di esibire conquiste sociali e

politiche, l’ostentazione nella curadella liturgia, della dottrina e del pre-stigio della Chiesa, la vanagloria le-gata alla gestione di faccendepratiche, l’attrazione per le dinami-che di auto-aiuto e di realizzazioneautoreferenziale”, rischiando di ca-dere nelle eresie antiche ma sempreattuali (gnosticismo, pelagianesimo).

il santo, scrive il Papa, è capace disenso dell’umorismo. il santo è taleperché, molto semplicemente, seguel’insegnamento di Gesù in tema dibeatitudini: “Ho avuto fame e miavete dato da mangiare, ho avutosete e mi avete dato da bere, ero stra-niero e mi avete accolto, nudo e miavete vestito, malato e mi avete visi-tato, ero in carcere e siete venuti atrovarmi”. Un insegnamento che ilPapa rivolge a tutti i cristiani: “Davantialla forza di queste richieste di Gesùè mio dovere pregare i cristiani di ac-cettarle e di accoglierle con sincera

apertura, “sine glossa”, vale a diresenza commenti, senza elucubrazionie scuse che tolgano ad esse forza”.Da qui indicazioni anche molto prati-che che mostrano l’attualità della san-tità al giorno di oggi: capace diandare controcorrente rispetto allaviolenza, anche quella verbale, su in-ternet o sui mass media, controcor-rente rispetto al “consumismoedonista”, capace di trattare un clo-chard incontrato di notte non comeun “fagotto” o un fastidio ma unapersona a cui restituire dignità.Capace di difendere il feto a rischioaborto ma anche la miseria, l’abban-dono, l’esclusione, la tratta di per-sone, l’eutanasia nascosta dei malatie degli anziani privati di cura, lenuove forme di schiavitù.E, paragrafo a parte, i migranti, seb-bene - rimarca il Papa con vis pole-mica - “alcuni cattolici affermano cheè un tema secondario rispetto ai temi’seri’ della bioetica”. Una santità lon-tana, dunque, dall’errore “nocivo eideologico” di “quanti vivono diffi-dando dell’impegno sociale deglialtri, considerandolo qualcosa di su-perficiale, mondano, secolarizzato,immanentista, comunista, populista”.“Spero - scrive Francesco in conclu-sione del documento - che queste pa-gine siano utili perché tutta la Chiesasi dedichi a promuovere il desideriodella santità.Chiediamo che lo Spirito Santo in-fonda in noi un intenso desiderio diessere santi per la maggior gloria diDio e incoraggiamoci a vicenda inquesto proposito. Così condivide-remo una felicità che il mondo non cipotrà togliere”.

LA SANTITà ALgIORNO D’OggI"Come si fa per arrivare ad essere un buon cristiano?"

La parola “felice” o “beato”diventa sinonimo di “santo”,perché la persona fedele a Dioraggiunge, nel dono di sé,la vera felicità.

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GIANLuCA SCARNICCI

Si è svolta a Roma la riunione pre-sinodale con giovani di tutto il mondo per preparareil Sinodo "I giovani, la fede e il discernimento vocazionale", del prossimo ottobre.

Si è tenuta a Roma dal 19 al 24marzo 2018 la Riunione pre-sino-

dale con l'obiettivo di dare la possibi-lità ai giovani di tutto il mondo dipresentare ai Padri Sinodali - che si riu-niranno in assemblea nell'ottobre2018 sul tema "i giovani, la fede e ildiscernimento vocazionale" - un do-cumento in cui esprimono il loropunto di vista sulla realtà, le loro idee,il loro sentire, le loro proposte.ai lavori, che si sono svolti per gruppilinguistici, hanno preso parte 315 ra-gazzi e ragazze in rappresentanza deigiovani dei 5 Continenti, mentre oltre15 mila sono stati in contatto via social.Domenica 25 marzo, durante laSanta Messa della Domenica dellePalme presieduta da Papa Francesco,i giovani che erano presenti alla riu-nione hanno consegnato al Ponteficeil documento frutto dei lavori dellariunione pre-sinodale in cui la frasechiave è stata "l'ascolto dei giovani".i lavori dell'assemblea si sono apertialla presenza del Pontefice, con il sa-luto del cardinale Lorenzo Baldisseri,

Segretario generale del Sinodo che haevidenziato come "i giovani e il loroprogetto di vita saranno al centro delcammino pastorale della Chiesa intutto il mondo".il porporato ha poi ringraziato il Papa"Perché ha voluto che il Sinodo suigiovani fosse anche un Sinodo per igiovani, con i giovani e dei giovani, incui tutti i ragazzi e le ragazze possanosentirsi protagonisti ed esprimere ciòche portano nel cuore"."i giovani non sono il Premio Nobeldella prudenza... ma vanno presi sulserio" così Papa Francesco ha intro-dotto il suo intervento subito dopo ilcard. Baldisseri.

Francesco ha aggiunto "Troppospesso si parla di giovani senza inter-pellarli. anche le migliori analisi sulmondo giovanile, pur essendo utili,non sostituiscono la necessità dell'in-contro «faccia a faccia». Qualcunopensa che sarebbe più facile tenervi adistanza di sicurezza, così da non farsiprovocare da voi".Ma, ha sottolineato il Pontefice, "Nonbasta scambiarsi qualche messagginoo condividere foto simpatiche. i gio-vani vanno presi sul serio! Siamo cir-condati da una cultura che, se da unaparte idolatra la giovinezza cercandodi non farla passare mai, dall'altraesclude tanti giovani dall'essere pro-tagonisti".Tra le curiosità legate a questo incon-tro anche la presenza di giovani noncattolici come Yshikazu Tsumuraye,buddista che ha espresso la sua grati-tudine nei confronti del Papa "Peravere pensato di dedicare il Sinodo aigiovani. il Pontefice desidera incon-trare, accompagnare e prendersi curadi tutti, al di là del credo religioso".

«I gIOvANI vANNO pRESISUL SERIO»

9«Mi sembra che siamocircondati da una cultura che,se da una parte idolatra lagiovinezza cercando di non farlapassare mai, dall’altra escludetanti giovani dall’essereprotagonisti».

(Papa Francesco)

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Roma, la riunione pre-sinodale che si è svolta

dal 19 al 24 marzo 2018.

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Il “Senatore di Don Orione” così fuchiamato Stefano Cavazzoni. L’ap-

pellativo è certamente appropriatoanche se, scorrendo la sua biografia,ci accorgiamo che la sua intensa ami-cizia con Don Orione durò poco piùdi due anni, dal 1937 al 1940, macontinuò concorrendo largamente adincrementare l’opera orionina anchedopo il termine del suo mandato disenatore. Stefano Cavazzoni avrebbecomunque anche senza l’amiciziastretta con Don Orione, un suo postodi rilievo nella storia italiana, nonfoss’altro per il ruolo svolto nella sto-ria del Movimento Cattolico del primo‘900 e per l’attività politica svolta perpiù di vent’anni in qualità di Ministroe Senatore del Regno, ma forse le suequalità e benemerenze di persona at-tentissima ai valori dello spirito e dellasolidarietà non sarebbero giunte allanotorietà senza l’incontro con DonOrione e la sua Opera.in modo casuale, il senatore che abi-tava a Milano in via Washington, sitrova a visitare il neonato Piccolo Cot-

tolengo Milanese sito in via attendoloSforza. Egli stesso racconta quel primocontatto: “Ho conosciuto il PiccoloCottolengo milanese quasi casual-mente, e fu nell’inverno del 1935.in quei tempi ero occupatissimo perimpegni professionali nella vita pub-blica italiana, ma soprattutto a Gine-vra, nella Società delle Nazioni: ero dirado a Milano.

Eppure una domenica accompagnaimia moglie e i miei figli in una passeg-giata oltre l’Olona… non lontano dallamia casa di via Washington, che lebombe del 1943 distrussero comple-tamente. Sui prati era ancor candida laneve, la giornata era serena: una cam-panella attrasse la nostra attenzione.Scoprimmo una piccola chiesa; Gesùci chiamò, entrammo…Ci accorgemmo che attiguo vi era un

piccolo istituto di carità… ci colpì su-bito la semplicità e la serenità dell’am-biente”.a questa prima visita seguirono con-tatti con Don Sterpi, sostituto di DonOrione, allora in Sud america e conDon Capelli: il senatore aveva ricevutoimpressione così positiva da porre lasua casa, come poi chiederà lo stessoDon Orione, come sorta di “segreteriamilanese” del Piccolo Cottolengo.Rimaneva il desiderio incontrare per-sonalmente Don Orione, già da tuttiapertamente ritenuto come santo,questo avvenne il 5 settembre del1937, quando Don Orione è a Milanotra gli amici del Piccolo Cottolengo esarà Don Capelli a presentarglielo.Quella stretta di mano sancì una sin-cera e provvidenziale amicizia chefarà affermare a Don Orione “il sena-tore ce lo ha mandato la Provvidenza,ho travato in lui un grande e sinceroamico”. Molte opere di bene avreb-bero fatto insieme, alcune nascostecome fili della Provvidenza e altrenote e ufficiali.D

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PAOLO CLERICI STUDI ORIONINI

“Il senatore ce lo ha mandato laprovvidenza, ho travato in lui ungrande e sincero amico”.

STEfANO CAvAzzONIUomo politico, Senatore del Regno, Ministro del Lavoro e della previdenza Sociale,fondatore dell’Associazione “Amici di Don Orione”.

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Ricordiamo la presenza del Senatorea Roma il 16.1.1938 per il discorsoufficiale di inaugurazione dell’istitutoS. Filippo Neri in via appia Nuova; aMilano promosse il 19.12.1939 la fre-quentatissima conferenza di DonOrione nell’aula Magna dell’UniversitàCattolica per far conoscere il PiccoloCottolengo; è presente il 7.12.1938alla posa della prima pietra del nuovoPadiglione del Piccolo Cottolengo mi-lanese; organizza il 22.1.1939 unaseconda fruttuosa allocuzione di DonOrione sempre nell’aula Magna del-l’Università Cattolica, sul tema man-zoniano “La c’è la Provvidenza”;sofferente per un recente attacco dicuore, il 29.8.1939 accetta l’invito diDon Orione a parlare alla festa dellaMadonna della Guardia a Tortona.il Cavazzoni il 6.2.1940 è invitato apranzo al Piccolo Cottolengo da DonOrione. Sarà questo l’ultimo incontrotra i due fedeli amici. Congedandosidal Senatore, dopo avergli affidatol’opera di Milano che muoveva i primipassi, Don Orione commosso, gli buttòle braccia al collo, così come un addioche doveva di lì a qualche settimana il-luminarsi in tutto il suo significato.il 5 marzo 1940, alcuni giorni prima dipartire per Sanremo dove morirà il 12marzo, Don Orione scrive l’ultima let-tera al Senatore “Permette, Eccel-lenza, che vi chiami caro, carissimo,espressione dolce che mi parte dal

cuore!...Affido al caro Zambarbieri diportarvi, col mio saluto più fervido,tutti i migliori auguri e voti di bene piùsentiti, perché possiate, come DonOrione, sentirvi presto in tutta la pie-nezza della vita, si che possiate, caroEccellenza, ancora per molti e felicianni, attendere al bene della vostraamata famiglia e al bene di quell’altrafamiglia più grande che va dalle Alpial Capo Passero et ultra!”.

