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Domenico Cara
Stringere l’aurora
fotografia di Roberto Maggiani
nei continui fremiti mancava il sole,
nel viola si smagliava la fantasia,
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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eBook n. 88
Pubblicato da LaRecherche.it
[ Poesia ]
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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SOMMARIO
ESERGO
POESIE
NOTE SULL’AUTORE
INDICE
AUTORIZZAZIONI
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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… non oso domandare
se è piena o vuota la realtà.
Vittorio Bodini
Non ci può essere che la fine del mondo
andando più avanti!
Arthur Rimbaud
Presto sarà la morte e tu non sai
che sul battello della vita risalirai altri paesi
ove su occulte rive ti attende l’aurora.
Par Fabian Lagerkvist
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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POESIE
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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Una recita migliore
Con ali tese, in primavera tutto
è stato lessico vermiglio,
e nel cuore le astuzie contavano
altri sorrisi; i propositi insepolti,
intrisi di desideri scuciti; fallivano
come il canone del nero in cui
crolla ogni luce (non il viaggio)
e l’onestà giocava spontanea per aneliti
precari, un’identità abitata da menzogne
arcaiche che non hanno Sirene
in quella dolcezza ogni incanto
è diventato spoglia insolita;
quasi spiga, un uccellino attivo
si appoggiava veloce a un filo diafano
della Natura, a un primo amore
irraggiungibile e, in oltranze madornali,
informi, stringeva l’Aurora mai cieca
nei continui fremiti mancava il sole,
nel viola si smagliava la fantasia,
una brezza nuda brucava tra rovi residui,
ghermiva polveri da cretti piumosi
eludendo la propria ilare corsa…
(ma con lo humour salvava la favola:
occidentale, meravigliosa recita)
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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Spoglia terrestrità
S’accovacciano tra fregi scorticati
i margini di epoche scomparse,
gli zampilli sostituiscono valori
e perdite d’acqua, in palpiti
il desolato calore si allontana
dalla piazza più accesa, mansueta;
le varie plastiche-in fondo sbieche-
assediano spazi commerciali
con la coerenza d’una festa
e un walzer di istmi allegorici,
fra leit-motiv banali, levità di aedi recenti
carichi di passione remota
restano mobili tra i fiori poco fertili
nello scirocco, e in ogni altro
fogliame della macchia aperta,
una speranza di contratta tersità,
complice una verità inferma
le ombre non più art nouveau,
cercano - chissà come- un dove
per rifugiarsi tra stelle introvabili,
nascoste, e la salsedine di luglio,
e forse- con perlacea tenerezza-
scopre rami di rondini diseguali,
i pomodori dei muri, il grido dei fichi d’india,
le lingue di basilico che snodano odori
inondati di spoglia o vasta terrestrità
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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Gotico bianco
Ma tu confidi nella pietà: metamorfosi
del silenzio, stanco rumore, lesi soffi,
se tutto grida e avvampa degli ingorghi;
la domenica religioterapica è ingiallita
fra aliti di precisi esili e stantie frasi
di rimorso o tracce private, pratiche
di non -io- occasionale, opachi incensi
di là intanto si sposa all’insaputa
-in gotico bianco-la morbidità di iodio
del piccolo mondo marino, screziata
nel sogno dei limoni, in sobrie oasi d’orto
dove qualcuno scatta fotografie, non estraneo
ai commenti che discutono in dialetto,
per esempio, la transizione costiera…
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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L’Ovunque
Su preavviso il telefono chiama
dall’Ovunque, riesca o no
a capire l’inutile messaggio
che cita amarcord, decenti
spostamenti, consumati echi
