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Dott. Ph.D Gianluca Selleri Dott. Ph.D Gianluca Selleri Dott. Ph.D Gianluca Selleri Dott. Ph.D Gianluca Selleri - Geologo - - Geologo - - Geologo - - Geologo -
1 - PREMESSA
Nella presente relazione geologica sono riportati ed analizzati i dati raccolti dallo scrivente nel
corso di un approfondito studio geologico-stratigrafico, geomorfologico ed idrogeologico condotto
su quella porzione del quartiere Tamburi a Taranto interessata dal sottoprogetto 4 “Riqualificazione
urbana” parte del più ampio macro settore di intervento n.1 “INTERVENTI DI BONIFICA
INFRASTRUTTURE, URBANIZZAZIONE E SERVIZI” del “PROGETTO COORDINATO PER
IL RISANAMENTO DEL QUARTIERE TAMBURI, Atto d’Intesa. Bari 15/12/2004. Accordo di
Programma Quadro – Città. Delibera CIPE 20/04. Programma delle attività. Approvazione”.
Il lavoro svolto è consistito inizialmente nella ricerca ricerca bibliografica ed archivistica attraverso
la quale sono stati raccolti e consultati:
• studi commissionati dal Comune di Taranto nel quadro di altri progetti,
• studi commissionati da Enti ed Amministrazioni, pubbliche e private, operanti nel territorio
in esame,
• elaborati di carattere geologico-tecnico, stratigrafie, sondaggi e pozzi realizzati negli anni
passati conservati presso gli uffici comunali ed altre amministrazioni pubbliche;
• pubblicazioni scientifiche aventi per oggetto l’area di interesse o settori più ampi di
territorio in cui questa ricade.
Successivamente si è proceduto alla esecuzione del rilevamento geologico, morfologico ed
idrogeologico secondo i classici metodi di ricerca ormai codificati nella pratica geologica.
L’elaborazione e l’analisi comparata ed integrata dei dati raccolti ha permesso di:
• ricostruire i caratteri litologici delle unità affioranti
• definire l’assetto strutturale e geomorfologico del territorio di interesse;
• definire la dinamica geomorfologia;
• definire i caratteri di permeabilità delle rocce;
• definire l’assetto dei corpi idrici sotterranei.
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2 - INQUADRAMENTO TERRITORIALE
2.1 - Ubicazione
L’area studiata ricade nell’elemento 493111 della Mappa aerofotogrammetrica del Comune di
Taranto e corrisponde a parte del quartiere Tamburi, il rione popolare situato alla periferia Nord
della città e collegato alla Città Vecchia tramite il Ponte di Pietra. Detta area costituisce una fascia
circa trapezoidale con base maggiore rivolta a NW, delimitata a settentrione dall’area industriale, ad
oriente dal primo seno del Mar Piccolo, a meridione dalla stazione ferroviaria e dall’area a sevizio
del porto mercantile vecchio, ad occidente dall’area occupata dal Cimitero di San Brunone e dal
vecchio mercato ortofrutticolo (Fig. 2.1).
Fig. 2.1 – Foto da satellite dell’area studiata
2.2 - Inquadramento geologico, geomorfologico, idrogeologico dell'area vasta in
cui ricade il sito di interesse
2.2.1 - Caratteri geologici e stratigrafici
L'area di interesse ricade in un settore della regione pugliese tra i più studiati da un punto di vista
geologico per l’interesse che, ormai da ben oltre un secolo, numerosi studiosi hanno rivolto in ai
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depositi del Pliocene e del Pleistocene ivi affioranti ed in particolare al loro contenuto
paleontologico.
Dal punto di vista strettamente geodinamico questa porzione di territorio tarantino ricade
interamente nel margine occidentale dell’avampaese apulo. L’insieme degli studi più recenti
permette di delineare uno schema geologico generale di questo territorio caratterizzato dalla
presenza sulle rocce calcareo-dolomitiche di età mesozoica (Cretaceo sup.), costituenti il substrato
geologico regionale, di lembi discontinui e di diverso spessore di depositi marini di età pliocenica e
pleistocenica (Mastronuzzi & Sansò, 2003) (Fig 2.2).
Fig. 2.2 – Carta geologica schematica dell’area di Taranto; 1 – Unità Cretacee; 2 – Unità Plio-
Pleistoceniche (Calcareniti di Gravina); 3 – Unità Plio-Pleistoceniche (Argille subappennine); 4 – Unità
Pleistoceniche (Depositi dei Terrazzi Marini);5 - depositi olocenici delle spiagge e delle aree alluvionali;
t1-t7 superfici dei terrazzi marini. (da Mastronuzzi e Sansò, 1993)
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Le rocce mesozoiche sono rappresentate da calcari compatti, talora ceroidi, biancastri e grigi con
intercalati calcari dolomitici e dolomie compatti, di colore nocciola o grigio scuri, sempre ben
stratificati. Differenti in facies ed in età queste rocce sono il prodotto di una sedimentazione in
ambiente di piattaforma fra il continente e l’oceano, in mari caldi, ricchi di vita. Nel loro insieme
sono inserite nel gruppo dei Calcari delle Murge (Campobasso et alii, 1972; Ricchetti, 1975; 1981);
affiorano subito a Nord del quartiere Tamburi presso Statte e Crispiano, nell’area del quartiere
Paolo VI e subito a Nord delle sponde del secondo seno del Mar Piccolo, sul fondo delle più
importanti e profonde incisioni fluviali ed in corrispondenza dell'abitato di San Giorgio ove il
basamento mesozoico, rigettato da un sistema di faglie dirette ad andamento NW-SE, da luogo ad
un imponente alto strutturale. Tali unità si rinvengono ovviamente costantemente nel sottosuolo, a
circa 50 metri sotto il livello del mare nell’area del quartiere Tamburi e del Borgo, a circa 80 metri
nella zona di Capo San Vito ed ancora più in profondità verso il Golfo di Taranto.
