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LE OPERAZIONI DI CORPORATE M&A IN ITALIA. IL RUOLO DELLA CRISI
1
Riassunto
Le operazioni di M&A sono state studiate in letteratura da diversi punti di vista:
economico, strategico, finanziario, giuridico. Maggiore attenzione è stata dedicata
all’analisi dei periodi di crescita, in cui molte sono le operazioni realizzate ed elevati i
valori dei deal, con un focus sui Paesi più sviluppati come gli USA.
Questo articolo ha per oggetto l’analisi di 427 operazioni di corporate M&A autorizzate
dall’Antitrust italiana e successivamente realizzate in Italia nel periodo 2007-2010. Il
periodo è stato suddiviso in due sottoperiodi di 2 anni ciascuno per confrontare le
operazioni di M&A realizzate immediatamente prima e immediatamente dopo il
manifestarsi della crisi.
L’analisi evidenzia che, a fronte di un ambiente ostile come quello che caratterizza la
crisi, le imprese che realizzano operazioni di M&A sembrano essere più prudenti.
Questa prudenza si manifesta soprattutto in un maggior divario tra le dimensioni medie
di chi acquista e le dimensioni medie di chi è acquisito, una preferenza per target che
operano nello stesso settore o in settori affini e una focalizzazione nello stesso
mercato di provenienza.
Infine, rilevante risulta essere il ruolo giocato dall’esperienza: in periodo di crisi
acquisisce maggiormente chi, almeno all’interno del proprio gruppo di appartenenza,
ha già realizzato operazioni di M&A.
2
CORPORATE M&AS IN ITALY. THE ROLE OF THE ECONOMIC CRISIS
3
Abstract
M&As have been extensively studied from the economic, strategic, financial, legal
perspective. Most attention has been on growth periods, when many deals take place
and prices are high, focusing mainly on most developed markets as the US one.
This paper is focused on 427 corporate M&As authorized by the Italian Antitrust and
subsequently realized in Italy between 2007 and 2010. This period of time has been
split into two sub-periods of 2 years each: the first before the financial crisis and the
second during the financial crisis.
When the environment is hostile, as it is during a financial crisis, firms that realize
M&As seem to be more cautious. The evidence of caution derives from: the gap
between bidder average size and target average size, that is bigger during the crisis
period; bidders target mainly firms that are in the same business or in related
businesses and firms that operate in their own market. Another evidence is that
experience plays a key role. During the financial crisis, vis-à-vis the pre-crisis period,
there is a higher percentage of bidders that belong to groups with a track-record of
M&As.
4
Introduzione.............................................................................................................................................................. 6
1. Le operazioni di M&A in italia nel periodo 2000-2010: uno sguardo d’insieme...............8
2. La ricerca empirica: oggetto e metodo..............................................................................................10
3. I risultati della ricerca...............................................................................................................................12
4. Il ruolo dell’esperienza.............................................................................................................................17
Conclusioni.............................................................................................................................................................. 20
Bibliografia.............................................................................................................................................................. 23
5
INTRODUZIONE
Le operazioni di fusione e acquisizione (da qui in avanti M&A) sono state molto
studiate, ormai da tempo, nei loro aspetti economici, strategici, finanziari, organizzativi,
giuridici dagli studiosi di tutti i Paesi, che ne hanno di volta in volta evidenziato le
motivazioni, l’impatto sul grado di concentrazione industriale, le problematiche di
governance e management, i risvolti giuridici (soprattutto alla luce delle normative
antitrust).
Tali operazioni presentano un andamento ciclico (si parla proprio di merger waves,
McNamara, Haleblian e Dykes, 2008) e le fasi di crescita sono di norma considerate le
più interessanti in quanto si caratterizzano per elevati volumi di operazioni e per elevati
valori di acquisto. Inoltre, molta attenzione è tradizionalmente data all’analisi di quanto
avviene nei mercati più dinamici e sviluppati, in primo luogo gli USA.
Per quanto riguarda il nostro Paese, facendo riferimento ad una ricerca effettuata sul
periodo 1994-1998, Conca (2000, pag.62) definisce il mercato italiano dell’ M&A come
un mercato “ancora immaturo, assai frammentato, e poco trasparente”, anche se in
evoluzione e sempre più orientato all’internazionalizzazione. Dagli anni ’90 ad oggi
soprattutto il processo di concentrazione di alcuni settori (come quello bancario o
quello delle public utilities) ha contribuito a rendere l’Italia più simile ad altri Paesi
europei, come già emergeva negli studi realizzati a metà anni 2000 sulla struttura
dell’economia italiana rispetto ad altre economie (De Nardis e Traù, 2006).
