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Prototipi monetali sicelioti e interpretazioni puniche di Giuseppe Guzzetta * Alla fine della sua opera su Le monete greche della Sicilia G. E. Rizzo pose la presentazione di una ricca selezione «sia delle numerose monete coniate da città fenicie sicuramente determinate, sia di quelle altre, coniate dai Cartagine- si nella Sicilia occidentale» e così motivò questa scelta: «a minor dritto che le monete di Segesta e di Eryx, quelle delle città fenicie rientrano, anch’esse nel- l’ambito della nostra trattazione rivolta alle «Monete greche della Sicilia», per- ché se esse non sono di arte greca nelle forme stilistiche, greche pur sono, guar- dando alla derivazione dei tipi, considerati come imitazioni provinciali di quel- li delle città greche. Un’arte fenicia, di stile diverso e indipendente dal greco, nessuno saprebbe riconoscerla anche in codeste monete, alle quali deve esten- dersi la questione che è stata profondamente trattata su quel che sia veramen- te – o non sia – l’arte dei Fenici» 1 . Più avanti, illustrando «alcune monete pu- nico-sicule di città che non è possibile identificare» e quelle coniate dai Carta- ginesi in Sicilia, ricordava che «le linee fondamentali di questo capitolo della numismatica siceliota furono tracciate ....da Gregorio Ugdulena», l’insigne se- mitista siciliano, al quale attribuì giustamente il non piccolo merito di avere ri- conosciuto, come aveva scritto lo stesso Ugdulena, «di somma importanza, sì per lo studio dell’arte, e sì per la storia del commercio e della dominazione car- taginese in Sicilia, quella classe di monete, numerosissima tra le siciliane, che son dette puniche per la qualità de’ loro tipi o per li caratteri fenicii di che son segnate. Sotto la multeplice varietà delle forme, esse portano sempre l’impron- ta del genio siciliano, e mostran l’opera di siciliani artisti» 2 e di avere curato «la pubblicazione della prima silloge di tali monete, da lui stesso disegnate e inci- 149 * Università di Catania 1 Rizzo 1946, pp. 298-299. Da tempo si riconosce concordemente che i risultati artistici degli incisori monetali della Sicilia greca raggiunsero i vertici dell’eccellenza e furono modello inegua- gliato, sicché il giudizio del Rizzo, fine interprete dell’arte monetale siceliota, sebbene aspro ap- pare tuttora adeguato. Per una valutazione di ordine generale delle varie produzioni artigianali e artistiche dei Fenici e dei Cartaginesi in Sicilia si rinvia all’opera di ampio respiro di Moscati 1987 che ne offre una presentazione complessiva, ponendo nel giusto risalto l’influenza greca su di es- se; a tal proposito a p. 198 l’A. rileva: «è interessante osservare come l’influenza greca si dispie- ghi, e sia recepita, laddove ben precise ragioni commerciali stanno a determinarla: è il caso delle monete, che al tempo stesso accettano quelle componenti greche che servono a omologare il cir- cuito e si differenziano per quanto occorre a qualificarle in autonomia nel circuito stesso». 2 Ugdulena 1857, p. 3.

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Page 1: Estratto Prototipi Monetali Sicelioti e

Prototipi monetali siceliotie interpretazioni puniche

di Giuseppe Guzzetta*

Alla fine della sua opera su Le monete greche della Sicilia G. E. Rizzo posela presentazione di una ricca selezione «sia delle numerose monete coniate dacittà fenicie sicuramente determinate, sia di quelle altre, coniate dai Cartagine-si nella Sicilia occidentale» e così motivò questa scelta: «a minor dritto che lemonete di Segesta e di Eryx, quelle delle città fenicie rientrano, anch’esse nel-l’ambito della nostra trattazione rivolta alle «Monete greche della Sicilia», per-ché se esse non sono di arte greca nelle forme stilistiche, greche pur sono, guar-dando alla derivazione dei tipi, considerati come imitazioni provinciali di quel-li delle città greche. Un’arte fenicia, di stile diverso e indipendente dal greco,nessuno saprebbe riconoscerla anche in codeste monete, alle quali deve esten-dersi la questione che è stata profondamente trattata su quel che sia veramen-te – o non sia – l’arte dei Fenici»1. Più avanti, illustrando «alcune monete pu-nico-sicule di città che non è possibile identificare» e quelle coniate dai Carta-ginesi in Sicilia, ricordava che «le linee fondamentali di questo capitolo dellanumismatica siceliota furono tracciate ....da Gregorio Ugdulena», l’insigne se-mitista siciliano, al quale attribuì giustamente il non piccolo merito di avere ri-conosciuto, come aveva scritto lo stesso Ugdulena, «di somma importanza, sìper lo studio dell’arte, e sì per la storia del commercio e della dominazione car-taginese in Sicilia, quella classe di monete, numerosissima tra le siciliane, cheson dette puniche per la qualità de’ loro tipi o per li caratteri fenicii di che sonsegnate. Sotto la multeplice varietà delle forme, esse portano sempre l’impron-ta del genio siciliano, e mostran l’opera di siciliani artisti»2 e di avere curato «lapubblicazione della prima silloge di tali monete, da lui stesso disegnate e inci-

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* Università di Catania1 Rizzo 1946, pp. 298-299. Da tempo si riconosce concordemente che i risultati artistici degli

incisori monetali della Sicilia greca raggiunsero i vertici dell’eccellenza e furono modello inegua-gliato, sicché il giudizio del Rizzo, fine interprete dell’arte monetale siceliota, sebbene aspro ap-pare tuttora adeguato. Per una valutazione di ordine generale delle varie produzioni artigianali eartistiche dei Fenici e dei Cartaginesi in Sicilia si rinvia all’opera di ampio respiro di Moscati 1987che ne offre una presentazione complessiva, ponendo nel giusto risalto l’influenza greca su di es-se; a tal proposito a p. 198 l’A. rileva: «è interessante osservare come l’influenza greca si dispie-ghi, e sia recepita, laddove ben precise ragioni commerciali stanno a determinarla: è il caso dellemonete, che al tempo stesso accettano quelle componenti greche che servono a omologare il cir-cuito e si differenziano per quanto occorre a qualificarle in autonomia nel circuito stesso».

2 Ugdulena 1857, p. 3.

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se»3. La visione dunque espressa lucidamente dall’Ugdulena in quel suo lavo-ro pionieristico della metà dell’800, nel quale assegnò le monete «sicule che sonsegnate di alcuna epigrafe fenicia» alle zecche di Mozia, Solunto, Panormo,Eraclea Minoa, Lilibeo, Imera e Segesta trattando «sol di passaggio» delle in-certe e delle anepigrafi, si è consolidata in tutte le opere successive che, nellaseconda parte dello stesso secolo4 e poi nel corso del XX5 e fino ad oggi6, del-la trattazione di queste monete hanno fatto un capitolo della storia della mo-neta siciliana nell’antichità.