I tipi litologici ascrivibili cronologicamente al Pliocene medio e al Pleistocene inferiore
costituiscono dei lembi discontinui con spessore variabile da pochi metri fino ad alcune decine di
metri. Si tratta di depositi rappresentati da calcareniti, sabbie ed argille di origine marina. I termini
più antichi sono calcareniti, indicate anche come “tufi” calcarei e noti localmente con il termine
“zuppigno”; appartengono alla formazione della Calcareniti di Gravina (Robba, 1969) e poggiano
sui calcari con la interposizione di un conglomerato discontinuo con ciottoli di provenienza sia
murgiana che appenninica. Le calcareniti sono riferite ad una fase di trasgressione marina e di
terrazzamento iniziata nel Pliocene e protrattasi nel Pleistocene, che ha abraso il substrato calcareo
e depositato le sabbie calcaree, successivamente parzialmente diagenizzate. Dal punto di vista
cronostratigrafico la successione affiorante nei dintorni di Taranto è attribuita genericamente al
Plio-Pleistocene (Ricchetti, 1970). Nell'area urbana di Taranto le Calcareniti di Gravina sono
presenti solo nel sottosuolo con spessori comunque ridotti; esse invece affiorano estesamente verso
Massafra e verso Grottaglie, appoggiate alle pendici delle Murge, e a San Giorgio Ionico,
appoggiate all’alto strutturale su cui sorge il centro abitato.
In tutto il bacino sedimentario del capoluogo ionico e in quello immediatamente a Nord di esso, il
litotipo più frequente in affioramento è rappresentato da argille grigio-azzurre. Esse sono eteropiche
alle Calcareniti di Gravina e sono riferibili alla formazione delle Argille subappennine; si tratta di
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argille marnose e siltose, marne argillose e talora decisamente sabbiose, di colore grigio azzurro al
taglio fresco o grigio verdino; se alterate assumono una colorazione bianco-giallastra. I termini più
argillosi, plastici ed impermeabili, si trovano nella parte bassa dell’unità, mentre verso l’alto
prevalgono i litotipi limosi fino a sabbiosi. La successione raggiunge spessori anche superiori a
1000 metri in alcune zone della Fossa Bradanica mentre nel tarantino non supera 50 metri. Gli
spessori rilevati nel corso di sondaggi eseguiti nell'abitato di Taranto e nell'area di Capo San Vito -
Talsano sono dell’ordine di qualche decina di metri.
I terreni plio-pleistocenici sinora descritti sono coperti in più luoghi e a varie altezze da sottili
spessori di calcarenite tipo “panchina”, indicata localmente come “mazzaro” o “carparo” in
funzione dell’aspetto, del colore, delle dimensioni e della natura dei granuli, del grado di resistenza.
Si tratta di depositi di mare poco profondo estremamente variabili in facies deposizionale e
litologica, rappresentati da sabbie bioclastiche sciolte, areniti e calcareniti bioclastiche, sabbie e
limi, marne calcaree, biocostruzioni algali, inerme e biostromi, calcareniti eterometriche, calcareniti
conchigliari, conglomerati. Generalmente di spessore esiguo (non superiore ai 4 – 6 metri),
occasionalmente raggiungono i 15 metri, come in corrispondenza della Città Vecchia. Hanno
colorazione bianco - giallastra sino a rosato o bruno, e mostrano assetto massivo o grossolanamente
stratificato. Rappresentano lembi residui di coperture sedimentarie accumulate nel corso di brevi
ingressioni marine provocate dalle variazioni del livello del mare combinate con il sollevamento
della regione. I depositi terrazzati più antichi contengono vulcanoclasti provenienti dalle prime fasi
eruttive del Monte Vulture mentre i più recenti sono caratterizzati da ricche faune ad ospiti
senegalesi che hanno permesso, anche grazie a datazioni assolute, la loro attribuzione allo stadio
isotopico 5 della curva di Shackleton e Opdike (1973) cioè al Pleistocene superiore – Tirreniano di
circa 125-80 ka.
2.2.2 - Caratteri geomorfologici
Il territorio di Taranto e dei comuni limitrofi, fino alle pendici dell’altopiano murgiano, è
caratterizzato dal paesaggio dei terrazzi marini. Esso è contraddistinto dalla presenza di alcune
superfici disposte a gradinata digradante verso mare e verso esso debolmente inclinate. Queste
superfici sono distinte per quota, età e caratteri del deposito che le costituisce. I versanti che le
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separano hanno andamento circa parallelo alla linea di riva attuale e sono appena percettibili dove
modellati in formazioni argillose e sabbiose o piuttosto ripidi ed a gradoni, alti fino a qualche
metro, dove modellati su calcari o calcareniti. L’andamento delle scarpate e la natura dei depositi
che costituiscono i terrazzi sono la prova dell’origine marina degli stessi. I terrazzi, infatti, si sono
originati per la interazione fra le oscillazioni glacioeustatiche del livello del mare ed i sollevamenti
legati alla tettonica regionale verificatisi nel corso del Pleistocene medio e superiore.
Secondo lo schema di Fig. 2.3 e 2.4, la superficie posta tra 24 e 30 metri di quota (indicata con 1) è
attribuibile al MIS 9 o meno probabilmente al MIS 7 (purtroppo non esistono dati geocronologici
che possano suffragare attribuzioni esclusivamente relative o altimetriche). La superficie posta tra 9
e 20 metri di quota (indicata con 2), su cui si estende la città di Taranto, è attribuibile al MIS 5.5;
quella posta tra 4 e 6, particolarmente estesa in corrispondenza di capo San Vito e Punta Rondinella
(indicata con 3), è attribuibile al MIS 5.1. Verso mare la continuità del paesaggio a terrazzi sembra
perdersi a causa di una parziale sovrapposizione ad incudine dei depositi marini.
