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Criteri di valutazione della genitorialità e consulenze tecniche dufficio in caso di separazione dei genitori e affidamento dei figli Giovanni B. Camerini Neuropsichiatra infantile Master in Psichiatria Forense e Clinica delle Dipendenze in Età Evolutiva

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Criteri di valutazione della genitorialità e consulenze tecniche d’ufficio

in caso di separazione dei genitori e affidamento dei figli

Giovanni B. Camerini

Neuropsichiatra infantile

Master in Psichiatria Forense e Clinica delle Dipendenze in Età Evolutiva

Affidamento ed esercizio della responsabilità-1

• L’istituto della “potestà” configura un rapporto unilaterale di soggezione tra genitore e figlio anche sul piano dei rapporti personali, e presuppone perciò il mancato riconoscimento dei diritti della personalità di quest’ultimo in quanto “minore”.

• Oggi invece la posizione giuridica dei genitori è concepita soprattutto come responsabilità comune nei confronti dei figli, che si esprime nel rapporto biunivoco già configurato dalla Costituzione:

diritto fondamentale del minore a sviluppare la sua personalità ed a crescere ed essere allevato nell’ambito della propria famiglia

dovere-diritto dei genitori di mantenere, educare, istruire i figli anche se nati fuori del matrimonio (artt. 2 e 30 Cost.).

Affidamento ed esercizio della responsabilità-2

• Il testo precedente dell’art. 155 c.c. coerentemente alla concezione istituzionale delle relazioni familiari collegava affidamento ed esercizio della potestà/responsabilità, perché la “soggezione” del figlio al genitore non poteva prescindere dall’affidamento, che perciò era intrinsecamente “esclusivo”.

Diritto alla bigenitorialità

• Il legislatore del 2006 colloca in primo piano il diritto dei figli alla bigenitorialità (legge 54/2006).

• Il regime della separazione è perciò finalizzato a garantire i diritti relazionali così riconosciuti, che per loro natura si configurano come biunivoci, tra ciascun genitore in condizione di parità rispetto all’altro, ed il figlio minore.

Legge 54/2006 in tema di affidamento condiviso

• Al bambino viene riconosciuto il diritto di mantenere un

“rapporto equilibrato e continuativo, con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale” e il Giudice “adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa”.

• Si tratta di un principio talmente consolidato nel nostro Ordinamento che la sua deroga avviene solamente nei casi in cui è comprovato che tale regime di affidamento può nuocere in maniera seria al minore. Ne discende che il “pregiudizio” e l’inidoneità genitoriale dovranno essere rigorosamente comprovati.

Leggi sulla filiazione

• L’ultima riforma in materia di famiglia riguarda la filiazione e si è articolata in due atti legislativi:

• la legge 219 del 2012 • il decreto legislativo 154 del 2013 entrato in vigore

nel febbraio 2014, con cui il governo ha emanato norme su delega del Parlamento conferita appunto con la stessa legge 219.

Punti salienti della riforma:

• parificazione del trattamento giuridico dei figli, con soppressione della distinzione tra legittimi e naturali;

• creazione di uno statuto dei figli, con la norma di cui all’art 315 bis cc, che prevede i loro diritti e doveri;

• attribuzione ad un unico giudice, il tribunale ordinario, della competenza per tutte le controversie relative ad affidamento e mantenimento; i tribunali per i minorenni restano solo per interventi sulle condotte pregiudizievoli dei genitori in assenza di cause sull’affidamento e adozione;

• eliminazione dell’istituto della potestà genitoriale e sostituzione del termine potestà con quello di “responsabilità genitoriale”;

• riconoscimento di un diritto soggettivo dei nonni al mantenimento del rapporto con i nipoti, con conseguente legittimazione all’azione giudiziaria;

• disciplina dell’ascolto del minore nelle procedure giudiziarie civili.

Mediazione e “negoziazione assistita”

Il legislatore ha così accolto la direttiva stabilita dall’art. 13

della Convenzione di Strasburgo sull’esercizio dei diritti dei minori secondo la quale per prevenire o risolvere le

controversie e per evitare i procedimenti che coinvolgono i minori davanti all’autorità giudiziaria, gli Stati incoraggiano il ricorso alla conciliazione o ad ogni altro mezzo di risoluzione

delle controversie ed il loro utilizzo per raggiungere una composizione amichevole.

Principio di legalità

- Regime di affidamento condiviso: sempre applicabile escluso quando sussistono specifiche ragioni che nell’interesse del minore impongono l’affidamento esclusivo.

- Tutela dei diritti relazionali dei diversi soggetti e loro “bilanciamento”: diritto dei figli alla bigenitorialità – diritto/dovere dei genitori a provvedere alla loro cura ed educazione – diritto (biunivoco) alla frequentazione tra nonni e nipoti.

Principio di beneficità

• Valutazione delle capacità genitoriali e delle esigenze del minore nella nuova situazione.

• Elaborazione del progetto di affidamento condiviso: a) collocazione del minore con tempi e modalità ; b) misura e modalità del contributo di ciascun genitore per il mantenimento l’istruzione e l’educazione della prole.

Tribunale per i Minorenni

e Tribunale Ordinario

servizio sociale

giurisdizione amministrazione

legalità beneficità

istituzioni

funzioni-poteri

principi

Tribunale Ordinario Equiparazione dei figli nati in costanza di matrimonio o al di fuori Regole inerenti l’esercizio della responsabilità nell’interesse dei figli (legge 54/06) Tribunale per i minorenni Decisioni inerenti la regolazione della responsabilità dei genitori nei casi di pregiudizio (artt. 330-333 c.c.)

Da: Sergio G., La Giustizia Minorile (Trattato di Diritto di Famiglia a cura di P. Zatti,

Giuffré)

• “L’interazione funzionale dei servizi sociali con il giudice, tradizionale per la giustizia minorile, è ormai inconcepibile non solo perché (…) le modifiche istituzionali e costituzionali avvenute negli ultimi trent’anni hanno separato l’assistenza dalla giustizia, ma soprattutto perché ripropone il vecchio modello del giudice amministratore dotato anche di poteri di autoattivazione (come un tempo il pretore)”…

• “Peraltro il giudice garante deve assicurare il rispetto delle regole processuali predeterminate dalla legge, non certamente inventarne a sua discrezione, per giunta in modo coerente a finalità tutelari (dunque amministrative) perseguite attivando poteri d’impulso altrettanto discrezionali, cui corrisponde sempre una posizione di soggezione delle parti”.

Funzione giudicante, funzione amministrativa ed interventi psicosociali

• La tutela giurisdizionale dei diritti soggettivi e relazionali del minore, che corrisponde al principio di legalità, può peraltro essere complementare all'azione amministrativa dei servizi, diretta ad assicurare allo stesso minore protezione e benessere per favorire, secondo il principio di beneficità, il pieno sviluppo della sua personalità.

• E’ necessario tenere sempre presente che la funzione giurisdizionale e la funzione amministrativa sono e devono rimanere funzioni distinte, ambiti di competenze diverse, con finalità e interventi diversi, seppure spesso positivamente complementari.

Il giudice si rivolge ai servizi per:

richiedere informazioni

richiedere pareri e valutazioni

disporre interventi

terzietà

valutare

Tavola dei conflitti

curare raccogliere/dare informazioni

assenza di interesse

avalutatività

riservatezza

empatia alleanza

Gli interventi di sostegno da parte dei Servizi

• Gli “interventi di sostegno per i minori in situazioni di disagio per la promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza” non sono forme di esecuzione di un provvedimento giudiziario che incide sui diritti relazionali dei fanciulli e dei loro genitori e / o stretti congiunti, ma concorrono all’attuazione di tali provvedimenti, associando l’intervento di sostegno per la promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza all’autoritatività dei provvedimenti giudiziari, la cui coercibilità, secondo il nuovo sistema introdotto dalla legge 18 giugno 2009 n. 69 con l’art. 614 bis.