d’amore e di pietà, ardori,
frammenti di via crucis ascensionale
riconosco però gli speciosi
moti del cuore in pubblico,
i sottintesi clamori d’una rana
nel chiaroscuro, un riferirsi
a moventi retrò spenti di senso,
monotoni o ipertesi nella mappa;
niente contatti con i vicini, o
immobile nesso tra coloro che
ti conoscono per negativa solennità,
in vista sul lungomare notturno,
e- forse – scoria di qualche segno
che scompare e fa soffrire chiunque,
nella medesima ondosità di distanze
fragranti, rosa epidermide infantile
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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Esperienza eretica
Il teso addio del vento oggi ridacchia
all’aperto, e forse dileggia dai sentieri
le notizie violente che conosce, dirama
parodie, di cui il disguido qui disceso
cerca effetti sani nel monologo
delle salse e iridescenti risacche …
invece le palpebre si legano
alla più attigua luce dell’alcol,
per evitare un trito sogno;
nel loro grembo è disegnato
lo scirocco locale, l’isteria stride,
evita di possedere l’aria putrida
con l’irta libido, un cruccio
in una linea retta, delusa belva
della sua provvisoria recita,
ma esperienza eretica, forte follia
rispetto agli orizzonti, soltanto trasformati
in trasparenza estromessa dal vero cosmo
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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Afflato religioso
Fioriva e rifioriva il nome
dell’Altissimo, del Credo,
quando pulsava una nuvola
sostanziale, ricca di cause
reali al divino, della Fede
persino un alone decorava
i territori del mio Sud,
incisi nell’invocazione
segreta, assorta, emotiva,
e la preghiera reinventava
il regno in cui l’ascesi
è un pragmatismo onnivoro,
fluviale, e memoria di salmo
rinascente, un non-confine
soffice come foglia obliata,
nessi di assenze, logori spiriti
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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Eventi di trame
Non lotterà con stupide finzioni
per rivedere le cose conosciute,
i molti passaggi dell’inerzia,
la solida messa in questione
dell’antico, greve di citazioni, verità,
fogli di archivio, dimensioni o radici
minori dell’aneddoto, furti d’occhio
Continuerà a fabbricare idilli
con ironia; nel mucchio di articoli
sceglierà frasi sconfitte, avanzi
di significato sepolcrale, vaghi
scorci di sintesi affatto dinamiche
E sulla darsena spettacolare
esclamazioni non fiabesche, recise
dallo schermo quotidiano, intriso
delle non riapparse pantegane,
nascoste tra i rifiuti dei Navigli
in lingua meneghina; ciò che sarà
la città che invecchia nei silenzi,
tra solchi di corruzione e atrofie di famiglie
senza eredi o misteri notarili, dichiarazioni
stravolte da una legge provocatoria…
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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Sopportazione
Rivelatrice alba di destini e suono,
e di puntuali orologi, tra le bilance
che pesano corpi flaccidi e bottiglie
nuotanti in flussi liquidi, domeniche
sospette, quando persone senza vincoli
con il futuro o ricordi, liberano poltiglie
lutulente, fetidi magmi, anticorpi
Dovrà finire il mondo che non piace:
discariche teatrali, stabilimenti
ingabbiati per il rinnovo, auto remote
per la rottamazione infinita, germogli
di balconi da cui in tanti concedono
la vita ad una rabbia non casuale,
nel vanto di finire, non avendo avuto
una risposta dopo l’auto-certificazione
dell’essere precari dalla nascita
non chiesta al tempo difficile e tensivo,
e tanto meno a una rugginosa picture history
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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In bilico sul Nulla
Potrà ottenere la felicità il perturbante
che su un terriccio cerca bruchi e vincoli
per ingannare, esaltati dall’esistere?
o inseguire à rebours quei miti del piacere
che l’amore descrive brevi, la morte
freddi, e con un piede in bilico sul Nulla?
