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DOSSIER Mercato italiano, queste le prospettive Giovanni Seghezzi - Paolo Neli 'Europa comunitaria vengono annualmente allevate circa 320 mi- lioni di galline ovaiole, di cui 250 milioni (78%) in batteria, 50 milioni (16%) appartengono all'allevamento rurale e 20 milioni (6%) sono a lleva- te con sistemi alternativi (voliera, a terra, ali 'aperto ,free range e biologi- co). Appare quindi subito evidente che l'allevamento-alternativo rappresenta un'entità molto piccola, addirittura inferiore della metà di quello rurale classico, cioè le 5-50 galline allevate in campagna. Relativamente alle produzioni di uova dei singoli Paesi, espre sse in tonnellate, secondo quanto riportato dalla G.U. delle Comunità europee per il 1997, (vedi tab. l ), risulta che la Francia occupa il primo posto con 890.000 t (17,8%), seguita da Ger- mania, 810.000 t (16,2%) e dall'Ita- lia con 775.000 t (15,5%), che da li rappresentano quasi il 50% di tutta la produzione comunita- ria. Regno Unito, Spagna ed Olanda hanno prodot- to 582 . 000, 562.000 e 550.000 t, rispettivamen- te, pari al 33,9% ed il re- stante 16,6% è rappresen- tato dalle produzioni de- gli altri 8 Stati, pari a 835.000 t. Di questi ulti mi Paesi solo Belgio/Lussemburgo superano le 226.000 t Il nostro Paese è il fanalino di coda nel settore dell'avicoltura alternativa, ma la crescita del settore è costante. E la scelta "verde" di molte catene distributive fa pensare ad uno sviluppo interessante (4,5%), seguiti, con quantitativi di poco superiori alle 100.000 t, in ordi- n·e decrescente da Grecia, Portogallo, Svezia, ed Austria (8,7%). Danimarca, Finlandia ed Irlanda " Tab. l - Produzione di uova nell'Unione europea (dati 1997) . Paese l Tonnellate l % Francia 890.000 17,8 Germania 810.000 16,2 Italia 775.000 15,5 Gran Bretagna 582.000 11 ,6 Spagna 565.000 l 1,3 Paesi Bassi 550.000 11 ,0 Belgio/Lussemburgo 226.000 4 ,5 Grecia 123.000 2,5 Portogallo 106.000 2,1 Svezia 108.000 2,1 Austria 100.000 2,0 Danimarca 74.000 1,5 Finlandia· 67.000 1,3 Irlanda 31.000 0,6 Fonte: G.U. delle Comunità europee. ch iudono la serié con 74.000-67.000 e 31.000 t, rispettivamente, pari al 3,4%. Gli ultimi dati ufficiali sulle consi- stenze comunitarie dei diversi tipi di allevamento di ovaiole, batteria, vo- liera, a terra, all'aperto e free range risalgono al 1996 e sono quelli forniti dal Dutch Agri Office (tab. 2). Dal loro esame risulta che 250.762.000 ovaiole sono allevate in batteria e 20.238.000 con sistemi alternativi, più precisa- mente; l ,51 milioni in voliera, 8,34 milioni a terra, 2,H -milioni all'a- perto ed 8,21 milioni di ovaiole con il sistema free range. Occorre pre- cisare che i dati forniti dal Dutch Agri Office non riportano il numero Relazione presentata al Con- vegno Wpsa dedicato alle "Uova alternative, produzione e com- mercia lizzazione" - Cesena 1999. Gli ovoprodotti stanno diventando una quota sempre più importante delle galline allevate con nei consumi indiretti degli italiani il sistema "biologico" e RIVISTA DI AVICOL TURA- N. 1 - 2000 27 ... 111 c: o = " ; - .. z o < o o

DOSSIER Mercato italiano, queste le prospettive

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DOSSIER

Mercato italiano, queste le prospettive

Giovanni Seghezzi - Paolo ~i~nattelli

N eli 'Europa comunitaria vengono annualmente allevate circa 320 mi­lioni di galline ovaiole, di cui 250 milioni (78%) in batteria, 50 milioni (16%) appartengono all'allevamento rurale e 20 milioni (6%) sono a lleva­te con sistemi alternativi (voliera, a terra, ali 'aperto ,free range e biologi­co).

