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Ernesto Buonaiuti Storia del cristianesimo I Evo antico www.liberliber.it Ernesto Buonaiuti Storia del cristianesimo I Evo antico www.liberliber.it

E-book campione Liber Liber · duplice: la Scrittura e la tradizione: i libri sacri, cioè, e quella trasmissione della dottrina cristiana compientesi ore, scripto, praxi, mediante

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Ernesto BuonaiutiStoria del cristianesimo

IEvo antico

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Ernesto BuonaiutiStoria del cristianesimo

IEvo antico

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Questo e-book stato realizzato anche grazie al so-stegno di:

E-textWeb design, Editoria, Multimedia

(pubblica il tuo libro, o crea il tuo sito con E-text!)http://www.e-text.it/

QUESTO E-BOOK:

TITOLO: Storia del cristianesimo I Evo anticoAUTORE: Buonaiuti, ErnestoTRADUTTORE: CURATORE: NOTE:

CODICE ISBN E-BOOK:

DIRITTI DAUTORE: no

LICENZA: questo testo distribuito con la licenzaspecificata al seguente indirizzo Internet:http://www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze/

TRATTO DA: Storia del cristianesimo 1: Evo antico /Ernesto Buonaiuti. - Milano : Dall'Oglio, stampa1960. -511 p. ; 23 cm.

CODICE ISBN FONTE: Non disponibile

1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 19 settembre 2017

INDICE DI AFFIDABILITA: 1 0: affidabilit bassa 1: affidabilit media

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TITOLO: Storia del cristianesimo I Evo anticoAUTORE: Buonaiuti, ErnestoTRADUTTORE: CURATORE: NOTE:

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DIRITTI DAUTORE: no

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TRATTO DA: Storia del cristianesimo 1: Evo antico /Ernesto Buonaiuti. - Milano : Dall'Oglio, stampa1960. -511 p. ; 23 cm.

CODICE ISBN FONTE: Non disponibile

1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 19 settembre 2017

INDICE DI AFFIDABILITA: 1 0: affidabilit bassa 1: affidabilit media

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http://www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze/http://www.e-text.it/http://www.e-text.it/

2: affidabilit buona 3: affidabilit ottima

SOGGETTO:REL108020 RELIGIONE / Chiesa Cristiana / Storia

DIGITALIZZAZIONE:Paolo Alberti, [email protected]

REVISIONE:Paolo Oliva, [email protected]

IMPAGINAZIONE:Paolo Alberti, [email protected]

PUBBLICAZIONE:Catia Righi, [email protected]

Informazioni sul "progetto Manuzio"Il "progetto Manuzio" una iniziativa dell'associa-zione culturale Liber Liber. Aperto a chiunque vo-glia collaborare, si pone come scopo la pubblicazio-ne e la diffusione gratuita di opere letterarie informato elettronico. Ulteriori informazioni sono di-sponibili sul sito Internet:http://www.liberliber.it/

Aiuta anche tu il "progetto Manuzio"Se questo "libro elettronico" stato di tuo gradi-mento, o se condividi le finalit del "progetto Ma-nuzio", invia una donazione a Liber Liber. Il tuosostegno ci aiuter a far crescere ulteriormente lanostra biblioteca. Qui le istruzioni:http://www.liberliber.it/online/aiuta/

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http://www.liberliber.it/online/aiuta/http://www.liberliber.it/

Indice generale

PREFAZIONE................................................................8La conquista..................................................................17

IL'INSEGNAMENTO DI GES...............................18IIL'INTERPRETAZIONE DI PAOLO........................57IIILE COMUNIT SUB-APOSTOLICHE.................78IVLA FERMENTAZIONE GNOSTICA....................128VLA REAZIONE MARCIONITICA........................160VILO SVILUPPO DELL'APOLOGIA......................184VIIL'ACCENTRAMENTO ROMANO.......................216VIIILA TEOLOGIA DELLE PRIMESCUOLE CRISTIANE...........................................242IXCRISTIANESIMO E IMPERO..............................300XLA RIVOLUZIONE COSTANTINIANA..............332

Il successo e l'assestamento........................................377XI

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Indice generale

PREFAZIONE................................................................8La conquista..................................................................17

IL'INSEGNAMENTO DI GES...............................18IIL'INTERPRETAZIONE DI PAOLO........................57IIILE COMUNIT SUB-APOSTOLICHE.................78IVLA FERMENTAZIONE GNOSTICA....................128VLA REAZIONE MARCIONITICA........................160VILO SVILUPPO DELL'APOLOGIA......................184VIIL'ACCENTRAMENTO ROMANO.......................216VIIILA TEOLOGIA DELLE PRIMESCUOLE CRISTIANE...........................................242IXCRISTIANESIMO E IMPERO..............................300XLA RIVOLUZIONE COSTANTINIANA..............332

Il successo e l'assestamento........................................377XI

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LE CRISI DEL IV SECOLO..................................378XIIROMA E BISANZIO.............................................403XIIITEOLOGIA TRINITARIAE CRISTOLOGIA..................................................419XIVL'ARIANESIMO DEI REGNI BARBARICI........462XVAMBROGIO ED AGOSTINO...............................502XVIIL TRAPASSO DELLA CULTURA......................537XVIIIL PONTIFICATO ROMANO...............................576XVIIIL'EPISCOPATO OCCIDENTALE.........................605XIXIL MONACHISMO................................................657XXGIUSTINIANOE LA RINNOVATA UNIT IMPERIALE.............707

Bibliografia.................................................................748INDICE DEI LUOGHI...............................................799INDICE DELLE PERSONE......................................810

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LE CRISI DEL IV SECOLO..................................378XIIROMA E BISANZIO.............................................403XIIITEOLOGIA TRINITARIAE CRISTOLOGIA..................................................419XIVL'ARIANESIMO DEI REGNI BARBARICI........462XVAMBROGIO ED AGOSTINO...............................502XVIIL TRAPASSO DELLA CULTURA......................537XVIIIL PONTIFICATO ROMANO...............................576XVIIIL'EPISCOPATO OCCIDENTALE.........................605XIXIL MONACHISMO................................................657XXGIUSTINIANOE LA RINNOVATA UNIT IMPERIALE.............707

Bibliografia.................................................................748INDICE DEI LUOGHI...............................................799INDICE DELLE PERSONE......................................810

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ERNESTO BUONAIUTI

Storiadel Cristianesimo

I

EVO ANTICO

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ERNESTO BUONAIUTI

Storiadel Cristianesimo

I

EVO ANTICO

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AL MANIPOLO DI AMICICHE

SOVVENENDO L'INDIGENZA DELL'ESULE IN PATRIAHA PERMESSO

NON ANDASSE DISPERSOIL FRUTTO DI UN TRENTENNALE LAVORO

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AL MANIPOLO DI AMICICHE

SOVVENENDO L'INDIGENZA DELL'ESULE IN PATRIAHA PERMESSO

NON ANDASSE DISPERSOIL FRUTTO DI UN TRENTENNALE LAVORO

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PREFAZIONE

Ogni prefazione una conclusione. una ricapitola-zione sommaria e schematica dei princip e dei criteriche hanno presieduto alla stesura di un'opera. unaveduta di scorcio sui risultati che saranno via via espo-sti e dispiegati nel corso del lavoro.

Questa prefazione una conclusione in un duplice si-gnificato.

Prima cio di additare le linee sulle quali stata con-cepita, evocata e guidata questa Storia integrale del fat-to cristiano, vorrebbe e dovrebbe ricapitolare e fissarele direttive di marcia di una evoluzione spirituale, al cuidecorso intimamente legata la concezione del cristia-nesimo che pervade questa ricostruzione storica.

Perch un vieto e logoro pregiudizio immaginareche si possa dare storia degna di questo nome e inparticolarissimo modo storia di fenomeni spirituali ereligiosi che non coinvolga valutazioni generali e atti-tudini personali; che non tragga cio spunto e valore dauna visione normativa del fatto collettivo di cui si vuolericostruire la genesi, il decorso e il tramonto.

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PREFAZIONE

Ogni prefazione una conclusione. una ricapitola-zione sommaria e schematica dei princip e dei criteriche hanno presieduto alla stesura di un'opera. unaveduta di scorcio sui risultati che saranno via via espo-sti e dispiegati nel corso del lavoro.

Questa prefazione una conclusione in un duplice si-gnificato.

Prima cio di additare le linee sulle quali stata con-cepita, evocata e guidata questa Storia integrale del fat-to cristiano, vorrebbe e dovrebbe ricapitolare e fissarele direttive di marcia di una evoluzione spirituale, al cuidecorso intimamente legata la concezione del cristia-nesimo che pervade questa ricostruzione storica.

Perch un vieto e logoro pregiudizio immaginareche si possa dare storia degna di questo nome e inparticolarissimo modo storia di fenomeni spirituali ereligiosi che non coinvolga valutazioni generali e atti-tudini personali; che non tragga cio spunto e valore dauna visione normativa del fatto collettivo di cui si vuolericostruire la genesi, il decorso e il tramonto.

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Quando io per la prima volta, non ancora ventenne,fui iniziato agli studi di teologia e di storia ecclesiasticanelle Scuole che venivano addestrandomi all'eserciziodel Sacerdozio cattolico, due postulati erano pacifica-mente acquisiti. E i due postulati erano questi: il primoche la rivelazione cristiana fosse prevalentemente patri-monio conoscitivo; il secondo che il cristianesimo fosse,in tutto e per tutto, una cosa sola con le definizioni dog-matiche dei Concil, soprattutto dei due pi vicini: quel-lo di Trento e quello del Vaticano. Il professore di teolo-gia dogmatica non aveva altro cmpito che quello diportare a rincalzo delle definizioni conciliari, frammen-tari e isolati passi scritturali. Quello di storia ecclesia-stica, dal canto suo, aveva unicamente il cmpito di di-mostrare che la dogmatica e la disciplina di Trento edel Vaticano erano gi tutte intiere nella Chiesa di SanCipriano, anzi di Clemente Romano.

Non ci volle molto perch mi accorgessi che se il pro-fessore di dogmatica doveva fare il pi crudele scempiodelle testimonianze bibliche e patristiche per trarle asostegno del Tridentino e del Vaticano, il professore distoria ecclesiastica era costretto a fare scempio crude-lissimo della realt storica, per costringerla sul letto diProcuste dei suoi schemi dogmatico-teologali.

Fu il primo colpo alla mia convinzione ortodossa.Ma non fu il decisivo e il definitivo.

In contrapposizione alla dogmatica riformata, che fadella parola rivelata la fonte esclusiva della verit reli-giosa, la dogmatica cattolica riconosce un secondo

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Quando io per la prima volta, non ancora ventenne,fui iniziato agli studi di teologia e di storia ecclesiasticanelle Scuole che venivano addestrandomi all'eserciziodel Sacerdozio cattolico, due postulati erano pacifica-mente acquisiti. E i due postulati erano questi: il primoche la rivelazione cristiana fosse prevalentemente patri-monio conoscitivo; il secondo che il cristianesimo fosse,in tutto e per tutto, una cosa sola con le definizioni dog-matiche dei Concil, soprattutto dei due pi vicini: quel-lo di Trento e quello del Vaticano. Il professore di teolo-gia dogmatica non aveva altro cmpito che quello diportare a rincalzo delle definizioni conciliari, frammen-tari e isolati passi scritturali. Quello di storia ecclesia-stica, dal canto suo, aveva unicamente il cmpito di di-mostrare che la dogmatica e la disciplina di Trento edel Vaticano erano gi tutte intiere nella Chiesa di SanCipriano, anzi di Clemente Romano.