2.2.3 - Caratteri idrogeologici
La diversa natura delle rocce affioranti nel territorio posto a ridosso della città di Taranto si riflette
sulla circolazione idrica profonda condizionata essenzialmente dalla cosiddetta “permeabilità”, che
è l'attitudine dei corpi rocciosi a lasciarsi attraversare dall'acqua per effetto di un gradiente idraulico
in condizioni normali di temperatura e pressione. In funzione di questa proprietà è possibile definire
differenti unità idrogeologiche e in definitiva caratterizzare la circolazione idrica sotterranea. In
base al tipo e al grado di permeabilità, le rocce affioranti nel tarantino possono essere distinte in
• rocce permeabili per porosità interstiziale
• rocce permeabili per porosità interstiziale e per carsismo
• rocce permeabili per fessurazione e carsismo
• rocce praticamente impermeabili
La permeabilità per porosità di interstizi, o porosità primaria, è tipica di rocce la cui tessitura è
caratterizzata dalla presenza di spazi intergranulari, tra loro comunicanti, che consentono
l'accumulo e il deflusso delle acque. La permeabilità per fessurazione o permeabilità secondaria è
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invece direttamente collegata all'esistenza di fratture in corpi rocciosi litoidi con porosità primaria
bassissima.
Fig. 2.3 – Estensione ed attribuzione cronologica delle superfici dei terrazzi marini
e dei relativi depositi: 1 – Depositi pretirreniani (MIS 9?); 2 – Depositi del Tirreniano (MIS 5.5);
3 – Depositi del Tirreniano (MIS 5.1); 4 – Depositi marini successivi;
5 – falesie abbandonate; 6 – Tracce di sezioni geologiche.(da Belluomini et al., 2002)
Fig. 2.4 – Sezioni geologiche relative alla Fig. 2.3 (la legenda è equivalente)
Nel tarantino rocce permeabili per porosità sono rappresentate dalle calcareniti e sabbie dei Terrazzi
marini. Tali depositi classificabili come rocce da poco a mediamente permeabili, posseggono una
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permeabilità per fessurazione laddove si presentano ben cementati; hanno importanza ai fini
idrogeologici dove sono sovrapposte alle Argille subappennine, in quanto si determinano le
condizioni per l'accumulo di acqua di infiltrazione e quindi per la formazione di una falda.
Le Argille subappennine sono rocce a bassa permeabilità o praticamente impermeabili. Le
Calcareniti di Gravina presentano invece una permeabilità mista dovuta al fatto che alla porosità
primaria si sommano gli effetti del carsismo. Queste rocce risultano comunque essere poco
permeabili. Le rocce calcareo-dolomitiche di età cretacea sono permeabili per fessurazione e
carsismo e costituiscono un acquifero di notevole potenzialità e spessore occupato dalla così detta
“falda profonda”. Questa falda circola in pressione laddove i calcari sono ricoperti dalle Argille
subappennine impermeabili ed il letto di questa formazione si trova al di sotto o prossimo al livello
del mare. Le modalità di esistenza e di circolazione della falda profonda, tuttavia, sono legate anche
allo stato di fratturazione e carsificazione delle rocce mesozoiche che possono variare notevolmente
anche in breve spazio, tanto che la falda di base (come di frequente accade lungo la fascia costiera),
pur in assenza delle argille si può rinviene in pressione parecchi metri al di sotto del livello del
mare. Tale circostanza, localmente, favorisce l'esistenza di più livelli acquiferi sovrapposti.
La base dell'acquifero è indefinita in quanto rappresentata da livelli delle stesse rocce calcareo-
dolomitiche che con la profondità presentano un grado di fratturazione, porosità d'insieme e
permeabilità via via decrescente. Comunque, al di sotto dello strato di acqua dolce, si rinviene
l'acqua marina di intrusione continentale; lo spessore del corpo di acqua dolce aumenta procedendo
dalla costa verso l'interno. Al contatto acqua dolce-acqua salata, situato a profondità via via
maggiori al crescere della quota piezometrica, si individua una zona detta di transizione o zona di
diffusione dove si verificano fenomeni di miscelamento tra acque dolci e salate per diffusione
molecolare.
L'andamento della superficie piezometrica evidenzia le direzioni principali dei deflussi sotterranei e
l'effetto drenante che le sorgenti costiere del Mar Piccolo operano sulla falda. I principali assi di
deflusso della falda profonda sono orientati da Crispiano verso Sud, da Grottaglie verso Sud-Ovest
e da S.Giorgio Jonico verso Ovest. Dalla distribuzione dei carichi idraulici risulta anche evidente
l'esistenza di uno spartiacque sotterraneo ad ovest di Taranto, con netta separazione tra il bacino
della sorgente Tara e quello delle sorgenti del Mar Piccolo.
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Fig. 2.5 – Sezione idrogeologica schematica dell’area di Taranto
Le conoscenze relative all'acquifero superficiale sono relativamente scarse. Tale acquifero è
caratterizzato da una generale disomogeneità connessa alla variabilità litologica sia verticale che
orizzontale che contraddistingue i depositi dei terrazzi mediopleistocenici. Limitatamente all'area
occupata dal Quartiere Tamburi, nel corso di precedenti studi condotti anche dallo scrivente
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(Progetto Coordinato per il Risanamento del Quartiere Tamburi - Relazione geologico–tecnica ed
idrogeologica, 2007) è emerso che tale acquifero ha una potenza variabile tra 4 e 5 metri e contiene
una falda freatica che interessa la parte inferiore delle calcareniti affioranti ed i primi decimetri
della sottostante successione argillosa coincidente probabilmente con un fronte di alterazione.
La falda superficiale è alimentata direttamente dalle precipitazioni meteoriche e quindi la sua
superficie è soggetta a marcate oscillazioni col variare della piovosità nel corso dell'anno; la
potenza massima della falda è stata valutata in circa 2 m.