• Pertanto gli interventi di sostegno si svolgono sotto l’egida del principio di beneficità e nell’ambito del regime del consenso informato. Ai servizi infatti competono compiti di prevenzione e di cura, finalizzati al benessere delle persone, da svolgere dunque con trattamenti terapeutici e socializzanti, effettuati sulla base del consenso degli interessati (compresa l’adesione del minore da prendere in considerazione quale fattore determinante in misura direttamente proporzionale alla sua età e grado di maturità ex art. 6 comma 2° Convenzione di Oviedo) indispensabile non solo sul piano strettamente giuridico ma anche per favorire la compliance terapeutica tra operatori ed assistiti che assicura l’efficacia dell’intervento.

Soluzione

valutazione: MAI demandata al servizio, ma a consulenti

esterni

indagine: MAI demandata al servizio che prende in

carico

cura: MAI demandata al servizio che svolge indagini

Carta di Civitanova: Criteri di valutazione e metodologie

dell’intervento

• 6. Metodologia dell’accertamento La valutazione diagnostica e prognostica, realizzata con

gli strumenti e i protocolli propri della psicologia e dei servizi socio-sanitari, deve essere multidimensionale e deve quindi tener conto delle caratteristiche individuali del/della minore (comprese l’origine etnica, religiosa, culturale e linguistica), delle sue competenze cognitive, emotive e relazionali, della complessità delle sue relazioni sociali, di quelle della famiglia e dell’ambiente in cui egli/ella è inserito/a. Dovrà inoltre essere vagliata la presenza/assenza dei fattori di rischio e protettivi e la probabilità di cambiamento delle condizioni date.

La valutazione della genitorialità

La valutazione della c.d. “genitorialità” costituisce un’area di ricerca multidisciplinare che valorizza i contributi della psicologia clinica e dello sviluppo, della neuropsichiatria infantile, della psicologia della famiglia, della psicologia sociale e giuridica, della psichiatria forense ecc. e risulta particolarmente feconda per le potenziali applicazioni operative che ne possono derivare a diversi livelli dell’ intervento psicosociale.

Criteri di valutazione delle capacità genitoriali-Generalità

• I criteri presenti in letteratura per la valutazione della genitorialità in senso generale riguardano parametri individuali e relazionali relativi ai concetti di parenting e di funzione genitoriale, trattati ampiamente nella letteratura italiana e internazionale, che riguardano lo studio delle abilità cognitive, emotive e relazionali del ruolo e delle funzioni genitoriali.

• Per quanto riguarda i criteri di valutazione, l’osservazione delle capacità genitoriali richiede una articolazione preliminare delle specifiche funzioni da prendere in esame.

Reder e Lucey (1995) L’adattamento al ruolo di genitore • Il genitore provvede adeguatamente alle cure fisiche

essenziali? • Il genitore provvede a fornire le cure emotive

appropriate all’età dei figli? • Il genitore favorisce lo sviluppo della dinamica

dell’attaccamento? • Qual è l’attaccamento del genitore verso i compiti che

gli competono? • Il genitore accetta la responsabilità connessa al

proprio comportamento? • Vi è l’aspettativa che i figli si sentano responsabili

delle propria protezione? • Nel caso in cui vi siano dei problemi, i genitori li

riconoscono?

Reder e Lucey (1995)

La relazione con i figli • Quali sono i sentimenti verso i figli? • I genitori provano empatia verso i figli? • I figli vengono considerati come persone separate e

distinte? • I bisogni primari dei figli vengono tenuti in maggior

conto rispetto al desiderio dei genitori?

Reder e Lucey (1995) Le influenze della famiglia • Quale livello di consapevolezza e quali atteggiamenti

hanno i genitori rispetto alle esperienze di accudimento della propria infanzia?

• Il genitore è capace di mantenere una relazione di sostegno reciproco con il patrner?

• Il bambino viene coinvolto eccessivamente nelle discordie familiari?

• Quale è il livello di sensibilità della famiglia rispetto allo stress relazionale?

• Qual è il significato del bambino per i genitori? • Qual è il contributo del bambino alla relazione di cura ed

accudimento? • Qual è l’atteggiamento del bambino verso le figure che

si prendono cura di lui?

Reder e Lucey (1995)

L’interazione con il mondo esterno • Sono disponibili delle reti sociali di sostegno? • Che forma ha assunto la relazione tra i genitori e gli

operatori psico-socio-sanitari? Le potenzialità di cambiamento • Quale probabilità vi sono che un aiuto terapeutico possa

essere utile? • Quali reazioni vi sono state ai tentativi di aiuto

precedenti?

Bornstein (1995)

Parenting come competenza articolata su quattro livelli: 1) nurturant caregiving; 2) material cargiving; 3) social caregiving; 4) didattic caregiving.

Guttentag et al. (2006)

• Quattro componenti correlate ad uno stile parentale comprensivo e “responsivo”:

• 1) capacità di rispondere alle richieste, • 2) capacità di mantenere un’attenzione

focalizzata, • 3) ricchezza del linguaggio, • 4) calore affettivo.

Visentini (2006)

Metanalisi della letteratura scientifica otto funzioni genitoriali:

1) funzione protettiva, 2) funzione affettiva, 3) funzione regolativa, 4) funzione normativa, 5) funzione predittiva, 6) funzione significante, 7) funzione rappresentativa e comunicativa, 8) funzione triadica.

Modello process-oriented (Cummimgs, Davies e Campbell, 2000; Di Blasio, 2005).

• Concetti di fattore di rischio, fattore protettivo e resilience, idonei all’analisi delle competenze parentali:

- fattori individuali (biologici, genetici, psicologici); - fattori familiari e sociali (coppia, bambino, fratria, amici, lavoro, famiglia

estesa); - fattori della società e dell’ambiente (ambiente fisico e salute, servizi e

risorse della comunità, condizioni economiche e familiari, supporti). • Adattamento: quando la competenza parentale è in grado di integrare le

complesse influenze personali e relazionali con le esigenze del bambino ed i compiti di sviluppo connessi alla sua crescita.

Prevalenza di fattori protettivi che possano contrastare i fattori di rischio derivanti da stress e difficoltà dei genitori.

APS-I: Assessment of Parental Skills Interview

Protocollo di valutazione delle competenze genitoriali

(Camerini, Volpini e Lopez, 2011)

Lo strumento prevede la somministrazione al genitore di una serie di domande (items), in numero di 24, le quali esplorano capacità relative a tre diverse aree di funzionamento:

• A) Supporto sociale e capacità organizzativa • B) Protezione • C) Calore ed empatia (care) Per ogni item possono essere assegnati cinque diversi punteggi: • 5. Capacità/funzione non esercitata o esercitata scorrettamente. • 4. Capacità/funzione esercitata raramente e inadeguatamente. • 3. Capacità/funzione esercitata in quantità/in maniera appena sufficiente

ed incostante. • 2. Capacità/funzione esercitata in quantità/in maniera mediamente

adeguata. • 1. Capacità/funzione esercitata in quantità/in maniera ottimale.

1. Condizioni croniche e stabili di natura psicopatologica che rappresentano, di per sé, un rischio ed un pregiudizio per la salute

psicofisica dei figli:

• una condizione di Ritardo Mentale, la quale, relativamente al grado di gravità del deficit cognitivo, compromette la capacità di comprendere i bisogni evolutivi dei figli e di organizzare le attività scolastiche e sociali, oltre all’elevato rischio di comorbidità rispetto ad altri disturbi mentali;

• un disturbo psicotico nell ’ ambito dello “ spettro ” schizofrenico (Schizofrenia, Disturbi di Personalità Schizoide, Schitotipico, Paranoide): in questi casi, sussiste un alto rischio di scompensi acuti che, specie se espressi attraverso crisi di agitazione psicomotoria o di accessi deliranti, possono costituire un diretto pregiudizio per i figli (violenza diretta o assistita).

