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© Europae - Rivista di Affari Europei KAISERIN ANGELA? N. 5 - SETTEMBRE 2013 MERKEL VERSO LA RICONFERMA, L’EUROPA ASPETTA © Europae - Rivista di Affari Europei www.rivistaeuropae.eu Associazione Culturale OSARE Europa Il 22 settembre le elezioni in Germania Merkel grande favorita Crisi dei liberali: una Grande Coalizione? La “minaccia” Alternative L’Europa aspetta il terzo governo Merkel I programmi e il nodo unione bancaria

Europae - Mensile numero 5 - Settembre 2013

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Monthly magazine by Europae. In this issue Europae talk about the forthcoming national elections in Germany, and about the outcomes of a likely reappointment of Angela Merkel at the head of Europe's engine.

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KAISERIN ANGELA?

N. 5 - SETTEMBRE 2013

MERKEL VERSO LA RICONFERMA, L’EUROPA ASPETTA

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www.rivistaeuropae.eu

Associazione Culturale OSARE Europa

Il 22 settembre le elezioni in Germania Merkel grande favorita

Crisi dei liberali: una Grande Coalizione? La “minaccia” Alternative

L’Europa aspetta il terzo governo Merkel I programmi e il nodo unione bancaria

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Settembre 2013, Numero 5 © Europae - Rivista di Affari Europei, www.rivistaeuropae.eu “Kaiserin Angela? Merkel verso la riconferma, l’Europa aspetta” A cura di Davide D’Urso e Luca Barana Copertina di Luigi Porceddu Grafica e editing di Davide D’Urso Direttore: Antonio Scarazzini Caporedattore: Davide D’Urso Responsabili di Redazione: Luca Barana, Riccardo Barbotti, Simone Belladonna, Fabio Cassanelli, Valentina Ferrara, Shannon Little, Tullia Penna.

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INDICEINDICE

Kaiserin Merkel: Europa e Germania aspettano il suo terzo mandato 4

Davide D’Urso

Una nuova Germania per una nuova Unione Europea 6

Luca Barana

Angela Merkel: il personaggio e la politica che meritiamo 9

Valentina Ferrara

Coincidenti o alternativi? I programmi economici di CDU e SPD 13

Fabio Cassanelli

Le banche e la Grande Coalizione. Berlino teme l’unione bancaria 16

Antonio Scarazzini

La campagna elettorale tedesca, tra toni pacati e distensione 19

Mauro Loi

150 anni e sentirli: la SPD e Peer Steinbruck alla prova del voto 23

Shannon Little

Una proposta Alternativa 25

Andrea Sorbello

Gli autori 27

I numeri precedenti di Europae 28

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KAISERIN ANGELA: EUROPA E GERMANIA KAISERIN ANGELA: EUROPA E GERMANIA ASPETTANO IL SUO TERZO MANDATOASPETTANO IL SUO TERZO MANDATO

L a conferma di Angela Merkel alla guida della Germania non sarebbe una brutta no-tizia per l’Europa. Al di là delle rappresen-tazioni caricaturali che hanno fatto della

Cancelliera il politico più odiato del Vecchio Conti-nente, l’Unione Europea (UE) non sembra potersi permettere, al momento, oscillazioni troppo forti nel suo cuore politico ed economico. Non è tanto la salute dell’economia europea, né il particolare dina-mismo dell’Unione a chiedere continuità e stabilità, quanto una preoccupante mancanza di alternative. La Germania non è diventata il motore d’Europa per caso. Né le ragioni economiche, finanziarie e commerciali bastano a spiegare quella che oggi si esprime come un’autentica egemonia continentale. Nel momento di massima crisi dell’UE, Berlino ha messo in campo quello che le altre capitali e le stes-se istituzioni europee non sono state in grado di of-frire: un progetto di Europa per il XXI secolo. Mentre la difesa dello status quo nazionale, conti-nentale e globale diventava la stella polare di molti, la Germania ha indicato la strada di una profonda riforma economica del Vecchio Continente. Da gran-de mercato di consumo, per sopravvivere nel mon-do nuovo l’UE avrebbe dovuto tornare ad essere un

centro produttivo in grado di competere sui mercati globali con le grandi potenze emergenti. Una poten-za geoeconomica avanzata ed economicamente inte-grata, quindi, con dimensioni e peso comparabile a quello di Stati Uniti e Cina. Per realizzare questa am-bizione, l’Europa doveva anzitutto aumentare il pro-prio livello di competitività. Quest’ultima, diventa-ta la parola d’ordine prima del governo tedesco, poi dell’intera Unione, non poteva prescindere dalla messa in sicurezza dell’euro e del sistema finanzia-rio (e bancario), nonché da una progressiva riduzio-ne dei costi del lavoro e della pubblica amministra-zione. Risanamento dei conti, riduzione della spesa pubblica, riforme del mercato del lavoro, investi-menti in infrastrutture, ricerca e innovazione costi-tuiscono la cura tedesca ai malanni economici dell’Europa. Una cura che la Germania ha sperimen-tato sulla sua pelle, con sacrificio, lungimiranza e risultati a partire dalla fine degli anni ‘90. Una cura che, volenti o nolenti, tutti gli Stati membri hanno accettato di implementare, quantomeno a parole. La scalata di Berlino alla guida politica ed econo-mica dell’Unione ha avuto in Angela Merkel una protagonista assoluta. Un suo grande risultato, troppe volte trascurato dagli osservatori, è stato

di Davide D’Urso Editoriale

25 AGOSTO 2013: LA CANCELLIERA ANGELA MERKEL DI FRONTE A UN NUTRITO GRUPPO DI SOSTENITORI A EHRENHOF, DUSSELDORF. (© BUNDESREGIERUNG)

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quella di tenere la linea tra due fuochi contrappo-sti. Da una parte l’opinione pubblica tedesca, ostile a trasferire risorse dalla Germania ai Paesi del Sud Europa, dipinte dai più duri come “cicale” improdut-tive che, dopo aver sperperato le proprie risorse, vogliono ora salvarsi sulle spalle del contribuente tedesco. Dall’altra il resto d’Europa, disposta a per-seguire il percorso di riforma indicato da Berlino solo a patto di ricevere dai Paesi più ricchi gli aiuti necessari a risanare i deficit di bilancio, evitando la bancarotta e con essa il crollo dell’euro (ritenuto - non a torto - un asset di cui la Germania non può fare meno). Strano a dirsi, ma la Merkel odiata dall’Europa meridionale in quanto rigido falco ger-manico incapace di mostrare solidarietà e apertura è l’esatto opposto della Merkel che ha perso consen-si in patria per essere stata troppo generosa verso i “PIGS”. Il profilo personale e politico della Cancel-liera - in queste pagine trovate quello di Valentina Ferrara - è ben più complesso di questa rappresen-tazione semplificata eppure già contraddittoria. Ma tanto basta a rendere l’idea della capacità di Merkel di mediare ed essere, in base ai punti di vista, tutto e il contrario di tutto. Dopo mesi di oscillazioni, riposizionamenti più o meno opportunistici, messaggi di distensione in pa-tria e in Europa, Merkel è ancora la grande favori-ta per le elezioni politiche del 22 settembre. Una campagna elettorale pacata e senza attacchi perso-nali, si veda in merito l’analisi di Mauro Loi, non ha fatto che confermare il vantaggio del partito cristia-no-democratico. Che la signora abbia un talento po-litico senza pari in Europa dovrebbe ormai essere chiaro non solo ai suoi avversari tedeschi, incapaci di far fronte al suo carisma, ma anche ai suoi par-tner europei. Lo ha capito il candidato socialdemo-cratico Peer Steinbrück, mai vicino a Merkel nei sondaggi e nemmeno paragonabile alla Cancelliera nella capacità di rassicurare il popolo tedesco. Lo ha capito il Presidente francese François Hollande, che nella costruzione di un’alleanza anti-merkeliana (e anti-tedesca) aveva investito molto della sua cre-dibilità per poi ritrovarsi costretto, sconfitto su tutti i fronti, a ritornare a testa bassa nel gregge guidato da Berlino. I socialisti europei, che dell’ostilità al presunto “egoismo merkeliano” avevano fatto una bandiera, dovranno rassegnarsi all’inevitabile: la riconquista della guida politica dell’Europa, ancora in mano al Partito Popolare Europeo, non passerà per una vit-toria in Germania, ma dovrà avvenire attraverso le

elezioni europee del 2014. Se anche la SPD dovesse arrivare al governo in una nuova Grande Coalizio-ne guidata da Merkel, le componenti più “a sinistra” saranno marginalizzate a vantaggio di un program-ma economico di assoluta continuità che, viste le larghe similitudini illustrate dall’articolo di Fabio Cassanelli in queste pagine, sembra già scritto. Co-me racconta Shannon Little, la SPD può sperare sol-tanto di fare da junior partner di governo al suo grande rivale. L’unico vero ostacolo alla riconferma di Merkel alla guida della Germania sembra poter arrivare da Al-ternative für Deutschland (AfD), il nuovo partito fondato da Bernd Lucke che ha fatto dell’ostilità alla politica del “salvataggio dell’euro a tutti costi” la sua bandiera elettorale. Come spiega Andrea Sorbello, la vera minaccia di AfD non sta nei numeri (nella mi-gliore delle ipotesi raggiungerà il 5% necessario a entrare nel Bundestag), ma nella capacità concessa ad ogni gruppo all’interno del Parlamento tedesco, di sollevare quesiti di costituzionalità di fronte alla Corte di Karlsruhe. Un partito anti-euro capace di bloccare ogni decisione di rilevanza europea sa-rebbe una spina nella schiena di Merkel e dell’intera governance economica dell’eurozona. L’Europa è rimasta pazientemente in attesa che i travagli elettorali della Germania e i tentativi della Cancelliera di recuperare consensi arrivassero a una conclusione. Che la tanto auspicata svolta post-elettorale, tedesca e europea, ricordata da Luca Ba-rana in queste pagine, sia stata caricata di troppe aspettative è sotto gli occhi di tutti. La stessa unio-ne bancaria europea, accantonata in vista delle ele-zioni in Germania, non riceverà grande impulso da Berlino qualunque sarà l’esito della tornata elettora-le. Gli interessi corporativi del sistema di Lande-sbanken e Sparkassen decritto da Antonio Scarazzini riguardano tutti i principali partiti. Con ogni probabilità, Angela Merkel resterà alla gui-da della Germania e continuerà ad influenzare in modo decisivo la politica europea. La direzione che quest’ultima potrà prendere dipende anche dalla maggioranza che sosterrà il terzo cancellierato Mer-kel. Una Grande Coalizione potrebbe ammorbidire il lato più spigoloso della politica economica intra-presa dall’Europa. Non ne cambierà però la sostan-za, né intaccherà l’autorità personale guadagnata in patria della Cancelliera Merkel. O forse sarebbe me-glio dire dell’Imperatrice, Kaiserin Angela. ∎

KAISERIN ANGELA? MERKEL VERSO LA RICONFERMA, L’EUROPA ASPETTA N. 5 - Settembre 2013

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UNA NUOVA GERMANIA PER UNA NUOVA GERMANIA PER UNA NUOVA UNIONE EUROPEAUNA NUOVA UNIONE EUROPEA

Le elezioni federali del prossimo 22 settembre dovrebbero confermare Angela Merkel al governo della Germania. I sondaggi assegnano infatti alla sua coalizione (CDU-CSU) un ampio margine di vantaggio. Qualora il centro-destra non fosse in grado di forma-re una maggioranza al Bundestag, la riedizione di una Grande Coalizione con la SPD sarebbe possibile e auspicata da molti elettori. Il cambiamento, nella prima potenza economica d’Europa, non è una priorità. E Merkel continua a significare stabilità.