Tra i sassi la lucertola verde s’accosta
a superfici più ambiziose, scorge un cane
o un altrove insospettabile, legge male
la forma del cappio, e la sottile amarezza
ritrova il sole sulla sua lapide non scritta,
nei paraggi del ruscello agile e senza
ressa di girini dolci, o sussurri di fresco
sulla fronte del cielo, le radure tragiche,
i saluti d’una foglia esposta all’aria,
il cui pudore niente ha mai avuto dal demanio,
che tenta di risolvere esigenze del reale
incominciando dalla sabbia, le corrosioni
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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Zeli del malumore
E il seme si consuma per rinascere
più vero, dopo le fasi gonfie, i lucenti
virgulti, lo spogliarsi intero dei sottintesi
il seme muore con la lingua di Gide
a cui in tanti non credono, e spiega
alle stagioni un motivo dell’essere
nel morire, il profumo stellato, il punto
lieve dell’infinito dove respira e sogna
spaesato dinanzi ad atroci dilemmi
il seme divora gli entusiasmi del sole,
lascia dietro di sé lo sterminio
delle audaci derive, un corto - circuito
di papaveri ed asfodeli ; succede
a chissà quante diverse nascite,
e alle bionde astrazioni fatte pane,
quando il mare diviene uguale ad esso,
grazie ai dettagli di cui un eccesso si teme
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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Febbre d’esistenza
Il prete ucciso non avrà paura dei vermi,
e neanche giusta croce o plauso;
la sua solitudine s’inoltra più in là
del cielo aperto, mai indesiderabile,
ferito dal tempo, e nel suo lutto
più azzurro, scontento se privo d’ogni
sacra tersità c’è attrazione
per il male
La rosa posta al centro delle mani
prova che il nulla è retto dalla comune
pietà, quando l’ansia è morta sul vertice
di desideri anomali, nel passato curvo
delle sue appendici di errori fiochi;
slittato nella godibilità terrestre dove
ormai s’interpreta il requiem negato
dai più. Non tornerà fin qui a pentirsi,
fra i bambini sottratti alla storia
dei loro giochi: innocenti, non sediziosi …
Lontano dalla vita s’arrampica a tesi
soprannaturali, dopo il deserto osseo
al quale ha affidato l’immaginario del vizio
infermo, vessato da febbre d’esistenza
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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In questa valle di neve
In questa valle di neve e di ali attente
al non-essere, le finestre non esistono
più, i diversi ospiti (ragni compresi)
si sono dispersi fra alberi di crisi
e aree tristi, sapori vespertini, ritorni
di menta, insonnie spostate, crucci flessi
fra gli stupori del fiume inesistente
La gente che non torna sugli spalti confusi,
rievoca fioriture d’erbe commestibili, diluvi,
scorci di case inzuppate di pioggia a visione
improvvisa, gli adattamenti smarriti (dove?)
a cui hanno fatto capo la tenerezza, il costruire
un’umanità ingentilita, trafitta dal disagio,
dalle migrazioni, da luci monche, assenze
turgide, ed esemplari miserie del finito
sconfitto da nubi e imprevedibili vulcani…
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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Donna di mare
Donna di mare senza gioia, né unità,
mentre luccica uno smeraldo d’onda;
donna che sfugge ad ogni schermo
e lascia per enigma l’acqua d’improvviso
cerco la tua voce muta (o sospesa?)
nei segni del nome in cui bellezza
ti accendi al guizzo d’una risacca,
quindi ti affidi al sole, anima e sale
Somiglia a un’insipienza inaudita
il tuo pudore brado, rosa d’angoscia,
ma attrai in ogni luogo il gabbiano
nel gesto effimero dell’occhio, lo scoglio
in ogni teso sguardo tuttavia cerca l’uomo
con l’iride veloce, sfugge a Sodoma
la noia che l’attrae, quasi tormento,
all’apparenza frainteso trasporto dell’ego
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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Suggello intenzionale
La notizia crudele e sgretolata
cede alla conoscenza collettiva,
tra fumi sparsi, bandiere di salute
marina, scorie succhiate dalle vespe,
umori limpidi di cocomero rosso e limoni
senza candore le ciglia cercano
frammenti di paglia sconvolta, lottano
come un’informazione che s’inventa
Dal tacere, tra Scilla e Cariddi,
più vorace il refolo si affida a un vuoto
movimento di contrasto, umiliato
tra grumi di frutta, filtri gustosi , odori,
e la santina laica commenta sottomessa
ciò che ascolta con labbra vivaci
dall’ostrica degli occhi, o da Gerace
scruta i nuovi Ulisse la secca sete
enucleata dal sudore, negli illesi percorsi
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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Lontane galassie
Inizia ormai dal crespo degli abeti
l’oscurità serale, il tremore malato
dell’afa animalesca che protegge
l’estate dalle stesse previsioni
in basso e più in là le voci, discese
da una storia anonima, continuano
a contare galassie lontane, ed eventi
spiccioli o isolati (non si sa con quale
metodo umano o sostanziale cattura)
il bianco e nero delle mie ipotesi
ormai non hanno colore, e i sussurri
sfiorano l’assurdo blu delle circostanze
sulle colline, comunque intollerabile
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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Il proprio visibile
La nostalgia ha sepolto gli anacronismi,
malgrado i contatti con lo spazio delle
cose del tarlo, fora le spicciole memorie,
quasi debbano essere immortali convergenze,
o estratte dalle soglie del vuoto clima, a cui
