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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI VERONA
FACOLTA’ DI SCIENZE MM FF NN
CORSO DI LAUREA IN BIOTECNOLOGIE AGROINDUSTRIALI
TESI DI LAUREA
LE BASI STRUTTURALI DELLA FOTOSINTESI: DETERMINAZIONE DELL’ORIENTAMENTO DEI CROMOFORI
NELLA PROTEINA ANTENNA CP29 Relatore: Prof. ROBERTO BASSI Correlatore: Dott. MASSIMO CRIMI
Laureando: ROBERTO SIMONETTO
__________________________________________________ ANNO ACCADEMICO 1996-97
Alla mia famiglia
RINGRAZIAMENTI
Si desidera ringraziare per la preziosa collaborazione:
il Prof. Roberto Bassi, presso il cui laboratorio ho svolto il lavoro presentato in questa tesi, il Dott. Massimo Crimi, e tutte le persone che hanno lavorato al mio fianco: Paolo, Daniela, MG, Aldo, Roberta, Dorianna, Gianluca e Gianfelice;
il Dott. Jaques Breton per il suo prezioso contributo e per l’ospitalità e la cordialità dimostratami;
un ringraziamento particolare va a Claudio per la critica discussione sugli argomenti trattati in questo lavoro ed a Diana per l’amicizia e la sua profonda dedizione al laboratorio.
Infine il ringraziamento più grande va alla mia famiglia e ai miei amici che mi hanno consentito di lavorare liberamente in un ambiente sereno e che mi hanno sostenuto per tutti questi cinque anni, ringrazio pertanto: Germana, Luigi, Enrico, Carla, Renato, Claudio V, Salvatore, Claudio G, Roberta, Mara, Lorenza, Fabrizia e tutti gli altri amici, a cui devo moltissimo.
Grazie Alessandra per il tuo amore.
ABBREVIAZIONI
aa aminoacido
BBY membrane tilacoidali arricchite in componenti del PSII
BChl Batterioclorofilla
CD dicroismo circolare
Chl clorofilla
DCCD dicicloesilcarbodiimide
Deriphat-160 Lauril, b-D imminopropionidato
DM dodecilmaltoside
DMSO dimetilsolfossido
DTT ditiotreitolo
ELFE elettroforesi elettroendosmotica
HPLC cromatografia liquida ad alta risoluzione
IEF isoelettrofocalizzazione
IPTG isopropil tiogalactoside
LD dicroismo lineare
LDS litiododecilsolfato
LHCI complesso antenna maggiore del PSII
LHCII complesso antenna maggiore del PSII
NAT proteina nativa estratta dai tilacoidi
NPQ smorzamento non fotochimico della fluorescenza
OD densità ottica o assorbanza
OGP octilglucopiranoside
PAGE elettroforesi su gel di acrilammide
PDB Protein Data Bank
PS (I oppure II) fotosistema (primo o secondo)
SDS sodiododecilsolfato
Triton (X-100) polietilenglicole terzioctifeniletere
VMT versore del momento associato alla transizione elettronica
WT wild type,proteina ricostituita a partire dal gene originario, non mutato
SOMMARIO
A. INTRODUZIONE.................................................................................... 1 I. GENERALITA' FOTOSINTESI 3
I.1 INTRODUZIONE 3 I.2 I PIGMENTI FOTOSINTETICI 4 I.3 IL CLOROPLASTO 7 I.4 LA CATENA DI TRASPORTO ELETTRONICA : COMPONENTI ED
ORGANIZZAZIONE FUNZIONALE 9
II. STRUTTURA ED ORGANIZZAZIONE FUNZIONALE DELLE MEMBRANE TILACOIDALI 12
II.1 FOTOSISTEMA I 12 II.2 FOTOSISTEMA II 14
III. SISTEMI LIGHT-HARVESTING IN NATURA 15 III.1 INTRODUZIONE 15 III.2 SISTEMI LIGHT-HARVESTING IN PROCARIOTI 16 III.3 IL SISTEMA ANTENNA DEL PSI (LHCI) 20
IV. IL SISTEMA ANTENNA DEL PSII (LHCII) 22 IV.1 COMPLESSO MAGGIORE LHCII 22 IV.2 OMOLOGIA ENTRO LA FAMIGLIA DI PROTEINE CAB 25 IV.3 ANTENNE MINORI 27
V. IL TRASFERIMENTO DELL'ENERGIA 30 V.1 INTRODUZIONE 30 V.2 ACCOPPIAMENTO FORTE. 33 V.3 ACCOPPIAMENTO DEBOLE 34 V.4 TRASFERIMENTO DI ENERGIA DI SCAMBIO 35 V.5 TRASFERIMENTI DI ENERGIA REVERSIBILI 36 V.6 MIGRAZIONE ED INTRAPPOLAMENTO 36
B. SCOPO DELLA TESI.............................................................................39 I. PREMESSA 41
II. SCOPO DELLA TESI 43
III. PERCHE USARE CP29 AL POSTO DI LHCII 43
C. MATERIALI E METODI.......................................................................45 I. BIOCHIMICA 47
I.1 ELETTROFORESI 47 I.2 CROMATOGRAFIA SU COLONNA A SCAMBIO ANIONICO 53 I.3 ESTRAZIONE DEI PIGMENTI CON ACETONE 80% 54 I.4 ESTRAZIONE DEI CAROTENOIDI TRAMITE SAPONIFICAZIONE A
FREDDO 55 I.5 PURIFICAZIONE E ANALISI DEI PIGMENTI 56
I.6 ULTRACENTRIFUGAZIONE IN GRADIENTE 58 I.7 PROCEDURA DI RICOSTITUZIONE 59
II. SPETTROSCOPIA 60 II.1 ASSORBIMENTO 60 II.2 FLUORESCENZA 60 II.3 DICROISMO CIRCOLARE 61 II.4 STABILITA' DELLE PROTEINE MUTANTI 61 II.5 DICROISMO LINEARE 61
III. SOFTWARE 63 III.1 MAXSPROUT 63 III.2 SWISS-PDB VIEWER 2.6 63 III.3 PROGRAMMA PER IL CALCOLO GEOMETRICO SULLE STRUTTURE
PROTEICHE 63 III.4 PROGRAMMA PER LA NORMALIZZAZIONE DEGLI SPETTRI
DIFFERENZIALI DI ABS E LD 64
D. RISULTATI.............................................................................................69 I. STABILITA' DELLE PROTEINE MUTANTI 71
I.1 MUTANTI 71 I.2 STABILITA' DEI COMPLESSI A 4°C E TEMPERATURA AMBIENTE 72 I.3 VALUTAZIONE DELLA STABILITA' DI OGNI PROTEINA MUTANTE
73
II. COSTRUZIONE DEL MODELLO 79 II.1 DATI DISPONIBILI 79 II.2 RICOSTRUZIONE RESIDUI LATERALI CON MAXSPROUT 79 II.3 MUTAZIONE RESIDUI SU SEQUENZA CP29 80 II.4 REINSERIMENTO ETEROATOMI NEL PDB 82 II.5 VERIFICA DELLA CORRETTA COORDINAZIONE DELLE
CLOROFILLE 83
III. STRATEGIA IMPIEGATA 86 III.1 INFORMAZIONI NECESSARIE ALLA DETERMINAZIONE DEI VMT DI
CHL ALL'INTERNO DI UNA STRUTTURA 86 III.2 LIMITI DELLA STRUTTURA ESISTENTE DI LHCII 87 III.3 INFORMAZIONI CHE E' IN GRADO DI FORNIRE IL DICROISMO