2. Disturbi i quali, pur non presentando necessariamente caratteristiche di cronicità, vanno incontro a frequenti recidive

oppure tendono a prolungarsi per un periodo consistente:

• i Disturbi dell’Umore, ed in particolare la Depressione, che compromettono funzioni importanti come l ’ energia, l ’ investimento emotivo delle attività quotidiane, la motivazione e l’attenzione, specie nei periodi di acuzie, durante i quali, nei casi più gravi, qualora subentrino manifestazioni psicotiche di carattere delirante, sussiste il rischio di atti autolesivi o eterolesivi (d. post partum);

• Abuso di sostanze: l ’assunzione ripetuta ed abituale di sostanze psicoattive (specie alcool, oppiacei, cocaina) si associa di frequente a condotte antisociali ed a Disturbi di Personalità del cosiddetto Gruppo B (Narcisistico, Borderline, Antisociale), con compromissione del funzionamento sociale e lavorativo, e può facilitare la messa in atto di comportamenti instabili, impulsivi ed aggressivi, con possibili ricadute sui figli.

3. Soggetti i quali, in seguito alla esposizione a condizioni ambientali e familiari avverse durante la loro infanzia, presentano assetti di

personalità tali da ridurre le loro capacità genitoriali:

• Le esperienze di trascuratezza e di maltrattamento durante l’infanzia dei genitori si connettono a specifici pattern di attaccamento, favorendo un attaccamento insicuro (ansioso o, più spesso, evitante) o disorganizzato.

• Relazioni di attaccamento non soddisfacenti facilitano la costruzione di “modelli operativi interni” (ovvero rappresentazioni del Sé e del mondo esterno) alterati: soggetti trascurati/maltrattati nella loro infanzia vanno incontro ad uno scarso sviluppo del processo di mentalizzazione e della funzione riflessiva (Fonagy e Target, 2001). Modelli operativi interni “non riflessivi” determinano una specifica difficoltà a “leggere” la mente degli altri in termini di intenzioni, desideri, stati d’animo, con conseguente impossibilità di identificarsi nei bisogni evolutivi dei figli e di saperli interpretare in maniera sufficientemente appropriata.

• Tali pattern di attaccamento possono trasmettersi ai figli, determinando anche in loro pattern di attaccamento insicuri che, in adolescenza, rischiano di favorire lo sviluppo di disturbi psicopatologici (disturbi d’ansia, disturbi di personalità).

La CTU: compiti e metodi

Ruolo e funzioni del CTU

• La consulenza riguarda il giudice, che la dispone quando ha la necessità di farsi assistere da un esperto che abbia una particolare competenza tecnica indispensabile per la decisione.

• Il consulente è dunque un ausiliario del giudice (art. 51 c.p.c.), è obbligato a rispondere ai suoi quesiti ed a riferirgli lo svolgimento ed il risultato della sua attività, che è considerata dal codice di procedura civile nell’ambito dell’istruzione probatoria.

Compiti e finalità della CTU

• Disposizioni inerenti l’effettività dei diritti di visita e del diritto dei figli minori alla bigenitorialità;

• tenendo conto della attuale situazione, il CTU redigerà, secondo le disponibilità e le possibilità dei genitori, un progetto educativo e di gestione del minore che, fermo il principio che le decisioni di maggiore interesse per il figlio relative all’istruzione, alla educazione e alla salute debbono essere assunte di comune accordo da entrambi i genitori, stabilisca se per le questioni di ordinaria amministrazione la responsabilità e quindi le decisioni possano essere esercitate separatamente da ciascuno dei genitori nell’ambito di specifiche competenze concordate fra i genitori stessi.

Il Protocollo di Milano

• Ogni considerazione concernente il miglior affidamento e luogo di abitazione del minore deve essere fondata e sostenuta sulla base dalle ricerche scientifiche più aggiornate, che indicano che il minore sviluppa un legame di attaccamento verso entrambe le figure genitoriali e trae vantaggio, in termini evolutivi, dal mantenimento di una relazione continuativa ed equilibrata in termini di tempo e suddivisione degli impegni educativi con entrambi i genitori.

RUOLO E LIMITI DELL’ESPERTO

• Accettare l’incarico consulenziale solo se si ha una specifica e comprovata competenza.

• Mantenere l’autonomia professionale. • L’esperto non accetta incarichi se è ravvisabile un

conflitto di interesse. In particolare, il ruolo del consulente è incompatibile con quello del terapeuta del minore.

• L’esperto non può assumere l’incarico come CTP se ha avuto precedenti contatti di tipo professionale con il minore o con uno o entrambi i genitori. E’ vietato ascoltare il minore al di fuori del contesto della consulenza. In considerazione della delicatezza del suo operato gli esperti devono attenersi scrupolosamente alle norme previste dal proprio codice deontologico.

• Pur non avendo finalità terapeutiche il consulente, sia esso il CTU ovvero il CTP, ha l’obiettivo di salvaguardare il benessere psicofisico del minore.

• Possibile estensione della consulenza in forma collegiale.

• Informazione alle parti. • L’esperto dovrà fornire un parere solo dopo aver

condotto una valutazione adeguata a supportare le conclusioni.

• L’esperto ricorre ad una metodologia affidabile e pertinente.

COMPITO DELL’ESPERTO: OBIETTIVI DELLA VALUTAZIONE

• Obiettivo della consulenza è riportare al giudice la condizione psicologica e relazionale che connota gli individui che compongono la famiglia, la coppia e il sistema nel suo complesso, evidenziando punti di debolezza, punti di forza, aree di criticità e risorse utili per attuare cambiamenti evolutivi di segno positivo.

• Particolare attenzione dovrà essere posta agli aspetti "prognostici" della situazione famigliare (le risorse disponibili, le eventuali potenzialità al cambiamento dell'intero nucleo familiare, etc.) al fine di programmare e prevedere degli interventi opportuni.

• La consulenza mira idealmente a una restituzione di responsabilità genitoriale in cui le parti –anche con l’aiuto dei propri CCTTPP – possano ricomporre la comunicazione tra loro, con e sui figli, al fine di rispondere alle esigenze di questi.

• L’esperto è consapevole che la valutazione della genitorialità si basa su modelli, costrutti, caratteristiche psicologiche e attitudinali declinati e verificati nella concretezza delle singole situazioni.

METODOLOGIA DELLA VALUTAZIONE: STRUMENTI E METODI

• Discutere la metodologia della consulenza tecnica con i consulenti delle parti.

• Ricorrere a molteplici fonti di informazione per ogni area che deve essere analizzata.

• Relazionare in maniera accurata quanto emerso dalla consulenza tecnica.

ORGANIZZAZIONE DELLE ARGOMENTAZIONI

• Le argomentazioni devono corrispondere ai quesiti posti dal Giudice, giustificando ogni opinione espressa a partire dai dati anamnestici ed osservativi (in senso diagnostico e prognostico) che sono stati raccolti nel corso delle indagini e confrontandola, quando possibile, con i riscontri presenti nella letteratura specialistica sull’argomento.

• Devono essere prese in considerazione le ipotesi alternative a quelle proposte, giustificando i motivi per i quali esse sono state scartate o giudicate meno valide.

• Attenzione a non confondere/sovrapporre la valutazione del profilo di personalità e quella inerente la genitorialità.