Appare quindi subito evidente che l'allevamento-alternativo rappresenta un'entità molto piccola, addirittura inferiore della metà di quello rurale classico, cioè le 5-50 galline allevate in campagna.

Relativamente alle produzioni di uova dei singoli Paesi , espresse in tonnellate, secondo quanto riportato dalla G.U. delle Comunità europee per il 1997, (vedi tab. l ), risulta che la Francia occupa il primo posto con 890.000 t (17,8%), seguita da Ger­mania, 810.000 t (16,2%) e dall'Ita­lia con 775.000 t (15,5%), che da so~ li rappresentano quasi il 50% di tutta la produzione comunita-ria.

Regno Unito, Spagna ed Olanda hanno prodot­to 582.000, 562.000 e 550.000 t, rispettivamen­te, pari al 33,9% ed il re­stante 16,6% è rappresen­tato dalle produzioni de­gli altri 8 Stati, pari a 835.000 t.

Di questi ultimi Paesi solo Belgio/Lussemburgo superano le 226.000 t

Il nostro Paese è il fanalino di coda

nel settore dell'avicoltura

alternativa, ma la crescita del settore è costante. E la scelta

"verde" di molte catene distributive fa

pensare ad uno sviluppo interessante

(4,5%), seguiti, con quantitativi di poco superiori alle 100.000 t, in ordi­n·e decrescente da Grecia, Portogallo, Svezia, ed Austria (8,7%).

Danimarca, Finlandia ed Irlanda

"

Tab. l - Produzione di uova nell'Unione europea (dati 1997) .

Paese l Tonnellate l %

Francia 890.000 17,8 Germania 810.000 16,2 Italia 775.000 15,5 Gran Bretagna 582.000 11 ,6 Spagna 565.000 l 1,3 Paesi Bassi 550.000 11 ,0 Belgio/Lussemburgo 226.000 4 ,5 Grecia 123.000 2,5 Portogallo 106.000 2,1 Svezia 108.000 2,1 Austria 100.000 2,0 Danimarca 74.000 1,5 Finlandia· 67.000 1,3 Irlanda 31.000 0,6

Fonte: G.U. delle Comunità europee.

chiudono la serié con 74.000-67.000 e 31.000 t, rispettivamente, pari al 3,4%.

Gli ultimi dati ufficiali sulle consi­stenze comunitarie dei diversi tipi di allevamento di ovaiole, batteria, vo­liera, a terra, all'aperto e free range

risalgono al 1996 e sono quelli forniti dal Dutch Agri Office (tab. 2).

Dal loro esame risulta che 250.762.000 ovaiole sono allevate in batteria e 20.238.000 con sistemi alternativi, più precisa­mente; l ,51 milioni in voliera, 8,34 milioni a terra, 2,H -milioni all'a­perto ed 8,21 milioni di ovaiole con il sistema free range. Occorre pre­ci sare che i dati forniti dal Dutch Agri Office non riportano il numero Relazione presentata al Con­

vegno Wpsa dedicato alle "Uova alternative, produzione e com­mercializzazione" - Cesena 1999.

Gli ovoprodotti stanno diventando una quota sempre più importante delle galline allevate con nei consumi indiretti degli italiani il sistema "biologico" e

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non tengono conto dell'allevamento cosiddetto rurale.

•!• Differenze significative

Uno sguardo alla distribuzione dei diversi tipi di allevamento nei singo­li Stati evidenzia delle interessanti differenze.

