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DOPO STEVE JOBS

Dopo Steve JobS - api2.edizpiemme.itapi2.edizpiemme.it/uploads/2015/02/9788856627961-dopo-steve-jobs.pdf · di Steve Jobs, avevo in mente di ... una rete televisiva intraprendente

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Dopo Steve JobS

yukari iwatani kane

Dopo Steve JobS Come (non) sopravvivere a un genio

Traduzione di Sara Puggioni

titolo originale: Haunted Empire © 2014 by yukari iwatani kane

redazione: Edistudio, Milano

iSbn 978-88-566-2796-1

i edizione 2015

© 2015 – eDiZioni pieMMe Spa, Milano www.edizpiemme.it

anno 2015-2016-2017 - edizione 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Stampato presso eLCoGraF S.p.a. - Stabilimento di Cles (tn)

Per Patrick

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Nota dell’autrice

Questa è un’opera di saggistica basata su cinque anni di reportage, inclusi i tre che ho passato a coprire apple per conto del «wall Street Journal». tutti i nomi e i dettagli riportati sono reali.

Quando intrapresi questo progetto, prima della morte di Steve Jobs, avevo in mente di riferire come l’ammini-stratore delegato e la sua squadra avessero salvato apple dall’orlo della bancarotta trasformandola in un impero di sbalorditivo successo. Dopo circa un anno, però, mi resi conto che davanti ai miei occhi si dipanava una storia più avvincente: quella riguardante il passaggio di consegne della leadership dell’azienda. in precedenza mi ero occupata di Sony e avevo assistito al declino seguito alla scomparsa del suo fondatore, perciò ero particolarmente interessata a capire come apple avrebbe gestito quei primi anni cru-ciali in uno scenario economico sempre più complesso. e così ricominciai daccapo con una sola domanda: può una grande azienda rimanere grande senza il suo leader visio-nario? pensavo che se c’era società che poteva riuscirci, quella era apple.

benché durante gli anni di lavoro per il quotidiano avessi partecipato agli eventi mediatici dell’azienda e parlato con alcuni dei suoi dirigenti, apple scelse di non offrirmi alcun ulteriore accesso tranne un’assemblea di azionisti. Ciono-

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nostante, sono stata in grado di avvalermi di oltre duecento interviste con quasi altrettante fonti in possesso di infor-mazioni di prima mano sul mondo apple negli Stati uniti, in europa e in asia. tra queste fonti ci sono dirigenti e im-piegati di apple – passati e presenti – come anche partner commerciali, avvocati, amici e conoscenti che hanno avuto stretti contatti con i vertici dell’azienda in diversi momenti della sua storia. Ho poi intervistato dipendenti, dirigenti, consulenti e partner commerciali che in passato hanno la-vorato per Foxconn e Samsung. per via della natura riser-vata di tutti e tre questi giganti societari, la maggior parte delle fonti ha chiesto di non essere nominata per timore di ripercussioni; un paio di loro aveva paura di ritorsioni da parte del governo cinese.

nel seguire questa storia ho girato il mondo, iniziando dalla sede dell’azienda a Cupertino, California, per poi toccare Chicago, boston, Londra, Francoforte, pechino, Hong kong, Seul e tokyo. Sono stata nella città natale di tim Cook, a robertsdale, alabama, e ho parlato con i suoi insegnanti, ho visitato la scuola superiore che ha fre-quentato e ho mangiato patatine fritte al ristorante Mama Lou. Ho assistito al processo apple vs Samsung a San Jose, ho visitato un mercato nero a Shenzhen e ho guardato la marea di operai che entravano dai cancelli del gigantesco complesso Foxconn di Longhua. a taipei sono andata alla sede di Hon Hai nel distretto industriale di tucheng dove guardie dall’aspetto severo mi hanno proibito di scattare fotografie dell’edificio dal loro lato della strada. Ho anche esaminato documentazione pubblica relativa alle transa-zioni commerciali di apple e ho analizzato migliaia di pa-gine di trascrizioni processuali, memorandum interni, e-mail aziendali e altri documenti, tutto materiale che mi ha aiutata a mettere insieme i pezzi della storia.

anche se ho assistito in prima persona ad alcuni episodi

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e dialoghi riportati nel libro o ne ho visti i video, altre se-zioni sono ricostruite a partire da interviste, trascrizioni e ricerche. alcuni dettagli si basano necessariamente sui re-soconti delle mie fonti. Consapevole dei capricci della me-moria, ho fatto tutto il possibile per verificarne l’esattezza. Quando cito qualcuno per nome, i lettori non devono dare per scontato che quella persona mi abbia concesso un’in-tervista. Molte delle dichiarazioni o degli avvenimenti di cui parlo hanno avuto luogo davanti a spettatori o sono diventati di dominio pubblico subito dopo essere circolati all’interno di apple.

in parecchie sezioni ho consultato esperti in vari campi per avere informazioni e contestualizzare argomenti tec-nici quali la normativa sui brevetti, la corporate governance e la progettazione software. Mi sono basata anche su opi-nioni, osservazioni e inchieste di stimati colleghi giornali-sti di tutto il mondo, che mi hanno fornito generosamente materiali a sostegno del mio reportage e sono citati per nome nei ringraziamenti.

per raccontare questa storia globale nel vero senso del termine ho fatto ampio riferimento ad articoli di giornale e libri scritti non solo in inglese ma anche in cinese, core-ano e giapponese. Dato che sono cresciuta in Giappone, non ho avuto alcun problema a leggere gli articoli in quella lingua. Quanto al materiale cinese e coreano, mi sono av-valsa di assistenti che padroneggiavano perfettamente i ri-spettivi idiomi.

per dettagli relativi ai singoli capitoli si vedano le note.