Alla scala metrica, l'andamento del letto della falda è particolarmente irregolare essendo
caratterizzato da numerose gobbe e concavità; la stessa falda superficiale non rappresenta un corpo
continuo. Esistono, infatti, volumi di calcareniti anidre a diretto contatto con le sottostanti argille.
Tale evidenza può essere imputata alla presenza di volumi e lenti di calcareniti praticamente
impermeabili per la profonda diagenesi e conseguente cementazione che ha prodotto la completa
occlusione dei pori della roccia.
Lungo la fascia costiera urbana l'acquifero superficiale è rappresentato dai depositi di versante e più
diffusamente dagli apporti antropici che ricoprono parzialmente o completamente la falesia costiera.
Questi materiali, giacciono costantemente sulle argille impermeabili e sono imbibiti dell'acqua
proveniente dall'entroterra e dalle acque di intrusione marina.
Considerando l'andamento del top delle Argille subappennine e l'andamento della superficie
topografica si può affermare che il deflusso della falda superficiale avviene dall'entroterra verso il
Mar Piccolo con assi di deflusso orientati grossomodo radialmente verso questo bacino. In
corrispondenza del quartiere Tamburi quindi tale flusso dovrebbe avvenire indicativamente da N-
NNW verso S-SSE.
2.3 Inquadramento climatico
Dal punto di vista climatico l’area di Taranto è senza dubbio una delle più secche della intera
regione pugliese. Essa, come tutto il territorio regionale risente in maniera evidente dell’andamento
orografico. Così i valori di piovosità sono leggermente più elevati man mano che si procede dalla
costa verso l’entroterra, mentre le temperature variano di poco fra le aree interne e quelle costiere,
certamente influenzate dalla presenza del mare. Anaogamente i maggiori valori di umidità si
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riscontrano lungo la fascia costiera, mentre le aree interne e collinari risentono dei venti dei
quadranti settentrionali che tendono a deumidificare le masse d’aria lì persistenti. In estrema sintesi
si può affermare che nell’area del capoluogo ionico si riconoscono tre delle undici zone climatiche
in cui è stata suddivisa la Puglia (Fig. 26) e la cui distribuzione è influenzata più dall’orografia che
dall’esposizione e dalla distanza dal mare. In Tab. 1 sono riportate le caratteristiche distintive di
ogni gruppo climatico della Puglia
Gruppi
Climatici
Tmin
(°C)
Tmed
(°C)
Tmax
(°C)gg mm
EvP
(mm)
EvR
(mm)
Sr
(mm)
Df
(mm)
I 8,9 17,3 26,6 59,0 567 907 552 114 454
II 6,6 15,3 24,6 69,3 614 806 601 124 327
III 7,8 116,1 25,2 65,9 605 845 585 136 376
IV 8,5 16,5 25,4 63,3 659 863 616 213 403
V 7,3 15,9 25,4 62,8 499 841 525 58 392
VI 3,6 12,3 21,3 92,0 827 691 735 320 184
VII 4,2 12,9 22,3 87,0 894 726 749 365 197
VIII 6,1 14,0 22,9 71,4 699 754 653 204 260
IX 6,0 14,6 24,1 86,8 798 788 686 277 266
X 8,7 16,5 25,5 65,4 834 859 694 347 372
XI 2,7 11,5 20,7 103 1269 682 823 692 104 Tmin = Temperature minime mm = Millimetri annui di pioggia gg = Giorni piovosi
Tmed = Temperature medie EvP = Evapotraspirazione Potenziale Sr = Surplus d’acqua
Tmax = Temperature massime EvR = Evapotraspirazione Reale Df = Deficit d’acqua
Tab.1 – Caratteristiche distintive dei gruppi climatici riconosciuti in Puglia (da Zito et al., 1988)
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Fig. 2.6 – Distribuzione dei gruppi climatici (a), della temperatura (b) e della piovosità (c) in Puglia (da
Zito et al., 1988)
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3 - IL SITO DI INTERESSE
3.1 - Caratteri geologico – stratigrafici
Nei limiti dell'area di interesse la successione litostratigrafica affiorante è rappresentata dal basso
verso l’alto da:
� Argille più o meno sabbiose;
� Calcareniti e sabbie;
� Riporti antropici;
Le argille sono riferibili alla Formazione delle Argille subappennine e sono rappresentate da argille
marnose grigio-azzurre con una certa frazione limosa, plastiche e con tessitura uniforme; la parte
sommitale, è costituita da limi argillosi con una modesta frazione sabbiosa con colorazione grigio-
giallastra o anche marroncina e con sottili livelli di sabbie medio-fini rossastre e limi sabbiosi
carbonatico-marnosi di colore giallognolo. Tale livello sommitale, la cui presenza è stata riscontrata
in tutta l'area urbana di Taranto, ha uno spessore di alcuni metri ed è interpretato da molti come un
orizzonte di alterazione delle stesse argille; di fatto i due corpi si presentano spesso interdigidati e,
da quanto rilevabile da molte delle stratigrafie consultate, livelli di argille giallastre, di sabbie fini
giallo-grigie e patine limose giallo-aranciate si possono rinvenire fino anche a 20 m al di sotto del
tetto delle Argille subappennine. Le argille giallastre sommitali potrebbero rappresentare, quindi,
anche una facies delle Argille subappenine differente rispetto alla espressione classica di questa
unità.
Da un punto di vista mineralogico le argille grigio-azzurre sono costituite principalmente da illite e
in minor percentuale da clorite, caolinite, montmorillonite; la presenza di carbonati è discreta. I
fossili sono abbondanti e generalmente distribuiti in sottili letti.