Se si osserva il numero e il valore delle operazioni realizzate dall’anno 2000 in avanti,
ci si rende conto di come gli ultimi anni di questo decennio abbiano rappresentato non
solo una fase di down turn nel classico ciclo delle operazioni di M&A, ma siano stati
fortemente influenzati anche dalla crisi finanziaria che ha colpito le economie mondiali.
A partire dalla metà del 2008, infatti, la crisi ha messo in discussione le strategie delle
imprese e, in primo luogo, proprio quelle orientate alla crescita e alle acquisizioni,
operando su diversi livelli; incertezza e preoccupazione circa l’andamento futuro della
domanda, da un lato, clienti insolventi e credit crunch, dall’altro, hanno infatti
condizionato le scelte aziendali come mai si era visto in passato.
6
2465 3398 2222 1377 1229 1640 2327 3055 3834 2663 1729 1847 2345
0
5000
10000
15000
20000
25000
30000
35000
1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011
Anno
Num
eros
ità
0
0,02
0,04
0,06
0,08
0,1
0,12
0,14
Valo
re m
edi
o de
i de
al
Controvalore (€ mld)
Valore medio
Numerosità
E’ quindi interessante chiedersi quali siano stati gli effetti della crisi sulle operazioni di
M&A. Nei periodi di crisi, infatti, se da un lato ha senso aspettarsi una caduta nel
numero e soprattutto nel valore delle operazioni di concentrazione, dall’altro ci si
aspetta anche un aumento del numero di iniziative realizzate per cogliere opportunità,
quali, ad esempio, l’acquisizione, a condizioni convenienti, di imprese in situazione di
difficoltà (Capaldo, Cogman e Suonio, 2009; Melwani e Rehm, 2010).
Analizzando il fenomeno a livello mondiale (Figura 1) e a livello europeo (Figura 2)
non possiamo che osservare come tra il 2007 e il 2008 si sia verificata una riduzione
nel numero di operazioni e, soprattutto, una caduta nel valore medio delle operazioni
realizzate.
Figura 1 – Numerosità, Controvalore e Valore medio dell’ M&A a livello mondiale (1) ed
europeo (2) nel periodo 1999 – 2011
Fonte: nostra elaborazione su dati KPMG (2011)
7
815 1292579 506 500 533 940 1101 1339 1112 513 491 734
0
2000
4000
6000
8000
10000
12000
14000
1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011
Anno
Num
eros
ità
0
0,02
0,04
0,06
0,08
0,1
0,12
0,14
Valo
re m
edi
o de
i de
al
Controvalore (€ mld)
Valore medio
Numerosità
Figura 2 – Numerosità, Controvalore e Valore medio dell’ M&A a livello europeo nel
periodo 1999 – 2011
Fonte: nostra elaborazione su dati KPMG (2011)
Nel paragrafo che segue sono illustrati alcuni dati relativi alle operazioni di M&A in
Italia. Questi dati introducono un approfondimento, realizzato tramite una ricerca
empirica, sulle operazioni di corporate M&A, cioè operazioni che vedono imprese
industriali, commerciali e di servizi – ma non investitori istituzionali – in posizione di
acquirenti (o bidder). La ricerca empirica è stata realizzata con l’obiettivo di analizzare
gli effetti della crisi su operazioni che sono volte a realizzare strategie di attacco,
difesa, diversificazione. Il focus è su un periodo di particolare interesse come il
quadriennio 2007-2010, che, come viene richiamato anche più avanti nell’articolo, può
essere diviso in due periodi di uguale durata (24 mesi): il primo è un periodo di pre-crisi
in quanto, nonostante nel 2008 la crisi si fosse già manifestata, possiamo ritenere che
abbiano avuto luogo in quell’anno operazioni decise prima della crisi stessa, mentre il
secondo è un periodo di grande crisi.
8
1.LE OPERAZIONI DI M&A IN ITALIA NEL PERIODO 1999-
2011
Se consideriamo gli anni compresi tra il 1999 e il 2011, possiamo osservare come
dopo il down turn del 2003-2004 le operazioni di M&A in Italia abbiano ripreso a
crescere, raggiungendo il picco di 816 nell’anno 2008, per poi attestarsi su di un
numero comunque inferiore a quelli registrati nei precedenti anni dello stesso
decennio. Analogo andamento non si rileva, invece, per quanto riguarda i prezzi delle
stesse operazioni. La Figura 3, nella quale possiamo osservare il numero delle
operazioni realizzate in Italia, il trend dei prezzi e dei valori medi delle operazioni
evidenzia, dopo il 2007, una drastica caduta nei prezzi medi delle operazioni di M&A
realizzate in Italia. E’ anche questo un segno del ruolo giocato dalla crisi.