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Prologo

ero abituato a Governare iL MonDo

Quel mercoledì1 sull’impero scese il silenzio.Da un capo all’altro del paese, da boston a San Franci-

sco, i negozi apple fecero uscire i clienti a metà giornata e sprangarono le porte. a Chicago il personale appese una tenda bianca a schermare la vetrina del punto vendita. a washington dc un addetto alla sicurezza rimase di guardia davanti all’ingresso. a Manhattan le luci e i computer erano ancora accesi ma gli uffici erano spaventosamente deserti.

i dipendenti di tutto il mondo si riunirono attorno ai monitor per l’inizio del servizio che commemorava la morte prematura del loro leader visionario. Steve Jobs lottava con-tro il cancro da anni, sicché la sua morte nell’ottobre del 2011 non fu una sorpresa per nessuno, ma non per questo fu meno devastante. nel negozio di tokyo la gente pian-geva apertamente. era notte fonda, ma loro erano lì per l’occasione. erano presenti quando Steve Jobs era passato di lì solo pochi anni prima, e reputavano inconcepibile non esserci alla sua ultima apparizione.

all’altro capo del pianeta, all’infinite Loop di apple nella California settentrionale, era mattina. Sul posto erano arri-vati in pellegrinaggio fan da ogni dove e avevano lasciato fiori, palloncini e biglietti creando un monumento alla me-moria improvvisato davanti al palazzo che ospitava l’uffi-cio di Jobs. Diretti al cortile per la cerimonia, i dipendenti

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oltrepassarono una striscia colorata fatta di un migliaio di gru di carta appese a un albero, il simbolo giapponese della pace. Le bandiere, americana, californiana e di apple, erano a mezz’asta. Dei cartelli chiedevano ai dipendenti di non postare foto online. in apple la riservatezza era legge, e quel giorno era particolarmente importante. L’azienda vo-leva piangere la perdita del suo amministratore delegato in privato, lontano dagli sguardi del mondo.

una rete televisiva intraprendente mandò un elicottero che rimase sospeso sul campus e riprese la scena con una videocamera. il filmato dal vivo mostrava la folla riunita nell’anfiteatro all’aperto dell’azienda. Si stava avvicinando l’autunno e le foglie sugli alberi cominciavano a diventare rosse. Migliaia di dipendenti si ammassavano nel cortile e altri si allineavano fuori man mano che arrivavano le navette con gli impiegati degli uffici periferici. Laurene, la moglie di Jobs, sedeva discretamente alla sinistra del palco. era vestita di nero, avevo lo sguardo nascosto dietro gli occhiali da sole e un sorriso a malapena accennato.

i dipendenti con gli uffici affacciati sul cortile guarda-vano dai balconi. accanto a loro, sulla facciata dell’edifi-cio, c’erano gigantesche foto in bianco e nero di Jobs. La deificazione dell’imperatore caduto era cominciata. in una delle foto un giovane Steve Jobs sedeva nella posizione del loto, con in grembo il primo Macintosh. in un’altra, risa-lente al 2004, aveva le mani giunte e l’accenno di un sor-riso a suggerire una tranquilla sicurezza, quasi prevedesse la futura ascesa di apple. La terza immagine sarebbe stata scelta per la copertina della sua biografia – un Jobs bar-buto con la mano sul mento –, il ritratto di un uomo con-sapevole di aver cambiato il mondo.

vicino alle gigantografie c’erano pile di brochure bian-che con il titolo Ricordando Steve. all’interno c’era la co-pia di un discorso che Jobs aveva tenuto nel 2005 all’uni-

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versità di Stanford durante la cerimonia di consegna dei diplomi di laurea.

«il vostro tempo è limitato, perciò non sprecatelo vi-vendo la vita di qualcun altro» aveva detto. «non rimanete intrappolati nei dogmi, che vi porteranno a vivere secondo il pensiero di altre persone. non lasciate che il rumore delle opinioni altrui zittisca la vostra voce interiore. e, ancora più importante, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione.»

Quello che questi messaggi ispirati non rendevano era la hýbris di Jobs: arrogante e controllante, un tiranno os-sessivo-compulsivo. adesso che era scomparso, tale com-plessità non faceva che accrescere il mito dell’uomo.

benché i fedelissimi si fossero ritrovati per celebrare la vita straordinaria del loro amministratore delegato, molti dei presenti erano ansiosi di dimostrare che apple ce l’avrebbe fatta senza di lui. era da un po’ che il gruppo dirigente guidava l’azienda, ma i suoi membri erano do-lorosamente consapevoli dell’immensa sfida che avevano davanti. il mondo li avrebbe tenuti d’occhio in cerca del minimo segno di esitazione. L’ex vicepresidente al Gore, membro del consiglio d’amministrazione di apple, disse alla folla di avere fede. Jobs li aveva preparati per quel mo-mento, instillando in loro la passione e l’inventiva per dar vita a prodotti trasformativi. «Continuiamo a pattinare nella direzione in cui andrà il dischetto» disse, riprendendo la battuta di wayne Gretzky che Jobs amava citare.

Gli animi della folla si risollevarono quando sul palco comparve Jonathan ive, il capo dell’industrial design di apple. erano stati lui e Jobs a creare i prodotti apple dal design strepitoso. era il collaboratore più stretto dell’am-ministratore delegato.

«Lui meglio di tutti capiva che sebbene alla fine le idee possano rivelarsi potenti, all’inizio non sono che intuizioni

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fragili, vaghe, sfuggenti ed effimere» disse ive. «La sua, penso, è stata un vittoria della bellezza, della purezza e… del chissenefrega.»

adesso toccava a ive impedire che quegli ideali svanis-sero. La stessa cosa poteva dirsi degli altri luogotenenti di Jobs; tutti loro portavano sulle spalle la responsabilità del successo della apple.

tim Cook, il nuovo amministratore delegato, era noto per essere un uomo imperturbabile. Ma quando arrivò al microfono per parlare della perdita che Jobs rappresentava per la apple, gli si incrinò la voce.