I l 22 settembre si celebreranno finalmente le tanto attese elezioni federali in Germania. Il risultato elettorale determinerà la composizio-ne del nuovo Bundestag, la camera bassa del

Parlamento tedesco, e la nomina di un nuovo gover-no. Non è un mistero che i risvolti di queste elezioni non riguardino solo la Germania, ma l’intera Unione Europea (UE). Un nuovo governo potrebbe però non comportare significativi cambiamenti nella guida del Paese: la CDU-CSU, la coalizione cristiano-democratica del Cancelliere Angela Merkel, si man-tiene stabile da mesi intorno al 40% dei consensi e pare essere destinata a guidare, una volta ancora, il prossimo esecutivo. Più complesso comprendere chi saranno i partner di CDU e CSU, che con il consenso ipotizzato dai sondaggi non sarebbero in grado di governare da soli. Le difficoltà degli attuali alleati del Cancelliere, i liberali della FDP, sembrano aprire la strada per una nuova grande coalizione con il partito socialdemocratico (SPD), la seconda forza politica tedesca, attestata intorno al 25%. I due maggiori partiti tedeschi hanno una visio-ne economica non troppo divergente. Come ve-dremo negli approfondimenti di questo numero, le differenze nei programmi economici e sociali di CDU e SPD esistono, ma non sono insormontabili. Altri temi elettorali potenzialmente caldi, come la transizione energetica voluta da Merkel dopo l’incidente di Fukushima o le rivelazioni di Edward Snowden sul possesso da parte della NSA americana di dati sensibili di cittadini tedeschi, non hanno ac-ceso il dibattito. Lo stesso confronto televisivo fra Merkel e il candidato della SPD, Peer Steinbrück, è stato da più parti descritto come un pareggio nep-pure troppo entusiasmante. Il confronto solido e non conflittuale fra le due principali forze politiche sembra dunque aumentare le possibilità di una nuo-va coalizione di governo, come quella che ha soste-

nuto il primo esecutivo Merkel (2005-2009). Una possibilità, quest’ultima, incrementata anche dalla presenza di movimenti critici come i post comunisti

di Die Linke e, soprattutto, degli euroscettici di Al-ternativa per la Germania (AfD), la vera incognita di queste elezioni. Proprio il movimento guidato da Bernd Lucke ha posto al centro del dibattito politico un tema chiave, il rapporto fra la Germania e l’UE, tanto fondamen-tale, quanto indigesto al Cancelliere. Molto dipende dalle elezioni del 22 settembre: mai come questa volta i destini della politica europea sembrano legati a una singola tornata elettorale in uno Stato mem-bro. A giustificare la spasmodica attesa entra in gio-co il peso economico e politico della Germania, ma anche il fatto che il governo di centro-destra abbia scelto nell’ultimo anno di giocare al ribasso in Eu-ropa, per non indispettire un elettorato geloso delle proprie risorse finanziarie e comprensibilmente scettico nei confronti di una serie di salvataggi per Paesi come Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna, che ha visto la Germania contribuire come nessun altro Stato dell’UE. Merkel ha così procrastinato ogni decisione in materia di unione bancaria, ha continuato a nega-re ogni possibilità di mutualizzazione dei debiti so-vrani a livello europeo e ha osservato, quasi in di-sparte, colleghi come l’italiano Enrico Letta premere per misure contro la disoccupazione giovanile, che si sono rivelate poco incisive sin dal primo momen-to. Questo appoggio a politiche maggiormente o-rientate alla crescita e meno al consolidamento fi-scale ha permesso a Merkel di trasmettere un’im-

di Luca Barana

I due principali partiti, CDU-CSU e SPD, hanno una visione economica simile. La crisi dei liberali aprirebbe a una nuova Grande Coalizione.

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magine rinnovata rispetto a quella degli anni pas-sati, sia in Germania che all’estero. In patria, il Can-celliere guarda a quell’elettorato di centro-sinistra che potrebbe presto dover coinvolgere in una gran-de coalizione, ricercandone il consenso. In Europa, Merkel è riuscita almeno in parte a mitigare l’im-pressione di una Germania strenuamente votata al-l’austerità e al rigore finanziario. Si spiega così il via libero tedesco alla diluizione dei tempi di rientro dal proprio deficit eccessivo per Stati come Francia e Paesi Bassi. A fronte di questa politica accorta, un tratto carat-teristico del carattere del Cancelliere, gli altri attori in campo non hanno comunque mancato di criticar-ne la politica europea. Nei mesi scorsi, Steinbrück aveva causticamente notato come l’improvviso inte-resse del governo tedesco per i temi della disoccu-pazione giovanile avvenisse proprio a pochi mesi dalle elezioni, dopo che per anni Merkel aveva dedi-cato le proprie attenzioni agli sforzi di risanamento fiscale in Europa. Il Segretario Generale della SPD,

Andrea Nahles, ha invece criticato il “pragmatismo immobilista” di Berlino in Europa, una strategia che ha rallentato enormemente ogni nuovo tentativo di consolidamento della governance europea e ha im-pedito un’uscita più rapida dalla crisi economica. Merkel si sarebbe macchiata di un “blame-game po-pulista nei confronti degli altri Paesi europei” atto a mascherare le titubanze del suo governo, scarican-do tutto il peso della crisi sulle fragili spalle del-l’Europa meridionale.

AfD ribadisce la necessità di rivedere drastica-mente confini e funzionamento dell’eurozona. I rappresentanti di Die Linke hanno invece scelto pa-ragoni audaci ma efficaci per descrivere le politiche europee di Merkel. Dalle colonne di The Guardian, Gabriele Zimmer, europarlamentare di Die Linke,

8 SETTEMBRE 2013: IL CANCELLIERE ANGELA MERKEL TIENE UN DISCORSO ELETTORALE DI FRONTE AI PROPRI SOSTENITORI (© CDU/MICHAEL TRIPPEL)

L’accortezza politica di Merkel ha provato a riabi-litare l’immagine della Germania in Europa e ha tolto ai rivali in patria molte armi elettorali.

KAISERIN ANGELA? MERKEL VERSO LA RICONFERMA, L’EUROPA ASPETTA N. 5 - Settembre 2013

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ha accusato il governo tedesco di aver resuscitato i “disastrosi” programmi di aggiustamento struttura-le di matrice neoliberista, imposti da Banca Mondia-le e Fondo Monetario Internazionale ai Paesi in via di sviluppo negli anni Ottanta, applicandoli questa volta ai Paesi europei in difficoltà finanziaria. Il “thatcherismo” di Merkel avrebbe prostrato l’Euro-pa e reso flebile l’appoggio per il processo di inte-grazione europea dell’opinione pubblica. Secondo queste personalità di sinistra, la visione europea della CDU si baserebbe quindi sulla volontà di otte-nere un welfare state minimale e ingenti dosi di pri-vatizzazioni. Una visione forse eccessivamente e-stremizzata, come mostra l’analisi del programma elettorale cristiano-democratico. Il panorama politico interno sembra dunque spingere l’elettorato tedesco a riconfermare An-gela Merkel alla guida del Paese. Il Cancelliere è infatti molto popolare in Germania, forse proprio per la sua capacità di rassicurare la classe media sul futuro della partecipazione tedesca all’UE. Anche nel caso di un cambiamento nella coalizione di go-verno, con l’ingresso della SPD al posto della FDP, appare difficile immagine una nuova Germania dopo il 22 settembre. Anche l’elettorato socialdemo-cratico sebbene più incline ad accettare una maggio-re partecipazione del proprio Paese agli sforzi per la crescita europea, non pare premere sulla SPD per-ché questa metta in discussione il pilastro della re-sponsabilità fiscale promosso dal governo Merkel presso i partner europei. Se dunque una nuova Ger-mania non appare così prossima, una nuova confor-mazione del governo tedesco genererebbe quanto-meno una nuova UE? Entra in gioco, da questa prospettiva, il rapporto fra il nuovo esecutivo e i principali attori europei. An-che in questo caso, nonostante l’Europa attenda da almeno un anno questo importante crocevia, le pro-spettive di un effettivo cambio di rotta non sembra-

no così consistenti. Passati i tempi del duopolio ‘Merkozy’, che ha gestito con molte esitazioni le pri-me fasi della crisi dei debiti sovrani, il rapporto con la Francia di François Hollande sembra essere sempre più influenzato dalle crescenti discrepanze economiche fra i due Paesi, rispetto alla personalità dei loro leader. Come evidenzia la Reuters, il gover-

no socialista francese ha certamente apprezzato le aperture degli ultimi mesi di Merkel, mentre Hollan-de non ha mostrato grande sostegno per il candida-to socialista Steinbrück. La Francia mira a prosegui-re la collaborazione con la Germania, tentando a fatica di mantenerne il passo, magari ricercando un accordo sul futuro Presidente della Commissio-ne Europea. Non è un mistero che Parigi si opponga a un’eventuale nuova candidatura di José Manuel Barroso, un cristiano-democratico. Per quanto riguarda la Gran Bretagna, negli am-bienti governativi dei Tories, Merkel è considerata una personalità dal “duro pragmatismo” ed è per questo particolarmente apprezzata. La cauta reazio-ne tedesca a valle dell’annuncio di un referendum sulla membership britannica da tenersi dopo il 2015 non è dispiaciuta a David Cameron. Al con-trario, le uscite di Steinbrück, che ha accusato Lon-dra di premere indebitamente per un’Unione “à la carte”, non hanno fatto che raffreddare ulteriormen-te il premier britannico, che di fatto diviene così uno dei principali sostenitori della rielezione dell’attuale Cancelliere. Rimane infine il nodo dei rapporti con i Paesi sotto-posti a programmi di salvataggio o ancora nelle sec-che della crisi economica, come l’Italia, dove le ele-zioni tedesche sono da mesi paventate alternativa-mente con speranza e nuove paure. Queste relazioni costituiscono forse il principale fallimento dell’ope-rato di Merkel: non essere riuscita a spiegare piena-mente al proprio elettorato la necessità di mantene-re unita l’Europa, aiutando con maggiore flessibilità i Paesi in difficoltà, ha generato il freno a ogni tenta-tivo di svincolarsi dalla propria immagine di auste-rità e rigore. Mentre la necessità di un nuovo piano di aiuti per la Grecia sembra ai più evidente, il nuo-vo esecutivo tedesco sarà chiamato in primo luogo a sensibilizzare l’elettorato tedesco, che, occorre tut-tavia ricordarlo, ha già partecipato attivamente al sostegno dei fondi europei di salvataggio. Forse una coalizione con la SPD potrebbe essere congeniale a questo obiettivo. Per un’Unione rinnovata infatti, deve cambiare la percezione di essa, in primo luogo da parte dei tedeschi. ∎

Dopo il 22 settembre è difficile immaginare una nuova Germania. Una nuova coalizione di gover-no non cambierebbe di molto gli equilibri nell’UE.

UNA NUOVA GERMANIA PER UNA NUOVA UNIONE EUROPEA Luca Barana

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ANGELA MERKEL: IL PERSONAGGIO ANGELA MERKEL: IL PERSONAGGIO E LA POLITICA CHE MERITIAMOE LA POLITICA CHE MERITIAMO

La donna dei record, la politica più autorevole, ascoltata e odiata d’Europa. Per molti semplicemente “la Cancelliera”. Angela Merkel, classe 1954, laureata in fisica, figlia del ceto medio tedesco, ha vissuto sulla sua pelle le divisioni dell’Europa e della Ger-mania, arrivando a guidarle entrambe. Criticata in patria per l’eccesso di europeismo e solidarietà verso i “PIGS” e all’estero per la sua rigidità nella difesa dell’interesse na-zionale tedesco, Merkel si prepara al suo terzo cancellierato. E a entrare nella storia.

