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CORSO DI LAUREA IN FISIOTERAPIA EFFETTO DELLA RIABILITAZIONE RESPIRATORIA SUGLI SCAMBI GASSOSI POLMONARI NEI PAZIENTI BPCO Tesi di Laurea di: Gabriella Borroni Matricola: 762190 Relatore: Dott. Pierachille Santus Anno Accademico 2011/2012

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CORSO DI LAUREA IN FISIOTERAPIA

EFFETTO DELLA

RIABILITAZIONE RESPIRATORIA SUGLI SCAMBI GASSOSI

POLMONARI NEI PAZIENTI BPCO

Tesi di Laurea di: Gabriella Borroni

Matricola: 762190

Relatore: Dott. Pierachille Santus

Anno Accademico 2011/2012

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Gabriella BORRONI, Sezione San Paolo, Matr. 762190 EFFETTO DELLA RIABILITAZIONE RESPIRATORIA SUGLI SCAMBI GASSOSI POLMONARI NEI PAZIENTI BPCO. RELATORE Dott. Pierachille Santus INTRODUZIONE. È ormai noto che la riabilitazione respiratoria determina degli effetti positivi nel paziente BPCO, soprattutto in termini di disostruzio-ne e di riallenamento allo sforzo, ma anche in termini di diminuzione della dispnea a riposo e, non meno importante, dal punto di vista della qualità di vita. Se ad oggi è chiaro quale meccanismo fisiopatologico sottenda al miglio-ramento della tolleranza allo sforzo e della dispnea, meno chiari sono i mec-canismi e le modificazioni che hanno luogo nei soggetti BPCO a livello pol-monare, in termini di scambi gassosi, dopo programmi di riabilitazione respi-ratoria. Questo studio si propone quindi di valutare gli effetti della riabilita-zione respiratoria sugli scambi gassosi e, in secondo luogo, sui volumi pol-monari, oltre alle modificazioni inerenti la gas analisi arteriosa. MATERIALI E METODI. Mediante uno studio prospettico, osservazionale e multicentrico, tuttora in corso, sono stati arruolati 111 pazienti con diagnosi di BPCO (Stadio GOLD I e II 47%; Stadio III e IV 53%). Previa firma del con-senso informato, i pazienti hanno seguito un ciclo di riabilitazione respirato-ria composto da 15 sedute, con frequenza giornaliera; sono stati valutati, all’inizio ed al termine delle sedute, i valori di SBCO, KCO, VA, FEV1, IC, VCmax, TLC, RV, ITGV, SR Tot, pCO2, pO2, pH e 6 MWD. I dati raccolti sono stati poi analizzati al fine di calcolare la differenza tra i valori post- e pre-riabilitazione, e la possibile esistenza di correlazioni tra le diverse variabili considerate. RISULTATI. Tra i parametri considerati abbiamo ottenuto un miglioramento significativo per quanto concerne VA (p=0,04), pO2 (p=0,02), FEV1 (p=0,01), VCmax (p=0,005), SR Tot % (p=0,03), e la 6MWD (p<0,001). L’unica correla-zione tra questi valori che è risultata essere statisticamente significativa è stata quella tra VCmax e VA iniziali (p<0,001) e tra VCmax e VA finali (p<0,001). DISCUSSIONE E CONCLUSIONI. I risultati ottenuti ci permettono di confer-mare il contributo positivo della riabilitazione respiratoria nella gestione dei soggetti affetti da BPCO. In particolare abbiamo rilevato un miglioramento della ventilazione alveolare e della capacità vitale che si associa ad un con-sensuale miglioramento dell’ossigenazione sanguigna arteriosa e della tolle-ranza allo sforzo. I meccanismi implicati nel favorire questi risultati sembre-rebbero passare sia attraverso un miglioramento della forza muscolare sia attraverso un miglioramento della clearance mucociliare. Appare però neces-sario l’utilizzo di altri test fisiopatologici per meglio comprendere i meccani-smi polmonari che stanno alla base dei miglioramenti ottenuti con la riabili-tazione respiratoria a carico della ventilazione polmonare.

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INTRODUZIONE ........................................................................................................... 1

1 PRESUPPOSTI TEORICI ...................................................................................... 2

1.1 BRONCOPNEUMOPATIA CRONICA OSTRUTTIVA .......................................... 2 1.1.1 DEFINIZIONE .................................................................................................................................. 2 1.1.2 EPIDEMIOLOGIA E IMPATTO .................................................................................................... 2 1.1.3 FATTORI DI RISCHIO E DI PROGRESSIONE ....................................................................... 3 1.1.4 EZIOLOGIA E FISIOPATOLOGIA .............................................................................................. 7 1.1.5 CLINICA E DIAGNOSI ................................................................................................................... 9 1.1.6 COMORBILITÁ .............................................................................................................................. 12 1.1.7 TERAPIA FARMACOLOGICA .................................................................................................... 13

1.2 ALTERAZIONI DELLA VENTILAZIONE ........................................................... 14 1.2.1 CARATTERISTICHE STATICHE DELL’APPARATO RESPIRATORIO E VOLUMI POLMONARI ............................................................................................................................................. 14 1.2.2 MECCANISMI DELL’OSTRUZIONE AL FLUSSO AEREO ED INTERDIPENDENZA 19 1.2.3 LA DIFFUSIONE ALVEOLO-CAPILLARE .............................................................................. 26

1.3 LA RIABILITAZIONE RESPIRATORIA .............................................................. 29 1.3.1 RIABILITAZIONE RESPIRATORIA. RAZIONALE E DEFINIZIONE ................................ 29

2 SCOPO DEL LAVORO ......................................................................................... 41

2.1 RAZIONALE DELLO STUDIO .............................................................................. 41 2.1.1 DISEGNO DELLO STUDIO ....................................................................................................... 41

3 OBIETTIVI DELLO STUDIO .............................................................................. 42

3.1 OBIETTIVO PRIMARIO ........................................................................................ 42

3.2 OBIETTIVI SECONDARI ....................................................................................... 42

4 MATERIALI E METODI ...................................................................................... 43

4.1 POPOLAZIONE IN STUDIO .................................................................................. 43 4.1.1 CRITERI DI INCLUSIONE .......................................................................................................... 43 4.1.2 CRITERI DI ESCLUSIONE ........................................................................................................ 43 4.1.3 TERAPIE CONCOMITANTI ........................................................................................................ 44

4.2 DESCRIZIONE DEL LAVORO .............................................................................. 44 4.2.1 INDAGINI ESEGUITE.................................................................................................................. 44 4.2.2 TRATTAMENTI E POSOLOGIA ................................................................................................. 48 4.2.3 ANALISI STATISTICA .................................................................................................................. 49

5 RISULTATI ........................................................................................................... 51

6 DISCUSSIONE...................................................................................................... 58

7 CONCLUSIONI ...................................................................................................... 60

BIBLIOGRAFIA ........................................................................................................... 61

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INTRODUZIONE

Questo elaborato si propone di valutare quali effetti può determinare la

riabilitazione respiratoria nei pazienti con diagnosi di broncopneumopatia

cronico-ostruttiva (BPCO), in modo specifico riguardo alla diffusione dei gas

a livello della membrana alveolo-capillare e riguardo ai volumi polmonari.

Molti studi presenti in letteratura hanno affrontato il tema della riabili-

tazione respiratoria e dei suoi effetti sulla la qualità di vita, sulla percezione

di dispnea e sulla capacità aerobica dei pazienti con BPCO; ad oggi, però,

non vi sono evidenze scientifiche definitive riguardo gli effetti della riabilita-

zione su variabili strettamente fisiologiche, quali appunto la diffusione alveo-

lo-capillare e la ventilazione. È quindi parso di enorme utilità provare a capi-

re e analizzare quali possono essere le variabili fisiologiche che sottendono al

miglioramento percepito dai pazienti BPCO sottoposti a trattamento riabilita-

tivo.

Nella prima parte dell’elaborato (capitolo 1) verranno descritti gli aspetti

clinici della patologia, gli aspetti fisiopatologici e i meccanici tipici della

BPCO; verranno poi esposti la definizione e il razionale della riabilitazione

respiratoria in tutte le sue componenti.

In seguito (capitolo 2) si procederà con la descrizione dello studio svol-

to. Verranno esposti gli obiettivi dello studio (capitolo 3), i materiali e i meto-

di utilizzati per quanto riguarda l’arruolamento dei pazienti, le indagini ese-

guite, il trattamento riabilitativo proposto e l’analisi statistica eseguita (capi-

tolo 4).

Verranno poi esposti i risultati ottenuti (capitolo 5) e si procederà infine

con la discussione di ciò che emerso dalle analisi e con le conclusioni rag-

giunte (capitoli 6 e 7).

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1 PRESUPPOSTI TEORICI

1.1 BRONCOPNEUMOPATIA CRONICA OSTRUTTIVA

1.1.1 DEFINIZIONE

La broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) è una patologia delle

vie aeree e del parenchima polmonare caratterizzata da una persistente limi-

tazione al flusso aereo, la quale è evolutiva e associata ad una abnorme ri-

sposta infiammatoria cronica, da parte delle vie aeree e del parenchima, a

particelle nocive e gas. Si tratta di una malattia frequente nella popolazione,

ma prevenibile e trattabile1.

La componente ostruttiva è dovuta a bronchiolite ostruttiva (quindi alle

alterazioni a carico delle piccole vie aeree) e ad enfisema (quindi alla distru-

zione parenchimale); l’infiammazione cronica, invece, causa cambiamenti

strutturali e restringimento delle vie aeree. Il peso con cui le due componenti

contribuiscono al quadro patologico variano da individuo a individuo, ma in

ogni caso si ha come risultato finale una minor capacità delle vie aeree di

mantenersi pervie durante la fase espiratoria1.

A tutto ciò si aggiungono altri segni e sintomi, sia respiratori che siste-

mici, quali dispnea per sforzi sempre meno importanti, respiro ansimante,

tosse, produzione di catarro, infezioni respiratorie ricorrenti, decondiziona-

mento muscolare, stanchezza, perdita di peso e malnutrizione. I pazienti

BPCO tendono a ridurre sempre più il livello di attività fisica quotidiana e di

partecipazione alla vita sociale, con il conseguente instaurarsi di problemati-

che emotive, quali depressione, ansia ed isolamento sociale2. La malattia ha

un andamento progressivo, con frequenti esacerbazioni che spesso sono gra-

vi e richiedono l’ospedalizzazione3.

1.1.2 EPIDEMIOLOGIA E IMPATTO

La BPCO è una delle principali cause di morbidità, invalidità e morte

nei Paesi industrializzati, nonché una malattia che comporta un costo eco-

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nomico e sociale consistente; la prevalenza e la mortalità per questa malattia

sono aumentate negli anni e sono destinate ad aumentare, soprattutto nel

sesso femminile, a causa dell’incremento dell’abitudine tabagica,

dell’invecchiamento della popolazione mondiale e della riduzione di mortalità

per altre cause1 4 5 6 7.

Poiché i dati utilizzati per stimare i livelli di mortalità per BPCO sono ri-

cavati unicamente dalle informazioni riportate sui certificati di morte, è mol-

to probabile che il reale impatto della malattia sia sottostimato, in quanto

questa agisce spesso come concausa, e non come causa principale, di morte.

Alcuni studi di meta-analisi8 hanno rilevato una prevalenza di BPCO

più elevata nei fumatori e negli ex-fumatori, rispetto ai non fumatori; è più

elevata, inoltre, nei soggetti con età superiore a 40 anni e negli uomini ri-

spetto alle donne.

Una malattia con un impatto così significativo, non solo dal punto di vi-

sta puramente statistico ma anche per quanto riguarda la qualità della vita,

non può che comportare costi economici e sociali elevati9 10; a livello mondia-

le le riacutizzazioni della BPCO rappresentano la spesa maggiore per il si-

stema sanitario10.

Tutte le stime fatte, inoltre, non considerano il valore economico

dell’assistenza fornita dai familiari del malato al malato stesso, per cui di fat-

to sottovalutano il costo reale delle cure domiciliari, che vanno ad incidere

sulla produttività lavorativa e domestica: spesso la BPCO, infatti, costringe

sia il paziente che i suoi familiari ad abbandonare il lavoro, sottraendo così

del capitale umano ai Paesi e alle loro risorse1.

1.1.3 FATTORI DI RISCHIO E DI PROGRESSIONE

La ricerca e gli studi effettuati nel corso degli anni hanno permesso di

studiare e identificare i fattori di rischio e di progressione della BPCO. Seb-

bene l’esposizione al fumo di tabacco sia il fattore di rischio primario, non è

comunque l’unico. Studi condotti hanno dimostrato la possibilità di sviluppo

di ostruzione cronica delle vie aeree anche in soggetti non fumatori11 12. Inol-

tre l’esposizione al fumo di tabacco deve associarsi a fattori genetici per poter

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provocare BPCO, e ciò è dimostrato dal fatto che non tutte le persone con la

medesima storia di fumo sviluppano la malattia.

Possiamo suddividere i fattori di rischio in due grandi gruppi: i fattori

endogeni, rappresentati dai fattori genetici e fisiologici dell’individuo, nonché

dalle alterazioni strutturali e funzionali del soggetto, e i fattori esogeni legati

all’ambiente e alle abitudini comportamentali dell’individuo stesso e della

collettività13.

- GENI. Ad oggi l’unico fattore di rischio genetico ben identificato e do-

cumentato è il deficit ereditario grave di alfa-1-antitripsina (AAT) 1 6 14,

una proteina sierica normalmente prodotta dal fegato e presente a li-

vello polmonare; il suo ruolo è quello di proteggere il polmone

dall’azione dannosa dell’elastasi neutrofila. Da un punto di vista epi-

demiologico questo deficit è rilevante solo per una piccola parte della

popolazione mondiale. Un’altra correlazione gene-BPCO è quella che

riguarda il gene codificante per la metalloproteinasi 12 (MMP12), la cui

espressione porta all’instaurarsi di un quadro bronchitico ed enfisema-

toso14.

- ETÁ E SESSO. L’età è normalmente indicata come un fattore di rischio

per lo sviluppo della BPCO, ma non è chiaro se l’età correli con la ma-

lattia in quanto riflette un accumulo di esposizioni dannose o se è

l’invecchiamento dell’organismo a predisporre alla BPCO; sicuramente

con l’età si assiste ad una progressiva diminuzione del FEV1 (Forced

Expiratory Volume in the 1st second)4 15, ma perché questo declino

funzionale dia patologia deve esserci l’azione contemporanea di altri

fattori, quali l’esposizione a particelle nocive ed inquinanti e

un’aumentata reattività dell’epitelio bronchiale.