LINEARE 88 III.4 STRATEGIA IMPIEGATA NEL CALCOLO 89
IV. DATI SPETTROSCOPICI DEI MUTANTI 90 IV.1 NORMALIZZAZIONE DEGLI SPETTRI DI ASSORBIMENTO 90 IV.2 NORMALIZZAZIONE DEGLI SPETTRI DI DICROISMO LINEARE 94 IV.3 NORMALIZZAZIONE TRA LD E ABS 94
V. CALCOLO DEGLI ANGOLI TRA I VMT E LA NORMALE ALLA MEMBRANA 96
V.1 RELAZIONE TRA ABS E LD 96 V.2 RIDUZIONE DELLE SOLUZIONI POSSIBILI SULLA BASE DELLA
STRUTTURA PROTEICA 97 V.3 RISULTATI 98
VI. CALCOLO GEOMETRICO DEI POSSIBILI VMT 105 VI.1 DATI CRISTALLOGRAFICI 105 VI.2 RISULTATI 106 VI.3 NORMALE DEL PIANO DELLA MEMBRANA 109
VII. IDENTIFICAZIONE DEL FATTORE FN 112
VIII. MOMENTI DI TRANSIZIONE DELLE XANTOFILLE IN CP29 115
VIII.1 RELAZIONE FRA LE XANTOFILLE E LE MOLECOLE DI CLOROFILLA 115
IX. RIEPILOGO RISULTATI VMT 118
E. DISCUSSIONE.......................................................................................121 I. ANALISI DEI DATI SPETTROSCOPICI 123
II. APPROCCIO CONGIUNTO AL PROBLEMA DELL'ORIENTAMENTO DEI VMT: MODELLO STRUTTURALE ED ANALISI LD 125
III. RISULTATI 126
IV. LIMITAZIONI 127
V. PROSPETTIVE 128
APPENDICE A .......................................................................................... 129 Basi teoriche e tecnica del dicroismo lineare
I. LUCE POLARIZZATA 131 I.1 ASSORBIMENTO DELLA LUCE DA PARTE DI MOLECOLE [30] 131
II. DICROISMO LINEARE 133 II.1 LD DI ASSORBIMENTO 134
III. ORIENTAMENTO DEL CAMPIONE 135 III.1 COMPRESSIONE GEL DI POLIACRILAMIDE 135
INDICE DELLE FIGURE
Figura 1 Struttura delle clorofilla a, b e Batterioclorofilla .............................................................................4 Figura 2 Struttura di alcuni carotenoidi primari..............................................................................................6 Figura 3 Il cloroplasto...........................................................................................................................................7 Figura 4 Rappresentazione schematica dell'organizzazione dei tilacoidi ..................................................8 Figura 5 Organizzazione funzionale della membrana tilacoidale ...............................................................9 Figura 6 Schema Z di Bendall e Hill............................................................................................................... 10 Figura 7 Modello per l'organizzazione spaziale del PSI-200..................................................................... 13 Figura 8 Modello per l'organizzazione del core del PSII .......................................................................... 14 Figura 9 Struttura del pirrolo lineare delle biline ......................................................................................... 15 Figura 10 Rappresentazione dimero αβ di LH2 di R. acidophila............................................................ 19 Figura 11 Rappresentazione della struttura cristallografica di A. carterae.............................................. 20 Figura 12 Modello per l'organizzazione sovramolecolare del PSI .......................................................... 21 Figura 13 Rappresentazione schematica della struttura di LHCII........................................................... 22 Figura 14 Rappresentazione struttura tridimensionale di LHCII ........................................................... 24 Figura 15 Modello di arrangiamento delle antenne minori nel PSII ....................................................... 28 Figura 16 Modello schematico di struttura per CP24................................................................................. 28 Figura 17 Modello schematico di struttura per CP26................................................................................. 29 Figura 18 Modello schematico della struttura di CP29 .............................................................................. 30 Figura 19 Rappresentazione schematica dei contributi al trasferimento dell'energia di eccitazione
di Coulomb e di scambio .................................................................................................................. 33 Figura 20 CP29 come appare nel programma R3D ................................................................................... 64 Figura 21 Normalizzazione degli spettri differenziali di ABS e LD con la procedura........................ 67 Figura 22 Dati disponibili di LHCII: Cα, struttura dei tetrapirroli e delle xantofille .......................... 80 Figura 23 Rappresentazione della struttura di LHCII dopo la ricostruzione dei residui laterali con