Figura 3 – Numerosità, Controvalore e Valore medio dell’M&A italiano dal 1999 al
2011
Fonte: nostra elaborazione su dati KPMG (2011)
In questo lavoro, tra tutte le operazioni di M&A realizzate in Italia, si è scelto di
analizzare quelle di tipo corporate (realizzate, cioè, da imprese e non da operatori
135 11857 48 96
29120 100 148
56 34 20 280
100200300400500600700800900
Anno
Num
eros
ità
0
0,05
0,1
0,15
0,2
0,25
0,3
0,35
Valo
re m
edio
dei
dea
l
Controvalore (€ mld)Valore medio
Numerosità
9
istituzionali) nell’ambito di quelle sottoposte al vaglio (e successivamente autorizzate)
dell’Autorità Garante per la Concorrenza e per il Mercato (da qui in avanti Antitrust).
Nel periodo 2000-2010 l’Antitrust è stata chiamata a pronunciarsi su molte più
operazioni rispetto al decennio precedente, come evidenziato nella Figura 4, da cui si
evince che il numero massimo di operazioni autorizzate – pari a 843 – si è realizzato
nell’anno 2007.
Figura 4 – Operazioni autorizzate dall'Antitrust Italiano dal 1991 al 2010
Fonte: nostra elaborazione su dati AGCM
In questo insieme sono incluse operazioni non del tutto omogenee non solo per la
tipologia degli attori coinvolti (sia aziende italiane che estere), ma anche per la natura
giuridica e le finalità perseguite. Ne fanno parte operazioni orientate all’acquisizione di
un pacchetto di controllo così come costituzioni di newco che comprendono rami di
aziende già operative, acquisizioni di rami d’azienda e joint venture.
Di particolare interesse è quanto emerge dalla Figura 5, nella quale sono indicate
separatamente, tra quelle autorizzate dall’Antitrust in Italia nel quadriennio 2007-2010,
le operazioni realizzate da imprese (definite come operazioni corporate) e quelle
realizzate da investitori istituzionali.
10
225241
161144
99118 105 105
126 123
5639
0
50
100
150
200
250
300
2007 2008 2009 2010
Totale operazioni
Operazioni di corporateM&AOperazioni da investitoriistituzionali
Figura 5 – Operazioni corporate e operazioni realizzate da investitori istituzionali,
autorizzate dall’Antitrust nel quadriennio 2007-2010
Fonte: nostra elaborazione su dati AGCM
Dall’analisi dei dati realizzata distinguendo le operazioni di corporate M&A da quelle
realizzate da investitori istituzionali emerge come l’effetto della crisi sia stato molto
forte soprattutto a livello di investitori istituzionali. Infatti, il numero totale delle
operazioni cresce tra il 2007 e il 2008, per poi ridursi in misura significativa nel 2009 e
nel 2010. Ma, mentre all’interno di queste operazioni quelle definibili come corporate
M&A tendono a rimanere quasi stabili nel quadriennio (si passa da 99 a 118 a 105),
quelle realizzate da operatori istituzionali si riducono del 2% tra il 2007 e il 2008, per
poi crollare a 56 nel 2009 e a 39 nel 2010. Si evidenzia, quindi, come il mondo della
finanza abbia dovuto ridimensionare le proprie attività in misura drastica, in linea con
quanto rilevato da McKKinsey (Capaldo, Cogman e Suonio, 2009)1, mentre le imprese
1 Secondo gli Autori nell’anno 2008 il coinvolgimento del private equity nelle operazioni di M&A si è drasticamente ridotto rispetto al passato, costringendo spesso gli operatori istituzionali ad accontentarsi di quote di minoranza, laddove in passato l’orientamento era all’acquisizione del controllo delle imprese target.
11
industriali, commerciali e di servizi hanno continuato nel loro processo di
concentrazione, apparentemente senza subire in misura rilevante gli effetti della crisi.
Nel paragrafo che segue è presentata l’analisi empirica realizzata focalizzandosi sul
quadriennio 2007-2010 per capire come le operazioni di corporate M&A realizzate in
Italia si siano caratterizzate nel periodo immediatamente precedente lo scoppio della
crisi e come poi questa si sia ripercossa sulle scelte delle imprese nel periodo
successivo.