«Le ultime due settimane sono state le più tristi della mia vita» confessò. Jobs era stato definito «un visionario, un ge-nio creativo, un ribelle, un anticonformista, un eccentrico, il più grande amministratore delegato di sempre, il miglior innovatore di tutti i tempi, l’archetipo ideale dell’impren-ditore. aveva la curiosità di un bambino e la mente di un genio. tutte queste cose sono vere e il fatto che fossero in-carnate in uno stesso uomo è sorprendente. Ma per quelli di noi che lo conoscevano e lo amavano, nessuna di queste parole, prese singolarmente o nel loro insieme, è una defi-nizione adeguata di ciò che era Steve Jobs».

Cook sintetizzò in modo eloquente il pensiero di Jobs, citando alcuni dei suoi articoli di fede più celebri.

«il semplice può essere più difficile del complesso. […] bisogna lavorare sodo per rendere chiaro il proprio pen-siero, per renderlo semplice. […] Limitati a immaginare cosa viene dopo.»

Sapere cosa fare dopo era una cosa; farlo un’altra. negli anni precedenti il business di apple era diventato molto più complesso. più grande, più globale e di profilo più alto, adesso l’azienda aveva molto da perdere. apple era impegnata in una feroce battaglia planetaria contro rivali nel mercato degli smartphone e dei tablet, ed era sotto l’oc-

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chio vigile del governo. Cook doveva gestire una catena di distribuzione sempre più ampia in asia e al tempo stesso soddisfare l’insaziabile appetito del pubblico per prodotti «follemente grandiosi». Le sbalorditive prodezze di Jobs avevano spinto le loro aspettative a livelli stratosferici e ogni trionfo rendeva il successivo molto più difficile da raggiungere.

Jobs non si aspettava che Cook facesse quello che aveva fatto lui. non voleva neanche che Cook ponesse quella domanda.

«Limitati a fare quello che è giusto» gli aveva detto.Dopo aver lavorato gomito a gomito con Jobs per quasi

quindici anni, Cook non riusciva a concepire che non ci fosse più. Come avrebbe potuto farsi strada in un’azienda pervasa dalla personalità di Jobs al punto che persino la bottiglia d’acqua che aveva accanto era Glacéau Smartwa-ter, la preferita dell’uomo appena scomparso? apple era Jobs e Jobs era apple. nel corso della storia più di un im-pero era finito nel caos o svanito nell’irrilevanza dopo la morte di un leader amato benché temuto. Come avrebbe potuto Cook evitare ad apple lo stesso destino?

alla fine del suo discorso, Cook fece sentire una registra-zione audio poco nota di Jobs che leggeva le parole della celebre campagna «think different.» di apple. La voce disincarnata si librò sopra la folla reverente.

«Dedicato ai folli. agli anticonformisti. ai ribelli. ai pian-tagrane. a tutti coloro che vedono le cose in modo diverso.»

Le parole furono accolte in silenzio. non c’era da stu-pirsi che Jobs si fosse identificato con quella pubblicità. Lo descriveva perfettamente.

«Costoro non amano le regole, specie i regolamenti, e non hanno alcun rispetto per lo status quo.»

aveva sovvertito non solo le regole ma la verità. aveva creato la sua realtà personale.

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«potete citarli, essere in disaccordo con loro, potete glo-rificarli o denigrarli. Ma l’unica cosa che non potrete mai fare è ignorarli.»

La cerimonia si concluse con un’esibizione dei Coldplay, uno dei gruppi preferiti di Jobs. Le parole di Viva la vida, che parlano di un re abituato a governare il mondo, aleg-giarono sopra il cortile.

Mentre i convenuti si disperdevano, il loro imperatore li osservava, guardandoli dall’alto delle gigantografie. impas-sibile. incombente. in attesa di vedere come i luogotenenti avrebbero guidato nel futuro la sua creazione.

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Uno

iL DeCLino DeL viSionario

Giugno 2008

per un’azienda1 che costituisce l’epicentro del business e della cultura americani, la sede di apple non potrebbe trovarsi in un posto più irrilevante. a un’ora di macchina a sud di San Francisco, il campus sorge nel profondo della Silicon valley, a Cupertino, un tranquillo sobborgo dove le società di tecnologia coesistono con abitazioni residenziali relativamente modeste, ipermercati e catene di ristoranti come tgi Friday’s. Cupertino è un posto qualunque. non ha un centro degno di questo nome né un centro commer-ciale importante. Molti dei dipendenti di apple preferi-scono abitare a San Francisco, perciò l’azienda fornisce ai pendolari lussuosi autobus navetta dotati di internet wire-less e sedili di pelle. ogni mattina infrasettimanale gli au-tobus percorrono l’interstatale 280 ai piedi delle monta-gne di Santa Cruz fino al De anza boulevard. Di tanto in tanto si vedeva Jobs tagliare la strada alle altre auto mentre imboccava il viale del campus a bordo della sua Mercedes decappottabile color argento. La sua macchina era incon-fondibile perché non aveva la targa.

i numerosi uffici di apple sono sparsi per l’area. il team itunes lavora negli edifici su valley Green Drive. il settore marketing e comunicazione occupa un grande ufficio su Mariani avenue. i passanti non si rendono conto che un certo palazzo appartiene ad apple a meno che non gli ca-

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piti di scorgere la discreta insegna con un piccolo logo… ammesso che ci sia.

Solo dopo aver girato in una via laterale a est di De anza, dietro il ristorante-birreria bJ, si vede un gruppo di sei edifici che insieme formano il campus principale di apple, di forma ovale. È l’indirizzo più famoso di Cuper-tino: one infinite Loop2. Gli edifici a quattro piani, con-trassegnati da iL1 a iL6, all’esterno sono molto simili: cubi di cemento con un sacco di finestre che conferiscono loro un’aria pulita e ariosa. Ma gli interni sono progettati da architetti diversi in modo da dare a ciascun edificio la sua personalità. iL2, che ospita il team software dell’iphone, ha un aspetto postmoderno anni novanta tutto spigoli e curve. Lo studio di industrial design, che occupa parte dello stesso edificio, ha interni lussuosi con vetro smeri-gliato e acciaio inox. iL6, residenza del team operativo, è più classico e sobrio. i nomi delle sale riunione in cia-scuno degli edifici riflettono la cultura scherzosa di ap-ple. il team relazioni tra sviluppatori in iL3 ha battezzato le proprie sale con i nomi di predicatori evangelici come tammy Faye e pat robertson. il team del marketing di prodotto chiama le sue Here, “qui”, there, “là”, e north by northwest, “nord-nord-ovest”*. Le sale del team sof-tware per l’iphone sono ironiche: between, sta davvero “tra” due sale chiamate rock e a Hard place**.