MAXPROUT ...................................................................................................................................... 81 Figura 24 Rappresentazione di CP29 ottenuta dopo elaborazione della sequenza ............................. 82 Figura 25 Modello di struttura di CP29 in cui sono stati reinseriti i riferimenti ai pigmenti. ............ 83 Figura 26 Rappresentazione del modello strutturale completo di CP29 ............................................... 84 Figura 27 Posizione dei residui implicati nella coordinazione delle 8 Chl di CP29............................. 86 Figura 28 Momento della transizione QY della Chl a secondo Fragata ................................................ 87 Figura 29 Possibili siti di aggancio della catena fitilica. .............................................................................. 88 Figura 30 Disposizione dei fitoli nella truttura di LHII di R. acidophila ............................................... 98 Figura 31 Posizione della Chl A3 nella struttura proteica........................................................................105 Figura 32 Programma per il calcolo dei versori geometrici a partire dalla struttura..........................107 Figura 33 Sovrapposizione dei gruppi rappresentati da Lut1-Chl a2:Lut2-Chl a5: ...........................117 Figura 34 Complanarità fra piani degli anelli tetrapirrolici e l'asse delle xantofille. ...........................117 Figura 35 Posizione dei punti di connessione dei fitoli agli anelli tetrapirrolici .................................120 Figura 36 Geometria usata per il calcolo degli angoli di orientazione ..................................................135 Figura 37 Schema per l'allineamento di membrane e di particelle cilindriche ....................................136 Figura 38 Rappresentazione dell'azione della compressione sul cilindro di gel .................................137 Tabella 1 Nomenclatura genica delle proteine del fotosistema I e II ..................................................... 12 Tabella 2 Composizione in pigmenti delle proteine del PSI..................................................................... 20
Tabella 3 Allineamento delle sequenze dedotte dai cDNA delle Lhcb ..................................................27
Tabella 4 Distanza critica di Förster R0, efficienza di fluorescenza in vivo φD e tempo di vita di
fluorescenza τ1D.................................................................................................................................36
Tabella 5 Contenuto in pigmenti del CP29 wt e dei complessi mutati...................................................73 Tabella 6 Riepilogo stabilità proteine ricostituite.........................................................................................79 Tabella 7 Allineamento di sequenza da Mais delle eliche di LHCII utilizzato nella costruzione del
modello di CP29..................................................................................................................................82 Tabella 8 Riepilogo risultati della normalizzazione ...................................................................................105 Tabella 9 Tavola riepilogativa dei risultati del calcolo dei possibili VMT dal modello strutturale di
CP29 (a) ...............................................................................................................................................108 Tabella 10 Tavola riepilogativa dei risultati del calcolo dei possibili VMT dal modello strutturale di
CP29 (b)...............................................................................................................................................109 Tabella 11 Calcolo degli angoli fra i VMT possibili e la normale alla membrana; utilizzati la prima
serie di VMT.......................................................................................................................................111 Tabella 12 Calcolo degli angoli fra i VMT possibili e la normale alla membrana; utilizzati la
seconda serie di VMT.......................................................................................................................112 Tabella 13 Risultati calcolo FN sulla prima serie di VMT .......................................................................113 Tabella 14 Risultati calcolo FN sulla seconda serie di VMT ...................................................................114 Tabella 15 Determinazione del fattore di normalizzazione. ....................................................................115 Tabella 16 Ambiguità sul VMT della Chl A2 e della chl A6....................................................................115 Tabella 17 Versori delle due xantofille nella struttura di CP29...............................................................116 Tabella 18 Confronto fra VMT possibili delle Chl A2 e A5, e VMT delle xantofille........................118 Tabella 19 Riepilogo risultati VMT dei cromofori in CP29 ....................................................................120 Spettro 1 Assorbimento pigmenti fotosintetici ...............................................................................................5 Spettro 2 Prova stabilità CP29 wt ....................................................................................................................74 Spettro 3 Prova stabilità proteina CP29 H216F ...........................................................................................75 Spettro 4 Prova stabilità proteina CP29 Q230L ...........................................................................................75 Spettro 5 Prova stabilità proteina CP29 E111V^R218L ............................................................................76 Spettro 6 Prova stabilità proteina CP29 H114F ...........................................................................................76 