Sebbene in passato la prevalenza di BPCO e la mortalità ad essa dovu-

ta fossero maggiori nel sesso maschile, studi recenti condotti nei Paesi

sviluppati hanno dimostrato una parità di prevalenza e mortalità nei

due sessi, probabilmente a causa dell’aumento dell’abitudine tabagica

nelle donne4 15 16, ma anche di fattori genetici legati al sesso; il numero

di donne non fumatrici che sviluppano un’ostruzione al flusso aereo è

comunque molto alto12 17 18. In questi studi, inoltre, si è colto come la

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presenza di malattia nei genitori si rispecchi nei figli, soprattutto nei

casi in cui la madre è una fumatrice o presenta un quadro di BPCO19:

le figlie femmine di madri fumatrici o malate hanno una maggiore pro-

babilità di sviluppare a loro volta un quadro di BPCO in giovane età 19

20 21 22.

- FUMO DI TABACCO E ALTRI INQUINANTI. Sebbene negli ultimi anni sia

aumentato il numero di studi che valutano la prevalenza di BPCO nei

non fumatori, l’inalazione, nel corso degli anni, di fumo di tabacco e

gas inquinanti è senza dubbio uno dei maggiori fattori di rischio per lo

sviluppo di BPCO; le particelle inquinanti derivanti dalla combustione

di tabacco o altri materiali innescano una serie di risposte non solo a

livello delle vie respiratorie, ma anche a livello sistemico. Tra le parti-

celle solide comunemente inalate troviamo il solfato d’ammonio, il ferro

e l’arsenico (inalazioni che, purtroppo, rimangono frequenti soprattutto

in ambienti lavorativi); tra i gas invece abbiamo SO2, NO2, proveniente

dalla combustione dei derivati del petrolio e altri gas naturali e l’O3,

originato soprattutto dai gas di scarico degli autoveicoli13. Il ruolo gio-

cato dai gas derivanti dalla combustione delle biomasse è maggiore nei

Paesi in via di sviluppo, mentre l’abitudine tabagica è tipica dei Paesi

più ricchi e sviluppati13 15 23. I soggetti fumatori, così come i soggetti

esposti passivamente al fumo di sigaretta, presentano una maggior

prevalenza e una comparsa precoce di sintomi respiratori quali tosse e

produzione di escreato, nonché una più rapida diminuzione del valore

di FEV1 e un maggior tasso di mortalità per BPCO rispetto ai non fu-

matori1 6 15 20. Uno degli studi più importanti sull’argomento è quello

condotto da Fletcher e Peto24, i quali dimostrarono una netta e più ra-

pida diminuzione del FEV1 nei fumatori rispetto ai non fumatori. Il va-

lore del FEV1 tende a diminuire fisiologicamente con l’avanzare

dell’età, a causa delle fisiologiche modificazioni delle strutture elasti-

che e parenchimali del polmone; nei soggetti fumatori questa diminu-

zione risulta essere precoce ed accelerata, mentre tende a riacquistare

ritmi più fisiologici con la cessazione dell’esposizione alle particelle no-

cive4 19. La precocità e la rapidità del processo di flusso-limitazione so-

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no direttamente proporzionali al numero di sigarette fumate e alla pre-

cocità di assunzione dell’abitudine al fumo.

A livello delle vie aeree, tra gli effetti causati da fumo e gas inquinanti,

troviamo l’aumento della responsività bronchiale e delle cellule in-

fiammatorie, quali cellule polimorfonucleate, eosinofili, macrofagi, ma-

stociti, linfociti CD4 e CD8, nonché la presenza di due importanti cito-

chine, quali TNFα (Tumor Necrosis Factor α) e Interleuchina 1β, le

quali svolgono un ruolo essenziale nell’attivazione di una risposa im-

munitaria cellulomediata nello sviluppo di bronchite cronica e di enfi-

sema25. Il fumo di tabacco svolge anche un ruolo importante nello svi-

luppo di comorbilità, quali malattie cardiovascolari, diabete, osteopo-

rosi, diminuzione del BMI per perdita sia di massa grassa che di mas-

sa magra, gastrite e ulcera peptica, ansia26.

- CRESCITA E SVILUPPO POLMONARE. La crescita polmonare è influen-

zata da processi ed eventi che si verificano nelle varie fasi della vita di

un individuo. Esiste una correlazione tra alcuni parametri ed eventi,

rilevati e circoscritti soprattutto alla fase prenatale e alla prima infan-

zia, e una funzionalità polmonare alterata. Svanes e colleghi27 hanno

dimostrato l’esistenza di quelli che vengono chiamati “fattori di svan-

taggio legati all’infanzia”, ovvero asma materna e asma paterna, asma

in età infantile, abitudine tabagica da parte della madre e infezioni re-

spiratorie contratte in età infantile. Lo studio condotto ha dimostrato

una correlazione tra i fattori sopraindicati e una diminuzione del valo-

re di FEV1. Un altro parametro che si correla ad una percentuale di

FEV1 minore del predetto è il basso peso alla nascita28 29; secondo al-

cuni studi i bambini sottopeso alla nascita vanno incontro, durante la

prima infanzia, ad infezioni delle basse vie respiratorie, esponendo

quindi i polmoni ad insulti e danneggiamenti. Un’altra possibile spie-

gazione è legata invece al processo di sviluppo delle vie aeree, il quale

si completa durante la vita intrauterina: una carenza di ossigeno e nu-

trienti al feto porta l’organismo di quest’ultimo ad adattare i pattern

ormonali e metabolici, rallentando e limitando il processo di sviluppo

di organi interni quali pancreas, cuore, fegato e polmoni. Anche una

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nascita prematura, soprattutto nei casi in cui la madre sia fumatrice,

espone il bambino ad un maggior rischio di sviluppare BPCO nel corso

dell’età giovanile o adulta30.

- ASMA E IPERREATTIVITA’ BRONCHIALE. L’asma, così come l’atopia e

un’iperresponsività bronchiale aspecifica, rappresentano fattori di ri-

schio per lo sviluppo di BPCO; i soggetti con asma e/o atopia risultano

essere maggiormente esposti al rischio di sviluppare alterazioni della

struttura del parenchima polmonare, nonché della funzionalità pol-

monare e respiratoria, e quindi di presentare quadri clinici di enfise-

ma, bronchite cronica e riduzione significativa del valore di FEV1. La

probabilità che venga diagnosticata la BPCO in soggetti asmatici può

essere fino a dodici volte più alta che nei non asmatici31 32, indipen-

dentemente dal sesso e dall’abitudine tabagica.

- BRONCHITE CRONICA. Indipendentemente dall’abitudine tabagica, lo

sviluppo di bronchite cronica con produzione di catarro predispone i

soggetti malati ad una forte diminuzione del FEV1 e ad una maggiore

probabilità di ricovero per BPCO33 34. Bronchite cronica e BPCO sono

caratterizzate da alti livelli di CRP e IL-8 nel sangue, i quali sono segno

di un processo infiammatorio in atto35.

- STATO SOCIO-ECONOMICO. La povertà e un basso livello di istruzione

risultano essere due fattori di rischio per lo sviluppo di BPCO1 36 37,

anche se non sono ancora ben chiari i meccanismi che legano i due

fattori alla malattia. Quello che è certo è che un basso livello di istru-

zione, così come un basso reddito percepito, si accompagnano a valori

minori di FEV1 e FVC, sia nelle donne che negli uomini, senza che

l’abitudine tabagica giochi un ruolo rilevante.

1.1.4 EZIOLOGIA E FISIOPATOLOGIA

Le alterazioni anatomo-patologiche che caratterizzano la BPCO possono

essere riscontrate a livello delle vie aeree, del parenchima polmonare e dei

vasi polmonari; tra le alterazioni troviamo l’infiammazione cronica, con au-

mentata produzione di cellule e mediatori infiammatori e iperproduzione di

muco, e sovvertimento strutturale e cellulare del parenchima cellulare, ovve-

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ro enfisema. Il quadro che si crea non è altro che il risultato dei tentativi di

protezione e riparazione operati dall’organismo per far fronte allo stress ossi-

dativo conseguente agli insulti provocati dall’inalazione di particelle tossiche;

esso permane pressoché inalterato nonostante la cessazione dell’abitudine al

fumo. Le alterazioni sono alla base dell’ostruzione al flusso aereo e determi-

nano una riduzione del FEV1 (il volume d’aria che può essere espirato da un

soggetto durante il primo secondo di espirazione forzata) e del rapporto tra

FEV1 e capacità vitale forzata (FVC); questi valori vengono poi utilizzati, se-

condo le linee guida GOLD e le linee guida dell’ATS, per stabilire il livello di

gravità della malattia.

Se quanto scritto appena sopra rappresenta il quadro fisiopatologico

generico dell’apparato respiratorio di un soggetto con BPCO, si possono ri-

scontrare delle differenze a seconda che si parli di grandi o piccole vie aeree

(con diametro maggiore di 4 mm o compreso tra 2 e 4 mm).

L’inalazione di fumo di sigaretta e altri inquinanti determina la produ-

zione di ROS (Reactive Oxigenative Species), con conseguente squilibrio tra

sostanze ossidanti ed antiossidanti, oltre che tra proteasi e antiproteasi; la

conseguenza di questo squilibrio fa sì che i ROS possano determinare effetti

negativi in modo pressoché indisturbato.

A livello delle vie aeree di maggior calibro, l’essudato infiammatorio è

composto prevalentemente da elementi mononucleati, quali plasmacellule,

macrofagi e linfociti CD8+; per quanto riguarda le alterazioni cellulari, invece,

si riscontra una metaplasia squamosa dell’epitelio bronchiale, con diminu-

zione del numero di cellule di Clara (le quali normalmente producono anti-

proteasi e una componente del surfattante) e aumento del numero di cellule

caliciformi mucipare. La conseguenza di questa metaplasia è un aumento

della produzione di muco e di granulociti neutrofili, mentre la riduzione delle

cellule di Clara fa sì che lo squilibrio proteasi/antiproteasi sia a favore delle

prime e che, per inefficacia del surfattante, le vie aeree siano instabili, e col-

labiscano quindi più precocemente durante la fase espiratoria.

Nelle vie aeree di piccolo calibro si può riscontrare una modificazione

della struttura delle pareti, il cui spessore risulta aumentato a causa del

maggior trofismo della muscolatura liscia, della fibrosi peribronchiolare e

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della formazione di essudato infiammatorio, il quale tende ad accumularsi in

quelli che prendono il nome di follicoli linfoidi. Sempre a questo livello si ha

una produzione di fattori di crescita, quali il TGF-β (Transforing Growth Fac-

tor β) e il CTGF (Connettive Tissue Growth Factor) che stimolano il deposito

di collagene.

Inizialmente le vie aeree mettono in atto una prima difesa, definita inna-

ta, costituita dal sistema mucociliare e dalla barriera epiteliale delle vie ae-

ree, i quali vengono sostenuti da una risposta infiammatoria aspecifica.

L’attivazione di neutrofili e mastociti stimola la secrezione di muco, che è poi

alla base della bronchite cronica.

Per quanto riguarda le proteasi prodotte, invece, le principali sono:

l’elastasi neutrofila, la MMP1 e la MMP9. La prima, che viene normalmente

inibita da α1-AT, favorisce l’aumento della secrezione di muco da parte delle

cellule caliciformi e delle ghiandole sottomucosali, l’aumento di IL-8 e la pro-

liferazione delle cellule epiteliali; MMP1 e 9 invece generano sostanze che

promuovono il reclutamento dei macrofagi.

In conclusione, le alterazioni fisiopatologiche portano ad una ipersecre-

zione di muco, ad un inspessimento delle pareti delle vie aeree, con conse-

guente diminuzione del lume, e ad una perdita di stabilità e forza di ritorno

elastico del parenchima polmonare, inducendo ad un quadro in cui si pos-

sono riscontrare, in misura più o meno predominante, la bronchite cronica e

l’enfisema. La conseguenza finale è un intrappolamento dell’aria all’interno

degli alveoli e una diminuzione del FEV11 25 38 39 40 41.

Con il peggioramento della malattia si assiste ad una sempre maggiore

probabilità di comparsa di effetti sistemici, come alterazioni degli scambi

gassosi e della funzionalità cardiaca, perdita della forza e del tessuto dei mu-

scoli scheletrici, cachessia, cardiopatia ischemica, scompenso cardiaco,

osteoporosi, diabete, sindrome metabolica, ansia e depressione.

1.1.5 CLINICA E DIAGNOSI

La diagnosi clinica di BPCO viene fatta, secondo le linee guida GOLD e

dell’ATS, basandosi sui valori percentuali di FEV1/FVC (indice di Tiffeneau) e

FEV1 ottenuti mediante spirometria post-broncodilatatore. Si parla di ostru-

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zione al flusso aereo nei casi in cui il primo valore risulti essere <70% del va-

lore predetto sulla base di variabili quali l’età, il sesso, il peso, l’altezza e

l’etnia; il valore di FEV1% permette invece di stabilire il livello di gravità della

malattia. I gradi di severità stabiliti sono quattro (Tabella 1):

STADIO GRADO FEV1 I Lieve FEV1 ≥ 80% del predetto II Moderato 50% ≤ FEV1 < 80% III Grave 30% ≤ FEV1 < 50% IV Molto grave FEV1 < 30%

Tabella 1 Stadiazione della malattia secondo le linee GOLD1.

Sebbene questo sia il criterio diagnostico tuttora utilizzato, molte sono

le critiche, in quanto vari studi hanno dimostrato la tendenza a sovrastimare

i casi di BPCO nei soggetti più anziani e, viceversa, a sottostimarla nei sog-

getti più giovani42 43 44.

La diagnosi clinica di BPCO dovrebbe essere considerata per tutti quei

soggetti che presentano sintomi quali dispnea, tosse cronica e/o espettora-

zione e/o una storia di esposizione ai fattori di rischio per la malattia. Tosse

cronica e produzione di espettorato possono precedere di anni lo sviluppo

dell’ostruzione bronchiale, mentre in altri casi quest’ultima può essere pre-

sente senza che si manifestino sintomi. La storia clinica può essere divisa in

tre fasi13:

• FASE PAUCISINTOMATICA, definita anche preclinica. In questa fase i

sintomi sono presenti, ma sono aspecifici e reversibili. Soprattutto nel

caso dei soggetti fumatori è difficile stabilire se si tratti di sintomi di

malattia o di semplice effetto collaterale del fumo. Se presente,

l’espettorato è biancastro e mucoso, mai purulento, possono manife-

starsi sibili espiratori (weezing), ma la dispnea non è generalmente

presente in questa fase. Le lievi alterazioni funzionali riscontrabili pos-

sono rappresentare sia un’iniziale ostruzione delle piccole vie aeree che

un’aumentata reattività dell’albero bronchiale a stimoli aspecifici. Seb-

bene la maggior parte dei volumi polmonari e dei flussi espiratori for-

zati si mantenga costante, può essere apprezzato un iniziale aumento

del volume residuo, a segnalare un’ostruzione delle piccole vie aeree.