Le Argille subappennine sono ricoperte in trasgressione (spesso sottolineata dalla presenza di
piccole lenti ghiaiose o da un livello di sabbie limoso-argillose carbonatico terrigene di colore
verdognolo) da depositi del terrazzo del MS 5.5 (125 mila anni b.p.) rappresentati da calcareniti e
sabbie bioclastiche, di granulometria medio – grossolana, a tessitura vacuolare, da calcilutiti e da
calciruditi in rapporto eteropico fra di loro, marcato da evidente discontinuità laterale conseguente
alle caratteristiche deposizionali originarie. La successione è generalmente rappresentata
inferiormente da sabbie medie e medio fini, stratificate, con livelli limosi e calcarenitici ed in alto
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da calcareniti ben cementate e tenaci con intercalazione di livelli poco coerenti o addirittura
sabbiosi.
Nei limiti del Quartiere Tamburi la superficie di trasgressione modellata sulle Argille subappennine
è generalmente suborizzontale, pertanto la potenza del corpo calcarenitico - sabbioso è grossomodo
costante e pari a circa 3 - 4 metri (in corrispondenza del ciglio della falesia relitta che delimita a Sud
il quartiere la potenza tende a ridursi fino anche a 2 m). Di fatto, tuttavia, la superficie di
trasgressione localmente può presentare marcate concavità (probabilmente tracce di un paesaggio
pretirreniano fossilizzato durante la trasgressione) in corrispondenza delle quali si determina
ovviamente un marcato ispessimento dei depositi di terrazzo. Una di queste depressioni sepolte è
stata intercettata ed in parte esposta dalla trincea stradale posta alla terminazione di via San
Brunone e dalla adiacente scarpata antropica del terrazzo marino, fino all’area dell'ex mercato
ortofrutticolo.
In tutta l'area rilevata i depositi di terrazzo sono in genere coperti da prodotti residuali (suoli
immaturi) di colore grigio, grigio-brunastro o raramente bruno, potenti pochi decimetri; inoltre,
frequenti sono i depositi rimaneggiati ed i riporti antropici rappresentati dai colmamenti compiuti
negli anni passati.
3.2 - Caratteri morfologici e dinamica antropica
Il quartiere Tamburi, con la sola eccezione della parte retrostante la stazione ferroviaria ( esterna
all'area di interesse) disposta su una superficie in buona parte di natura antropica posta fra 1 e 4
metri s.l.m., sorge integralmente sul margine prospiciente il Mar Piccolo del terrazzo riferito in
letteratura al MIS 5.5. Tale superficie, posta localmente tra 15 e 17 m di quota, è delimitata verso il
Mare Piccolo da una scarpata coincidente con una falesia intagliata nelle Argille subappenine, più o
meno rimodellata dagli agenti esogeni e parzialmente coperta per intervento antropico, mentre a NE
è interrotta dalla incisione del fiume Galeso che dà origine ad una ampia vallata a fondo piatto
delimitata da basse ma ripide scarpate. Indicativamente a Nord rispetto al Cimitero di San Brunone
(quindi laddove ora sorge la zona industriale) il lembo di terrazzo era originariamente delimitato da
un'ampia area endoreica, ancora visibile sulla cartografia IGM alla scala 1:25000 del 1943,
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denominata il Padule, originatasi probabilmente in seguito alla erosione delle calcareniti di terrazzo
ed alla esposizione delle sottostanti argille.
Foto 1– Successione di argille alla base e calcareniti al ciglio della falesia del Mar Piccolo.
Foto 2 – Alternanza di calcareniti, travertini, sabbie e sabbie-limose
affioranti lungo Via Galeso.
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Foto 3 – Il cappellaccio delle calcareniti dei depositi terrazzati lungo il taglio ferroviario presso Via
Galeso
I caratteri topografici e l’assetto tabulare dei corpi geologici conferiscono all’area rilevata
condizioni di sostanziale equilibrio morfodinamico. I processi morfogenetici sono pressoché inattivi
a causa della bassa energia del rilievo, condizionata dalla assenza di dislivelli significativi ed, anzi,
imposta dalla presenza di una unica superficie continua posta a circa 16 m s.l.m.. Le coperture
prodotte dall’urbanizzazione condizionano ogni processo morfodinamico superficiale naturale; in
particolare il deflusso delle acque meteoriche. In situazioni di forte urbanizzazione come quella del
Quartiere Tamburi, infatti, le estese coperture presenti modificano la permeabilità del suolo. Si
verifica pertanto che, pure in presenza di corpi rocciosi superficiali permeabili, specie in occasione
di eventi meteorici eccezionali, la quantità di acqua di precipitazione meteorica diretta, quella
dovuta all’innalzamento temporaneo della falda superficiale e quella eventualmente convogliata dai
condizionamenti urbani, possano insieme determinare alluvionamenti. Tale possibilità, si traduce
ovviamente in una situazioni di rischio. L’Autorità di Bacino della Puglia, in funzione di
considerazioni analoghe e di studi storici, proprio nel Quartiere Tamburi, nel quadrilatero
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individuato da Via De Amicis, via delle Sciare, Via Verdi e Via Archimede, ha perimetrato un’area
ad Alta Pericolosità Idraulica.
Una trattazione specifica merita anche il versante che delimita a meridione il terrazzo su cui sorge il
quartiere. Lungo le falesie che bordano il Mar Piccolo, i versanti paiono ormai stabilizzati sia
perchè i depositi limo-sabbiosi in cui sono intagliate hanno raggiunto pendenze alquanto blande sia
perché sono ormai inibiti i fenomeni di scalzamento alla base a causa della realizzazione di una
serie di strutture rigide, fra le quali il mercato ittico, che hanno sostituito le spiagge che
proteggevano la base del versante. Fenomeni di rimobilizzazione del versante attraverso
l’attivazione di frane rototraslazionali potrebbero essere possibili a seguito del taglio del piede o di
sovraccarico del ciglio, entrambe azioni che, dato il contesto geomorfologico, possono essere
prodotte solo dall'uomo. Più limitati fenomeni di crollo o di scivolamento potrebbero essere legati
alla rimobilizzazione dei depositi antropici (riporti e riempimenti) presenti lungo il versante nella
sua parte più alta.