Non ci volle molto perch mi accorgessi che se il pro-fessore di dogmatica doveva fare il pi crudele scempiodelle testimonianze bibliche e patristiche per trarle asostegno del Tridentino e del Vaticano, il professore distoria ecclesiastica era costretto a fare scempio crude-lissimo della realt storica, per costringerla sul letto diProcuste dei suoi schemi dogmatico-teologali.

Fu il primo colpo alla mia convinzione ortodossa.Ma non fu il decisivo e il definitivo.

In contrapposizione alla dogmatica riformata, che fadella parola rivelata la fonte esclusiva della verit reli-giosa, la dogmatica cattolica riconosce un secondo

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principio e una seconda fonte di certezza spirituale. Diquesto secondo principio mi parve allora si potesse edovesse fare un uso ben pi vasto e duttile di quanto inpratica non ne facessero gli interpreti canonici ufficialidella dottrina ortodossa. Questo secondo principio latradizione.

del novembre 1905 un mio articolo sulla Rivistastorico-critica delle scienze teologiche circa il dogmanella storia. Questo articolo mi valse il primo violentoattacco della Civilt Cattolica e di conseguenza micost il posto di insegnante nelle Scuole teologiche delPontificio Seminario Romano.

A buon conto, quasi presentendo la bufera, io avevocercato un riparo all'ombra di una porpora venerata emai sconfessata: quella del Cardinal Newman.

Io prendevo lo spunto da alcune auree parole delgrande convertito nell'Essay on the Development ofChristian Doctrine (Ch. II): Se il cristianesimo unfatto, se incide un concetto di se stesso nell'anima no-stra, e si offre alla ragione come argomento di riflessio-ne, col tempo questo concetto si rifranger in una mol-titudine di idee e di aspetti di idee, fra loro armonica-mente connessi in un tutto integrale e immutabile, comeil fatto oggettivo di cui sono la rappresentazione. unapropriet singolare del nostro spirito il non poter co-gliere un oggetto ad esso presentato, nella sua naturaleintegrit.

E io, da buon latino, sensibile cio all'apporto dellaesperienza associata alla delineazione e alla delimita-

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principio e una seconda fonte di certezza spirituale. Diquesto secondo principio mi parve allora si potesse edovesse fare un uso ben pi vasto e duttile di quanto inpratica non ne facessero gli interpreti canonici ufficialidella dottrina ortodossa. Questo secondo principio latradizione.

del novembre 1905 un mio articolo sulla Rivistastorico-critica delle scienze teologiche circa il dogmanella storia. Questo articolo mi valse il primo violentoattacco della Civilt Cattolica e di conseguenza micost il posto di insegnante nelle Scuole teologiche delPontificio Seminario Romano.

A buon conto, quasi presentendo la bufera, io avevocercato un riparo all'ombra di una porpora venerata emai sconfessata: quella del Cardinal Newman.

Io prendevo lo spunto da alcune auree parole delgrande convertito nell'Essay on the Development ofChristian Doctrine (Ch. II): Se il cristianesimo unfatto, se incide un concetto di se stesso nell'anima no-stra, e si offre alla ragione come argomento di riflessio-ne, col tempo questo concetto si rifranger in una mol-titudine di idee e di aspetti di idee, fra loro armonica-mente connessi in un tutto integrale e immutabile, comeil fatto oggettivo di cui sono la rappresentazione. unapropriet singolare del nostro spirito il non poter co-gliere un oggetto ad esso presentato, nella sua naturaleintegrit.

E io, da buon latino, sensibile cio all'apporto dellaesperienza associata alla delineazione e alla delimita-

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zione di ogni credenza normativa, parafrasavo con ognicautela cos:

La Chiesa ci insegna che la fonte della rivelazione duplice: la Scrittura e la tradizione: i libri sacri, cio, equella trasmissione della dottrina cristiana compientesiore, scripto, praxi, mediante la quale tutte le generazio-ni dei fedeli passano nei secoli avvinte da un indissolu-bile nesso di dipendenza morale. Ora, il concetto dellatradizione non un concetto statico, ma un concettointimamente, eminentemente dinamico. Vale a dire: essonon sbarra la via al cammino fruttuoso del pensieroevangelico, ma lo accompagna, lo esprime, lo rivela, intutte le sue reviviscenze progressive. Riflettiamo cheuna delle conquiste pi notevoli della psicologia con-temporanea la determinazione di una sfera di fenome-ni spirituali che sfugge alla presa della coscienza rifles-sa e si cela in una indecifrabile penombra di interiorit.Qualcosa di simile sussiste nella vita perenne dellaChiesa. Non tutto ci che in essa palpita, non tutto ciche essa nasconde, non tutto ci onde ininterrotta-mente alimentata, cade sotto la percezione della scien-za. C' nel vasto operare dei fedeli, nelle impercettibilivibrazioni dell'anima religiosa collettiva, una parte chesi ribella alla luce della cultura e che sfugge alla esplo-razione della ricerca metodica. Ebbene: in questaparte, refrattaria ai ricercatori di dati positivi, che sicompie l'intima fecondazione della dottrina cristiana.

Noi possiamo sostenere questo apparente parados-so: la tradizione anticipa l'avvenire e si dispone a illu-

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zione di ogni credenza normativa, parafrasavo con ognicautela cos:

La Chiesa ci insegna che la fonte della rivelazione duplice: la Scrittura e la tradizione: i libri sacri, cio, equella trasmissione della dottrina cristiana compientesiore, scripto, praxi, mediante la quale tutte le generazio-ni dei fedeli passano nei secoli avvinte da un indissolu-bile nesso di dipendenza morale. Ora, il concetto dellatradizione non un concetto statico, ma un concettointimamente, eminentemente dinamico. Vale a dire: essonon sbarra la via al cammino fruttuoso del pensieroevangelico, ma lo accompagna, lo esprime, lo rivela, intutte le sue reviviscenze progressive. Riflettiamo cheuna delle conquiste pi notevoli della psicologia con-temporanea la determinazione di una sfera di fenome-ni spirituali che sfugge alla presa della coscienza rifles-sa e si cela in una indecifrabile penombra di interiorit.Qualcosa di simile sussiste nella vita perenne dellaChiesa. Non tutto ci che in essa palpita, non tutto ciche essa nasconde, non tutto ci onde ininterrotta-mente alimentata, cade sotto la percezione della scien-za. C' nel vasto operare dei fedeli, nelle impercettibilivibrazioni dell'anima religiosa collettiva, una parte chesi ribella alla luce della cultura e che sfugge alla esplo-razione della ricerca metodica. Ebbene: in questaparte, refrattaria ai ricercatori di dati positivi, che sicompie l'intima fecondazione della dottrina cristiana.

Noi possiamo sostenere questo apparente parados-so: la tradizione anticipa l'avvenire e si dispone a illu-

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minarlo, mediante lo sforzo stesso compiuto per rima-nere fedele al passato.

Quando Ges Cristo apparso nella nostra carneed ha suscitato intorno a s con la sua parola una no-vella umanit, non ha affidato tutti i tesori della sua re-denzione alle formule trasmesse poi nell'insegnamentodegli Apostoli. San Giovanni ha detto espressamenteche dalle labbra divine innumerevoli parole son cadutesulle anime aperte e trepidanti in riceverle. Quale scrit-to le ha portate ai venturi? Eppure non sono andateperdute. Hanno bagnato le zolle della coscienza umana.L'hanno modellata con le loro vaste applicazioni. Han-no atteso, sotto il gelo della momentanea irriflessione,la primavera del lucido pensiero. L'evoluzione del dog-ma nasce da questo lento maturare della buona novellain seno all'umanit. Ogni giorno, ad ogni istante, lacollettivit dei fedeli sembra affacciarsi ansiosamentesugli orli inesplorati della coscienza, per riconoscerenella piena luce della consapevolezza quei filoni aureiche Cristo vi ha deposto e che fino a ieri forse giacque-ro nascosti in noi. Perch la Chiesa non solo edificatasul Cristo ma dal Cristo, e la piena significazione diquesta proposizione vuol dire che, sempre, costante-mente, Cristo vive ed opera nella coscienza della socie-t credente. La storia della teologia non pu prescinde-re da questo stato di cose. Non pu ritenere che la fededi tante generazioni stia tutta nelle fredde testimonianzedei suoi interpreti ufficiali. Invisibili, innumerevoli altrilegami congiungono noi al Cristo. Senza di essi il cri-

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minarlo, mediante lo sforzo stesso compiuto per rima-nere fedele al passato.

Quando Ges Cristo apparso nella nostra carneed ha suscitato intorno a s con la sua parola una no-vella umanit, non ha affidato tutti i tesori della sua re-denzione alle formule trasmesse poi nell'insegnamentodegli Apostoli. San Giovanni ha detto espressamenteche dalle labbra divine innumerevoli parole son cadutesulle anime aperte e trepidanti in riceverle. Quale scrit-to le ha portate ai venturi? Eppure non sono andateperdute. Hanno bagnato le zolle della coscienza umana.L'hanno modellata con le loro vaste applicazioni. Han-no atteso, sotto il gelo della momentanea irriflessione,la primavera del lucido pensiero. L'evoluzione del dog-ma nasce da questo lento maturare della buona novellain seno all'umanit. Ogni giorno, ad ogni istante, lacollettivit dei fedeli sembra affacciarsi ansiosamentesugli orli inesplorati della coscienza, per riconoscerenella piena luce della consapevolezza quei filoni aureiche Cristo vi ha deposto e che fino a ieri forse giacque-ro nascosti in noi. Perch la Chiesa non solo edificatasul Cristo ma dal Cristo, e la piena significazione diquesta proposizione vuol dire che, sempre, costante-mente, Cristo vive ed opera nella coscienza della socie-t credente. La storia della teologia non pu prescinde-re da questo stato di cose. Non pu ritenere che la fededi tante generazioni stia tutta nelle fredde testimonianzedei suoi interpreti ufficiali. Invisibili, innumerevoli altrilegami congiungono noi al Cristo. Senza di essi il cri-

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stianesimo sarebbe una religione di pergamene e unafede di amanuensi.

Come appare pertanto arbitrario l'argomento che iteologi fino a ieri hanno ricavato con un facilismo pie-no di disinvoltura, a sostegno delle loro tesi pi sottilida un nudo e stilizzato catalogo di citazioni patristiche,che rassomigliano stranamente alle bende funerariecon cui l'antico Egitto rivestiva le mummie!.

Cos io scrivevo nel 1905. Pi che un trentennio diesperienze e di studio mi ha mostrato sempre megliocome la ortodossia ufficiale e curiale sia ormai radical-mente negata a comprendere la portata stupenda delconcetto vivente della tradizione. Ha rinnegato cio leragioni stesse della sua esistenza.

Ma un trentennio di esperienza e di studio della sto-ria della religiosit cristiana ed extracristiana io nonsono mai riuscito a vedere, non dico divergenti, ma nep-pure dissociate, l'esperienza e la critica mi ha inse-gnato infinitamente di pi.