Sulla scorta di un’ispirazione natadopo la morte di Don Orione, il6.5.1940 fonda il “Gruppo amici diDon Orione” per continuare quel col-loquio che Don Orione aveva iniziatocon molte anime che ogni martedìaccorrevano a lui per avere parole diconforto e consolazione. Non ha sostaintanto il suo interessamento per il Pic-colo Cottolengo. agli inizi del 1946anche per suo interessamento entra alPiccolo Cottolengo un nutrito gruppodi mutilatini di guerra.La vivacità del suo spirito si accompa-gna peraltro a un’intensa vita inte-riore: forse egli è consapevole chenon è lontana l’ora del passaggio.Non sempre la mente riesce a seguire

il fervore delle iniziative; il cuore con-tinua a dargli problemi: cesserà dibattere a Milano il 31.5.1951.Lo stesso giorno il diario del PiccoloCottolengo nel ricordarne la morteannota: “Ci sono uomini nati per pen-sare solo a se stessi, ed altri la cui vitaha valore solo se vissuta per il pros-simo. il Senatore, come Don Orione,è tra questi ultimi”.

IL “SENATORE DI DON ORIONE”

Stefano Cavazzoni nasce a Guastalla il 1 agosto 1881, dove è vescovo andrea Ferrari. Nel1895 si trasferisce a Milano con la famiglia, e qui prese forma la sua vocazione politica: fu

eletto consigliere comunale nel 1904, e consigliere provinciale nel 1911 nelle liste clerico-mo-derate. Nel primo dopo guerra fu tra i fondatori del Partito Popolare italiano e venne eletto de-putato alla Camera del Regno nel 1919, dove fu segretario del gruppo parlamentare.Esponente della corrente di destra del partito, venne scelto dopo la “marcia su Roma”, tra i po-polari, come Ministro del Lavoro e della Previdenza sociale nel 1° governo Mussolini dal 31 ot-tobre 1922 al 27 aprile 1923. Nel 1924 fu espulso dal P.P.i.Fu nominato Senatore del Regno il 21 gennaio 1929 e fu sostenitore del governo fascista. Nel1932 operò il salvataggio delle piccole banche lombarde coinvolte nella crisi del 1929, fon-dando la Banca Provinciale Lombarda. Dal 1933 al 1943 fu rappresentante del Governo nelConsiglio d’amministrazione dell’Università Cattolica del S. Cuore di Milano e nel 1940 si iscrissecome ex-combattente al Partito nazionale Fascista. Nell’agosto del 1944 fu deferito dall’altacorte di giustizia per le sanzioni contro il fascismo e fu dichiarato decaduto dal Senato nel set-tembre del 1945. Negli ultimi anni della sua vita divenne militante della Democrazia Cristiana;fondò l’associazione “amici di Don Orione” di cui fu presidente. Muore a Milano il 31 maggio1951 ed è sepolto nella cripta della Parrocchia orionina di S. Benedetto a Milano.

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“Ci sono uomini nati per pensaresolo a se stessi, ed altri la cuivita ha valore solo se vissutaper il prossimo".

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Don Sterpi e il Sen. Cavazzoni difronte

a San Bernardino (Tortona 1941).

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Le attività portate avanti dai giovaniorionini spagnoli si svolgono soprat-

tutto nelle parrocchie di Reina de losangeles (Pozuelo, Madrid), di Manises(Valencia) e di Posada de Llanes (astu-rie). Ci sono poi alcune attività, comeil campo estivo per i residenti del“Hogar Don Orione” di Madrid nellacittà di Cercedilla, a cui i giovani delletre parrocchie partecipano insieme.abbiamo chiesto a Juan Luis Chico,uno dei giovani responsabili della gio-ventù orionina, di parlarci, in partico-lare, di “El Patio”, un’associazione perbambini e giovani che svolge nume-rose attività di volontariato.

Sappiamo che in Spagna nelle no-stre comunità orionine ci sonovarie attività giovanili. Potresti par-larci in particolare di “El Patio”?

Negli anni sono state diverse le pro-poste offerte ai giovani che voglionofar parte della grande famiglia di DonOrione in Spagna.Con ciascuna di queste si è finora cer-cato di raggiungere, come volevaDon Orione, il maggior numero pos-

sibile di giovani; specialmente quelliche si sentono emarginati e soli.L’Associazione “El Patio” è uno spazioper bambini e adolescenti della co-munità orionina di Madrid. Questa as-sociazione è cresciuta notevolmentenegli ultimi anni, non solo per numerodi partecipanti, ma anche per il fattoche i giovani, avendo la possibilità difare esperienze di volontariato, realiz-zano al contempo un processo di ma-turazione della fede.L’associazione per bambini e ragazzi“El Patio” è nata nel 1995 ed è statafondata da un sacerdote orionino checondivideva con numerosi giovani,l’obiettivo di proporre ad altri giovaniattività ricreative diverse da quelleche normalmente erano abituati asvolgere e a praticare.Con questa associazione si volevapromuovere la crescita personale, losviluppo dei valori cristiani e l’espe-rienza di relazioni di qualità tra le per-sone. Lo spirito con cui essa è nata, èquello di accogliere tutti i giovani chesono insoddisfatti delle proposte of-ferte dalla società di oggi.

Quali attività vi si sviluppano?

Le attività abbracciano vari ambitidella vita dei giovani. Quelli su cui siè lavorato più a lungo sono il tempolibero e l’ozio. Un team di educatorie supervisori ogni anno propone aibambini di “El Patio”, una serie di at-tività che si realizzano seguendo unalinea pedagogica ben precisa, che èstrettamente correlata con la realtàche i bambini stessi vivono.

attorno a questo asse ruotano giochi,incontri formativi e dinamiche digruppo, gite culturali, cineforum,campeggi, festival... Ogni anno tuttele attività culminano con un campeg-gio, un’esperienza che non lascia in-differente nessuno. Si va per duesettimane in uno luogo privilegiatoper condividere la vita con gli amici,e per approfondire con più atten-zione i valori trasmessi.

E lo sport e altre attività ricreative?Anche queste hanno un ruolo im-portante?

Certo, in “El Patio” queste occupanouno spazio importante. infatti si rea-lizzano sempre attività correlate aquelle giornaliere e durante cam-peggi. inoltre da qualche anno si èsviluppata anche quella che chia-miamo “Scuola dello sport”.È un’esperienza tra le più recenti chestiamo portando avanti, in cui si creaun ambiente dove ci si gode lo sporte se ne trae beneficio, così come do-vrebbe essere, a cominciare dallacompagnia, dalla sana competiti-vità... in queste attività trasmettiamovalori che sappiamo essere importantiper la formazione della nostra iden-tità e che, pur avendone le possibilità,non sempre vengono valorizzati.

a cura di FERNANDO FORNEROD CON DON ORIONE OggIDO

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UN PatiopER I pIù gIOvANI

L’Associazione per bambini eragazzi “El patio” è nata nel1995 ed è stata fondata da unsacerdote orionino checondivideva con numerosigiovani, l’obiettivo di proporread altri giovani attivitàricreative diverse da quelle chenormalmente erano abituati asvolgere e a praticare.

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attualmente abbiamo squadre di cal-cio, di basket e di pallavolo, e sonoanche molto brave!

E quali sono gli altri settori di cui vioccupate?

Ci sono in effetti, altri ambiti in cui sista lavorando un po’ alla volta. Uno diquesti è il sostegno scolastico checonsiste nell’aiutare quei bambini eadolescenti che manifestano mag-giori difficoltà negli studi, in modoche questi non finiscano per diven-tare un impedimento per la realizza-zione dei loro sogni.Cerchiamo anche, con l’aiuto di inse-gnanti ausiliari, di fare in modo chetutti possano trarre il massimo profittoda questa dimensione di crescita per-sonale qual è lo studio.Un altro settore è quello del servizioche gli adolescenti e i giovani pos-sono fornire all’intera comunità, cioèil volontariato. in “El Patio” abbiamoscommesso a poco a poco su alcuniprogetti di volontariato, e stiamo cer-cando tra gli adolescenti che fannoparte dell’associazione, qualcuno in-teressato a parteciparvi.ad esempio, negli ultimi anni la par-rocchia “Reina de los Ángeles”, in-sieme alle altre comunità orionine

della Spagna, partecipa alle attivitàestive a Cercedilla. Ma ci sono altreesperienze di volontariato in cui i gio-vani di “El Patio” hanno avuto l’op-portunità di crescere come persone ematurare la propria fede cristiana.

E quali sono queste attività?

i principali progetti in corso sono “Jar-dín de amor” e quello sulle Filippine.“Jardín de amor” è una ONG cheopera nella città di Santa María deJesús in Guatemala, con la quale sicerca di fornire un’istruzione ai bam-bini che vivono in circostanze moltodifficili. in seguito alla partecipazionedi alcuni supervisori di El Patio al pro-getto, la ONG ha coinvolto la nostraassociazione in questo progetto echiesto il nostro aiuto per realizzarnealtri. il più recente è relativo alla na-scita dell’associazione “Jardín deamor España”, che realizza diversiprogetti e facilita la collaborazionecon questa ONG.Ma abbiamo avuto modo di collabo-rare anche con le comunità orioninenelle Filippine. infatti in Spagna, dopola partecipazione di due supervisori diEl Patio alle attività della nostra comu-nità nelle Filippine, sono stati realiz-zati diversi progetti (festival per

talenti, concerti, tornei sportivi, ecc.)per aiutare e facilitare il volontariato.abbiamo avuto la possibilità di colla-borare con il Piccolo Cottolengo diMontalban, che accoglie i bambini ei giovani che ne hanno più bisogno; aPayatas, dove la ONG PaOFi fornisceassistenza in tre aree principali: istru-zione, cibo, salute. in Spagna è attual-mente in corso la costituzione diun’associazione per gestire più aiutiper questo progetto.

Papa Francesco dice però che laChiesa non deve essere una ONG

in effetti con ciascuna di queste atti-vità cerchiamo di aiutare chi ha piùbisogno, sapendo però che coloroche più necessitano di crescere nellafede siamo noi. È per questo che nelcorso di questi ultimi anni, si è andatoformando uno spazio specifico per igiovani, per condividere vita e fede,per crescere insieme e per risponderea quelle inquietudini che di tanto intanto emergono.Si svolgono incontri periodici, seguitida una guida spirituale, durante iquali possiamo condividere espe-rienze e modi di vivere, illuminati daciò che la fede cattolica e il carismaorionino ci propongono.