Se infatti Ja media europea dell'al­levamento in batteria è del 93%, essa scende al 70% in Danimarca e rag­giunge il 99% in Finlandia ed Italia; superano il 90% anche Belgio, Ger­mania, Francia, mentre i restanti Pae­si occupano una fascia compresa fra 1'80 ed il 90%.

I sistemi alternativi "a terra" e "free range" sono numericamente i più consistenti, pari a 16,555 milioni di capi, cioè il 6,1% di tutte le ovaio­le allevate nella Comunità europea, rurali escluse, e 1'81 ,8% di quelle al­levate con sistemi alternativi. Dani­marca, Svezia ed Olanda sono i Pae­si dove l'allevamento "a terra" è maggiormente diffuso, pari al 18,1-15,4 e 12,7%, rispettivamente degli effettivi nazionali, mentre l'Irlanda occupa il primo posto per l'alleva­mento ''free range" (20,0%) seguita da Regno Unito (12,9%) e dalla Da­nimarca (10,4%).

La Francia è il Paese dove l'alle­vamento "all'aperto" è il più diffuso fra i sistemi alternativi (3,6%), men­tre Regno Unito, Svezia e Danimarca occupano i primi tre posti nell'alle­vamento con "voliera" pari al 3,3-2,6 e 1,1% rispettivamente.

DOSSIER

L'Italia assieme alla Finlandia è il Paese della Comunità europea con la più bassa percentuale di galline alle­vate con sistemi alternativi alla batte­ria. In assenza di dati ufficiali recenti, in base all'esperienza personale è possibile stimare che il totale delle galline allevate oggi con sistemi al­ternativi superi di poco i 450.000 ca­pi con una produzione di 110-120 mi­lioni di uova. Considerato che in Ita­lia si allevano circa 50 milioni di ovaiole l'incidenza delle produzioni alternative è dello 0,9%, molto di­stante dalla media europea (8,1 %) .

Nella tradizione gastronomica del nostro Paese le uova giocano un ruolo importante

Tab. 2 · Numero di ovaiole nei diversi sistemi di allevamento negli Stati europei (1996) fc•

l Batteria

l l Voliera l r

A ferra f ~; ... ·l x 1.000 %

)< 1.000 % x 1.000

. o/Q. ,;;,

A 3,8-86 84 26 0,6 439 9~5 B 12,304 98 lO 0,1 209 t,7 DK 2,591 70 42 1,1 667 18,1 D 39,472 91 22 O, l 2,354 5,4 E* 34,227 EL* 5,644 FIN* 3,250 99 25 0,8 F ('95) 52,985 95 18 103 0,2 IRL 865 80 I* 35,478 99 166 0,5 NL 23,240 83 191 . 0,7 3,578 12,7 P* 4,923 s 4,272 82 135 2,6 800 15,4 UK 27,355 84 1,066 3,3 EU 250,762 93 1,512 0,6 8,341 3,7

Fonte: Dutch Agri Office.

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Va comunque sottolineato che ri­spetto ai valori citati dal Dutch Agri. Office dal 1996 ad oggi il numero di galline allevate con sistemi alternativi in Italia è più che raddoppiato. Dei quattro sistemi (voliera, a terra, all'a­perto, biologico) quello di gran lunga il più diffuso è il sistema "a terra" con circa 370.000 ovaiole (82,2%) men­tre le restanti 80.000 sono suddivise fra allevamenti all' aperto e biologici.

•!• Mercato segmentato

Il mercato delle uova può essere diviso, innanzitutto, in due grandi aree, quella del "consumo diretto" e quelle destinate all '"industria". Mentre nel passato la finalità della produzione era caratterizzata soprat­tutto dal consumo diretto ed all'in­dustria venivano destinate solamen­te le uova piccole, di scarto, di fine deposizione, ecc., con il costante e continuo aumento della domanda da parte dell'industria stessa, oggi si producono specificatamente uova per l ' industria, come evidenziato dai dati riportati nella tabella 3. I risul­tati del 1998 mostrano infatti come il 36% delle uova prodotte sia stato destinato al consumo industriale e di questo il 74% come uova pastorizza­te ed il 26% come uova in guscio.