2. LA RICERCA EMPIRICA: OGGETTO E METODO
L’indagine empirica qui presentata è stata realizzata costruendo un data-base a partire
dalle operazioni sottoposte al vaglio dell’Autorità Garante per la Concorrenza e per il
Mercato2. La scelta è stata di focalizzarsi su:
le operazioni di corporate M&A realizzate in Italia nel periodo 2007-2010 da
imprese industriali, da holding di gruppi industriali, da imprese di servizi e
commerciali;
nelle quali almeno una delle imprese coinvolte (la bidder o la target) è
un’impresa italiana;
e in cui la bidder acquisisce da sola il controllo della target.
Sono quindi state escluse dall’analisi le operazioni realizzate da investitori istituzionali,
imprese finanziarie ed assicurative; quelle realizzate da imprese straniere su imprese
straniere (estero su estero); le operazioni nelle quali si è realizzata l’acquisizione di
una partecipazione, ma non il controllo della target, e, naturalmente, le operazioni
irrilevanti per impatto sulla concentrazione di un mercato (per le quali non è richiesta
l’autorizzazione dell’Antitrust).
Quello ottenuto selezionando le operazioni in base ai criteri citati è un campione di 427
operazioni così suddivise:
99 nell’anno 2007;
2 Secondo l’articolo 16, comma 1 della legge 10 ottobre, n. 287, è previsto che le operazioni di concentrazione, in caso di superamento delle soglie di fatturato definite (quattrocentosettantadue milioni di euro dal maggio 2010), debbano essere preventivamente comunicate all’Autorità al fine di ottenere un’autorizzazione a procedere.
12
118 nel 2008;
105 nel 2009;
105 nel 2010.
Il periodo di osservazione 2007-2010, a fini della nostra analisi, è stato diviso in due
parti uguali, facendo riferimento alla manifestazione della crisi finanziaria sull’economia
reale. La prima parte è relativa agli anni 2007 e 2008, la seconda agli anni 2009 e
2010. Possiamo assumere che siano state autorizzate nell’anno 2008 quelle operazioni
che erano state sottoposte al vaglio dell’Antitrust sulla base di una strategia formulata
in periodo pre-crisi e che dal 2009 siano state autorizzate operazioni di M&A decise
quando già si era consapevoli della presenza della crisi.
3. I RISULTATI DELLA RICERCA
L’analisi dei dati rilevati ha consentito di fare un quadro dettagliato delle operazioni di
corporate M&A realizzate in Italia nei due periodi considerati, dando la possibilità di
effettuare dei confronti.
I principali risultati dell’analisi sono di seguito illustrati guardando ad alcune tradizionali
variabili: dimensioni, nazionalità, settori di appartenenza, orientamento alla
diversificazione, disponibilità di risorse finanziarie.
Dimensioni
Dato l’universo di partenza (operazioni per le quali si chiede l’autorizzazione
dell’Antitrust), se guardiamo al fatturato (Figura 6) delle bidder, è abbastanza ovvio che
quasi tutte le operazioni siano state realizzate da imprese di grandi dimensioni.
L’importante ruolo delle dimensioni è confermato sia nel periodo pre-crisi che in quello
di crisi. Suddividendo il campione delle bidder in 4 fasce di fatturato (sotto i 250 milioni,
tra i 250 e i 500 milioni, tra i 500 milioni e il miliardo e sopra il miliardo di Euro), le
imprese con il maggiore giro d’affari risultano in entrambi periodi essere la
maggioranza, con un peso superiore al 60% (Figura 6). E’ anche interessante notare,
tuttavia, come nel periodo di crisi siano aumentate (quasi raddoppiate), in percentuale,
le operazioni realizzate dalle bidder di minori dimensioni.
13
17,33%
5,39%13,11%
64,17%
15,21%
7,83%11,98%
64,98%
19,14%
2,87%14,35%
63,64%
0%10%20%30%40%50%60%70%80%90%
100%
Tot. Periodo PRE CRISI CRISI
>1 Miliardo500 MIL - 1 MLD250MIL - 500 MIL<250 MIL
Figura 6 – Bidder suddivise per fasce di fatturato (in Euro)
Fonte: nostra elaborazione
Se ci focalizziamo sulle target, considerando il fatturato emerge come siano state
acquisite in grandissima maggioranza imprese di piccole dimensioni. Introducendo la
classificazione delle target per numero di dipendenti, invece, il quadro appare più
preciso (Figura 8) e composito, facendo emergere come nell’ambito delle aziende
acquisite siano rappresentate realtà diverse per dimensione.