Mi ha insegnato innanzi tutto che le grandi predica-zioni religiose riformatrici quelle predicazioni religio-se, cio, che hanno segnato l'avvento delle religioni su-periori non sono state mai, e non avrebbero per defi-nizione potuto esserlo, visioni speculative del mondo eschematizzazioni razionali della realt. Sono state, piut-tosto, uniformemente e per essenza, indicazione norma-tiva di atteggiamenti sacrali, cio pre-razionali e spiri-tuali, al cospetto della vita associata e dei suoi fatti ele-mentari: l'amore, il dolore, il rimorso, la morte. Le tra-

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stianesimo sarebbe una religione di pergamene e unafede di amanuensi.

Come appare pertanto arbitrario l'argomento che iteologi fino a ieri hanno ricavato con un facilismo pie-no di disinvoltura, a sostegno delle loro tesi pi sottilida un nudo e stilizzato catalogo di citazioni patristiche,che rassomigliano stranamente alle bende funerariecon cui l'antico Egitto rivestiva le mummie!.

Cos io scrivevo nel 1905. Pi che un trentennio diesperienze e di studio mi ha mostrato sempre megliocome la ortodossia ufficiale e curiale sia ormai radical-mente negata a comprendere la portata stupenda delconcetto vivente della tradizione. Ha rinnegato cio leragioni stesse della sua esistenza.

Ma un trentennio di esperienza e di studio della sto-ria della religiosit cristiana ed extracristiana io nonsono mai riuscito a vedere, non dico divergenti, ma nep-pure dissociate, l'esperienza e la critica mi ha inse-gnato infinitamente di pi.

Mi ha insegnato innanzi tutto che le grandi predica-zioni religiose riformatrici quelle predicazioni religio-se, cio, che hanno segnato l'avvento delle religioni su-periori non sono state mai, e non avrebbero per defi-nizione potuto esserlo, visioni speculative del mondo eschematizzazioni razionali della realt. Sono state, piut-tosto, uniformemente e per essenza, indicazione norma-tiva di atteggiamenti sacrali, cio pre-razionali e spiri-tuali, al cospetto della vita associata e dei suoi fatti ele-mentari: l'amore, il dolore, il rimorso, la morte. Le tra-

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scrizioni concettuali di questi atteggiamenti in formuledogmatiche, come la sistemazione gerarchica della di-sciplina dei gruppi costituitisi sulla base dei nuovi valo-ri, sono venute pi tardi. E sono state le une e le altredeterminate e guidate dalle esigenze del proselitismo edello spirito associativo. Il loro avvento stato in paritempo una necessit indeclinabile e uno svantaggio ir-reparabile. Perch non si d costituzione di una verasociet religiosa a tendenze ecumeniche, senza il sussi-dio e il sostegno delle idee universali. Ma in pari temponon si d trascrizione concettuale di atteggiamenti sa-crali al cospetto dei misteri augusti della vita cosmica edella vita umana associata, senza raffreddamento e di-spersione del primitivo fuoco di fede e di entusiasmo.

Ed ecco profilarsi il grande dramma cristiano.Nato come annuncio di palingenesi e di salvezza, col-

lettive e imminenti nel Regno; come consegna austera esolenne affidata ad una minoranza eletta nel mondo; ilcristianesimo si portava in cuore tendenze ecumenico-cattoliche e un vastissimo programma sociale.

L'esplicazione di tali tendenze ecumeniche e l'attua-zione dell'inaudito programma (una citt di Dio da in-staurarsi nel mondo, che la citt di Satana) imponeva-no un progressivo arricchimento concettuale e un in-quadramento disciplinare sempre pi rigido. Per viveree per fruttificare nel mondo, il cristianesimo fu condan-nato cos a snaturarsi e a degenerare. La comunit deisanti nelle cose sante fu condannata a quelle contami-

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scrizioni concettuali di questi atteggiamenti in formuledogmatiche, come la sistemazione gerarchica della di-sciplina dei gruppi costituitisi sulla base dei nuovi valo-ri, sono venute pi tardi. E sono state le une e le altredeterminate e guidate dalle esigenze del proselitismo edello spirito associativo. Il loro avvento stato in paritempo una necessit indeclinabile e uno svantaggio ir-reparabile. Perch non si d costituzione di una verasociet religiosa a tendenze ecumeniche, senza il sussi-dio e il sostegno delle idee universali. Ma in pari temponon si d trascrizione concettuale di atteggiamenti sa-crali al cospetto dei misteri augusti della vita cosmica edella vita umana associata, senza raffreddamento e di-spersione del primitivo fuoco di fede e di entusiasmo.

Ed ecco profilarsi il grande dramma cristiano.Nato come annuncio di palingenesi e di salvezza, col-

lettive e imminenti nel Regno; come consegna austera esolenne affidata ad una minoranza eletta nel mondo; ilcristianesimo si portava in cuore tendenze ecumenico-cattoliche e un vastissimo programma sociale.

L'esplicazione di tali tendenze ecumeniche e l'attua-zione dell'inaudito programma (una citt di Dio da in-staurarsi nel mondo, che la citt di Satana) imponeva-no un progressivo arricchimento concettuale e un in-quadramento disciplinare sempre pi rigido. Per viveree per fruttificare nel mondo, il cristianesimo fu condan-nato cos a snaturarsi e a degenerare. La comunit deisanti nelle cose sante fu condannata a quelle contami-

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nazioni che sono inseparabili da ogni pellegrinaggio eda ogni ministero nel mondo.

Evidentemente la disseminazione del messaggio cri-stiano e la costituzione della Chiesa visibile portavanoin se stesse il correttivo e l'antidoto.

Affinch l'indispensabile armamentario ideologico el'inevitabile rivestimento burocratico non prendessero ilsopravvento sull'essenza carismatica della cristianit,ogni sistemazione dogmatico-dottrinale e ogni codicecuriale avrebbero dovuto conservare gelosamente ilsenso della loro subordinazione alle leggi e alle finalitdella superiore economia nello Spirito.

Soprattutto, la societ uscita dal Vangelo non avreb-be mai dovuto dimenticare che la sua forza non era enon avrebbe mai potuto essere nei sistemi dell'apologe-tica razionale e negli schemi contabili di una casisticaforensica.

Il giorno in cui l'equilibrio instabile tra carisma e sil-logismo, tra fede e disciplina, fosse stato spezzato nellaChiesa a vantaggio di un'arida dialettica filosofica e diuna amministrazione burocratica di pratiche sacramen-tali, quel giorno il cristianesimo, nei suoi connotati es-senziali e nella sua inequivocabile originalit di religio-ne destinata alla fermentazione spirituale della vita as-sociata, sarebbe morto.

Il cristianesimo come grande forza sociale avrebbegi da tempo percorso tutta la sua dinamica traiettoria?Il dramma della sua fruttificazione civile nella tradizio-

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nazioni che sono inseparabili da ogni pellegrinaggio eda ogni ministero nel mondo.

Evidentemente la disseminazione del messaggio cri-stiano e la costituzione della Chiesa visibile portavanoin se stesse il correttivo e l'antidoto.

Affinch l'indispensabile armamentario ideologico el'inevitabile rivestimento burocratico non prendessero ilsopravvento sull'essenza carismatica della cristianit,ogni sistemazione dogmatico-dottrinale e ogni codicecuriale avrebbero dovuto conservare gelosamente ilsenso della loro subordinazione alle leggi e alle finalitdella superiore economia nello Spirito.

Soprattutto, la societ uscita dal Vangelo non avreb-be mai dovuto dimenticare che la sua forza non era enon avrebbe mai potuto essere nei sistemi dell'apologe-tica razionale e negli schemi contabili di una casisticaforensica.

Il giorno in cui l'equilibrio instabile tra carisma e sil-logismo, tra fede e disciplina, fosse stato spezzato nellaChiesa a vantaggio di un'arida dialettica filosofica e diuna amministrazione burocratica di pratiche sacramen-tali, quel giorno il cristianesimo, nei suoi connotati es-senziali e nella sua inequivocabile originalit di religio-ne destinata alla fermentazione spirituale della vita as-sociata, sarebbe morto.

Il cristianesimo come grande forza sociale avrebbegi da tempo percorso tutta la sua dinamica traiettoria?Il dramma della sua fruttificazione civile nella tradizio-

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ne della spiritualit mediterranea gi pervenuto datempo al suo epilogo?

Questa storia vuole essere la risposta ai due inquie-tanti quesiti.

Chi scrive non si dissimula affatto l'arditezza dellesue conclusioni.

Ma l'omaggio alla verit il pi imperioso e cogentedovere della creatura ragionevole.

E quell'omaggio sacro, se reca in s due contrasse-gni: il disinteresse e la buona fede.

Roma, 1 gennaio 1942ERNESTO BUONAIUTI

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ne della spiritualit mediterranea gi pervenuto datempo al suo epilogo?

Questa storia vuole essere la risposta ai due inquie-tanti quesiti.

Chi scrive non si dissimula affatto l'arditezza dellesue conclusioni.

Ma l'omaggio alla verit il pi imperioso e cogentedovere della creatura ragionevole.

E quell'omaggio sacro, se reca in s due contrasse-gni: il disinteresse e la buona fede.

Roma, 1 gennaio 1942ERNESTO BUONAIUTI

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La conquista

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La conquista

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IL'INSEGNAMENTO DI GES

Era l'anno XV del governo di Tiberio Cesare. PonzioPilato reggeva la Giudea. Era tetrarca della Galilea Ero-de. Suo fratello Filippo era tetrarca della Iturea e dellaregione Traconitide. Lisania era tetrarca della Abilene.Erano Sommi Pontefici Anna e Caifa. Ed ecco che laParola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria. EGiovanni si di a percorrere tutto il territorio del Gior-dano, predicando il battesimo della conversione. Il ter-zo Vangelo canonico, il Vangelo che porta il nome diLuca, ha voluto ben circoscrivere cronologicamente(III, l e ss.) l'inizio della buona novella merc un set-tuplice sincronismo, passando in rassegna, a cominciareda Roma e finendo col Sinedrio Gerosolimitano, tutti ipoteri che potevano offrire un riferimento temporale allaesplosione della nuova profezia.

Augusto era morto il 19 agosto del 14. Il 15 anno diTiberio corrisponde pertanto al 28. Nato prima dellamorte di Erode il grande, Ges doveva avere circa 32anni quando scese nelle acque del Giordano per ricevereil battesimo di Giovanni.

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IL'INSEGNAMENTO DI GES

Era l'anno XV del governo di Tiberio Cesare. PonzioPilato reggeva la Giudea. Era tetrarca della Galilea Ero-de. Suo fratello Filippo era tetrarca della Iturea e dellaregione Traconitide. Lisania era tetrarca della Abilene.Erano Sommi Pontefici Anna e Caifa. Ed ecco che laParola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria. EGiovanni si di a percorrere tutto il territorio del Gior-dano, predicando il battesimo della conversione. Il ter-zo Vangelo canonico, il Vangelo che porta il nome diLuca, ha voluto ben circoscrivere cronologicamente(III, l e ss.) l'inizio della buona novella merc un set-tuplice sincronismo, passando in rassegna, a cominciareda Roma e finendo col Sinedrio Gerosolimitano, tutti ipoteri che potevano offrire un riferimento temporale allaesplosione della nuova profezia.