I l 22 settembre si terranno le elezioni per il rin-novo del Bundestag e quindi per decidere se il Cancelliere tedesco resterà lei, Angela Merkel. Viene quasi naturale lasciarsi scappare un

«finalmente!», di fronte all'imminenza dell'appunta-mento elettorale in terra tedesca perché, almeno dal giorno della sconfitta dei cristiano-democratici alle elezioni regionali in Renania e Nord-Vestfalia nel 2010, la politica europea si è fermata - o ad alcuni piacerebbe di più il termine “prostrata” - per con-sentire il recupero dell'elettorato alla signora Mer-kel. Un recupero, per altro, che i sondaggi conferma-no come riuscito, aprendo la strada al terzo man-dato merkeliano. All’indomani delle elezioni, avre-mo ancora un'Europa alla mercé della Germania? Forse, ma non per questo dovrebbe essere messo alla gogna il Cancelliere Merkel, per quanto discuti-bile sia stato finora il suo atteggiamento nei con-fronti dell'Europa. Angela Merkel, figlia di un’insegnante e di un pastore protestante, ha vissuto sulla sua pelle la divisione della Germania e quindi dell'Europa. Aveva sette anni quando il muro di Berlino fu co-struito, dividendo la sua famiglia e offuscando le sue speranze di futuro. Poi il muro cadde e ciò fu per lei un monito di speranza, una rivelazione: «Ho capito che niente deve per forza rimanere così com'è», ha detto in un discorso alla cerimonia per il cinquante-simo anniversario dei Trattati di Roma. La sua carriera politica è iniziata con le elezioni del 1990, quando ha guadagnato un seggio nel Bun-destag sotto la bandiera dei cristiano-democratici (CDU). Fin dall'inizio, Merkel ha rivestito ruoli di rilievo: nel 1991 divenne Ministro federale per le donne e i giovani e nel 1994 Ministro federale per l'ambiente, occupandosi di tematiche per le quali avrà sempre un occhio di riguardo (dopo il disastro di Fukushima, ad esempio, ha deciso di dare un ta-

glio al nucleare promuovendo le energie rinnovabi-li). Nel 2005, battendo Gerard Schröder, è diventata Cancelliere alla guida di una "Grande Coalizione", formata da CDU, Unione cristiano-sociale bavarese (CSU) e il Partito social-democratico (SPD). Nel 2009 è stata riconfermata alla sua carica, ma con un consenso elettorale maggiore che le ha permesso di liberarsi della SPD e di allearsi al partito liberal-democratico (FPD), nonché alla CSU. Comunque andranno le elezioni e le successive coalizioni, Merkel è già la donna dei record. Solo per fare qualche esempio: è la prima donna ad aver

di Valentina Ferrara

UN PRIMO PIANO DI ANGELA MERKEL (© COUNCIL OF THE EUROPEAN UNION)

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ottenuto la carica di Cancelliere in terra tedesca. La bibbia delle classifiche, Forbes, dal 2006 ad oggi l'ha sempre posta in cima alla lista delle donne più po-tenti al mondo (solo nel 2010 le è stato dato il se-condo posto, lasciando la medaglia d'oro a Michelle Obama). Nel 2012 figurava sul secondo gradino del podio nella classifica delle persone più potenti del mondo, tra Obama (1°) e Putin (2°). Quello stesso anno la prima figura istituzionale dell'Unione Euro-pea si trova solamente all’8° ed era, manco a dirlo, Mario Draghi. Nel 2010 New Statesman l'ha inserita fra le dieci personalità più influenti. Anche sotto un punto di vista più europeo, primati e riconoscimenti non sono mancati. Premiata nel 2007 con il Vision For Europe Award dell'Edmund Israel Foundation per il suo impegno nel processo di integrazione europea e insignita nel 2008 del Charlemagne Prize per il suo servizio per l'unità europea, Merkel è una delle (sole) tre donne che siedono al tavolo del Consiglio Europeo, assieme alla Presidente della Lituania, Dalia Grybauskaitė, e al Primo Ministro della Danimarca, Helle Thorning-Schmidt. Il primo momento in cui il Cancelliere Merkel assun-se un ruolo da assoluto protagonista nell’UE fu nel 2007, quando nella prima metà dell’anno toccò a Berlino la presidenza di turno dell'Unione. Il mot-to di allora era "Together Europe can succeed", un non troppo velato riferimento ad una delle priorità di quella presidenza, ovvero il desiderio di rinnova-re la corsa alla costituzione europea, o a qualcosa di simile, nonostante i voti contrari già espressi tra-mite referendum in Francia e Paesi Bassi. È sicura-mente grazie anche all'impegno di Berlino e di Mer-kel, quindi, se nel 2007 si è usciti dall'impasse pro-vocata dal fallimento della ratifica della Carta costi-tuzionale e si è arrivati alla firma del Trattato di Lisbona sotto la successiva presidenza portoghese. Un passo importante, sotto questo punto di vista, fu indubbiamente la Dichiarazione di Berlino, firma-ta sotto la guida della presidenza Merkel, in occasio-ne del 50esimo anniversario dei Trattati di Roma, il

25 marzo 2007. Una lettura sconsigliata agli euro-scettici di oggi in quanto riporta frasi come «il mer-cato comune e l’euro ci rendono forti». Anche in quegli anni, però, il documento suscitò polemiche:

da una parte si innalzarono le lamentele dei polac-chi e di Papa Benedetto XVI, poiché mancava un chiaro riferimento alle radici cristiane dell'Euro-pa, dall'altra si innescarono sospetti a causa delle traduzioni della dichiarazione un po' libere a secon-da del Paese di destinazione. Il secondo momento di protagonismo per Mer-kel è arrivato poco più tardi, con l’esplodere del-la crisi economica e finanziaria. In pochi mesi, la Germania si è ritrovata a essere l'unica economia forte dell’intera UE. Volente o nolente, Merkel è sta-

ta identificata come fautrice del buono e del cattivo tempo in Europa. In realtà soprattutto del cattivo. La sua ricetta per uscire dalla crisi è stata spesso riassunta in un termine ormai ben noto: austerità. Effettivamente l’attenzione al rigore e all’equilibrio dei conti pubblici degli Stati membri dell'eurozona ha preso il sopravvento nel progetto merkeliano di uscita dal tunnel della crisi. Più volte Merkel ha ri-cordato che se gli Stati avessero mantenuto le pro-messe e le regole sui livelli massimi di deficit e debi-to pubblico la crisi non sarebbe stata così disastrosa nell'eurozona. Lo scorso 7 novembre il Cancelliere Merkel, ospite presso il Parlamento Europeo, ammoniva:

«I problemi sono evidentemente differenti da Stato a Stato e vanno dal debito pubblico alle crisi ban-carie, dal debito del settore privato alla perdita di competitività. Con l'arrivo della crisi finanziaria ed economica globale nel 2008/2009 la situazione è esplosa. Se tutti gli Stati membri si fossero mante-nuti entro i limiti concordati e avessero intrapreso riforme per favorire la competitività, l'unione eco-nomica e finanziaria non sarebbe mai stata imbri-gliata in questa crisi, nonostante la debole unione economica alla base. Ma la somma delle contrav-venzioni nazionali ai difetti strutturali hanno diffu-so il disastro in Europa». (Discorso del Cancelliere Merkel al Parlamento Euro-peo, 7 novembre 2012)

Ma ormai ciò che fatto è fatto e l'unica cosa che re-sta da fare, secondo Merkel, è imparare dagli errori commessi ed evitare che sbagli simili si possano ri-petere: vale a dire rafforzare l'unione economica e monetaria con uno sguardo di lungo termine,

Dal 2007 Merkel inizia a guidare la politica euro-pea. La presidenza di turno tedesca conduce l’Unione alla firma del Trattato di Lisbona.

ANGELA MERKEL: IL PERSONAGGIO E LA POLITICA CHE MERITIAMO Valentina Ferrara

La crisi finanziaria ha reso la Germania l’unica economia forte dell’eurozona e dato a Merkel il timone per far uscire l’Europa dalla tempesta.

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in modo che gli Stati non abbiano più il potere di combinare dei disastri trascinando tutta l'eurozona e quindi l’UE sul lastrico. I mezzi chiave per uscire rafforzati dalla crisi sono ben noti, non tanto per la loro messa in pratica, ma quanto per il fatto che so-no stati ripetuti da più parti (almeno da coloro che credono ancora nella sopravvivenza dell'Unione): rafforzamento delle quattro aree di integrazione dei mercati finanziari, integrazione delle politiche fisca-li, integrazione delle politiche economiche e mag-giore democraticità, sguardo di lungo termine e la-vorare insieme. La Cancelliera ha però offerto una declinazione di questi mezzi che non è piaciuta a tutti. Per da-re un esempio, questa insistenza sul completamento dell'unione economica e monetaria, sicuramente apprezzabile nelle parole della Cancelliera, ha preso spesso la forma di una divisione tra l'eurozona e il resto dell’Unione, uno scenario che Merkel cerca di edulcorare sostenendo che non si tratterebbe di sta-bilire un'Europa a doppia velocità, ma piuttosto un'Europa doppiamente rafforzata:

«Prima di tutto, l'approfondimento dell'unione eco-nomica e monetaria è essenziale per il futuro dell’Unione Europea nella sua totalità. In secondo luogo, una rinnovata unione economica e moneta-ria rimarrà aperta agli Stati non-euro che ne vor-ranno far parte. Non c'è alcun club ristretto di euro Stati, noi continueremo ad accogliere altri. D'al-tronde l'unione economica e monetaria è stata fon-data con lo scopo di far entrare ogni Stato mem-bro. Io sono fermamente impegnata nell'assicurare che un rafforzamento dell'unione economica e mo-netaria non porti ad un'Europa dalle due velocità, ma piuttosto ad un'Europa dalla doppia forza». (Discorso del Cancelliere Merkel al Parlamento Euro-peo, 7 novembre 2012)

Argomenti che non convincono più di tanto soprat-tutto se in seguito si fa largo persino l'ipotesi di una divisione del Parlamento Europeo a seconda che si trattino materie riguardanti l'eurozona o meno. O ancora, avere uno sguardo di lungo termine ed essere ambiziosi, principi apparentemente neutri, significa per Merkel adottare «un approccio gradu-ale, basato sul principio che la qualità deve essere

13 AGOSTO 2013: IL CANCELLIERE MERKEL PROFESSORESSA PER UN GIORNO, SPIEGA AGLI STUDENTI LA STORIA DEL MURO DI BERLINO (© BUNDESREGIERRUNG)

KAISERIN ANGELA? MERKEL VERSO LA RICONFERMA, L’EUROPA ASPETTA N. 5 - Settembre 2013

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preferita alla velocità», come affermato nella confe-renza stampa seguita al Consiglio Europeo del 19 ottobre 2012. Il che si traduce anche in un cambia-mento dei Trattati, una mossa non particolarmen-te apprezzata a Bruxelles. Terzo ed ultimo esempio, motti quali "l'unione fa la forza" oppure "o tutti si vince o tutti si perde" fanno un effetto diverso se vengono pronunciati dal suo conterraneo Martin Schulz o da Merkel. D'altronde, sulla sua bocca non solo "tutti" sembra tradursi nel-la sola eurozona, ma per di più "unione" rimane affetta da un deficit di solidarietà non trascura-bile. In un meeting privato con i parlamentari del FPD pare abbia detto «niente eurobond finché sarò in vita». Al di là di queste dichiarazioni d'effetto, è sta-to fin da subito chiaro che il Cancelliere Merkel non ha alcuna intenzione di appoggiare una mutualizza-zione del debito, almeno nel medio periodo, ovvero almeno finché gli Stati non saranno resi responsabili dei loro sbagli, ovvero almeno finché gli Stati non pagheranno -letteralmente- per i propri errori. Per quanto le sue mosse possano a volte indignare (anche se mai e poi mai giustificherei le analogie proposte da alcune fasce estreme, ad esempio du-rante la visita in Grecia, tra Merkel e Hitler), è diffi-cile biasimare in tutto e per tutto l'atteggiamento

della Cancelliera. Si può certamente concordare con Jürgen Habermas il quale su Der Spiegel ha recen-temente sottolineato quanto Merkel stia sottovalu-tando la capacità del suo elettorato di comprendere la necessità di fare sforzi (e debiti) a favore delle nazioni in difficoltà economica, preferendo evitare nella sua campagna elettorale di parlare di argo-menti scomodi, vale a dire delle questioni europee. E forse Habermas ha ragione a dire che ogni Stato democratico ha, in fin dei conti, i politici che si merita. È proprio in questo contesto che si può meglio com-prendere Merkel e la sua politica europea. Questa non è l'era delle grandi personalità lungimiranti, ma è l'era di una classe politica piccola, piuttosto de-cadente. Non facciamo gli ipocriti: Merkel ha fatto ciò che tutti i politici fanno (o dovrebbero fare) e cioè difendere il proprio elettorato, che nei suoi di-scorsi assume le sembianze ora dei suoi cittadini

contribuenti, ora del suo Bundestag, ora delle sue banche, ora delle sue autorità di vigilanza. D'altron-de che tipo di UE abbiamo di fronte? Più volte - in-dubbiamente nel caso dei negoziati del Quadro Fi-nanziario Pluriannuale - abbiamo avuto modo di vedere che questa è l'Europa dove vince chi porta a casa qualcosa per la sua nazione. Non riesco davvero a capire perché la Germania debba assume-re un atteggiamento differente. Uno dei predecessori di Merkel, il Cancelliere Hel-mut Kohl disse: «Non vogliamo un'Europa tedesca, piuttosto una Germania europea». Se ora abbiamo di fronte un'Europa che assomiglia sempre di più alla Germania, non è colpa dei tedeschi e tanto me-no di Merkel, ma di tutti gli Stati europei che non sono stati capaci (o forse non hanno voluto) rendere l'Europa un modello credibile, accontentandosi di un'Europa che, nel migliore dei casi, per stare in pie-di deve per forza appoggiarsi all'uno o all'altro, as-sumendone le sembianze. Certo è vero che se Merkel è la donna dei record il suo nome forse stona ancora nella classifica della cancellerie più durature. Merkel è la terza classifica-ta, dopo Kohl e Adenauer, per anni alla guida della Germania. Nonostante i precedenti e i pronostici, è ancora possibile pensare di darle fiducia. In fondo Merkel avrà ancora un quinquennio per meritarsi quel terzo posto. ∎

Europa a più velocità, riforma dei trattati, deficit di solidarietà: la politica europea di Merkel ha de-stato critiche e perplessità in molti Paesi UE.