Una autentica pietra miliare degli studi sono le ricerche di G. Kenneth Jen-kins da lui pubblicate tra il 1971 e il 1978 in una serie di quattro articoli dal tito-lo Coins of Punic Sicily7 che costituiscono un corpus delle monete siculo-puniche,ordinato, con magistrale metodo numismatico, per sequenze di conii; esso saràper molto tempo ancora fondamentale e solidissima base di partenza di ogni in-dagine, necessariamente di carattere particolare, su questa materia. È perciò na-turale che in questa sede si segua la cronologia e la successione delle serie mone-tali stabilite dall’insigne studioso che finora sono unanimemente accettate.

Le prime emissioni puniche in Sicilia sono quelle di Motye e Panormos. Laprima cominciò a coniare, a partire probabilmente dal 425 a. C. e per circa undecennio, didrammi di piede euboico-attico che presentano (fig.1) nel D/ uncavaliere apobates cioè in atto di saltare dal cavallo in corsa a sin., leggenda gre-ca MOTVAION, nel R/ testa femminile a s. con i capelli sollevati dalla nuca,raccolti in un grande nodo sporgente e cinti da quattro giri di benda sottile; in-torno quattro delfini. Questi tipi derivano direttamente da modelli ravvisabilinelle monete di zecche della Sicilia occidentale dell’ultimo quarto del V seco-lo a. C. Il cavaliere del D/, come è stato rilevato da tempo8, è infatti un’imita-zione di quello dei didrammi di Himera (fig. 2), la testa femminile del R/ è unacopia di quella dei didrammi di Segesta (fig. 3) che a sua volta è imitazione deltipo siracusano della testa di Aretusa della serie XXII del Boehringer (fig. 4) dalui datata intorno al 440 a. C. e dal Jenkins intorno al 430, sicché le copie fat-te da Segesta e Mozia avrebbero avuto inizio intorno al 4259. Pochi anni dopo,la zecca di Motye mutua i tipi di entrambe le facce da quella di Segesta, poichéimprime (fig. 5) nel D/ il cane stante a sin., accompagnato dalla figura accesso-ria di una piccola testa femminile in alto, come nei didrammi segestani e nel R/

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Giuseppe Guzzetta

3 Rizzo 1946, pp. 304-305. 4 Cfr. ad es. Salinas 1858 e Holm 1906, pp. 133-149. 5 Head 1911, pp. 136 (Cephaloedium), 139 (Eryx), 157-158 (Motya), 161-163 (Panormus),

170 (Solus), 877-879 (siculo-puniche); Hill 1903, pp. 139-148; Rizzo 1946, pp. 298-309; Franke,Hirmer 1972, pp. 64-67; Kraay 1976, pp. 227-228.

6 Cfr. ad es. Rutter 1997, pp. 160-164.7 Jenkins, 1971b, 1974, 1977, 1978, ristampati, senza alcuna modificazione, e raccolti in vo-

lume con lo stesso titolo apparso a Zürich nel 1997.8 Rizzo 1946, p. 303.9 Jenkins 1971b, p. 27.

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la testa femminile della precedente emissione, che come si è detto, è una inter-pretazione segestana del prototipo siracusano; la leggenda è ancora grecaMOTVAION. L’aderenza formale ai modelli greci fin qui è molto stretta, tan-to che si potrebbe pensare all’impiego di incisori se non greci10 almeno per-meati da forti suggestioni artistiche greche da parte della zecca punica.

Alcuni conii del D/ delle serie di Motye con il tipo del cane furono abbina-ti anche con due di rovescio con legenda punica sys e la testa femminile di tiposegestano (fig. 6); per di più uno di questi ultimi presenta tracce della leggendaSegestazib accanto a quella punica sys sicché si è giustamente ritenuto che essofosse stato originariamente preparato per Segesta e poi riadoperato dalla zeccapunica11. Questi primi didrammi con leggenda sys, noti già agli studiosi della fi-ne dell’Ottocento12, sono dunque legati da un lato a quelli di Motye e dall’altroa quelli di Segesta dalle cui zecche sarebbero stati trasferiti i conii, tanto che siè potuto avanzare l’ipotesi che quelli di matrice segestana fossero stati prodottida maestranze di Segesta13. Riguardo al significato della leggenda sys, già in pas-sato riferita a Panormos14, il Jenkins e altri dopo di lui hanno dimostrato consolidi e convincenti argomenti che essa indica il nome punico della città (con si-gnificato differente da quello del toponimo greco), adducendo tra l’altro comeprova una serie di litre coniate intorno al 410 a. C. che presentano nel D/ la pre-detta legenda punica e nel R/ quella greca PANORMOS, sicché non può dubi-tarsi che le due iscrizioni siano l’una equivalente all’altra come quelle bilinguiche appaiono su monete di Solous15 (v. infra). Per dissipare ogni residuo dub-bio quanto all’attribuzione dei didrammi sopra ricordati inoltre egli ha osserva-to che essi sono strettamente connessi a queste litre sotto il profilo epigrafico, a

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10 Gabrici 1959b, p. 19 si spinse a ritenere le monete di Mozia «lavorate da incisori siracu-sani».

11 Jenkins 1971b, p. 27.12 Imhoof-Blumer 1886. 13 Jenkins 1971b, p. 28. 14 Holm 1906, pp. 144-148, avanzò un’ipotesi di compromesso, assegnando le monete più

antiche con leggenda sys a Panormos, quelle posteriori a un «un certo numero di città sotto laprotezione di Cartagine...una lega cioè di indigeni e di orientali, certo di non greci, diretta con-tro i Greci dell’isola»; Gabrici 1959a, p. 159; Gabrici 1959b, pp. 17, 52-53; Bisi 1969-70, pp. 83-85 (il termine sys sarebbe il segno distintivo di «emissioni derivate da quella della zecca princi-pale… serie coniate nelle altre colonie puniche della Sicilia occidentale (Selinunte, Lilibeo, ecc.)ogni volta che la zecca principale nell’isola (certo da localizzare a Panormos) ne stabiliva l’emis-sione»).

15 Jenkins 1971b, pp. 27-31, e 1978, pp. 48-50; Mildenberg 1993b, pp. 12-14, dove sono so-stanzialmente ribadite le osservazioni del Jenkins; Xella 1994, p. 13 ss.; Lee 2000, pp. 50-53, ilquale tuttavia pensa che la leggenda sys non si riferisca soltanto alla città di Panormos ma a «Pa-normos … in its immediate territorial setting», in altri termini alla città e alla moderna Concad’Oro. All’opposto, continuo e tuttora persistente è lo scetticismo di A. Cutroni sull’attribuzio-ne a Panormos delle monete con leggenda sys, che essa invece attribuisce alle zecche di varie cit-tà incluse nel territorio controllato dai Cartaginesi, dalle quali sarebbero stati mutuati i tipi, cfr.ad es. Cutroni 1967, p. 113; Ead. 1982-83, pp. 216-218; Ead. 1999, pp. 195-199.

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motivo dello stesso rendimento delle lettere puniche e dunque devono esserestati prodotti dalla stessa zecca. Ritornando ora ai didrammi di Motye, si ricor-da che la durata dei primi due gruppi è stata calcolata in circa dieci anni in re-lazione con il basso numero dei conii impiegati per produrli, che sono rispetti-vamente sette e uno quelli del D/ e in tutto nove quelli del R/16.