La consulenza tecnica non può rivestire effetti “terapeutici”; può però costituire un’opportunità di maggiore consapevolezza, nella misura in cui favorisce una migliore rappresentazione delle esigenze e dei problemi presenti anche nell’altro

genitore.

Inoltre, il ruolo e l’azione del CTU possono evitare che i conflitti tra i genitori riverberino eccessivamente sui figli.

Criteri di valutazione

1. Criterio del genitore psicologico 2. Criterio della riflessività 3. Criterio del desiderio autentico del figlio 4. Criterio dell’accesso

Nei colloqui con i genitori, occorre ottenere le seguenti informazioni: • racconto del loro incontro, del matrimonio e della separazione; • descrizione della relazione che ciascun genitore intrattiene con il bambino; • “ ritratto ” del bambino, comprensione dei suoi bisogni; •storia personale di ciascun genitore e delle rispettive famiglie di origine; • rappresentazione che ciascun genitore ha dell’altro e che propone al figlio; •progetti circa le future possibili condizioni di affidamento e di custodia.

1. Il genitore psicologico

• A. Freud e Solnit: “Il ‘genitore psicologico’ è colui che con continuità, ovvero quotidianamente, assolve alla necessità sentita psicologicamente e fisicamente da un bambino di avere un genitore, interagendo con lui, condividendo con lui vicinanza e contatti, i giochi, gli scambi. Può essere genitore psicologico quello biologico, l’adottivo, l’affidatario o qualsiasi altra persona”.

• Processo di identificazione nei bisogni dei figli: capacità protettive - capacità normative - capacità empatiche - promozione delle autonomie e della socializzazione.

• Sotto questa luce, va anche valutata la maggiore o minore disponibilità, da parte di ciascun genitore, a tenere lontano i figli dal conflitto intragenitoriale.

2. La funzione riflessiva

• Consiste in quell'insieme di “processi psicologici sottostanti la capacità di mentalizzare” (Fonagy et al., 1997).

• Capacità di vedere e capire se stessi e gli altri in termini di stati mentali, cioè sentimenti, convinzioni, intenzioni e desideri. Riguarda quindi la capacità di pensare, di attribuire significati al proprio e altrui comportamento.

• Metacognizione, mentalizzazione e funzionamento riflessivo sono considerati espressione della FR da cui in gran parte dipende lo “sviluppo del Sé che pensa e che sente” (Fonagy et al., 1998).

• La FR comprende una componente autoriflessiva, sia una componente interpersonale, le quali idealmente forniscono all'individuo una capacità di distinguere sia la realtà interna da quella esterna, sia i processi intrapsichici da quelli interpsichici.

• Tale funzione si sviluppa attraverso l'esperienza che il bambino fa di quanto i propri stati mentali siano stati “capiti e pensati” grazie a interazioni cariche di affetto con il genitore l'emergere e il completo sviluppo della funzione riflessiva dipende dalla capacità del genitore di percepire più o meno accuratamente l'intenzionalità del bambino (Fonagy et al., 1998).

Imparando a comprendere il comportamento altrui risulta possibile mettere in atto flessibilmente, grazie a una

molteplicità di modelli rappresentazionali sé-altro, organizzati sulla base delle esperienze precedenti, il comportamento più

appropriato per rispondere, in modo adattivo, ai singoli scambi interpersonali.

Esplorazione della FR

• Fonagy et al. (1998) hanno proposto di suddividere le domande dell'A.A.I. (come pure quelle di altre interviste atte a sollecitare dimostrazioni di funzionamento) in due categorie:

• “permit questions”, domande che permettono all'intervistato di dimostrare di possedere un certo grado di funzione riflessiva;

• “demand questions”, domande dell'intervista che esigono che l'intervistato mostri la qualità specifica delle proprie capacità riflessive.

Permit questions

• Queste domande di fatto improntano tutto lo stile del colloquio, indagando la capacità e disponibilità narrativa sulle aree che vengono via via esplorate.

Demand questions : A.A.I.

• Domande contenute nell'A.A.I.: - Secondo lei perché i suoi genitori si sono comportati così come

si sono comportati, quando lei era bambino? - Pensa che le sue esperienze infantili abbiano avuto qualche

influenza su quello che lei è oggi? - Vi sono stati ostacoli o momenti di regressione nella sua

crescita? - Si è mai sentito respinto da bambino? - A proposito di perdite o lutti, come si è sentito al momento, e

come sono cambiati i suoi sentimenti nel corso del tempo? - Ci sono stari dei cambiamenti nei rapporti con i suoi genitori da

quando era bambino?

Demand questions : APS-I e PASS

• APS-I • Parent Awareness Skill Survey: tratto dal manuale di Bricklin, consente di

individuare i punti di forza e di debolezza dei genitori (in termini di funzioni riflessive) nelle situazioni di accudimento dei figli, valutando il grado di consapevolezza del genitore riguardo:

- gli aspetti critici nelle situazioni di accudimento dei figli; - la necessità di individuare strategie adeguate per determinare soluzioni

positive; - il bisogno di comunicare con parole e azioni comprensibili al bambino: - la necessità di riconoscere i sentimenti suscitati nel bambino dalle diverse

situazioni: - la necessità di tenere in considerazione la storia passata del bambino; - i dati di feedback.

Demand questions : altre formulazioni verbali

• Oltre a questo set di domande, l‘intervistatore può usare anche altre formulazioni verbali per “esigere” nell'intervistato risposte in termini di funzione riflessiva, come per esempio: “e perché pensa che loro abbiano fatto questo?...”, attraverso la capacità e disponibilità narrativa su alcune aree:

- l’area della riflessione personale; - l’area della riflessione relativa al rapporto di coppia; - l’area della riflessione identificatoria sui figli.

Manuale della FR (Fonagy)

• Le risposte vengono valutate rispetto all'essere caratterizzate da:

- brani marcatamente anti-riflessivi (in cui si riscontra ostilità ed evasività in risposta alla richiesta di riflessione);

- brani in cui la funzione riflessiva può risultare assente ma non disconosciuta oppure dubbia o bassa;

- brani che dimostrano una chiara o comune funzione riflessiva;

- brani che rivelano un funzionamento riflessivo notevole o eccezionale.

• Quando la riflessività è assente tendono a emergere schemi di risposta ben distinti, che possono essere ulteriormente organizzati in sotto-categorie, quali:

- risposte di rifiuto, non integrate, bizzarre o inadeguate,

- risposte di diniego, - distorte o al servizio del Sé, - risposte ingenue o semplicistiche, - riposte iperanalitiche o iperattive.

3. Il desiderio autentico del figlio e l’ascolto del minore

qualità dell’attaccamento verso ciascun

genitore e disponibilità nel relazionarsi con lui.

I colloqui con i figli devono essere indirizzati a valutare i seguenti elementi:

• presenza di eventuali segnali di disagio o di disturbi psicopatologici;

• livello e qualità dell’attaccamento verso le figure adulte;

• orientamenti e preferenze espresse ; • eventuale presenza di indottrinamento da

parte di un genitore.

Separazione dei genitori ed ascolto del minore

• A partire dai 12 anni, secondo la legge 54/2006, il figlio ha il diritto di esprimere la propria opinione (anche prima se ritenuto capace di discernimento).

• A partire dai 14 anni viene riconosciuta la capacità di intendere e di volere.

• Ogni provvedimento relativo all’affidamento ed alla custodia dei figli in caso di separazione dei genitori non può prescindere, specie a partire dai 12 anni, da un ascolto delle opinioni e degli orientamenti dei figli.

Convenzione di New York (1989)

• Art. 12 (comma 1): “Gli Stati parti garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione, su ogni questione che lo interessa, le opinioni del fanciullo essendo debitamente prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità”;

• (comma 2): “A tal fine, di darà in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante od un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale”.

Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei diritti dell’uomo riguardo la applicazione della biologia e

della medicina (Oviedo, 1997)

• Art. 6: l’opinione del minore è presa in considerazione come un fattore sempre più determinante in funzione della sua età e del suo grado di maturità.

Convenzione di Strasburgo(1996)

La Convenzione europea afferma che al minore (“purché considerato dalla legge nazionale come avente un sufficiente discernimento”) debbono essere riconosciuti una serie di diritti:

- ricevere ogni informazione pertinente; - essere consultato direttamente o indirettamente in una

forma adeguata alla sua capacità di giudizio; - essere posto in condizione di esprimere la propria

opinione, la quale dovrà essere tenuta nel debito conto.

Articolo 6:

- L ’ art. 6 indica che il Giudice: “ consulta personalmente il fanciullo, se del caso, e se necessario in privato, direttamente o attraverso altre persone o organi, nella forma che riterrà più appropriata tenendo conto del discernimento del fanciullo, a meno che ciò non sia manifestamente in contrasto con gli interessi superiori dello stesso ” ; la disposizione, molto generica, lascia dunque nel vago la questione delle modalità dell’audizione.

La “capacità di discernimento” va valutata in riferimento alla concreta vicenda umana e processuale.

Si tiene conto della generale maturità del minore, senza mai tralasciare l’elemento critico costituito dalla decisione che

deve essere assunta.

Capacità di discernimento e condizionamenti esterni

• La capacità va valutata in concreto, tenendo conto degli inevitabili condizionamenti esterni.

• La opinione del minore deve quindi essere considerata anche in riferimento al contesto relazionale e comunicativo in cui si è sviluppata (suggestioni, condizionamenti, conflitti di lealtà), che influenza la capacità di discernimento.

“L’ascolto può essere visto come cooperazione attiva all’atto comunicativo, cooperazione in cui è importante

sforzarsi di capire piuttosto che giudicare, prestare attenzione a tutto il discorso del soggetto e aiutarlo a

riformulare le parti confuse o contradditorie, formulare sintesi e giudizi solo quando vi sono tutti gli elementi per

farlo. Se è così, l’ascolto costituisce un aiuto al minore, che può arrivare ad una maggiore consapevolezza e ad

elaborazioni nuove”.

(Michielin e Sergio, 2001)

L’ascolto del minore implica inevitabilmente una preliminare valutazione da parte dell’adulto: esiste infatti un rapporto inverso tra il peso/valore degli orientamenti espressi e la presenza di fattori suggestivi in grado di influenzarli, dovendo questi fattori comunque essere oggetto di attenzione e di analisi. Le parole del minore devono quindi essere non solo registrate, ma in qualche misura interpretate, né chi le raccoglie può essere il semplice megafono del bambino. Occorre evitare che il bambino stesso si trovi schiacciato dal peso delle scelte espresse, magari, per compiacere l’uno o l’altro genitore, ricalcandone i giudizi ed i comportamenti.

Può sussistere quindi il rischio di attribuire al minore un potere eccessivo rispetto alle proprie capacità di discernimento, lasciandogli il peso e l’angoscia di responsabilità che competono agli adulti? L’interesse del minore, ovvero il suo benessere, coincide spesso nella possibilità di fare riferimento ad un adulto che decide per lui in funzione del suo bene, ovvero di quello che viene responsabilmente e riflessivamente interpretato come tale. Il rischio di una eccessiva libertà di scelta offerta al bambino riguardo la propria collocazione è quello di favorire lo sviluppo di fantasie narcisistiche di onnipotenza intimamente connesse a sentimenti di colpa, conformemente alla necessità di schierarsi come alleato di un genitore ai danni dell’altro.

Utile l’osservazione diretta delle interazioni comunicative tra il figlio e ciascuno dei due genitori, valutando il livello di confidenza reciproca, i segnali di ansietà, i patterns di disciplina, i contributi portati all’autostima del bambino.

Disegno congiunto

• L’esperienza di interagire insieme disegnando viene esperita generalmente come una situazione libera dove i membri della famiglia “abbassano la guardia”, rendendo le dinamiche familiari abbastanza evidenti. Ciò che appare importante osservare in questi casi è, pertanto, la qualità dei legami affettivi dove la valutazione viene estesa dal singolo individuo alle sue risorse e competenze in relazione agli altri membri.

• L’obiettivo è, quindi, quello di mettere in scena una situazione di “problem solving” interattivo – conversazionale, come per esempio costruire un progetto comune, in cui impegnare ogni singolo attore coinvolto nel costruire un contesto comune di relazione che viene analizzato in chiave sia interattiva sia simbolica.

• Il disegno congiunto può essere analizzato sia dal punto di vista del processo di produzione del disegno, sia dal punto di vista del disegno ultimato.

Categorie da analizzare: • avvio (chi prende l’iniziativa e inizia); • chi segue e come (chi sviluppa lo stesso tema, interviene nel disegno dell’altro,

completa il disegno dell’altro); • chi si distacca (chi propone un tema diverso o inusuale per differenza o per

contrapposizione); • presa di iniziativa (chi lavora autonomamente, chiede/dà/rifiuta collaborazione,

organizza il proprio e altrui lavoro); • risultato conclusivo (isolamento di un membro, tema a coppie, tema comune o

diverso); • qualità del progetto (chi si applica, si mostra soddisfatto o insoddisfatto del

lavoro); • grado di partecipazione (chi partecipa/non partecipa); • contenuto della comunicazione; • vicinanza ed esclusione (chi mantiene le distanze, tenta o fa un avvicinamento,

cerca o non cerca un contatto fisico e /o visivo); • supporto (chi assume o non assume una funzione di supporto); • interazioni verbali; • qualità dello scambio (atteggiamenti di apertura/chiusura,

confidenza/opposizione).

Lausanne Trilogue Play Clinico

• Metodo di osservazione diretta delle relazioni familiari, realizzato attraverso la messa in atto, da parte della famiglia, dei modelli interattivi che la caratterizzano mediante un gioco in cui genitori e figli possono cooperare in modo più o meno funzionale per uno scopo condiviso. Il metodo rientra nell'ambito della ricerca in psicodinamica e ha l'obiettivo di operazionalizzare i criteri di valutazione relazionale quando il clinico deve esprimere una diagnosi e formulare un progetto di psicoterapia familiare o un intervento di sostegno alla genitorialità. Ancorato a costrutti teorici su cui convergono molte ricerche sulla famiglia, il sistema di codifica che viene proposto si basa su indicatori comportamentali che differenziano le famiglie funzionai da quelle disfunzionali in termini di alleanze familiari.

Brick lin Perceptual Scales (BPS – Bricklin)

• Misura la percezione non verbale che il bambino ha di entrambi i genitori, suddividendo le capacità genitoriali in quattro aree:

• Competenza • Empatia • Fermezza • Possesso di buone qualità genitoriali. • I punteggi dei test derivano dalla comparazione

tra quelli della madre e quelli del padre.

Altri test

• FAST: le dinamiche affettivo-relazionali familiari vengono manifestate attraverso gli spostamenti di pedine su una specie di scacchiera.

• Perception of relationships test (PORT – Bricklin): test proiettivo che misura il grado con cui il bambino cerca la “vicinanza psicologica” con ciascun genitore e le disposizioni, più o meno adattive, a comportarsi in un certo modo che il bambino utilizza per permettere e facilitare l’interazione con ciascun genitore.

4. Criterio dell’accesso

• Si valutano gli indizi di cooperazione e di disponibilità o, viceversa, la difficoltà sostanziale rispetto al diritto/dovere dell'altro genitore a partecipare alla crescita e all'educazione dei figli e al loro complementare bisogno di "accedere" all'altro genitore.