Spettro 7 Prova stabilità proteina CP29 E174V ...........................................................................................77 Spettro 8 Prova stabilità proteina CP29 E166V ...........................................................................................77 Spettro 9 Prova stabilità proteina CP29 H245L ...........................................................................................78 Spettro 10 Riepilogo stabilità mutazioni .........................................................................................................78 Spettro 11 Assorbimento del CP29 wild type. ...............................................................................................91 Spettro 12 Normalizzazione effettuata sui massimi di assorbimento dei campioni .............................92 Spettro 13 Normalizzazione effettuata per deconvoluzione in gaussiane degli spettri ........................93 Spettro 14 Analisi differenziale degli spettri dei mutanti, riferiti a quello del wt ...................................94 Spettro 15 Deconvoluzione in gaussiane dello spettro differenziale di CP29wt e CP29E174V .......94 Spettro 16 Risultato della normalizzazione degli spettri della proteina H216F .....................................99 Spettro 17 Risultato della normalizzazione degli spettri della proteina E111V^R218L ....................100 Spettro 18 Risultato della normalizzazione degli spettri della proteina H114F ...................................101 Spettro 19 Risultato della normalizzazione degli spettri della proteina E174V ...................................102 Spettro 20 Risultato della normalizzazione degli spettri della proteina H245L...................................103 Spettro 21 Risultato della normalizzazione degli spettri della proteina E166V ...................................104
A . I n t r o d u z i o n e
Parte - A
2
Introduzione Pagina 3
3
I. GENERALITA’ FOTOSINTESI
I.1 INTRODUZIONE
a fotosintesi è il processo con cui gli organismi viventi autotrofi
convertono l’energia originata all’esterno della biosfera in una forma
fruibile dalle altre forma di vita non autotrofe. Tale conversione consiste
nell’organicazione del carbonio a partire da composti inorganici elementari.
I processi fotosintetici hanno luogo all’interno del cloroplasto. Si possono
distinguere due fasi di tali processi, conosciute come “fase luminosa” e “fase
oscura”. La prima consiste nella cattura dell’energia luminosa da parte dei
complessi proteici situati nelle membrane tilacoidali e porta alla riduzione del
NADP+ a NADPH ed alla formazione di ATP a partire da ADP. Nella
seconda fase (fase oscura), il potere riducente del NADPH e l’energia
accumulata nell’ATP vengono utilizzate per la riduzione della CO2 a
carboidrato (ciclo di Calvin) [11] da parte di enzimi solubili presenti nello
stroma.
L
Parte - A
4
I.2 I PIGMENTI FOTOSINTETICI [29]
I pigmenti sono sostanze che assorbono la radiazione luminosa visibile,
apparendo così colorate. Si tratta di composti chimici che possiedono un
esteso sistema di doppi legami coniugati, in cui la delocalizzazione degli
orbitali rende la differenza di energia tra lo stato fondamentale e quello
eccitato sufficientemente bassa da far rientrare la lunghezza d'onda della
radiazione associata alla transizione, nell’intervallo del visibile.
L'energia luminosa proveniente dal sole, giunta sulla superficie terrestre,
possiede uno spettro significativo nell'intervallo di lunghezze d'onda
compreso tra i 300 ed i 1150 nm, con un massimo di intensità attorno ai 600
nm; esistono differenti pigmenti fotosintetici, ciascuno assorbe in diverse
regioni dello spettro, in modo da coprire un intervallo da 350 a 800 nm. Si
tratta di carotenoidi, clorofille (tetrapirroli ciclici) e biline (tetrapirroli lineari).
Figura 1 Struttura delle clorofilla a, b e Batterioclorofilla
La clorofilla a (Chl a) è di gran lunga il pigmento più comune nel regno
vegetale: essa adempie sia la funzione di assorbimento e trasferimento
dell'energia luminosa, sia quella di donatore primario di elettroni nei centri di
reazione dei fotosistemi, nel processo di separazione di carica.
Introduzione Pagina 5
5
La clorofilla b (Chl b) è molto meno diffusa della Chl a: è presente nelle piante
superiori, nelle alghe verdi, euglenofite e proclorofite, associata a complessi
non strettamente connessi ai centri di reazione.
Clorofilla a e b possiedono una struttura porfirinica, in cui un anello
tetrapirrolico coordina al centro un atomo di magnesio. Sul tetrapirrolo oltre
ai gruppi che definiscono il tipo di clorofilla, è presente un anello a 5 atomi di
carbonio (anello V) ed una catena fitilica di 20 atomi di carbonio connessa al
C7 del pirrolo IV. Le due forme si differenziano per una sostituzione al terzo
anello, che lega un metile nella Chl a ed un gruppo aldeide nella Chl b (fig 1).
Spettro 1 Assorbimento pigmenti fotosintetici
Lo spettro di assorbimento della Chl a mostra due picchi principali: il primo a
430 nm1, nella regione di Soret, è associato ad una transizione elettronica dallo
stato fondamentale al secondo stato eccitato; mentre il secondo a 662 nm1
rappresenta la banda QY, dovuta alla transizione al primo stato eccitato di
singoletto.