ANGELA MERKEL: IL PERSONAGGIO E LA POLITICA CHE MERITIAMO Valentina Ferrara

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COINCIDENTI O ALTERNATIVI? COINCIDENTI O ALTERNATIVI? I PROGRAMMI ECONOMICI DI CDU E SPDI PROGRAMMI ECONOMICI DI CDU E SPD

Spesa pubblica, fisco, mercati, finanza, imprese e lavoro. Su questi temi si articola il programma economico di CDU e SPD, i due partiti che si contendono la guida del go-verno tedesco. Pur esistendo divergenze significative, il cuore dei programmi econo-mici è per molti aspetti coincidente: dal pareggio di bilancio al salario minimo, dalla riforma dei contratti di lavoro alla regolamentazione dei mercati. Prima dell’apertura delle urne, il programma economico del prossimo governo sembra già scritto.

S econdo gli ultimi sondaggi, si profilerebbe per la Germania un nuovo governo guidato da Angela Merkel o, eventualmente, un go-verno di coalizione di cui la Cancelliera do-

vrebbe avere la golden share. Il distacco tra CDU ed SPD si misura ormai in 15 punti percentuali e diffi-cilmente il partito socialdemocratico pare poter re-cuperare in così poco tempo. La locomotiva d'Euro-pa, in ogni caso, non può farsi impensierire da ipote-si di ingovernabilità. La Grande Coalizione del 2005 insegna bene che i due principali partiti tedeschi da tempo non hanno remore ideologi-che che impediscano un governo comune. Quin-di, al momento attuale, non è sufficiente analizzare il programma economico della coalizione CDU-CSU per delineare le future politiche economiche tede-sche. L’obiettivo di questo articolo è quindi quello di comprendere come imposterebbero l'azione di go-verno dell'economia i due principali partiti tede-schi qualora arrivassero al governo. Lo faremo capi-tolo per capitolo, analizzando le posizioni dei due principali schieramenti in merito. Sarà poi natural-mente la Realpolitik a svolgere il ruolo decisivo, contribuendo a scombinare tutte le previsioni pre-elettorali o a combinare i rispettivi programmi eco-nomici nel caso di un governo di coalizione. Pubblica amministrazione e spesa pubblica CDU-CSU Vantare un surplus di bilancio dello 0,2% è un moti-vo di grande orgoglio per Angela Merkel. Mentre bacchettava e rimproverava i Paesi dell’Europa me-ridionale, il governo di centrodestra è riuscito a por-tare il bilancio in pareggio per la seconda volta negli ultimi dieci anni. Un traguardo storico, se con-sideriamo che l'Italia è riuscita a conseguire un bi-lancio in pareggio solo due volte in 150 anni di sto-ria nazionale. I più attenti potrebbero far notare co-

me sia facile raggiungere il pareggio di bilancio con una spesa per interessi bassissima, grazie all'afflus-so di capitali in fuga dai cosiddetti PIIGS (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia, Spagna). In parte questo è ve-ro, ma bisogna considerare che il governo Merkel ha deciso di impiegare questo aiuto dai mercati in mo-do accorto e senza sperperi. Il programma economi-co della coalizione di centrodestra consiste dunque nella continuazione del risanamento, tagliando nuovamente la spesa pubblica nel 2014. SPD La priorità sbandierata del partito è lo sviluppo lo-cale, finanziato da project bond emessi dai comuni. Una sorta di federalismo municipale che sposti le risorse economiche e finanziarie dal centro alle pe-riferie. Il partito di centrosinistra fa notare che, no-nostante gli sforzi del governo Merkel, il debito pub-blico rimane all'81,9% del PIL, più di 20 punti sopra il famigerato parametro di Maastricht del 60%. I socialdemocratici propongono dunque la strada del-la riduzione del debito tramite l'innalzamento del-le tasse sui redditi alti. Il partito aumenterebbe invece la spesa pubblica per portare avanti l'unifica-zione pensionistica tra cittadini dell'Ovest e dell'Est entro il 2020. In media, i pensionati dell'ex-DDR percepiscono infatti molto meno rispetto ai loro connazionali dell'Ovest. Fisco CDU-CSU Per quanto riguarda il capitolo fiscale, la coalizione di centrodestra sposa incondizionatamente la tesi del “no a nuove tasse”. Con un bilancio in pareggio e un taglio della spesa pubblica previsto nel 2014, in effetti, non si può far altro che programmare una diminuzione della pressione fiscale. I consiglieri e-conomici di Merkel hanno già previsto un aumento

di Fabio Cassanelli

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del gettito per i prossimi anni a parità delle aliquote, grazie al contributo della crescita del PIL. SPD Il partito socialdemocratico si affida nel settore del-la tassazione a una proposta che può essere definita "Hollande-light". Si mira a ridurre il divario tra i redditi più alti e quelli più bassi, senza però terro-rizzare i percettori di grosse buste paga. In partico-lare, si cerca di limitare il rapporto tra stipendio ba-se e bonus, intervenendo solamente sulla quota che va oltre i 500.000 euro all'anno. Su questa verranno dimezzati i sistemi di deducibilità fiscale: tale pro-posta è molto leggera rispetto a quella dei socialisti francesi, che prevede il taglio secco del 75% della quota superiore al milione di euro. Viene ideata i-noltre un'aliquota unica del 49% per i redditi superiori a 100.000 euro (oggi 42% sopra i 100.000 euro e 45% sopra i 200.000 euro). La SPD propone inoltre un sistema che agevoli maggior-mente le cooperative e la partecipazione all'aziona-riato delle aziende da parte dei dipendenti. Il fine è quello di "addomesticare” capitalismo e mercati fi-nanziari e creare nicchie floride di sviluppo locale. Mercati e finanza CDU-CSU Essendo una coalizione improntata sul modello cri-stiano-democratico, la CDU-CSU si ispira ai principi dell’economia sociale di mercato. Il programma di governo è vago in questo capitolo, ma si auspica una maggiore regolamentazione della finanza e un monitoraggio più approfondito delle banche siste-miche. SPD La SPD propone un sistema maggiormente basato su concorrenza e trasparenza. Nel programma sono previste le attività di rafforzamento delle poli-tiche anti-trust e allo stesso tempo l’ampliamento della gamma di informazioni che produttori e ven-ditori devono trasferire al consumatore. In questo modo, i consumatori sarebbero naturalmente incen-tivati a scegliere prodotti eco-sostenibili e aziende etiche e responsabili. Il semaforino da applicare sui prodotti alimentari per aiutare il consumatore a scegliere cibi sani è invece ispirato a un programma del Primo Ministro britannico David Cameron, un conservatore. Sui mercati finanziari, la SPD intende invece porre freno all'High Frequency Trading, il nuovo sistema di intelligenza artificiale sviluppato

dalle grandi banche di investimento per automatiz-zare le compravendite in borsa. In particolare, è sta-to notato come questi computer siano in grado di comprare e vendere titoli finanziari in frazioni di secondo, riuscendo a "battere" anche l'investitore umano più attento e rapido. Si propone anche una netta separazione tra le banche di credito ordi-nario e quelle di investimento. Impresa e lavoro CDU-CSU Essendo la SPD un partito con solide radici laburi-ste, la coalizione CDU-CSU non può che inseguire su questo terreno. La forza politica guidata da Merkel propone, al pari dei socialdemocratici, una riforma improntata sulla contrattazione collettiva, così come sul minimo salariale le posizioni sono simili a quelle della SPD, anche se in quest’ultimo caso non ci si sbilancia in obiettivi da raggiungere. Tuttavia, viene fatto notare come si debba trovare il miglior trade-off tra salari equi e l’eccessivo innalzamento dei costi del lavoro per le imprese. Per la coalizione di centrodestra, la competitività è un elemento irri-nunciabile, che non deve essere sacrificato sull’altare dei salari. Per quanto riguarda la partecipazione dei dipenden-ti alle scelte aziendali, secondo la CDU-CSU va pre-miata la partecipazione diretta dei lavoratori al capitale di rischio delle aziende. In questo modo il legame con la propria azienda verrà ancor più raf-forzato rispetto ad una semplice delegazione nel Consiglio di Sorveglianza. Vengono ipotizzati addi-rittura prestiti dalla KfW (equivalente all’italiana Cassa Depositi e Prestiti) per aiutare i dipendenti a investire nelle azioni dell’impresa in cui lavorano. SPD Per l'SPD la rivoluzione digitale in questo settore va stimolata e i frutti da raccogliere sono costituiti da luoghi o orari di lavoro più flessibili. Si tratta del tele-lavoro, ossia l'opzione che viene data al dipen-dente di lavorare da casa, connettendosi all'ufficio tramite il proprio personal computer. Il partito met-te però in guardia dai possibili rischi che potrebbe-ro portare a nuove forme di sfruttamento, derivate dalla dilatazione eccessiva degli orari di lavoro da casa. Per quanto riguarda i contratti di lavoro, la SPD pro-pone l'introduzione di un minimo legale ai salari (almeno 8,50 euro l'ora) e il rafforzamento della contrattazione collettiva (dalla quale dovranno

COINCIDENTI O ALTERNATIVI? I PROGRAMMI ECONOMICI DI CDU E SPD Fabio Cassanelli

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emergere almeno il 50% dei contratti nazionali). La riforma del lavoro si fonde poi al diritto societa-rio nelle parti in cui viene proposto l'ampliamento dei sistemi di cogestione (Mitbestimmung) dalle aziende con più di 2000 dipendenti a quelle con più di 1000. Secondo questo principio, la metà del Con-siglio di Sorveglianza di un'impresa spetta ai rap-presentanti dei dipendenti. Il resto delle imprese elegge solamente un terzo dei rappresentanti. Poi-ché il Consiglio di Sorveglianza è fondamentale per la nomina dei manager, è evidente quanto i lavora-tori siano interessati a partecipare alla scelta di per-sonalità capaci di coniugare sviluppo aziendale e condizioni dei dipendenti. Inseriti nei luoghi deci-sionali, i dipendenti si responsabilizzano ed è più probabile che siano disposti a fare sacrifici nei tem-pi più duri. La SPD sarebbe addirittura disposta a estendere questo sistema alle aziende estere con sede legale in Germania. Una mossa che avrebbe il consenso dei lavoratori, ma rischierebbe di allonta-nare investimenti esteri per paura di una governan-ce blocccata. Un'altra priorità per i socialdemocratici è quella di ridurre il divario ancora esistente tra i salari dei lavoratori della ex Germania Est con quelli più cor-posi dell'Ovest. In particolare, il 20% degli ex citta-

dini della DDR guadagna meno di 8,5 euro all'ora, la soglia considerata sacra dal partito per un'adeguata sopravvivenza. Nonostante leggere differenze, i programmi dei due principali partiti appaiono molto simili. La concor-dia sulla disciplina di bilancio metterà al sicuro i conti pubblici tedeschi e farà accelerare ancora di più la macchina economica tedesca, con tassi di in-teresse bassi derivanti dal rischio praticamente nul-lo di default. L’unanimità sulla contrattazione collet-tiva e sull’introduzione di un salario minimo fanno ben sperare in un accordo nel corso della legislatu-ra. Per quanto riguarda tassazione e spesa pubblica, le discrepanze nei programmi sono minime. La SPD è molto moderata nelle richieste di redistribuzione tra classi di reddito, mentre la coalizione CDU-CSU si guarda bene dall’annunciare dove intende taglia-re la spesa e in diversi capitoli difende tenacemente il welfare germanico. Insomma, i programmi economici dei due partiti vanno quasi a braccetto e non sarà difficile impo-stare una politica economica comune in caso di ne-cessità. Il brillante futuro economico della Germania pare assicurato anche per i prossimi quattro anni. Shock e crisi esterne permettendo.∎