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• FASE CONCLAMATA, nella quale i sintomi sono presenti in modo ben

identificabile. Il passaggio dalla fase preclinica a quella conclamata

non è obbligato e può richiedere tempi diversi da individuo a indivi-

duo. Nella maggior parte dei soggetti si può parlare di bronchite croni-

ca o di enfisema, e la dispnea può iniziare a manifestarsi per sforzi

sempre meno pesanti. In questa fase l’espettorato tende ad essere pu-

rulento e di colorazione giallo-verdastra, ad indicare l’aumento di me-

diatori della flogosi e l’inizio di una riacutizzazione batterica. È in que-

sta fase che il soggetto inizia a rivolgersi al medico. L’ostruzione delle

vie aeree è costantemente presente, ma l’entità della limitazione fun-

zionale può essere estremamente variabile. Nel caso in cui la com-

pliance (ovvero la capacità del polmone di espandersi) sia alterata in

seguito ad una maggiore distruzione parenchimale si può osservare un

picco di flusso relativamente elevato, a cui fa seguito una notevole ri-

duzione dei flussi espiratori forzati.

• FASE DELLE COMPLICANZE. Si raggiunge questa fase quando com-

pare uno stato di ipossiemia anche a riposo (pO2 < 60 mmHg), ovvero

quando si è in presenza di insufficienza respiratoria cronica. In questa

fase la dispnea può essere presente per sforzi sempre più modesti, in

alcuni casi addirittura a riposo, mentre tosse ed espettorato, anche se

presenti, non correlano alla gravità della malattia; le riacutizzazioni,

oltre ad essere più frequenti, diventano di sempre maggior durata e

gravità. A livello polmonare si possono aggiungere complicanze quali

ipercapnia cronica e cuore polmonare, mentre tra gli effetti sistemici

possiamo trovare perdita di massa magra e grassa, cachessia, osteopo-

rosi, depressione e ansia.

Con l’avanzare della malattia, la qualità della vita del paziente con

BPCO peggiora sempre più, poiché i sintomi limitano sempre più lo svolgi-

mento delle normali abitudini e attività quotidiane, portando all’instaurarsi

di quadri di depressione e, nei casi più gravi, di isolamento sociale.

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1.1.6 COMORBILITÁ

Molti studi sono stati e vengono tuttora effettuati per capire la relazione

esistente tra la BPCO e altre malattie che si manifestano nel paziente con

BPCO1 45. Poiché questa malattia si sviluppa spesso in soggetti anziani e con

una storia di fumo alle spalle, molti sono portati a pensare che la presenza di

comorbilità sia attribuibile principalmente a questi fattori.

Tra le comorbilità riscontrate più frequentemente in soggetti con BPCO

ospedalizzati troviamo ipertensione arteriosa, problemi cardiaci, diabete,

polmonite, insufficienza cardiaca, infarto del miocardio e ictus. Molto spesso,

queste comorbilità oltre ad essere causa del ricovero in ospedale, sono anche

causa di morte. Alla base delle disfunzioni cardiache potrebbe esserci un for-

te ruolo giocato dai farmaci β-bloccanti e dai broncodilatatori, assunti da

soggetti a rischio.

Lo sviluppo di polmonite, che può essere dovuto anche all’assunzione di

farmaci come salmeterolo e fluticasone, aumenta l’importanza dei sintomi

della BPCO; la polmonite stessa, inoltre, si manifesta in forma più grave che

in altri soggetti, la durata della permanenza in ospedale è maggiore, così co-

me è maggiore il rischio di morte.

Anche il cancro al polmone risulta essere una delle più comuni cause di

morte in pazienti con BPCO.

La disfunzione muscoloscheletrica riscontrabile nel paziente BPCO può

essere influenzata da diverse cause, come l’inattività fisica, l’uso cronico di

farmaci corticosteroidi, lo stato di infiammazione sistemica e lo stress ossi-

dativo. Inoltre è stato riscontrato che nei pazienti con BPCO si verifica un

cambiamento negli enzimi normalmente deputati all’attività aerobica e

un’atrofia delle fibre muscolari, che portano il paziente a non essere in grado

di sostenere un’attività fisica prolungata o ripetitiva, andando rapidamente

incontro ad affaticamento.

Anche l’osteoporosi è una comorbilità molto frequente nei pazienti con

BPCO, a causa di molti fattori quali l’età, l’attività fisica limitata, un basso

valore di BMI, il fumo, l’ipogonadismo, uno scarso tenore nutrizionale, l’uso

cronico di corticosteroidi; il riscontro di fratture vertebrali è maggiore in

donne in età post-menopausa con una storia di fumo alle spalle.

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Un’altra patologia correlata alla BPCO è il diabete mellito e anche in

questo caso il fumo costituisce un fattore di rischio comune. La mortalità di

pazienti con BPCO e alterazioni del controllo glicemico risulta essere signifi-

cativamente più elevata.

1.1.7 TERAPIA FARMACOLOGICA

La terapia farmacologica1 6 per la BPCO ha come obiettivi la riduzione

dei sintomi, la riduzione di frequenza e gravità delle riacutizzazioni, il miglio-

ramento dello stato di salute e la tolleranza allo sforzo. Ad oggi, però, nessun

farmaco è in grado di modificare e/o fermare il declino della funzionalità

polmonare. Il trattamento farmacologico migliore varia da paziente a paziente

e il medico che lo prescrive deve tener conto di vari fattori tra cui il quadro

fisiopatologico del paziente, la disponibilità del farmaco, il suo costo, le capa-

cità del paziente di assumere correttamente la terapia (questo riguarda so-

prattutto la modalità di somministrazione del farmaco). Tra i farmaci di ele-

zione troviamo:

- Broncodilatatori. Sono farmaci che agiscono sul tono della muscolatu-

ra liscia bronchiale, determinando un aumento del FEV1 e di altri pa-

rametri spirometrici. Una delle classi di broncodilatatori più utilizzate

è quella dei β2-agonisti i quali stimolano i recettori β2-adrenergici, de-

terminando il rilascio della muscolatura liscia delle vie aeree; agli effet-

ti positivi, ovvero incremento del FEV1, diminuzione

dell’iperinsufflazione dinamica e miglioramento della prestazione fisica,

però, possono affiancarsi effetti collaterali, come tachicardia sinusale a

riposo, eccessivo tremore a riposo, ipopotassiemia e lievi diminuzioni

della pO2. Altra classe di broncodilatatori usati spesso sono gli antico-

linergici, che bloccano l’effetto dell’acetilcolina sui recettori muscarini-

ci, diminuendo il tono della muscolatura liscia. L’uso dei farmaci anti-

colinergici porta ad una riduzione delle riacutizzazioni e dei ricoveri

ospedalieri, un miglioramento dei sintomi e dello stato di salute, non-

ché un aumento dell’efficacia della riabilitazione respiratoria. Gli effetti

collaterali sono meno gravi di quelli portati dai β2-agonisti; in questo

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caso si possono presentare secchezza delle fauci e un lieve incremento

di eventi cardiovascolari.

- Corticosteroidi. Un trattamento regolare con questi farmaci determina

una riduzione della sintomatologia, un miglioramento della funzionali-

tà polmonare e della qualità della vita, riducendo il numero di riacutiz-

zazioni. I corticosteroidi non modificano il declino a lungo termine del

FEV1, né riducono la mortalità nei pazienti con BPCO; ciò che deter-

minano è una riduzione dell’infiammazione. Tra gli effetti collaterali

possono esserci candidosi orale, voce rauca, ecchimosi, maggior ri-

schio di polmonite e diminuzione della densità ossea.

All’uso di questi farmaci possono associarsi altre terapie farmacologiche:

- Vaccini. Quelli anti-influenzali possono ridurre il rischio di malattie

gravi e morte. Uno dei vaccini raccomandati in pazienti con età supe-

riore a 65 anni è quello polisaccaridico pneumococcico, che ha dimo-

strato di ridurre l’incidenza di polmonite acquisita in comunità.

- Terapia di aumento della alfa1-antitripsina. È raccomandata per i pa-

zienti con BPCO da deficit di alfa1-antitripsina.

- Antibiotici. Il loro utilizzo è indicato unicamente per il trattamento del-

le riacutizzazioni della BPCO con sovrainfezioni da agenti patogeni.

- Agenti mucolitici e agenti antiossidanti. Di fatto i benefici ottenuti

dall’impiego di questi farmaci sono scarsi, quindi non se ne raccoman-

da l’utilizzo.

1.2 ALTERAZIONI DELLA VENTILAZIONE

1.2.1 CARATTERISTICHE STATICHE DELL’APPARATO

RESPIRATORIO E VOLUMI POLMONARI

Una ventilazione adeguata dipende dalla capacità dei polmoni di espan-

dersi normalmente. La capacità del polmone di espandersi è definita com-

pliance; se un polmone è altamente compliante tende a dilatarsi facilmente,

mentre se lo è in minor misura necessita di un maggior lavoro da parte dei

muscoli inspiratori. La proprietà inversa della compliance è l’elastanza, o

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elasticità, ovvero la capacità di riassumere facilmente, dopo una dilatazione,

la forma originaria. Queste due proprietà non sempre si eguagliano nel pol-

mone: in caso di enfisema, ad esempio, si verifica la distruzione dell’elastina,

per cui il polmone ha un’elevata compliance ma perde elasticità, e non riesce

a tornare alla posizione di riposo di fine espirazione. In caso di BPCO, inol-

tre, ad una diminuzione dell’elasticità si aggiunge una minor compliance, a

causa della diminuzione delle cellule di Clara deputate alla produzione di

surfattante; gli alveoli e le vie respiratorie tendono quindi a collabire in modo

rapido e poco elastico, ostacolando il flusso espiratorio che risulta essere già

inficiato da un minor calibro delle vie aeree. Se l’elasticità è la proprietà ne-

cessaria per generare un flusso espiratorio a riposo, complianza ed elasticità

sono fondamentali per poter regolare i volumi polmonari e mantenere, grazie

anche alla forza di interdipendenza, la pervietà delle vie aeree e dei vasi pol-

monari46. La misurazione dei volumi polmonari consente di evidenziare

l’esistenza di problematiche ventilatorie; durante l’esecuzione delle prove di

funzionalità respiratoria (PFR), i volumi polmonari vengono visualizzati lungo

un diagramma, dove si hanno sull’asse verticale i volumi e sull’asse orizzon-

tale il tempo (Figura 1):

• Volume corrente (Tidal Volume - Vt)3. È il volume di aria mobilizzato

alla bocca durante un’espirazione tranquilla; in media è di 500 mL.

• Volume di Riserva Inspiratoria (VRI). È il volume compreso tra la fine

di un’inspirazione tranquilla e un’inspirazione massimale; in media è

di 3000 mL.

• Volume di Riserva Espiratoria (VRE). È il volume compreso tra la fine

di un’espirazione tranquilla e un’espirazione massimale; è in media di

1100 mL.

• Capacità Vitale (CV). È il massimo volume di aria mobilizzabile alla

bocca da un soggetto tra la posizione di completa inspirazione e quella

di completa espirazione (o viceversa); è data dalla somma di Vt, VRI e

VRE, quindi 4600 mL.

• Capacità Inspiratoria (CI, in inglese IC). È il volume di aria mobilizzato

dalla posizione di fine espirazione tranquilla a riposo e un’inspirazione

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massimale. Poiché è data dalla somma di Vt e VRI, ammonta a 3500

mL.

• Capacità Vitale Forzata (CVF, in inglese FVC). È il volume di aria che

un soggetto riesce a esalare in una espirazione massimale completa

eseguita nel più breve tempo possibile con una manovra esplosiva; in

un soggetto sano questa capacità coincide con la CV, mentre in un

soggetto con BPCO tende ad essere fortemente diminuita.

• Volume residuo (VR, in inglese RV). È il volume di aria che rimane nel

polmone alla fine di una espirazione massimale, in quanto il liquido

pleurico fa sì che il polmone rimanga adeso alla gabbia toracica e non

collabisca mai. In un soggetto sano, a riposo, ammonta a circa 1200

mL, ed è determinato dalle proprietà elastiche del polmone. Con

l’invecchiamento, ancor di più in caso di enfisema, il VR aumenta, poi-

ché il ritorno elastico del polmone diminuisce e le vie aeree collabisco-

no a volumi polmonari più elevati in espirazione.

• Capacità Funzionale Residua (CFR, in inglese FRC). È il volume di aria

che rimane nel polmone al termine di una espirazione tranquilla, ed è

quindi data dalla somma del VRE e del VR (2300 mL nel soggetto sa-

no).

• Capacità Polmonare Totale (CPT, in inglese TLC). È il massimo volume

di aria che i polmoni possono contenere; è data dalla somma della CV

e del VR. In un soggetto standard (maschio, altezza 1,70 m, peso 70

kg) è di circa 5800 mL.

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Figura 1 Curva volume-tempo [da Fisiologia. Un approccio integrato47].

La ventilazione a riposo è determinata dalle variazioni di pressione

all’interno della gabbia toracica; l’aria, come tutti i fluidi, tende a spostarsi

da zone a maggior pressione verso zone a pressione minore; l’atto inspirato-

rio è sempre attivo, ovvero avviene grazie alla contrazione attiva dei muscoli

inspiratori (diaframma e intercostali esterni), i quali vengono attivati secondo

gli impulsi provenienti dai centri bulbari del respiro. La contrazione determi-

na un aumento del volume toracico e, grazie all’interdipendenza e alla coe-

sione dei foglietti pleurici, anche del volume polmonare. Secondo la legge di

Boyle, ad un aumento del volume deve conseguire una proporzionale dimi-

nuzione della pressione, e questo è ciò che accade; la pressione intratoracica

diminuisce, determinando così l’ingresso di aria nei polmoni. Mentre l’aria

entra negli alveoli, la pressione aumenta gradualmente fino a quando la

gabbia toracica smette di espandersi. A questo punto il flusso d’aria prose-

gue per qualche secondo, fino a che la pressione intratoracica non eguaglia

quella atmosferica. Al termine dell’inspirazione, i motoneuroni somatici ces-

sano di stimolare i muscoli inspiratori, che si rilasciano. Il fisiologico ritorno

elastico del polmone, associato al ritorno alla posizione di riposo muscolare,

determina una spinta sull’aria, che viene pompata fuori dagli alveoli, fino a

che non viene raggiunta la capacità funzionale residua. Questo è infatti il

punto in cui la tendenza del polmone a collabire per elasticità viene eguaglia-

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ta dalla tendenza della gabbia toracica ad espandersi, e viene raggiunto

l’equilibrio47 (Figura 2).