14
89,85%
7,83%1,38%
0,94%
92,17%
4,15%2,30%
1,38%
95,69%
3,83%
0,00%0,48%
0%
20%
40%
60%
80%
100%
Tot. Periodo PRE CRISI CRISI
>1 Miliardo500 MIL - 1 MLD250MIL - 500 MIL<250 MIL
Figura 7 – Imprese target suddivise per fatturato
Fonte: nostra elaborazione
Figura 8 – Imprese target suddivise per numero di dipendenti
Fonte: nostra elaborazione
15
Le diverse indicazioni che derivano dalla considerazione di fatturato, da un lato, e
numero di dipendenti, dall’altro, vanno lette anche alla luce dei settori di appartenenza.
E’ infatti probabile che, a parità di fatturato, imprese di servizi si caratterizzino per un
più elevato numero di dipendenti rispetto ad imprese che appartengono al settore
manifatturiero.
Settori di appartenenza
Dal punto di vista delle imprese bidder, i settori più rilevanti nel periodo pre-crisi
risultano essere, senza ombra di dubbio, il settore energia/estrazioni, il settore
manifatturiero e, infine, quello dei servizi e del commercio all’ingrosso. Nel periodo di
crisi, però, l’ordine di importanza si modifica in misura significativa: pur restando al
primo posto le bidder del settore energia, si rileva una contrazione del settore
manifatturiero, mentre aumenta in misura significativa il settore del commercio e
rimane sostanzialmente stabile quello dei servizi
Più omogenea è invece la distribuzione dei settori cui appartengono le imprese target,
rispetto alle quali è dominante il settore dei servizi.
Figura 10 – Settori maggiormente coinvolti nelle operazioni di M&A in posizione di
bidder – periodo pre-crisi
Fonte:
nostra elaborazione
16
Figura 11 – Settori maggiormente coinvolti nelle operazioni di M&A in posizione di
bidder – periodo di crisi
Nazionalità delle imprese
Per quanto riguarda la nazionalità, osserviamo come nel periodo 2007-10 quasi il 65%
delle operazioni sia stato realizzato tra imprese italiane (Italia su Italia, I/I). Nell’ambito
delle 151 operazioni realizzate nel quadriennio tra un’impresa italiana ed una straniera,
solo 27 vedono un’impresa italiana in posizione di bidder (Italia su Estero, I/E). Il nostro
campione rileva ancora una volta come l’Italia, pur essendo in calo il peso delle
operazioni Estero su Italia (da 78 a 49 nei due bienni), sia Paese target per le imprese
straniere. In linea con questa considerazione, si sottolinea come, all’interno delle
operazioni Italia su Estero, alcune siano state effettuate da imprese solo per metà
italiane, evidenziando così una sostanziale incapacità o impossibilità delle nostre
imprese di crescere a livello internazionale con operazioni di M&A.
Come evidenzia la Figura 9, le operazioni domestiche (Italia su Italia) sono però
aumentate nel periodo di crisi (da 58% a quasi 70% del campione), in controtendenza
17
con il trend alla maggior internazionalizzazione che era stato evidenziato in altri
precedenti studi (Conca, 2000).
Figura 9 – Acquisizioni cross-border e domestiche nei due periodi
Fonte: nostra elaborazione
Orientamento alla diversificazione
Nella ricerca si è anche cercato di capire se le operazioni di M&A realizzate siano state
orientate alla diversificazione o realizzate in settori vicini a quelli core delle bidder.
Osservando i dati accorpati relativi ai quattro anni, emerge che circa un quarto delle
operazioni di M&A sono avvenute tra imprese dello stesso settore, un altro quarto in
settori correlati e il rimanente 50% in settori del tutto diversi da quello della bidder3.
3 Avendo fatto riferimento al codice NAICS a 4 cifre associato a ciascuna impresa, che è un codice a 4 cifre, la bidder e la target sono state definite come:
appartenenti allo stesso settore quando hanno uguali tutte le 4 cifre del codice;
appartenenti a settori correlati se hanno uguale almeno la prima delle 4 cifre del codice NAICS;
appartenenti a settori diversi quando hanno la prima cifra del codice NAICS diversa.
35,94%
5,99%
58,06%
23,56%6,73%
69,71%
29,04%
6,32%
64,64%
0%
20%
40%
60%
80%
100%
Pre-crisi Crisi TOTALE
I/II/E
E/I
18
Figura 12 – Settori di appartenenza delle imprese bidder e target
La sostanziale costanza nella ripartizione tra operazioni di M&A orientate alla
diversificazione e operazioni realizzate nello stesso settore o in settori correlati ci
induce a dire che non c’è stato un ruolo critico della crisi nel determinare le strategie di
portafoglio delle imprese che fanno parte del nostro data-set. Tuttavia, possiamo
osservare come nel periodo di crisi vi sia stata una (anche se modesta) riduzione delle
operazioni di M&A realizzate per la diversificazione e di quelle realizzate in settori
correlati, entrambe a beneficio delle operazioni realizzate acquisendo una target che
opera nello stesso settore della bidder. Questo dato può indicare una maggior
prudenza, in periodo di crisi, rispetto al periodo precedente.