l’intrinseco rapporto si affida con ansie
orali, carte piegate, immediatezze d’archivio
Così, invano, tento di conoscere l’ordine
del grigio, ciò che mi assedia e che ama l’io
dentro la tersità lunare, a fasi dolorose,
riportando nei mementi un sapore di datteri
al Natale iridato e mieloso, in stile pacis
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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Bunker
Queste visioni dilatabili, diffuse
più che mai, danno solerzie a un buio
bunker: passato, presente, in regola
con il tempo precario, e Dio infatti
non entra nel rituale degli aloni
accesi e fiochi; la lingua tace amico
sui discorsi fatti male, sui salti
sciocchi di pensieri abitudinari,
e niente è sogno se non scova un Oltre,
a un culmine d’intese trasparenti
Talvolta un’idiozia diviene nostra,
anche se giunge da lontano e la bugia
s’immette nella vita reale, non isterica,
contamina l’asfalto della mente;
il ritmo stremato del giorno passa
e lascia impronte nitide di rischio
A volte si dilata per l’irritazione,
inquadra soluzioni puntiformi,
riflessioni oblique, forme inette
di tensione senza miraggio o riva,
dove si aspetta il pescatore di polipi
che ha cercato per noi un grongo
cresciuto sotto un gorgo, in alga pigra
e sospesa come un ossimoro cieco,
non frivolo, su più moventi umani,
in cima ad incertezze inconsce,
o voluttà di alterazioni e grovigli
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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Afa e silenzio
In primis, tanti visi opachi e ambigui
sono assidui nemici, pesanti presenze,
tonte fibre mattutine e crepuscolari;
infine il concetto si sposta dal disgusto
sospettoso al bere comune con qualche
mite declamazione, una confessio oris
ottimista e quasi docile, il riempire
la pipa di rancori occulti, quindi
in uno sforzo metodico l’uso antico
Nel temporale la lezione più efficace
è la furia totale, la sua implicita ira
ondulata; gli oggetti perdono corpo
e il delirio accosta nebbie allo sguardo
I gusci artificiali smarriscono in parte
le emozioni rappresentative e le rocce,
gli ornamenti sconfiggono illusioni,
posti comodi di pietra e di irsuto ferro;
le incongrue musiche cedono intanto
al disastro provvisorio: afa e silenzio
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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In fabula celata
Non è corretto ostacolare gli echi
nella commedia notturna, se lottano
con un vento superstite, e contro
castelli d’aria marina, in ogni caso
beneficio e pubblica disperazione
di orditi, assimilati in celata fabula
Domanderò alla montagna corrugata
quanti uccelli ospiterà tra le foglie
dei suoi alberi la notte degli spari,
quando le loro danze, comunque a rischio,
slitteranno nella valle del disamore
tra stelle e aggiornate radiosità
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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Vicenda esistenziale
Stanotte ho scortato l’evanescenza
dal primo stadio fumoso alla svolta;
ho ipotizzato la morte di una noia
parassita, incerto, assai inferiore
agli effetti previsti o di progetto
ho acceso lumi spioventi tra flabelli
poco mobili, ventagli sivigliani contro
i fuochi non arcani del caldo sottile
a modo mio ho detto: non lamentarti cuore
di ciò che vedi sotto quello che non conosci;
apri gli occhi ai segreti che incominciano
a galleggiare nella medesima curiosità,
e inoltre usa l’anima senza fare nomi,
perché solo così il cielo scioglie voli
nella filologia del magnetismo astrale,
e il bosco ci accoglierà fra i suoi rami
con le esultanze non crollate e ultime
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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Complicità
Attimo dopo attimo qualcuno si sposta
dalle proprie abitudini, e poi subito
un altro scopre implicite vie d’uscita,
un’oltranza inedita o speciosa apocalisse
così ognuno impara come stare al mondo
dissipando cose, solchi di spostamento, scissi
resoconti d’esperienza, tessiture epistolari
diventate muschi del ricordo privato, metafisiche
e, sebbene nessuno insegnerà la traccia
dell’avvio, dalla sua postazione inventerà
una dinamica per la complicità più anomala
nell’uniformità, quando il naturale febbrile,
stanco e convenzionale, risponde tormentato
alle sottese mutazioni, sfida il terrore di certi
presentimenti metaforici a più interagenze …
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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Ira d’Africa
Eppure l’universo, con le sue antenne ottuse,
si accosta verso di noi che siamo assenti
per un esilio estivo: i fratelli nemici o remoti,
i torvi disamori colti da foschia tra nidi sparsi
su alberi alti e disfatti, restano senza grido
la morte s’accompagna ai voleri del sole,
le insegne abbreviano più indicazioni,
le sorprese custodiscono ciò che s’increspa;
nella dissertazione sui nodi poi, si teme
che nessuno si salverà dall’ira d’Africa
inconsapevole e dentro epocali bisogni
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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Beltà
Le pesche già le ho viste rosse come
la contadina calabrese che vive a Milano;
il cielo nei vispi occhi appenninici
spettatore delle sue carni; ho foggiato
una serie di sorrisi roventi e l’ottimismo
di periferia con un tono mediterraneo:
Afrodite catanzarese, inferma di voluttà,
non ha mai avuto voglia di essere una scelta
o di fare festa al suo corpo magnogreco!
