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DAL CORPO ALLA PAROLA NELLA CLINICA DEI DISTURBI ALIMENTARI Elena Riva

Elena Riva - Dal Corpo Alla Parola Nella Clinica dei Disturbi Alimentari

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DAL CORPO ALLA PAROLA

NELLA CLINICA DEI

DISTURBI ALIMENTARI

Elena Riva

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I disturbi alimentari

Nella clinica dei disturbi alimentari sintomi

uguali non corrispondono a una stessa

struttura di personalità, né esprimono uno

stesso significato evolutivo, psicopatologico e

relazionale.

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I disturbi alimentari

Cultura e mitologia affettiva, più della

psicopatologia, conferiscono significato

psichico, relazionale e comunicativo alle

condotte alimentari impazzite e agli stili di vita

e di pensiero che le accompagnano.

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Il sé narra se stesso

La narrazione che si snoda nella stanza delle parole perfora la corazza narcisistica e ci, permette di entrare in contatto con il Sé psichico

“Un vulcano, dentro la lava e sopra la terra verde: la parte sotto, con la lava che sale, molto calda, mentre quella sopra è fredda”

(tav.VIII Rorschach)

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Il linguaggio del corpo

Il linguaggio del corpo, che in passato convertiva i

conflitti psichici in manifestazioni somatiche, in epoca

postmoderna si esprime in condotte sintomatiche

ego-sintoniche.

L’auto-stimolazione sensoriale della fame, del dolore

e della fatica satura un vuoto d’identità e di legami,

garantendo una via di scarico agli affetti attraverso

l’esperienza somatica.

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Il paradigma evolutivo

Il paradigma evolutivo interpreta i disturbi

alimentari come segni della mancata

integrazione fra corpo e mente, fra modelli

identificatori e sistemi di valore femminili e

maschili, fra fusione e individuazione.

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Un modello integrato

Un modello terapeutico integrato

ricostruisce il legame somato-psichico

interrotto attraverso un contenimento

protettivo che integra la scissione e ripara

dall’onnipotenza.

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L’intervento precoce

L’intervento precoce consente di distinguere

l’esordio patologico di un funzionamento

narcisistico, dai disordini alimentari conseguenti

al rifiuto adolescenziale del corpo pubere; ciò

consente d’interpretare il significato simbolico e

la funzione comunicativa del sintomo prima che

comportamenti e relazioni si sclerotizzino in

dinamiche patologiche.

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La consultazione

Una consultazione limitata nel tempo e

definita negli obiettivi attenua il timore di

affidarsi e abbandonare il controllo e consente

di rimandare la scelta di impegnarsi in un

percorso terapeutico a quando l’esperienza

della restituzione avrà reso meno

compiacente o oppositiva, più contrattuale,

l’adesione al progetto terapeutico.

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La restituzione

La restituzione del bilancio evolutivo

consente di guardarsi e di essere guardata oltre

l’involucro del corpo nemico. K

L’elaborazione trasforma i pensieri non pensati

in narrazioni, attribuendo significato psichico

alla crisi all’interno del quadro evolutivo,

intrapsichico e relazionale in cui si sviluppa.

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Il rispecchiamento

Un rispecchiamento non proiettivamente distorto

consente di superare la riluttanza ad attribuire

significato a emozioni e comportamenti.

Il ritratto psichico che ne deriva permette a un

soggetto dal pensiero concreto, vuoto di risonanze

simboliche e metaforiche, di assistere (non ancora

di produrre) all’attribuzione di significato psichico ai

prodotti della propria mente.

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La narrazione

Lo stile narrativo della restituzione favorisce

l’integrazione e promuove la capacità riflessiva,

mentre il contatto fra pensiero e affetti si riattiva

grazie all’emozione del riconoscimento.