Risorse finanziarie
Poiché la disponibilità di risorse finanziarie rappresenta un fattore chiave nelle strategie
delle imprese che intendono effettuare operazioni di M&A e poiché la crisi ha colpito le
imprese stesse proprio nella loro dimensione finanziaria, per il campione esaminato si
sono analizzati alcuni indici che misurano il grado di indebitamento e la liquidità. Ciò è
19
4,7
11,6
3,1
3,2
0,000
2,000
4,000
6,000
8,000
10,000
12,000
14,000
MT/MP BIDDER CASH FLOW/TURNOVER %
PRE-CRISI CRISI
il linea con quanto emerge in alcuni studi effettuati su questo tema, nei quali è stata
considerata come variabile critica l’abbondanza di risorse finanziarie (McNamara,
Haleblian e Dykes, 2008; Wan e Yiu, 2009).
La Figura 13 mostra due degli indicatori che si possono utilizzare per misurare la
disponibilità di risorse finanziarie da utilizzare per effettuare operazioni di M&A: il
rapporto medio tra mezzi di terzi e mezzi propri e l’incidenza percentuale del cash flow
sul fatturato. Come emerge dalla figura, il rapporto di indebitamento delle società
capogruppo bidder si aggira intorno a 3 e aumenta di poco tra il periodo che precede la
crisi e quello di crisi. Il rapporto cash-flow/fatturato scende invece drasticamente dal
12% circa al 5%, evidenziando come nel periodo di crisi si facciano operazioni
straordinarie anche in presenza di una liquidità ridotta, presumibilmente in presenza di
minori esborsi.
Figura 13 – Rapporto tra mezzi di terzi e mezzi propri medi e cash flow su turnover
medio nei due periodi
Fonte: nostra elaborazione
4. IL RUOLO DELL’ESPERIENZA
L’analisi sin qui realizzata tende a farci affermare che in tempi di crisi, più ancora di
quanto non avvenga in periodi di migliori condizioni economiche, ci troviamo in
20
presenza di una situazione del tipo “chi-vince-piglia-tutto” (Barabasi, 2002), in cui i
grandi gruppi sfruttano l’opportunità data dalla presenza sul mercato di imprese in crisi,
che possono essere acquisite a prezzi molto convenienti.
I dati raccolti ed elaborati ci hanno però offerto l’opportunità di fare una ulteriore
riflessione. Ci siamo chiesti, cioè, se altri fattori, oltre alle dimensioni, possano spiegare
il comportamento delle imprese nei confronti delle operazioni di corporate M&A in
periodo di crisi. Dalla letteratura sul tema sappiamo infatti che, oltre all’abbondanza di
risorse finanziarie, una più forte preferenza per questo tipo di operazioni può essere
data dall’esperienza (Haleblian e al., 2006).
Ci siamo quindi chiesti se, in periodo di crisi (cioè un periodo in cui i rischi per le
imprese sono più elevati) siano maggiormente propense alla realizzazione di
operazione di corporate M&A le imprese che hanno maggiore esperienza di queste
operazioni.
L’esperienza è una classica risorsa di valore. Infatti, come sottolineato nell’ambito dei
concetti sviluppati dalla resource-based view, non è acquisibile dall’esterno, è
difficilmente replicabile in quanto caratterizzata da path dependency e da causal
ambiguity, ragion per cui per chi volesse replicarla non è facile individuarne le
determinanti e le relazioni di causa-effetto (Dierickx e Cool, 1989). Quanto basta,
insomma, per rendere estremamente rischiosa, in un periodo di crisi, la realizzazione di
un’operazione di corporate M&A da parte di chi non ne ha mai fatto prima.
Per verificare quale sia stato il ruolo dell’esperienza nel campione analizzato, abbiamo
confrontato quante erano, nell’ambito delle imprese bidder, quelle che avevano già
fatto esperienze di acquisizione in Italia nei tre anni precedenti. L’esperienza può
rappresentare una proxy della conoscenza non solo del tipo di operazione da
realizzare, ma anche del mercato in cui l’operazione è realizzata. Essa può
rappresentare un fattore importante nel ridurre il rischio associato ad operazioni di
M&A e nel condurre a superiori risultati: chi ha già esperienza di queste operazioni,
infatti, di norma ha sviluppato specifiche capacità (Haspeslagh e Jemison, 1991) e
routine che consentono di meglio gestire le fasi del processo pre e post-acquisizione.