Augusto era morto il 19 agosto del 14. Il 15 anno diTiberio corrisponde pertanto al 28. Nato prima dellamorte di Erode il grande, Ges doveva avere circa 32anni quando scese nelle acque del Giordano per ricevereil battesimo di Giovanni.

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Riconosceva dunque il valore del suo messaggio ed ilsignificato simbolico della sua iniziazione nella abluzio-ne.

Ed pieno di valore il particolare che per indicarel'inizio della predicazione di Giovanni, il medesimoevangelista adopera lo stesso inciso che il Profeta Gere-mia aveva usato per esprimere il mistero carismaticodella propria vocazione. La Parola di Jahv mi fu rivol-ta al tempo di Giosia figliolo di Aman re di Giudeal'anno 13 del suo regno. La Parola di Jahv mi fu rivol-ta in questi termini: Prima che io ti avessi formato nelseno di tua madre, io ti conoscevo: e prima che tu uscis-si dal suo seno io ti avevo consacrato e ti avevo costitui-to profeta delle genti (I, 1-4).

Per esplicita ammissione del pi vivo e colorito fra iredattori evangelici, il messaggio giovanneo, prodromodel messaggio cristiano, appare nei suoi caratteri primi-gen come una impetuosa e purificata reviviscenza dellatradizione profetica. Una delle ultime parole di questaera stata un annuncio di universalit religiosa e una mi-naccia di palingenesi politica: Io non ritraggo pi davoi alcun compiacimento, dice il Signore degli eserciti;non voglio pi ricevere dalle vostre mani alcuna obla-zione. Perch, ecco, da levante a ponente insigne ilmio nome tra le genti, e in ogni luogo mi viene offertoun sacrificio mondo, al mio nome viene immolataun'oblazione pura... Io mander il mio angelo precurso-re, dice Jahv, perch mi spiani il cammino e improvvi-samente perverr al suo tempio il Signore, che voi cer-

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Riconosceva dunque il valore del suo messaggio ed ilsignificato simbolico della sua iniziazione nella abluzio-ne.

Ed pieno di valore il particolare che per indicarel'inizio della predicazione di Giovanni, il medesimoevangelista adopera lo stesso inciso che il Profeta Gere-mia aveva usato per esprimere il mistero carismaticodella propria vocazione. La Parola di Jahv mi fu rivol-ta al tempo di Giosia figliolo di Aman re di Giudeal'anno 13 del suo regno. La Parola di Jahv mi fu rivol-ta in questi termini: Prima che io ti avessi formato nelseno di tua madre, io ti conoscevo: e prima che tu uscis-si dal suo seno io ti avevo consacrato e ti avevo costitui-to profeta delle genti (I, 1-4).

Per esplicita ammissione del pi vivo e colorito fra iredattori evangelici, il messaggio giovanneo, prodromodel messaggio cristiano, appare nei suoi caratteri primi-gen come una impetuosa e purificata reviviscenza dellatradizione profetica. Una delle ultime parole di questaera stata un annuncio di universalit religiosa e una mi-naccia di palingenesi politica: Io non ritraggo pi davoi alcun compiacimento, dice il Signore degli eserciti;non voglio pi ricevere dalle vostre mani alcuna obla-zione. Perch, ecco, da levante a ponente insigne ilmio nome tra le genti, e in ogni luogo mi viene offertoun sacrificio mondo, al mio nome viene immolataun'oblazione pura... Io mander il mio angelo precurso-re, dice Jahv, perch mi spiani il cammino e improvvi-samente perverr al suo tempio il Signore, che voi cer-

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cate, l'angelo dell'alleanza, che voi desiderate. Guardate:arriva. Ma chi mai potr affrontare il giorno della suavenuta, e chi mai riuscir a tenersi ritto dinanzi al fulgo-re della sua apparizione? ...Spunta il giorno, fiammeg-giante come una fornace, in cui tutti gli iniqui e i prepo-tenti, fatti simili ad arida paglia, saranno consumati dalfuoco: nulla ne sopravviver. Sulle vostre fronti invece,tementi il Suo nome, sorger un sole di giustizia, i cuiraggi si appelleranno: riparazione. Voi ne trasalirete digioia e ne tripudierete, come vitelli tratti fuori dalla lorclausura. E gli empi cadranno sotto i vostri piedi, comecenere spenta (MAL. I e III). All'ammonimento profeti-co era succeduta l'apocalittica anonima e popolare.

Dalle sue descrizioni del giorno del Signore, la pietgiudaica aveva tratto alimento per la sua paziente aspet-tativa.

Tristi giorni correvano per la societ ebraica, da quan-do le discordie domestiche si erano insinuate nella dina-stia teocratica degli Asmonei, offuscando sinistramentela gloria epica dei suoi patriottici inizi e fiaccando le ca-pacit della sua resistenza! La rivalit di Aristobulo IIcontro Ircano II, il suo sforzo per usurparne le cumulatedignit di re e di sommo sacerdote, offrivano il destro aPompeo, spiante l'occasione di penetrare nello statomaccabaico onde attuare il suo grande sogno di riorga-nizzazione della Siria, di ingerirsi nella politica internadel Giudaismo. Pi accessibili alle voci del rancore chea quelle della carit di patria, i partigiani di Ircano glispalancarono le porte di Gerusalemme. Nonostante la

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cate, l'angelo dell'alleanza, che voi desiderate. Guardate:arriva. Ma chi mai potr affrontare il giorno della suavenuta, e chi mai riuscir a tenersi ritto dinanzi al fulgo-re della sua apparizione? ...Spunta il giorno, fiammeg-giante come una fornace, in cui tutti gli iniqui e i prepo-tenti, fatti simili ad arida paglia, saranno consumati dalfuoco: nulla ne sopravviver. Sulle vostre fronti invece,tementi il Suo nome, sorger un sole di giustizia, i cuiraggi si appelleranno: riparazione. Voi ne trasalirete digioia e ne tripudierete, come vitelli tratti fuori dalla lorclausura. E gli empi cadranno sotto i vostri piedi, comecenere spenta (MAL. I e III). All'ammonimento profeti-co era succeduta l'apocalittica anonima e popolare.

Dalle sue descrizioni del giorno del Signore, la pietgiudaica aveva tratto alimento per la sua paziente aspet-tativa.

Tristi giorni correvano per la societ ebraica, da quan-do le discordie domestiche si erano insinuate nella dina-stia teocratica degli Asmonei, offuscando sinistramentela gloria epica dei suoi patriottici inizi e fiaccando le ca-pacit della sua resistenza! La rivalit di Aristobulo IIcontro Ircano II, il suo sforzo per usurparne le cumulatedignit di re e di sommo sacerdote, offrivano il destro aPompeo, spiante l'occasione di penetrare nello statomaccabaico onde attuare il suo grande sogno di riorga-nizzazione della Siria, di ingerirsi nella politica internadel Giudaismo. Pi accessibili alle voci del rancore chea quelle della carit di patria, i partigiani di Ircano glispalancarono le porte di Gerusalemme. Nonostante la

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difesa accanita di pochi nazionalisti, Pompeo, in un sa-bato dell'autunno del 69, penetrava nel Tempio, e viola-va la soglia del Santo dei Santi. Seguendo i consueti cri-teri politici di Roma in levante, che mirava a stabilireutili sostegni sulle comunit urbane di tipo greco, Pom-peo affranc dalla supremazia giudaica le citt costiereda Rafia a sud, a Dera a nord, come tutti i centri nongiudaici della Perea, oltre Scitopoli e Samaria, conglo-bate nella giurisdizione del Governatore della nuovaprovincia di Siria. La porzione strettamente giudaica delregno costituito a prezzo di tanto sangue dai figli di Ma-tatia, fu lasciata a Giovanni Ircano, riconosciuto comesommo sacerdote, ma spogliato di ogni potere regale.Tutto il paese fu sottoposto a tributi. Ma poich l'umi-liante riduzione di poteri non riusc ad estinguere la ge-losia, l'emulazione e i rancori tra i figli degeneri dellaregina Alessandra, Gabinio spogliava definitivamente,nel 57 a. C., Ircano di tutti i suoi poteri civili e ripartivail territorio in cinque distretti indipendenti, amministratida altrettanti collegi oligarchici. Le guerre civili diRoma si ripercossero sensibilmente sull'atteggiamentodei partiti in Oriente. Cesare tent in un primo momentodi avvalersi degli emuli domestici di Ircano, per com-battere il superstite partito di Pompeo in Siria. Ma glie-ne vennero meno gli strumenti e poich l'idumeo Anti-patro, gi governatore dell'Idumea per delegazione di Ir-cano, si era battuto valorosamente a Pelusio per la suacausa, lo costitu procuratore di Ircano stesso, al qualerestitu il potere etnarcale sui giudei, di cui Gabinio lo

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difesa accanita di pochi nazionalisti, Pompeo, in un sa-bato dell'autunno del 69, penetrava nel Tempio, e viola-va la soglia del Santo dei Santi. Seguendo i consueti cri-teri politici di Roma in levante, che mirava a stabilireutili sostegni sulle comunit urbane di tipo greco, Pom-peo affranc dalla supremazia giudaica le citt costiereda Rafia a sud, a Dera a nord, come tutti i centri nongiudaici della Perea, oltre Scitopoli e Samaria, conglo-bate nella giurisdizione del Governatore della nuovaprovincia di Siria. La porzione strettamente giudaica delregno costituito a prezzo di tanto sangue dai figli di Ma-tatia, fu lasciata a Giovanni Ircano, riconosciuto comesommo sacerdote, ma spogliato di ogni potere regale.Tutto il paese fu sottoposto a tributi. Ma poich l'umi-liante riduzione di poteri non riusc ad estinguere la ge-losia, l'emulazione e i rancori tra i figli degeneri dellaregina Alessandra, Gabinio spogliava definitivamente,nel 57 a. C., Ircano di tutti i suoi poteri civili e ripartivail territorio in cinque distretti indipendenti, amministratida altrettanti collegi oligarchici. Le guerre civili diRoma si ripercossero sensibilmente sull'atteggiamentodei partiti in Oriente. Cesare tent in un primo momentodi avvalersi degli emuli domestici di Ircano, per com-battere il superstite partito di Pompeo in Siria. Ma glie-ne vennero meno gli strumenti e poich l'idumeo Anti-patro, gi governatore dell'Idumea per delegazione di Ir-cano, si era battuto valorosamente a Pelusio per la suacausa, lo costitu procuratore di Ircano stesso, al qualerestitu il potere etnarcale sui giudei, di cui Gabinio lo

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aveva spogliato. Il provvedimento fu di una raffinata ac-cortezza. Ponendo ai fianchi di Ircano il sagace ed ambi-zioso idumeo, che era stato in passato suo gagliardo fau-tore nella lotta domestica con Aristobulo, Cesare potpensare che i vecchi vincoli di leale amicizia fra i due sisarebbero infranti: una loro possibile gelosia avrebbe ungiorno favorito lo spodestamento della popolare dinastiamaccabaica e una successione idumea avrebbe potutorendere quando che fosse pi facile e pi sicuro il domi-nio di Roma sulla razza d'Israele. La terra di Edom erastata soggiogata da Giovanni Ircano solo nel 128 avantiCristo e costretta ad abbracciare il giudaismo: la conver-sione recente era ricordata con dispregiativo sussiegodagli israeliti puri, che non potevano concedere agli idu-mei altro appellativo che quello di semigiudei. MaCesare non doveva raccogliere i frutti del suo calcoloconsumato. Dopo le tragiche idi di marzo del 44, CassioLongino, contro la volont del Senato, si trasferiva inSiria, da lui reclamata come propria provincia. Antipa-tro aveva in antecedenza nominato i suoi due figli, Fa-sael ed Erode, strateghi, rispettivamente, della regionegerosolimitana e della Galilea. Gli scaltri idumei nondiedero prova di eccessiva gratitudine al creatore dellaloro fortuna, Cesare, e si rivolsero, senza scrupoli, alnuovo astro sorgente. Cassio li ebbe ministri docili espietati nel riscuotere i balzelli e le taglie straordinarie,imposti per rifornire la cassa di guerra repubblicana, ene li ricompens, creando il trentenne Erode governato-re della Celesiria. La disfatta di Bruto e Cassio a Filippi