Sul piano strettamente commer­ciale le uova destinate al consumo diretto, cioè quelle di categoria A, possono essere differenziate, natu­ralmente oltre che dal peso, così co­me da regolamento, anche attraverso

AII•àperto l l Free range 1,. %. ,.

x1.000 % x 1.000 (),

. -~

285 6,1 21 0,2 18 0,1

362 10,4 31 0,1 1,524 3,5

2,028 3,6 622 1,0 219 20,0

91 0,3 971 3,5

4,193 12,9 2,171 0,8 8,214 3,0

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Tab. 3 - La produzione delle uova nel 1998 (Fonte Una 1999)

Totale uova prodotte 12.433.000.000 pezzi Consumo pro capite Consumo familiare Consumo industriale

di cui:

i tre parametri della freschezza, ali­mentazione delle ovaiole e sistema di allevamento.

Il parametro freschezza è senza al­cun dubbio il più importante; senza il requisito "freschezza", che è co­mune anche agli altri parametri, ri­sulta inutile proseguire in questa dif­ferenziazione, infatti non avrebbe al­cun senso presentare al consumatore un uovo "biologico" che non sia con­temporaneamente "fresco", lo stesso dicasi per un uovo prodotto con un qualsiasi sistema alternativo alla gabbia.

Ali 'interno del parametro "fre­schezza" possiamo ascrivere tre seg­menti di mercato, più precisamente:

- le uova extra con la data, che hanno 9 giorni di vendibilità al pub­blico come categoria extra;

- le uova extra, che hanno 7 gior­ni di vendibilità al pubblico, come categoria extra;

- le uova di categoria A, tutte le altre.

Anche se scontato, è bene precisa­re che in teoria tutte le uova, di cate­goria A, appena deposte potrebbero essere contrassegnate con la data e quindi far parte del primo segmento. Trattasi dunque di una diversifica­zione di servizio, dovuta ad una pre­cisa scelta del marketing ed alla ca­pacità dell'azienda a porre sul mer­cato le uova entro le 24 ore dalla de­posizione e non una differenziazione di tipo produttivo propriamente det­to, come le cosiddette "uova arric­chite", o le "uova alternative" in cui il fattore alimentazione o il sistema di allevamento delle ovaiole sono de­terminanti.

Nel caso del segmento "uova extra con la data" trattasi di una riuscita componente di servizio molto ap­prezzata dal consumatore come di­mostrato dal fatto che le due confe­zioni di uova più vendute in Italia, una al centro ed una al nord, sono ap-

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222 uova 142 uova (64%) 80 uova (36%)

74% uova pastorizzate

26% uova in guscio

punto due confezioni di uova extra con la data (dati Iri-Infoscam).

All'interno del parametro "ali­mentazione" possiamo ascrivere quattro segmenti di mercato, più pre­cisamente:

- le uova "vegetali", prodotte da galline alimentate con mangimi privi di farine animali;

- le uova "naturali", prodotte co­me le precedenti, e senza l'addizione di pigmentanti sintetici;

- le uova "per pasta", in grado di rispondere a precise richieste del­l' industria della pasta;

- le uova "arricchite", prodotte da galline alimentate con diete addi­zionate specificatamente in modo da elevare nelle stesse uova il contenuto di alcuni principi nutritivi ritenuti di grande interesse per la salute del­l'uomo, quali vitamine, fosfolipidi ed acidi grassi n-3 .