1 In dietiletere
Parte - A
6
La Chl b possiede massimi di assorbimento differenti rispetto a quelli della
Chl a; la banda nella regione di Soret si trova infatti a 455 nm mentre quella
QY a 644 nm.
L'altra classe di pigmenti presente nei processi fotosintetici è quella dei
carotenoidi. Nei tessuti vegetali è possibile trovare diversi tipi di carotenoidi
nei cloroplasti, ma anche nei fiori, frutti, ecc. Quelli coinvolti nei processi
fotosintetici sono detti carotenoidi primari ed includono: β-carotene,
violaxantina, neoxantina, luteina ed, in minori quantità, zeaxantina e
anteraxantina.
Il β-carotene fa parte del gruppo dei carotenoidi composti da 40 atomi di
carbonio e privi di ossigeno (caroteni), mentre gli altri carotenoidi primari, pur
mantenendo lo stesso numero di atomi di carbonio, contengono ossigeno
sotto forma di gruppi idrossidi, epossidi, e sono detti xantofille.
Figura 2 Struttura di alcuni carotenoidi primari
Tutti i carotenoidi primari hanno spettri di assorbimento fra loro simili, e
significativi nell'intervallo fra i 400 nm ed i 500 nm. In condizioni di eccessiva
illuminazione la xantofilla violaxantina può essere deepoossidata via
Introduzione Pagina 7
7
anteraxantina (un intermedio che non si accumula) a zeaxantina. Questo
meccanismo (ciclo delle xantofille) [21] sembra avere un ruolo fisiologico
nella protezione del centro di reazione in condizioni di stress luminoso.
I carotenoidi funzionano essenzialmente come pigmenti accessori
nell'assorbimento fotosintetico della luce, ma sembra che la luteina abbia
anche un importante ruolo nello stabilizzare la struttura in alcuni complessi
antenna del PSII. Il β-carotene , inoltre, è presente nel centro di reazione
dove ha la funzione di proteggere la Chl a dalla foto-ossidazione [5]
neutralizzando i tripletti di clorofilla (quenching dei tripletti) e prevenendo
quindi la formazione dell'ossigeno singoletto, specie altamente ossidante e
tossica per le cellule.
I.3 IL CLOROPLASTO [56]
Il cloroplasto è un organello specializzato. Nelle piante superiori è delimitato
dall’envelope: una doppia membrana di rivestimento che circoscrive la
matrice interna acquosa, lo stroma, e le membrane interne fotosintetiche, i
tilacoidi.
Figura 3 Il cloroplasto
La principale funzione del rivestimento esterno è quella di controllare il
movimento di metaboliti, lipidi e proteine da e per il cloroplasto. Inoltre
Parte - A
8
svolge la funzione di sito per i processi di sintesi di
lipidi e proteine, a livello della membrana interna,
e di protezione, a livello di quella esterna.
Tutte le funzioni di raccolta e trasduzione
dell'energia luminosa del processo fotosintetico
sono state localizzate nelle membrane tilacoidali. Entro ogni cloroplasto
queste formano un intreccio tridimensionale fisicamente continuo e chiuso di
una singola membrana, che ne delimita un unico spazio interno, il lume
tilacoidale. La relazione spaziale che intercorre tra lumen e stroma è stata
determinata inizialmente attraverso la ricostruzione tridimensionale della
struttura tilacoidale da micrografie elettroniche di sezioni successive del
cloroplasto stesso [46] e confermata successivamente da esperimenti di
freeze-fracture.
Le membrane tilacoidali sono distinte in due diversi tipi di domini: in un caso
i tilacoidi si impilano l'uno sull'altro dando origine ai grana tilacoidali
(appressed regions), nell’altro si dispongono come lamelle singole per
interconnettere diversi grana, dando luogo a strutture chiamate lamelle
stromatiche (non appressed regions).
Vengono infine definiti come margini le estremità delle vescicole granali, dove
la membrana subisce una brusca curvatura.
Lo stroma è definito quindi come il
compartimento localizzato tra la
membrana interna del cloroplasto e
le membrane dei tilacoidi. I principali
componenti dello stroma includono:
copie multiple (circa 300) di DNA
cloroplastico [14], ribosomi 70s,
mRNAs e tutti gli altri elementi
necessari per la sintesi proteica [34];
enzimi necessari per il ciclo di riduzione del carbonio, in particolare la
Figura 4 Rappresentazione schematica dell’organizzazione dei tilacoidi nel cloroplasto
Introduzione Pagina 9
9
ribulosio bifosfato carbossilasi-ossigenasi [58]; gli enzimi coinvolti nella sintesi
dei lipidi, terpenoidi, chinoni ed altri composi aromatici [55].
I.4 LA CATENA DI TRASPORTO ELETTRONICA : COMPONENTI ED ORGANIZZAZIONE FUNZIONALE [32, 43, 56]
I tilacoidi contengono tutti gli elementi necessari per la cattura e la
trasduzione dell'energia luminosa ad energia chimica: ATP e NADPH. Tali
reazioni sono svolte da complessi proteici di membrana, associati a cofattori e
proteine periferiche. Tre di questi complessi, fotosistema I (PSI/LHCI),
fotosistema II (PSII/Antenne interne) e il complesso periferico light-
harvesting II (LHCII), legano clorofille. Nel complesso dell’ATP sintetasi,
invece, non ritroviamo pigmenti.