le prossime epoche non adotteranno il nome
di donna incantevole, ma lei è già vissuta
come un capolavoro, spostando oggetti splendidi,
calcolando su passi irregolari tutta la sua beltà
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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Un senso di perdita
Accetterò la proposta di alcune ombre
che accarezzano le scale, da cui scende
un’ombra-madre, e di frammenti d’eco
in tane non spettacolari, labili insetti
tra i fatti, altri aspetti del mio borgo,
i campi con le fiumare centrali arse,
sotto il chiaro del meandro assolato,
e il verde per arati rettangoli, in mesti,
totali bruciature, spirali di vento
divenute interrotta cupità, feticci
evanescenti del paesaggio (che più amo)
(in tali sussulti il chiodo dell’aratro
abitava un celato fervore; osservava
la zolla dura, proseguiva nel viaggio
d’una giornata di fuoco, le palpebre
poco aperte, con un’arcaica resistenza)
In itinere è partito il magro passero,
ascoltando una musica di usure e foghe
che liberava soffioni in aria tersa,
inseguita dal movimento stagionale,
selvaggio, suppongo mordicchiando
disequilibri e oasi distratte, muschi, colori,
abbracci di un addio accanto agli steccati
colmi di primavera e di pubblici motori,
devianti o adottati con un senso di perdita
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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Riti del gatto
Un gatto sotto il tiglio si traveste di letizia
con uno sghembo gesto, un certo astio
per la sua solitudine e la stasi, i giri
di nulla in capricci abortiti, torna
caparbio per inaridimento dal suo
mucchio d’esche e incetta di succhi
salini, di lucenti opportunità, inghiottite
con lo sguardo la sua filosofia, curva
i risvegli ai gusti personali, su miagolii
insoddisfatti, tuffi dai tetti, ebbre
estasi dinanzi ad acque chete, iridi
con sospetto glaucoma, mediovedenti
veglie, in fuga diretta al rigore affiorato,
restando nel confine degli ascolti
possibili, onde rinascere beige, si fa
protagonista di ogni suo gemito
tra i lutti d’una insidia indifferente, poi
muto, e in attesa di un delirio o graffio
sornione nelle sue smorfie apolidi,
o tenerezza della vita privata, fisso
dopotutto in una spiaggia dello Jonio,
dove si mima una sapienza sibillina,
fittizia, e comunque assai debole rogo,
non degno di forma regolare, né rimosso
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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Contrappunto
L’innocenza ipotizza col sorriso
la sua fiaba serale, scioglie le giade
sugli asfalti della città, i tentativi
ingenui che decollano nel paesaggio
preferisce l’allegria dei folletti
quando canta i suoi desideri dentro
la prassi trasparente, i sogni letti
nelle parole illustrate da mani
indecifrabili, confuse nell’apparire
un tempo avrebbe voluto una luna frugale
per i giochi e gli arcobaleni, immersi
in un temporale; adesso fornisce appena,
in economia, inchiostri di storia innocua,
per citare un cambio d’animazione,
in cui la musica diffonde ozi e suoni
filosofici ma pigri, visionari, continuando
ad abusare dei bradisismi di Mahler…
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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Disappunto
Nemmeno tu consoli gli ebbri coleotteri
che invadono il geranio o l’esatta natura
degli idilli vespertini, pupilla d’Aprile,
quasi fulva nel potere delle attese, gaio
nome a cui corrisponde un segreto paradiso
ma i tradimenti slittano, hanno riscontro
critico, menzogne lusinghiere, spostamenti
contratti di vista, e malumori di giudizio
insieme, indocili e strani disguidi, tra flash
consecutivi, sinuose, rapaci lacerazioni,
complici di nostre intese; le parole d’uomo
si dispongono nella stessa penombra
per sfiorire, a volte prive di peso o volo,
lette per nutrire il silenzio sublime, altra
inerzia di fondali nel puro disfacimento
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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Nube dolente
Scorie di ostinazione, ambre celesti
citano l’amore delle persone sotto il cielo;
scoprono il disincanto d’una nube dolente,
cambiano i propri discorsi, oltre il purpureo
spessore del kitsch non vecchio, che gronda
fiamme nell’intero modo della dilatazione
Tuttavia il tacere resta obliquo e perverso,
la Quaresima priva di carne, e ostriche
nascoste per la continenza; e il vizio incauto
luccica di immagini mediocri ancora,
quando la lacrima evita uno sguardo o
il senso del sacro è in tutto simile al tempio,
dove il tragico splendore è crocifissione,