Quello che gli edifici hanno in comune è che costrin-gono le persone a interagire. Gli uffici sono fiancheggiati da finestre. i corridoi si aprono su spazi comuni. il piano terra rende impossibile non imbattersi negli altri team. i

* North by Northwest è il titolo originale del film di alfred Hitchcock tradotto in italiano con intrigo internazionale; è anche una citazione dall’amleto di Shakespeare: «io sono pazzo soltanto col nord-nord-ovest; se il vento soffia da sud, so distinguere un airone da un falco». (n.d.t.)

** Between a rock and a hard place è un detto inglese che equivale al nostro “essere tra l’incudine e il martello”. (n.d.t.)

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dipendenti di apple sostengono da tempo che questi in-contri informali sono parte del segreto del suo successo perché favoriscono la collaborazione.

il primo edificio che si vede entrando nel campus è iL1, conosciuto anche come “il palazzo di Steve”. parte del pianterreno è occupata dal negozio dell’azienda, dove i devoti di apple possono comprare t-shirt con la scritta Sono Stato Sulla nave ammiraglia. Se si guarda oltre l’insegna verde lime con il numero “1” e la siepe verde cu-ratissima sul davanti, si vedono degli impiegati bighello-nare in un arioso atrio vetrato. Gli uffici dei dirigenti sono all’ultimo piano, ma l’accesso è limitato. Jobs occupava un ufficio d’angolo affacciato sul cortile. Dentro c’erano una scrivania enorme, un paio di sedie, un divano, un tavolino da caffè e una credenza. ovunque erano sparpagliate pile di libri, carte e oggetti assortiti che la gente gli mandava. era così funzionale e privo di carattere che i dirigenti che vi erano stati facevano fatica a descriverlo.

Jobs non si curava dell’aspetto del suo ufficio. non ci stava quasi mai. incontrava le persone soprattutto nella sala per le assemblee vicino all’ingresso al piano terra oppure nella sala conferenze accanto al suo ufficio. altrimenti in genere se ne andava in giro, trattenendosi con ive o recan-dosi nello studio di industrial design, dove c’erano sempre progetti e prototipi interessanti a cui dare un’occhiata. Jobs adorava lo studio. era uno dei motivi per cui qualche anno prima l’aveva fatto trasferire in iL2, vicinissimo a lui; in pre-cedenza si trovava sul lato opposto di De anza boulevard.

una mattina di quell’estate3 Jobs era seduto in prima fila nella town Hall – l’auditorium di apple – intento a fare la cosa che gli riusciva meglio: terrorizzare gli altri spin-gendoli a superare se stessi. Di lì a poco si sarebbe tenuta la worldwide Developers Conference, il meeting annuale degli sviluppatori apple, e lui era lì per assistere alle prove.

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ogni wwdc era importante ma quella del 2008 lo era in maniera particolare perché apple stava per lanciare l’app Store. L’azienda doveva fare in modo che gli sviluppatori fossero entusiasti di proporre app. avrebbero partecipato oltre cinquemila persone e un numero ancora maggiore avrebbe seguito l’evento sui blog e sui media. Jobs doveva convincerli tutti, nessuno escluso. a questo scopo, durante il suo discorso di apertura avrebbe invitato sul palco alcuni sviluppatori perché mostrassero le loro app.

prima, però, Jobs rivedeva personalmente le loro presen-tazioni. non aveva intenzione di permettere che l’immagine accuratamente costruita della apple venisse appannata da difetti tecnici o da uno sviluppatore che inciampava nelle parole. il team relazioni tra sviluppatori aveva trascorso le ultime settimane a scegliere i candidati finali. Dopo aver passato un paio di giorni a mettere a punto le app e a dare gli ultimi ritocchi agli script demo di due minuti dietro le porte chiuse degli uffici apple, era venuto il momento di mostrare a Jobs cosa avevano prodotto. Gli oratori avevano ripetuto le loro battute decine di volte, ma questa sarebbe stata la prova più ardua.

tutti sapevano che Jobs era un perfezionista con un tem-peramento focoso. Fare una presentazione davanti a lui era una sfida, persino per i veterani abituati alla sua lingua affi-lata. «Che cazzo è ’sta roba?» diceva quando vedeva qual-cosa che non gli piaceva. era raro che qualcuno riuscisse ad arrivare alla fine della presentazione senza che Jobs sal-tasse alle conclusioni o si imbarcasse in una tirata. «La tua comunicazione è così povera che non so neanche di cosa stai parlando» disse una volta a una persona che gli stava dando una dimostrazione privata. «Finché voi ragazzi non capite come si comunica, non riesco a immaginare come potremmo discutere di qualcosa.»

Mentre gli occhi castani di Jobs li fissavano con inten-

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sità, gli oratori stavano in piedi sul palco a ripetere le loro battute. L’attesa di provare davanti a Jobs era una tortura. uno dei membri dello staff cercava di mettere a loro agio le persone che dovevano parlare. «non preoccuparti» di-ceva. «Steve è un ragazzo normale. Si mette i pantaloni una gamba alla volta, come tutti.»

La cosa non rassicurava nessuno. un errore in qualunque punto poteva costare la presentazione. Quando veniva il suo turno, lo sviluppatore faceva il suo ingresso nell’audi-torium e percorreva il corridoio, passando accanto a Jobs. L’aria crepitava di tensione.

«il giallo è il colore aziendale di ebay?» chiese quando la persona sul palco concluse il suo discorso. non gli piaceva il colore della app, ma quando la risposta fu sì, si arrese. Di tanto in tanto forniva piccoli suggerimenti direttamente a chi parlava, chiedendo di enfatizzare un particolare punto o di cambiare qualcosa nella app.