Figura 5 Organizzazione funzionale della membrana tilacoidale
Il primo evento nella cattura dell’energia consiste nell'assorbimento di un
fotone da parte di una molecola Chl del complesso antenna LHCII. Dopo
assorbimento, l'energia del fotone è conservata sotto forma di eccitone che
Parte - A
10
migra per meccanismi di trasferimento energetico di risonanza fino alle
clorofille del P680, coppia speciale del centro di reazione del fotosistema II. A
questo livello avviene la separazione di carica ed inizia il processo di
trasferimento elettronico.
Il donatore primario, dimero di Chl a detto coppia speciale (special pair), nella
forma eccitata, P680*, trasferisce un elettrone ad una feofitina; la neutralità
elettronica del P680 viene ripristinata estraendo un elettrone dall'acqua con
concomitante evoluzione di ossigeno molecolare ogni 4 cicli fotosintetici. Gli
elettroni, attraverso una serie di trasportatori (plastochinoni, complesso b6f e
plastocianina) giungono al centro di reazione del fotosistema I (PSI), P700.
Analogamente al PSII, l'energia luminosa raccolta dalle antenne del PSI
permette un trasferimento di carica contro gradiente elettrochimico: il P700*
cede un elettrone alla ferrodoxina e da qui al NADP+ che viene ridotto a
NADPH.
L'insieme di tali reazioni è rappresentato dallo schema a “Z” di Bendall e Hill.
Figura 6 Schema Z di Bendall e Hill
Introduzione Pagina 11
11
La separazione di carica attraverso la membrana tilacoidale con accumulo di
protoni nel lume, conseguenza del trasporto elettronico, fornisce l'energia per
la fosforilazione dell'ADP ad ATP catalizzata dall'ATP sintetasi.
L'energia collegata al trasporto di un elettrone dai +820 mV della coppia
H2O/O2 ai -320 mV della coppia NADPH+H+/NADP+ (1.14 eV = 23.8
Kcal/mole), se si tiene conto che il rendimento della conversione è di circa il
40%, non può essere ottenuta da un singolo fotone nel visibile. Ciò spiega
l'intervento dei due fotosistemi, con due distinte reazioni fotochimiche per la
formazione di un riducente molto forte (P700*), per la riduzione del NADP+,
ed un ossidante molto forte (P680*) per l'ossidazione dell'acqua.
Parte - A
12
II. STRUTTURA ED ORGANIZZAZIONE FUNZIONALE DELLE MEMBRANE TILACOIDALI [56]
Ciascuno dei cinque complessi principali delle membrane tilacoidali (fig. 5), è
composto da proteine multiple e gruppi prostetici. Nella tabella 1 sono
riportate le proteine, con la nomenclatura relativa ai geni codificanti, che
compongono i due fotosistemi.
Gene Prodotto genico Gene Prodotto genico psaA PSI-core Lhca1 LHCI-730 psaB PSI-core Lhca2 LHCI-680 psbA D1 Lhca3 LHCI-680 psbD D2 Lhca4 LHCI-730 psbB CP47 Lhcb1 LHCII tipo I psbC CP43 Lhcb2 LHCII tipo II psbE cyt b559 Lhcb3 LHCII tipo III psbF cyt b559 Lhcb4 CP29 psbO OEE1 Lhcb5 CP26 psbP OEE2 Lhcb6 CP24 psbQ OEE3
Tabella 1 Nomenclatura genica delle proteine del fotosistema I e II
I complessi del PSII, PSI, cyt b6f e dell’ATP sintetasi sono formati da proteine
codificate sia dal genoma del cloroplasto, che da quello nucleare; si ritiene che
questa organizzazione permetta al nucleo di mantenere il controllo e la
supervisione dell’assemblaggio di tali complessi.
II.1 FOTOSISTEMA I [13, 44]
Il fotosistema I (PSI) è situato principalmente nelle regioni non impilate dei
tilacoidi (lamelle stromatiche), e funziona come il riduttore finale nella catena
di trasporto elettronica fotosintetica. Più precisamente il PSI è una
plastocianina(PC)-ferrodoxina(Fd) ossido-reduttasi.
Introduzione Pagina 13
13
Negli organismi fotosintetici eucarioti (alghe e piante), il complesso del PSI è
composto da una antenna light-harvesting complex I (LHCI), ed un core
(CCI). Questi sono composti a formare il PSI-200.
Figura 7 Modello per l’organizzazione spaziale del PSI-200
La funzione di LHCI è quella di antenna accessoria, e l’energia che essa
cattura viene passata al centro di reazione, P700, che si trova nel CCI.
II.1.1 Core Complex I, il centro di reazione del PSI [6]
Il CCI è il componente del PSI-200 in cui ha luogo la separazione di carica ed
il processo di trasporto elettronico.
Attualmente si stima che nel CCI siano presenti almeno 10 differenti
polipeptidi, circa 100 molecole di Chl a, diverse molecole di β-carotene, due
molecole di vitamina K1 e 3 clusters ferro-zolfo ([4Fe-4S]). Questi formano
un complesso pigmentato con una massa apparente in gel non denaturante di
250 kDa. E’ costituito da due subunità, codificate dai geni plastidiali psaA e
psaB, disposte in modo da coordinare, all’interfaccia tra le due, il P700.