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Lo scorso marzo il Piccolo Cotto-lengo Paranaense, che si trova a

Curitiba in Brasile, ha compiuto 53anni di attività. in tutti questi anni ilPiccolo Cottolengo ha sempre offertoaccoglienza, assistenza sanitaria eistruzione, a persone con disabilitàmultiple (fisiche e intellettuali), di tuttele età, che sono state abbandonate,hanno subito maltrattamenti o chehanno vissuto in condizioni di disagio. i primi ospiti vi arrivarono nel 1971.il primo padiglione era stato final-mente costruito dopo i numerosisforzi fatti dai religiosi e dai volontariper comprare prima il terreno e poiraccogliere i fondi necessari per co-struire la struttura. Erano in tutto 18 iresidenti che vi si stabilirono, conun’età compresa tra i 9 e i 18 anni.alcuni di loro vivono nel Piccolo Cot-

tolengo ancora oggi. Questa è la lorocasa e qui, in questi anni, hanno rice-vuto le cure necessarie per la loro sa-lute, un’educazione, e tutte quelleattenzioni che hanno contribuito amigliorare la qualità della loro vita eche li hanno aiutati a raggiungere laterza età.

i responsabili del Piccolo Cottolengocontinuando a pensare alle necessitàdegli ospiti più anziani hanno cercatoil modo per costruire una strutturaspecifica per loro e che fosse più ido-nea alle loro esigenze.Grazie al supporto dell’incentivo fi-scale per il progetto “Prendersi curadegli anziani e degli disabili multipli,della vulnerabilità nella terza età”,bandito dal Consiglio comunale per idiritti degli anziani (CMDPi) attraversola Fondazione di azione Sociale di Cu-ritiba (FaS), è stato possibile costruirela Casa. il nome - “Mama Carolina” - èstato scelto con grande affetto peronorare la madre di San Luigi Orione,per dare ai suoi abitanti la sensazionedi una vera casa in cui trovare prote-zione e i comfort corrispondenti alleloro esigenze.

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DAL MONDO ORIONINO

LA CASA SêNIOR“MAMA CAROLINA”Il piccolo Cottolengo paranaense ha festeggiato recentemente i 53 anni di attivitàinaugurando una nuova casa per i residenti più anziani dell’Istituto.

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5GIOVANI, TALENTIDA VALORIZZARE

MEGLIO

II telegiornali parlano spesso di cronaca, politica, emergenze e problemi che attanagliano

il nostro paese, ma affrontano sporadicamente il tema dei giovani. Le statistiche sull’oc-

cupazione giovanile parlano chiaro, sono da bollettino rosso. In Italia, i ragazzi fanno fatica

a trovare un posto di lavoro. Inoltre, le giovani generazioni devono anche far fronte alla

povertà educativa, ossia “la privazione da parte dei bambini e degli adolescenti della pos-

sibilità di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e

aspirazioni”. Questo mese abbiamo cercato di capire come aiutarli e sostenerli per costruire

i loro futuro con speranza e solidità.

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Nella sua storia di calciatore quale peso hanno avutola fede e la famiglia?

La fede e la famiglia si sono intrecciate da subito nella miacrescita, perché da bambino ho vissuto in un paesino dimontagna dove la vita di parrocchia era la vita del paese,era la nostra quotidianità sia dal punto di vista scolasticoche da quello sportivo.Poi, crescendo, la fede mi èservita per cercare rispo-ste alle domande cheun adolescente si faquando sta diven-tando

un uomo. È normale poi che la ricerca di queste risposteincida sulle scelte di vita che ognuno di noi fa. Questo per-corso mi ha aiutato anche nella mia vita professionale, per-ché il lavoro del calciatore, che ho svolto per molti anni, èparticolare anche dal punto di vista psicologico e perciòavere delle certezze e degli elementi che possano aiutartiin determinati momenti è stato molto importante.

Il Papa ha parlato dello sport come “un’atti-vità umana di grande valore, capace di arric-

chire la vita delle persone, di cui possonofruire e gioire uomini e donne di ogni na-zione, etnia e appartenenza religiosa”.Ma oggi com’è possibile mantenere lagenuinità dello sport, proteggerlo dallemanipolazioni e dallo sfruttamento com-merciale? In particolare il calcio che è ilpunto di riferimento di tanti giovani?

Bisogna riportarlo ai tanti valori che tra-smette l’attività sportiva: stare insieme,mettersi in gioco, far seguire il risultato auna preparazione, un sacrificio, un alle-namento. Tutti elementi che purtroppovengono dimenticati, perché si eviden-zia sempre la parte dello sport chepunta alla carriera, al successo o alla

possibilità di diventare famosi.Questi aspetti dello sport incidono anche

nelle scelte dei genitori, che scelgono di farfare una disciplina sportiva ai propri figli nonin base alla passione del bambino o agli ele-menti di forza di quello sport, ma sempli-

5 GIOVANI, TALENTI DA VALORIZZARE MEGLIO

Intervista a Damiano Tommasi,Presidente dell'AssociazioneItaliana Calciatori

di GIANLuCA SCARNICCI

SPORT E FEDE,UN TEAMFORMIDABILE

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Page 18: DO MAG2018 La 1 03/05/18 10.12 Pagia 32 SOSTIENI ANCHE TU ... · ceva che il motivo per cui gli angeli vo-lano è che si prendono alla leggera. L’eutrapelìa è strettamente legata

cemente con l’idea di capire dove quel bambino può sfon-dare e arrivare più in alto possibile. in realtà, nello sport, ilnumero degli atleti che arrivano a determinati livelli è mi-nimo, quindi l’obiettivo dev’essere quello di arrivare a vivereuna vita da sportivi in tutti gli ambiti di lavoro. Darebbe si-curamente qualcosa in più.

A proposito di questo, sempre Francesco rivolgendosia dei giovani calciatori ha detto: “Non accontentatevidi un pareggio, date il meglio di voi stessi”.E poi ha aggiunto: “Per i giovani ci sono tre strade: lastrada dell’educazione, la strada dello sport e la stradadel lavoro”. A volte sembra che nel mondo del calciotutto sia facile e che il successo arrivi automaticamente.I ragazzi di oggi spesso prendono delle scorciatoie pe-ricolose. Lei che ha un ruolo di responsabilità comepensa sia giusto aiutare i giovani a comprendere il lorovero talento, la loro vera vocazione nella vita?Bisogna aiutarli a capire cos’è che li smuove dentro,che li fa sorridere, che li fa stare bene insieme algruppo che frequentano. andare a far sport pen-sando alla riconferma l’anno dopo, alla vittoria di uncampionato o alla vittoria di una gara è quello ciò chetoglie la passione, ma è proprio la passione che ti fagiocare a calcio, a pallavolo o a qualsiasi altro sport,anche quando non è strutturato. Oggi i bambini fin dapiccoli vengono messi davanti a un avversario, ad altribambini con altre maglie. il gioco dei bambini è orga-nizzato per gli adulti, perché ai bambini basterebbe unapalla e poi le squadre le farebbero da soli. Questo è unelemento che toglie un po’ di passione o la svia.

Spesso nel calcio si parla di gioco di squadra, ma lanostra società invece è segnata da un individualismopreoccupante. Lei che idea si è fatto?Nella nostra vita subiamo i fallimenti o i momenti negativiperché li affrontiamo da soli, e ci esaltiamo troppo inquelli positivi sempre perché non condividiamo l’es-sere parte di una comunità. Lo sport, soprattuttoquello di squadra, insegna a vincere e a perdere in-sieme ed è per questo che non bisogna pensaresempre al valore commerciale o di carriera.

Se lei fosse oggi l’allenatore di un gruppodi giovani, da quali valori partirebbe pertrasformarli in una vera squadra? Ad esem-pio, la lotta alla discriminazione, il rispettodell’avversario...Dall’entusiasmo di costruire e portare avanti unprogetto insieme, che può vincere o può perdere,ma è fatto tutti insieme. Quindi ognuno è indispensabilee ognuno con la sua individualità è parte di questo pro-getto. avrei come obiettivo quello di far sentire tutti par-tecipi e di far esprimere loro stessi, all’interno di unacornice che è quella della squadra.

Nonostante i suoi numerosi impegni, riesce ancora a ri-tagliarsi degli spazi personali per la preghiera?La quotidianità è fatta di piccole e grandi preghiere.Ci sono momenti più intimi e alcuni più collet-tivi e intensi, come è successo re-centemente al funerale diDavide astori. in un’occasionedel genere riaffiorano le do-mande di cui parlavamo al-l’inizio e si cercano ancora lerisposte.

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Questa parola inglese, talent scout, è diventata popo-lare in italia soprattutto per definire chi, in una società

sportiva, in una impresa o nel mondo dello spettacolo, hail compito e l’arte di trovare persone di talento da promuo-vere. Per fare questo ci vuole istinto, competenza, pas-sione. Ogni genitore, ogni educatore e chiunque ha a chefare con i giovani dovrebbe essere un talent scout, per sa-pere individuare i talenti propri di un ragazzo o di un gio-vane, per farglieli conoscere ed aiutare a svilupparli. Don Orione fu un eccellente talent scout per capacità in-nata, per amore del bene, per l’interesse del futuro dei gio-vani. ignazio Silone (1900-1978), un adolescente trattodalle macerie del terremoto della Marsica del 1915, fu dalui accolto e avviato agli studi superiori.

Disse di Don Orione che “aveva una chiaroveggenza cherendeva facile la conversazione, eliminava gli equivoci, letimidità, le finzioni” per cui riusciva a tirar fuori il megliooltre la superficie dei comportamenti. “Ero un ragazzo delginnasio… Accanto a molte debolezze, paure, viltà, cheerano e sono la materia grezza dei miei rimorsi, portavoin me una dimensione, scavata nel più profondo di mestesso, scavata quasi a mia insaputa, nei primi anni di vita,in cui ogni parola del genere di quelle che don Orione di-ceva, aveva una risonanza vivissima”. Quando vedeva buoni talenti di studio o di arte nei gio-vani, Don Orione li incoraggiava e li sosteneva nello studiosino a livelli di perfezionamento. Fu così con Ezio Carabella(1891-1964), rinomato compositore di musica, che DonOrione ospitò adolescente nella parrocchia di Ognissantie fece studiare al Conservatorio Verdi di Milano. “Senti,Ezio, tu devi essere il grande cantore di Maria Santissima.Io ti offro alla Madonna per questa glorificazione di Lei at-traverso la musica. Tu sarai, ai piedi di Maria, il Beato An-gelico della Musica”.Pur nelle ristrettezze economiche in cui versava la Congre-gazione, Don Orione avviò agli studi numerosi suoi chierici“di buona mente e di buono spirito” nelle Università ro-mane, e alla Gregoriana in particolare. Sapeva lodarli, cor-reggerli e indirizzarli. a Gaspare Goggi disse chiaramente:“Prima professore e poi sacerdote”. al giovane Don LuigiOrlandi: “Mi fa piacere che lavori intorno al Primato pon-tifico e prego Dio che ti assista: sia un vero lavoro storico-critico, non apologetico per fare dell’apologia, laapologia verrà da sé e forte, se il lavoro sarà solido e in-confutabile, anche ti costasse alcuni anni”.