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Il bilancio evolutivo

Il bilancio evolutivo non equivale a un

assessment psicodiagnostico, ma svolge due

funzioni necessarie:

• frapporre una fase di riflessione e

attribuzione di senso all’urgenza di fare

qualcosa subito

• stabilire un contratto terapeutico

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Il linguaggio

Il linguaggio anoressico riflette una realtà psichica bloccata e scissa, incapace di tradurre le sensazioni corporee in esperienze emotive. K

Il linguaggio bulimico è sfogo ed evacuazione, vomito di parole. K

L’afasia emotiva tacita la realtà psichica e sovrainveste quella concreta, trasformando gli affetti in incrinature di un sistema prestazionale iperfunzionante.

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La soggettivazione

La soggettivazione, interrotta dall’incistamento

nel corpo della sofferenza psichica, è riavviata

dall’immedesimazione con un oggetto nuovo,

capace di dar nome agli affetti e di attribuire

significato agli stati della mente. Diviene allora

possibile tollerare i silenzi e le sospensioni, e si

può cominciare a pensare.

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La costruzione narrativa

La costruzione narrativa della psicoterapia

traghetta dal vuoto rappresentativo di una

realtà psichica a-simbolica, che controlla con il

cibo emozioni insopportabili, a un pensiero

riflessivo che fornisce intenzionalità

all’onnipotenza ingabbiata nel controllo

anoressico o evacuata nello sfogo bulimico.

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La psicoterapia

La fragilità delle basi narcisistiche impedisce di

ricevere conferme mantenendosi separati dall’Altro

da cui l’autostima dipende.

Una relazione terapeutica affidabile e non invasiva

rinforza le basi narcisistiche, riavviando lo sviluppo

di un Sé bloccato e distorto da intrusioni proiettive.

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Quale alleanza terapeutica?

L’accettazione della pseudo-alleanza

terapeutica costruita con la consultazione e

delle motivazioni di copertura che la

sostengono, consente di iniziare a incontrarsi,

contando di poter scalfire le certezze della

patologia e aprire una breccia d’interesse nei

confronti dell’altro e del proprio mondo emotivo.

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La relazione terapeutica

Lo stile relazionale anoressico e bulimico replica le

rispettive condotte alimentari: le anoressiche

rifiutano di nutrirsi di parole come di cibo, le

bulimiche le ingoiano voracemente e poi le

vomitano, interrompendo il trattamento. Entrambe

alternano avidità e rifiuto. Occorre evitare che il

rapporto terapeutico evochi la minaccia di ingerire

a forza interpretazioni, come in passato sono stati

ingeriti cibo e desideri materni.

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Pre-condizioni della terapia

Devono essere chieste alcune garanzie:

• Regolari controlli medici

• Stabilità del peso

• Partecipazione dei genitori

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Quale alleanza terapeutica?

La stabilità della relazione terapeutica è

garanzia di continuità soggettiva, ma ingenera

l’angoscia di dipendere: il precario equilibrio fra

timore di intrusione e d’abbandono che

ostacola l’avvio del trattamento costituisce a

lavori in corso una minaccia d’interruzione

sempre latente.

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Il setting

Un setting flessibile, che modifica la frequenza

delle sedute per adeguarsi alla distanza

relazionale tollerabile, tutela la continuità della

relazione. Occorre riconoscere e rispettare il

bisogno di aggrapparsi e il timore di essere

intrusa, ma anche la tensione a sperimentarsi

separata, fisiologica in adolescenza e nei processi

d’emancipazione promossi dalla psicoterapia a

qualunque età.

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Fine terapia

La scissione mente corpo fornisce indicazioni ambigue sulla conclusione del trattamento: K

• Il miglioramento della qualità della vita e delle

relazioni può contrastare con il permanere del

sottopeso;

• La normalizzazione ponderale può

accompagnarsi al permanere di uno stile di vita e

relazioni rigido e impoverito.

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Fine terapia

Il paradigma evolutivo organizza la strategia

terapeutica stabilendo un nesso fra il sintomo

e il blocco evolutivo. Il criterio di fine terapia

non è la remissione del sintomo, né ipotetici

parametri di normalità o guarigione, ma la

capacità di sviluppare le proprie risorse e di

valorizzarle in funzione del proprio potenziale e

della natura dei compiti da affrontare.