MERKEL E IL SUO MINISTRO DELLE FINANZE STEINBRUCK, AL SUMMIT DI LONDRA DEL 2009, AI TEMPI DELLA GRANDE COALIZIONE (© LONDON SUMMIT, FLICKR)

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LE BANCHE E LA GRANDE COALIZIONE.LE BANCHE E LA GRANDE COALIZIONE. BERLINO TEME L’UNIONE BANCARIABERLINO TEME L’UNIONE BANCARIA

Il modello economico sviluppato in Germania nel secondo dopoguerra si basa sullo stretto legame tra banche e imprese. Landesbanken e Sparkassen, istituti di credito di diritto pubblico, sono alla base della capacità delle medie e grandi imprese tedesche di finanziarsi e investire. Speculazione, conflitti di interesse e buchi sanati dal denaro dei contribuenti sono l’altro lato della medaglia. Un lato che CDU, SPD e FDP in egual misura non hanno alcun interesse a mettere sotto il controllo delle autorità europee.

S crive Robert Gilpin, nel suo celeberrimo ma-nuale di Political Economy, che la Germania del dopoguerra si contraddistinse per lo svi-luppo di un peculiare modello di capitalismo

in cui finanza e grande industria risultavano legati a sorti comuni. Un modello di economia sociale di mercato fortemente corporativo, in cui il sistema di prestiti bancari rappresentava il pressoché unico canale di accesso al credito per le imprese. Benché dalla metà degli anni Ottanta banche e aziende si siano progressivamente orientate verso i capitali dei mercati finanziari, anche riforme particolarmen-te rilevanti come quella su controllo e trasparenza delle imprese del 1998 non hanno del tutto alterato il legame corporativo tra banche e sistema produtti-vo.

La ragione sta tutta nei numeri: Sparkassen e Lan-desbanken (casse di risparmio e banche regionali) hanno contato nel 2011 per il 41% del credito alle imprese tedesche e per il 42% dei depositi privati, secondo il rapporto annuale fornito dalla Deutscher Sparkassen-und Giroverband (DSGV), l'organismo federale rappresentante le banche pubbliche. Gli istituti di diritto pubblico, che costituiscono uno dei tre pilastri del sistema bancario insieme a quelli privati e cooperativi, siedono alla base della catena di approvvigionamento creditizio del Mittelstand, il complesso di piccola-media industria ad alto grado di innovazione che alimenta la competitività inter-nazionale della Germania. La concatenazione si completa osservando la composizione azionaria di questi istituti: se la casse di risparmio non possono ricevere capitali dagli enti territoriali in cui opera-no, nei CdA delle banche regionali siedono i rappre-

sentati dei Land di residenza, per tacere della par-tecipazione incrociata tra diversi istituti regionali. Tali istituti, proprio in quanto entità di diritto pub-blico, legano la loro attività a finalità sociali e di in-teresse pubblico, ma non disdegnano generosi sfo-ramenti nel private banking. Il ruolo di creditori privilegiati delle industrie di piccole e medie dimen-sioni, infatti, è stato costruito negli anni grazie alla responsabilità illimitata degli enti regionali per la solvibilità dei rispettivi istituti, atta a garantire la continuità della loro funzione pubblica secondo il combinato disposto dei principi di Anstalslast e Ge-währträgerhaftung, veri elisir di immortalità come emerge da uno studio di Giovanni Boggero, recente-mente intervistato da Europae, per l'Istituto Bruno Leoni. A livello economico, ciò si è tradotto nel godi-mento di rating elevati e dunque nella capacità di rifornirsi di capitali a costi contenuti, prestando alle imprese a tassi altrettanto vantaggiosi. Unico (ma gigantesco) neo in un quadro così vir-tuoso risulta la tendenza molto marcata all'az-zardo, la dedizione ad attività speculative che poco hanno a che spartire con l'interesse pubblico e di cui la classe politica tedesca si è resa trasversal-mente responsabile, dato il ruolo di controllo che lo Stato mantiene su circa il 45% del settore bancario nazionale. Un vizietto già coltivato in passato con dubbi investimenti immobiliari e oggi ravvivato gra-zie alla finanza derivata, ai mutui subprime ed ai più svariati asset tossici di cui le banche tedesche – in particolare quelle locali forti della garanzia pubblica – si sono dimostrate particolarmente ghiotte. L'a-genzia Reuters ha fatto loro i conti in tasca, scovan-do titoli tossici per 638 miliardi di euro, di cui oltre 220 nei bilanci degli istituti di Nord-Reno We-stfalia, Schleswig-Holstein, Baden-Württemberg e Baviera. Istituti che, sempre secondo Reuters, si preparano ad aumenti di capitale per 3 miliardi

di Antonio Scarazzini

Il ruolo delle Sparkassen e delle Landesbanken è stato ed è ancora alla base del successo dell’eco-nomia sociale di mercato alla tedesca.

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di euro destinati allo schema di protezione dei de-positi, come richiesto dalle nuove norme comunita-rie. Un'esposizione al rischio scaricata direttamente sui contribuenti tedeschi, chiamati a risanare le casse di questi enti attraverso le generose iniezioni di liquidità garantite dal governo: il New York Times, citando dati della Commissione Europea, ha ricorda-to in un editoriale agostano che, secondo solo al bai-lout britannico, il salvataggio delle banche tedesche (tra cui la nazionalizzata Hypo Real Estate e Com-merzbank di cui il 25% è ora in mano statale) è co-stato ben 646 miliardi di euro alle casse tedesche. Tra i beneficiari, tra gli altri istituti, la West LB di Düsseldorf per 11 miliardi e la Bayern LB per 10 miliardi. Aiuti di Stato finiti sotto la lente d'ingrandi-mento della Direzione Generale per la concorrenza della Commissione Europea, chiamata già negli anni '90 a pronunciarsi sulla compatibilità con i Trattati europei delle garanzie di cui godevano le banche pubbliche e poi intervenuta per eliminare la respon-

sabilità patrimoniale illimitata in capo agli enti loca-li. Quando la stessa Commissione presentò nel giugno 2012 la proposta per la creazione di un'unione bancaria che concorresse a spezzare il circolo vi-zioso tra banche e debito sovrano, ci si poteva a-spettare una reazione positiva da parte di Berlino, vista la sofferenza delle proprie banche. Angela Merkel e il suo Ministro delle Finanze Wolfgang

Schauble hanno invece stupito, piantando paletti severi prima sulle modalità di funzionamento del meccanismo unico di vigilanza in capo alla BCE, poi sulla compatibilità con i Trattati del meccanismo unico di risoluzione per le banche in crisi di solvibi-lità.

IN SENSO SENSO ORARIO, LE SEDI DI BAYERNLB (MONACO), NORDDEUTSCHE LB (HANNOVER), LB BADEN-WURTTEMBERG (KARLSRUHE), NRW-BANK (DUSSELDORF).

Speculazione, salvataggi da parte dello Stato e un sistema corporativo che distorce il mercato: ecco perché tutti a Berlino temono l’unione bancaria.

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Come hanno reagito Peer Steinbrück e la SPD, rivali della Merkel e della coalizione CDU/CSU nella corsa al cancellierato? Chi si attendeva che il candidato socialdemocratico potesse porre tra i suoi cavalli di battaglia l'avanzamento dell'unione banca-ria è rimasto deluso. Silenzio quasi totale sul tema da parte dei due candidati, con Merkel intenta a tenere il punto e Steinbrück forse ancora memore di quando nel 2001, allora Ministro delle Finanze in Nord-Reno Westfalia, si apprestava a trattare con la Commissione Europea per la difesa delle garanzie pubbliche sulle Landesbanken. Una “grandissima coalizione” tra CDU e SPD quindi (senza trascurare i liberali della FDP), per cercare di evitare il nodo spinoso delle sof-ferenze bancarie proprio in quella campagna elet-torale dal cui esito l'Unione Europea si attende se-gnali importanti sul futuro prossimo dell'unione bancaria. Berlino teme che la vigilanza affidata ad un ente esterno possa scoperchiare un sistema cor-porativo in cui la politica contempla tanto il soste-gno al tessuto industriale quanto l'investimento speculativo. Una realtà fortemente discriminatoria nei confronti degli istituti privati, ma soprattutto distorsiva del mercato unico e delle norme di con-correnza, soprattutto per quanto riguarda il costo della raccolta di capitale, come sottolineato da Luigi Zingales sulle pagine del Sole24Ore.

Eppure, per difendere questo sistema Berlino è pronta a tutto, persino ad ostacolare la costruzio-ne di un sistema di risoluzione unico europeo – e dunque a preferire forme di intervento pubblico gestite da regolatori nazionali con denaro dei propri contribuenti – subordinando il proprio assenso alla riforma dei Trattati. Il nodo del contendere è l'en-tità dei poteri della Commissione in quanto ge-store del meccanismo d'intervento che dovrebbe poter contare su 55 miliardi, pari all'1% dei depositi garantiti delle banche europee. Ruolo inizialmente pensato per la BCE e poi affidato proprio alla Com-missione, istituzione super partes rispetto ai gover-ni, proprio per la titubanza di Berlino a cedere all'Eurotower ulteriori compiti extra statuto. Insom-ma, in gergo calcistico, palla lunga per perdere tem-po.

La politica tedesca ha le sue ragioni: come nota ancora il New York Times, il bailout tedesco è costa-to “solo” il 25% del prodotto interno lordo. Cinica-mente, la Germania può permettersi di salvare le proprie banche. Perché rischiare di mettere in di-scussione uno dei punti forti della propria competi-tività internazionale per correre in soccorso di quei Paesi che non sono in grado, come la Germania, di salvaguardare in autonomia i propri istituti di credi-to? La miopia di un simile ragionamento è evidente. Il drenaggio di risorse pubbliche verso gli istituti bancari in tutta Europa ha fatto mancare un soste-gno importante al tessuto produttivo: l'esaurirsi del credito alle imprese, l'elevato livello di tassazione in alcuni Paesi, l'alta disoccupazione hanno reso il mercato europeo poco appetibile anche per la Ger-mania, che ormai da qualche mese vede i consumi interni decisamente più in salute del proprio export. L'unione bancaria rappresenta quella garanzia mi-nima di rispetto delle norme del mercato unico e di responsabilità nei confronti di contribuenti già duramente provati dalla crisi e ormai ai ferri corti con il sistema bancario. Non da ultimo, l'accondi-scendenza verso gestioni “allegre” delle banche re-gionali non è certo prova di coerenza per chi, come Merkel, difende i denari tedeschi dagli spendaccioni ellenici poi non così dissimili nei fatti da alcuni spe-ricolati manager teutonici. Se i panni sporchi si lavano in famiglia, insomma, le banche si salvano a casa propria. Per quanto ancora, Frau Kanzlerin? ∎

LE BANCHE E LA GRANDE COALIZIONE. BERLINO TEME L’UNIONE BANCARIA Antonio Scarazzini

Le principali forze politiche tedesche sono alleate nel difendere il sistema corporativo delle banche pubbliche tedesche. La Grande Coalizione c’è già.