3.3 - Caratteri idrogeologici ed assetto idrostrutturale
3.3.1 - Permeabilità ed assetto idrostrutturale
Negli studi geologici particolare attenzione merita la definizione del tipo di permeabilità delle rocce
affioranti e del coefficiente di permeabilità (K).
Sulla base dei caratteri delle diverse unità litostratigrafiche affioranti nell'area di interesse si può
affermare che i calcari mesozoici rappresentano un mezzo permeabile per fessurazione e carsismo,
le sovrastanti sottili calcareniti plio-pleistoceniche sono permeabili per fessurazione e carsismo ma
anche per porosità, la successione argilloso marnosa è praticamente impermeabile con l'esclusione
della estrema parte superiore corrispondente alla parte sommitale dei limi sabbioso-argillosi,
potente non più di 1 metro, che, come le calcareniti pleistoceniche, è un mezzo permeabile per
porosità. A questo elenco bisogna aggiungere i riporti antropici che bordano o ricoprono la falesia
costiera ed le sottili coperture detritiche presenti lungo la stessa.
Il coefficiente di permeabilità (K) è la costante di proporzionalità che lega la velocità di filtrazione
al gradiente idraulico nella Legge di Darcy. K si determina in laboratorio o meglio in situ per le
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terre ed esclusivamente in situ per le rocce litoidi attraverso la realizzazione di pozzi o pozzetti
superficiali.
Nel corso della ricerca non è stato possibile procedere alla esecuzione di tali prove, di seguito,
pertanto, sono riportati valori di K desunti dalla letteratura o ottenuti dallo scrivente nel corso di
precedenti indagini condotte in aree contermini a quella di interesse o aventi lo stesso assetto
geologico-stratigrafico. Il valore di K ascrivibile alla successione mesozoica è ben noto in
letteratura e, considerando anche le cadenti piezometriche e la velocità di deflusso della falda
nell'area di Taranto, può essere stimato dell'ordine di 10-2 - 10-3 m/s. Alle calcareniti plio-
pleistoceniche corrisponde un K pari a 10-4 ÷ 10-5 m/s. Alle Argille subappennine si può attribuire un
valore di K inferiore a 10-9 con la sola esclusione della estrema parte sommitale permeabile cui si
può associare una valore di K dell'ordine di 10-5 ÷ 10-6 m/s riferibile anche alle sovrastanti
calcareniti. Ai riporti antropici ed ai depositi di versante, in funzione del loro costipamento e della
loro granulometria, si può attribuire un valore di K compreso tra 10-4 e 10-6 m/s.
Sulla base di quanto sopra scritto e considerando anche la potenza delle diverse unità è possibile
suddividere la successione litostratigrafica che caratterizza il sottosuolo del Quartiere Tamburi in 4
unità idrogeologiche che rivestono un diverso ruolo idrostrutturale. Queste sono dalla più profonda
a quella più superficiale:
• unità calcarea profonda , corrispondente alla successione carbonatica cretaceo - pliocenica,
permeabile essenzialmente per fessurazione e carsismo, con grado di permeabilità variabile da
mediamente a molto permeabile e sede della falda di base circolante in pressione;
• unità argilloso - marnosa , corrispondente alle Argille subappennine, praticamente
impermeabile, rappresenta un aquiclude;
• unità calcarenitica superiore , corrispondente alla calcarenite pleistocenica ed
indicativamente al primo metro delle Argille subappeninne, permeabile per porosità e sede di
una falda superficiale a pelo libero sostenuta dalla sottostante unità argilloso-marnosa;
• depositi antropici e di versante , corrisponde ai depositi antropici e di versante presenti lungo
il bordo del Mar piccolo, permeabile per porosità, è sede di una falda determinata dalla
intrusione marina ma alimentata anche dagli apporti provenienti dalla falda superficiale
contenuta nell'unità calcarenitica superiore con la quale è discontinuamente in contatto laterale.
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In sintesi quindi nell'area di interesse esiste un acquifero profondo sede della cosiddetta falda di
base o profonda, confinato superiormente dalle argille subappennine, ed un acquifero superficiale
(confinato inferiormente dalle stesse argille) costituito dalla unità calcarenitica superiore e da
depositi antropici e di versante, interessato nel settore interno e più elevato in quota dalla presenza
di acque dolci e lungo il tratto costiero dalle acque di intrusione marina.
3.3.2 - Acquifero profondo e falda di base
E' parte dell'acquifero costiero che interessa l'intera Puglia ed in particolare ne costituisce un settore
marginale caratterizzato però da carichi idraulici relativamente alti. Dall'andamento della superficie
piezometrica della falda profonda che in questo settore è in pressione, è evidente la presenza di due
importanti assi di deflusso orientati grossomodo N-S ed E-W lungo i quali avviene lo sversamento
delle acque di falda nel Mar piccolo. E' così possibile individuare la presenza, ad oriente del settore
di interesse, di un'area di drenaggio di importanza regionale che funge da richiamo delle acque
provenienti da ampie porzioni dell'acquifero interno. In questo settore, la configurazione geometrica
ed il locale spessore degli acquiferi, le direttrici di principale drenaggio, i rapporti intercorrenti tra
le acque di falda circolanti nelle varie porzioni dell'acquifero, nonché quelli esistenti con le acque di
mare, risentono delle particolari modalità con le quali le differenti facies carbonatiche ed i terreni di
età diversa sono distribuiti nello spazio e vengono a contatto stratigrafico e/o tettonico tra loro. Nel
Mar Piccolo sono, infatti, presenti numerose sorgenti denominate localmente Citri attraverso le
quali si verifica la risalita delle acque della falda profonda. Fra queste sorgenti quella denominata
Citro Galeso rappresenta una delle più importanti emergenze sottomarine della falda pugliese.
Nel settore del Quartiere Tamburi il carico idraulico della falda di base è di poco superiore ad 1
metro sul livello medio del mare; tale falda inoltre è rappresentata esclusivamente da acque con un
contenuto salino compreso tra 3 e 4 g/l.