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aveva spogliato. Il provvedimento fu di una raffinata ac-cortezza. Ponendo ai fianchi di Ircano il sagace ed ambi-zioso idumeo, che era stato in passato suo gagliardo fau-tore nella lotta domestica con Aristobulo, Cesare potpensare che i vecchi vincoli di leale amicizia fra i due sisarebbero infranti: una loro possibile gelosia avrebbe ungiorno favorito lo spodestamento della popolare dinastiamaccabaica e una successione idumea avrebbe potutorendere quando che fosse pi facile e pi sicuro il domi-nio di Roma sulla razza d'Israele. La terra di Edom erastata soggiogata da Giovanni Ircano solo nel 128 avantiCristo e costretta ad abbracciare il giudaismo: la conver-sione recente era ricordata con dispregiativo sussiegodagli israeliti puri, che non potevano concedere agli idu-mei altro appellativo che quello di semigiudei. MaCesare non doveva raccogliere i frutti del suo calcoloconsumato. Dopo le tragiche idi di marzo del 44, CassioLongino, contro la volont del Senato, si trasferiva inSiria, da lui reclamata come propria provincia. Antipa-tro aveva in antecedenza nominato i suoi due figli, Fa-sael ed Erode, strateghi, rispettivamente, della regionegerosolimitana e della Galilea. Gli scaltri idumei nondiedero prova di eccessiva gratitudine al creatore dellaloro fortuna, Cesare, e si rivolsero, senza scrupoli, alnuovo astro sorgente. Cassio li ebbe ministri docili espietati nel riscuotere i balzelli e le taglie straordinarie,imposti per rifornire la cassa di guerra repubblicana, ene li ricompens, creando il trentenne Erode governato-re della Celesiria. La disfatta di Bruto e Cassio a Filippi

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induceva gli astuti idumei ad un nuovo cinico voltafac-cia. Antonio non volle pesare per il sottile la sinceritdei loro sentimenti; e, fiducioso nelle loro capacit am-ministrative, nominava, cos Fasael come Erode, tetrar-chi. Ma le vecchie rivalit asmonee congiuravanonell'ombra. Antigono, il figlio di Aristobulo, il vecchioemulo di Ircano, era riuscito ad attrarre dalla sua parte lesimpatie parsiche, il che lo metteva decisamente fra inemici di Roma e penetrando col soccorso dei nuovialleati in Palestina, riusciva a catturare lo zio imbelle eFasael. Erode, lungimirante, prendeva la via di Roma: ea Roma il Senato lo proclamava re della Giudea. Untriennio circa fu necessario perch questa regalit nomi-nale potesse tradursi in atto. Ma alla fine di questo mo-vimentato periodo bellico, Erode poteva raggiungere ilsogno della sua giovinezza, entrando sovrano a Gerusa-lemme, inducendo Antonio a decapitare lo sfortunatoAntigono il primo re che Roma affidasse al boia illu-dendosi di acquistare un titolo di legittimit con lo spo-sare Marianne, nipote di Ircano II. Il trentatreenne (37-4 a. C.) regno di Erode (che passato nella storia colnome di grande) potrebbe essere assunto a prova apodit-tica della incompatibilit assoluta e radicale che sussistefra la politica realistica e la morale, della legge in virtdi cui il successo politico in ragione inversa delle pre-occupazioni etiche che si portano nel raggiungerlo.L'astuto idumeo, pur sotto il vassallaggio di Roma, riu-sc a portare le frontiere del suo regno oltre i limiti so-gnati nei periodi pi brillanti della storia di Israele. No-

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induceva gli astuti idumei ad un nuovo cinico voltafac-cia. Antonio non volle pesare per il sottile la sinceritdei loro sentimenti; e, fiducioso nelle loro capacit am-ministrative, nominava, cos Fasael come Erode, tetrar-chi. Ma le vecchie rivalit asmonee congiuravanonell'ombra. Antigono, il figlio di Aristobulo, il vecchioemulo di Ircano, era riuscito ad attrarre dalla sua parte lesimpatie parsiche, il che lo metteva decisamente fra inemici di Roma e penetrando col soccorso dei nuovialleati in Palestina, riusciva a catturare lo zio imbelle eFasael. Erode, lungimirante, prendeva la via di Roma: ea Roma il Senato lo proclamava re della Giudea. Untriennio circa fu necessario perch questa regalit nomi-nale potesse tradursi in atto. Ma alla fine di questo mo-vimentato periodo bellico, Erode poteva raggiungere ilsogno della sua giovinezza, entrando sovrano a Gerusa-lemme, inducendo Antonio a decapitare lo sfortunatoAntigono il primo re che Roma affidasse al boia illu-dendosi di acquistare un titolo di legittimit con lo spo-sare Marianne, nipote di Ircano II. Il trentatreenne (37-4 a. C.) regno di Erode (che passato nella storia colnome di grande) potrebbe essere assunto a prova apodit-tica della incompatibilit assoluta e radicale che sussistefra la politica realistica e la morale, della legge in virtdi cui il successo politico in ragione inversa delle pre-occupazioni etiche che si portano nel raggiungerlo.L'astuto idumeo, pur sotto il vassallaggio di Roma, riu-sc a portare le frontiere del suo regno oltre i limiti so-gnati nei periodi pi brillanti della storia di Israele. No-

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nostante la sorda opposizione alleata cos dei superstitipartigiani degli Asmonei; come dei Farisei, sognanti ilripristino di un autentico regno di David; nonostantel'avversione invida di Cleopatra, onnipotente nell'animodi Antonio; nonostante la difficolt di reggersi sottol'occhio sospettoso di Roma, in quel periodo vulcanicoche precedette la costituzione dell'Impero; Erode riusca rafforzare progressivamente la compagine del suo Sta-to e a portarlo a quella sicurezza militare e a quella flo-ridezza artistica, che ebbe la sua espressione culminantenei grandiosi restauri del Tempio. Ma di quali lacrime edi quale sangue dov grondare tale floridezza! Erode eraappena entrato a Gerusalemme, re investito da Roma,che l'eccidio di quarantacinque fra i pi eminenti mem-bri del Sinedrio, rei di aver parteggiato per il disgraziatorampollo degli Asmonei, dava un'idea adeguata dei suoimetodi di governo. Due anni dopo, l'assassinio del som-mo sacerdote Aristobulo nei bagni di Gerico rivelavaquanto tenaci fossero gli od e i timori del figlio di Anti-patro. Le continue metamorfosi politiche, secondol'oscillare delle fortune dei successivi dittatori di Roma,mostrarono di quanto cinica versatilit fosse capace lospirito dell'ambizioso sovrano. Infine le inaudite trage-die domestiche, onde furono funestati gli estremi annidel re, che aveva sognato la riconciliazione di Israele,vincolando una moglie asmonea alla sua famiglia di fe-roci Idumei, sembrarono dover imprimere un suggellodi sangue su una carriera politica, brillantissima dalpunto di vista materiale, oscenamente ripugnante dal

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nostante la sorda opposizione alleata cos dei superstitipartigiani degli Asmonei; come dei Farisei, sognanti ilripristino di un autentico regno di David; nonostantel'avversione invida di Cleopatra, onnipotente nell'animodi Antonio; nonostante la difficolt di reggersi sottol'occhio sospettoso di Roma, in quel periodo vulcanicoche precedette la costituzione dell'Impero; Erode riusca rafforzare progressivamente la compagine del suo Sta-to e a portarlo a quella sicurezza militare e a quella flo-ridezza artistica, che ebbe la sua espressione culminantenei grandiosi restauri del Tempio. Ma di quali lacrime edi quale sangue dov grondare tale floridezza! Erode eraappena entrato a Gerusalemme, re investito da Roma,che l'eccidio di quarantacinque fra i pi eminenti mem-bri del Sinedrio, rei di aver parteggiato per il disgraziatorampollo degli Asmonei, dava un'idea adeguata dei suoimetodi di governo. Due anni dopo, l'assassinio del som-mo sacerdote Aristobulo nei bagni di Gerico rivelavaquanto tenaci fossero gli od e i timori del figlio di Anti-patro. Le continue metamorfosi politiche, secondol'oscillare delle fortune dei successivi dittatori di Roma,mostrarono di quanto cinica versatilit fosse capace lospirito dell'ambizioso sovrano. Infine le inaudite trage-die domestiche, onde furono funestati gli estremi annidel re, che aveva sognato la riconciliazione di Israele,vincolando una moglie asmonea alla sua famiglia di fe-roci Idumei, sembrarono dover imprimere un suggellodi sangue su una carriera politica, brillantissima dalpunto di vista materiale, oscenamente ripugnante dal

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punto di vista etico. Nessuna casa regale, ha potuto sen-tenziare il Mommsen, ha mai visto, nei secoli della sto-ria, pi raccapricciante infuriare di od cruenti fra con-sanguinei, della triste casa di Erode. Sul suo letto dimorte il settantenne sovrano, cui Augusto aveva conces-so, derogando alla regola che limitava le capacit testa-mentarie dei reges socii, di disporre dei suoi territoricome volesse, cambiava, nel 4 a. C., per la terza volta lesue disposizioni (egli aveva larga possibilit di disposi-zione fra i figli delle sue dieci mogli!), assegnando adArchelao la Giudea col titolo di re; ad Erode Antipa laGalilea e la Perea, con quello di tetrarca; a Filippo i di-stretti a nord-est lungo la sponda orientale del mare diGalilea, pure col titolo di tetrarca. Se il governo diquest'ultimo sulle regioni pi povere del vasto regnoerodiano celebrato da Giuseppe Flavio come un regi-me di moderazione e di mitezza, difforme da tutte le tra-dizioni della casa, Antipa ed Archelao riproducono imetodi di governo del padre, del quale per non posseg-gono l'accortezza rapida e la malleabilit disinvolta. Ar-chelao in particolare, freddo e grossolano, sordo alle esi-genze religiose pi elementari dei sudditi, manometten-do senza scrupolo e per i pi futili pretesti la pi alta di-gnit sacerdotale, giunse in breve ad irritare talmentel'animo corrucciato dei migliori ceti della Giudea e dellaSamaria, che il loro sdegno ritenne preferibile un direttointervento imperiale, al tirannico capriccio del despota.Roma colse l'occasione a volo e, confinato Archelao aVienna, eresse il suo territorio a provincia, direttamente