A partire dal 415/410 circa e fino al 405 a.C. circa Motye coniò didrammicon legenda dapprima greca MOTVAION e poi punica ’m t v17, e tipi - canenel D/, testa femminile nel R/ (fig. 7) - ispirati da quelli segestani e resi con ca-ratteri stilistici nella prima fase vicini a quelli dei modelli18 e successivamente,come suol dirsi, “barbarici”19, riconducibili a incisori punici.

Nell’ultimo periodo di attività della sua zecca, compreso tra il 405 circa e il397 a. C., l’anno della distruzione della città ad opera di Dionisio I, Motye emi-se, in una prima fase che dal Jenkins è racchiusa tra il 405 e il 400 a.C. circa,tetradrammi e didrammi con i tipi di Akragas, città che era stata distrutta daiCartaginesi nel 406; nel D/ del nominale maggiore (fig. 8) sono impressi aqui-la ad ali chiuse stante a d. e leggenda punica; in quello dei didrammi (fig. 9)aquila verso sin.; nel R/ di entrambi è il tipo parlante di Akragas, il granchio,accompagnato dalla leggenda punica nei didrammi. Il volume di emissione fualquanto scarso poiché i tetradrammi risultano battuti da quattro conii di D/ esei di R/ e i didrammi da una sola coppia di conii20, il che giustifica il ristrettoarco cronologico in cui sono state collocate queste monete. Ancora più ridot-ta la produzione dell’ultima fase, racchiusa tra il 400 circa e il 397, poiché fu-rono impiegati due conii di D/ e tre di R/ per i tetradrammi e tre di D/ e unosolo di R/ per i didrammi21. Nel R/ continua ad apparire il granchio, nel D/ in-vece è il tipo siracusano della testa di Aretusa secondo le interpretazioni che ne

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Le litre con leggenda bilingue hanno i seguenti tipi: D/ Poseidone seduto a d. su rialto rocciosoregge tridente nella d. e tende la sin. verso un delfino; a d. legenda punica SYS; R/ giovane se-duto di fianco su caprone (o toro androprosopo) in corsa a d.; a d. legenda PANORMOS, cfr.Holm 1906, p. 141, n. 280 e tav. VIII, 19; Rizzo 1946, tav. LXIV, 26, p. 300; Gabrici 1959b, p.52, n. 12, tav. 10, 1; Jenkins 1971b, tav. 2, Y; Mildenberg 1993b, tav. 2, 14.

16 Jenkins 1971b, pp. 34-35. 17 Già Ugdulena 1857, p. 9 vi riconobbe «il nome originale della città che i Greci dissero

Motu,h» e poiché in un tetradrammo (= Jenkins 1971b, p. 37, n. 39) il nome è preceduto dall’ar-ticolo ritenne che esso fosse «un nome appellativo, siccome senza questo aiuto congetturò il Ge-senius l. c. dove osserva ch’esso può significar filatoio»; Bisi 1969-70, p. 77: «un termine che, da-ta l’identità col toponimo greco Motu,h, possiamo sicuramente interpretare come la denomina-zione fenicio-punica dell’isola». L’ipotesi di Ugdulena ritorna in Tusa 1985, p. 581 «l’etimologiadel nome fenicio MTVA deriva molto probabilmente da una radice connessa con la tessitura distoffe; non è improbabile, quindi, che nell’isola avesse sede un’industria di tessuti» e in Lee 2000,pp. 54-55.

18 Jenkins 1971b, pp. 31-32.19 Kraay 1976, p. 228 ha rilevato in queste monete «a noticeable barbarization of the Sege-

stan types». 20 Jenkins 1971b, p. 37. 21 Ibidem.

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aveva da poco dato l’incisore Cimone; distingue infatti i tetradrammi la copiadella testa femminile dei decadrammi cimoniani, volta a d. o a sin. (fig.10), e ididrammi l’imitazione della testa frontale di Aretusa (fig.11) dei tetradrammisiracusani dello stesso maestro firmante, copia manifestamente assai distantedalla perfezione formale del prototipo (fig. 12), la cui imitazione eccedeva dimolto l’abilità espressiva dell’incisore punico22.

I piccoli nominali in argento e in bronzo di Motye23 mostrano una ricca seriedi imitazioni dei tipi monetali di varie città siceliote, di cui si offre qui una sceltaampia e significativa. Una monetina in argento (di gr. 0,54) da attribuire alla pri-ma fase del secondo periodo di emissione dei didrammi a motivo della leggendagreca MOTVAION posta nel R/, presenta (fig. 13) nel D/ aquila ad ali chiuse sucapitello a sin., nel R/ delfino a sin. e sotto conchiglia; sono qui imitati e abbina-ti il tipo dell’aquila ad ali chiuse, retrospiciente, sul capitello di colonna ionica diun hemilitron in bronzo di Akragas della fine del V sec. a. C.24 (fig. 14) e quellodel R/ di un piccolo bronzo di Siracusa, riflesso specularmente25 (fig. 15). La mo-netina di Motye dovrebbe essere stata coniata poco prima del 405 e perciò indu-ce a ritenere anteriore a questa data sia la moneta acragantina sia quella siracusa-na che hanno fornito i modelli tipologici. Un’altra frazione in argento (di gr.0,34), rispondente a un nominale inferiore, presenta (fig. 16) nel D/ protome ditoro androprosopo a d., manifestamente derivata dalla monetazione geloa, e nelR/ testa femminile e la stessa leggenda punica dei primi tetradrammi26. La ma-schera gorgonica che caratterizza le serie in bronzo di Himera27 e quelle emesseda Kamarina tra il 420 e il 410 a. C. 28 (figg. 17, 18) è imitata su frazioni in argen-to e in bronzo, tetras (fig. 19) ed hexas, con segno di valore – globetti sotto il gor-goneion – nel cui R/ è una palma o ramo di palma e legenda punica29. Il tipo ci-moniano della testa frontale di Aretusa è riprodotto anche su frazioni in argen-to30 (fig. 20), che ripetono i tipi dei didrammi dell’ultima fase, e in bronzo (fig.21) nel cui R/ è una testa maschile31. Il granchio di Akragas infine caratterizza

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Prototipi monetali sicelioti e interpretazioni puniche

22 Kraay 1976, p. 228. 23 Jenkins 1971b, p. 74 e tav. 23.24 Cfr. Calciati 1983, pp. 194-195. Anche su monete di Selinunte fuse rozzamente appare il

gorgoneion - cfr. Calciati 1983, pp. 233-235- ma è da escludere, a causa dell’estrema sommarie-tà del rendimento, che esso possa aver costituito il prototipo di quello impresso sulle monete diMozia.

25 Gabrici 1927, p. 172, nn. 34-43 (fine V sec.-inizi IV); Rizzo 1946, tav. XLVIII, nn. 26-27;Calciati 1986, pp. 55-59 (dal 410 a.C.).

26 Jenkins 1971b, p. 74, n. 3. 27 Gabrici 1927, pp. 138-139; Calciati 1983, pp. 25-39. 28 Cfr. Westermark, Jenkins 1980, p. 213, n. 181 (type A). 29 Jenkins 1971b, p. 74, nn. 4a, 4b, 5, 8; Calciati 1983, p. 277, con datazione 413-397 a.C.