3.3.3 - Acquifero superficiale e falda superficiale
In corrispondenza del Quartiere Tamburi tale acquifero ha una potenza variabile tra 4 e 5 metri e
contiene una falda freatica che interessa la parte inferiore delle calcareniti affioranti ed i primi
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decimetri della sottostante successione argillosa, rappresentata da limi sabbiosi e coincidente
probabilmente con un fronte di alterazione.
La falda superficiale è alimentata direttamente dalle precipitazioni meteoriche e quindi la sua
superficie è soggetta a marcate oscillazioni col variare della piovosità nel corso dell'anno. Al
momento delle indagini condotte essa è stata rinvenuta tra 2 e 3 metri di profondità; la potenza
massima invece è stata determinata pari a 2 metri.
Alla scala metrica, l'andamento del letto della falda è particolarmente irregolare essendo
caratterizzato da numerose gobbe e concavità; tale evidenza è probabilmente connessa con i
caratteri della parte inferiore dell'acquifero rappresentata dall'orizzonte di alterazione delle Argille
subappennine che, per sua stessa natura, rappresenta un corpo con letto irregolare. La sua genesi è
stata infatti determinata dall'avanzamento verso il basso di un fronte di alterazione con velocità di
penetrazione variabile da punto a punto in funzione della disomogeneità ed anisotropia del substrato
roccioso e del mutare delle condizioni ambientali.
La falda superficiale non rappresenta un corpo continuo; esistono, infatti, volumi di calcareniti
anidre a diretto contatto con le sottostanti argille. Tale evidenza può essere imputata alla presenza di
volumi e lenti di calcareniti praticamente impermeabili per la profonda diagenesi e conseguente
cementazione naturale che ha prodotto completa occlusione dei pori della roccia.
Lungo la fascia costiera urbana prospiciente il Mar Piccolo l'acquifero superficiale è rappresentato
dai depositi di versante e più diffusamente dagli apporti antropici che ricoprono parzialmente o
completamente la falesia costiera. Questi materiali, giacciono costantemente sulle argille
impermeabili e sono imbibiti dell'acqua proveniente dall'entroterra e dalle acque di intrusione
marina.
Il deflusso della falda superficiale avviene dall'entroterra verso il Mar Piccolo con assi di deflusso
orientati grossomodo radialmente verso questo bacino. In corrispondenza del quartiere Tamburi
quindi tale flusso dovrebbe avvenire indicativamente da N-NNW verso S-SSE.
3.4 - Caratteri climatici
I dati meteorologici presi in esame per la definizione dei caratteri climatici dell'area oggetto di
indagine provengono da stazioni meteorologiche prossime ad essa e gestite da differenti soggetti
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pubblici o privati o sono stati raccolti per conto dell'Ufficio Idrografico e Mareografico della
Presidenza del Consiglio dei Ministri in località di volta in volta indicate.
3.4.1. Regime anemometrico
La stazioni meteorologica dalle quale sono stati attinti i dati relativi ai venti è ubicata presso Capo
San Vito e proprio da tale località prende il nome:
- San Vito Pugliese - Istituto Idrografico della Marina Militare; altitudine 10 metri sul livello del
mare; periodo di osservazione 1930-1963.
3.4.2 - Stazione di San Vito Pugliese (Taranto)
La stazione meteorologica di San Vito è situata in prossimità della costa. I dati anemometrici e
mareografici della Marina Militare rappresentano una media mensile di circa trenta anni (1930-
1963) in cui sono indicate le frequenze medie mensili in percentuale dedotte da tre osservazioni
giornaliere e la velocità del vento in km/h. Le frequenze medie percentuali in funzione della
direzione di provenienza sono state rappresentate mediante dei diagrammi a rosa dei venti suddivisi
per stagioni; la velocità del vento sempre in funzione della direzione di provenienza è stata
rappresentata, invece, mediante degli istogrammi.
I dati mostrano chiaramente che i venti più forti, ma anche i più frequenti sono il Maestrale e la
Tramontana soprattutto in Autunno-Inverno, l'Ostro e lo Scirocco maggiormente in Primavera-
Estate. Frequente, ma non molto intenso, soprattutto nei mesi più freddi è anche il Grecale mentre il
Libeccio è meno frequente ma più intenso di quest'ultimo.
La percentuale delle calme registrate è stata di circa il 10-11% in Autunno-Inverno e leggermente
più elevata in Primavera-Estate. Da un esame di settaglio del dato si può concludere che i venti
regnanti in Inverno sono il Maestrale e la Tramontana; l'astro e lo Scirocco sono regnanti in
Primavera-Estate. I venti dominanti sono sempre Maestrale, astro e Scirocco (Fig 3.1 e 3.2).
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Fig. 3.1 – Venti per stagione relativi alla stazione di Capo San Vito – Taranto.
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Fig. 3.2 – Venti per stagione relativi alla stazione di Capo San Vito – Taranto.
3.4.3 - Regime termico
Per studiare il regime termico sono stati presi in considerazione i dati forniti dall'Ufficio Idrografico
e Mareografico della Presidenza del Consiglio dei Ministri e relativi alla stazione meteorologiche di
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Taranto (altitudine 15 m sul livello del mare). La temperatura è espressa in °C ed è riportata come
media mensile dell'arco di tempo considerato (1970-1996).
L'andamento dei valori medi della (Fig. 3.3) mostra nei mesi più freddi (Dicembre, Gennaio e
Febbraio) temperature comprese tra 8 e 11°C, mentre nei periodi estivi (Giugno, Luglio e Agosto) i
valori medi di temperatura risultano essere sostanzialmente più caldi oscillando fra i 22°C e i 26°C.
3.4.4 - Regime pluviometrico
Per studiare il regime pluviometrico sono stati presi in considerazione i dati delle stazioni
meteorologiche sopra indicate estesi sempre all’intervallo temporale 1970-1996. Le precipitazioni
sono riportate come somma mensile della quantità di acqua, sotto forma di pioggia, neve e grandine
fuse in mm.