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punto di vista etico. Nessuna casa regale, ha potuto sen-tenziare il Mommsen, ha mai visto, nei secoli della sto-ria, pi raccapricciante infuriare di od cruenti fra con-sanguinei, della triste casa di Erode. Sul suo letto dimorte il settantenne sovrano, cui Augusto aveva conces-so, derogando alla regola che limitava le capacit testa-mentarie dei reges socii, di disporre dei suoi territoricome volesse, cambiava, nel 4 a. C., per la terza volta lesue disposizioni (egli aveva larga possibilit di disposi-zione fra i figli delle sue dieci mogli!), assegnando adArchelao la Giudea col titolo di re; ad Erode Antipa laGalilea e la Perea, con quello di tetrarca; a Filippo i di-stretti a nord-est lungo la sponda orientale del mare diGalilea, pure col titolo di tetrarca. Se il governo diquest'ultimo sulle regioni pi povere del vasto regnoerodiano celebrato da Giuseppe Flavio come un regi-me di moderazione e di mitezza, difforme da tutte le tra-dizioni della casa, Antipa ed Archelao riproducono imetodi di governo del padre, del quale per non posseg-gono l'accortezza rapida e la malleabilit disinvolta. Ar-chelao in particolare, freddo e grossolano, sordo alle esi-genze religiose pi elementari dei sudditi, manometten-do senza scrupolo e per i pi futili pretesti la pi alta di-gnit sacerdotale, giunse in breve ad irritare talmentel'animo corrucciato dei migliori ceti della Giudea e dellaSamaria, che il loro sdegno ritenne preferibile un direttointervento imperiale, al tirannico capriccio del despota.Roma colse l'occasione a volo e, confinato Archelao aVienna, eresse il suo territorio a provincia, direttamente

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amministrata da un procuratore dell'Ordine Equestre,sotto l'alta sorveglianza del legato imperiale di Siria.Rare volte nella turbinosa storia d'Israele la coscienzaintransigente del fedele di Jahv aveva avuto pi ragio-nevole motivo di rattristarsi in cuore, nella consapevo-lezza della propria impotenza. Le pietre del Tempio rin-novato potevano risplendere al sole, in una grandiosit ein una imponenza ignota alla originaria costruzione sa-lomonica: ma all'ombra di quell'edificio sacro, un poterestraniero, complice di una pi lontana e pi insidiosa ti-rannia, era venuto a tendere una lusinga peccaminosa.Come lontano appariva ormai, nelle nebbie del sogno edel rimpianto, quel luminoso regno davidico, in cui cosequilibrata economia di poteri avevano trovato la reli-giosit e la politica d'Israele! La stessa teocrazia macca-baica poteva sembrare ormai allo scrupoloso ed esigentefariseo un ideale vagheggiabile. Si era ormai scesi cosin basso, che le anime timorate dei credenti potevanovalutare meno infausta politica quella che al fosco do-minio di mezzi giudei, increduli nell'anima, venduti allostraniero, pronti alla repressione e alla vendetta, preferi-va lo stesso governo straniero, il quale non avrebbe ce-lato i suoi autentici connotati, e con lo spiegamento del-le sue aperte volont di dominio avrebbe potuto suscita-re una salutare reazione, simile a quella che aveva porta-to alla riscossa i contemporanei di Matatia e dei suoicinque figli!

Ma quando, appunto, tutta la violenza malefica di cui capace un'organizzazione statale, sul cui fondamentale

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amministrata da un procuratore dell'Ordine Equestre,sotto l'alta sorveglianza del legato imperiale di Siria.Rare volte nella turbinosa storia d'Israele la coscienzaintransigente del fedele di Jahv aveva avuto pi ragio-nevole motivo di rattristarsi in cuore, nella consapevo-lezza della propria impotenza. Le pietre del Tempio rin-novato potevano risplendere al sole, in una grandiosit ein una imponenza ignota alla originaria costruzione sa-lomonica: ma all'ombra di quell'edificio sacro, un poterestraniero, complice di una pi lontana e pi insidiosa ti-rannia, era venuto a tendere una lusinga peccaminosa.Come lontano appariva ormai, nelle nebbie del sogno edel rimpianto, quel luminoso regno davidico, in cui cosequilibrata economia di poteri avevano trovato la reli-giosit e la politica d'Israele! La stessa teocrazia macca-baica poteva sembrare ormai allo scrupoloso ed esigentefariseo un ideale vagheggiabile. Si era ormai scesi cosin basso, che le anime timorate dei credenti potevanovalutare meno infausta politica quella che al fosco do-minio di mezzi giudei, increduli nell'anima, venduti allostraniero, pronti alla repressione e alla vendetta, preferi-va lo stesso governo straniero, il quale non avrebbe ce-lato i suoi autentici connotati, e con lo spiegamento del-le sue aperte volont di dominio avrebbe potuto suscita-re una salutare reazione, simile a quella che aveva porta-to alla riscossa i contemporanei di Matatia e dei suoicinque figli!

Ma quando, appunto, tutta la violenza malefica di cui capace un'organizzazione statale, sul cui fondamentale

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egoismo non esercitino la loro virt di freno e di corret-tivo la visione degli inviolabili diritti della coscienza ela fede dell'Infinito, affiori e straripi nello svolgimentodi una vita associata; quando l'intreccio dei fatti storicidia la sensazione esasperante della impossibilit di op-porre un limite alla perversit di un potere, giunto inpari tempo al massimo grado della sua degenerazione edella sua forza bruta; gli spiriti acquistano, improvvisa,la consapevolezza di una sanzione ultraterrena e, affran-candosi dal fosco fascino degli interessi e della materia-lit su cui s'innalzano le gerarchie politiche, intuisconol'incommensurabile virt etica e sociale della rinuncia econcretizzano, d'istinto, il loro anelito di liberazione,nella fede del soprannaturale, che sa abbattere e rinno-vare con armi ignote alla perfidia e all'inganno delle po-test umane. Lo sconcio regime di sopraffazione e discetticismo onde era impastata la grandezza degli ero-diani riattizz, di sotto la cenere secolare, la fiamma pu-rificatrice del profetismo. Il passaggio della Giudea dalpotere intollerabile di Archelao al governo diretto diRoma e dei suoi legati e dei suoi procuratori, fece im-provvisamente sentire, attraverso le consuete procedurefiscali, il servaggio in cui era miseramente precipitato ilpopolo dell'elezione e della promessa. Un nuovo partitodi zeloti, organizzato da Giuda di Gamala in Galilea,cerc di tradurre in un programma pratico e di resisten-za armata le vecchie speranze messianiche di Israele e lapiet gelosa ed intransigente dei Farisei. Ma invano.Non basta la bont della causa ad assicurare il successo

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egoismo non esercitino la loro virt di freno e di corret-tivo la visione degli inviolabili diritti della coscienza ela fede dell'Infinito, affiori e straripi nello svolgimentodi una vita associata; quando l'intreccio dei fatti storicidia la sensazione esasperante della impossibilit di op-porre un limite alla perversit di un potere, giunto inpari tempo al massimo grado della sua degenerazione edella sua forza bruta; gli spiriti acquistano, improvvisa,la consapevolezza di una sanzione ultraterrena e, affran-candosi dal fosco fascino degli interessi e della materia-lit su cui s'innalzano le gerarchie politiche, intuisconol'incommensurabile virt etica e sociale della rinuncia econcretizzano, d'istinto, il loro anelito di liberazione,nella fede del soprannaturale, che sa abbattere e rinno-vare con armi ignote alla perfidia e all'inganno delle po-test umane. Lo sconcio regime di sopraffazione e discetticismo onde era impastata la grandezza degli ero-diani riattizz, di sotto la cenere secolare, la fiamma pu-rificatrice del profetismo. Il passaggio della Giudea dalpotere intollerabile di Archelao al governo diretto diRoma e dei suoi legati e dei suoi procuratori, fece im-provvisamente sentire, attraverso le consuete procedurefiscali, il servaggio in cui era miseramente precipitato ilpopolo dell'elezione e della promessa. Un nuovo partitodi zeloti, organizzato da Giuda di Gamala in Galilea,cerc di tradurre in un programma pratico e di resisten-za armata le vecchie speranze messianiche di Israele e lapiet gelosa ed intransigente dei Farisei. Ma invano.Non basta la bont della causa ad assicurare il successo

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contro la forza. Non si pu debellare il male con le suearmi e i suoi metodi. Per aver ragione della violenzabruta e della sopraffazione armata, occorre contrapporreloro il fascino della rinuncia consapevole e della speran-za inerme.

Erode Antipa, la volpe infida e maldestra, si gode-va da pochi mesi nella sua nuova e sfarzosa capitale, Ti-beriade, l'amore incestuoso di Erodiade, l'ex-moglie diun suo fratellastro, quando per la prima volta si f senti-re sulle rive orientali del Giordano, nel territorio dellaPerea, la voce aspra e minacciosa di uno strano predica-tore di ascesi, di penitenza e di castigo. Si chiamavaGiovanni, e poich a simbolo della palingenesi interioreche egli chiedeva alle turbe accorrenti al suo monito egliaveva adottato l'abluzione nelle acque del Giordano, chei dottori della legge ufficiale giudicavano dal canto loronon sufficientemente pura per essere usata nel rito, gliera stato dato il soprannome di battezzatore. La sua fog-gia di esistenza era dura ed eccentrica: le parole dellesue invettive erano fiere e flagellanti. Figli di vipere gridava agli ascoltatori esterrefatti, piegati il capo sottola sua impressionante rampogna chi vi ha dato a cre-dere di poter sfuggire all'ira imminente? Fate pi tostoopere che rivelino i vostri sentimenti di compunzione edi dolore, e non vi lusingate della vostra qualit di ram-polli di Abramo. Poich, vi dico il vero: il Signore onni-potente pu suscitar da ogni pietra un figlio di Abra-mo. La strana predicazione aveva avuto i suoi iniz neldeserto di Giudea, ad ovest del Mar Morto, sui confini

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contro la forza. Non si pu debellare il male con le suearmi e i suoi metodi. Per aver ragione della violenzabruta e della sopraffazione armata, occorre contrapporreloro il fascino della rinuncia consapevole e della speran-za inerme.

Erode Antipa, la volpe infida e maldestra, si gode-va da pochi mesi nella sua nuova e sfarzosa capitale, Ti-beriade, l'amore incestuoso di Erodiade, l'ex-moglie diun suo fratellastro, quando per la prima volta si f senti-re sulle rive orientali del Giordano, nel territorio dellaPerea, la voce aspra e minacciosa di uno strano predica-tore di ascesi, di penitenza e di castigo. Si chiamavaGiovanni, e poich a simbolo della palingenesi interioreche egli chiedeva alle turbe accorrenti al suo monito egliaveva adottato l'abluzione nelle acque del Giordano, chei dottori della legge ufficiale giudicavano dal canto loronon sufficientemente pura per essere usata nel rito, gliera stato dato il soprannome di battezzatore. La sua fog-gia di esistenza era dura ed eccentrica: le parole dellesue invettive erano fiere e flagellanti. Figli di vipere gridava agli ascoltatori esterrefatti, piegati il capo sottola sua impressionante rampogna chi vi ha dato a cre-dere di poter sfuggire all'ira imminente? Fate pi tostoopere che rivelino i vostri sentimenti di compunzione edi dolore, e non vi lusingate della vostra qualit di ram-polli di Abramo. Poich, vi dico il vero: il Signore onni-potente pu suscitar da ogni pietra un figlio di Abra-mo. La strana predicazione aveva avuto i suoi iniz neldeserto di Giudea, ad ovest del Mar Morto, sui confini

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della pianura di Gerico. Poi aveva traghettato il fiume esi era acclimata nel territorio di Antipa. Il Tetrarca ne fu,ben presto, preoccupato. Lev il Battista la sua implaca-bile campagna contro il re adultero ed incestuoso? Pudarsi. Ma se anche allusioni personali non lo colpironosul vivo, non era davvero nel dominio di un figlio diErode che potevano rinnovarsi, impunemente, ai tempidi Tiberio, i fasti della predicazione profetica. Antipa siaffrett a chiudere il predicatore molesto nella fortezzadi Machero, ripromettendosi di sopprimere la voce sgra-devole alla prima occasione.