In precedenza Gabrici 1959b, pp. 19, 49-50, prospetto V, aveva posto tutte le emissioni di Mo-zia negli anni 409-397 a.C.

30 Jenkins 1971b, p. 74, n. 6.31 Jenkins 1971b, p. 74, n. 12; Calciati 1983, pp. 277-278, nn. 5-7 (onkia).

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anche il R/ di monetine in bronzo, probabilmente del valore di un’oncia, che nelD/ hanno un cavallo a s. oppure una testa virile a d. imberbe o con barba e baf-fi32. In conclusione la tendenza caratteristica della produzione monetale di Mo-tye, come scrisse il Rizzo con giudizio duro ma fondato, fu quella di «copiare,imitare, senza scrupoli per i tipi, per i simboli, per lo stile»33. I tipi furono attin-ti in una prima fase dalle monete di Himera e Segesta, successivamente da quel-le delle città della costa meridionale della Sicilia – Akragas, Gela, Kamarina – especialmente di Siracusa, le cui serie in bronzo per altro sono ben rappresentatea Mozia da numerosi esemplari rinvenuti negli scavi34.

Un assortimento altrettanto copioso di appropriazioni tipologiche è ravvi-sabile nelle monete di Panormos, la cui zecca, secondo la ricostruzione del Jen-kins, avrebbe cominciato la sua produzione intorno al 430 circa a. C. con emis-sioni a leggenda punica sys, sia in argento sia in bronzo35. Al primo posto diquelle argentee è una dracma che presenta (fig. 22) nel D/ un gallo, copiatodalle dracme arcaiche di Himera36, e la leggenda; nel R/ un granchio e sotto diesso un delfino verso sin., tipo derivato da un tetradrammo di Akragas databi-le intorno alla metà del V secolo a. C.37. Le monete in bronzo, che hanno im-pressi nel D/ il gallo di derivazione imerese e la leggenda sys e nel R/ il segnodel valore costituito da globetti, sono l’hemilitron (fig. 23), il tetras (fig. 24), l’-hexas e l’onkia; esse inoltre sia per le caratteristiche dei tondelli, che sono al-quanto spessi, sia per i valori ponderali sono assai vicine a quelle enee di Hi-mera con il gorgoneion nel D/ e il segno del valore nel R/, in particolare a quel-le di peso dimezzato (con un hemilitron di circa 15-12 grammi), le cui emissio-ni si sarebbero concluse intorno al 430 a. C.38. Tra le prime serie di Panormossi può ora inserire un tetras in argento (di g. 0,20) inedito, passato per il mer-cato antiquario nel 2004, che presenta (fig. 25) nel D/ gallo a d. entro un cer-chio perlinato, nel R/ tre globetti e legenda sys.

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32 Jenkins 1971b, p. 74, nn. 10, 13, 14; Calciati 1983, p. 278, nn. 8, 9, 10.33 Rizzo 1946, p. 304. 34 Cfr. Cutroni 1979, pp. 243-244, la quale inoltre ha supposto che «questa presenza a Mo-

zia possa spiegarsi, forse, con il motivo della frequentazione degli equipaggi delle navi che face-vano la spola tra Siracusa e l’isola dello Stagnone. In Diodoro (XIV, 46) leggiamo infatti di ric-chi punici che risiedevano a Siracusa dove svolgevano normali attività commerciali alla pari deimercanti locali».

35 Jenkins 1971a, pp. 34-36; Jenkins 1971b, p. 33. Una datazione simile era stata già propo-sta da Gabrici 1959b, pp. 42 e 51-52, il quale però aveva presentato una diversa successione del-le emissioni.

36 Cfr. Kraay 1983, tav. 5, n. 74; tav. 13, n. 248, tav. 14, n. 273. 37 Jenkins 1971a, p. 34. 38 Descrizione delle monete già in Holm 1906, pp. 143, nn. 289-291; osservazioni tecniche,

cronologia e illustrazione in Jenkins 1971a, pp. 34-35, tav. IV, nn. 8-10; Calciati 1983, pp. 269-270; Gandolfo 1984, pp. 76-77 (ribadisce le osservazioni di Jenkins anche ricordando un hemi-litron a legenda sys riconiato ad Agrigento con i tipi della serie aquila/granchio, che «riporta al-meno l’inizio di queste emissioni ad un periodo anteriore alla conquista cartaginese della città»).

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Fanno seguito dapprima i rari didrammi a leggenda sys di cui in preceden-za si è fatto cenno, con nel D/ il tipo segestano del cane a d. e sopra testa fem-minile, nel R/ testa femminile circondata da delfini di origine siracusana rein-terpretata attraverso la mediazione di Segesta, datati tra il 425 e il 415 circa, poididrammi a leggenda greca PANORMITIKON o PANORMOS e in seguito pu-nica sys, coniati tra il 415 e il 405 che presentano nel D/ cane a d. in atto di fiu-tare (fig. 26) o stante (fig. 27), talvolta retrospiciente (fig. 28), nel R/ testa fem-minile «con acconciatura copiata o derivata da quelle siracusane»39; infineun’ultima serie di didrammi (fig. 29) con nel D/ un cavallo impennato a d. eleggenda punica sys, nel R/ testa maschile a d. circondata da delfini, libera rie-laborazione del tipo siracusano40. I primi tetradrammi (fig. 30) hanno legendagreca PANORMOS, nel D/ quadriga al galoppo a sin., in alto delfino, nell’eser-go cane in moto verso sin.; nel R/ giovane dio fluviale, di pieno prospetto, av-volto in ampio himation, sacrificante a sin. su un altare; dietro, un piccolo to-ro o un ariete e palma; a destra la leggenda. Il prototipo siracusano del D/, co-me rilevò il Kraay, che per primo aveva studiato il gruppo iniziale dei tetra-drammi di Panormos, si trova alla fine della prima fase delle serie con quadri-ga al galoppo cioè intorno al 414/413 a.C., sicché le copie di Panormos posso-no essere connesse con l’invasione cartaginese del 410/40941. Nella scena com-posita del R/, notò il Rizzo, «è facilissimo riconoscere, scomposti e adulterati,quasi tutti gli elementi del tetradrammo di Selinus (fig. 31): il sacrificante di-versamente panneggiato – la statua del toro di maggiori proporzioni, che sta oincede sulla linea che dovrebbe esser quella dell’esergo, ma tale non è certa-mente – il palmizio, comune nelle monete siculo-puniche, che non può sosti-tuire la foglia del “selinon” etc. Nell’adulterazione dei varii elementi composi-tivi, oltre che nello scorretto disegno e nella fiacca modellazione, dobbiamo ri-conoscere un esempio caratteristico della curiosa “industria” di codesti semi-ti»42. Due tetradrammi, il cui D/ è battuto dallo stesso conio dei precedenti,presentano nel R/ una testa femminile e delfini intorno, (figg. 32, 33) copiatada quella dei tetradrammi siracusani rispettivamente della serie XVIII e dellaXX Boehringer (fig. 34) in cui i capelli della ninfa sono racchiusi in un sak-kos43.