Nel nostro lavoro abbiamo considerato innanzitutto l’esperienza in tema di M&A da
parte delle singole aziende bidder, considerando i tre anni precedenti all’operazione
21
comunicata all’Antitrust. L’esperienza, quindi, è stata in primo luogo misurata con il
numero di operazioni effettuate dalla stessa azienda in quei tre anni precedenti4.
Abbiamo poi considerato i gruppi a cui appartengono queste aziende, andando a
calcolare anche l’esperienza da essi realizzata con operazioni di M&A in Italia nei tre
anni precedenti. Si è contato, cioè, quante acquisizioni sono state fatte, in quel lasso di
tempo, da tutte le imprese che appartengono ad uno stesso gruppo. Ciò nell’ipotesi
che vi siano capacità, competenze e routine che si sviluppano non tanto a livello di
singola azienda bidder quanto a livello di gruppo e che possono essere utilizzate per la
realizzazione di operazioni straordinarie come quelle di M&A. La rilevanza del gruppo
come unità di riferimento rispetto alla singola impresa che vi appartiene era stata
sottolineata, per le operazioni di diversificazione e di integrazione verticale, anche da
Cainelli e Iacobucci (2007)
Il risultato ottenuto è molto interessante per due motivi (Figura 14).
Il primo è che la percentuale di imprese bidder con esperienza non si differenzia in
misura sostanziale nei due periodi di tempo considerati (31% circa nel periodo pre-crisi
vs 33,5% in periodo di crisi). Chi acquisisce in periodo di crisi, dunque, sembrerebbe
farlo senza essere molto condizionato dall’esperienza sviluppata con precedenti
operazioni di M&A. Ciò contraddice l’ipotesi che in periodo di crisi le imprese senza
esperienza si comportino in maniera più prudente rispetto a quelle che invece hanno
fatto esperienza di acquisizioni nei tre anni precedenti.
Il secondo, interessante risultato è che varia, però, e in misura significativa, il dato se si
considerano le esperienze di acquisizione realizzate nei tre anni precedenti non dalla
singola impresa acquirente, ma dal suo gruppo di appartenenza. Si passa infatti da un
53,5% di gruppi che avevano effettuato acquisizioni nei tre anni precedenti al periodo
pre-crisi ad una percentuale pari quasi al 60% del totale nel periodo di crisi.
Figura 14 – Esperienza a livello aziendale e a livello di gruppo nei due periodi
4 L’esperienza è misurata come numero di acquisizioni realizzate in un periodo di tempo nel lavoro di Haleblian, Kim e Rajagopalan, 2006. Laamanen e Keil (2008), in uno studio sui serial acquirer, stabiliscono in tre anni il lasso di tempo rilevante per la misurazione dell’esperienza. Sono quindi state raccolte, da diverse fonti secondarie, informazioni sulle operazioni di M&A realizzate dalle imprese bidder nei tre anni precedenti a quello delle operazioni rilevate nel nostro dataset.
22
Fonte: nostra elaborazione
Questo risultato potrebbe essere spiegato proprio con la maggior cautela, da parte
delle imprese, nella realizzazione della propria strategia: quelle con maggiore
esperienza si avventurano in un’operazione di M&A in periodo di crisi perché pensano
di saperla gestire meglio. Ciò accade quando il proprio gruppo ha già avuto la
possibilità di impegnarsi almeno una volta nelle attività che vanno dalla valutazione
della target alla negoziazione alla gestione dell’integrazione organizzativa, avendo tra
l’altro già conoscenza del mercato italiano.
Una conferma viene anche dal confronto tra il numero medio di operazioni effettuate
dalle imprese bidder e dai loro gruppi di appartenenza nei due periodi confrontati
(Figura 15).
23
0,9
2,3
1,2
3,3
-
0,500
1,000
1,500
2,000
2,500
3,000
3,500
ESPAZ ESPGRUPPO
Pre-crisi Crisi
Figura 15 – Numero medio di acquisizioni effettuate a livello di impresa e a livello di
gruppo nei due periodi
La media delle acquisizioni effettuate nei 3 anni precedenti si alza significativamente
passando dal periodo pre-crisi a quello di crisi, a condizione che la osserviamo a livello
di gruppo. Infatti, se consideriamo il periodo pre-crisi, osserviamo come le aziende
bidder avessero già realizzato, in media, 0.9 operazioni di M&A nei tre anni precedenti,
mentre, sempre a livello di azienda, questa media passa a 1.2 operazioni in periodo di
crisi. A livello di gruppo, invece, si passa da una media di 2.3 a una media di 3.3
operazioni in periodo di crisi. Considerando anche la maggiore numerosità del
campione, una differenza di 1 nella media può considerarsi significativa.