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Fig. 3.3 – Andamento delle temperature e delle precipitazioni medie mensili (1970-1996)
dell’area relativa al Comune di Taranto
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Dai dati medi delle diverse stazioni (in Fig. 3.3 si osserva che i mesi più piovosi sono quelli
autunnali ed invernali con i valori più elevati per i mesi di Ottobre, Novembre e Dicembre. La
quantità di pioggia per tale periodo oscilla tra i 50 e i 75 mm di acqua al mese. I mesi più aridi sono
invece quelli estivi (Giugno, Luglio e Agosto) con una quantità di pioggia variabile tra gli e i 28
mm di acqua al mese.
3.4.5 - Umidità relativa
Per quanto riguarda questo parametro, sono disponibili solo i dati relativi alla stazione
meteorologica di Talsano per il periodo di tempo 1973-1998.
L'umidità media relativa rappresenta la percentuale di vapore acqueo presente rispetto al valore di
saturazione a determinate condizioni di temperatura e pressione. Dai valori medi mensili di circa 25
anni si osserva che i periodi più umidi sono quelli invernali, con l'importante conseguenza della
mitigazione delle temperature del luogo, mentre quelli più secchi sono quelli estivi (Fig. 3.4).
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Fig. 3.4 – Umidità relativa misurata presso la stazione meteorologica di Talsano (1973-1998).
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4 - CONCLUSIONI
Sulla base dei dati emersi attraverso lo studio condotto è possibile affermare che nell'area
interessata dal sottoprogetto 4 il substrato geologico è rappresentato da una successione costituita
inferiormente da argille grigio-azzurre di potenza pluridecametrica e superiormente da limi sabbiosi
ed argille limoso sabbiose di colore marroncino su cui poggiano i depositi del terrazzo del MS 5.5
(125 mila anni b.p.) rappresentati da calcareniti e sabbie bioclastiche, di granulometria medio –
grossolana, a tessitura vacuolare, da calcilutiti e da calciruditi in rapporto eteropico fra di loro. I
limi sabbiosi e le argille limoso sabbiose di colore marroncino hanno potenza variabile e si possono
trovare anche interdigidati con le argille grigio – azzurre mentre i depositi di terrazzo hanno una
potenza media di 3 - 4 m..
I processi morfodinamici sono poco o per nulla attivi anche se localmente, così come evidenziato da
AdB Puglia esistono condizioni di rischio da alluvionamento o anche connesso alla dinamica dei
versanti che delimitano verso il Mar Piccolo il terrazzo marino su cui sorge il quartiere che
comunque, almeno quelli naturali, appaiono stabilizzati.
Nell'area esiste una falda superficiale che presenta una potenza media di 2 metri ed in genere si
rinviene a pochi metri dal p.c.; tale falda è contenuta nei depositi di terrazzo e sostenuta dalle
sottostanti argille; il deflusso avviene indicativamente verso il Mar Piccolo.
La falda profonda si rinviene in pressione e il suo livello statico si attesta a circa 1 m s.l.m.. I
caratteri meteoclimatici indicano scarse precipitazioni e venti regnanti e dominanti dal II e IV
quadrante.
Taranto, maggio 2010
Dott. Geol. Gianluca Selleri
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COMUNE DI TARANTO
Progetto coordinato per il risanamento del quartiere Tamburi – Bonifica Aree del Sottoprogetto n.4 Progetto esecutivo di bonifica dei suoli per annullare il rischio sanitario
Rev.1 R2 Relazione Geologica
Settembre 2013
Il progettista rappresenta che agli atti presso l’Ufficio del RUP è consultabile la
documentazione riguardante la disciplina geologica di seguito richiamata:
1. Documentazione Bibliografica riguardante il Programma Transnazionale TERRA -
Progetto POSIDONIA/Taranto, pubblicazione SIAE con documentazione scritto
grafica, depositata presso la Direzione Pianificazione Urbanistica Edilità -Quartiere
Paolo VI -Piazza Pertini 4 (nono piano) 74123 Taranto- Ufficio del Direttore
Tecnico del programma per conto del Comune di Taranto arch. Mario Francesco
ROMANDINI (nello specifico documentazione scritto grafica - disciplina geologica-
“Indagine Geologica” -tav.1, Indagine Geomorfologica tav.2 “Carta delle
Dinamiche Ambientali”- tav.3 e relazione “GEOLOGIA” del Dott. Geol. Giuseppe
MASTRONUZZI);
2. Studio Geologico Tecnico ed Idrogeologico redatto per conto del Comune di
Taranto dal Prof. Geol. Giuseppe MASTRONUZZI e Dott. Geol. Gianluca
SELLERI del 2007 (prot.n. 7215 del 2.8.2007), documentazione riguardante il
Progetto Coordinato di Risanamento del quartiere Tamburi;
3. Piano di caratterizzazione delle aree del sotto-progetto 4 Progetto Coordinato di
Risanamento del quartiere Tamburi, redatto su richiesta del Comune di Taranto
dallo Studio di Ingegneria e Ambiente dell’Ing. Tommaso FARENGA
congiuntamente al Dott. Geol. Domenico IASIELLO prot. n.181936 del
14.12.2009) approvato in CdS decisoria del 11/01/2010 (con unita “Relazione
Generale” - All.1 ,Carta Geologica E Geomorfologica- tav.2, Carta Idrogeologica -
tav.3 e Cartografia di base delle Ubicazioni delle Indagini da svolgere-tav4). Il
suddetto piano di caratterizzazione è stato oggetto di esecuzione. Le risultanze
della esecuzione del piano di caratterizzazione, congiuntamente a quelle della
Analisi di Rischio Sanitario Ambientale sito specifica, sono state di seguito
approvate in CdS Regionale decisoria del 08/06/2010.