Figura 2 Curve pressione-volume statiche del polmone (L) e della gabbia toracica (CW) (linee continue) rap-

portate alle pressioni generate dai muscoli inspiratori ed espiratori durante sforzi massimali

(MIP e MEP) (linee tratteggiate). Sull’asse verticale c’è il volume polmonare espresso in % della

capacità vitale (CV) e sull’asse orizzontale c’è la pressione transpolmonare (Ptp) [da Handbook of

Physiology48]

La condizione di riposo ventilatorio di un soggetto dipende dal rapporto

esistente fra l’elasticità polmonare e l’elasticità della parete toracica; questa

relazione è ben rappresentata dalla curva pressione-volume (P-V)

dell’apparato respiratorio, che mostra come l’equilibrio delle due forze impli-

cate, in un soggetto sano, venga raggiunto intorno al 35% della CPT. Nella

BPCO, a causa delle alterazioni anatomiche del parenchima, si registra uno

spostamento della curva P-V verso destra, con conseguente aumento del gas

intrapolmonare a qualsiasi volume esso venga considerato (Figura 3).

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Figura 3 Effetti dello spostamento della curva pressione-volume in condizioni normali (linea continua) a

sinistra come nella BPCO (linea tratteggiata) sui volumi polmonari [da Handbook of Physiolo-

gy48].

Il volume di aria che rimane nei polmoni è il VR. Nei soggetti anziani o

con enfisema il ritorno elastico del polmone è fortemente diminuito, a causa

della distruzione del parenchima e della perdita di elastina, quindi la forza

che determina l’espulsione di aria viene meno. Ne consegue un aumento del

VR, poiché a riposo i muscoli espiratori non vengono attivati e non viene

quindi generata una forza tale da determinare un’adeguata variazione di

pressione per poter espellere l’aria dagli alveoli; si ha quella che viene chia-

mata iperinsufflazione statica.

1.2.2 MECCANISMI DELL’OSTRUZIONE AL FLUSSO AEREO ED

INTERDIPENDENZA

Il flusso di aria durante l’espirazione è dato dal rapporto tra la differen-

za di pressione tra gli alveoli e la bocca e la resistenza delle vie aeree; consi-

derando una espirazione passiva, in cui cioè non vi sia intervento dei musco-

li espiratori, la pressione che genera il flusso d’aria è totalmente fornita dalla

forza di retrazione elastica del polmone49. Una diminuzione di questa forza

determina automaticamente una diminuzione del flusso aereo, nonostante la

possibile integrità anatomica delle vie aeree. Una delle caratteristiche

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dell’enfisema è proprio la perdita della forza di retrazione, a cui conseguono

la perdita di trazione radiale sulle pareti dei bronchioli e il loro collabimento

durante un atto espiratorio rapido e forzato: si ha quella che viene chiamata

ostruzione al flusso aereo da cause estrinseche. Esistono altre condizioni pa-

tologiche caratterizzate da una riduzione del calibro del lume bronchiale,

come avviene ad esempio nella bronchite cronica, e da una conservazione

della forza di retrazione elastica del polmone, per il cui il flusso aereo espira-

torio risulta essere ridotto a causa della resistenza: si parla, in questi casi, di

ostruzione da cause intrinseche. Nella grande maggioranza dei casi di BPCO

si ha una combinazione di queste due condizioni fisiopatologiche.

Le pareti bronchiali sono connesse, grazie al tessuto connettivo peri-

bronchiale, all’impalcatura connettivale del parenchima polmonare il quale,

a sua volta, si continua nel tessuto connettivo periferico della pleura viscera-

le50. Questa continuità anatomica fa sì che le variazioni di pressione intra-

pleurica vengano trasmesse da una struttura a quelle ad essa adiacenti;

questo fenomeno, che prende il nome di interdipendenza, permette a tutte le

varie regioni del polmone e dei bronchi di riespandersi in modo consensuale;

le forze che mantengono dilatate le pareti bronchiali, quindi, si distribuisco-

no sia in senso radiale che longitudinale. Il fenomeno dell’interdipendenza fa

sì che esista fisiologicamente una certa relazione fra i volumi polmonari e le

resistenze delle vie aeree51. Nel soggetto con BPCO la relazione tra volume

polmonare e resistenza risulta essere alterata, poiché il calibro delle vie aeree

aumenta meno di quanto si espandono i polmoni; questo fenomeno può es-

sere presente sia in quanto conseguenza di una ridotta forza di trazione ra-

diale sulle vie aeree, sia nel caso in cui si abbia rigidità delle parete bron-

chiali. A causa di questo fenomeno, la forza necessaria per generare un flus-

so d’aria in ingresso aumenta notevolmente rispetto ad una condizione nor-

male; un soggetto con BPCO, però, spesso non è in grado di sviluppare tale

forza, quindi si vengono a creare delle zone di ipoperfusione.

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1.2.2.1 IPERINSUFFLAZIONE POLMONARE DINAMICA E FLUSSO-

LIMITAZIONE ESPIRATORIA (FLE)

Uno strumento che permette di valutare unicamente le proprietà mec-

caniche del parenchima polmonare e delle vie aeree è la curva flusso-volume.

Questa si ottiene mediante l’esecuzione di una manovra di espirazione forza-

ta partendo da CPT e arrivando sino a volume residuo, seguita poi da una

inspirazione forzata fino a capacità polmonare totale. Per convenzione si

pongono il volume polmonare sull’asse delle ascisse e i flussi sull’asse delle

ordinate, ottenendo in questo modo una curva tipica e riproducibile per ogni

soggetto. Come accennato prima, la peculiarità di questa curva è che riflette,

soprattutto per quanto riguarda la parte espiratoria che segue il picco di

flusso, unicamente le proprietà meccaniche del polmone, indipendentemente

dalla forza muscolare massima generabile dal soggetto52. Questa curva, inol-

tre, permette di definire la disponibilità di flussi e di volume polmonare di un

soggetto, determinandone la riserva ventilatoria. Quando un soggetto sano

respira tranquillamente, stando a riposo, la riserva di volumi e di flussi in-

spiratori ed espiratori sono ampie (figura 4); in questo modo, in caso di ne-

cessità il volume corrente può aumentare utilizzando parti sempre maggiori

di volume di riserva espiratoria (VRE) e, nell’ambito della capacità inspirato-

ria, di volume di riserva inspiratoria (VRI). È ciò che accade, ad esempio, du-

rante l’esercizio. Analogamente, grazie ad una maggiore attività dei muscoli

inspiratori ed espiratori anche i flussi aumentano notevolmente, consenten-

do, per un dato Vt, l’incremento della frequenza respiratoria. Vi è un’ampia

possibilità di aumento della ventilazione al minuto, senza che vi sia un au-

mento del volume polmonare a fine espirazione, ovvero della capacità funzio-

nale residua (Figura 5).

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Figura 4 Curva flusso-volume. Il flusso espiratorio e quello inspiratorio (sull’asse delle ordinate) sono po-

sti in relazione con il volume espirato e successivamente inspirato (sull’asse delle ascisse) du-rante la respirazione a volume corrente (linea tratteggiata) e durante una manovra, espiratoria ed inspiratoria, massimale (linea continua) in un soggetto sano [da Handbook of Physiology48].

Figura 5 In corso di esercizio fisico incrementale il soggetto normale dispone di quattro gradi di libertà

(frecce) per aumentare Vt e flussi (linea tratteggiata spessa) grazie alla cospicua riserva funzio-

nale inspiratoria ed espiratoria in volume e flusso di cui dispone. Per sforzi da lievi a moderati

CFR tende a ridursi a spese di VRE e, di conseguenza, CI tende ad aumentare. [da Handbook of

Physiology48].

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1.2.2.1.1 Ostruzione e flusso-limitazione espiratoria (FLE)

Nei soggetti con BPCO l’aspetto maggiormente rilevante è l’ostruzione ai

flussi aerei massimali, soprattutto per quanto riguarda quello espiratorio. Un

incremento dei flussi, però, è ancora possibile, in quanto questi vengono ge-

nerati dalla differenza tra la pressione alveolare e la pressione atmosferica;

attivando i muscoli espiratori la pressione pleurica aumenta e, insieme ad

essa, aumenta la pressione alveolare (Figura 6).

Figura 6 In presenza di ostruzione al flusso la curva flusso-volume massimale (linea continua spessa) di-

mostra flussi inspiratori ed espiratori ridotti rispetto alla condizione di normalità (linea conti-

nua sottile) in rapporto ai corrispondenti volumi polmonari. Tuttavia, in corso di esercizio fisico

incrementale Vt e i flussi possono aumentare, almeno inizialmente, senza alcun incremento di

CFR e riduzione di CI (linea tratteggiata spessa) [da Handbook of Physiology48].

Quando si parla di limitazione del flusso, si definisce una particolare

condizione in cui i flussi utilizzati sono già massimali e quindi non incre-

mentabili attraverso l’attività muscolare; il fenomeno della limitazione si os-

serva unicamente durante la fase espiratoria, in quanto la riserva fisiologica

di flusso espiratorio è minore (Figura 7).

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Figura 7 Se i flussi espiratori sono massimali in corso di respirazione tranquilla, se cioè la curva flusso-

volume corrente (linea tratteggiata) si sovrappone durante l’espirazione alla curva flusso-volume

massimale (linea continua spessa), è presente FLE. Il soggetto dispone dunque di un solo grado di

libertà (freccia) per aumentare Vt e simultaneamente i flussi espiratori e inspiratori (linea trat-

teggiata spessa). In corso di esercizio fisico si osservano frattanto un aumento di CFR e una spe-

culare riduzione di CI [da Handbook of Physiology48].

La forza di retrazione elastica che genera il flusso espiratorio dipende

dal volume del polmone e aumenta solo con l’incremento del volume polmo-

nare, non con lo sforzo espiratorio. Nel caso in cui sia presente FLE, per po-

ter disporre di una maggiore ventilazione al minuto, quindi quando i flussi

inspiratori ed espiratori necessari sono più elevati la sola possibilità che ri-

mane al soggetto è quella di respirare a volumi polmonari più alti, determi-

nando un inevitabile e progressivo aumento della capacità funzionale resi-

dua53.

La FLE viene raggiunta fisiologicamente in tutti i soggetti nel corso di

una manovra di capacità vitale forzata espiratoria (CVF) eseguita corretta-

mente49; mentre in un soggetto sano la FLE si verifica solo in questa circo-

stanza, in un soggetto con BPCO la limitazione può verificarsi inizialmente

nel corso dell’esercizio fisico, durante il quale sono necessari ventilazione al

minuto e flussi espiratori più elevati, e successivamente, quando la malattia

diventa grave ed avanzata, anche a riposo, prima in decubito supino, e in se-

guito anche in stazione seduta o eretta54.

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25

1.2.2.1.2 Iperinsufflazione dinamica e sue conseguenze

Quando è presente FLE, per poter completare una normale espirazione

un soggetto ha bisogno di un tempo espiratorio che, per un dato volume cor-

rente, deve essere tanto più lungo quanto più basso è il valore del flusso

espiratorio possibile per quel soggetto. In queste circostanze, soprattutto

quando il tempo espiratorio risulta essere ridotto, ad esempio durante

l’attività fisica, l’inspirazione successiva inizierà partendo da un volume pol-

monare di fine espirazione maggiore del volume residuo, e questo fenomeno

determina iperinsufflazione dinamica55, per cui la CFR risulta essere mag-

giormente aumentata a dispetto del VR. In condizioni di limitazione del flus-

so espiratorio, l’utilizzo della muscolatura espiratoria, oltre a non comportare

un aumento del flusso, tende a favorire un’ulteriore compressione dinamica

delle vie aeree intratoraciche distali rispetto al segmento responsabile della

limitazione, a causa dell’aumento della pressione pleurica. È questo uno dei

meccanismi che si ritengono associati all’aumento della sensazione di dis-

pnea avvertita dai pazienti con BPCO56.

Alla base del fenomeno di iperinflazione dinamica, tuttavia, possono es-

serci altri meccanismi, diversi dalla FLE e questi possono agire sia in modo

passivo che attivo. Ad esempio, una diminuzione dell’elastanza polmonare, e

quindi un associato aumento della compliance polmonare e/o un aumento

della resistenza al flusso nelle vie aeree, determinando un aumento della co-

stante tempo (che deriva dal prodotto di compliance e resistenze), può impe-

dire una completa espirazione fino a volume di rilasciamento se, prima

dell’inspirazione seguente, il tempo espiratorio non è lungo a sufficienza o

addirittura risulta essere ridotto a causa di un aumento della frequenza re-

spiratoria. Tra i meccanismi attivi alla base dell’iperinflazione dinamica tro-

viamo anche la contrazione muscolare, che rallenta il flusso espiratorio.

Sebbene l’iperinflazione dinamica possa comportare delle modificazioni

di natura fisiopatologica in parte positive, quali l’aumento del calibro delle

vie aeree e la conseguente diminuzione della resistenza al flusso e il miglio-

ramento dell’entità e della distribuzione della ventilazione, molteplici sono gli

aspetti negativi che l’accompagnano; instaurandosi progressivamente nel

tempo, l’iperinflazione dinamica determina un rimodellamento strutturale, e

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di conseguenza funzionale, dei muscoli inspiratori, i quali si accorciano e

perdono la capacità di generare forza e produrre pressione a parità di stimolo

nervoso. Inoltre il respiro a volumi polmonari più elevati fa sì che il sistema

si localizzi in un’area della curva P-V per cui è necessario un maggior lavoro

elastico a parità di volume di aria mobilizzato. In ultimo, il mancato raggiun-

gimento del volume di rilasciamento implica una pressione alveolare di fine

espirazione maggiore di quella atmosferica, definita pressione tele-espiratoria

positiva intrinseca (PEEPi); quest’ultima va ad ostacolare il ritorno venoso in-

tratoracico, compromettendo la gittata cardiaca e peggiorando lo scambio

gassoso, anche in relazione alla distribuzione regionale disomogenea. È im-

portante notare come la PEEPi costituisca un carico che i muscoli inspiratori

devono vincere per poter poi generare la pressione negativa necessaria a por-

tare aria all’interno del polmone; la discrepanza tra la maggiore forza richie-

sta per generare una pressione sufficiente e la minor forza sviluppabile dai

muscoli inspiratori è significativamente associata alla sensazione di dispnea

percepita dai soggetti BPCO nel corso dell’esercizio fisico. Si è visto che i sog-

getti che accusano un maggior senso di dispnea durante l’esercizio sono gli

stessi il cui valore di CFR risulta essere aumentato57.