La maggior parte di loro era preparata grazie all’allena-mento intensivo del team apple. Jobs, di umore benevolo, sorrise e disse che avevano fatto un magnifico lavoro.

Come ebbero finito, i team si sentirono alleggeriti di un peso dalle spalle. Ci sarebbero state ancora due prove ge-nerali prima di andare sul palco, ma erano sopravvissuti a un incontro con Jobs, ed erano esaltati.

Quel giorno gli sviluppatori erano troppo concentrati su se stessi per accorgersi che l’amministratore delegato aveva l’aria fragile e scarna.

a soli cinquantatré anni il salvatore di apple4 aveva già conquistato gran parte del mondo moderno, trascendendo l’industria dei computer e ridefinendo settori diversi tra loro come la vendita al dettaglio, la musica e la telefonia mobile. era difficile credere che fosse mortale. persino nella vita quotidiana sfidava l’ordine naturale: il fatto che guidasse

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senza targa dimostrava quanto fosse al di sopra delle pre-occupazioni spicciole di tutti gli altri esseri umani. poteva farlo prendendo in leasing un’auto identica ogni sei mesi, il periodo concesso dalle leggi della California per ottenere la targa di una nuova macchina.

apple non sarebbe mai stata creata o riportata in vita senza Jobs, ed era difficile immaginare che avrebbe con-tinuato a prosperare senza di lui. nel corso degli anni le speranze e le aspirazioni dell’azienda si erano intrecciate in modo indissolubile al suo inarrestabile successo.

apple era stata fondata ufficialmente il 1° aprile 1976. Steve Jobs, ventun anni, e il suo amico Steve wozniak, venticinque, avevano avviato la loro impresa di computer nel garage dei genitori di Jobs a Los altos, in California.

Jobs immaginava i computer come biciclette mentali, uno strumento che contribuiva a trarre il meglio dall’in-telletto di un utente nello stesso modo in cui le biciclette sfruttavano al massimo le capacità atletiche di chi pedala. Ma il consiglio d’amministrazione lo considerava troppo inesperto per gestire un’azienda e gli chiese di assumere un amministratore delegato. Quando trovò John Sculley, ex presidente della pepsiCo, lo reclutò con le celebri parole: «vuoi davvero vendere acqua zuccherata5 per il resto della vita o vuoi venire con me e cambiare il mondo?».

L’anno successivo apple lanciò il Macintosh 128k. un celeberrimo spot televisivo di sessanta secondi andato in onda la domenica del Super bowl dichiarava le intenzioni dell’azienda, mostrando un’atleta che fa irruzione correndo in una sala grigia e scaglia una mazza contro uno schermo gigantesco che proietta il Grande Fratello. Con un riferi-mento orwelliano al predominio dell’ibm, una voce ma-schile diceva: «il 24 gennaio apple computer presenterà Macintosh. e capirete perché il 1984 non sarà come 1984».

La settimana successiva un orgoglioso Jobs stava sul

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podio dell’assemblea annuale degli azionisti di apple con indosso un abito scuro e il farfallino, e tirava fuori da una borsa il nuovissimo computer. Mentre la macchina si ac-cendeva e mostrava tutte le cose che sapeva fare, in sotto-fondo si sentiva la musica di Momenti di gloria. Quindi la macchina parlò. «Salve, sono Macintosh. Certo che è ma-gnifico essere usciti da quella borsa.» il pubblico impazzì, e nacque un culto.

Ma questo sarebbe stato l’ultimo momento di gloria di Jobs per molto tempo. il suo comportamento disturbante e la ricerca della perfezione a tutti i costi avevano creato scompiglio in azienda e il gruppo dirigente lo voleva fuori. poco più di un anno dopo, era in esilio.

Sotto Sculley apple fiorì per molti anni perché i consu-matori erano disposti a pagare un po’ di più per l’interfac-cia utente unica del Mac, basata sul mouse. Ma quando il software windows di Microsoft si mise al passo e poi su-però le funzionalità del Mac, il regno crollò. ben presto i pc basati su windows proliferarono e la quota di mercato di apple si ridusse.

alla metà degli anni novanta, molto dopo che Sculley e il suo successore se n’erano andati, apple era sull’orlo della bancarotta, costretta a tagliare i prezzi e ad aggiungere nuovi prodotti per sostenere la crescita. L’azienda vendeva decine di modelli di computer simili in modo fuorviante, ma con sistemi operativi incompatibili. i dipendenti co-minciarono ad abbandonare la nave. tre giorni dopo l’in-sediamento di Gil amelio, ex amministratore delegato di national Semiconductor, «businessweek» pubblicò un ar-ticolo intitolato La caduta di un’icona americana.

amelio si ritrovò in una situazione che non era assoluta-mente in grado di gestire6. apple aveva bisogno di un lea-der in grado di prendere decisioni straordinarie alla velo-cità della luce, ma amelio era il classico dirigente aziendale

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che non interferisce, preferendo supervisionare che inter-venire in prima persona. assunse consulenti d’immagine, creò nuovi acronimi per descrivere la strategia aziendale e mise insieme documenti ufficiali. era anche inadatto dal punto di vista culturale. Si preoccupava dei fringe bene-fit dei dirigenti e adorava le formalità. Guidava una Ca-dillac Seville e mangiava sempre in stoviglie di porcellana. i suoi sottoposti la chiamavano “la porcellana speciale di Gil”. Secondo le voci, era wedgwood. ogni giorno uno dei suoi assistenti aveva il compito poco invidiabile di to-gliere il cibo dai contenitori del takeaway e disporlo sui piatti di porcellana.

nonostante tutte queste critiche, nel dicembre del 1996 amelio aveva fatto una delle mosse più cruciali per apple: la decisione di acquistare neXt, l’azienda di computer di Jobs che stava fallendo. parte dell’accordo prevedeva che Jobs diventasse il consulente di amelio.

il ruolo di amelio si deteriorò rapidamente, un processo accelerato in parte da uno sprezzante Jobs il quale non fa-ceva che sparlargli alle spalle sulle decisioni manageriali ma si guardava bene dal dargli qualche consiglio. partecipò a una riunione del gruppo dirigente ma se ne andò a metà e non si fece mai più vedere. a una cena per festeggiare la vendita di neXt, Jobs scherzò sull’eventualità di costruire un “Gilometro” per misurare la stupidità. “2 Gil” signifi-cava qualcuno stupido il doppio di amelio.