Due serie seguenti (fig. 35) portano nel D/ una quadriga al passo a d. e inalto Nike che vola a coronare i cavalli, tipo copiato dai tetradrammi siracusanidella metà circa del V secolo, nel R/ testa di Apollo cinta di alloro a d. e leg-genda greca PANORMIT o PANORMITIKON. Osserva il Rizzo: «peggio cheun’imitazione, la testa è una vera adulterazione di quella del tetradrammo di

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Prototipi monetali sicelioti e interpretazioni puniche

39 Rizzo 1946, p. 299, tav. LXIV, 23.40 Jenkins 1971b, pp. 32-33, 38-39. 41 Kraay 1976, pp. 227-228. 42 Rizzo 1946, p. 300. 43 Jenkins 1971b, p. 40.

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Katane, tav. XI, 12»44 (fig. 36). L’intento di copiare fedelmente i prototipi sira-cusani è particolarmente evidente in tre serie - il cui D/ fu battuto dallo stessoconio delle precedenti due - che nel R/ hanno la riproduzione della testa fem-minile dell’incisore Eumenes e della legenda SURAKOSION e in quello dellaseconda serie persino della firma EVMENOV (fig. 37); copia pedissequa fattada un incisore che non comprendeva gli elementi epigrafici del tipo assunto amodello e li riprodusse come se di esso fossero parte indissolubile. Le abbon-danti serie successive, tutte con leggenda sys, che si inoltrano nella seconda me-tà del IV secolo, presentano una grande quantità di imitazioni delle quadrigheal galoppo e delle teste di Aretusa create dai maestri incisori siracusani, special-mente Eukleidas ed Eumenes, fino a quelle dei decadrammi di Cimone, inter-pretate nel primo ventennio del IV secolo talvolta con notevole distacco (fig.38) talaltra con stretta aderenza (fig. 39), e di Euainetos. I tetradrammi dell’ul-timo gruppo, datato negli anni c. 340-320 a.C., copiano fedelmente il modellodei decadrammi di Euainetos con risultati artistici di alta qualità, tanto che si èpensato che siano stati prodotti da monetieri greci. Nella riproduzione del mo-dello non sono stati trascurati nemmeno elementi particolari di esso come adesempio il globetto tra i delfini innanzi alla bocca di Aretusa nella serie 63 diPanormos (fig. 40) che è ispirata dalla serie siracusana Gallatin J III (fig. 41), ola conchiglia sotto il mento della serie 68 di Panormos (fig. 42) che si attienealla serie Gallatin E I nella quale la figura accessoria è dietro la nuca (fig. 43).

I nominali frazionari di Panormos, come quelli di Motye, si segnalano perl’abbondante messe di prestiti tipologici da parecchie zecche siceliote. Tra lemonetine in argento, che sono numerose, se ne ricordano anzitutto due, pro-babilmente litre, con gli stessi tipi - nel D/ Poseidone seduto a d. con tridentenella d. e la mano sin. tesa verso un delfino, nel R/ giovane seduto di fianco sucaprone (o toro androprosopo) in corsa a d. - l’una con leggenda punica sys nelR/, l’altra, di cui si è fatta menzione sopra (a nota 15), con leggenda duplice,punica nel D/ e greca nel R/45. Il prototipo del R/ è piuttosto comune sulle fra-zioni di Himera sia in argento - triobolo, hemilitron, litra46 - sia in bronzo, he-militron (fig. 44), tetras (fig. 45), hexas e onkia 47. Due altre, nel cui R/ è il tipodi Poseidone seduto verso destra, impresso da uno stesso conio, hanno nel D/una testa femminile, insieme con un delfino o quattro delfini48, la quale è co-

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44 Rizzo 1946, p. 299. Una ben diversa valutazione fu data da Gabrici 1959b, p. 42, il qualeravvisava «un’affinità stilistica fra la testa di Apollo dei primi tetradrammi di Panormo e quella deitetradrammi di Catana e di Leontini» giungendo a supporre «assai probabile che profughi di Ca-tana e di Lentini siano trasmigrati a Panormo e che fra i ricoverati fossero famiglie di artisti inciso-ri i quali, adibiti alla produzione delle monete, abbiano lasciato in queste l’impronta dell’arte loro».

45 Jenkins 1971b, p. 74 e tav. 24, nn. 5-6. 46 Rizzo 1946, p. 127, tav. XXI, nn. 18-21; Manganaro 2000 (il cui contenuto è riproposto

in forma meno ampia da Manganaro 2003), pp. 10-11 e p. 16, n. 1a. 47 Gabrici 1927, pp. 139-140, nn. 23-28; Calciati 1983, pp. 41-43, nn. 27-34.48 Jenkins 1971b, p. 74 e tav. 24, nn. 3-4; Manganaro 2000, pp. 11, II e p. 16, n. 2 (della stes-

sa serie dell’esemplare Jenkins n. 4).

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pia di quella di Aretusa effigiata in due momenti successivi nelle monete sira-cusane. Due litre con testa femminile e una con testa di giovane imberbe sullacui fronte è un piccolo corno presentano nel R/ una protome di toro andro-prosopo49 che richiama immediatamente quella delle monete di Gela; altret-tanto si può dire per una litra (fig. 46) che porta nel D/ una testa maschile a d.e legenda PANORMO, nel R/ protome di toro androprosopo a d. e in bassoconchiglia50. Di nuovo a Gela rimanda anche una monetina di bronzo che nelD/ presenta un cavallo libero a d., nel R/ protome di toro androprosopo a d.,in alto leggenda sys51; tipi derivati dalle litre geloe degli anni c. 465-450 a.C.che hanno cavallo stante a d. con redini pendenti, in alto corona nel D/, pro-tome di toro androprosopo nel R/52.

Una litra (in argento) (fig. 47) ha nel D/ delfino a d. e in basso conchiglia,in alto cinque globetti, nel R/ aquila ad ali sollevate in atto di dilaniare una le-pre che stringe tra gli artigli, in alto leggenda sys53. Nel D/, piuttosto cheun’evocazione delle dracme di Zancle (anteriori al 494/3 a.C.), che sarebbe in-dicata oltre che dall’accostamento di delfino e conchiglia54 particolarmente daiglobetti55, si ravvisa una imitazione del R/ del bronzetto di Siracusa (fig. 15) so-pra richiamato come modello di una litra di Motye, nell’altra faccia una copiadell’effigie delle monete in bronzo di Akragas; dunque un abbinamento tra i ti-pi delle due città che, come si è visto prima, fu fatto anche dalla zecca di Mo-tye. Un’altra litra (fig. 48), che presenta nel D/ testa di Athena a d. coperta daelmo attico con alto cimiero (talvolta a d. chicco di grano), nel R/ cigno ad alisollevate a s. o a d. sopra le onde, leggenda sys e in qualche esemplare chiccodi grano56, si segnala per l’accoppiamento e il plagio di prototipi impressi sul-

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49 Jenkins 1971b, p. 75 e tav. 24, nn. 8, 13; Manganaro 2000, p. 12, V,VI, VII e pp. 16-17,nn. 5-8, 9 -9a (serie 8 Jenkins), 10 (serie 13 Jenkins).