• A tale fine occorre rintracciare nei genitori la presenza/assenza di segnali delle rispettive capacità di comprendere ed elaborare il problema della continuità genitoriale, che lega entrambi e perdura oltre e nonostante la separazione, nonché la disponibilità di assicurare al figlio l’accesso all’altro genitore e, con lui, alla sua stirpe ed alla sua storia relazionale.

Dal Protocollo di Milano: il “criterio dell’accesso”

• Affrontare e gestire il conflitto con l’altro genitore - tenendo conto delle rispettive e peculiari strutture personologiche – valutando anche la loro capacità di negoziazione;

• promuovere il ruolo dell’altro genitore favorendo la sua partecipazione alla vita del figlio, cooperando attivamente nella genitorialità (cogenitorialità/criterio dell’accesso) e salvaguardando i legami generazionali anche con la famiglia allargata.

La disciplina dei tempi di custodia e delle frequentazioni

Ordine degli Psicologi, Consiglio Nazionale (8/11/2011):

• “Esistono diversi studi in ambito internazionale che hanno indagato sul reale beneficio dell’affidamento a entrambi i genitori e in particolare delle modalità di frequentazione e dei modelli abitativi ad esso coerenti: la pariteticità delle responsabilità e la residenza alternata”.

• Gli studi mostrano come il coinvolgimento paterno migliora lo sviluppo cognitivo e l’adeguamento alle norme scolastiche e sociali ed aumenta l’autostima.

Verso una definizione normativa ?

• Raccomandazioni europee • Protocollo di Milano: tempi “equilibrati” • I dati della letteratura e le ricerche • Il protocollo del Tribunale di Perugia • Differenza tra tempi paritetici e tempi

equipollenti • “Affidamento materialmente condiviso”: non

meno di un terzo e non più di due terzi del tempo con ciascun genitore (tenendo conto delle disponibilità e delle distanze).

SEPARAZIONE DEI GENITORI E CUSTODIA DEI FIGLI: ALGORITMO DECISIONALE

CTU e mediazione

• Profonde differenze tra CTU e mediazione. • La CTU comporta un atteggiamento ben diverso delle

parti interessate, che sanno bene che alla fine i giochi saranno risolti dalla decisione del giudice cui la consulenza è preordinata.

• Inopportunità delle “prescrizioni” di mediazione/terapeutiche da parte del CTU ( consenso informato!).

Interventi e attività dopo il termine della CTU:

- monitoraggio del progetto educativo (su incarico del giudice) ad opera dei Servizi sociali (“vigilanza”);

- interventi psicoeducativi di rinforzo/di guida della

genitorialità (ad opera dei Servizi o di professionisti privati con consenso informato);

- verifica dopo 6 mesi/un anno da parte dello stesso CTU.

L’Alienazione Genitoriale (Parental Alienation)

www.alienazioneparentale.it

Parental Alienation Definizione: Bernet, 2008

• 1. Il bambino si allea ad uno dei genitori e rifiuta la relazione con l’altro senza legittime giustificazioni, generalmente in un contesto di separazione conflittuale e/o di disputa per l’affidamento.

• 2. Il bambino manifesta i seguenti comportamenti: • a) costante rifiuto verso un genitore, che raggiunge il livello di una vera e propria

campagna di denigrazione; • b) utilizzo di razionalizzazioni futili, deboli, assurde, per criticare

persistentemente il genitore rifiutato. • 3. Il bambino manifesta almeno due tra i seguenti comportamenti e

atteggiamenti: • a) mancanza di ambivalenza; • b) fenomeno del Pensatore Indipendente; • c) sostegno automatico al genitore alienante; • d) assenza di senso di colpa nel mancato rispetto e nella non accettazione dei

sentimenti del genitore alienato; • e) presenza di sceneggiatura presa a prestito; • f) allargamento dell’animosità nei confronti della famiglia estesa del genitore

alienato.

Lo “spettro” motivazionale dell’alienazione

•Da un lato, i casi in cui il figlio si trova coinvolto in una immotivata campagna di denigrazione da parte di un genitore (“mobbing genitoriale”) e si allinea passivamente sulle sue posizioni a partire da un “conflitto di lealtà ”; •dall’altro, i casi in cui il “contributo personale” da parte del figlio è molto più accentuato, in ragione di comportamenti negativi (in senso commissivo od omissivo) dei quali si è reso responsabile il genitore rifiutato; •in mezzo, una variegata quantità di condizioni intermedie, a genesi multifattoriale, accomunate dalla presenza di un conflitto genitoriale all’interno del quale i figli sono più o meno direttamente coinvolti come alleati dell’uno o dell’altro genitore ed ognuno dei soggetti si identifica in un ruolo secondo logiche e nessi causali circolari.

Il “conflitto di lealtà”

• Si sviluppa allorquando un genitore viene rappresentato più o meno esplicitamente dall’altro in maniera negativa e dispregiativa. Il figlio può giungere a temere di tradire la fiducia e le aspettative del genitore con il quale prevalentemente vive qualora mostri sentimenti di attaccamento e di affetto percepiti come idiosincrasici. Il bambino inizia ad ostentare i medesimi giudizi nel tentativo di garantirsi l’affetto di almeno uno dei genitori.

• Queste dinamiche di angoscia e di colpa sono in grado di compromettere:

• i processi d’identificazione • l’autostima • le capacità di adattamento • la fiducia di base.

Fernando Prodomo, Tribunale di Firenze:

• “Queste condotte non devono essere accertate solamente nella consulenza tecnica psicologica…ma devono essere provate attraverso l’utilizzo dei mezzi di prova tipici (interrogatori, testimonianze, documenti, precedenti decisioni) e specifici (relazioni dei servizi territoriali) al fine di evitare l’ingresso nella decisione di elementi spuri, quasi convinzioni pregiudiziali (‘occorre sempre accondiscendere alla volontà del genitore che meglio conosce i suoi figli ed agisce per il loro bene’; ‘la madre è di per sé più adatta a crescere i figli’)”.

Il genitore prescelto/alienante

• Autonomia apparente con forti bisogni di dipendenza - Legami familiari irrisolti – Reazioni di ansia

• Nei casi più gravi, Sindrome di Munchausen per Procura o Disturbo Delirante ( patologia individuale)

Il figlio

• Evitamento • Rifiuto • Fobia repulsiva (ansia di separazione) patologia individuale.

LIVELLO DI COMPLESSITA’ DEL PROCESSO DI ALIENAZIONE

Lieve – le visite sono presenti, ma con frequente atteggiamento ipercritico

Moderata – Squalifiche pressoché costanti e continue.

Grave – le visite sono impedite; il comportamento è decisamente ostile e, in alcuni casi, aggressivo.

RISCHI EVOLUTIVO PER IL BAMBINO

Aggressività e tendenza all’acting-out; Disturbi Psicosomatici ed Alimentari;

Disturbi relazionali e dell’Identità sessuale;

Comportamenti ossessivo-compulsivi e dipendenti;

Disturbo nella sfera narcisistica ed organizzazione tipo “falso sé”; Egocentrismo e comportamenti di manipolazione.

Il DSM-V:

• Problemi Relazionali (dei quali fanno parte anche l’abuso fisico, sessuale e psicologico e la trascuratezza), al di fuori dai disturbi individuali.

• Problema che coinvolge due o più soggetti e che si associa a disagi clinicamente significativi in uno o in entrambi i membri dell’unità relazionale.

• Un problema relazionale può sollecitare un’attenzione clinica in ragione del fatto che il soggetto cerca un’assistenza sanitaria o per un problema che riguarda il decorso, la prognosi o il trattamento di un disturbo mentale o di un’altra condizione medica.