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LA CAMPAGNA ELETTORALE TEDESCALA CAMPAGNA ELETTORALE TEDESCA TRA TONI PACATI E DISTENSIONETRA TONI PACATI E DISTENSIONE

Nessuna invettiva, toni pacati e rispetto reciproco caratterizzano il modo di relazio-narsi delle forze politiche tedesche. In una campagna elettorale senza grandi scossoni Angela Merkel, con la sua immagine di sicurezza e affidabilità, è la favorita d’obbligo. Il socialdemocratico Peer Steinbrück ha mostrato grande difficoltà a tener testa al suo carisma e a far dimenticare agli elettori il suo mix di gaffe a arroganza. Alternative für Deutschland è il solo fattore che può cambiare un risultato altrimenti già scritto.

P ochissime urla, un solo dibattito televisivo, nessuna accusa personale. Agli occhi di un elettore italiano, statunitense o francese, la campagna elettorale tedesca potrebbe ap-

parire quantomeno compassata, addirittura noiosa. Probabilmente, però, la pacatezza di gran parte dei partiti coinvolti nella campagna elettorale (34 iscrit-ti alle elezioni, dei quali realisticamente soltanto 7 aspirano ad essere rappresentati nel Bundestag) è tutt’altro che casuale. Sono vari i motivi che spingono a non alzare i toni. Il primo è la legge elettorale, che non permette alle-anze pre-elettorali: l'intenzione di allearsi con un altro partito si può annunciare, ma viene sancita soltanto nel post-elezioni. Può capitare così che av-versari politici durante la campagna elettorale si ritrovino poi a dover formare un'alleanza di gover-no, come successo ad esempio durante la legislatura 2005-2009 a cristianodemocratici (CDU-CSU) e so-cialdemocratici (SPD). Una situazione simile non è affatto improbabile anche quest'anno e anzi, stando ai sondaggi, risulta un’opzione gradita a moltissimi tedeschi.

C'è poi un approccio diverso alla politica da parte dell'elettorato, che tendenzialmente non apprezza né tantomeno premia i tentativi di alzare i toni. Lo stesso Piratenpartei, da alcuni paragonato al Movi-mento 5 Stelle italiano, ha in comune con quest'ulti-mo soltanto alcune idee, non di sicuro il modus ope-randi, caratterizzato, nel loro caso, da moderazione e nessuna tendenza al leaderismo. A favorire la pacatezza dei toni aiuta anche un con-testo economico tutto sommato positivo, nono-stante la crisi degli altri Paesi dell'eurozona, e una

disoccupazione ai minimi storici (5,3%). Di fronte a una situazione del genere, sembra difficile che l'elet-torato possa orientarsi verso partiti che propongo-no un cambiamento radicale a scapito della conti-nuità. Un altro motivo che rende la campagna elettorale, se possibile, ancora più pacata di quelle precedenti, è la scelta dei candidati da parte dei due partiti prin-cipali: Peer Steinbrück per la SPD e ovviamente Angela Merkel per la CSU-CDU. Queste scelte limi-tano al massimo la possibilità di crociate personali, non solo perché i due si conoscono (Steinbrück è stato dal 2005 al 2009 il Ministro delle Finanze del primo governo Merkel), ma anche perché parte del-le loro idee, su molti temi di dibattito, sembra esse-re quasi convergente. Steinbrück, infatti, fa parte dell'ala più moderata dell'SPD ed era stato scelto proprio per raccogliere i voti dei cristiano-democratici ipoteticamente delusi dal governo Mer-kel. D’altro canto, Merkel stessa tende a sminuire le dif-ferenze tra i due partiti, attuando la cosiddetta tec-nica della "smobilitazione asimmetrica". Una stra-tegia che consiste nel recepire proposte dell'SPD potenzialmente gradite all'elettorato e nell‘e-laborarne di analoghe, applicando qualche variante per proporle anche all'elettorato cristiano-democratico. Esempi di questa strategia sono l'an-nuncio di Merkel, nel primo comizio elettorale, dell'intenzione di aumentare gli assegni familiari, dopo che l'SPD aveva messo l'accento sulle politiche per la famiglia, oppure la decisione di riunire i Mini-stri del Lavoro di 20 Paesi europei lo scorso 3 luglio a Berlino per parlare di disoccupazione giovanile, dopo essere stata definita dall'SPD la campionessa dell'austerità. O ancora la sorprendente proposta sul salario minimo, ripresentata con la sola varian-te della differenziazione in base alla regione e alla

di Mauro Loi

Fattori come l’assenza di coalizioni pre-elettorali, un approccio diverso alla politica e il contesto e-conomico hanno favorito una campagna pacata.

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tipologia di impiego. C’è chi, in questa strategia, fa rientrare anche l’abbigliamento del Cancelliere, che nello spot elettorale indossa un abito rosso, colore della SPD.

La "smobilitazione asimmetrica" servirebbe a porta-re gli indecisi a basarsi, per la loro scelta di voto, più sulla figura dei due candidati che non sui pro-grammi, proprio perché questi ultimi sono in larga parte convergenti. Un gioco che va tutto a vantaggio della Merkel, che in questi lunghi anni di governo si è costruita un'immagine rassicurante e la cui riele-zione, per i tedeschi, sarebbe garanzia di continuità. Una propensione, quella a voler sfruttare la figura del Cancelliere uscente, evidente anche dagli spot elettorali della CDU, in cui Merkel compare sem-pre in primo piano, sorridente, da sola e accompa-gnata da scritte rassicuranti come "La Germania è forte, e continuerà ad esserlo". Opposta la situazione di Steinbrück, che non riesce a presentarsi come figura rassicurante – anzi è stato sulla graticola in quanto deputato "fantasma" al Bundestag, attività cui preferiva quella di conferenziere, con introiti milionari – e che ha dovuto ripiegare su manifesti che ritraggono cittadini comuni, recitanti lo slogan "Il NOI decide". In assenza di particolari scossoni, insomma, la cam-pagna elettorale si sarebbe conclusa non solo in mo-do pacato, ma con un risultato praticamente scontato. Il dibattito si sarebbe concentrato su sala-

rio minimo, pensioni (la SPD fatica ancora a recupe-rare la porzione di consenso persa in seguito alla riforma Schröder, ritenuta un incentivo al precaria-to e quindi, per gli elettori di sinistra, un tradimen-to), riforma fiscale e politiche familiari e avrebbe probabilmente trascurato le tematiche europee. Se la voglia di trattare queste ultime infatti era ben po-ca da parte della Merkel, dato che parlare di crisi dell'eurozona non è argomento ideale per rassicura-re gli elettori, anche l'SPD difficilmente avrebbe a-spirato ad acquisire consensi parlando di eurobond, che invece fanno parte del programma che piace al suo elettorato tradizionale. A ravvivarla invece, sono intervenuti alcuni elemen-ti di novità: uno interno, ovvero la presentazione da parte di Bernd Lucke del partito euroscettico Al-ternative für Deutschland (AfD); gli altri esterni, ovvero lo scandalo spionaggio NSA e la nuova "emergenza Grecia". La comparsa di AfD nel panorama elettorale tedesco è stata rilevante, in quanto la nuova compagine ha potenzialmente raccolto i voti, o almeno le simpatie, degli elettori convinti che la Germania distolga trop-pe risorse alle politiche interne per destinarle a Pae-si stranieri che invece le sprecano. Inizialmente o-rientata a proporre l'uscita dall'euro e il ritorno al marco, l'AfD ha poi virato sulla proposta di far usci-re dall'euro i Paesi dell'Europa del Sud e comunque quelli con i conti in disordine. Una proposta che ha un certo appeal in Germania, patria dell'ordolibera-lismo e della dottrina della "casa in ordine": se ogni Paese è in ordine al suo interno, in questo caso dal punto di vista economico, anche il suo modo di

SLOGAN E MANIFESTI: “CANCELLIERA PER LA GERMANIA”, RECITANO LE IMMAGINI ELETTORALI DELLA CDU DI MERKEL. “IL NOI DECIDE”, REPLICA LA SPD DI STEINBRUCK.

La “smobilitazione asimmetrica” e una forte per-sonalizzazione della campagna elettorale sono state due delle armi di Merkel e della CDU.

LA CAMPAGNA ELETTORALE TEDESCA, TRA TONI PACATI E DISTENSIONE Mauro Loi

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convivere con gli altri Paesi sarà pacifico ed ordina-to. Due essenzialmente le novità provocate dalla comparsa di Afd: l‘incertezza nei sondaggi, solita-mente invece piuttosto realistici. Non si riesce infat-ti a stimare quanti indecisi possano votare AfD e, anche tra chi dichiara il proprio voto, pare compar-sa la tendenza al bluff, ovvero mascherare la propria intenzione di votare AfD (da alcuni dati addirittura all'8%). Un secondo elemento di novità riguarda poi il freno nella politica europea di Merkel che, per ten-tare di recuperare elettori potenzialmente affasci-nati da AfD, ha compiuto passi verso le loro posizio-ni. In quest'ottica si possono leggere il rallentamen-to dell'inizio dei negoziati di adesione con la Serbia e della prosecuzione di quelli con la Turchia, oltre che la messa a tacere, momentanea, dei discorsi sull'unione bancaria.

Il "caso Snowden" e le accuse di collaborazionismo con i servizi americani, che avrebbero spiato anche il governo tedesco, rivolte al Ministro della Difesa Thomas de Maizière (CDU) e al capo dei servizi Gerhard Schinder (FDP) sono state l'unico caso di attacco personale verso membri del governo. A concentrare l'attenzione sulla crisi greca e sulle tematiche europee è stata invece una dichiarazione del Ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble che, a dispetto delle rassicurazioni fornite fino a poco tempo prima dalla Merkel («Non ci sarà bisogno di una nuova tranche di aiuti»), ha dichiarato ad ago-sto che la Grecia, per la terza volta, dovrà ristruttu-rare il suo debito pubblico, con rischio di perdite per i creditori esteri (tra cui la BCE) e probabile ne-cessità di nuovi aiuti. Tre novità, queste, che hanno messo un po' di pepe sulla campagna elettorale, anche se non abbastanza da sconvolgerne gli equilibri. Equilibri orientati ver-so uno scontro-incontro tra CSU-CDU e SPD e con-fermati anche dall'unico dibattito in diretta TV Merkel-Steinbrück del 1 settembre: davanti a quattro intervistatori, i due candidati hanno parlato ancora di salario minimo, riforma fiscale, Grecia, energia, tassi di interesse, pensioni e sanità. Poche le frecciate e anzi i due sfidanti hanno trovato il mo-do di concordare sulla questione Siria (niente inter-vento senza mandato ONU) e di aprire ad una Groß-

e Koalition: Merkel l'ha definita ipotesi percorribile in caso in cui l’alleanza parlamentare con FDP risul-tasse insufficiente a garantirle la maggioranza asso-luta del Bundestag. Steinbrück non l'ha esclusa (anche se ha affermato che lui, in caso, non ne farà parte), definendo impossibile per l'SPD e per i Verdi un'alleanza con Die Linke, ritenuta «non ancora ma-tura per governare». Se quindi i giochi tra i due principali partiti sembra-no definiti, resta da capire cosa sarà dei partiti mi-nori, che il loro dibattito lo hanno svolto il giorno successivo e il cui risultato sarà importantissimo in vista della formazione delle coalizioni post-elettorali. Gli ultimi sondaggi (CSU-CDU 40%, SPD 23%, Verdi 11%, Die Linke 9%, FDP 5%, Pirati 3% e AfD 2-5%*) sembrano escludere la fattibilità di maggioranze composte da CSU-CDU e FDP o tra SDP e Verdi, o ancora tra CSU-CDU e Verdi. Lo scenario più probabile sembra proprio la Große Koalition CSU-CDU e SPD, con Merkel ancora Cancelliere. Saranno infatti i toni pacati, sarà la situazione eco-nomica stabile, ma l'impressione è che un'eventuali-tà del genere non farà gridare nessuno allo scandalo o all'“inciucio“. Le urla, le diffamazioni a queste latitudini non sono ancora di casa e non lo è ne-anche il fantasma dell'ingovernabilità. Almeno in attesa di conoscere eventuali sorprese, soprattutto se targate AfD.∎

Alternative für Deutschland, lo scandalo spionaggio e i nuovi rischi legati alla Gre-cia hanno ravvivato la campagna elettorale.