CONCLUSIONI
Questo lavoro colma un gap di conoscenza sulle operazioni di M&A avvenute in Italia
in un periodo particolarmente critico come quello 2007-2010.
Le analisi condotte a livello aggregato, considerando sia le operazioni di tipo corporate
sia quelle realizzate da investitori istituzionali, non consentono di studiare
24
approfonditamente i comportamenti delle imprese industriali, commerciali e di servizi.
In questo studio, invece, la ricerca empirica condotta su di un campione di 427
operazioni corporate, selezionate in modo da caratterizzarsi per elevata omogeneità,
consente di far luce sulle caratteristiche delle target e delle bidder, col risultato di
individuare alcune tendenze e comportamenti degni di attenzione. Le indicazioni che
ne derivano possono dare un contributo agli studi in tema di M&A, ai manager che
sono coinvolti in decisioni che hanno per oggetto fusioni e acquisizioni, ai policy maker.
Sintetizzando quanto emerge dall’analisi, possiamo sottolineare come le condizioni di
contesto giochino un ruolo molto importante nelle operazioni di corporate M&A,
spingendo le imprese a trovare un buon equilibrio tra orientamento al rischio e
prudenza. La crisi, senza dubbio, rende l’ambiente più ostile e quindi le operazioni di
M&A in periodo di crisi si caratterizzano per un livello di rischio più elevato rispetto a
quelle realizzate in condizioni di stabilità o, più ancora, di crescita economica. A questo
maggior rischio, dall’analisi condotta sembra far da contraltare un maggior grado di
prudenza da parte di chi si impegna, come bidder, in operazioni di M&A.
Questa prudenza emerge soprattutto dall’analisi dei seguenti due fattori:
C’è un maggior divario tra le dimensioni medie di chi acquista e le dimensioni
medie di chi è acquisito. In periodo di crisi, quindi, realizzano M&A imprese più
grandi che acquisiscono imprese più piccole. Ciò è confermato anche
dall’inferiore valor medio dei deal, che risente dunque sia delle minori
dimensioni delle target, sia dell’effetto della crisi. Il risultato è un’attenuazione
del rischio associato alle operazioni realizzate, sia sotto il profilo economico-
finanziario, sia sotto il profilo organizzativo (si tratta di operazioni meno
complesse rispetto a quelle in cui bidder e target hanno dimensioni simili).
Si realizzano operazioni di M&A soprattutto se si sono già avute esperienze di
fusione e acquisizione, anche se non necessariamente nell’ambito della stessa
bidder. Ciò che è importante è che l’esperienza sia stata sviluppata nell’ambito
del gruppo di appartenenza, sottolineando così la criticità del ruolo del gruppo
rispetto alla singola azienda che vi appartiene.
Ne risulta che le imprese che hanno una chiara strategia di crescita esterna e sono
abituate a realizzare operazioni di M&A non trovano un ostacolo nelle condizioni
ambientali che sono proprie dei periodi di crisi, ma anzi possono far leva sui propri
punti di forza per realizzare acquisizioni a condizioni particolarmente vantaggiose.
25
Come sempre avviene, quindi, quelle che ai più paiono pericolose minacce possono in
realtà rappresentare interessanti opportunità per chi è pronto a coglierle. Il messaggio
che le imprese possono cogliere è che l’investimento fatto sviluppando specifiche
competenze, capacità, esperienze può dare i suoi frutti migliori forse proprio nei periodi
più difficili.
I risultati di questa ricerca offrono spunti di riflessione anche per i policy maker. E’
anzitutto opportuno riflettere sulla nazionalità delle imprese coinvolte nelle operazioni di
M&A analizzate. Il fatto che siano aumentate le operazioni Italia su Italia può essere
interpretato, da un lato, come sintomo del rafforzamento di alcuni player nazionali. Ciò,
alla luce della debolezza delle imprese italiane sotto il profilo dimensionale rispetto ai
concorrenti di altra nazionalità (in primis europei), potrebbe essere considerato un
buon risultato, laddove non conduca a situazioni di troppo elevata concentrazione. Può
essere invece considerata come preoccupante l’evidenza che nelle operazioni cross-
border le imprese italiane siano presenti soprattutto in posizione di target. Questo fatto,
confermato anche da successive operazioni avvenute in settori storicamente rilevanti
per l’Italia come quello alimentare, ci dice ancora una volta come nel processo di
globalizzazione delle economie l’Italia, a causa delle piccole dimensioni e più in
generale della debolezza strutturale delle sue imprese, rischi di continuare a giocare un
ruolo solo passivo.
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