Problema relazionale genitore-bambino Oggetto di attenzione clinica indirizzare la qualità della

relazione genitore-bambino

Problemi comportamentali: -inadeguato controllo genitoriale -supervisione e coinvolgimento del bambino -ipoprotezione genitoriale -eccessiva protezione genitoriale -discussioni che possono sfociare in minacce di violenza fisica Problemi cognitivi: -attribuzione negativa alle intenzioni altrui -ostilità verso gli altri, rendere gli altri il capro espiatorio -sentimenti non giustificati di alienazione Problemi affettivi: -sensazioni di tristezza -apatia o rabbia verso gli altri individui nelle relazioni

Effetti negativi del disagio relazionale tra genitori sul bambino

Oggetto di attenzione clinica effetti negativi della discordia nella relazione genitoriale su un bambino in famiglia

• Alti livelli di conflitto disagio denigrazione. • Comprende gli affetti sul disturbo mentale

del bambino.

ALGORITMO DECISIONALE PA

Dal “DOCUMENTO SUL SUPERAMENTO DEGLI OSTACOLI AL DIRITTO ALLA BIGENITORIALITA’”

• Capita talora che il genitore presso il quale il figlio è prevalentemente collocato trasmetta al bambino stesso l’astio verso l’altro genitore.

• Ciò può avvenire per via indiretta (il bambino “fa sue” le reazioni emotive del genitore) oppure diretta (il genitore trasmette al bambino i propri giudizi).

• Il fenomeno del bambino “ostaggio” di un genitore è purtroppo molto frequente nelle separazioni caratterizzate da un’alta conflittualità.

• Le conclusioni della comunità scientifica non

consentono di considerare il bambino come “malato” in quanto influenzato negativamente da un genitore; attualmente si ritiene più correttamente che si possa parlare di “Alienazione Parentale” e non di “ Sindrome di Alienazione Genitoriale”, ritenendo che essa coinvolga una relazione tra almeno tre persone, ciascuna delle quali dà il proprio personale contributo in misura variabile da caso a caso. Il fatto che il maltrattamento non costituisca una sindrome, non significa che il maltrattamento non esista.

• Da qui, negare il fenomeno significa commettere un grossolano errore.

Le inutili dispute nominalistiche…

Non si tratta di diagnosticare un “disturbo”… Si tratta di valutare i comportamenti in gioco.

Documento SINPIA – Aprile 2013 • La Società Italiana di Neuropsichiatria dell'Infanzia e

dell'Adolescenza ritiene opportuno esprimere il proprio parere in merito all'eco destata dalla recente sentenza n. 7041 del 20.03.2013 della Corte di Cassazione e dalle affermazioni ivi contenute circa la nozione di PAS (Parental Alienation Syndrome).

• In primo luogo, al di là dell'opportunità che l'autorità giudiziaria si sostituisca alla comunità scientifica nel rilasciare giudizi su argomenti altamente specialistici, si ritiene che il problema relativo all’esistenza o meno di una "sindrome" legata all'alienazione di una figura genitoriale venga posto in modo incongruo. Fenomeni come il mobbing, lo stalking ed il maltrattamento esistono ed assumono valenze giuridiche a prescindere dal riconoscimento di disturbi identificabili come sintomatici. La comunità scientifica è concorde nel ritenere che la alienazione di un genitore non rappresenti di per sé un disturbo individuale a carico del figlio ma piuttosto un grave fattore di rischio evolutivo per lo sviluppo psicoaffettivo del minore stesso.

• La nozione di Alienazione Parentale è inoltre riconosciuta come possibile causa di maltrattamento psicologico dalle Linee Guida in tema di abuso sui minori della SINPIA (2007).

• La SINPIA ribadisce come sia importante adottare le precauzioni e le misure necessarie, come impongono le recenti sentenze della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, per garantire il diritto del minore alla bigenitorialità e tutelarlo dagli ostacoli che lo possono minacciare .

Alienazione di una figura genitoriale

Lesione dei diritti Fattore di relazionali rischio evolutivo

Mobbing familiare? • Alleanza simbiotica tra genitore e figlio che

“mobbizza” l’altro genitore lesione dei diritti fondamentali del genitore e soprattutto del figlio (soggetto debole) - Vulnus alla identità personale del figlio:

- artt. 2, 3 e 30 Cost. - art. 29 Conv. NY - art. 8 Conv. EDU - art. 7 e 24 Carta di Nizza.

Comportamenti messi in atto e rivolti all’allontanamento dell’altro genitore (mobbing

genitoriale):

• Indottrinamento circa i difetti e le mancanze • Estensione delle critiche alla famiglia allargata • Coinvolgimento di altri membri della famiglia del

genitore “alienante” • Sollecitazione di un’alleanza • Legame simbiotico • Ostacolo alle visite • Denunce infondate di molestie

• Ricerche condotte su campioni di figli negli Stati Uniti hanno consentito di individuare almeno 20 modi con i quali i genitori possono coinvolgere il figlio nel loro conflitto: denigrando l’altro genitore, interferendo nella comunicazione tra il figlio e l’altro genitore, oppure evitando ogni riferimento a quest’ultimo cercando di “cancellarlo”.

• La particolare difficoltà nei casi di AP risiede nella necessità di intervenire non solo su tutti i membri dell’incastro relazionale ma anche di operare tanto su un piano correttivo della realtà (dispositivi di collocamento e di frequentazione del bambino) tanto sul mondo interno del figlio e dei genitori (intervento psicosociale in una prospettiva clinica e preventiva).

L’alienazione di un genitore come fattore di rischio per lo sviluppo

Le ricerche

• Baker e Verrocchio (2013) hanno rilevato in un’indagine svolta su 257 studenti di Chieti alti tassi di depressione, bassa autostima, abuso di alcol e stili di attaccamento disturbati nel gruppo di coloro che erano stati soggetti durante l’infanzia all’alienazione di un genitore legata a conflitti familiari conseguenti alla separazione e tali da coinvolgere i figli.

• In un altro lavoro di Verrocchio e Baker del 2013 compiuto su 730 studenti di Chieti si rilevavano, tra i soggetti esposti a contrasti familiari ed a conflitti di lealtà, importanti effetti dannosi sul loro funzionamento a lungo termine e sul benessere in età adulta.

Corte Eur. Dir. Uomo, sez. II, sentenza 29 gennaio 2013, Lombardo c/ Italia

• “Dall’art. 8 della Convenzione, derivano obblighi positivi dove si tratti di garantire il rispetto effettivo della vita privata o familiare. Questi obblighi possono giustificare l’adozione di misure per il rispetto della vita familiare nelle relazioni tra gli individui, e, in particolare, la creazione di un arsenale giuridico adeguato ed efficace per garantire i diritti legittimi delle persone interessate e il rispetto delle decisioni dei tribunali”.

• “Gli obblighi positivi di cui si discute non si limitano al controllo a che il bambino possa incontrare il suo genitore o avere contatti con lui ma includono l’insieme delle misure preparatorie che permettono di raggiungere questo risultato. Per essere adeguate, le misure deputate a riavvicinare il genitore con suo figlio devono essere attuate rapidamente, perché il trascorrere del tempo può avere delle conseguenze irrimediabili sulle relazioni tra il fanciullo e quello dei genitori che non vive con lui. Non deve, dunque, trattarsi di misure stereotipate ed automatiche”.

La Carta di Civitanova: 22. Ostacoli al diritto alla bigenitorialità

• Nel caso in cui un genitore ostacoli e/o osteggi l'esercizio del diritto del minore alla bigenitorialità tali condotte vanno tempestivamente segnalate all'Autorità Giudiziaria, la quale potrà attuare interventi amministrativi, civili eventualmente anche sanzionatori, penali; tali interventi dovranno essere tempestivi onde evitare che la situazione si radichi e si stabilizzi. Nel caso in cui siano stati disposti incontri in spazio neutro tra uno dei due genitori ed il figlio, eventuali difficoltà e rifiuti dovranno essere affrontati non attraverso provvedimenti coercitivi nei confronti di quest’ultimo/a bensì adottando prescrizioni e/o sanzioni anche punitive a carico del genitore che si rifiuti di collaborare e di facilitare il passaggio del figlio all’altro genitore.