MANIFESTAZIONE DI MILITANTI DI AFD (© FACEBOOK, ALT. FUR DEUT.)

* Sondaggio Forsa, da“Die Spiegel“ del 4 settembre URL: http://www.spiegel.de/flash/flash-21034.html

KAISERIN ANGELA? MERKEL VERSO LA RICONFERMA, L’EUROPA ASPETTA N. 5 - Settembre 2013

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150 ANNI E SENTIRLI: LA SPD E PEER 150 ANNI E SENTIRLI: LA SPD E PEER STEINBRÜCK ALLA PROVA DEL VOTOSTEINBRÜCK ALLA PROVA DEL VOTO

La SPD è il partito di massa più antico della storia. La campagna elettorale 2013, che cade nel centocinquantenario della sua fondazione, non ha reso onore alla storia del centrosinistra tedesco. Peer Steinbrück, troppo moderato per catturare i voti di sini-stra e troppo modesto per sottrarre consensi ad Angela Merkel, non ha speranze di ottenere il cancellierato. La SPD paga oggi il prezzo della sua ambivalenza e può spe-rare di tornare al governo solo come junior partner del suo avversario storico.

I l quotidiano conservatore Die Welt ha provato a imitare il “rovistare nel torbido” tipico delle campagne elettorali americane nei confronti dello sfidante di Angela Merkel, Peer Stein-

brück, ormai gravato da mesi da sondaggi poco lu-singhieri e da una debole capacità comunicativa. I redattori del giornale, con sprezzo del ridicolo, han-no riportato le informazioni raccolte su Steinbrück dalla STASI, il famigerato servizio segreto della Ger-mania dell’Est, nel corso di alcune visite presso una cugina che abitava nella DDR, il cui marito è stato un informatore dell’agenzia. L’accusa del Die Welt è di vicinanza agli ideali “marxisti”, addirittura al “KGB”: la STASI avrebbe considerato di farne un agente, mentre questi faceva i primi passi di una carriera nella SPD che sarebbe stata di grande successo (Ministro nei governi statali di Schleswig-Holstein e Nord-Reno Westfalia, Ministerpräsident della stessa Nord-Reno Westfalia e Ministro delle Finanze nel governo Merkel di Grosse Koalition tra il 2005 e il 2009). In realtà, il rapporto delle spie della DDR evi-denzia principalmente come Steinbrück fosse «chiaramente un aderente della teoria del sociali-smo democratico adottata dal Sozialdemokrati-sche Partei Deutschlands (SPD) della Germania dell’Ovest». Egli stesso ha chiesto la pubblicazione integrale del suo file, dal contenuto banale, lamen-tandosi che l’unica cosa appresa dallo scoop fosse l’identità degli informatori nel corso dei suoi viaggi nell’Est. Nell’anno del 150esimo anniversario della na-scita del Partito socialdemocratico tedesco, il più antico partito di massa della storia, la campa-gna elettorale condotta da colui che era stato saluta-to come l’anti-Merkel non sta andando comunque secondo i piani. A Berlino, Amburgo, Stoccarda, Francoforte e Monaco i militanti e simpatizzanti del-la SPD sono sempre più scoraggiati da sondaggi che

danno al loro partito il 25% dei consensi contro il 40% del rivale CDU-CSU. Il dibattito interno al parti-to somiglia più a una paradossale analisi preven-tiva della sconfitta, rispetto a un convinto sostegno per il proprio programma di governo o a una critica

decisa verso l’operato del Cancelliere Merkel, che pure ha dato una prova di sé più sbiadita nel man-dato appena trascorso con i liberali rispetto a quan-do era alla testa della Grosse Koalition con i socialde-mocratici. Le difficoltà di questi ultimi nel marcare le proprie differenze politiche rispetto ai conserva-tori sono dovute alla strategia della stessa Merkel di depotenziare le polemiche, seguire piuttosto che orientare gli umori dell’elettorato, e adottare idee e politiche da tutto lo spettro politico, cominciando proprio dai rivali di sempre: SPD e Verdi. Come osserva Josef Joffe, giornalista di Die Zeit, Merkel ha cambiato spesso le proprie posizioni per mantenere la forte affinità con l’opinione pubblica tedesca, sempre conservando i propri tratti distintivi di moderatismo, pragmatismo e pru-denza. In seguito alla risicata vittoria del 2005, la donna più potente d’Europa ha adottato politiche “di sinistra” quali le quote rosa, le unioni tra perso-ne dello stesso sesso, e il rafforzamento del welfare, riducendo invece le spese per la difesa. Dopo il disa-stro di Fukushima nel marzo 2011, il Cancelliere ha preso la decisione di sospendere l’attività delle cen-trali nucleari tedesche, dopo aver assicurato le utili-ties circa il loro utilizzo nei decenni a venire solo alcuni mesi prima, e ha annunciato l’Energiewende, una decisa svolta verso le energie rinnovabili quale motore della prima potenza industriale d’Europa.

di Shannon Little

Scoramento e pessimismo accompagnano la cam-pagna elettorale del Partito Socialdemocratico, proprio nell’anno del suo 150esimo anniversario.

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In politica estera la timidezza tedesca è stata critica-ta da diversi commentatori nel caso della guerra in Libia, ma è ovviamente difficile per un partito so-cialdemocratico criticare un governo conservatore per prudenza in materia d’interventi militari, spe-cialmente in Germania e alla luce della difficile si-tuazione tuttora presente nel Paese mediterraneo. Infine, la politica europea del Cancelliere rappresen-ta in maniera pedissequamente fedele l’orienta-mento politico del cittadino tedesco tipo: sostegno all’Unione Europea (UE) e all’integrazione in cambio di profonde riforme strutturali – la vera contropartita che chiede Berlino e quella più diffici-le da realizzare, per i Paesi in difficoltà, rispetto al consolidamento fiscale. Su questo versante i social-democratici aderiscono alle posizioni di Merkel e la accusano solamente di nascondere i costi effettivi che sarà necessario sostenere per salvare l’euro. Si tratta di una critica che risulta peraltro plausibile alla luce delle osservazioni del Ministro delle Finan-za Schäuble circa l’inevitabilità di futuri aiuti alla Grecia e della pronta smentita del Cancelliere. In tale contesto, la SPD ha definito un program-ma di governo corposo, redatto in seguito ad una consultazione con i cittadini e ricco di proposte inte-ressanti, quali aumento del salario minimo a 8,5 eu-ro all’ora, migliori opportunità di accedere all’università per i figli di modesta estrazione socia-le, pensioni di solidarietà a 850 euro al mese e la possibilità di andare in pensione a 63 anni se se ne hanno accumulati 45 di contributi. A queste propo-ste si aggiungono quelle per una maggiore tassazio-ne e più stretti controlli sulle banche, internet più veloce e più asili nido per conciliare meglio il lavoro

e la famiglia. Una politica economica di così ampio respiro sarebbe resa possibile dalla maggiore dispo-

nibilità fiscale e dinamismo economico su cui può contare la Germania rispetto ai Paesi in difficoltà nella periferia dell’UE. Tuttavia, anche se la maggior parte delle promesse elettorali della SPD comportano una maggiore spesa pubblica o minori entrate, è difficile pensare, anche in caso di improbabile vittoria dei socialdemocratici in coalizione con i Verdi, che la politica di consoli-damento fiscale tuttora in vigore in Germania ven-ga abbandonata: il pareggio in bilancio e la sosteni-bilità delle finanze pubbliche sono ormai diventati elementi imprescindibili della politica economica tedesca e cardine della sua autorevolezza a livello europeo. Pertanto, una delle ricette proposte dai socialdemocratici per mantenere le sue ambiziose promesse senza compromettere gli obiettivi di con-solidamento, è intensificare la lotta ad evasione ed elusione fiscale. Il quotidiano dell’élite finanziaria, il Frankfurter Allgemeine Zeitung, ha salutato con fa-vore la conversione della SPD a questo obiettivo, ritenuto una priorità assoluta da Steinbrück, sottoli-neando il radicale ridimensionamento delle ambi-zioni del partito dei lavoratori nell’anno del suo 150esimo anniversario. Peraltro, a differenza dei laburisti britannici e dalla sinistra italiana, la SPD non ha mai rinnegato la propria vocazione ad essere il partito di riferimento della classe lavoratrice, anche se intesa in senso lato come classe media: nel-le prime righe del programma campeggia orgoglio-sa, a caratteri cubitali, la scritta “Die SPD ist die Par-tei der Arbeit, schon seit 150 Jahren” (la SPD è il par-tito del lavoro, già da 150 anni). Per tale ragione, è paradossale che siano state proprio le riforme del Cancelliere socialdemo-cratico Gerhard Schröder ad aprire la strada ad una maggiore flessibilità nel mercato del lavoro, che ha portato la Germania ad aumentare la propria produttività, anche se al prezzo della creazione di un mercato del lavoro parallelo incentrato sui cosid-detti Minijob a 450 euro al mese. Le riforme, ambi-ziose e dolorose da un punto di vista sociale, hanno salvato la Germania dalla stagnazione, l’hanno por-tata a essere l’economia più competitiva in Europa e

La SPD non ha abbandonato la vocazione di par-tito della classe lavoratrice, ma la sua politica eco-nomica non è contraria al consolidamento fiscale.

UN COMIZIO ALL’APERTO DI STEINBRÜCK A ESSEN (© PEER-STEINBRUECK.DE )

KAISERIN ANGELA? MERKEL VERSO LA RICONFERMA, L’EUROPA ASPETTA N. 5 - Settembre 2013

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a esercitare di conseguenza un notevole potere ege-monico, ma hanno affossato il partito che le ha pro-mulgate. La SPD, infatti, non si è mai veramente ripresa dalla perdita di una parte consistente della sua ala sini-stra, che ha seguito l’ex presidente Oskar Lafontai-ne nel partito della Linke con i post-comunisti della Germania dell’Est, in seguito proprio alle riforme liberali di Schröder, successivamente divenuto un dirigente del colosso energetico russo Gazprom. La distanza tra i due partiti “rossi” è, infatti, ancora tale da rendere pressoché impossibile un coinvolgimen-to della Linke in un eventuale governo di coalizione con i Verdi. I quattro anni di Grande Coalizione hanno poi ulteriormente indebolito i socialde-mocratici, oscurati dal carisma di Merkel che li ha astutamente privati di diversi argomenti tradiziona-li. La scelta dello sfidante non sembra aver aiutato il partito che fu di Friedrich Ebert, Willy Brandt e Helmut Schmidt. Lo Spiegel ha di recente proposto un ritratto impietoso di Steinbrück incentrato sulle sue frequenti gaffe, sulla sua arroganza e sul distac-co verso le questioni sociali che stanno a cuore alla base del partito. Arrivato alla candidatura quasi ina-spettatamente nel 2011, dopo due anni passati a scrivere libri e tenere discorsi ben retribuiti, Stein-brück è da sempre un grande sostenitore delle riforme di Schröder, ormai cadute in disgrazia nel partito e particolarmente invise alla sua ala sinistra, ed è eminentemente un esperto di politiche fiscali, che tende a sopportare con difficoltà le ragioni die-tro ad alcune politiche di welfare, per via delle loro ricadute sul bilancio. Molto rispettato quale Mini-stro delle Finanze nei difficili giorni della prima

fase della crisi economica, la sua arroganza e l’approccio emotivo che adotta verso la politica so-no all’origine di diversi incidenti in materia di pub-bliche relazioni: dall’osservazione che il Cancelliere sarebbe pagato troppo poco in Germania, al vantag-gio che Merkel riceverebbe dall’essere una donna, fino ai commenti sprezzanti sui “clown”, Grillo e Berlusconi, considerati i vincitori nelle elezioni ita-liane nel febbraio di quest’anno. Questo episodio spinse il Presidente della Repubblica italiana, Gior-gio Napolitano, a cancellare un incontro in pro-gramma con lo stesso Steinbrück. La migliore descrizione di una campagna elettora-le sottotono e indirizzata a limitare i danni è rap-presentata dai primi manifesti comparsi in agosto, stampati con carta riciclata ed ecosostenibile al punto da sciogliersi nella pioggia degli Stati di Saar-land e Hesse. Le aspettative del partito nel giorno della nomina di Steinbrück, un moderato dall’ap-proccio pragmatico che lo stesso decano Schimdt riteneva ideale a prendere molti voti centristi da Merkel, non potevano essere maggiormente deluse. A meno di non incontrare sorprese, si saprà dome-nica 22 settembre se la SPD dovrà passare altri quattro anni all’opposizione oppure se avrà perlo-meno la possibilità di considerare un’altra Grande Coalizione con la donna che giganteggia sulla sce-na politica tedesca, forte della sua inevitabili-tà.∎

IL CANDIDATO DELLA SPD PEER STEINBRÜCK (© PEER-STEINBRUECK.DE )

150 ANNI E SENTIRLI: LA SPD E PEER STEINBRÜCK ALLA PROVA DEL VOTO Shannon Little

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UNA PROPOSTA ALTERNATIVAUNA PROPOSTA ALTERNATIVA

A che percentuale può aspirare Alternative für Deutschland, l’unica vera novità delle elezioni politiche tedesche? Difficile a dirsi. Con un programma economico anti-euro, Bernd Lucke e il suo gruppo di professori, giornalisti e imprenditori vuole raccogliere i voti dei delusi e della protesta. Diversamente dal Movimento 5 Stelle, però, Alterna-tive non ha trovato un megafono populista. Secondo molti il movimento non supererà la soglia del 5%. Se dovesse farlo, per l’UE sorgerebbero nuovi gravi problemi.