Dopo un disastroso discorso al Macworld in gennaio in occasione del quale amelio fu eclissato da Jobs, l’ammini-stratore delegato perse la fiducia del consiglio di ammini-strazione. Durante il suo breve regno, apple aveva bruciato più di 1,6 miliardi di dollari. L’azienda era messa così male che nessuno voleva neppure acquistarla. il marchio poteva valere forse cinquecento milioni.

Dopo che il consiglio di amministrazione lo ebbe pregato

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di tornare7, Jobs rinnovò la cultura dell’azienda. Durante la sua assenza apple era caduta nell’autocompiacimento, mostrandosi più interessata a celebrare i successi che ad aprire nuove strade. C’erano t-shirt per commemorare i nuovi progetti, un giardino di sculture delle icone del Ma-cintosh e un espositore con un vecchio apple i per ricor-dare i successi passati dell’azienda. i dipendenti si pren-devano congedi pagati di sei settimane ogni cinque anni.

Le cose cambiarono dalla sera alla mattina. Jobs ordinò di togliere di mezzo gli altarini e di richiamare i dipendenti in congedo. vietò i superalcolici, il fumo e gli animali do-mestici e sostituì la porcellana di amelio con normali piatti da tavola calda. Si sbarazzò di tutto ciò che percepiva come aziendale e istituì una meritocrazia che premiava la pron-tezza, l’ambizione e l’audacia.

«i matti sono stati portati al manicomio e noi possiamo fare quello che vogliamo» scherzò poco dopo il suo ritorno.

abituati a un ambiente lavorativo più rilassato, molti dipendenti se ne andarono volontariamente. altri furono licenziati. Circolavano storie su Jobs che arrivava alle riu-nioni e faceva fuori la gente su due piedi. iniziò a girare una voce secondo cui aveva licenziato una persona sull’ascen-sore. Quando nell’ascensore di iL1 comparve un telone protettivo per ripararlo dai lavori di costruzione, un dipen-dente fece una battuta: «Questo dev’essere l’ascensore di Steve, visto che è imbottito». al che un collega ribatté: «È per lui o per noi?».

a un certo punto qualcuno inventò un verbo per descri-vere simili esiti spiacevoli: Steved.

Jobs diede un giro di vite anche sulla riservatezza. Le e-mail in uscita erano monitorate e chiunque beccato a man-dare messaggi contrassegnati come “riservati” riceveva un ammonimento. i dipendenti, abituati a vagare liberamente con le porte aperte, ricevettero il divieto di entrare in molte

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aree. Le finestre degli uffici furono misteriosamente oscu-rate e agli ingegneri venne chiesto di lavorare su progetti senza sapere di che prodotto si trattasse. tutto quanto sotto-stava alla regola ferrea della “necessità di essere informato”.

Si trattava di un voltafaccia in piena regola. un tempo Jobs aveva fatto trapelare così tanti segreti aziendali che un collega l’aveva preso in giro: «Strana nave questa, che ha una falla in alto». Ma aveva imparato il potere del mi-stero. Se apple voleva avere una speranza di sopravvivere, doveva rimanere dinamica e pronta a modificare la propria strategia senza essere ostacolata dall’opinione pubblica. per di più, la presentazione dei prodotti era molto più d’im-patto se nessuno sapeva cosa sarebbe arrivato. L’attenzione mediatica che riceveva per quei prodotti valeva milioni di dollari in pubblicità gratuita. Jobs amava il momento della rivelazione, quando presentava un nuovo prodotto che nes-suno dei presenti aveva mai visto prima.

il primo mese alcuni dipendenti si ribellarono. un burlone falsificò l’indirizzo e-mail di Jobs e mandò un messaggio. Se-condo una testimonianza scrisse: «Siete diventati tutti pigri e non fate che contribuire alla situazione attuale di apple. adesso pagherete l’acqua delle fontanelle e vi addebiteremo in busta paga il costo dell’ossigeno che respirate durante le otto ore lavorative». aggiungeva che ai dipendenti sareb-bero stati trattenuti tre dollari al giorno per il parcheggio. «Solo io potrò parcheggiare nei posti riservati ai disabili» diceva, prendendo in giro la ben nota abitudine di Jobs.

venti minuti dopo il vero Jobs spedì un’e-mail.«non mi tiro indietro quando si tratta di farsi una ri-

sata» si leggeva «ma dobbiamo rimanere concentrati sul futuro nel rendere l’azienda un posto migliore. Cordial-mente, Steve.» il responsabile fu licenziato.

nel settembre 1997 Jobs accettò finalmente di passare da consulente ad amministratore delegato ad interim. an-

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che se non si sarebbe impegnato stabilmente con apple per altri due anni e mezzo, cominciò la difficile opera di ricostruire l’azienda, fermando i progetti non remunera-tivi e sfrondando i rami secchi. Si circondò di luogotenenti brillanti: due di loro lavoravano con lui dai tempi di neXt; altri due erano in apple da prima ma avevano colpito Jobs per la loro impazienza di trasformare l’azienda. tra i nuovi assunti c’era tim Cook, che fu incaricato dell’ottimizza-zione delle operazioni aziendali.