1.2.3 LA DIFFUSIONE ALVEOLO-CAPILLARE

La diffusione alveolo-capillare di O2 e CO2 a livello polmonare è un pro-

cesso complesso, che avviene per meccanismi passivi: l’ossigeno, la cui con-

centrazione è più elevata a livello alveolare, transita dagli alveoli al sangue

capillare, mentre l’anidride carbonica, la cui concentrazione è maggiore a li-

vello del sangue capillare, transita nel senso opposto3. I fattori che sostan-

zialmente condizionano gli scambi sono il gradiente di pressione esistente tra

ciascun gas e la possibilità di diffusione attraverso le strutture che separano

lo spazio esterno e il sangue.

Lo scambio gassoso nel polmone è rapido, mentre il flusso ematico nei

capillari polmonari è decisamente rallentato rispetto alla periferia; questi ac-

corgimenti naturali fanno sì che la diffusione raggiunga l’equilibrio in un

tempo minore di un secondo. Secondo la legge di Fick, la velocità di diffusio-

ne di un gas attraverso una membrana è direttamente proporzionale a fattori

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quali l’area della superficie, il gradiente di concentrazione e la permeabilità

di membrana, mentre è inversamente proporzionale allo spessore della

membrana46. A livello polmonare la superficie è data dalla superficie alveola-

re, mentre lo spessore è dato dalla somma dello strato delle cellule epiteliali,

dell’interstizio alveolare e dell’endotelio capillare; in condizioni fisiologiche

questo spessore risulta essere molto esiguo, in quanto a livello interstiziale la

quantità di liquido presente è minima.

Nelle condizioni in cui la composizione dell’aria che raggiunge gli alveoli

è normale, ma la pO2 del sangue arterioso che lascia i polmoni è ridotta, è

presente un’alterazione di una o più strutture che si interpongono tra aria

alveolare e sangue contenuto nel letto capillare; queste alterazioni possono

ridurre in maniera significativa il trasferimento di O2, mentre non modificano

in misura sensibile il transito della CO2. Nel soggetto con BPCO la diffusione

dell’ossigeno si riduce a causa di due fattori principali: l’enfisema, che com-

porta una diminuzione della superficie di scambio, e la presenza di muco,

che determina un aumento dello spessore della membrana.

Attualmente, lo studio della Capacità di diffusione della membrana al-

veolo-capillare si basa su metodi indiretti, in particolare sul test di Diffusio-

ne del monossido di carbonio (DLCO test), gas con un’elevata affinità con

l’emoglobina; questo test riveste notevole importanza e valore clinico-

diagnostico, in quanto rappresenta l’unico test in grado di determinare

l’integrità della membrana alveolo-capillare di un soggetto in vita. Usualmen-

te si esegue il test del respiro singolo: il soggetto inspira, da volume residuo a

capacità polmonare totale, una miscela di gas certificata contenente una

concentrazione molto bassa di CO, un gas tracciante inerte non diffusibile

che solitamente è He, O2 e N. Dopo un tempo di apnea che può variare da 8

a 12 secondi, il soggetto deve espirare rapidamente, mentre il campione di

aria proveniente dagli alveoli (ad eccezione di quello dello spazio morto) viene

analizzato riguardo al contenuto di He e CO. La DLCO aumenta con l’età si-

no ai vent’anni, per poi diminuire del 2% all’anno a causa della diminuzione

della superficie di scambio e della gittata cardiaca; aumenta con l’aumentare

della taglia corporea e, a parità di taglia ed età, è minore del 10% nelle donne

rispetto agli uomini. Durante l’esercizio fisico la DLCO aumenta proporzio-

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nalmente all’aumentare della gittata cardiaca e del consumo di O2; ciò è do-

vuto soprattutto all’aumento della superficie di scambio legato all’apertura

dei capillari polmonari precedentemente chiusi e alla dilatazione di quelli già

pervi, inoltre si assiste ad una migliore distribuzione del rapporto V/Q (venti-

lazione alveolare/perfusione capillare). Occorre inoltre ricordare che anche i

volumi polmonari vanno ad influire sulla DLCO; questa, infatti, aumenta con

l’aumentare dei volumi e viceversa.

Il test prima descritto fornisce una misura della DLCO e una misura re-

lativa del coefficiente di diffusione (KCO), il quale fornisce a sua volta infor-

mazioni sulla DLCO standardizzata per unità di volume polmonare (misurato

per mezzo del gas tracciante). Le variabili che vanno ad incidere sul valore di

DLCO (SBCO nel test) sono numerose: oltre a quelle sopracitate, quali età,

sesso e peso, devono essere ricordate altezza, razza, volume del polmone,

presenza di carbossi-Hb (emoglobina legata a CO, molto comune nei forti

fumatori), pressione parziale di O2, esercizio fisico e posizione del corpo.

La DLCO è l’unica Prova di Funzionalità Respiratoria (PFR) che misura

le proprietà non meccaniche del polmone, nello specifico gli scambi gassosi;

se viene riscontrata una sua diminuzione si è in presenza o di un problema

del circolo o del parenchima polmonare. In presenza di ostruzione al flusso

aereo o di iperinflazione, la prova della DLCO permette di differenziare la di-

struzione alveolare, ovvero l’enfisema, dall’asma e dalla bronchite cronica;

un basso valore di questo dato, inoltre, è predittore di desaturazione sotto

sforzo nei pazienti con BPCO e patologia interstiziale polmonare56.

Tra i valori ricavati durante il test della DLCO (SBCO, KCO e VA), il

KCO è il più utile al fine di una diagnosi. Esso indica la percentuale di CO

veramente trasferita nell’unità di tempo ed è il parametro più sensibile al

rapporto tra volume alveolare e superficie di scambio. L’indice di diffusione

aumenta al diminuire della VA (ventilazione alveolare), in quanto

quest’ultima si accompagna ad una riduzione della superficie di scambio.

Tra le cause che sottendono ad una diminuita espansione polmonare, e

quindi ad una diminuzione di VA e ad un aumento di KCO, troviamo

l’affaticamento del diaframma (connesso spesso anche a patologie muscolo-

scheletriche), un’inalazione sub-massimale del gas durante il test (è questo

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un errore molto comune durante l’esecuzione della manovra testante), restri-

zione della parete toracica data da cause quali obesità, ipercifosi, scoliosi e

versamento pleurico. Si assiste ad un aumento di KCO anche in caso di di-

minuzione delle unità alveolari; il flusso sanguigno destinato alle aree di-

strutte viene convogliato verso quelle rimanenti, di conseguenza aumenta la

possibilità del gas di diffondersi nel circolo sanguigno, che risulta più ab-

bondante nelle zone ancora irrorate.

1.3 LA RIABILITAZIONE RESPIRATORIA

1.3.1 RIABILITAZIONE RESPIRATORIA. RAZIONALE E DEFINIZIONE

I pazienti con BPCO presentano una serie di sintomi e alterazioni tra

cui dispnea, fatica, anormalità degli scambi gassosi, disfunzioni della mu-

scolatura periferica e disfunzioni cardiocircolatorie.

La dispnea è la condizione che più preoccupa il paziente, il quale in-

staura e adotta una serie di comportamenti e limitazioni dell’attività fisica

che prevengono l’insorgenza della fatica respiratoria. Questo atteggiamento,

però, sfocia in un circolo vizioso per cui la limitazione dell’attività fisica com-

porta una diminuzione del trofismo e della capacità dei muscoli di sopporta-

re sforzi, conseguentemente la dispnea tende a insorgere per attività sempre

meno intense fino a che, nei casi più gravi, insorge anche a riposo. Questo

circolo è rinforzato e supportato anche da fattori psicologici, quali ansia, de-

pressione e scarsa motivazione, e concorre a determinare, in un quadro ge-

nerale, la perdita dell’autonomia e la limitazione delle attività della vita quo-

tidiana, con una forte diminuzione della qualità della vita.

Si introduce, così, il concetto di disabilità respiratoria, su cui si basa la

riabilitazione; questa disabilità consiste nell’incapacità di compenso respira-

torio allo sforzo, per cui il soggetto non è più in grado di partecipare in modo

adeguato alla vita sociale e di relazione58. Con il tempo, le condotte di evita-

mento che consentono al paziente di eludere e prevenire quel senso di “fame

d’aria” che tanto lo preoccupa, portano ad una sedentarietà e ad un isola-

mento sempre maggiori. Il circolo negativo sviluppatosi può sfociare poi in

una depressione e un pessimismo che portano il soggetto ad approcciarsi in

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modo negativo a tutte le situazioni che richiedono un incremento dell’attività

fisica.

La presa in carico del paziente con BPCO da parte di una struttura riabi-

litativa prevede una serie di interventi complessi, ma flessibili e totalmente

adattabili ai bisogni e alle esigenze di ogni singolo paziente; per questo ci si

avvale di équipe multidisciplinari composte da figure professionali specializ-

zate, quali medico pneumologo, infermiere professionale, fisioterapista, tera-

pista occupazionale, logopedista, psicologo, nutrizionista e assistente sociale.

La presa in carico del paziente è quindi totale: ogni aspetto della malattia

viene attentamente valutato e risolto nelle modalità migliori al fine di garan-

tire al paziente un miglioramento delle condizioni di salute e di vita59.

Al fine di alleviare i sintomi e ottimizzare il livello di capacità funzionale

fanno quindi parte, a titolo esemplificativo e non esaustivo, del programma

di riabilitazione respiratoria la valutazione funzionale, il riallenamento allo

sforzo, l’educazione, gli interventi nutrizionali e il supporto psicologico. La riabilitazione respiratoria è un intervento evidence-based e multidi-

sciplinare, rivolto a persone con problemi respiratori cronici, spesso sinto-

matiche e con riduzione delle attività della vita quotidiana5. Il fine dei pro-

grammi riabilitativi specifici per il paziente è quello di ridurre i sintomi e ot-

timizzare le capacità funzionali per poter incrementare la sua partecipazione

alla vita sociale e ridurre i costi sociali della malattia. Le caratteristiche prin-

cipali della riabilitazione respiratoria sono:

• Multidisciplinarità. Numerose figure professionali specializzate colla-

borano al fine di assicurare una presa in carico globale del paziente,

garantendo la massima competenza per ogni aspetto dello stato di sa-

lute e di vita.

• Individualità. Ogni paziente ha una diversa storia di vita e di malattia,

nonché un carattere, una personalità e dei bisogni che lo rendono di-

verso da ogni altro. Per questo motivo ogni paziente deve essere sotto-

posto ad una attenta e meticolosa valutazione, sia clinica che funzio-

nale, e deve essere al centro di un programma studiato su misura per

lui.

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• Attenzione per le funzioni fisiologiche e sociali. Per essere efficace, il

programma di riabilitazione deve considerare tutte le componenti fisio-

logiche, emozionali, psicologiche e comportamentali che possono in-

fluire sullo stile di vita di una persona.

Innumerevoli sono gli studi che dimostrano l’efficacia dei programmi di

riabilitazione respiratoria sia per quanto riguarda il miglioramento della per-

cezione dei sintomi, sia per quanto riguarda la diminuzioni delle riacutizza-

zioni e il miglioramento della qualità della vita; ognuno di questi parametri

viene valutato all’inizio e alla fine del trattamento mediante l’utilizzo di scale

scientificamente validate1 60 61 62 63 64 65 66 67 68.

1.3.1.1 OBIETTIVI DELLA RIABILITAZIONE RESPIRATORIA

I programmi di trattamento multidisciplinari in cui viene inserito il pa-

ziente con BPCO hanno lo scopo di migliorare la qualità della vita. Questo

assumono un ruolo fondamentale nella gestione della malattia; i risultati mi-

gliori si ottengono quando terapia farmacologica e non farmacologica opera-

no in modo sinergico e complementare1 5 13.

Uno degli aspetti fondanti del programma riabilitativo, al fine della mo-

dificazione della qualità di vita percepita, è l’educazione del soggetto e dei

familiari (e tutti i caregivers) riguardo motivazioni, abitudini di vita, corretta

gestione della terapia farmacologica, astensione dal fumo di tabacco e man-

tenimento del livello di performance fisica. Ogni obiettivo perseguito dai pro-

grammi di Riabilitazione Respiratoria (RR) di seguito elencato è sostenuto da

un grado di evidenza scientifica:

- Miglioramento della capacità di esercizio fisico (evidenza A).

- Riduzione dell’intensità di percezione della dispnea (evidenza A).

- Miglioramento della qualità di vita legata alla salute (evidenza A).

- Riduzione del numero di ricoveri ospedalieri e dei giorni di ricovero

(evidenza A).

- Riduzione di ansia e depressione legate alla BPCO (evidenza A).

- Allenamento di forza e resistenza degli arti superiori e miglioramento

della funzione delle braccia (evidenza B).

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- Mantenimento dei benefici ottenuti anche per periodi di tempo succes-

sivi alle sedute (evidenza B).

- Miglioramento della forza e della resistenza dei muscoli inspiratori ed

espiratori (evidenza C).

- Aumento della sopravvivenza (evidenza B).

- Miglioramento del recupero fisico e funzionale dopo un ricovero per

riacutizzazione (evidenza B).

- Aumento dell’effetto dei broncodilatatori a lunga durata d’azione (evi-

denza B).

Per valutare il raggiungimento di tali obiettivi molti studi hanno cercato di

individuare i migliori indicatori di outcome69:

• FEV1 e FEV1/FVC. Sono valori fondamentali per la diagnosi e la sta-

diazione della malattia, nonché per monitorarne la progressione; la

metodologia per la misurazione di questi parametri tramite spirometria

è stata standardizzata da ATS/ERS47. A favore dell’utilizzo di questi

valori come indicatori di outcome vi è l’alta riproducibilità della misu-

razione; una limitazione è invece data dal fatto che questi due valori

non sono correlati a segni e sintomi clinici come la dispnea, la capacità

di esercizio e le esacerbazioni, così come non danno una fotografia

esatta del quadro clinico del soggetto, che può essere molto vario an-

che per valori spirometrici simili.

• Volumi polmonari. La loro misurazione viene eseguita mediante la ple-

tismografia corporea, ovvero una prova di funzionalità respiratoria che

permette la misurazione dei volumi polmonari statici e dinamici. I va-

lori considerati sono TLC (Total Lung Capacity), FRC (Functional Resi-

dual Capacity), RV (Residual Volume) e IC (Inspiratory Capacity); va-

riazioni di questi volumi possono avvenire anche in assenza di cam-

biamento del valore di FEV1. Questi valori specifici correlano fortemen-

te con l’iperinflazione dinamica tipica del paziente BPCO, che è alla

base delle alterazioni della ventilazione e della ridotta capacità di so-

stenere un esercizio per tempi prolungati. In caso di iperinflazione ap-

paiono aumentati i primi tre valori, mentre l’IC diminuisce.