La sua arte di talent scout ebbe un successo del tutto ec-cezionale con quel giovane di 18 anni, Cesare Pisano, ri-dotto al fantasma di sé stesso dopo essere divenuto ciecoper un tragico sparo in faccia a 12 anni. «Allora io ero di-sperato, non avevo fede... Don Orione, con grande paternoamore, mi dette dello stordito. Oh, stordito, mi disse, tudesideri i beni che poi dovresti abbandonare… Tu devi ve-dere la luce, per non correre il pericolo di andarti a fracas-sare; tu devi avere la sapienza dell’uomo giusto, e sta certoche non ti annoierai”. Cesare Pisano si riprese e seguì DonOrione per farsi santo. Ricordò poi che, al “Paterno” di Tor-tona, la presenza di Don Orione “agiva sovra il mio spiritocome un potente fuoco di carboni su un pezzetto di legnoverde, che in esso è gettato, che al principio suda, fa fumo,ma alla fine si converte anch’esso in fiamma”. Quel gio-vane diventò il venerabile Frate ave Maria.Saper vedere e saper far vedere il futuro ai giovani: questiè un educatore talent scout. Don Orione aveva chiaroveg-

genza e fiducia nella Divina Provvidenza.Sapeva tradurre gli ideali in realtà e sapeva

elevare la realtà agli ideali. Un buon educa-tore deve avere la concretezza dell’uomopratico e la consuetudine nel discernere le

ispirazioni dello Spirito per mettersi al riparosia dai rischi del sognatore e sia dalla mio-pia del pragmatico.

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TALENT SCOUT:NÉ SOGNATORENÉ PRAGMATICOGuardando a Don Orione

di fLAVIO peLOsO

A sinistra lo scrittore

Ignazio Silone, a destra il musicista

Ezio Carabella.

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«Sono Micaela, lavoro al PiccoloCottolengo Don Orione di via

Paverano, Genova, dove sono “nata ecresciuta”». inizia così una mail arrivataqualche giorno fa alla nostra reda-zione. a scriverla è appunto Micaelache ci dice: «Ho scritto due righe sullevarie iniziative che ho intrapreso nelmio reparto insieme alla caposala e allecolleghe. Folli di Dio e del prossimo!».«il mio intento - spiega - è quello dispingere altri a osare per amore dellenostre “perle”, anche se anziane,molto anziane, ma se hanno ancoraun desiderio o un bisogno ci deve es-sere, nei limiti del possibile, il nostro:“Eccomi”».Nelle sue ‘due righe’ Micaela ciracconta che «il Piccolo Cottolengoha la grande capacità di aprire leporte a chi bussa… o a ‘cosa’ bussa.Un tempo, non troppo lontano, lapriorità era, giustamente, l’assistenzamedico-infermieristica dei nostri ospiti;con il passare degli anni, studi diversi,nuove figure professionali hanno fattocapire che la persona andava curata etenuta in considerazione a livellomultidimensionale, cioè, tenendoconto di tutte le componenti cheformano l’individuo. Questa sensibiliz-zazione di notevole preziosità ha dato

la possibilità a molti operatori di apriremente e cuore per guardare in pienez-za la persona a cui dovevano prestareassistenza.Migliorare la loro qualità di vita, pernoi operatori del Piccolo CottolengoGenovese, in particolare il repartoS. Caterina, ha significato ascoltare idesideri espressi, o quelli “buttati lì”tra un ricordo e l’altro, desideritalvolta detti come un qualcosa chenon sarebbe stato possibile realizzaremai più, scatenando nostalgia e rasse-gnazione, ma che per noi sono staticome semi da far germogliare.

Ecco allora che, da subito, abbiamoaccolto Milou, un cane che vive conloro in reparto; la presenza di questacagnolona, chiamata affettuosamenteMilly, ha contribuito a creare unmaggiore senso di famiglia.Poi rivedere il mare e fare il bagno inestate; creare un’edicola alla quale

servirsi per poter leggere le rivistepreferite; cucinare e condividere ilpasto insieme; adottare un nipotino adistanza, dal Madagascar». E quest’anno alle signore che risiedonoin reparto la Pasqua ha riservato unasorpresa speciale: un bar!Precisamente il “Milly Bar”. «Propriocosì – spiega Micaela - molte di lorosono autonome e possono pertantorecarsi fuori dal reparto per gustare un“caffè vero” (come dicono loro, perdistinguerlo da quello d’orzo), o unabrioches, un cioccolatino. Ma altre nonhanno la stessa possibilità.E allora abbiamo costruito in repartouna struttura con tanto di macchinaper il caffè espresso, fornetto elettrico,dispenser di bibite come al bar,espositore con patatine, biscottini,canestrelli, dolcetti a loro disposizione,il tutto sempre sotto controllo deglioperatori. Dietro al bar, ci siamo noioperatrici e alcune signore del repartoche hanno accolto con gioia l’essere,come cerchiamo di farle sentire, levere padrone di casa.La qualità di vita va cercata nellepiccole cose, che sono quelle chefanno la differenza. inoltre questeiniziative aiutano le varie figureprofessionali a fare gruppo, ungruppo che abbia, come obiettivo, lafelicità di qualcun altro.Per questo un grazie alla direzione,alla direzione sanitaria, agli operatori,ai parenti (a loro un grazie specialeper il sostegno), ai volontari, aglielettricisti, agli addetti alla sicurezza,alle nostre signore, ma, soprattutto aDon Orione e alla Provvidenza.Deo Gratias!».

Un "caffè vero" al piccolo Cottolengo Don Orione di genova.

“fOLLI DI DIO EDEL pROSSIMO”

«Migliorare la loro qualità di vita,per noi operatori, ha significatoascoltare i desideri espressi oquelli “buttati lì” tra un ricordo el’altro, che per noi sono statisemi da far germogliare…».

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DAL MONDO ORIONINO

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ALESSANDRO LEMBO ANgOLO gIOvANI

«Ma dove è finito, quel ragaz-zino dolce che ogni giorno

rientrava da scuola ben disposto, sa-lutava e raccontava com’era andatala giornata? E da dove è uscitoquest’orso quasi sempre ‘girato’, a cuibisogna strappare le parole con lapinza per sentire ancora la suavoce?». Con varianti più o meno co-lorate, molti genitori e/o educatori diadolescenti troveranno che unosbotto del genere ben si presterebbea esprimere stati d’animo e situazioniin cui spesso si trovano.E d’altra parte, molti adolescenti, sen-tendo uno sfogo di questo tipo, si ri-troverebbero a chiedersi cosa vuolesto rompiscatole di turno, cosa vor-rebbe sapere, di cosa poi vorrebbeche parlassero. Si dice che in adolescenza si diventiparchi di parole. Sarà poi vero? Boh,faccio fatica a ricordare se parlassimeno o più di adesso. Credo di sì: unpo’ meno. Certo è che, in adolescenza,abitualmente il fiume del dialogo colmondo adulto si trasforma in esile ru-scello e in molti casi arriva proprio adessiccarsi. Per riemergere, non sem-pre, qualche anno più tardi.

Sappiamo che, generalmente, gli uo-mini sono meno inclini, rispetto alledonne all’introspezione, a tematiz-zare sentimenti e stati d’animo.È evidente come questa differenza siapiù marcata proprio nel periodo del-l’adolescenza. in questa fase infatti imaschi sentono molto più forte laspinta all’esplorazione del mondoesterno, mentre le femmine sem-brano più inclini all’esplorazione delmondo interno, dei pensieri e delleemozioni. i primi fuggono i discorsipersonali, le seconde sembrano unpo’ più disponibili.Così lo spiega Pietropolli Charmet:«È come se i maschi cercassero il va-lore della nuova identità e dellenuove competenze nel mondoesterno, seguendo a tutta velocità la

conformazione del pro-prio apparato sessualeche indica lastrada del-

l’esplora-

zione verso l’esterno... invece, l’espe-rienza esplorativa delle giovanissimefemmine si rivolge verso il mondo in-terno, verso la corporeità e le sue ca-vità generative».

Evidentemente, allora, le ragazze sa-ranno molto più propense alla parola,mentre i maschi sembrano avere

molto meno bisogno di parole,fino a quasi mostrarsi allergicia discorsi seri e personali,specie con un adulto. E tut-tavia, con le parole non sono

poi così incompetenti, ’stiragazzi. Te li ritrovi ad

un concerto e soncapaci di snoccio-larli senza esita-zioni, i testi dellecanzoni preferite,che sono fattedi parole e

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Se ci spaventa di più una paroladura, che una parola vuota,il rischio di scivolarenell’insignificanza è alto.E i ragazzi fuggono.

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per di più, in molti casi, anche stra-niere. allora, cosa? Come si spiega chead un certo punto si diventa refrattarialle parole di genitori, educatori epreti e si corre dietro a slogan, modee ritornelli? Oppure.Si diventa muti con i grandi e chiac-chieroni su chat frequentate smanet-tando a velocità supersonica susmartphone e affini.Molte spiegazioni si potrebbero invo-care. Qualche indizio spero si possatrovare anche nei pensieri che condi-vidiamo in questi mesi su questa no-stra rivista. Ma oggi mi gira in testasoprattutto questa idea: e se lo scio-pero di comunicazione con gli adultifosse una richiesta tacita di parolevere? Ma come? si dirà, e quelle deicantanti o delle chat, quelle sareb-bero le parole vere di cui voi siete allaricerca? Oh bella!, forse non son vere,ma per lo meno son diverse e non no-iose. Vedremo dopo, chissà, se sa-ranno anche resistenti! Sarò un illuso o un privilegiato, manon credo sia difficile parlare con gliadolescenti. Sarà forse perché gli ado-lescenti con cui vivo io da quattroanni sono marziani, sono diversi: ado-lescenti in seminario. Residui in estin-zione di un mondo altro che nontornerà, strascichi di un Est-Europache si affretta a scimmiottare l’occi-dente, apprendendone rapidamentei tanti vizi, prima delle conquiste di ci-viltà e progresso? in seminario, se parlano - mi si dirà - èper ufficio e non per scelta. Dazio do-vuto per una permanenza nell’am-biente, in cui, per fede, per inco-scienza o costrizione degli eventi, sison trovati proprio nella stagione deidesideri e della libertà.

Ebbene, no! Non è così! D’ufficio, previsto allo scadere delmese o del semestre, può essereil colloquio. La verifica. Praticavuota, di cui abbiam bisogno noi,i grandi, più che i ragazzi che pre-tendiamo d’aiutare. Ma il dialogo,profondo, il raccontarsi e lo sve-larsi, nella fatica del cammino cheancora non può intraveder lameta, questo è solo dell’incontrovero, che non si comanda, masemplicemente accade. Di questi accadimenti comincio

a diventare, sempre più frequente-mente, fortunato destinatario. Per unmotivo semplice che provo, senzavanto e senza pudori imbarazzati, ariconoscere con voi: sono capace diparole vere. Non sempre le migliori.Spesso incomplete e magari vacil-lanti, ma tendenzialmente vere. Eloro lo sentono, se ne accorgono.L’adolescente ha un radar sensibilis-simo all’autenticità e alla coerenza. Ècapace di perdonare e soprassederea sbagli, incertezze e perfino goffag-gini. Ma chiude ogni canale di frontealla falsità.Sono certamente validi gli sforzi percercare forme moderne di comunica-zione, tecniche e strategie che sap-piano concorrere con i messaggiluccicanti delle diverse proposte, dacui i ragazzi sono bombardati. Maforse sarebbe più utile, più difficile, einfinitamente più bello, curare l’au-tenticità della vita e del linguaggio. Se i ragazzi non parlano con gli adulti,non sarà anche perché, almeno inparte, non trovano parole vere e sisentono sommersi da una comunica-zione che non sa osare? allora megliogli eccessi delle mode, che noi sap-piamo manipolanti, ma loro no, nonpossono saperlo.