Anche in questo caso la produzio­ne non richiede modificazione degli impianti di allevamento o l ' adozio­ne di speciali strutture o attrezzature in quanto la diversificazione è il ri­sultato di interventi solamente a ca­rico della dieta in considerazione del fatto che la gallina, a differenza di molti animali, volatili inclusi, è in grado di trasferire dalla dieta ali ' uo­vo quantità notevoli dei citati princi­pi nutritivi. Il tipo di investimento è dunque quello tradizionale, cambia solo il modello produttivo che verrà attuato liberamente dal produttore

Tab. 4 -Alcuni gruppi europei della grande distribuzione (Gdo) che vendono esclusivamente uova alternative

Paese

Olanda Svizzera Germania Austria Inghilterra Danimarca

l GruppoGdo

Albert Heijn Migross Tengelmann-Spar Billa-Spar Marks & Spencer Dansk Supermarket

in risposta alle indicazioni e/o ten­denze del mercato durante i circa 20 anni di durata d eli' investimento stesso.

Ben diversa, sempre sul piano de­gli investimenti, è la scelta di pro­durre uova con sistemi di allevamen­to diversi da quello in batteria, cioè: in voliera, a terra, all'aperto o "bio­logico" (terzo parametro). In questi casi, a differenza di quanto detto nei paragrafi precedenti, il tipo di inve­stimento sarà calibrato al segmento di mercato che dovrà essere approc­ciato e sarà ad esso vincolato.

Trattasi quindi di una specializza­zione produttiva vera e propria che, per i più elevati costi del prodotto fi­nale, possiede piccoli spazi di mano­vre commerciali, comunque sempre ali' interno di circuiti di vendita spe­cialistici destinati ad un certo tipo di consumatore.

L'imprenditore che decide questo tipo di investimento ha già analizza­to e scelto il segmento di mercato, il canale distributivo, il tipo di cliente, ecc., ben consapevole che trattasi di una via a senso unico. Nel mercato italiano delle uova questa realtà, che solo da qualche anno ha cominciato a concretizzarsi, può essere conside­rata, almeno sul piano strettamente produttivo l'unica vera novità il cui sviluppo è strettamente legato all 'e­voluzione della commercializzazio­ne.

•!• Distribuzione e commercializzazione

Contrariamente a quanto avviene negli altri Stati europei, in Italia la commercializzazione delle uova è molto frazionata.

Dati recentissimi ci confermano per esempio che in Francia quattro gruppi di supermercati gestiscono il 90% della grande distribuzione e che il 92% delle uova prodotte con siste­mi alternativi (plein-air e biologiche soprattutto) sono vendute e quindi monopolizzate da questo canale di­stributivo. Al contrario in Italia, dove la grande distribuzione è molto fra­zionata, basti pensare che il gruppo più importante rappresenta circa il 12% dell'intero settore, e gestisce

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~

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solo il 15% della com­mercializzazione delle uova alternative, non de­ve stupire se riscontria­mo una elevata frammen­tazione nella distribuzio­ne.

Allevamento in batteria

78%

DOSSIER

Allevamento rurale 16%

Allevamenti alternativi

6%

sere che solo qualificati imprenditori conoscono e sono in grado di gestire completamente, occorre saper allevare per ben pro­durre, sia in gabbia, sia con sistemi alternativi.

•!• Conclusioni

Il mercato italiano delle uova alternative ricalca tut­te le anomalie che caratte­rizzano il mercato delle uo-

Questa considerazione trova ulteriore conferma dal fatto che mentre in Francia il 50% delle uova in guscio è venduto attra­verso la grande distribu­zione in Italia solo 1'8% segue questo canale di­stributivo. Questa "ano­malia" tutta italiana deve

Allevamento rurale Allevamenti alternativi Allevamento in batteria va e che in parte lo penaliz­zano, come appunto sono

essere tenuta ben presen-te dall'imprenditore che Fig. l- Numero di galline ovaiole in Europa. intenda investire nel set- Tipologia di allevamento tore delle produzioni al­ternative di uova.

Sempre relativamente alla distri­buzione è importante notare, come da oltre un quinquennio, alcune fra le più prestigiose catene europee di supermercati abbiano eliminato dai loro scaffali di vendita le uova pro­dotte da galline allevate in batteria; nella tabella 3 sono riportati alcuni esempi fra i più significativi.