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• 6Minute Walk Test (6MWT). Questo test misura la distanza, in metri,

percorsa da un soggetto in un periodo di tempo di sei minuti, mante-

nendo il passo più sostenuto possibile, su una superficie piana. Il pa-

rametro principale rilevato, ossia la distanza, viene poi confrontato con

un valore predetto, calcolato mediante uno specifico algoritmo, sul

quale influiscono anche età, sesso, peso e altezza. Vengono inoltre mi-

surati le frequenze cardiaca e respiratoria, la saturazione di O2 (SO2%),

la pressione arteriosa (PA), il livello di dispnea e di fatica muscolare

percepite (mediante l’utilizzo della scala di Borg CR 10 modificata).

Questo test viene utilizzato perché è di semplice esecuzione, inoltre il

cammino è una delle attività più svolte durante la vita quotidiana e, ol-

tre ad essere un test scientificamente validato, correla fortemente con

la funzionalità polmonare, il consumo di ossigeno (VO2) e lo stato di sa-

lute. Il test può essere eseguito anche con l’utilizzo di un ausilio per la

deambulazione e con i dispositivi per la somministrazione di ossigeno-

terapia.

• Shuttle Walking Test (SWT). Nell’Incremental Shuttle Walking Test il

paziente deve camminare lungo un percorso di 10 metri segnalato da

birilli, ad una velocità imposta da un segnale acustico; il parametro

misurato è la velocità massima tollerabile dal paziente. Nell’Endurance

Shuttle Walk Test (ESWT), invece, la velocità si mantiene costante e il

parametro valutato è la distanza percorsa. Questi test permettono di

valutare la capacità di esercizio massimale e sono ben correlati con il

consumo di O2 da parte del paziente. Lo sforzo richiesto in questi test,

però, rispecchia meno le attività della vita quotidiana; essi risultano

meno utilizzati rispetto al 6MWT, a causa del maggiore tempo di ese-

cuzione e dell’attrezzatura necessaria.

• Baseline Dyspnea Index/Transitional Dyspnea Index (BDI/TDI). È una

delle principali scale utilizzate per misurare il senso di dispnea. La

prima parte della scala richiede di quantificare questo sintomo in un

singolo e preciso attimo di tempo, mentre la seconda richiede di quan-

tificarne la variazione in un certo periodo di tempo rispetto al valore

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base, ad esempio durante lo svolgimento di alcune attività della vita

quotidiana.

• Medical Research Council (MRC) Scale. È un metodo semplice e stan-

dardizzato per misurare il senso di dispnea, ma anche per suddividere

in categorie i pazienti con BPCO. La scala è composta da cinque de-

scrizioni di attività quotidiane e del senso di dispnea che le accompa-

gna, presentate in ordine crescente, dall’attività meno faticosa alla più

faticosa; ad ogni attività è attribuito un valore numerico da 0 a 4. Il

paziente deve riconoscere in quale di queste descrizioni si riconosce

maggiormente. Sebbene risulti essere molto utilizzata e di semplice

somministrazione, non ci sono molti dati clinici che ne validino la sen-

sibilità e la responsività.

• Borg CR10 M Scale. La scala di Borg Category Ratio modificata (Borg

CR10 M) è una delle scale di misura maggiormente utilizzate per la

quantificazione della dispnea da sforzo. È formata da 20 livelli di in-

tensità, a ognuno viene assegnato un valore numerico da 0 a 10 e ad

alcuni è affiancata una descrizione verbale (0 = nessuna fatica; 10 =

fatica molto molto intensa) e il paziente deve indicare quale numero

esprime il suo senso di dispnea nel momento stesso in cui la scala

viene somministrata.

• Saint George’s Respiratory Questionnaire (SGRQ). Viene utilizzato per

valutare la qualità della vita nei pazienti con BPCO. Il questionario è

composto da domande riguardanti i sintomi (frequenza e gravità), atti-

vità svolte e impatto della malattia sulla sfera psicosociale. È uno degli

indici di outcome più utilizzati, ma risulta essere di difficile compila-

zione in quanto richiede molto tempo e un livello culturale adeguato

per la compilazione. Inoltre alcune domande sono relative a situazioni

(ad esempio quella lavorativa) che possono non differire tra l’inizio e la

fine di un programma riabilitativo e quindi risultare poco utili alla va-

lutazione dell’esito del programma stesso

• BODE. È un indice che tiene conto non solo della manifestazione pol-

monare della malattia, ma anche degli effetti sistemici. L’acronimo

BODE indica: BMI (Body Mass Index), Obstruction (misurata con il

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FEV1), Dyspnea (misurata con MRC) e Exercise capacity (misurata con

il 6 MWT). A questi parametri può essere aggiunto anche un quinto va-

lore, relativo alla frequenza di esacerbazioni. Ad ogni variabile in gioco

viene attribuito un valore da 0 a 3 in base al livello di compromissione;

fa eccezione il BMI, al quale viene attribuito valore 0 se è > 21 o valore

1 se è ≤ 21. Il punteggio totale può andare da un minimo di 0 (buono

stato di salute) a 10 (condizione grave). Il BODE index viene utilizzato

frequentemente sia come outcome che come predittore di mortalità70.

1.3.1.2 COMPONENTI DEL PROGRAMMA DI RIABILITAZIONE

RESPIRATORIA

Negli ultimi decenni le conoscenze nell’ambito della riabilitazione di pa-

zienti con BPCO sono cresciute a dismisura, e tra queste sono aumentate

anche le conoscenze relative all’efficacia delle componenti dei programmi di

riabilitazione. Mentre fino agli anni ’90 si pensava che i pazienti con malattia

cronica polmonare non fossero in grado di raggiungere e sostenere

un’intensità di esercizio sufficientemente elevata per poter allenare la musco-

latura, negli ultimi anni è stato chiaramente dimostrato che, anche nei casi

di malattia severa, è possibile ottenere risultati significativi grazie ad un pro-

gramma di riallenamento allo sforzo. Tra le vare componenti della riabilita-

zione respiratoria, il riallenamento allo sforzo risulta essere il cardine di ogni

programma riabilitativo. Poiché i programmi di riabilitazione sono multidi-

sciplinari e globali, il fisioterapista, così come gli altri componenti dell’équipe

riabilitativa, devono saper combinare varie metodologie di intervento al fine

di raggiungere tutti gli obiettivi prefissati, dal miglioramento dei sintomi, al

riallenamento allo sforzo e all’ottimizzazione della terapia farmacologica1 60 61

62 63 64 65 66 67 68.

Un programma riabilitativo può avvalersi di:

- Riallenamento alla resistenza. È raccomandato e validato per pazienti

ad ogni stadio della malattia e ha lo scopo di migliorare la capacità

cardio-respiratoria e aumentare la capacità aerobica del sistema mu-

scolo-scheletrico. Il training ad alta intensità (70-80% del livello mas-

simo sostenibile) di lavoro è quello che permette di ottenere i risultati

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migliori; può essere svolto ad esempio su treadmill o al cicloergometro.

Nel caso di pazienti con BPCO più severa e/o limitazioni maggiori,

l’intensità dell’allenamento può essere moderata (50-60% del picco di

lavoro) e i benefici ottenuti rimangono paragonabili a quelli ottenuti

con allenamento ad alta intensità. L’allenamento alla resistenza deve

riguardare tutti i distretti muscolari, quindi può avvalersi anche di

esercizi a corpo libero, esercizi con pesi e contrazioni isometriche.

Per quanto riguarda la frequenza dell’allenamento, i risultati migliori

sono ottenuti con programmi composti da almeno tre sedute a setti-

mana, per un periodo di tempo di almeno dodici settimane. Non esi-

stono però studi o documenti ufficiali che stabiliscono quale tempistica

risulti essere migliore in termini assoluti. Questo tipo di attività riabili-

tativa è in grado di apportare cambiamenti a livello muscolare (varia-

zione delle fibre muscolari, aumento degli enzimi ossidativi), ma anche

un miglioramento dei sintomi e della qualità di vita percepita.

- Elettrostimolazione neuro-muscolare. È indicata per pazienti con forza

muscolare gravemente ridotta, che non possono prendere parte ai pro-

grammi di riallenamento. L’effetto ottenuto è un miglioramento della

forza muscolare e della capacità di esercizio.

- Esercizi per gli arti superiori. Nella maggior parte dei casi i pazienti

con BPCO lamentano una riduzione della forza degli arti superiori e un

aumento della dispnea durante le attività che richiedono l’utilizzo delle

braccia. Sebbene non ci siano studi ufficiali che stabiliscono quale sia

il miglior allenamento per gli arti superiori, si è visto che esercizi attivi

senza pesi, che richiedano l’esecuzione dei vari tipi di contrazione mu-

scolare, portano miglioramenti nella forza delle braccia e una riduzione

della fatica percepita.

- Allenamento della muscolatura inspiratoria. Questa è una componente

della riabilitazione adatta a tutti i pazienti, in particolare a coloro il cui

senso di dispnea impedisce l’esecuzione di altri esercizi e a coloro che

hanno una ridotta forza della muscolatura inspiratoria. L’allenamento

prevede l’utilizzo di strumenti con un sistema a soglia (Threshold IMT,

Philips Respironics), la cui resistenza deve essere tarata ad almeno il

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30% del valore della MIP (Maximal Inspiratory Pression). Ci sono studi

che riportano, oltre ad un miglioramento della forza di tali muscoli, un

aumento degli effetti benefici sull’allenamento al cicloergometro.

- Posizione corporea. Consiste nel consigliare ai pazienti, soprattutto

quelli con sintomatologia molto forte e invalidante, nonché con una

malattia in stadio molto avanzato, l’adozione di posture e atteggiamen-

ti che riducano il senso di dispnea. Tra queste posizioni, quella che

sembra essere più alleviante è l’inclinazione in avanti del tronco;

l’esecuzione di elettromiografie ha dimostrato una riduzione

dell’attivazione dei muscoli accessori inspiratori. Anche l’utilizzo di

supporti per gli arti superiori, ad esempio un deambulatore durante il

cammino, permette di supportare il cingolo scapolare dando modo a

muscoli che normalmente si comportano da fissatori (pettorali) di agire

maggiormente come accessori nel respiro.

- Respiro a labbra socchiuse. Questa è una strategia, così come l’utilizzo

di supporti per gli arti superiori, che in molti casi è il paziente stesso

ad assumere, a prescindere dal programma riabilitativo, in quanto

istintivamente aiuta ad alleviare la dispnea percepita. La tecnica del

respiro a labbra socchiuse richiede al paziente l’esecuzione di espira-

zioni lente e prolungate, mantenendo appunto le labbra socchiuse. In

questo modo si crea un sistema di pressione positiva, per cui gli alveoli

e le vie respiratorie si mantengono pervie più a lungo e non collassano,

riducendo il volume residuo, il cui aumento abnorme è alla base della

ridotta ventilazione dei pazienti con BPCO. L’uso di questa strategia

respiratoria a riposo porta ad una riduzione della frequenza respirato-

ria e del senso di dispnea, ad un aumento del volume corrente e della

saturazione di ossigeno. Durante l’esercizio fisico, invece, sembrerebbe

aumentare la resistenza e ridurre il senso di dispnea, migliorando la

performance fisica.

- Rinforzo della muscolatura addominale. Molto spesso i pazienti con

BPCO mostrano forza e capacità di contrazione della muscolatura ad-

dominale ridotte; poiché questi muscoli, oltre a collaborare

all’espirazione profonda, sono necessari per l’esecuzione di una tosse

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efficace, è importante aumentarne la percezione e il loro grado di con-

trazione. Sebbene molti pazienti mostrino uno scarso utilizzo di questa

muscolatura, spesso a causa dell’alterato pattern respiratorio, non ci

sono studi che comprendano il loro rinforzo tra i metodi di trattamen-

to.

- Esercizi di rilassamento. Sono volti soprattutto a ridurre il senso di

dispnea e di ansia.

- Allenamento muscolare con supplemento di ossigeno. Ci sono molti

studi che dimostrano un aumento della capacità massima di esercizio,

soprattutto nel caso di pazienti con tendenza a desaturare durante

l’attività fisica; in questi casi occorre mantenere la SO2 oltre il 90%

mediante l’utilizzo di cannule nasali o maschere per la somministra-

zione dell’O2. Non è indicato, invece, il supplemento di ossigeno per

pazienti normossiemici. La decisione dell’adozione dell’ossigenoterapia

sotto sforzo, così come la decisione della quantità di ossigeno sommi-

nistrato, viene in genere affrontata di concerto tra il medico e il fisiote-

rapista che segue il paziente durante le sessioni di allenamento.

- Ventilazione meccanica non invasiva (NIMV). Il suo utilizzo da parte di

pazienti con ipercapnia e BPCO ha dimostrato un maggior effetto del

programma di allenamento, sebbene questo tipo di intervento non ri-

sulti essere sempre ben tollerato. Anche in questo caso, come nel pre-

cedente, la scelta dell’utilizzo della NIMV è in genere frutto della colla-

borazione tra medico e fisioterapista.

- Manovra di espirazione forzata (FET). Il suo utilizzo risulta avere un ef-

fetto statisticamente rilevante sulla rimozione del muco e, quindi, sulla

clearance delle vie aeree, mentre non sembra avere effetti sulla funzio-

nalità polmonare. Gli effetti migliori sono stati riscontrati in pazienti

con grandi quantità di muco e che faticano ad espettorare; è importan-

te, inoltre, l’educazione del paziente e dei caregivers all’esecuzione di

tale manovra anche in autonomia.

- Compressione manuale della gabbia toracica e della parete addomina-

le. Si è dimostrata efficace solo in pazienti con debolezza muscolare.

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L’effetto ottenuto dalla manovra è l’aumento del picco di flusso sotto

tosse (PCEF).

- Drenaggio posturale modificato. Questa tecnica può essere utilizzata,

in aggiunta alle manovre di espirazione forzata, nel caso di pazienti

con una ritenzione di secrezioni localizzata nelle vie aeree polmonari

periferiche e nei quali le manovre forzate non risultano essere suffi-

cienti. Occorre puntualizzare che il drenaggio posturale deve essere

eseguito secondo le più recenti acquisizioni, le quali indicano che il

drenaggio non è frutto della forza di gravità, ma dell’aumento della

ventilazione; sono quindi le aree decubitanti ad essere maggiormente

drenate, e non il contrario.