Parte - A
14
II.2 FOTOSISTEMA II [13]
Il fotosistema II (PSII) è un complesso multi-subunità , formato almeno da
17 subunità, che comprendono anche piccole proteine di massa molecolare
inferiore ai 10 kDa [24]. Circa 10 subunità sono necessarie per la riduzione del
plastochinone e per l’evoluzione di ossigeno.
II.2.1 Centro di reazione del PSII [13]
Il centro di rezione è costituito da un complesso formato dalle subunità D1
(psbA) e D2 (psbD), dalle subunità α e β del citocromo b559 (psbE e psbF),
e dal prodotto genico di psbI. Una subunità estrinseca di 33 kDa (psbO)
stabilizza il cluster manganese che catalizza l’evoluzione di ossigeno a partire
da H2O. I pigmenti legati al core del PSII comprendono 4-6 molecolre di Chl
a, 2 di feofitina e β-carotene.
II.2.2 Antenne interne [6]
Le antenne interne del PSII sono le proteine omologhe CP43 e CP47,
codificate dai geni psbB e psbC. Tale definizione è giustificata dalla posizione
ravvicinata di tali complessi rispetto al P680. In particolare dei due complessi
pigmentati è CP47 quello che sembra associato più strettamente al centro di
reazione.
Si pensa che ciascuna delle due molecole
omologhe leghi 20-25 molecole di Chl a,
del β-carotene ed, in basse quantità, della
luteina. Benché i dati sul numero dei
pigmenti delle antenne interne sia ancora
piuttosto dibattuto, sembra certo che
l’orientamento del β-carotene in CP43 ed in
CP47 sia profondamente diverso: nel primo
la molecola è parallela al piano della
membrana, mentre nella seconda è perpendicolare allo stesso.
Figura 8 Modello per l’organizzazione del core del PSII [38]
Introduzione Pagina 15
15
III. SISTEMI LIGHT-HARVESTING IN NATURA
III.1 INTRODUZIONE [54]
Come descritto nel paragrafo I.2 i pigmenti coinvolti nei processi fotosintetici
sono carotenoidi, clorofille e biline. Questi pigmenti non sono liberi, ma
associati a proteine localizzate nelle membrane fotosintetiche (tilacoidi), o a
proteine solubili connesse con queste ultime.
I sistemi antenna o LHC
sono complessi pigmento-
proteina che svolgono
funzione di raccolta di
energia luminosa e di
trasferimento di tale
energia sotto forma di eccitone al centro di reazione, dove avviene la
separazione di carica. Il trasferimento dell’energia dal sistema antenna al
centro di reazione avviene in meno di 10-10 sec. e con una efficienza oltre al
90%. L’elevata efficienza di tale sistema è garantita dal fatto che le molecole di
Chl sono disposte alla giusta distanza e con un orientamento corretto entro la
proteina che le coordina e fra le diverse proteine che formano il complesso.
Le proteine dei complessi light-harvesting possono essere divise in quattro
classi sulla base delle caratteristiche delle proteine stesse e del tipo di
pigmento fondamentale impiegato:
i) Sistemi di membrana leganti clorofille. Questo tipo di sistema si
ritrova in piante, alghe verdi, Cryptophyceae, dinoflagellati, Euglenophyta
ed alcuni procarioti ossigenici (prochloron);
ii) Sistemi solubili leganti clorofilla. Si ritrovano in batteri verdi
fotosintetici (Chlorobium, ProsthecoChloris) e dinoflagellati;
iii) Sistemi di ficobiline e complessi antenna solubili. Si ritrovano in
cianobatteri, alghe rosse e Cryptophyaceae;
Figura 9 Struttura del pirrolo lineare delle biline
Parte - A
16
iv) Sistemi contenenti batterioclorofilla (BChl) e proteine integrali di
membrana. Sono tipiche dei procarioti: Chlorobiaceae, Chloroflexaceae,
Chromatiaceae e Rhodospirillaceae;
In questi complessi, la componente proteica ha le seguenti funzioni:
i) determina il legame specifico e l’arrangiamento spaziale delle molecole
dei pigmenti; la conformazione della tasca idrofobica, responsabile
dell’alloggiamento del pigmento, determina infatti l’orientamento del
pigmento entro la proteina vincolandolo questo ad assumere una
posizione ben determinata. Inoltre la forma della tasca è importante
nel discriminare fra le due diverse forme di clorofilla, e nel rendere,
quindi, un particolare sito più o meno preferenziale per una di esse.
ii) determina la configurazione e la conformazione dei pigmenti, e quindi
ne modula le proprietà di assorbimento e di emissione, essenziali per
le funzioni di cattura dell’energia luminosa; i gruppi chimici delle
catene laterali, che formano la tasca idrofobica in cui alloggia il
pigmento, influenzano, oltre alla configurazione preferenziale del
pigmento, anche gli orbitali molecolari di questo. In tal modo anche le
proprietà spettroscopiche dei pigmenti vengono modulate, in modo
differente a seconda del sito.
iii) Media le interazioni con gli altri componenti proteici
nell’organizzazione sopramolecolare del sistema antenna,
permettendo il trasferimento energetico.