Come faceva Don Lorenzo Milani acatalizzare giovanissimi in una scuolaesigente, severa, che conosceva po-chissimo di svaghi, giochi e altri espe-dienti su cui noi puntiamo percoinvolgere i ragazzi? Chiamava lecose per nome. anche con i suoi ra-gazzi. E ha pagato caro per non venirmeno alla sua scelta: «Vi giuro che vidirò sempre la verità anche quandonon fa onore alla mia ditta Chiesa». Èil contratto firmato il primo giorno diScuola Popolare. in questi mesi, grazie all’attenzionesollevata da Papa Francesco sulla suafigura (e ai generosi regali di qualche

benefattore) ho potuto conoscere dipiù i suoi scritti. Capisco adesso le pa-role del suo padre spirituale: «Quandolo incontrai la prima volta mi accorsisubito che aveva la durezza e la tra-sparenza del diamante. Era destinatoa ferire e a ferirsi». Non aveva tutti itorti il suo Vescovo quando in una let-tera gli spiegava così le ragioni del-l’isolamento in cui lo aveva confinato:«Ora la tua natura, il tuo modo di par-lare, di scrivere, di essere, ti porta agliscontri verbali, agli estremi, alleespressioni limite... l’atteggiamentoche assumi nelle tue polemiche, nelletue denunce, esprime certamente unsincero amore della verità, di Dio, deipoveri, ma non di rado ferisce gli altrioppure offre pretesti a chi vuol col-pire la Chiesa». Ma, se ci spaventa di più una parolaun po’ più dura, che una parola vuota,il rischio di scivolare nell’insignificanzaè alto. E i ragazzi fuggono. Don Milanifaceva centro perché era capace di se-dersi intorno a un tavolone con i suoiragazzi, «Senza preoccuparci di doverspiritualizzare o soprannaturalizzarediscorsi che sono già soprannaturali»perché fatti da persone che la croce laportano dentro «Può darsi più austerae più grande e più umiliante chequella che han dimenticato di tracciarper aria». Beh, credo si possa essereveri anche essendo un po’ meno spi-golosi di Don Milani. Ma quasi maisenza essere scomodi.

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Sono certamente validi glisforzi per cercare formemoderne di comunicazione, maforse sarebbe più utile, piùdifficile, e infinitamente piùbello, curare l’autenticità dellavita e del linguaggio.

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Erano gli anni ‘60 quando nella lo-calità di Estella (Navarra, Spagna)

le famiglie facevano a gara per affi-dare i loro figli in tenera età alle di-verse scuole religiose che si trovavanonella zona. Una di queste scuole erasituata a Dicastillo e apparteneva aiFigli della Divina Provvidenza, che ve-nivano aiutati nella loro opera da ungruppo di Piccole Suore Missionariedella Carità.Vedendo la scarsità di istituti affidatialle religiose, rispetto a quelli gestitidai sacerdoti, ben presto le PSMC de-cisero di individuare un posto dovepoter aprire una loro piccola scuola. Lalocalità venne individuata ad ayegui.

Il primo collegioil 1° settembre 1964, Suor Maria Santaangeleri venne nominata prima Supe-riora della Comunità, di cui facevanoparte anche le Suore Sacramentinenon vedenti, dedite all’adorazione eu-caristica.Terminati i lavori, il 28 maggio 1967il Collegio “Mater Dei” fu inauguratodall’arcivescovo di Pamplona Don En-

rique Delgado Gómez alla presenzadei sacerdoti ed aspiranti della scuolaorionina di Dicastillo, della SuperioraGenerale dell’epoca Madre Maria Vo-luntas Dei nonché di diverse autoritàe persone della città di ayegui.a partire dagli anni ‘70 il numero distudenti andò via via aumentando eoggi la Scuola Diocesana “Mater Dei”accoglie 460 alunni suddivisi nei duecicli di educazione della prima infan-zia (0-3 anni, 3-6 anni) e dell’istru-zione primaria (fino a 13 anni).Nel 2007 le Piccole Suore Missionariedella Carità che per 40 anni avevanocontribuito con il loro quotidiano la-voro dedicato alla formazione dei gio-vanissimi studenti, a rendere la Scuola“Mater Dei” uno dei pilastri educatividella Chiesa nella zona di Estella, e afar conoscere ed amare la figura ed ilcarisma di San Luigi Orione, con una

difficile e sofferta decisione si ritira-rono da tale realtà. Ma il profondo le-game costruito con questa terra econ la sua popolazione e l’amore dif-fuso per Don Orione sono rimastisempre molto forti tanto che ognianno in occasione della ricorrenza del12 marzo, le PSMC sono una pre-senza irrinunciabile alle celebrazioni.

La festa per i 50 annidi fondazioneQuest’anno poi è un anno particolar-mente intenso perché ricorrono i 50anni di fondazione del Collegio.La scuola ha deciso di festeggiarli “uf-ficialmente” il 2 giugno prossimo conla partecipazione di alunni, insegnantie naturalmente delle suore orionine…ma la Festa è già iniziata a marzo nelricordo del “dies natalis” di DonOrione al quale sono state invitateSuor M. irene Bizzotto (presente findagli inizi nella Comunità di ayegui) eSr. M. Josefina Gutierrez in rappresen-tanza delle Suore Sacramentine.La scuola è stata decorata con foto-grafie di ex studenti, professori e

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Il profondo legame costruito conquesta terra e con la suapopolazione e l’amore diffusoper Don Orione sono rimastisempre molto forti tanto.

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PSMC. Gli eventi festivi sono iniziatimolto presto, il cortile della scuola èstato trasformato in un luogo dedicatoall’artigianato, ai giochi e al diverti-mento. Gli studenti del quinto e sestogrado dell’istruzione primaria, hannorealizzato varie attività e workshop,così come giochi sportivi e danze.La giornata si è conclusa con la cele-brazione della Santa Messa in onoredi San Luigi Orione, alla quale hannopartecipato anche diversi membridella famiglia orionina. È stata unagiornata piena di giochi, emozioni esentimenti di gratitudine e amore peril Santo Fondatore che emergono intutta la loro semplicità e profonditànelle testimonianze di due alunnidella Prima media, scritte per la festa:

Alain zudaire Elìa

San Luigi Orione fu un uomo buono ecoraggioso, di cui per dire tutto ciòche penso, devo andare avanti ….Luiè un grande esempio per me, per ilsuo cuore immenso con cui abbrac-ciava il mondo proteggendolo dalfreddo della cattiveria e dandoglitutto il calore del bene. Lo prendocome esempio da seguire per la bravapersona che era e perché se incon-trava qualcuno nel bisogno, non chie-deva qual fosse la sua fede o il suonome ma solo il suo dolore.

Sono molto orgoglioso di studiare inun collegio fondato dalle sue suore,le Piccole Suore Missionarie della Ca-rità, in cui Don Orione sarà semprenei nostri cuori sostenendoci nel-l’amare e nel vincere l’odio, fare ilbene ed evitare il male, portare laluce e disperdere le tenebre.Secondo me era molto umile e gene-roso ed era una meravigliosa e ge-niale espressione della carità cristiana.amo il coraggio con cui affrontavatutti gli ostacoli che ci sono nella vita;mi affascina la sua compassione, il suoamore per Maria, Gesù e il Papa, lasua fede in Cristo e la sua infinitabontà. Mi piace il suo sorriso gentile,che aveva sempre, anche quando lesituazioni non erano favorevoli e mipiacciono le braccia con cui ci ab-braccia, con grande tenerezza, acco-gliendoci quando ne abbiamobisogno. il mio sogno è fare come lui,colmare di generosità i solchi occu-pati dall’odio e dall’egoismo che divi-dono gli uomini.

Lui mi ha aiutato a sbarazzarmi dalle“reti” (pigrizia, invidia…) che mi in-trappolavano e impedivano il miocammino verso Dio. Gli sono cosìgrato di avermi aiutato, e voglio fareper gli altri, quello che San LuigiOrione ha fatto per me. Per me la suafrase più bella è: “La più grande caritàche si può fare a Dio è dargliun’anima: e la più grande carità chesi può fare ad un’anima è darle Dio”.

Aimar perezLa prima volta che sentii parlare diSan Luigi Orione, avevo solo due annie frequentavo l’asilo, quindi non ca-pivo bene chi era. Sapevo però cheera una persona molto speciale.Da quando il Collegio è stato co-struito, la sua famiglia è cresciutamolto. Possiamo vedere le sue imma-gini in molti punti della Scuola perchélui è il protagonista della storia delCollegio. Questo ci ricorda chel’amore di San Luigi Orione continuaad essere presente tra tutti noi, seb-bene siano passati 50 anni. Tutti glianni ricordiamo il grande uomo che èstato, realizzando varie attività. Un’altra cosa che ci avvicina a lui èuna sua reliquia che si trova nella Cap-pella del Collegio.Fin da piccoli i professori hanno fattoin modo che lo spirito di Don Orionerimanesse nei nostri cuori e spero checontinui a rimanerci… fino alla finedei nostri giorni! D

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gli sono così grato di avermiaiutato, e voglio fare per gli altri,quello che San Luigi Orione hafatto per me.

fin da piccoli i professori hannofatto in modo che lo spirito diDon Orione rimanesse nei nostricuori e spero che continui arimanerci.

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Page 25: DO MAG2018 La 1 03/05/18 10.12 Pagia 32 SOSTIENI ANCHE TU ... · ceva che il motivo per cui gli angeli vo-lano è che si prendono alla leggera. L’eutrapelìa è strettamente legata

uali novità recava il giorno festivo al Cotto-

lengo? C’è da notare come noi italiani ab-

biamo ereditato molte parole in divisa

latina, una di queste è proprio la domenica: Dies

Domini, giorno del signore.

A questo giorno cerchiamo di appendere tutte

le nostre speranze e desideri di una settimana.

Al mattino dopo colazione, il salone veniva at-

trezzato per il grande momento religioso; pa-

role di santi e canti di Angeli colpivano i sensi

e trasferi vano le menti in un clima spirituale.

Durante la prima festa trascorsa al Cottolengo,

osservai tutto con attenzione e interesse.

I due chierichetti: Carletto e Gaetano ave-

vano il libretto in mano, mi stupii un poco

quando mi accorsi che lo tenevano girato al

contrario. Noi “studiati” facciamo di tutto

per eliminare il di più, loro si ritenevano

alla pari di tutti i fedeli esibendo un

sussidio che non li aiutava proprio per

niente. Una cosa appariva chiara: erano

convinti di fare un’azione importante e ci met-

tevano di proprio quello che potevano e anche

quello che non potevano, andando in prestito d’imitazio ni.