I l 25 febbraio 2013, quando sono apparsi i pri-mi dati del Movimento 5 Stelle (M5S), i com-mentatori non ci potevano credere. Nessun istituto di rilevazione li stimava sopra il 20%.

Le critiche sono state accese e gli stessi istituti han-no dovuto spiegare che il margine di precisione o-scillava sui 5 punti percentuali. L’imprecisione è derivata da un fatto banale: il M5S si stava presen-tando a elezioni politiche nazionali per la prima volta. Dunque, nessun campione di riferimento, nessun modo di affinare i dati grezzi come si fa con gli altri partiti. Ad esempio, i rilevatori tendono a correggere al rialzo i sondaggi sul Popolo della Li-bertà. Sanno infatti per esperienza che una percen-tuale di persone preferisce non dichiarare di votar-lo. Metodi che con il M5S non potevano essere appli-cati. Ne è derivata una sottostima non da poco e gran parte del caos politico dei mesi seguenti.

Siccome dell’Italia non si stupisce più nessuno, i mercati finanziari non si sono lasciati turbare. La situazione è diversa in Germania: Angela Merkel è stata la guida e il principale personaggio politico in Europa durante la crisi. I tedeschi le hanno affidato il compito di difendere le ragioni della Germania a Bruxelles e gli europei si sono fatti trovare il più del-le volte impreparati davanti alla sua determinazio-ne. Guardando i sondaggi, sembra destinata a rima-nere dov’è: la coalizione da lei guidata è stabilmente in vantaggio su quella di centrosinistra. Da aprile 2013, però, una nuova e piccola incognita insi-dia queste certezze. L’incognita è il partito Alternative für Deu-tschland, Alternativa per la Germania (AfD). Il par-tito è nato dall’iniziativa di un gruppo di economisti,

imprenditori e giornalisti. L’alternativa, nel loro ca-so, è alle politiche di contrasto alla crisi applicate fino a oggi. Ed è una sola: l’uscita dall’euro per i Paesi più in difficoltà.

Bernd Lucke, fondatore di AfD, ha più volte ribadi-to che il partito non è antieuropeista e che lui stesso e gli altri fondatori sostengono il processo di inte-grazione europeo, ma non vedono il motivo per cui l’unione politica debba essere accompagnata da quella monetaria. Il loro argomento è che l’impos-sibilità di svalutare liberamente impedisce ai Pae-si del sud - Italia, Spagna, Grecia, Portogallo - di ri-guadagnare competitività nel breve periodo e li co-stringe a pesanti interventi fiscali il cui unico effetto è aggravare la recessione. Creare due o più aree monetarie è la soluzione di Alternativa: soprattutto perché permetterebbe ai tedeschi di risparmiare riducendo il loro suppor-to al MES - Meccanismo Europeo di Stabilità, dura-mente criticato da Lucke - e chiarendo una volta per tutte che se uno Stato sbaglia non sarà la Germania a pagare. AfD è in questo momento l’unico partito tedesco ad attaccare la moneta unica e a dichiarare di volerla abbandonare. Il M5S ha spesso attaccato l’euro e il MES, sostenen-

di Andrea Sorbello

I sondaggisti hanno difficoltà a valutare il poten-ziale elettorale dei nuovi partiti. In Italia il M5S era stato largamente sottostimato, in Germania...

IL LOGO DI ALTERNATIVE FUER DEUTSCHLAND (© WIKICOMMONS).

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do che l’Italia avrebbe bisogno, per riprendersi, di più libertà d’azione. Le somiglianze però finiscono qui: basta scorrere la pagina dei membri di AfD per accorgersi che molti possiedono dottorati, insegnano economia o sono ricercatori. Lucke stesso è un macroeconomista presso l’Università di Amburgo e ha detto che l’unico motivo per cui i te-

deschi appoggiano le politiche di Merkel è perché di economia non capiscono niente. Una bella differen-

za rispetto al movimento di Grillo, in cui le basi ac-cademiche sono ridotte agli interventi di Loretta Napoleoni. Il movimento AfD, che si colloca a destra nell’asse politico, ricorda forse più Fare per Ferma-re il Declino, ispirato e guidato da economisti ed esperti. Non a caso i due partiti sembrano registrare tassi di consenso simile, intorno all’1-2 %. La diffe-renza è che gli accademici di Fare hanno sempre sostenuto l’euro, convinti che i vantaggi superino di gran lunga i costi, almeno dal punto di vista italiano. Merkel ha fatto poco per contrastare AfD, con-vinta che non riuscirà a superare la soglia del 5% necessaria a entrare in parlamento. Se i son-daggi dovessero dimostrarsi sbagliati e il movimen-to sottostimato, i problemi però non sarebbero infe-riori a quelli vissuti in Italia. AfD potrebbe sottrarre voti ai partiti della coalizione e rendere più difficile formare il nuovo governo. E se riuscisse a entrare in parlamento potrebbe chiedere un controllo di costi-tuzionalità su tutte le leggi riguardanti l’Unione Eu-ropea, rallentando di fatto la capacità decisionale della Germania. Ad oggi AfD non sembra comunque una vera mi-naccia né una vera alternativa. In parte perché i tedeschi sembrano essersi affezionati all’euro così com’è, e cavalcare l’onda antieuropeista è più diffici-le. In parte perché quell’onda sembra essere fatta per altri cavalieri. L’economista Rudolf Hickel ha dichiarato a Deutche Welle di non essere preoccupa-to da Alternativa: lo sarebbe molto di più se le loro proposte radicali fossero sostenute da un populista. Magari da un Beppe Grillo. Perché i professori, in Germania come in Italia, non sembrano godere di grande popolarità.∎

IL LOGO E LO SLOGAN DI AFD SULLA FACCIATA DELL’EUROTOWER A FRANCOFORTE.

Se AfD entrasse in Parlamento superando la so-glia del 5%, potrebbe chiedere il controllo di costi-tuzionalità su ogni decisione riguardante l’UE.

UNA PROPOSTA ALTERNATIVA Andrea Sorbello

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Davide D’Urso Caporedattore e Presidente del Consiglio di Redazione di Europae. Laureato magistrale in Scienze In-ternazionali e Studi Europei presso l’Università degli Studi di Torino, ha conseguito il diploma di alta qualificazione presso la Scuola di Studi Superiori di Torino. È stato tirocinante all’Ufficio Stampa della Rappresentanza d’Italia presso l’Unione Europea. Specializzato in politica, istituzioni e relazioni ester-ne dell’UE. In questo numero: “Kaiserin Merkel: Europa e Germania aspettano il suo terzo mandato”.

Luca Barana Vice-Direttore e Vice-Presidente del Consiglio di Redazione di Europae. Laureato magistrale in Scienze Internazionali e Studi Europei presso l’Università degli Studi di Torino con una tesi sulla politica di coo-perazione allo sviluppo e sulle relazioni interregionali dell’Unione Europea in Africa. Specializzato in politica, azione esterna e cooperazione allo sviluppo dell’UE. In questo numero: “Una nuova Germania per una nuova Unione Europea ”.

Valentina Ferrara Vice-Direttore e membro del Consiglio di Redazione di Europae. Laureata magistrale in Scienze Inter-nazionali e Diplomatiche presso l’Università di Bologna, sede di Forlì, con una tesi in storia dell’integrazione europea sulle discriminazioni di genere. È stata tirocinante all’Ufficio Stampa della Rappresentanza d’Italia presso l’UE. Specializzata in istituzioni e politiche interne dell’UE. In questo numero: “Angela Merkel: il personaggio e la politica che meritiamo”.

Fabio Cassanelli Redattore, membro del Consiglio di Redazione di Europae, membro del comitato direttivo e Tesoriere dell’Associazione Culturale OSARE Europa. Laureando in Economia Aziendale presso l’Università degli Studi di Torino, è autore di temi economici su quattrogatti.info e cura un blog sull’Huffington Post ita-liano. Specializzato in economia, finanza e politica monetaria. In questo numero: “Convergenti o alterna-tivi? I programmi economici di CDU e SPD”.

Antonio Scarazzini Direttore di Europae e membro del comitato direttivo dell’Associazione Culturale OSARE Europa. Lau-reato magistrale in Scienze Internazionali e Studi Europei presso l’Università degli Studi di Torino, con una tesi di ricerca sul programma Joint Strike Fighter. Ha partecipato al corso di formazione per anali-sti di Equilibri.net. Specializzato in difesa e in politiche monetarie e fiscali. In questo numero: “Kaiserin Merkel: Europa e Germania aspettano il suo terzo mandato”.

Mauro Loi Redattore di Europae e membro del comitato direttivo dell’Associazione Culturale OSARE Europa. Lau-reato magistrale in Scienze Strategiche con una tesi sul processo di ricostruzione dell'Afghanistan, ha avuto esperienze in missioni internazionali delle Nazioni Unite nel 2008-09 (Libano) e della NATO nel 2012 (Afghanistan). Specializzato in politica e azione esterna dell’UE. In questo numero: “La campagna elettorale tedesca, tra toni pacati e distensione”.

Shannon Little Redattore, Responsabile editoriale e membro del Consiglio di Redazione di Europae. Laureato magi-strale in Studi Internazionali all'Università di Bologna, sede di Forlì, è stato tirocinante all’Ufficio Com-mercio della Rappresentanza d'Italia presso l'Unione Europea e ha lavorato presso la sede di Confindu-stria a Bruxelles. Specializzato in economia, commercio e relazioni internazionali. In questo numero: “150 anni e sentirli: la SPD e Peer Steinbruck alla prova del voto”.

Andrea Sorbello Redattore di Europae e Segretario dell’Associazione MSOI Torino. Laureando magistrale in Scienze In-ternazionali e Studi Europei presso l’Università degli Studi di Torino, sta scrivendo una tesi sugli aiuti di Stato agli istituti bancari europei nell’ambito della crisi finanziaria e del debito in Europa. Specializ-zato in politica, economia e politica europea dell’Italia. In questo numero: “Una proposta alternativa”.

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I numeri precedenti di Europae - Rivista di Affari Europei

Numero 1, Aprile 2013 “L’Unione Europea e la nuova corsa all’Africa” Consultabile e scaricabile gratuitamente qui Numero 2, Maggio 2013 “Ulisse e Zheng He. Unione Europea e Cina sulla rotta del mondo nuovo” Consultabile e scaricabile gratuitamente qui Numero 3, Giugno 2013 “La camera bassa. Il Parlamento Europeo tra Lisbona e il 2014” Consultabile e scaricabile gratuitamente qui Numero 4, Luglio 2013 “L’Europa dei 28. La Croazia rilancia il sogno europeo dei Balcani” Consultabile e scaricabile gratuitamente qui

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