Altrettanto importante è che in Europa quasi tutte le catene di super­mercati vendono uova, da gabbia o alternative, con proprio marchio, co­sa che in Italia invece, almeno per il mercato delle uova alternative, av­viene abbastanza raramente. Attual­mente, infatti, abbiamo solamente tre casi: Finiper, Standa e ultima, so­lo in ordine di tempo, Esselunga, che hanno almeno un prodotto con pro­prio marchio. Questi tre gruppi di su­permercati vendono comunque tutti i tipi di uova.

Ricapitolando, la distribuzione e la commercializzazione delle uova in Italia è caratterizzata da:

l. - solo un miliardo di uova (8%) è venduto attraverso la grande distri­buzione,

2. - anche all ' interno della grande distribuzione esiste una forte fram­mentazione delle vendite,

3. - poche realtà della grande di­stribuzione sono attente al segmento delle uova alternative,

4. - praticamente nulla è la sensi-

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bilizzazione per il consumatore al­l'acquisto di uova alternative.

Relativamente a questo ultimo punto vale la pena ricordare che l'e­liminazione dai propri scaffali da parte delle citate catene europee di supermercati è avvenuta non per scelta della direzione degli acquisti, ma dietro pressione degli ambienta­listi, consumatori anch'essi, o co­munque al seguito di campagne sia sul welfare delle ovaiole, sia sulle caratteristiche "più naturali" o "bio­logiche" delle uova.

Anche in questo caso in Italia è prevalsa la confusione soprattutto da parte degli organismi di informazio­ne; a violente campagne contro l'al­levamento in gabbia hanno fatto ri­scontro affermazioni allarmistiche, anche di "penne" autorevoli, sulla qualità sanitaria e nutrizionale delle uova alternative.

Certamente tutto questo non può che ritorcersi contro un prodotto di altissima qualità, quale appunto è l 'uovo italiano e penalizzarne il mer­cato, già stagnante da molti anni ed in cerca di novità.

La qualità del prodotto "uovo" sarà sempre più legata alla capacità manageriale del produttore, alle ca­ratteristiche del mangime delle ovaiole, alloro stato di salute-benes­sere ed al sistemc:t di allevamento. Il mosaico della qualità dell'uovo è formato da un numero elevato di tes-

l'eccessiva frammentazio­ne della distribuzione, la mancanza di un 'efficace e costante pushing pubblicita-

rio, la confusione prodotta dai media sui consumatori con informazioni in­complete, contraddittorie e persino al= larmistiche ad ogni occasione, come insegna il recente "caso diossina", ecc.

Relativamente alle prospettive di questo mercato restano alcune inco­gnite oltre a quelle legislative, prima fra tutte il ruolo attivo dei consuma­tori, un'alleanza consumatori-distri­butori potrebbe cogliere di sorpresa i produttori? Ma senza un 'adeguata sensibilizzazione del consumatore che senso ha porsi certi interrogativi?

Sensibilizzare il consumatore alle uova alternative dovrebbe essere vissuto da tutti gli interessati al set­tore uova come allargamento del mercato, come ampliamento e diver­sificazione di segmenti che hanno una loro logica nell'evoluzione delle motivazioni di acquisto del consu­matore stesso. L'esperienza degli al­tri Paesi europei dovrebbe essere analizzata un po' più attentamente ed i risultati e relative strategie adat­tate alle esigenze italiane.

Il fatto che dal 1996 ad oggi il nu­mero delle galline allevate con siste­mi alternativi sia aumentato del 170% è abbastanza significativo ma difficil­mente, nel contesto attuale, può esse­re preso come indicatore per proie­zioni a breve o a medio termine.

Giovanni Seghezzi, Ovopel, Milano. Paolo Pignattelli, Università di Milano.

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