Anche nel pomeriggio si svolgeva una funzione religiosa, più breve rispetto alla santa Messa del

mattino, però offriva la possibilità di un’affermazione maggiore nel canto. Dopo la Benedizione

eucaristica, in quella circostanza venne intonato: “Noi vogliam Dio...”.

L’inno esprime il desiderio che a comandare sia nostro signore. I nostri nonni lo cantavano col

massimo impegno esprimendo così la loro fiducia in una guida che non fissava nessun confine

in questo mondo ed allargava a dismisura quelli dell’altra vita, fino à mandarci in libertà i con-

dannati a morte. Il clima sereno e familiare del Cottolengo, col canto offriva un’occasione per

esternare il proprio entusiasmo. La musica, per chi è intonato e dispone di una voce robusta,

può essere paragonata alla creta in mano ad un abile vasaio, la modella fino a ricavarne opere

straordinarie. personalmente non riconoscendo di avere le doti per mettere in soggezione le

note del rigo musicale, cerco di adattare la voce al coro senza pretendere di scendere o di salire

oltre i limiti fissati dalla natura.

Gli ospiti, che mi trovai attorno quel pomeriggio domenicale, eseguirono il canto un po’ libera-

mente, quando arrivarono le note alte ebbi l’impressione che si aggrappassero come i ciclisti

esausti in salita, nei primi anni dopo la guerra, quando un camion li superava.

Quello che sentii non si può chiamare una esecuzione canora stupenda, però ebbi modo di os-

servare sul volto dei presenti un’espressione di gioia che mi fece commentare: vale di più la

perfezione musicale o l’entusiasmo quando si canta?

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DIARIO DI UN ORIONINO AL pICCOLO COTTOLENgOVIRGILIO MERELLI

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ROMAFrancisc Lăcătuşè stato ordinato sacerdoteda Papa Francesco

Domenica 22 aprile, in occasione della55ª Giornata Mondiale di preghiera perle vocazioni, Papa Francesco ha ordinato16 sacerdoti nella Basilica di San Pietrotra cui l’orionino Francisc Lăcătuş. «Di-spensate a tutti quella Parola di Dio, chevoi stessi avete ricevuto con gioia, leg-gete e meditate assiduamente la Paroladel Signore per credere ciò che aveteletto, insegnare ciò che avete appresonella fede, vivere ciò che avete inse-gnato» ha detto Papa Francesco nel-l’omelia rivolgendosi ai novelli sacerdoti,che ha esortato ad essere misericordiosi:«Pensate ai vostri peccati, alle vostre mi-serie, che Gesù perdona. Siate misericor-diosi… Voglio chiedervi, per favore: nonstancatevi di essere misericordiosi».Don Francisc Lăcătuş nasce a iaşi in Romania in quella stessa città inizia il suo camminodi formazione presso il seminario “Don Orione”. Dopo tre anni di liceo con indirizzo inTeologia e il biennio filosofico presso l’istituto romano-cattolico “Sfântul iosif” di VasileLupu, Francisc si trasferisce in italia per l’anno di Postulato e per il Noviziato presso VillaBorgia, a Velletri. i suoi studi proseguono all’istituto Santa Maria di Roma e si concludonocon il primo ciclo di Teologia all’Università Pontificia Salesiana.Nell’ottobre dello scorso anno era stato ordinato diacono. attualmente Don Francisc ri-siede presso la parrocchia di Ognissanti a Roma ed ha conseguito la Licenza in PastoraleGiovanile, con una tesi su Il Progetto Orionino di Pastorale Giovanile-Vocazionale, dal1995 al 2016. Linee di ricezione in Romania.

bRASILEOrdinazioni diaconalie professione perpetuaa Belo Horizonte

Nei giorni 17 e 18 marzo parrocchiaorionina “Nossa Senhora da Divina Pro-vidência” di Belo Horizonte in Brasile,è stata protagonista di due importantieventi vocazionali che hanno animatola comunità religiosa locale. Sabato 17marzo, infatti, si è tenuta l’ordinazionediaconale dei chierici Benedito Rochae Wellington Gomes.La celebrazione eucaristica è stata pre-sieduta da S.E. Mons. Oriolo dos Santos,vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di BeloHorizonte, che nel corso dell’omelia havoluto ricordare ai due neo diaconiquanto fosse importante l’impegnopreso e che, da quel momento in poi,la loro vita avrebbe avuto un nuovo ini-zio come servi della Parola di Dio, del-l’Eucarestia e della Carità. Domenica 18marzo, invece, è stato il chierico ale-xandre de Maman ad essere il protago-nista della giornata poiché, nel corsodella cerimonia, ha professato i voti dicastità, obbedienza, povertà e di spe-ciale fedeltà al Papa.Entrambe le celebrazioni hanno visto lapartecipazione di tante persone delposto, in particolare i familiari, gli amicie le madrine delle vocazioni, oltre ailaici orionini della città.

pARAgUAYIl Piccolo Cottolengo DonOrione ha compiuto 30 anni

il 19 marzo scorso, giorno della festivitàdi San Giuseppe, il Piccolo Cottolengodi Don Orione di Mariano Roque alonsoin Paraguay, ha festeggiato i 30 anni diattività. Le celebrazioni sono iniziatecon la S. Messa di ringraziamento pre-sieduta, nella Cappella del centro orio-nino, da Mons. Edmundo Valenzuela,arcivescovo di asunción.al termine della Messa è stata inaugu-rata anche una targa commemorativaper ringraziare i tanti benefattori, volon-tari e operatori che da quel 19 marzodel 1988 hanno contribuito a realizzareun sogno, grazie al quale vengono ac-colte persone bisognose e fragili. PadreOmar Cadenini, direttore del PiccoloCottolengo, ha ringraziato i presenti e“Tutti coloro che hanno vicino al lorocuore i nostri ragazzi: i volontari, i fun-zionari e i benefattori che sostengonola nostra opera attraverso la carità.

gENOvA“Meeting” degli Ex-Allieviorionini

in occasione della recente festa di S. Giu-seppe, a Genova-Rivarolo, presso l’anticaabbazia benedettina di S. Nicolò del Bo-schetto, gli ex allievi di varie istituzioniorionine si sono ritrovati per l’annuale“meeting”. Tema di riflessione sono statele parole di S. Luigi Orione: “Vogliamo es-sere bollenti di fede e di carità, per rispon-dere alle nuove povertà”. all’invito delpresidente Mario Barone, hanno rispostoil relatore, Don alberto Parodi, direttoredell’istituto orionino di GE-Quarto, gli“amici del Boschetto”, i volontari che aiu-tano i profughi (150 gli ospiti presso l’ab-bazia) e gli ex allievi venuti da Genova,Piacenza, Reggio E., Modena e Bergamo.Gli ex allievi, seguendo l’esempio del fon-datore, cercano di mettere in pratica gliinsegnamenti del Papa, che spesso invitai cristiani ad andare incontro agli emargi-nati, deprivati di tutto, anche della dignitàpersonale e ad ascoltarne il grido.

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AfRICAIncontro dei Tirocinantidella Provincia“Notre Dame d’Afrique”

Ogni anno, la Provincia «Notre Damed’afrique» organizza la Riunione dei Ti-rocinanti, con l’obiettivo di rafforzare ilegami di fraternità, la vita spirituale el’approfondimento del carisma delFondatore. Quest’anno, la Provincia haorganizzato questo incontro in duetempi: il primo turno dal 4 al 6 marzoper i Tirocinanti della Costa d’avorio, edal 4 al 6 aprile per quelli del Togo eBurkina Faso. L’animatore di questi dueincontri è stato Padre Serge Meda, Vi-cario Provinciale e Direttore del Teolo-gico della Provincia.il programma della Riunione preve-deva ascolto dei Tirocinanti, Forma-zione, incontro personale conciascuno da parte dell’animatore. i dueincontri si sono svolti in un bel clima difraternità e di condivisione.

ROMABenedetta la statua diSan Giuseppe nella sededella FondazioneDon Orione

il 19 marzo nella sede della Fonda-zione Don Orione onlus e del SEVOrione ‘84, in via Cavour 238 a Roma,è stata benedetta e intronizzata unastatua di San Giuseppe, proprio nelgiorno della sua Festa liturgica. Eranopresenti il Presidente della FondazioneP. Jorge Torti, l’Economo generale DonFulvio Ferrari, i dipendenti e parte dellavicina comunità orionina di Sette Sale.San Giuseppe è uno dei principali pro-tettori delle opere orionine.Lo stesso Fondatore, infatti, voleva chenelle sue chiese fossero presenti un’im-magine del Sacro Cuore, una della Ma-donna ed una di San Giuseppe, perrivolgersi a quest’ultimo nei momentidi difficoltà economica della Casa.«Concordo pienamente con i respon-sabili della Fondazione e del Sev, i dueenti preposti alla progettazione e allaraccolta fondi in aiuto soprattutto allemissioni – ha detto Don Fulvio Ferrari,che hanno voluto affidarsi alla potenteintercessione di San Giuseppe, verso ilquale Don Orione ebbe una devozionespeciale”.

LIbRI“Bisogno di paternità”

“Bisogno di paternità”, scritto da Don Michał Tadeusz Szwe-min, religioso orionino, e da Vito Cutro, giornalista pubblici-sta, tratta i temi della società “senza il padre”.«Gli autori - scrive nella prefazione il Card. Walter Kasper - di-mostrano come dalla prospettiva della fede cristiana, per viadel mancato orientamento di tanti giovani, questa sia diven-tata una merce difettosa.il loro libro allude al nostro Signore e Maestro Gesù Cristo eal suo richiamo “Poi vieni e seguimi!”, “io sono la via, la ve-rità e la vita”». «La nostra vita è fortemente radicata in Dio,Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra. Chi rico-nosce Dio come proprio Padre, sa che egli non è un “un pro-dotto” casuale – ribadisce il Card. Kasper -. Ognuno ha il suovalore e la sua dignità, ognuno ha la sua vocazione, il compito e la missione. i suoi co-mandamenti non sono un peso, ma una bussola che indica la strada verso la vita felice.il Dio Padre promuove la vita; è l’adoratore della vita.Non vuole che noi siamo i suoi servi ma piuttosto i figli liberi e amici. Ci offre la regia li-bertà dei Figli di Dio». Nel libro si dimostra, attraverso testi scelti dei Padri della Chiesanei primi secoli della nostra epoca, quanto appena affermato. «i Padri della Chiesa fu-rono padri, preti e insegnanti nella chiesa dei loro tempi. Fu il periodo in cui il Cristia-nesimo era nella fase di creazione, assumeva una certa forma che tuttora è ancoramodellata dalla Chiesa odierna […]. i testi sembrano obsoleti ma in realtà sono recentie attuali», afferma ancora il Card. Walter Kasper che conclude esprimendo un «modestoaugurio: che questo libro trovi, in questo disorientato mondo senza il padre, lettori siagiovani che anziani, affinché vedano un nuovo scopo verso il quale si dirigeranno confiducia, coraggio, speranza e, grazie a questo, diventeranno liberi Figli di Dio».