lento avvenimento d’una storia faticosa…
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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I volti dell’assenza
Ogni civiltà gode delle sue malizie attive,
rimuove mobili di legno secolare, altre
modanature aspre; slaccia in libertà assenti
intese come orditi evocativi, incorreggibili
tessuti senza umiltà, facce e larve divorate
dal pianto, quando i viaggiatori raccontano
navigazioni di argonauti e distanze naufraghe
In tutto la lingua è una luce inter-detta,
confessa riflessioni, prove di ragione
generazionale; appartiene a ciò che porta
il cittadino dalla sua dimora araldica più
o meno, e il sangue del mondo, credo connesso
a troppe fasi di povertà, con la legna che brucia
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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Quel nume della lingua
Mi affido al Nulla per evitare il largo
delle chiacchiere d’uso, fra saperi altri
che si rincorrono: ali d’incendio
assoluto, la polvere che riconosce
nel proprio tragitto il nume che passa
Le sue sono parole d’una continuità
noiosa, dicono tutto di ciò che sa
la lingua dall’alito non roco, assidua
e ininterrotta. E’ una fazione insistente,
un dileggiare ulteriore della mattutina
quiete. Non compra, né vende il Tempo;
resta a disposizione dello sputo la glottide
che lo rincorre o trotta per la scialba onda
della Storia, quando tenta di riannunciare
uno scandalo, tutto in offerta d’epoca
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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La linea della casa
La mia casa era lontana dal porto
sognato, anzi da un’armonia ferita,
limpida tra i muri come una nascita
deliziosa e felice del suo limitare
Nel primo diario scritto gli aquiloni
percorrevano lo spazio esteso, quasi
raggomitolati nel loro nevrotico filo,
e l’intero flusso del viaggio risolveva
una rincorsa èbete, da gioco evanescente
In quel settimo cielo di ludi inesorabili,
anch’io ritornavo con i surreali colori
di scarne amnesie, tirando fuori l’ago
che percepiva un allontanarsi efficace
in un altrove, in cui dal cortile tutto continua
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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Salsedine salubre
La brezza che protegge le meduse e il divenire,
chissà per quali vincoli, e già istantanea,
morde l’equilibrio dei passi sulla ghiaia,
forse per un vantaggio all’attrazione
dell’acqua inquieta, ma cauta, spoglia,
giunta da più ricordi a fortuità arteriose
a ridosso di quel movimento lentissimo
s’aggrega quella moltiplicità di pensieri
che sormonta il giorno nel suo ambiente
naturale, dolce, lieto, evitando comunque
le infezioni di sabbia , gli assilli grumosi
intorno ai cani stremati d’asma; ormai
salvarmi con i commenti non basta; ricordo
mie ansie, dubbi nidificanti, disordini,
atrocità sottintese, forse pallori viscidi,
sconosciuti alla salsedine salubre…
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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Scavi indivisi
Qualunque diceria fa discutibile la cronaca
in cui dopotutto mi assopisco; cedo
al fallace monito del pettegolezzo,
cerco di cambiare pronuncia per dire
verità diverse, cercando di schiarirmi
la vista che osserva in più punti
la vita errata, errante, contraffatta
resto sorpreso del gatto che diventa
custode della casa, atteggiandosi
a padrone della sonnacchiosa portineria,
con una maschera benigna, forse rigida-
mente cartesiana, nell’ameno riposo
a cui mi avvinghio con innumerevoli
parvenze, chiome di pensieri, evi indivisi,
profili d’insonnie, esclamazioni d’ogni luce
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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NOTE SULL’AUTORE
(da “Vernice” n.44 – Torino, febbraio 2011)
Lo scrittore, saggista e
poeta Domenico Cara, di
origine calabra e milanese di
adozione, è noto in tutta
Italia per la sua autorevole e
consolidata negli anni attività
di protagonista della
letteratura italiana, nei diversi
campi della poesia, narrativa,
saggistica, aforismi, a
principiare dal 1959 e senza
interruzioni per oltre mezzo
secolo di prestigioso lavoro
intellettuale. Ha diretto diverse riviste letterarie e artistiche, e
ha fondato le edizioni Laboratorio delle Arti; ha organizzato
molte esposizioni in Europa, ha partecipato alla formazione
di giurie internazionali di prestigiosi premi letterari, lui stesso
ne ha conseguiti numerosi per i suoi libri. Sulla sua figura e
sulle sue opere sono già state scritte quattro differenti