Ma la voce della rampogna e dell'ammonimento reli-gioso non cess di risuonare per questo: essa fu ripresaimprovvisamente da un oscuro partigiano della Galileaed innalzata ad un cos eccelso tono di nobilt e di pu-rezza, che dopo venti secoli quella voce suscita ancorafremiti e speranze nello spirito di seicento milioni dicredenti.

Era sceso un giorno anch'egli, trentenne, nel Giorda-no, con gli altri penitenti trascinati dalla parola del Bat-tista. Proveniva da un piccolo villaggio della Galilea, laterra delle fiorite primavere e dei luminosi sogni apoca-littici: si chiamava Ges. Compiuto il rito, che dovevasimboleggiare la profonda e radicale trasformazione in-teriore, si era raccolto nella solitudine, ad attendere l'orasua. Il ministero profetico iniziato da Giovanni non do-veva essere che il periodo della preparazione al suomessaggio. La cattura del profeta mostr che l'ora era

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della pianura di Gerico. Poi aveva traghettato il fiume esi era acclimata nel territorio di Antipa. Il Tetrarca ne fu,ben presto, preoccupato. Lev il Battista la sua implaca-bile campagna contro il re adultero ed incestuoso? Pudarsi. Ma se anche allusioni personali non lo colpironosul vivo, non era davvero nel dominio di un figlio diErode che potevano rinnovarsi, impunemente, ai tempidi Tiberio, i fasti della predicazione profetica. Antipa siaffrett a chiudere il predicatore molesto nella fortezzadi Machero, ripromettendosi di sopprimere la voce sgra-devole alla prima occasione.

Ma la voce della rampogna e dell'ammonimento reli-gioso non cess di risuonare per questo: essa fu ripresaimprovvisamente da un oscuro partigiano della Galileaed innalzata ad un cos eccelso tono di nobilt e di pu-rezza, che dopo venti secoli quella voce suscita ancorafremiti e speranze nello spirito di seicento milioni dicredenti.

Era sceso un giorno anch'egli, trentenne, nel Giorda-no, con gli altri penitenti trascinati dalla parola del Bat-tista. Proveniva da un piccolo villaggio della Galilea, laterra delle fiorite primavere e dei luminosi sogni apoca-littici: si chiamava Ges. Compiuto il rito, che dovevasimboleggiare la profonda e radicale trasformazione in-teriore, si era raccolto nella solitudine, ad attendere l'orasua. Il ministero profetico iniziato da Giovanni non do-veva essere che il periodo della preparazione al suomessaggio. La cattura del profeta mostr che l'ora era

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scoccata. Ges ne riprese, ardimentoso, l'azione, nellaregione nord-orientale della Galilea.

Ma di primo acchito si poterono segnalare le differen-ze che contrassegnavano, pur sui motivi comuni, la pre-dicazione del nuovo venuto e i metodi della sua propa-ganda. Tali differenze non tardarono ad essere segnalatedai suoi avversari, pronti a farsene un'arma contro diLui, essi che neppure alla predicazione del Battista ave-vano prestato alcun docile ascolto. Ges doveva colpirespietatamente il fondo ambiguo della loro anima recalci-trante. A chi mai registrato in un suo loghion passa-to nei Vangeli di Luca e di Matteo potr rassomigliaregli uomini della mia generazione? Ecco: li rassomigliera dei gruppi di fanciulli che siedono in piazza e si rim-proverano a vicenda. Gli uni dicono agli altri: Voleva-mo fare un giuoco allegro e vi suonammo i flauti: voinon ballaste. Ci voltammo allora ad un giuoco triste, ecominciammo a lamentarci: ma voi non piangeste connoi. In verit, apparve in mezzo a voi Giovanni il bat-tezzatore, che si asteneva dal mangiar pane e dal berevino, e voi vi siete bisbigliati a vicenda: un indemo-niato. apparso il Figliuolo dell'Uomo, che mangia ebeve, e voi dite: Ecco un individuo mangione e beone,amico di riscuotitori di gabelle e di peccatori. Maecco: la sapienza sa farsi rendere giustizia da tutti i suoigenuini figli (LC. XII, 31-35; cfr. MT. XI, 16-19).

Cos un divario netto e reciso appariva fra i metodidella propaganda e della pedagogia religiosa del Battistae quelli del nuovo predicatore galileo. Questi non racco-

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scoccata. Ges ne riprese, ardimentoso, l'azione, nellaregione nord-orientale della Galilea.

Ma di primo acchito si poterono segnalare le differen-ze che contrassegnavano, pur sui motivi comuni, la pre-dicazione del nuovo venuto e i metodi della sua propa-ganda. Tali differenze non tardarono ad essere segnalatedai suoi avversari, pronti a farsene un'arma contro diLui, essi che neppure alla predicazione del Battista ave-vano prestato alcun docile ascolto. Ges doveva colpirespietatamente il fondo ambiguo della loro anima recalci-trante. A chi mai registrato in un suo loghion passa-to nei Vangeli di Luca e di Matteo potr rassomigliaregli uomini della mia generazione? Ecco: li rassomigliera dei gruppi di fanciulli che siedono in piazza e si rim-proverano a vicenda. Gli uni dicono agli altri: Voleva-mo fare un giuoco allegro e vi suonammo i flauti: voinon ballaste. Ci voltammo allora ad un giuoco triste, ecominciammo a lamentarci: ma voi non piangeste connoi. In verit, apparve in mezzo a voi Giovanni il bat-tezzatore, che si asteneva dal mangiar pane e dal berevino, e voi vi siete bisbigliati a vicenda: un indemo-niato. apparso il Figliuolo dell'Uomo, che mangia ebeve, e voi dite: Ecco un individuo mangione e beone,amico di riscuotitori di gabelle e di peccatori. Maecco: la sapienza sa farsi rendere giustizia da tutti i suoigenuini figli (LC. XII, 31-35; cfr. MT. XI, 16-19).

Cos un divario netto e reciso appariva fra i metodidella propaganda e della pedagogia religiosa del Battistae quelli del nuovo predicatore galileo. Questi non racco-

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mandava la metamorfosi interiore, in cui faceva consi-stere la conversione interna e il passaggio alla sua se-quela (metnoia), ad un insieme di pratiche e di consue-tudini esteriori, ispirate e alimentate dal proposito disottrarsi scrupolosamente alla vita sociale e ai suoi con-tatti contaminatori: bens la collocava in una zona cosprofonda dell'anima convertita, da renderla inattaccabilee irraggiungibile, pur attraverso la pi larga partecipa-zione all'esistenza associata dei fratelli. Ges bandivaanch'egli l'onere del rinnegamento e della rinuncia: manon ne additava la realizzazione adeguata nel materialeallontanamento dal mondo, bens unicamente nell'indif-ferenza completa dello spirito alle fluttuanti, instabili,insignificanti condizioni esteriori. Qui veramente la sin-golare e paradossale originalit della predicazione sua,la quale non costituiva una precettistica ascetica, unadura disciplina educante alla soppressione dei desideriinnati dell'uomo; ma imponeva il trasferimento delle va-lutazioni etiche e delle aspirazioni spirituali, dalla sferain cui le colloca la convenzionalit sociale, in quelladella pura interiorit e dell'ideale Regno di Dio.

La tavola di fondazione del movimento religioso cheGes veniva cos a suscitare con la sua parola costitui-ta dalla brevissima enunciazione delle beatitudini, di cuiil Vangelo di Luca ha conservato probabilmente il testoprimitivo: Beati voi, pezzenti, perch vostro il regnodei Cieli; beati voi, ora affamati, ch sarete satollati;beati voi che ora piangete, che verr d in cui riderete;beati voi quando gli uomini vi portino odio, e vi scacci-

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mandava la metamorfosi interiore, in cui faceva consi-stere la conversione interna e il passaggio alla sua se-quela (metnoia), ad un insieme di pratiche e di consue-tudini esteriori, ispirate e alimentate dal proposito disottrarsi scrupolosamente alla vita sociale e ai suoi con-tatti contaminatori: bens la collocava in una zona cosprofonda dell'anima convertita, da renderla inattaccabilee irraggiungibile, pur attraverso la pi larga partecipa-zione all'esistenza associata dei fratelli. Ges bandivaanch'egli l'onere del rinnegamento e della rinuncia: manon ne additava la realizzazione adeguata nel materialeallontanamento dal mondo, bens unicamente nell'indif-ferenza completa dello spirito alle fluttuanti, instabili,insignificanti condizioni esteriori. Qui veramente la sin-golare e paradossale originalit della predicazione sua,la quale non costituiva una precettistica ascetica, unadura disciplina educante alla soppressione dei desideriinnati dell'uomo; ma imponeva il trasferimento delle va-lutazioni etiche e delle aspirazioni spirituali, dalla sferain cui le colloca la convenzionalit sociale, in quelladella pura interiorit e dell'ideale Regno di Dio.

La tavola di fondazione del movimento religioso cheGes veniva cos a suscitare con la sua parola costitui-ta dalla brevissima enunciazione delle beatitudini, di cuiil Vangelo di Luca ha conservato probabilmente il testoprimitivo: Beati voi, pezzenti, perch vostro il regnodei Cieli; beati voi, ora affamati, ch sarete satollati;beati voi che ora piangete, che verr d in cui riderete;beati voi quando gli uomini vi portino odio, e vi scacci-

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no, e vi tormentino e gettino l'ostracismo contro il vo-stro nome, a causa del Figlio dell'Uomo. Io vi dico: tra-salitene di gioia, ch grande il vostro guiderdone incielo. Sorte non diversa tocc ai profeti.

Come il Battista, Ges chiama alla riscossa gli umili ei diseredati e parla di liberazione dalle pene della vita edella miseria. Ma la forza che egli invoca a strumento diliberazione, il bene sereno e disinteressato, e la gioiach'egli promette, la gioia luminosa del Padre.

Se il cristianesimo ha dato alla civilt mediterraneaun patrimonio di esperienze e di valori, di cui venti se-coli di storia sembrano non aver ancora spiegato finoall'esaurimento le intime risorse, la ragione ne va cerca-ta nella ricchezza del suo contenuto specifico. Il qualeconsiste in una etica e in una antropologia originali, ret-te da una sicura fede nel Padre celeste, avvivate da unacalda coscienza soteriologica, e sboccanti in una escato-logia ottimistica. I tre connotati del numinoso il tre-mendo, il portento, il fascino accompagnano in manie-ra eccezionale l'annuncio evangelico. Per questo essooffre all'infinita reviviscenza della sinfonia religiosa nel-la storia, i temi centrali, onde si compone, di cui si intes-se e in cui si perpetua l'esperienza del sacro.