(V. Cutro e M. T. Szwemin, Bisogno di paternità, Editrice arti, Varsavia 2018, p. 304, € 15,00).

ROMAProfessioni perpetue nella parrocchia di Ognissanti

il 18 marzo 2018 nella chiesa di Ognissanti in Roma, tre giovani religiosi, il brasilianoBatista andrade Pedro Raimundo, il romeno Enache Flaviu e l’italiano Luciano Roberto,hanno emesso la loro Professione perpetua. La Messa, alla quale erano presenti anchei parenti, gli amici dei tre chierici e buon numero di giovani del Movimento GiovanileOrionino, è stata presieduta dal Direttore Generale Padre Tarcisio Vieira e concelebratadai Consiglieri Generali, dal Direttore Provinciale Don aurelio Fusi, dai Consiglieri pro-vinciali e da altri religiosi orionini per un totale di 44 sacerdoti e 10 diaconi.«il rito liturgico – ha detto P. Vieira rivolgendosi ai tre giovani - vi chiederà, prima ancoradelle parole della formula della professione perpetua, una prostrazione. il vostro disten-dervi con la faccia a terra, sarà un segno drammatico di umiltà, di consegna e di pas-sione. Sarà un anticipo gestuale e simbolico della vostra intenzione di consacrarvitotalmente e definitivamente a Dio nella nostra famiglia religiosa».«La vostra forza sarà la preghiera del “pieno abbandono” che infonde il coraggio peraccogliere i momenti di passione come un’opportunità di donarsi e amare fino in fondo:amare Dio con tutto il cuore, quali figli carissimi, ricercando in ogni cosa, con la suagrazia, unicamente la sua gloria».

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pOLONIAVisita fraterna alle comunità

Dal 31 marzo al 6 aprile il Direttore ge-nerale Padre Tarcisio Vieira e il Consi-gliere generale Don Fernando Fornerod,si sono recati in Polonia per una visita fra-terna. La prima tappa è stata alla comu-nità di Międzybrodzie Bialskie, dovel’Opera Don Orione gestisce una Casaper anziani e per ritiri spirituali.Quindi, Padre Vieira e Don Fornerod sisono recati a Wołomin, dove nella par-rocchia di San Giuseppe Lavoratorehanno preso parte alla celebrazione delVenerdì Santo. La Veglia della celebra-zione della Risurrezione del Signore e laSanta Messa della domenica di Pasquasono state invece celebrate nella Parroc-chia di Sant’antonio di Padova, a ZduńskaWola. Particolarmente sentita è stata laMessa dei ragazzi e dei giovani, alla qualeha preso parte un importante numero difedeli. Nei giorni seguenti Padre Vieira eDon Fornerod rimarranno a ZduńskaWola, hanno partecipato all’incontro coni direttori e i parroci della zona, ad unaconferenza su San Giuseppe, sposo diMaria Vergine, offerta da Don Piotr Gór-ski, e alla presentazione dei progettidella pastorale giovanile orionina di LaScala di Giacobbe di Brańszczyk e delTrampolino di Zduńska Wola.

ALbANIASalva la parrocchiaorionina di Elbasanil 14 marzo 2018, il premier dell’albania,On. Edi Rama, si è recato in visita alla par-rocchia S. Pio X di Elbasan, affidata al-l’Opera Don Orione, per consegnareufficialmente al vescovo dell’amministra-zione apostolica del Sud albania, Mons.Giovanni Peragine, il certificato di pro-prietà del terreno di 5.000 m² sul qualesorge la chiesa.il Consiglio dei Ministri dell’albania, in-fatti, ha deliberato l’esproprio del ter-reno per motivi pubblici e, in questamaniera, ha salvato l’intera proprietà(chiesa ed edifici annessi) dalla distru-zione fisica stabilita dai tribunali civili neitre livelli di giudizi.alla cerimonia di consegna erano pre-senti anche il Nunzio apostolico Mons.Charles John Brown, il Ministro della Cul-tura dell’albania Mirela Kumbaro, il vice-sindaco di Elbasan, i sacerdoti orioniniche curano la pastorale della parrocchiasostenuti anche dal Consigliere provin-ciale dell’Opera Don Orione, Don FeliceBruno e dai confratelli che operano aBardhaj, oltre a tanti fedeli e giovanidella parrocchia San Pio X e delle stazionimissionarie vicine, come Mollas, Gostimee Gramsh.

bERgAMOIl Centro Don Orione hafesteggiato i 30 anni di vitaLo scorso aprile il Centro Don Orione diBergamo ha festeggiato il 30° anniversariodell’inaugurazione avvenuta il 17 aprile1988. Ci sono stati momenti di festa conospiti, operatori, familiari e confratelli.La casa fu costruita ex novo alla fine deglianni ’80, con criteri moderni per il migliorbenessere per le persone che vi risiedonoin condizioni di debolezza e di gravi limitidi salute. È destinata soprattutto ad anzianie malati, con oltre 300 residenti. Svolgeservizi di assistenza a domicilio a 300 per-sone, servizi ambulatoriali e di riabilita-zione anche per utenti esterni; c’è ancheun reparto di persone in stato vegetativo.il Centro Don Orione fa già parte della sto-ria e della vita di tante famiglie e del terri-torio circostante, perché offre un servizioassistenziale e caritativo generoso, qualifi-cato e di grande valore apostolico. Dal1988, cioè dagli inizi, è presente la comu-nità di religiosi orionini e anche delle SuoreLoretane polacche. Furono Don Guido Bor-chini e Don Cirillo Longo i due primi pro-motori e realizzatori del Centro, seguiti poida molti orionini benemeriti. Oggi vi sonoDon alessio Cappelli, direttore, Don an-drea Curreli, Don Pietro Vazzoler, e il pio-niere Don Cirillo Longo.

bRASILEGli studenti dell’ASLOI hanno ricevuto la Direttrice Generaledell’uNESCO

Lo scorso 19 marzo 2018, gli studenti dell’aSLOi – associazione San Luigi Orione diitapoã, si sono esibiti in una straordinaria “piece” musicale con i loro violini, presso lasede dell’UNESCO a Brasilia, per dare il benvenuto alla Direttrice Generale dell’UNESCO,audrey azoulay in vista nel Paese. Tutti sono stati toccati dalla bella presentazione mu-sicale eseguita con il violino da questi ragazzi. L’aSLOi realizza da due anni il progetto“La bellezza che salva il modo” finanziato dall’UNESCO. attualmente, l’associazionesegue 100 bambini, 45 adolescenti e 21 madri di studenti. La linea guida del progetto è l’arte, in particolare la musica classica.i progetti sono stati ideati e accompagnati dall’EPPCR (Equipe Provinciale di Progettazione e Raccolta Fondi) della Piccola Opera diDivina Provvidenza, un gruppo formato da laici e con sede a Belo Horizonte. il servizio offerto dall’associazione è continuo accantoai più piccoli. i bambini ricevono quotidianamente lezioni di: recupero scolastico, inglese, scacchi, arte, chitarra, violino, flauto,canto corale. Per gli adolescenti ci sono corsi di teatro e di chitarra. Le madri sono brave nel taglio e cucito. Si svolgono regolarmenteincontri di accompagnamento per i genitori e anche sull’armonia nella vita familiare.

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«In Burkina Faso c’è amicizia grandetra cristiani e musulmani: si vive in-

sieme nella concordia, i rapporti sonosereni. Le famiglie sono spesso compo-ste da persone di entrambe le reli-gioni». Così inizia il suo raccontoRiccardo Zagaria, sacerdote orionino:oggi è alla guida del Centre MedicalDon Orione, un centro medico spe-cialistico che sorge alla periferia diOuagadougou, la capitale. in questoPaese poverissimo del Sahel vivono16 milioni persone il 40% delle qualiè di fede islamica, il 30% di fede cri-stiana mentre il rimanente è seguacedella religione tradizionale.

gli attentati«il 2 marzo scorso un attentato terro-ristico – rivendicato da un gruppo affi-liato ad al Qaeda – ha colpito lacapitale. È il terzo dopo quelli – gravis-simi – avvenuti nel 2016 e nel 2017:sono stati tutti duramente stigmatiz-

zati dal popolo, dice il sacerdote: «Pur-troppo da qualche anno, in alcunezone settentrionali del Paese – confi-nanti con il Mali e il Niger (due Paesifortemente instabili) – sono presentigruppi di jihadisti, di estremisti islamici:lo Stato si sta impegnando molto perfronteggiarli, forte dell’appoggio dellapopolazione, la quale vuole conti-nuare a vivere unita e in pace, con-tenta dell’amicizia tra cristiani emusulmani. i fedeli islamici e gli imam,nel condannare gli attentati, hanno ri-solutamente affermato che gli estremi-sti non professano il vero islam, che èreligione di pace e di tolleranza».

Il Centro medicoOrtopedia e oftalmologia sono le spe-cializzazioni del Centro medico che,fondato 15 anni fa dai padri orioniniper assicurare assistenza alle personecolpite dalla poliomielite, è diventatoun punto di riferimento insostituibile

per l’eccellenza delle cure offerte.La convivenza tra i pazienti cristiani emusulmani è esemplare, raccontapadre Riccardo: «È commovente ve-dere come si aiutano e si sostengonovicendevolmente. La sofferenza nonporta solo avvilimento e dolore: essagenera uno sguardo benevolo sullavulnerabilità dell’altro, accende com-plicità forti e profonde amicizie.Ciò accade non solo tra i pazienti, maanche tra tutti noi che li curiamo».

Il bene dei malatiNel Centro – accanto al quale sorge ilVillaggio dell’accoglienza per i malati(e i loro familiari) provenienti dalle lo-calità più lontane – lavorano 26 per-sone, sia cristiane che musulmane e irapporti sono ottimi: c’è grande spi-rito di squadra, sottolinea il sacer-dote: «Lavoriamo uniti pensando albene dei malati, che vanno accolti,serviti, amati. il responsabile dell’ate-D

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pAgINA MISSIONARIACRISTINA uGuCCIONI - Vatican insider

Storie di convivenza tra i fedeli delle due religioni. Alla scoperta di un centro medicodi eccellenza e di un popolo, ferito dagli attentati, che vuole restare unito.

IN bURkINA fASOCRISTIANI E MUSULMANIvIvONO IN AMICIzIA

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lier ortopedico, Bebane Yacouba, fer-vente musulmano, è un caro amico:come per me, anche per lui servire imalati è servire Dio, fare il bene è unmodo di obbedire a Lui».