Sono lecite le “terapie giudiziarie”?...

• La sovrapposizione assorbente e totalizzante di una finalità giudiziaria - come la tutela del diritto di visita del genitore - all’intervento dei servizi ne stravolge la funzione e l’efficacia.

• In una situazione di conflitto tra operatori incaricati dal giudice, minore e genitore con lui collusivo c’è il rischio che gli interventi risultino inefficaci rispetto alla finalità giudiziaria ed al tempo stesso destabilizzanti per l’equilibrio psicofisico dei soggetti interessati, specialmente del minorenne.

• Dubbi di legittimità costituzionale dell’art. 333 c.c.

Diverso è disporre provvedimenti coercitivi per:

• Consentire i diritti di visita ed il diritto del minore alla bigenitorialità

o per • Attuare un programma rieducativo-

terapeutico

Interventi coercitivi indicati se:

• sussiste una condizione di grave rischio evolutivo con compromissione del funzionamento psicologico e adattivo del figlio

• il genitore prescelto (spesso affetto da disturbo psicopatologico) si oppone alle prescrizioni

allontanamento e collocazione temporanea

in luogo “neutro”

Da valutare:

• L’età • La capacità di discernimento e di

autodeterminazione • Il tempo • Il livello di radicamento dell’alienazione

Da evitare se:

• Il tempo ha radicato la condizione presente nel figlio

• Il minore per età e per maturità è riconosciuto in grado di autodeterminarsi

Carta di Civitanova: Ostacoli al diritto alla bigenitorialità

• Nel caso in cui un genitore ostacoli e/o osteggi l'esercizio del diritto

del minore alla bigenitorialità tali condotte vanno tempestivamente segnalate all'Autorità Giudiziaria, la quale potrà attuare interventi amministrativi, civili eventualmente anche sanzionatori, penali; tali interventi dovranno essere tempestivi onde evitare che la situazione si radichi e si stabilizzi.

• Nel caso in cui siano stati disposti incontri in spazio neutro tra uno dei due genitori ed il figlio/la figlia, eventuali difficoltà e rifiuti dovranno essere affrontati non attraverso provvedimenti coercitivi nei confronti di quest’ultimo/a bensì adottando prescrizioni e/o sanzioni anche punitive a carico del genitore che si rifiuti di collaborare e di facilitare il passaggio del figlio/della figlia all’altro genitore.

Gli interventi sui due piani

Utilizzazione della Disposizioni giudiziarie CTU e suo eventuale prolungamento

Si possono distinguere diversi approcci

1. Prescrizioni in corso di CTU

• A) Il CTU sceglie di prolungare (attraverso varie richieste di proroga) il termine di consegna della relazione scritta, procedendo ad una serie di colloqui individuali o di coppia con il figlio e con i genitori volti ad analizzare ed elaborare le motivazioni sottostanti ai loro comportamenti.

(Problemi: forzatura del ruolo, mancanza di compliance) • B) Il CTU delega ad altri specialisti la presa in carico psicologica del figlio e/o del genitore

“alienante” e/o dell’intero nucleo familiare, rimandandone la risoluzione in quel contesto. (Problemi: terapie “a tesi”, mancanza di consenso informato) • C) Il CTU effettua prescrizioni in corso d’opera forzando i genitori a collaborare agli incontri. (Problemi: preventiva delega da parte del giudice)

2. La delega ad un’ agenzia sociale

• Il CTU può proporre al Giudice un affidamento al servizio sociale con compiti di vigilanza e con affievolimento delle rispettive potestà.

• Ai servizi cono delegate sia le decisioni (ordinarie e straordinarie) inerenti l’educazione del figlio, sia le modalità attraverso cui ripristinare (a partire da incontri “protetti” -o, per meglio dire, in “spazio neutro”- tra il figlio ed il genitore “alienato”) i normali turni di visita e di custodia.

Problemi • Da un lato, i servizi si trovano investiti di una duplice funzione, di controllo

(secondo il principio di legalità, volto al rispetto dei diritti relazionali dei soggetti -ma non garantita, nel caso di un conflitto d’interessi tra i genitori ed il servizio dal necessario rispetto del diritto di contraddittorio-) e di sostegno (secondo il principio di beneficità, in una prospettiva di protezione e di costruzione di una relazione d’aiuto -ma non garantita da un consenso informato-), dovendo quindi rivestire ruoli che possono risultare difficilmente compatibili e difficilmente comprensibili dagli stessi membri della famiglia.

• Dall’altro, non sempre i servizi dispongono né di operatori disponibili a svolgere le funzioni richieste (con conseguente dilatazione temporale degli incontri, quando invece occorrerebbe agire con tempestività), né di spazi e di locali adatti.

3. Il ricorso al “privato sociale” • Il CTU propone l’intervento di un soggetto terzo (psicologo o

educatore con funzione di “traghettatore” tra il figlio ed il genitore “alienato”, osservando e relazionando circa i comportamenti assunti dall’uno e dall’altro genitore e facilitando la transizione da un ambiente all’altro.

• Si tratta di garantire la realizzazione di alcune concrete necessità:

- la progettazione delle attività da svolgere durante l’incontro;

- l’osservazione dei comportamenti assunti sia dal figlio sia dai genitori nel corso della transizione, i quali saranno oggetto di periodiche relazioni.

• Dopo che l’incarico è stato affidato e ratificato dal giudice, con assegnazione del carico economico ad entrambi i genitori, occorrerà valutare l’opportunità di una verifica degli esiti a distanza (compresa tra i sei ed i dodici mesi), la quale potrà essere operata o dallo stesso CTU, o dal giudice stesso.

Problemi

• Pagamento dell’operatore (in solido?). • Rapporti con la CTU e con i suoi tempi.

La coercizione indiretta

• Coercizione indiretta (c.d. tutela inibitoria) finalizzata all’adempimento dell’ordine.

• L’effettività della tutela giurisdizionale è assicurata anche da un nuovo sistema di attuazione dei provvedimenti, quello delle misure coercitive, tra le quali, nell’ambito della tutela dei diritti personali e relazionali, quelle tipiche previste dall’art. 709 ter c.p.c. introdotto nel codice di procedura dalla l. n. 54/2006.

L’art. 709 ter c.p.c.: “danno punitivo”

• Tale disposizione prevede che il giudice oltre a modificare i provvedimenti in vigore può anche congiuntamente 1) ammonire il genitore inadempiente; 2) disporre il risarcimento dei danni a carico di uno dei genitori nei confronti del minore; 3) disporre il risarcimento dei danni a carico di uno dei genitori nei confronti dell’altro; 4) condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 euro a un massimo di 5000 euro a favore della Cassa delle ammende.

• Su istanza di parte.

Sono da privilegiare le azioni nei confronti del genitore che ostacola le visite (si oppone alle prescrizioni) :

• Agire per tempo, prima che le reazioni del figlio si stabilizzino e si radichino.

• Sanzioni amministrative - applicazione del 709 ter c.p.c. • Provvedimenti di sospensione o di decadenza della

responsabilità genitoriale. • Sanzioni penali (inottemperanza alle disposizioni

giudiziarie – art. 388 c.p.; maltrattamento - art. 572 cp; violazione degli obblighi familiari - art. 570 c.p.); equiparazione allo stalking? (proposte di legge – violazione di diritti costituzionalmente garantiti).

Grazie per l’attenzione

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www.giovannibattistacamerini.com