50 Jenkins 1971b, p. 74 e tav. 24, n. 2. 51 Jenkins 1971b, p. 75 e tav. 24, n. 19; Manganaro 2000, pp. 18-19, nn. 36-37 e 36 bis. 52 Jenkins 1970, pp. 228-234, tavv. 16-18, nn. 244 ss. 53 Jenkins 1971b, p. 75 e tav. 24, n. 9; Gandolfo 1984, p. 81; Manganaro 2000, p. 11, III, e

p. 16, n. 3. 54 Impressi rispettivamente nel D/ e nel R/ delle dracme di Zancle dalle quali Salinas 1864 riten-

ne che fossero stati copiati. Egli, poiché leggeva l’iscrizione punica della litra in questione come Ia e,sulla scia dell’Ugdulena, la riferiva a Himera, credette che l’affinità tipologica da lui ravvisata fosse unsegno non casuale dell’origine zanclea di questa città e collocò la litra negli anni del dominio akragan-tino su Himera (483-472), di cui sarebbe stato segno il tipo dell’aquila. Quasi superfluo avvertire cheil ragionamento è invalidato dalla cronologia notevolmente più bassa delle monete con leggenda sysoggi largamente accettata. Jenkins 1971b, p. 30, in un rapido elenco delle zecche che hanno fornito imodelli alle frazioni con leggenda sys indica riguardo a questa litra Messana e Akragas.

55 Essi, secondo Manganaro 2000, p. 11, «vogliono indicare i neoria, o semplicemente i pa-li per l’attracco delle navi, nel porto di Panormos, secondo uno schema figurativo, che si ritrovasulla nota moneta arcaica di argento di Zankle».

56 Jenkins 1971b, p. 75 e tav. 24, n. 11; Westermark, Jenkins 1980, pp. 230-232, nn. S1-S17;Manganaro 2000, p. 11, IV e p. 16, n. 4 e inoltre n. 4a che presenta il cigno verso d. e in alto ad. lettere LI intese come iniziali di litra.

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le litre di Kamarina degli anni 410-405 a. C.57; da queste ultime dipende ancheun’altra litra con testa apparentemente femminile coperta da scalpo di elefan-te a s. e nel R/ cigno a d. su onde e lettera P (?) che potrebbe essere l’inizialedi Panormos58. Tre litre con testa di giovinetto a s. nel D/, toro androprosopostante a s. con testa di prospetto nel R/, l’una con leggenda sys, le altre con leg-genda sb ‘lsys (intesa comunemente «dei cittadini di sys») sopra il toro o nel-l’esergo59 costituiscono un caso particolare poiché riproducono nel R/ unarappresentazione peculiare dei didrammi campani emessi dall’ultimo venten-nio del V secolo a. C.60

In breve, si rileva che la zecca di Panormos nelle sue prime monete - drac-me, nominali in bronzo e didrammi - imitò, come quella di Motye, i tipi di Hi-mera, Segesta, Akragas e Siracusa. Nei tetradrammi - che presero avvio intor-no al 410 a. C.-, dopo avere accoppiato alla quadriga di origine siracusana l’ef-figie selinuntina della divinità fluviale sacrificante e poi la testa dell’Apollo diKatane, copiò costantemente i tipi delle monete di Siracusa fino alle grandicreazioni dei maestri incisori Kimon e Euainetos. Nelle frazioni oltre ai proto-tipi di Himera, Akragas e Siracusa riprodusse quelli di Gela e Kamarina osten-tando così una tipologia varia che, secondo un’ipotesi recente, evocherebbeaspetti del paesaggio di Panormos61.

Alla fine del V secolo a.C. Solous coniò, forse come sua prima moneta, undidrammo con nel D/ Eracle nudo a d., con la clava nella d. sollevata, che do-ma il toro cretese; nel R/ un giovane stante a s. in atto di compiere una libagio-ne sopra un altare; a d., una cicogna e in alto una foglia di sélinon, intornoSOLONTINON62. In esso il Rizzo ravvisò giustamente una «copia, adulterata,nella tecnica e nello stile del dìdrachmon di Selinus» da lui illustrato a tav. XXXI,15-17. In quegli anni, e sicuramente prima che la città fosse presa per tradimen-to da Dionisio nel 396 a.C.63, Solous emise frazioni in bronzo, hemilitron e te-tras, con leggende bilingui, che hanno nel D/ Testa barbata di Eracle a d. coper-ta dalla spoglia leonina, davanti SOLONTINON, nel R/ gambero a d. posto traglobetti che indicano il valore e in basso leggenda kfr’ che è il nome punico del-

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57 Westermark, Jenkins 1980, pp. 208-210, nn. 170-172 con testa di ninfa/cigno e nn. 174-175A con testa di Athena a s. o a d.

58 Jenkins 1971b, p. 75 e tav. 24, n. 10; Westermark-Jenkins 1980, p. 232, n. S18.59 Jenkins 1971b, p. 75 e tav. 24, nn. 14 e 12; Gandolfo 1984, pp, 80-81; Manganaro 2000,

pp. 12-13, VIII, X, XI e pp. 17-18, nn. 13, 18, 28. 60 Rutter 1979, pp. 150-151 e tav. 15, nn. 94-100, p. 152 e tav. 16, nn. 124-127 (Neapolis,

periodo III, ca. 420-ca. 400 BC.), p. 173 e tav. 28, nn. 16-17, pp. 174-175 e tav. 29, nn. 28-39(Nola, ca. 400-ca. 385 BC.); Rutter et alii 2001, p. 69, n. 552 ss. (Neapolis).

61 Manganaro 2000, p. 14. 62 Rizzo 1946, p. 301 e tav. LXV, 2; Gabrici 1959b, pp. 41, 50 n. 1, tav. 12, n. 6; Jenkins

1971b, p. 74 e tav. 23, n. 15. 63 Diod., XIV, 78, 7; cfr. Anello 1986, pp. 161-162. Sul quadro storico e archeologico v. Tu-

sa 1972; Tusa 1985, pp. 607-608, 630 nota 110, e per la bibliografia aggiornata Tusa 1997.

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la città64; nell’ hemilitron il crostaceo è tra due file di tre globetti ciascuna, neltetras tra due globetti in alto e uno sotto65. I globetti sono qui parte essenzialedel tipo del R/ e richiamano perciò le serie di Himera con il gorgoneion nel D/e quelle di sys con il gallo sopra illustrate. La testa di Eracle è stilisticamente vi-cina, come è stato osservato da qualche studioso66, a quella che appare su un’-hemidracma, in argento, di Selinunte (fig. 49) che è datata con qualche incertez-za nell’ultimo o negli ultimi due anni precedenti la distruzione della città nel 409a. C. e sicuramente negli anni 415-409 a. C.67. Il prototipo è tuttavia da ravvisa-re nella testa di Eracle barbuto che caratterizza il primo gruppo dei tetradram-mi di Kamarina, emessi tra il 425 circa e il 405 a. C., e in particolare probabil-mente in quella della serie 135 della classificazione Westermark e Jenkins68. Ca-marinese è anche il prototipo delle successive serie in bronzo di Solous che pre-sentano nel D/ testa imberbe di Eracle a d. coperta dalla leonté e nel R/ ippo-campo a d. (o a s. su nominali enei più piccoli)69; sono dunque copiati da un la-to l’Eracle imberbe del secondo gruppo dei tetradrammi di Camarina70 (fig.50), che fornirono il modello a varie serie in bronzo coniate tra la fine del V e iprimi decenni del IV secolo da zecche della Sicilia occidentale (oltre a Selinouse Solous anche Thermai e Kephaloidion)71, dall’altro il tipo delle serie in bron-zo battute a Siracusa nell’età dionigiana72. Tra le altre monete di Solous dei pri-mi decenni del IV secolo a. C., si ricorda infine il bronzetto (fig. 51) con testa diAthena di tre quarti a d. (o a s.) coperta da elmo con alto cimiero triplice nel D/,arciere inginocchiato a d., leggenda punica kfr’ nel R/73, che nel D/ conserva lareminiscenza del prototipo creato da Eukleidas per tetradrammi (fig. 52), drac-me, hemidracme (fig. 53) e litre di Syrakosai74.