- Pressione espiratoria positiva (PEP). La creazione di una pressione en-

dobronchiale positiva nella fase di espirazione permette di ottenere un

aumento della capacità funzionale residua, una riduzione della resi-

stenza delle vie aeree collaterali, un’apertura delle vie aeree e degli al-

veoli collassati e quindi la riespansione e la ventilazione di zone scar-

samente ventilate. Un altro effetto ottenuto è la mobilizzazione delle

secrezioni bronchiali dalla periferia al centro. Per ottenere queste pres-

sioni possono essere utilizzati diversi dispositivi, come, ad esempio, la

PEP bottle (che sfrutta anche l’oscillazione del livello di liquido al suo

interno) o la PEP mask.

- Pressione positiva e oscillazioni. Uno degli ausili che permettono di as-

sociare una pressione espiratoria positiva e l’effetto delle oscillazioni è

il Flutter. La pressione espiratoria di tipo oscillatorio ottenuta con

l’utilizzo di questo strumento può aiutare ad ottenere il distacco e

l’eliminazione del muco dalle pareti bronchiali.

- Educazione alla corretta assunzione dei farmaci. Questo tipo di inter-

vento è di fondamentale importanza per l’ottimizzazione degli effetti

della terapia. La corretta assunzione dei farmaci richiede attenzione

nell’esecuzione di manovre specifiche, nonché nell’utilizzo degli eroga-

tori nel modo corretto, pena l’inefficacia della terapia. Compito del fi-

sioterapista è educare i pazienti e i caregivers non solo alla corretta

assunzione dei farmaci, ma anche alla comprensione della sua impor-

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tanza, sia dal punto di vista dell’ottimizzazione delle risorse che per

quanto riguarda il miglioramento delle condizioni fisiche in parte dovu-

to anche alla terapia inalatoria.

- Educazione al mantenimento di uno stile di vita corretto. Anche questo

tipo di intervento riveste un ruolo fondamentale, in quanto gli effetti

del ciclo di riabilitazione respiratoria tendono ad annullarsi nel tempo,

data la cronicità della malattia, se non viene mantenuto uno stile di vi-

ta corretto, attivo e privo di comportamenti quali abitudine tabagica,

sedentarietà, scorretta assunzione dei farmaci o rifiuto delle terapie.

Alla fine di ogni ciclo di trattamento è buona norma lasciare al pazien-

te una serie di istruzioni per il proseguimento del programma riabilita-

tivo anche autonomamente al domicilio.

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2 SCOPO DEL LAVORO

2.1 RAZIONALE DELLO STUDIO

Attualmente, lo studio della capacità di diffusione della membrana al-

veolo-capillare riveste notevole importanza e valore clinico-diagnostico, in

quanto rappresenta l’unico test in grado di determinare l’integrità della

membrana alveolo-capillare di soggetti in vita; permette inoltre di differenzia-

re l’enfisema polmonare dai deficit ostruttivi, di differenziare i processi inter-

stiziali diffusi, come le fibrosi polmonari, da altre forme patologiche restritti-

ve, e di valutare l’impegno della circolazione polmonare nel corso di patologie

cardiache.

Mentre la SBCO, essendo una variabile sensibile a tutte le fasi di diffusione,

può essere alterata in svariate patologie cliniche, dall’enfisema a patologie

del distretto vascolare polmonare, ad alterazioni della gabbia toracica, il pa-

rametro KCO, misurato come decadimento esponenziale della concentrazione

di CO durante la manovra di apnea conseguente ad una inspirazione forzata,

è il reale indice dell’efficienza di scambio gassoso in termini di superficie di

scambio e di densità vascolare. Al contrario il parametro VA, indicante la dif-

fusione in fase gassosa, ci permette di verificare il volume alveolare e quindi

la quantità di gas che effettivamente arriva a livello alveolare, e quindi utile

per gli scambi gassosi.

In quest’ottica, si è ritenuto opportuno e utile lo sviluppo di un uno studio

clinico mirato a verificare l’efficacia della riabilitazione sul miglioramento de-

gli scambi gassosi polmonari.

2.1.1 DISEGNO DELLO STUDIO

Lo studio preparato si caratterizza come prospettico, osservazionale, mul-

ticentrico.

I centri coinvolti sono tutte le Unità Operative di Pneumologia Riabilita-

tiva degli Istituti della Fondazione Maugeri presenti sul territorio Nazionale.

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3 OBIETTIVI DELLO STUDIO

3.1 OBIETTIVO PRIMARIO

L’obiettivo primario dello studio è stato quello di verificare l’eventuale miglioramento degli scambi gassosi nei soggetti BPCO in fase stabile sotto-posti ad un programma di riabilitazione respiratoria, mediante la valutazione di:

- SBCO (mmol/min/KPa)

- KCO (mmol/min/KPa/L)

- VA (L)

3.2 OBIETTIVI SECONDARI

Obiettivi secondari sono, invece, le valutazioni delle modificazioni, pri-

ma e dopo il trattamento riabilitativo di:

- Gas ematici arteriosi (misurati mediante EGA): pO2, pCO2, pH.

- Volumi polmonari statici e dinamici (misurati mediante pletismografia

corporea): RV, TLC, SR Tot, ITGV (FRC), FEV1, FVC, FEV1/FVC, IC,

VCmax.

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4 MATERIALI E METODI

4.1 POPOLAZIONE IN STUDIO

Sono stati arruolati, previa firma del consenso informato, pazienti con

BPCO di qualunque grado (FEV1/FVC < 70%, FEV1 < 80% del predetto) in fa-

se stabile; la diagnosi di BPCO è stata posta facendo riferimento alle Linee

Guida internazionali GOLD, che considerano sia le caratteristiche cliniche

che funzionali del paziente. Tutti i soggetti arruolati erano pazienti in fase

stabile, ricoverati in regime di degenza ordinaria o MAAC (MacroAttività Am-

bulatoriali Complesse), afferenti all’Unità di Riabilitazione Respiratoria della

Fondazione Salvatore Maugeri - Istituto Scientifico di Riabilitazione IRCCS di

Milano.

4.1.1 CRITERI DI INCLUSIONE

Per essere arruolato nello studio il soggetto ha dovuto rispettare tutti i

criteri di seguito riportati:

- Firma del consenso informato

- Diagnosi di BPCO (FEV1/FVC < 70%)

- Stabilità clinica al momento del ricovero

4.1.2 CRITERI DI ESCLUSIONE

La presenza di uno o più criteri di seguito riportati ha motivato l’esclusione del soggetto dallo studio:

- Disabilità cognitiva tale da pregiudicare la partecipazione alle attività riabilitative (Mini Mental Score<26).

- Neoplasie in atto.

- Impedimenti fisici limitanti la partecipazione ad un programma di esercizio fisico (patologie muscoloscheletriche, etc.).

- Interventi di lobectomia e diagnosi di quadro misto ostruttivo-restrittivo.

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- Episodio di riacutizzazione bronchiale nella settimana precedente il re-

clutamento.

4.1.3 TERAPIE CONCOMITANTI

Nessuna terapia è stata vietata a priori; tutti i pazienti in studio hanno

mantenuto lo schema terapeutico abituale di tutti i farmaci riguardanti sia il

sistema respiratorio che non respiratorio. In caso di episodio di riacutizza-

zione in itinere sono stati prescritti un antibiotico e uno steroide sommini-

strati per via sistemica, scelti caso per caso in ragione delle condizioni clini-

che e delle possibilità mediche.

4.2 DESCRIZIONE DEL LAVORO

4.2.1 INDAGINI ESEGUITE

4.2.1.1 VALUTAZIONE BASALE

All’arruolamento, tutti i pazienti sono stati valutati registrando i se-

guenti dati e parametri:

- Peso, altezza, indice di massa corporea (BMI).

- Pletismografia corporea.

- DLCO.

- Emogasanalisi arteriosa (EGA).

- Metri percorsi al test del cammino (6 MWD).

- Stato di disabilità clinica: assenza di segni di riacutizzazione in atto.

- Stato cognitivo (MMS).

- Anamnesi per partecipazione a programmi di riabilitazione respiratoria

nei 12 mesi precedenti.

- Patologie invalidanti limitanti la partecipazione al programma riabilita-

tivo proposto.

- Neoplasie.

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4.2.1.2 EMOGASANALISI ARTERIOSA

Il sangue arterioso sistemico è stato prelevato da arteria radiale con si-

ringa eparinata ed analizzato con emogasanalizzatore GEM Premier 3000;

ogni prelievo è stato eseguito dopo un tempo di riposo di almeno 10 minuti.

Dall’analisi sono stati rilevati i valori di pO2 (pressione parziale di ossigeno

nel sangue arterioso), pCO2 (pressione parziale di anidride carbonica) e pH.

4.2.1.3 PLETISMOGRAFIA CORPOREA

Le rilevazioni dei volumi polmonari e delle resistenze specifiche delle vie

aeree sono state eseguite mediante sistema pletismografico Jaeger; il sistema

è composto da pneumotacografo e cabina pletismografica, e permette di rica-

vare i valori di TLC, RV e SR Tot.

A shutter chiuso, il soggetto ha eseguito delle manovre di in-espirazione

forzata a capacità funzionale residua all’interno della cabina pletismografica

a volume e temperatura costanti. Durante la manovra inspiratoria il volume

toracico aumenta, di conseguenza aumenta la pressione all’interno della ca-

bina (Pb), mentre diminuisce la pressione misurata, mediante boccaglio, alla

bocca, la quale risulta essere espressione della pressione alveolare (PA);

l’opposto accade durante gli sforzi espiratori. La relazione tra la variazione di

PA e la variazione di Pb rappresenta il TGV (Thoracic Gas Volume). Attraver-

so calcoli matematici vengono poi misurati i volumi polmonari statici, quali

la capacità polmonare totale (TLC) e il volume residuo (RV).

A shutter aperto, invece, sono state misurate le relazioni fra le variazioni

di Pb e le variazioni di flusso in- ed espiratorio, necessarie per il calcolo delle

resistenze polmonari (SR).

4.2.1.4 DLCO

Mediante pneumotacografo e analizzatore integrato dei gas espirati, do-

po una ventilazione a volume corrente, ai pazienti è stata fatta respirare,

mediante una manovra di capacità polmonare totale, una quantità nota di

CO; successivamente ad una pausa respiratoria di 10 secondi i pazienti

hanno espirato forzatamente, e la porzione intermedia del volume d’aria

espirato è stata analizzata per il contenuto di CO residuo. La differenza tra

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CO erogato ed espirato ha reso possibile ricavare la quota diffusa a livello al-

veolo-capillare e ha permesso, quindi, di valutare le capacità diffusive della

membrana alveolo-capillare.

4.2.1.5 SIX-MINUTES WALK TEST (6MWT)

Il 6MWT misura la distanza che un paziente è in grado di percorrere

camminando ad un’andatura personalmente ritenuta sostenuta (non di cor-

sa), su una superficie piana, per un periodo di tempo di 6 minuti. Ciò che

viene valutato è la risposta globale e integrata di tutti i sistemi coinvolti du-

rante l’esercizio, compresi il sistema polmonare e cardiocircolatorio.

Il 6MWT non fornisce informazioni precise e specifiche riguardanti la

funzione di ogni singolo organo e sistema coinvolto, né il meccanismo causa-

le dell’eventuale limitazione all’esercizio stesso. Il test del cammino è una

prova teoricamente sub-massimale, in cui i pazienti scelgono la loro intensi-

tà di esercizio e hanno anche la possibilità di sostare e riposare se ne sento-

no il bisogno. Poiché la maggior parte delle attività della vita quotidiana ven-

gono eseguite a livelli sub-massimali, la distanza percorsa durante il test del

cammino (6MWD – 6 minutes walk distance) può facilmente rispecchiare il

livello di esercizio funzionale compiuto durante le attività fisiche quotidiane.

Si tratta di un test semplice e riproducibile, che non richiede particolari

equipaggiamenti o personale specializzato. Ciò che occorre è:

- Un corridoio diritto e in piano della lunghezza di almeno 30 metri.

- Due coni di segnalazione di inizio e termine del percorso.

- Scheda di registrazione dei dati.

- Cronometro.

- Pulsossimetro, dotato possibilmente di memoria.

- Sfigmomanometro e fonendoscopio.

- Scheda riportante la Scala di Borg per la valutazione della fatica respi-

ratoria e muscolare (Tabella 2).

- Una o due sedie.

- Una sorgente di ossigeno portatile, se necessaria.

Il test, normalmente sub-massimale, viene considerato massimale se:

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- La frequenza cardiaca (FC) supera l’85% della FCMAX; quest’ultima è

data dalla formula FCMAX = 220 – età.

- Il paziente, un soggetto non allenato, riferisce un punteggio pari o

maggiore a 5 della scala di Borg per la fatica respiratoria e/o musco-

lare.

Dopo aver predisposto lungo il corridoio un percorso rettilineo di 30 me-

tri delimitato da due coni di segnalazione e aver fornito un’adeguata spiega-

zione, previo riposo da attività intense nelle due ore precedenti il test, ai pa-

zienti è stato rilevato il valore della pressione arteriosa basale, della frequen-

za respiratoria, della pO2 e della frequenza cardiaca e della fatica respirato-

ria/muscolare a riposo; è stato poi applicato il pulsossimetro. I pazienti sono

poi stati posti sulla linea di partenza ed è stato chiesto loro di camminare a

velocità sostenuta per 6 minuti. Allo scadere di ogni minuto, è stata fornita

un’indicazione standardizzata circa il tempo trascorso e l’andamento del test.

Dopo aver registrato nuovamente tutti i parametri al sesto minuto e dopo il

ritorno della frequenza cardiaca al valore basale, i pazienti sono stati conge-

dati; i dati del pulsossimetro sono stati scaricati su PC per l’analisi compute-

rizzata e le schede sono state completate con il calcolo delle distanze predette

ed effettuate. Il tutto in accordo con le Linee Guida vigenti71.

0 Assolutamente niente

0,5 Estremamente debole

1 Molto Debole

1,5

2 Debole

2,5

3 Moderato

4

5 Forte

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48

6

7 Molto forte

8

9

10 Estremamente forte

11

* Massimo assoluto

Tabella 2 Scala CR10 di Borg71.

4.2.2 TRATTAMENTI E POSOLOGIA

I pazienti hanno proseguito la terapia farmacologica domiciliare, salvo

diversa valutazione o ottimizzazione del trattamento. Durante il periodo di ri-

covero i pazienti hanno affrontato le consuete sedute di fisioterapia attuate

come da protocollo e così strutturate:

- Brevi sessioni educazionali della durata di almeno 15 minuti ciascuna,

il cui scopo è stato quello di approfondire temi riguardanti i benefici

dell’attività fisica, la proposta di un programma di esercizio, le tecni-

che di conservazione dell’energia, la prevenzione e gestione delle riacu-

tizzazioni, la corretta assunzione della terapia inalatoria, eventualmen-

te la gestione dell’ossigenoterapia e della ventilazione meccanica.