Ridare la vitaBebane Yacouba ha 37 anni, è spo-sato e padre di un bambino: nell’ate-lier costruisce apparecchi ortopedicidi sostegno, protesi, scarpe e corsettiortopedici: «Mi piace moltissimo ilmio lavoro», dice. «Consentire dicamminare a una persona che, adesempio, ha subìto l’amputazione digamba ed è giunta qui al Centro sco-raggiata e priva di speranza, è comedonarle di nuovo la vita: è un’espe-rienza che dà felicità profonda».E a riguardo della convivenza con ipadri orionini e i colleghi cristiani, af-ferma: «Sono contento di lavorare inquesto Centro: mi sento sereno, ap-pagato, rispettato: si vive come in unafamiglia. Siamo legati da stima e ri-spetto reciproci e ci impegniamo in-sieme a servire i malati e i disabili conamore e spirito di accoglienza.Qui ognuno può vivere libera-mente la propria fede: ad esem-pio, al venerdì ho semprepotuto assentarmi per andare inmoschea a pregare». Bebanedefinisce le relazioni tra cristianie musulmani in Burkina Faso«buone, basate su una vera ac-cettazione dell’altro». in questoPaese, dice, «si cresce insiemesin da piccoli. io ho molti amicicristiani».

Rispetto della dignitàanche in Burkina Faso, come in altriStati francofoni dell’africa, la sanitàpubblica è a pagamento e moltissimimalati non riescono a far fronte allespese: nel Centro dei padri orionini ipazienti (che continuano ad aumen-tare al punto che si pensa di ampliareil reparto di medicina e di costruirequello di maternità e pediatria) pa-gano invece solo una cifra simbolica:«La nostra struttura si regge graziealla generosità di molti benefattori »,spiega padre Riccardo. «Desideriamoperò che i nostri assistititi partecipino,se pure in misura molto limitata, alle

spese per rispettare la loro dignità:desideriamo che un malato possaprovare la soddisfazione di aver con-tribuito in qualche modo alla propriaguarigione».

La malattianon è castigo divino«La nostra non è un’impresa facile; oc-corre cambiare la mentalità delle per-sone che spesso considerano non solol’handicap, ma ogni malattia, un ca-stigo divino.Ci spendiamo molto per correggerequesta distorta immagine di Dio, perfar comprendere a tutti (cristiani, mu-sulmani, seguaci della religione tradi-zionale) che Dio non è mai complicedel male, che vuole solo il bene del-l’uomo e non lo punisce con malattiee infermità».

prostrati dalla povertàNel Centro - nel quale per alcune set-timane all’anno prestano servizio a ti-tolo gratuito numerosi medici europei- si curano anche molti casi di malaria

(assai diffusa), e di dissente-

ria, colera e tifo, tre patologie che sipresentano ciclicamente in forma epi-demica a causa delle precarie condi-zioni igieniche nella quali vive lamaggior parte della popolazione.«Nei villaggi le case sono costruite conpaglia e fango, manca la luce, l’acquautilizzata è spesso quella degli stagniperché mancano i pozzi», raccontapadre Riccardo. «Questo Paese ha unsuolo per lo più molto arido e unclima particolarmente ostile: piovesolo da giugno a settembre e spessola violenza dei rovesci provoca inon-dazioni. i burkinabé sono prostratidalla povertà. Molti decidono di emi-grare: quattro milioni vivono in Costad’avorio, tre in Ghana».

Un futuro di paceBebane, pensando al futuro del pro-prio Paese, afferma: «Sono convintoche la buona convivenza tra cristianie musulmani possa giovare allo svi-luppo di questa terra. Le religioni, nes-suna delle quali insegna il male,devono unire le persone per aiutaretutti a migliorare e a progredire.Mi auguro e lavoro con impegno af-

finché nel mio Paese si possacontinuare a vivere in pace,senza tensioni né attacchi terro-ristici». Le persone sinceramentereligiose (di religioni diverse)che vivono e lavorano insiemenella concordia – concludepadre Riccardo – «possono mo-strare al mondo che la tolle-ranza e il rispetto autentico deldiverso sono possibili».

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Angelo era il sesto dei sette fratelliPellizzari, nato a Gossolengo (Pia-

cenza) il 18 luglio 1926. Ricordava vo-lentieri il suo primo incontro con DonOrione. “Con il papà andammo in bici-cletta a fare visita a mio fratello Anto-nio che stava nel probandato diMontebello. Là c’era Don Orione e ri-cordo che, mentre passeggiava nelparco parlando con Don Santella, iocamminavo al suo fianco e mi circon-dava la testa con il suo braccio destro”. Questo gesto amabile e l’allegria in-contrata nel Probandato lo fecero de-cidere di entrare egli stesso inCongregazione, dove arrivò il 14 no-vembre 1937, nella casa di San Ber-nardino, a Tortona.Ebbe modo di avvicinare e di cono-scere meglio Don Orione. Ricordava:“Per la festa della Madonna della Guar-dia dissero a me e a Salvatucci che

Don Orione aveva un incarico da affi-darci. Don Orione ci ricevette nellastanza della tipografía “San Giuseppe”di Tortona e ci diede un grosso paccodi volantini di propaganda della Festadella Guardia e ci istruì su come distri-buirli nelle case e nei negozi. Li distri-buimmo dappertutto, anche ai malatidell’ospedale. Quando tornammo,Don Orione ci accolse contento dicen-doci: “Voi siete i Garibaldini della Ma-donna”. Potete immaginare che

soddisfazione fu per noi”. Continuò isuoi studi e fece il Noviziato a VillaMoffa di Bra, con Don Cremaschi pro-fessando i Voti nella festa dell’assuntadel 1943. Seguirono il liceo a VillaMoffa, il tirocinio a San Severino Mar-che, la teologia a Tortona e divenne sa-cerdote il 29 giugno 1954.

Dopo l’ordinazione, si dedicò, dal1954 al 1964, all’Oratorio di San Ber-nardino a Tortona, che conobbe unagrande fioritura; contemporanea-mente fu anche Cappellano deglioperai dell’ONaRMO.Nel 1964, aveva iniziato un nuovoapostolato nel seminario di Finale Emi-lia (Modena), ma rispose generosa-mente ad un appello missionario diDon Giuseppe Zambarbieri e, nel1965, partì missionario in argentina.Fu parroco buono e intraprendentenella parrocchia “N. S. della Divina Pro-videncia” di Pompeya (Buenos aires)fino al 1976. Seguì il Capitolo più notodella sua vita, quella di pioniere dellaCongregazione in Paraguay.Benedetto e incoraggiato da Donignazio Terzi, padre angelo Pellizzarirealizzò quanto Don Orione predisseal vescovo Ramòn Bogarin, quandoquesti era giovane studente a Roma:un giorno, divenuto vescovo, avrebbeintrodotto la Congregazione in Para-guay. E fu proprio così. Mons. Bogarinaccolse gli orionini angelo Pellizzarie Luìs Cacciutto nella missione del

Il pioniere del paraguay

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“Don Orione ci ricevette nellastanza della tipografía diTortona e ci diede un grossopacco di volantini di propagandadella festa della guardia e ciistruì su come distribuirli nellecase e nei negozi”.

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“SpLENDERANNO COME STELLE”FLAVIO PELOSO

Paraguay, ottobre 1985.Don Angelo Pellizzari si incammina

verso la Chiesa per celebrare la Messa.

DON ANgELOpELLIzzARI

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Page 32: DO MAG2018 La 1 03/05/18 10.12 Pagia 32 SOSTIENI ANCHE TU ... · ceva che il motivo per cui gli angeli vo-lano è che si prendono alla leggera. L’eutrapelìa è strettamente legata

Neembucú nel 1976; dopo un mese,il Vescovo morì tragicamente.assunsero la conduzione di tre esteseparrocchie rurali – Desmachado,Mayor Martinez e General Diaz – inuna zona di grande povertà nella Dio-cesi di San Juan Bautista de la Misio-nes, situate sulla sponda paraguayanadel fiume Paranà, di fronte al Santua-rio di itatì. Nelle zone paludose delNeembucú, Don angelo cominciò dazero, imparando la lingua guaranì,

percorrendo a piedi o a cavallo i sen-tieri acquitrinosi di collegamento deipiccoli villaggi e comunità rurali.in seguito, fu aperta un’altra comu-nità nella capitale, assunciòn, ove poisorse anche il Piccolo Cottolengo Pa-raguayo. Come missionario, attuò unaevangelizzazione zelante e intrapren-dente, formò comunità responsabili esocialmente attive.Don angelo lasciò il Paraguay nel1989 e tornò in italia, dedicandosi

nuovamente all’Oratorio e alla Parroc-chia di San Michele a Tortona fino al2002. Poi, un ictus ne limitò l’attivitàper cui passò nella comunità di Ge-nova - Camaldoli, bisognoso di soste-gno, paziente e dedito alla preghiera.Qui si spense il 15 agosto 2011.Fu un grande missionario, “prete distola e di lavoro”, suscitatore di co-munità cristiane e di vocazioni, dispo-nibile e affezionato alla Congrega-zione da “religioso figlio”.

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“SpLENDERANNO COME STELLE”

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RICORDIAMOLI INSIEME

DON ANGELO QuADRINI

Deceduto il 20 febbraio 2018 in Flo-rida (USa). Nato a Castelliri (FR, italia)l’8 maggio 1934, aveva 83 anni dietà, 62 di professione religiosa e 53di sacerdozio. apparteneva Delega-zione “Mother of the Church”(Roma).

SuOR MARIA TERESA

Deceduta il 12 marzo 2018 nella Cli-nica San Camillo - Buenos aires. Nataa Buenos aires – argentina, il 7 otto-bre 1930, aveva 87 anni di età e 69di Professione Religiosa. appartenevaalla Provincia “N.S. di Luján” – argen-tina.

SuOR MARIA GRACIELA

Deceduta il 26 aprile 2018 a Buenosaires nella Clinica San Camillo. Nata aFunza in Colombia il 15 marzo 1931,aveva 87 anni di età e 54 di Profes-sione Religiosa. apparteneva alla Pro-vincia “N.S. di Luján” – argentina.

Deceduta il 31 gennaio 2018 pressol’Ospedale di Fano (PU). Nata a Cin-goli (Macerata) il 16 febbraio 1921aveva 96 anni di età e 69 di Profes-sione Religiosa. apparteneva alla Pro-vincia “Mater Dei” – italia.

DON JóZEF CZESłAW KuCIńSKI

Deceduto l’8 febbraio 2018 pressol’Hospicjum di Wołomin (Polonia).Nato a Gąski (Przasnysz, Polonia) il 20luglio 1939, aveva 78 anni di età, 51di professione religiosa e 42 di sacer-dozio. apparteneva alla Provincia“Madonna di Częstochowa” (Varsa-via - Polonia).

SuOR MARIA RICREATIO CRuCIS

CHI DESIDERASSE FAR CELEBRARE DELLE SANTE MESSE INSuFFRAGIO PER I PROPRI DEFuNTI Può RIVOLGERSI A:

Don GIAMpIeRO CONGIU

Direzione Generale Opera Don Orione

Via etruria, 6- 00183 Roma

Tel. 06 7726781 - fax 06 772678279 - e-mail: [email protected]

richieste di sante Messe di suffragio per i defunti

Deceduto il 16 marzo 2018 a Roma(RM, italia). Nato a San Lorenzo inCampo (PU, italia) il 3 maggio 1923,aveva 94 anni di età, 75 di profes-sione religiosa e 65 di sacerdozio. ap-parteneva alla Provincia “Madre dellaDivina Provvidenza” (Roma, italia).

DON GIuLIO MASSI

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