L’imitazione dei tipi siracusani è costante nella monetazione di Rash Mel-

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64 Ugdulena 1857, pp. 11-12, che attribuì al toponimo il significato di villaggio, seguito dabuona parte degli studiosi successivi, cfr. Bisi 1969-70, p. 81; Jenkins 1971b, p. 71 non tratta laquestione; Tusa 1985, p. 598; Lee 2000, pp. 53-54.

65 Gabrici 1927, p. 169, nn. 21-33 e 34-35 (ivi assegnati alla seconda metà del IV sec. a. C.);Gabrici 1959b, p. 50, prospetto VI, nn. 2-3 (400-340 a. C.); Bisi 1969-70, pp. 82-83, nn. 61-66;Calciati 1983, p. 310, nn. 6-7.

66 Calciati 1994, p. 9. 67 Price 1979, pp. 80-81 e tav. XI, n. 4.68 Westermark, Jenkins 1980, pp. 51-56, 176-186 e tavv. 9-10 nn. 130-143, a tav. 13, ingran-

dimento del R/ della serie 135. Il tipo della testa barbuta è successivamente riproposto in ma-niera occasionale a metà circa delle serie con testa imberbe con il conio R 18, serie 151 Wester-mark, Jenkins (pp. 54, 193 e tav. 11).

69 Jenkins 1971b, p. 74 e tav. 23, n. 19; Calciati 1983, p. 309, nn. 1-4. 70 Westermark, Jenkins 1980, pp. 188-196, tav. 10-11, nn. 145-157 e ingrandimenti a tavv.

14-16.71 Calciati 1994; Guzzetta 2004, pp. 40-41.72 Gabrici 1927, p. 172, nn. 56-79, tav. III, n. 2; Calciati 1986, pp. 75-94, nn. 33-45.73 Gabrici 1927, p. 168, nn. 18-20; Jenkins 1971b, p. 74 e tav. 23, n. 20; Calciati 1983, p. 310, n. 5.74 Rizzo 1946, pp. 208-211, tav. XLIII, nn. 21-22, pp. 212-213, tav. XLVII, nn. 1-4.

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qart, il “Capo di Merqart”, consistente esclusivamente in tetradrammi prodot-ti nella seconda metà del IV secolo a. C. Non occorre riprendere qui l’assai di-battuta questione se il termine sia un toponimo e perciò dichiari (ipotesi piùsolida) il luogo della zecca - che fin dall’Ottocento è stato ubicato a HerakleiaMinoa75 o a Kephaloidion76 e in tempi più vicini a noi a Selinunte77 e ultima-mente presso il promontorio di Capo Boeo in cui dal 383 sarebbe sorta la cit-tà in seguito denominata Lilybaion78 - o se invece, come propose in più sediLeo Mildenberg, si riferisca alla testa barbuta effigiata e designi un’istituzioneprovinciale cartaginese79. Sotto il profilo tipologico e artistico è facile rilevarela distanza stilistica che separa generalmente le teste femminili di queste mone-te (figg. 54-55) da quelle create da Eukleidas e soprattutto da Euainetos; le piùstrette analogie invece sono state ravvisate fondatamente nella produzione mo-netale cartaginese del terzo e del quarto venticinquennio del IV secolo80.

I monetieri dei tetradrammi di Thermai, che furono prodotti in scarsaquantità intorno alla metà del IV secolo, si attengono anch’essi all’imitazionedei tipi siracusani, imprimendo nel D/ quadriga in corsa a sin. guidata da au-riga che si protende sui cavalli con il pungolo nella mano d., in alto Nike volaa coronarlo, nel R/ testa femminile e delfini, incisa nei primi tre conii con ca-ratteri stilistici punici e in un quarto (fig. 56) con una qualche vicinanza al mo-dello di Euainetos. Sono stati messi in rilievo adeguatamente due serie i cui co-nii devono essere stati prodotti da un incisore greco, il quale in uno di quelli diR/ ha inciso sopra la linea dell’esergo tre lettere iniziali del suo nome KLH81.

I tetradrammi emessi nella seconda metà del IV secolo da Cartagine (?) inSicilia con leggende puniche Machanat (Campo), Am machanat (popolo delcampo), Am hammachanat (popolo del campo), Shâm Machanat (del popolodel Campo)82 abbinano la testa femminile di origine siracusana a un tipo delR/ estraneo al repertorio figurativo siceliota, un cavallo dinanzi a una palma, inseguito una testa di cavallo e palma. In una prima fase, datata tra il 350/340 e

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75 Tra i primi Ugdulena 1857, pp. 24-26; Head 1911, p. 136; Rizzo 1946, p. 304.76 Holm 1906, pp. 137, 180; Gabrici 1959b, p. 37; Franke, Hirmer 1972, p. 65.77 Jenkins 1971, pp. 53-55; Cutroni 1995, pp. 235-239; Amadasi Guzzo 2000, pp. 5-7. 78 Lee 2000, pp. 42-43. 79 Mildenberg 1992, pp. 293, n. 14 («RSMLQRT is not a Sicilian city, as unanimously stated

in scholarship since 1876, but a Carthaginian institution»); Mildenberg 1993a, pp. 7-8 («thetranslation “Melqart’s Cape” for the coin legend has to be abandoned and the literal meaning“Melqart’s Head” accepted. It might have been the name of an army unit, but it indicates, infact, a Carthaginian provincial institution, not a Sicilian city»); Mildenberg 1993b, pp. 11- 12(«rsmlqrt ist also kein Ort, sondern die Bezeichnung einer weiteren prägenden Institution»).

80 Jenkins 1971b, p. 58. 81 Jenkins 1971b, pp. 70-71.82 Jenkins 1977, pp. 8-11; Mildenberg 1993b, pp. 8-9; Lee 2000, pp. 55-57, che propone per

altro l’equivalenza campo = Entella, sicché “popolo del campo” significherebbe “popolo di En-tella”, città in cui ubica la zecca delle prime emissioni cartaginesi in Sicilia e delle successive conle leggende sopra menzionate.