- Due sessioni giornaliere di riallenamento allo sforzo della durata di 30

minuti ciascuna, mirate al miglioramento della performance in termini

di riduzione della fatica percepita e di aumento del livello di esercizio.

Il tipo di allenamento è stato costituito in base alle caratteristiche del

paziente, mediante l’utilizzo di un cicloergometro, di un armoergome-

tro o di un treadmill; l’intensità allenante utilizzata ad esempio al ci-

cloergometro (70% del massimo numero di Watt sopportabili dal pa-

ziente o 70% del numero dei Watt che comportano il raggiungimento

della FC massima) è stata calcolata mediante Test Incrementale.

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- Sessioni di fisioterapia respiratoria a scopo disostruente se, oltre alla

dispnea da sforzo, i pazienti presentavano caratteristiche di ipersecre-

tività e/o ristagno delle secrezioni bronchiali.

- Esercizi di rinforzo della muscolatura in-espiratoria mediante l’utilizzo

di Threshold in- o espiratori. La resistenza allenante è stata calcolata

sulla base dei valori di MIP e MEP misurati e corrispondeva al 30%

della MIP/MEP, successivamente è stata gradualmente aumentata a

intervalli di almeno sette giorni, in base al livello di allenamento rag-

giunto.

- Sessioni di esercizi a corpo libero della durata di 30 minuti, per favori-

re il rinforzo della muscolatura di tutto il corpo, per facilitare la rie-

spansione toracica e il miglioramento del ritmo respiratorio.

- Sedute di fisioterapia respiratoria mediante l’utilizzo di presidi PEP al

fine di ridurre l'iperinflazione dinamica e favorire lo svuotamento al-

veolare.

Al termine del programma riabilitativo della durata di 15 sedute sono stati

ripetuti i medesimi test eseguiti ad inizio trattamento.

4.2.3 ANALISI STATISTICA

4.2.3.1 POTENZA DELLO STUDIO

Secondo il test t di Student per dati non appaiati con errore α pari a

0,05 e una potenza dell’80%, con una DS attesa entro gruppi per la variazio-

ne del valore di VA quale componente di valutazione della diffusione in fase

alveolare, riportata in letteratura pari a 0,19 (L), per individuare una diffe-

renza dalle medie dei valori ottenuti prima e dopo trattamento riabilitativo

del medesimo soggetto BPCO pari a 0,81 (L), sono necessari 233 soggetti.

Si riporta solo la potenza calcolata sui valori del VA, rappresentando

con essa, la necessità di reclutamento più elevato.

È stata eseguita un’analisi statistica “ad interim” per verificare lo stato

dei dati e l’eventuale possibilità di risultati positivi prima del raggiungimento

del cut off calcolato mediante lo studio di potenza.

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4.2.3.2 ANALISI DI EFFICACIA

L’analisi statistica è stata condotta mediante fogli di calcolo Excel e il

programma per calcoli statistici SPSS 18.0/PC che hanno permesso di con-

frontare tra loro le variabili misurate.

Tutti i risultati sono espressi in valore assoluto o medio ± Errore Stan-

dard e sono stati altresì confrontati mediante Test t per dati appaiati previo

calcolo della varianza (ANOVA). Viene considerata significativa ogni differen-

za con p< 0,05.

Il calcolo è stato fatto per i valori iniziai, per quelli finali e per la diffe-

renza tra loro ottenuta.

Per la valutazione della correlazione tra VCmax e VA è stato utilizzato

un grafico a dispersione che ha permesso di calcolare i valori di R2 e p.

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5 RISULTATI

Sono stati arruolati 111 pazienti (76 uomini e 35 donne), affetti da

BPCO in fase stabile, le cui caratteristiche antropometriche sono riportate

nella Tabella 3. Tutti i pazienti hanno assunto l’abituale terapia inalatoria,

senza variazioni posologiche e/o di principio attivo; tutti i pazienti arruolati

hanno svolto un ciclo di riabilitazione respiratoria della durata di 15 sedute.

Tabella 3 Riepilogo riassuntivo delle caratteristiche antropometriche della popolazione testata.

Per quanto concerne i valori di DLCO unitari, analizzando le sottocom-

ponenti, ed in specifico per quanto concerne la SBCO e il KCO, i dati sono

apparsi sostanzialmente invariati (o comunque variati in quantità statistica-

mente non significativa) tra le condizioni basali e quelle post riabilitative (Ta-

bella 4, Figura 8 e Figura 9). Il valore della diffusione in fase gassosa (VA) ha

invece fatto registrare un importante incremento pari a 0,12 ± 0,59 L con

evidente significatività statistica (Tabella 4 e Figura 10).

Pazienti 111

Sesso (M/F) 76/35

Età 73 ± 7

Fumatore

(attuale/Ex/No) 10/84/17

Pack Year 54 ± 34

Altezza in m 1,64 ± 0,08

Peso in Kg 73 ± 16

Stadio GOLD I/II (%) 52 (47%)

Stadio GOLD III/IV (%) 59 (53%)

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Basale Post-

Trattamento

Riabilitativo

Δ P

SBCO

(mmol/min/KPa)

3,82 ± 1,67 3,90 ± 1,76 0,08 ± 0,93 0,37

KCO

(mmol/min/KPa/L)

0,86 ± 0,37 0,86 ± 0,36 0,00 ± 0,21 0,86

VA (L) 4,48 ± 1,02 4,59 ± 0,97 0,12 ± 0,59 0,04 Tabella 4 Riepilogo dei valori della DLCO prima e dopo la riabilitazione e della significatività statistica.

Figura 8 Istogramma dei valori medi di SBCO prima e dopo la riabilitazione.

Figura 9 Istogramma dei valori medi di KCO prima e dopo la riabilitazione.

3,75

3,80

3,85

3,90

Prima e dopo la riabilitazioneSBCO

(mm

ol/m

in/K

Pa)

Valore medio SBCO iniziale e finale SBCO iniziale (valore medio) SBCO finale (valore medio)

n.s.

0,10

0,30

0,50

0,70

0,90

Prima e dopo la riabilitazioneKCO

(mm

ol/m

in/K

Pa/L

)

Valore medio KCO iniziale e finale KCO iniziale (valore medio) KCO finale (valore medio)

n.s.

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53

Figura 10 Istogramma dei valori medi di VA prima e dopo la riabilitazione.

I gas ematici hanno dimostrato una variazione statisticamente impor-

tante soprattutto per quanto riguarda la pO2, la quale è andata incontro ad

un incremento pari a 2,16 ± 10,21 mmHg (Tabella 5 e Figura 11).

Basale Post-

Trattamento

Riabilitativo

Δ P

pO2 71,84 ± 9,15 74,00 ± 9,05 2,16 ± 10,21 0,02 Tabella 5 Riepilogo dei valori medi di pO2 prima e dopo il trattamento riabilitativo.

Figura 11 Istogramma dei valori medi di pO2 prima e dopo la riabilitazione.

4,40

4,45

4,50

4,55

4,60

Prima e dopo la riabilitazione

VA (L

)

Valore medio VA iniziale e finale VA iniziale (valore medio) VA finale (valore medio)

p= 0,04

70,00

71,00

72,00

73,00

74,00

Prima e dopo la riabilitazione

pO2

(mm

Hg)

Valore medio pO2 iniziale e finale pO2 iniziale (valore medio) pO2 finale (valore medio)

p= 0,03

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54

Tra i volumi polmonari dinamici, solo i valori di FEV1 e VCmax sono an-

dati incontro ad un incremento significativo dopo trattamento riabilitativo

con un miglioramento medio del valore assoluto pari a 0,04 ± 0,20 L per

quanto riguarda il FEV1, e pari a 0,09 ± 0,33 L per quanto riguarda la

VCmax (Tabella 6, Figure 12 e 13). Un’ulteriore significatività rilevata riguar-

da la diminuzione del valore percentuale delle resistenze polmonari, il quale

è andato incontro ad un decremento pari a -20,70 ± 86,86 %, valore che ri-

sulta essere statisticamente significativo (Tabella 6, Figura 14).

Basale Post-trattamento

riabilitativo

Δ P

FEV1 (L) 1,18 ± 0,43 1,22 ± 0,44 0,04 ± 0,20 0,01

VCmax (L) 2,71 ± 0,73 2,80 ± 0,75 0,09 ± 0,33 0,005

SR tot (%) 278,16 ±

164,50

257,46 ±

138,52

-20,70 ± 86,86 0,03

Tabella 6 Riepilogo dei volumi polmonari mobilizzabili e delle resistenze le cui variazioni risultano essere

significative.

Figura 12 Istogramma dei valori medi di FEV1 prima e dopo la riabilitazione.

1,141,161,181,201,221,24

Prima e dopo la riabilitazione

FEV 1

(L)

Valore medio FEV1 iniziale e finale FEV1 iniziale (valore medio) FEV1 finale (valore medio)

p= 0,01

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55

Figura 13 Istogramma dei valori medi di VCmax prima e dopo la riabilitazione.

Figura 14 Istogramma dei valori medi di SR Tot percentuali prima e dopo la ribilitazione.

La capacità di esercizio, valutata con il 6MWT, è significativamente mi-

gliorata dopo la riabilitazione respiratoria, come evidenziato da un incremen-

to dei metri percorsi pari a 39,59 ± 57,59 m (Tabella 7 Figura 15).

Basale Post-

Trattamento

Riabilitativo

Δ P

Metri percorsi

al 6MWT (m)

363,86 ±

111,76

403,46 ±

99,67

39,59 ± 57,59 < 0,001

Tabella 7 Riepilogo dei metri percorsi al 6MWT prima e dopo la riabilitazione.

2,65

2,70

2,75

2,80

2,85

Prima e dopo la riabilitazione

VCm

ax (L

)

Valore medio VCmax iniziale e finale Vcmax iniziale (valore medio) Vcmax finale (valore medio)

p= 0,005

240,00

260,00

280,00

Prima e dopo la riabilitazione

SR T

ot (%

)

Valore medio SR Tot(%) iniziale e finale

SR Tot % iniziale (valore medio) SR Tot % finale (valore medio)

p= 0,03

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Figura 15 Istogramma dei valori medi dei metri percorsi al 6MWT prima e dopo la riabilitazione.

L’incremento della VCmax appare in linea con l’aumento della VA alla

valutazione della DLCO e i due valori pre- e post-trattamento appaiono stret-

tamente correlati forti di un coefficiente elevato ed espresso da un valore di

R2=0,67 ed una significatività statistica di p<0,001 per quanto riguarda i va-

lori finali, di R2=0,64 ed una significatività statistica di p<0,001 per quanto

riguarda i valori iniziali (Figure 16 e 17).

Figura 16 Grafico di dispersione dei valori di VCmax versus VA misurati dopo il trattamento riabilitativo.

340,00360,00380,00400,00420,00

Prima e dopo la riabilitazione

6 M

WD

(m)

Valore medio 6 Minutes Walk Distance iniziale e finale

6 MWD iniziale (valore medio) 6 MWD finale (valore medio)

p < 0,001

y = 0,6313x - 0,0893 R² = 0,6718

0

1

2

3

4

5

6

0,00 2,00 4,00 6,00 8,00 10,00

VC m

ax (L

)

VA (L)

VCmax finale vs VA finale

p < 0,001

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57

Figura 17 Grafico di dispersione dei valori di VCmax versus VA misurati prima del trattamento

riabilitativo.

y = 0,5732x + 0,1518 R² = 0,6431

0

1

2

3

4

5

6

0 2 4 6 8

VC m

ax (L

)

VA (L)

VCmax iniziale vs VA iniziale

p < 0,001

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6 DISCUSSIONE

L’analisi eseguita si configura come controllo ad interim di uno studio

on going.

I risultati ottenuti dalle analisi statistiche ci permettono di affermare

che la riabilitazione respiratoria sembra non determinare una variazione si-

gnificativa per quanto riguarda la diffusione alveolo capillare, così come di-

mostrano i valori di SBCO e KCO, i quali sono rimasti sostanzialmente inva-

riati tra l’inizio e la fine del ciclo riabilitativo. In linea con questo dato appare

la diffusione in fase tissutale rilevata alla fine del trattamento che viene

esplicitata con un valore sostanzialmente invariato del KCO.

Come invece è già noto, la riabilitazione respiratoria appare in grado di

migliorare da una parte le performance muscolari sia dei distretti periferici

che respiratori, dall’altra la clearance mucociliare migliorando la mobilizza-

zione delle secrezioni bronchiali. I nostri dati sembrerebbero avvalorare que-

sti presupposti mediante l’evidenza di un consensuale incremento della

VCmax, della VA e una stretta correlazione tra questi due parametri.

Il miglioramento di questi parametri si riflette poi sull’incremento signi-

ficativo dell’ossigenazione sanguigna, come dimostrato dai valori ottenuti con

l’EGA, e sulla capacità di esercizio, così come dimostrato dall’incremento si-

gnificativo dei metri percorsi al 6MWT.

La capacità vitale (VC) dipende, come noto in fisiopatologia, da tre fon-

damentali fattori che sono rappresentati da: capacità di retrazione elastica

della parete toracica; pervietà delle vie aeree; forza muscolare. Essendo nel

nostro caso, la prima componente costante possiamo desumere che solo la

forza muscolare e la migliore pervietà delle vie aeree abbiano risentito positi-

vamente del trattamento riabilitativo. Quindi ci sembra logico affermare che,

in seguito al benefico effetto della riabilitazione respiratoria sia sulla musco-

latura che sulla clearance mucociliare delle vie aeree ci sia stata una in-

fluenza positiva espressa da un miglioramento sia del VA che della VC. Per

quanto riguarda il miglioramento della resistenza allo sforzo, ci sembra logi-

co affermare che esso sia una benefica conseguenza del programma riabilita-

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tivo a cui i pazienti sono stati sottoposti e in cui una componente fondamen-

tale è rappresentata dal riallenamento allo sforzo.

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7 CONCLUSIONI

Attualmente i dati raccolti ci permettono di affermare che il trattamento

riabilitativo pneumologico concorre positivamente a migliorare la performan-

ce ventilatoria e muscolare. Riteniamo comunque, che per meglio stabilire

quali siano i reali meccanismi alla base di tale miglioramento, appaia neces-

sario approfondire lo studio della distribuzione ventilatoria polmonare me-

diante l’utilizzo di altri test fisiopatologici.

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