monografie. Il suo ultimo libro di poesia si chiama Le
diagonali della psiche, è uscito a novembre del 2010 nei caratteri
di Scrittura Creativa di Borgomanero (No), e nella bandella di
copertina si legge: “Una poetica del frammento che
comprende inesausta tagli e ricuciture, dettagli e significati,
evoluzioni e stimoli, provocazioni e agnizioni. L’avventura
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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del verso nella vocazione conoscitiva e dialettica, interpreta
le vibrazioni dei tempi e le sfumature dei caratteri che
rendono i passaggi approfondimenti acuti e avvolgenti.
Domenico Cara è tra gli autori più stilisticamente ricchi, non
solo della sua generazione (nata nella seconda metà degli
anni Venti) ma dello stesso scenario poetico contemporaneo.
Molti gli apprezzamenti della critica che hanno
accompagnato il suo lungo percorso: da Mario Apollonio a
Giuseppe Prezzolini, da Carlo Betocchi a Salvatore
Quasimodo, da Alfonso Gatto a Franco Fortini”.
Domenico Cara – Stringere l’aurora
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INDICE
Esergo ........................................................................................... 3
POESIE
Una recita migliore ....................................................................... 5
Spoglia terrestrità .......................................................................... 6
Gotico bianco ................................................................................ 7
L’Ovunque ................................................................................... 8
Esperienza eretica ......................................................................... 9
Afflato religioso .......................................................................... 10
Eventi di trame .......................................................................... 11
Sopportazione ............................................................................. 12
In bilico sul Nulla ...................................................................... 13
Zeli del malumore ....................................................................... 14
Febbre d’esistenza ....................................................................... 15
In questa valle di neve ................................................................. 16
Donna di mare ........................................................................... 17
Suggello intenzionale ................................................................... 18
Lontane galassie ......................................................................... 19
Il proprio visibile ......................................................................... 20
Bunker ....................................................................................... 21
Afa e silenzio ............................................................................. 22
In fabula celata ........................................................................... 23
Vicenda esistenziale .................................................................... 24
Complicità .................................................................................. 25
Ira d’Africa ................................................................................ 26
Beltà .......................................................................................... 27
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Un senso di perdita ..................................................................... 28
Riti del gatto ............................................................................... 29
Contrappunto ............................................................................. 30
Disappunto ................................................................................ 31
Nube dolente .............................................................................. 32
I volti dell’assenza ....................................................................... 33
Quel nume della lingua ............................................................... 34
La linea della casa ...................................................................... 35
Salsedine salubre ......................................................................... 36
Scavi indivisi .............................................................................. 37
NOTE SULL’AUTORE .......................................................... 38
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