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il 330 gli incisori producono una testa femminile con spighe di grano tra i ca-pelli, perciò intesa come Kore (piuttosto che Tanit come altri pensano)83 chein varie serie (fig. 57) si allontana parecchio dal prototipo; in seguito essi tor-nano al consueto motivo della testa di Aretusa circondata, ma non sempre, daidelfini84, effigiata in parecchie serie con grande aderenza al modello creato daEuainetos e con la stessa cura nel riprodurre anche le piccole figure accessoriequali il globetto tra i delfini (fig. 58) o il pecten sotto il mento (fig. 59) - nell’ori-ginale inciso dietro la nuca (fig. 43) - che si è notata nella monetazione di Pa-normos; a tal proposito piace ricordare le parole del Rizzo: «si noti soltanto lapedantesca curiosità di codesti incisori nell’aggiungere, a caso, qualche con-trassegno dei decadrammi di Euàinetos»85. Tra il 320 circa e il 315 è datata lalimitata emissione di tre serie che presentano tipi del tutto originali: nel D/ te-sta muliebre coperta da tiara orientale (fig. 60), nel R/ leone dinanzi a palma86.Nella prima di esse da tempo si riconosce unanimemente un’elevata qualità ar-tistica - poiché vi è incisa una testa «di modellazione vigorosa, di stile quasi se-vero e di nobile espressione; l’acconciatura, coi grandi riccioli che scendonoinanellati sulle tempia e sul collo, è simile a quella delle sculture alessandrinedella prima età ellenistica»87 - che ha fatto pensare all’opera di incisori greci88.Quanto all’esegesi della testa femminile89, non occorre intrattenersi in questasede sulle numerose proposte avanzate in un secolo e mezzo, da quelle antichedi ravvisarvi la testa della divinità fenicia identificata con Venere90 o della regi-na Didone91 alle altre secondo cui essa sarebbe una personificazione della cit-tà di Cartagine92 o della Libya93 a quelle infine, avanzate con più sottili argo-mentazioni, di riconoscervi la testa di Artemide intesa dai Punici come Tanit94

o quella di Astarte - Thinith prossima all’Afrodite urania di Eryx, divinità pro-tettrice dell’epicrazia punica, la cui nuova iconografia sarebbe stata introdottadallo stratego cartaginese Amilcare95.

Alla fine del IV secolo, intorno al 300 a.C., quando ormai erano giunte altermine le emissioni di Sys e di Rash Melqart, un nuovo tipo apparve nelle ul-

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83 Jenkins 1977, pp. 7-8, 11-17, serie 2a, 2b, 2c fino alla n. 100, tav. 1-5. 84 Jenkins 1977, p. 17, tavv. 7-18, nn. 101 ss., serie 2c (dal n. 101), 2d, 3a, 3b, 3c, 3d. 85 Rizzo 1946, p. 308. 86 Jenkins 1977, pp. 24-31, serie 4, pp. 61-62 e tav. 22 nn. 270-272. 87 Rizzo 1946, p. 308. 88 Jenkins 1977, p. 28; Mildenberg 1993b, p. 15, n. 5. 89 Discussione in Jenkins 1977, pp. 26-31.90 Müller 1861, p. 75, n 16 («Tête de Vénus, coiffée d’un bonnet asiatique»), p. 82 («La tê-

te couvert du bonnet asiatique est sans doute celle de la déesse phénicienne, identifiée avec Vé-nus, qui était en grande vénération à Eryx»).

91 Accolta con riserva da Hill 1903, p. 145 («the identification is purely conjectural»).92 Rizzo 1946, p. 309. 93 Robinson 1971, p. 122. 94 Jenkins 1977, pp. 28-31. 95 Hans 1987.

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time monete emesse da Cartagine in Sicilia, segnate con leggenda MHSBM: te-sta di Melqart-Eracle coperta dalla pelle di leone96 (fig. 61). Essa non è attintaal patrimonio tipologico siceliota, ma deriva direttamente dai tetradrammi diAlessandro Magno97 (fig. 62). Instauratasi una nuova potenza “universale” conla quale, più che con Siracusa, Cartagine voleva confrontarsi, essa ne adottòl’emblema, la testa dell’eroe per eccellenza, che tra l’altro aveva larghissimoculto nelle città fenicie e specialmente a Tiro, sua madrepatria98. La lunga ege-monia dei tipi siracusani e massimamente di quelli dei decadrammi di Euàine-tos, che avevano avuto vasta risonanza in larga parte del mondo greco, si eradunque conclusa.

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96 Jenkins 1978, serie 5b, tav. 1-14; per il significato della leggenda che sostanzialmente de-signerebbe «financial controllers» ved. ivi pp. 7-8 (con ampia discussione) e inoltre Mildenberg1993b, p. 9 che pensa a funzionari dell’amministrazione centrale cartaginese responsabili del-l’economia e della tesoreria.

97 Come vide tra i primi Müller 1861, p. 83. 98 Jenkins 1978, pp. 9-10.

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Prototipi monetali sicelioti e interpretazioni puniche

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1. Motye, didrammo 2. Himera, didrammo

3. Segesta, didrammo 4. Syrakosai, tetradrammo

5. Motye, didrammo 6. Panormos (Sys), didrammo

7. Motye, didrammo 8. Motye, tetradrammo

9. Motye didrammo 10. Motye, tetradrammo

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11. Motye, didrammo 12. Syrakosai, tetradrammo 13. Motye, litra (?)

14. Akragas, hemilitron (Æ) 15. Syrakosai, bronzo 16. Motye, litra (?) (hemilitron?)

17. Kamarina, uncia (Æ) 18. Kamarina, tetras (Æ) 19. Motye, tetras (Æ)

20. Motye, litra 21. Motye, bronzo 22. Panormos, dracma

23. Panormos, hemilitron (Æ) 24. Panormos, tetras (Æ) 25. Panormos, tetras (AR)

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26 27

28 2926-29. Panormos, didrammo

30. Panormos, tetradrammo 31. Selinous, tetradrammo

32-33. Panormos, tetradrammo

34. Syrakosai, tetradrammo 35. Panormos, tetradrammo

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36. Katane, tetradrammo 37. Panormos, tetradrammo

38-40. Panormos, tetradrammo

41. Syrakosai, decadrammo

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39

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42. Panormos, tetradrammo

43. Syrakosai, decadrammo

44. Himera, hemilitron (Æ) 45. Himera, tetras (Æ) 46. Panormos, litra

47. Panormos, litra 48. Panormos, litra 49. Selinous, hemidracma

50. Kamarina, tetradrammo

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51. Solous, bronzo 52. Syrakosai, tetradrammo

53. Syrakosai, hemidracma

54-55. Rash Melqart, tetradrammo

56. Thermai, tetradrammo

57. Machanat, tetradrammo 58. Zecca punica in Sicilia, tetradrammo

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59. Am Machanat, tetradrammo 60. Shâm Machanat, tetradrammo

61. Mechasbism, tetradrammo 62. Alessandro Magno, tetradrammo.

Le illustrazioni nn. 5, 9, 11, 13, 16, 22, 26, 27, 28, 29, 30, 35, 37, 38, 39, 40, 42, 54, 55, 57,58, 59 sono tratte da Jenkins 1971b-1978; quelle dei nn. 3 e 36 da Rizzo 1946; quelle dei nn. 31e 60 da Franke, Hirmer 1972; tutte le altre sono tratte dal sito www.coinarchives.com e si riferi-scono a esemplari passati per il commercio antiquario.