prima di immettere prodotti nuovi sul mercato, apple doveva dare una ripulita all’immagine parecchio appan-nata del marchio. a questo scopo Jobs affidò l’incarico ai creatori dello spot 1984, dell’agenzia tbwa\Chiat\Day, che inventarono la campagna «think different.», rimasta ine-guagliata nella storia della pubblicità. invece di mostrare i prodotti, lo spot associava apple ai geni della storia, ce-mentandone l’immagine di azienda innovatrice. Se in pre-cedenza la visione di apple era stata nebulosa, la pubbli-cità chiariva le cose: l’azienda faceva prodotti per gente che aveva voglia di cambiare il mondo.

una volta che apple ebbe rinfrescato il marchio e of-ferto una cornice visionaria per i suoi prodotti futuri, Jobs ridusse le linee di produzione da decine a quattro soltanto: due per desktop e portatili destinati ai professionisti, le al-tre due per gli stessi prodotti rivolti ai consumatori.

il prodotto di punta era l’iMac parzialmente trasparente a forma di caramella. il suo design unico ed elegante riportò apple sulla mappa delle industrie. nel 2001 l’azienda aprì il suo primo apple Store, creando un’esperienza di vendita al dettaglio di materiale elettronico del tutto inedita che in-vitava i clienti a gironzolare per il negozio provando i pro-dotti. in seguito arrivarono il lettore musicale ipod e itunes.

ogni successo aumentava l’alone mistico attorno a Jobs. a quel punto aveva perfezionato l’arte della segretezza e le

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uniche cose che il pubblico sapeva di lui erano quelle che lui voleva sapesse. usava questa strategia per coltivare l’im-magine di una superstar carismatica che non rispondeva ad altri che a sé. nel giro di poco tempo diventò la figura più riconoscibile del mondo degli affari. indossava sempre gli stessi abiti – un dolcevita nero, Levi’s 501 e scarpe da gin-nastica new balance 991 – finché quella tenuta divenne il suo marchio di fabbrica.

Ma nell’ottobre 20038 accadde l’impensabile: a Jobs fu diagnosticato un tumore al pancreas. il primo verdetto fu lugubre: gli venne detto che aveva da tre a sei mesi di vita e che avrebbe dovuto sistemare i suoi affari. in seguito una biopsia rivelò che aveva una rara forma di cancro curabile, ma sempre di cancro si trattava. Quando riferì la notizia al suo team, Jobs piangeva.

in un primo momento pensò di rendere pubblica la malattia, ma poi cambiò idea. non voleva che la gente lo vedesse come un malato impotente. inoltre, una volta di-vulgata la notizia, non avrebbe più potuto rimangiarsela. il trambusto che ne sarebbe seguito avrebbe rappresentato una distrazione importuna. i suoi avvocati stabilirono che non era un problema finché era in grado di svolgere il suo ruolo di amministratore delegato.

Jobs complicò le cose. benché i medici gli avessero con-sigliato un intervento chirurgico, lui li ignorò perché non voleva finire sotto i ferri. Seguì invece una cura alternativa consistente in una dieta vegana, nell’agopuntura e in rimedi erboristici. «Medicina vudù» la definì il suo amico nonché membro del consiglio di amministrazione bill Campbell. alcune persone che lavoravano gomito a gomito con lui notarono la fiacchezza e la dieta insolitamente eccentrica a base di succhi e brodini. Solo la cerchia più ristretta sa-peva cosa c’era che non andava. Quelli che si azzardarono ad accennare qualcosa, furono messi a tacere.

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nel luglio dell’anno successivo, però, Jobs non stava af-fatto meglio e si sottopose a un intervento chirurgico allo Stanford university Medical Center per asportare una parte di pancreas. il giorno dopo mandò un’e-mail ai dipendenti. «avevo una rara forma di cancro pancreatico chiamato tu-more insulare neuroendocrino che costituisce circa l’1 per cento dei casi di neoplasia al pancreas diagnosticati ogni anno e può essere curato mediante asportazione chirurgica se diagnosticato in tempo (il mio lo è stato).»

L’e-mail non diceva tutta la verità. Jobs evitava di spie-gare che la diagnosi risaliva a nove mesi prima. era vero che quel tipo di cancro poteva essere curato con un intervento chirurgico, ma lui aveva aspettato troppo. Durante l’opera-zione i medici avevano trovato tre metastasi al fegato. Ma di questo non venne fatta parola e gli intimi di Jobs serrarono i ranghi. Campbell disse a un giornalista che il consiglio di amministrazione non aveva reputato necessario rivelare la data della diagnosi perché Jobs aveva lavorato fino al giorno dell’intervento. una domanda sull’aspetto malato di Jobs alla wwdc dell’anno prima fu liquidata con una risata.

«vorrei tanto che qualcuno facesse un commento si-mile quando sono io a perdere peso» scherzò Campbell. un portavoce di apple fece notare: «È alto un metro e ot-tantatré e pesa settantacinque chili. È un peso giusto per la sua altezza».

Jobs sostenne quella versione della storia, dicendo a tutti che era “guarito”. nel giugno dell’anno successivo tenne il discorso per la cerimonia di laurea all’università di Stanford in cui parlò del suo essere mortale. «ricordare che morirò presto è lo strumento che più di ogni altro mi ha aiutato a fare le grandi scelte della mia vita» disse. «ricordare che moriremo è il modo migliore che conosco per evitare la trappola di pensare che si ha qualcosa da perdere. Siamo già nudi. non c’è motivo di non seguire il proprio cuore.»

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Jobs riprese a lavorare in modo ancora più febbrile. Dopo due anni di intenso sviluppo, nel 2007 apple lanciò l’iphone. a differenza dei tipici cellulari dell’epoca, era un telefono lussuoso ed elegante con un grande touchscreen rettangolare e un bottone. Gli utenti potevano controllare le e-mail, navigare sul web, ascoltare musica e accedere a numerose altre funzioni sfiorando un tasto virtuale o pas-sando un dito sullo schermo. una interfaccia semplice lo rendeva piacevolmente accessibile anche ai consumatori meno avvezzi alla tecnologia. Come nel caso degli altri pro-dotti apple, l’iphone spingeva il design oltre i limiti; qual-cuno lo soprannominò “the Jesus phone”, il telefono divino.

apple faceva di nuovo storia. all’interno dell’azienda c’era grande eccitazione su come avrebbe tenuto fede a quel debutto così promettente. L’app Store fu solo una delle tante idee.