A) Il tratto singolare della morale cristiana nellastessa complessit e nell'immanente contrasto dei suoielementi. Essa infatti superlativamente eteronoma eproprio per questo squisitamente autonoma. Nasce e siesplica nella atmosfera dei doni soprannaturali e, pro-

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no, e vi tormentino e gettino l'ostracismo contro il vo-stro nome, a causa del Figlio dell'Uomo. Io vi dico: tra-salitene di gioia, ch grande il vostro guiderdone incielo. Sorte non diversa tocc ai profeti.

Come il Battista, Ges chiama alla riscossa gli umili ei diseredati e parla di liberazione dalle pene della vita edella miseria. Ma la forza che egli invoca a strumento diliberazione, il bene sereno e disinteressato, e la gioiach'egli promette, la gioia luminosa del Padre.

Se il cristianesimo ha dato alla civilt mediterraneaun patrimonio di esperienze e di valori, di cui venti se-coli di storia sembrano non aver ancora spiegato finoall'esaurimento le intime risorse, la ragione ne va cerca-ta nella ricchezza del suo contenuto specifico. Il qualeconsiste in una etica e in una antropologia originali, ret-te da una sicura fede nel Padre celeste, avvivate da unacalda coscienza soteriologica, e sboccanti in una escato-logia ottimistica. I tre connotati del numinoso il tre-mendo, il portento, il fascino accompagnano in manie-ra eccezionale l'annuncio evangelico. Per questo essooffre all'infinita reviviscenza della sinfonia religiosa nel-la storia, i temi centrali, onde si compone, di cui si intes-se e in cui si perpetua l'esperienza del sacro.

A) Il tratto singolare della morale cristiana nellastessa complessit e nell'immanente contrasto dei suoielementi. Essa infatti superlativamente eteronoma eproprio per questo squisitamente autonoma. Nasce e siesplica nella atmosfera dei doni soprannaturali e, pro-

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prio in virt di questa connotazione carismatica, implicala valorizzazione pi elevata della libert umana; pre-suppone una sanzione e postula un premio, pure esaltan-do la gratuita gioia nel bene; travalica e annulla poten-zialmente ogni legge, per sollevare chi la pratichi alla si-cura vita dello spirito, sebbene racchiuda in germe lagiustificazione di ogni legge, suggerita dalle esigenzemutevoli della edificazione fraterna; reintegra la natura,elevandola per al miraggio soprannaturale del Regno;moltiplica fino alle estreme possibilit la virt dell'indi-viduo, trasformandola, centuplicata, nella simbiosi dellaesperienza associata.

Come ogni etica genuinamente religiosa, quella delVangelo , in maniera nettissima, eteronoma: parte ciodal presupposto che la legge assoluta del bene nasca daDio e solo da Dio venga consegnata agli uomini. Anzi,l'eteronomia della legge morale, che postulata da ognigiustificazione religiosa del precetto della bont e delsacrificio, accolta e sanzionata dal Vangelo in tutte lesue applicazioni.

Ges dice che colui il quale pone la sua anima allosbaraglio e la dissipa nella piena dedizione di s ai fra-telli, quegli solo la ritrova integra e la conquista perl'eternit. L'uomo dunque incapace di trovare in s lanorma del suo retto operare. Dio che gli rivela la viadella sua perfetta realizzazione: e questa via segnatanel rinnegamento delle sue velleit egoistiche, nella dis-seminazione di tutti i suoi tesori, per il vantaggio deifratelli. L'atteggiamento personale da cui, come da fon-

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prio in virt di questa connotazione carismatica, implicala valorizzazione pi elevata della libert umana; pre-suppone una sanzione e postula un premio, pure esaltan-do la gratuita gioia nel bene; travalica e annulla poten-zialmente ogni legge, per sollevare chi la pratichi alla si-cura vita dello spirito, sebbene racchiuda in germe lagiustificazione di ogni legge, suggerita dalle esigenzemutevoli della edificazione fraterna; reintegra la natura,elevandola per al miraggio soprannaturale del Regno;moltiplica fino alle estreme possibilit la virt dell'indi-viduo, trasformandola, centuplicata, nella simbiosi dellaesperienza associata.

Come ogni etica genuinamente religiosa, quella delVangelo , in maniera nettissima, eteronoma: parte ciodal presupposto che la legge assoluta del bene nasca daDio e solo da Dio venga consegnata agli uomini. Anzi,l'eteronomia della legge morale, che postulata da ognigiustificazione religiosa del precetto della bont e delsacrificio, accolta e sanzionata dal Vangelo in tutte lesue applicazioni.

Ges dice che colui il quale pone la sua anima allosbaraglio e la dissipa nella piena dedizione di s ai fra-telli, quegli solo la ritrova integra e la conquista perl'eternit. L'uomo dunque incapace di trovare in s lanorma del suo retto operare. Dio che gli rivela la viadella sua perfetta realizzazione: e questa via segnatanel rinnegamento delle sue velleit egoistiche, nella dis-seminazione di tutti i suoi tesori, per il vantaggio deifratelli. L'atteggiamento personale da cui, come da fon-

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te, scaturisce la vera moralit delle nostre azioni, non gi quello di una subordinazione e di una uniformitesteriori a precetti formulati da poteri che siano come ilconcretarsi sensibile della eticit di cui funzionalmen-te ricca la vita associata, bens quello della spontanea econsapevole uniformit ad un potere trascendente che,impartendoci il monito, ci conferisce la capacit di ese-guirlo. La morale del Vangelo poggia tutta sul volonte-roso riconoscimento di una provvidenza paterna di Dio,affidandoci alla quale noi ci trasfiguriamo nel bene e di-veniamo cooperatori suoi nell'elevazione degli uomini,verso il dominio della verit e della giustizia.

Appare pertanto teoricamente e praticamente impos-sibile scindere nella predicazione neotestamentaria l'ele-mento etico da quello religioso. La norma del bene de-signata nel comportamento del Padre di fronte allo svi-luppo della vita cosmica: Siate perfetti come perfetto il Padre vostro che nei cieli. Orbene: il Padre sparge,con signorile generosit, il dono della sua pioggia e delsuo sole su tutti indistintamente gli uomini, non guar-dando in viso i connotati di nessuno. La vita morale per-tanto, alla luce del Vangelo, quella che si impregna epratica i suggerimenti offerti da una visione fortementereligiosa dell'universo. Perch tutto il mondo sorve-gliato dall'assistenza longanime del Padre, tuttonell'uomo deve essere subordinato alla ricerca del Re-gno suo nella giustizia. Il rimanente verr da s.

Eminentemente religiosa, vale a dire mistica e tra-scendentistica, la morale evangelica pure perfettamen-

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te, scaturisce la vera moralit delle nostre azioni, non gi quello di una subordinazione e di una uniformitesteriori a precetti formulati da poteri che siano come ilconcretarsi sensibile della eticit di cui funzionalmen-te ricca la vita associata, bens quello della spontanea econsapevole uniformit ad un potere trascendente che,impartendoci il monito, ci conferisce la capacit di ese-guirlo. La morale del Vangelo poggia tutta sul volonte-roso riconoscimento di una provvidenza paterna di Dio,affidandoci alla quale noi ci trasfiguriamo nel bene e di-veniamo cooperatori suoi nell'elevazione degli uomini,verso il dominio della verit e della giustizia.

Appare pertanto teoricamente e praticamente impos-sibile scindere nella predicazione neotestamentaria l'ele-mento etico da quello religioso. La norma del bene de-signata nel comportamento del Padre di fronte allo svi-luppo della vita cosmica: Siate perfetti come perfetto il Padre vostro che nei cieli. Orbene: il Padre sparge,con signorile generosit, il dono della sua pioggia e delsuo sole su tutti indistintamente gli uomini, non guar-dando in viso i connotati di nessuno. La vita morale per-tanto, alla luce del Vangelo, quella che si impregna epratica i suggerimenti offerti da una visione fortementereligiosa dell'universo. Perch tutto il mondo sorve-gliato dall'assistenza longanime del Padre, tuttonell'uomo deve essere subordinato alla ricerca del Re-gno suo nella giustizia. Il rimanente verr da s.

Eminentemente religiosa, vale a dire mistica e tra-scendentistica, la morale evangelica pure perfettamen-

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te umana. Essa solo infatti presenta una mta ed unosbocco adeguati allo spirito ragionevole che, sotto lo sti-molo di una spontaneit naturale, si protende versol'irraggiungibile accaparramento dell'universo nella suaavidit di possesso, e che, nella delusione delle sue vo-lont, corre rischio di smarrire il senso profondo dellasua reale destinazione, nello spiegamento universale delbene. Tale morale raggiunge l'intento, colmando e pla-cando le esigenze destate nello spirito dalla stessa eco-nomia immanente della vita associata: piegandolo cioal servizio fraterno, nel quale sono la sua vera pace e lasua completa gioia.

La morale cristiana, chiedendo cos il pregiudizialerinnegamento di ogni istinto egoistico, appare come unamorale funzionalmente eroica, in quanto esige da chi lavoglia praticare l'interiore abbandono di s, la integralerinuncia ad ogni affermazione della propria volont diconquista, l'assoluta abnegazione per la letizia dei fratel-li, la trasfigurazione del proprio io, la celebrazione deivalori antitetici a quelli esaltati dalle comuni e materialiforme dell'esistenza. Poich appunto, se il mondo l'espansione sfrenata degli istinti bassi ed egoistici degliuomini, strettisi in solidariet per il soddisfacimento deiloro interessi sensibili, il cristiano sapr in anticipo chealla sua professione non potr tener fede, senza affronta-re, sempre e dovunque, l'ostilit ed il rancore.

Questa etica costantemente fiancheggiata, nella pre-dicazione neotestamentaria, dalla garanzia del premioimmancabile. Ma simile circostanza non le imprime una

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te umana. Essa solo infatti presenta una mta ed unosbocco adeguati allo spirito ragionevole che, sotto lo sti-molo di una spontaneit naturale, si protende versol'irraggiungibile accaparramento dell'universo nella suaavidit di possesso, e che, nella delusione delle sue vo-lont, corre rischio di smarrire il senso profondo dellasua reale destinazione, nello spiegamento universale delbene. Tale morale raggiunge l'intento, colmando e pla-cando le esigenze destate nello spirito dalla stessa eco-nomia immanente della vita associata: piegandolo cioal servizio fraterno, nel quale sono la sua vera pace e lasua completa gioia.

La morale cristiana, chiedendo cos il pregiudizialerinnegamento di ogni istinto egoistico, appare come unamorale funzionalmente eroica, in quanto esige da chi lavoglia praticare l'interiore abbandono di s, la integralerinuncia ad ogni affermazione della propria volont diconquista, l'assoluta abnegazione per la letizia dei fratel-li, la trasfigurazione del proprio io, la celebrazione deivalori antitetici a quelli esaltati dalle comuni e materialiforme dell'esistenza. Poich appunto, se il mondo l'espansione sfrenata degli istinti bassi ed egoistici degliuomini, strettisi in solidariet per il soddisfacimento deiloro interessi sensibili, il cristiano sapr in anticipo chealla sua professione non potr tener fede, senza affronta-re, sempre e dovunque, l'ostilit ed il rancore.

Questa etica costantemente fiancheggiata, nella pre-dicazione neotestamentaria, dalla garanzia del premioimmancabile. Ma simile circostanza non le