Ma la salute di Jobs interferì ancora.il cancro si stava diffondendo e i dolori erano sempre

più forti. La morfina aiutava, ma gli toglieva l’appetito e peggiorava i problemi digestivi provocati dal primo inter-vento. aveva difficoltà a trattenere il cibo. Disse a un’amica: «Quando mi sento veramente male, mi concentro sul do-lore, entro nel dolore e questo sembra farlo sparire». Quella primavera, mentre l’azienda si preparava per la wwdc, Jobs aveva perso diciotto chili.

i suoi dirigenti lo osservavano deperire mentre finge-vano che andasse tutto bene.

La settimana prima della conferenza degli sviluppatori, Jobs aveva la febbre alta. Ma la preoccupazione maggiore dello staff era il suo aspetto. il discorso di apertura dell’am-ministratore delegato era un evento di grande risonanza mediatica e tutti avrebbero prestato molta attenzione. era improbabile che il pubblico non si accorgesse del dimagri-mento. Qualcuno propose di fargli indossare due dolce-

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vita uno sopra l’altro, ma l’idea fu scartata in parte perché nessuno osò suggerirgliela.

alle sette del mattino del primo giorno9 della wwdc la fila si allungava già attorno all’angolo del Moscone Center di San Francisco. Mancavano ancora tre ore al discorso di Jobs ma i suoi discepoli erano arrivati presto nella speranza di ottenere un posto in prima fila. Molti venivano da lon-tano. i viaggiatori provenienti dall’altro capo del pianeta si notavano perché non erano vestiti in modo adatto all’estate fredda della bay area. Mentre la gente del posto era pre-parata, con indosso camicie a maniche lunghe o giacche, quelli di fuori rabbrividivano nelle loro t-shirt e con i pan-taloncini corti. un classico errore da turisti.

Qualche minuto prima delle nove la folla fu percorsa da un’ondata di eccitazione vedendo che l’apple Store online aveva postato un biglietto giallo torniamo Subito. Signifi-cava che stavano aggiungendo pagine con le informazioni sui nuovi prodotti che avrebbero svelato nelle prossime ore.

poco dopo apple aprì le porte dell’auditorium, dove dagli altoparlanti uscivano a tutto volume bo Diddley e Chuck berry. i giornalisti allungarono il collo tentando di individuare i dirigenti dell’azienda nelle prime file. Mentre aggiornavano con impazienza i loro blog in diretta dicendo di aver visto il direttore operativo tim Cook, il capo del marketing phil Schiller e il membro del consiglio di ammi-nistrazione al Gore, le luci cominciarono ad abbassarsi e l’ultima canzone, Great Balls of Fire di Jerry Lee Lewis, finì.

Quando Jobs comparve dal lato sinistro del palco il pub-blico irruppe in un applauso fragoroso mentre nella sala lampeggiavano i flash. Qualcuno fischiò in segno di appro-vazione mentre un Jobs sorridente gongolava accogliendo il pubblico prima di cominciare a illustrare la magnificenza dei prodotti e dei servizi apple. era così persuasivo che

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sembrava gettare un incantesimo. i fan lo definivano il suo campo di distorsione della realtà. Gli sviluppatori scelti per presentare una demo delle loro app svolsero il loro ruolo alla perfezione.

«non è fantastico?» disse con entusiasmo. «Sarà grande!»Jobs iniziò a parlare del nuovo iphone con caratteristi-

che a lungo attese come la connettività wireless ad alta ve-locità 3G e app esterne. il prezzo base: 199 dollari contro i 399 del primo telefono.

Jobs concluse il suo intervento mostrando l’ultima pubblicità di apple che metteva in ridicolo la segretezza dell’azienda. nello spot televisivo, due guardie vestite di scuro portano una scatola di metallo lungo un austero cor-ridoio e usano i badge per entrare in un’area protetta sotto lo sguardo di una telecamera di sicurezza. Qui prendono la chiave e aprono la scatola, che rivela l’iphone 3G.

«non è carino?» chiese Jobs alla fine del filmato. «vo-lete vederlo di nuovo? rimandiamolo. adoro questo spot!»

era una performance magistrale, ma ben presto i media rivolsero la loro attenzione alla drammatica perdita di peso di Jobs. i giornalisti che lo intervistarono si accorsero che sotto la maglia si intravedevano le clavicole. Le strane abi-tudini alimentari di Jobs erano risapute e il suo peso era variato anche in precedenza, ma questa volta era emaciato. il sito di gossip Gawker fu uno dei primi a fare ipotesi ri-guardo a un possibile ritorno del cancro.

«Le persone che oggi hanno osservato il presentatore ma-grissimo fanno fatica a guardare il corpo più fragile che mai di Jobs e non chiedersi se stia ancora male» scrisse il sito.

Quando il «wall Street Journal» contattò l’azienda per un commento sul dimagrimento estremo di Jobs, katie Cot-ton, la portavoce di apple, cercò di polverizzare la storia, dicendo che l’amministratore delegato aveva preso un «co-mune virus» nelle settimane precedenti l’evento ed era sotto

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antibiotici. internet andò in fibrillazione quando il sito di informazioni Drudge report vide il pezzo del «Journal» e creò un link. numerosi blogger e giornalisti si ersero a di-fesa dell’azienda, sostenendo che apple avrebbe rilasciato un comunicato stampa se Jobs fosse stato veramente ma-lato, ma altri chiedevano a gran voce più informazioni.

«per quasi ogni altro essere umano, questo argomento sarebbe una questione personale» scrisse in un blog Henry blodget, un ben noto analista finanziario dell’era punto-com. «in questo caso, però, decine di miliardi di dollari di valore di mercato poggiano su quel che resta della salute di Steve e sulla guida di apple per molti anni, perciò la sua salute è materia d’affari.»

il mondo cominciava a rendersi conto che l’imperatore stava morendo.