III.2 SISTEMI LIGHT-HARVESTING IN PROCARIOTI
III.2.1 Generalità [60]
La maggior parte dei sistemi LHC contengono insiemi organizzati di pigmenti
diversi dalla clorofilla deputati all’assorbimento dell’energia luminosa.
Introduzione Pagina 17
17
Ad esempio gli organismi che vivono nell’acqua, responsabili di circa la metà
della fotosintesi sulla Terra, contengono pigmenti accessori particolari, in
quanto la luce, al di fuori delle lunghezze d’onda comprese tra 450 e 550 nm
(luce blu e verde), viene assorbita quasi completamente durante il suo
passaggio attraverso 10 metri d’acqua.
Nelle alghe rosse e nei cianobatteri, la Chl a viene quindi sostituita come
pigmento antenna da una serie di tetrapirroli lineari, in particolare la
ficoeritrobilina (rossa) e la ficocianina (blu).
Gli stati eccitati più bassi di questi vari tipi di biline sono ad energia più bassa
di quelli della clorofilla, facilitando quindi il trasferimento dell’energia ai centri
di reazione. In questi sistemi, le biline sono legate covalentemente alle
ficobiliproteine che sono, a loro volta, organizzate in particelle ad elevata
massa molecolare, chiamate ficobilisomi.
Altri organismi procarioti possiedono invece un sistema light-harvesting
basato su proteine integrali di membrana che legano in modo non-covalente,
molecole di batterioclorofilla (BChl). Tali complessi pigmento-proteina, pur
non essendo omologhi a quelli delle piante superiori (infatti non mostrano in
alcun caso cross-reattività con anticorpi sviluppati contro i primi),
rappresentano degli utili modelli. Recentemente sono state ottenute le
strutture cristallografiche ad alta risoluzione di complessi LH da due ceppi di
batteri rossi [42, 40] e dell’LHC solubile presente nei dinoflagellati
fotosintetici [33]. Queste strutture consentono di formulare ipotesi di
trasferimenti energetici interni e quindi di funzionamento delle antenne stesse.
III.2.2 Rhodospirillaceae [57]
Dal punto di vista tassonomico, i batteri rossi (Rhodospirillaceae) sono un
piccolo gruppo di eubatteri Gram-negativi comprendente solo 30 specie circa.
Si tratta di organismi unicellulari che si riproducono per scissione binaria o, in
alcune specie, per gemmazione.
Parte - A
18
Nonostante le sue piccole dimensione questo gruppo di batteri dimostra al
sua interno una certa diversità di ordine genetico, come è dimostrato dalla
composizione in basi del DNA che varia dal 43 al 73 per cento (%GC).
Tutti i batteri rossi sono, almeno potenzialmente, fotoautotrofi, capaci cioè di
crescere in condizioni anaerobiche ed alla luce utilizzando CO2 come fonte di
carbonio e composti inorganici ridotti come donatori di elettroni.
Si distinguono due sottogruppi di batteri rossi; la maggior parte dei batteri
rossi sono anaerobi stretti con un metabolismo basato sull’utilizzo di H2S
come donatore di elettroni, questo sottogruppo viene identificato come
batteri rossi sulfurei.
Il secondo sottogruppo, i batteri rossi non sulfurei, sono invece sensibili
all’H2S ed utilizzano, come donatore di elettroni, l’H2O.
Di quest’ultimo sottogruppo fanno parte i generi Rhodospirillum e
Rhodopseudomonas di cui sono state determinate le strutture cristallografiche dei
rispettivi complessi antenna LH2.
III.2.3 Struttura cristallografica di LH2 di Rhodopseudomonas acidophila [42]
I batteri rossi contengono due tipi di complessi antenna, entrambi costituiti da
proteine di membrana intrinseche. Il primo tipo, LH1, è intimamente
connesso con il centro di reazione a formare il cosiddetto “core complex”.
Disposto più perifericamente, il secondo tipo LH2 è presente in proporzioni
variabili.
Introduzione Pagina 19
19
Entrambi LH1 ed LH2 sono organizzati
con il medesimo principio modulare: i
pigmenti fotosintetici, BChl a ed i
carotenoidi, sono legati non
covalentemente a due apoproteine
idrofobiche di basso peso molecolare, le
subunità α e β (rispettivamente lunghe 53
e 41 aminoacidi). I complessi nativi sono
costituiti da un arrangiamento di questi
oligomeri a formare strutture ad anello di
dimensioni variabili. La struttura
cristallografica di LH2 di Rhodopseudomonas
acidophila è stata determinata ad una risoluzione di 2.5 Å e può essere descritta
semplicemente: le eliche trans-membrana di 9 subunità α sono disposte
lateralmente a formare un cilindro cavo del diametro di 18 Å mentre le 9
eliche delle subunità β sono arrangiate radialmente alle prime, e formano un
cilindro esterno di 34 Å di diametro. Le subunità α sono inclinate di 2°
rispetto all’asse del cilindro, mentre le β di un angolo pari a 15°. Nella
struttura le molecole di BChl a si dispongono con due differenti orientamenti
rispetto alla membrana. Alcune presentano il piano dell’anello disposto
internamente e parallelo alla normale della membrana con la molecola del
fitolo rivolta verso l’interno (chiamate B850); le altre sono disposte invece
esternamente con il piano dell’anello parallelo alla membrana stessa (chiamate
B800).
III.2.4 Struttura cristallografica di LHC di Amphidinium carterae
La maggior parte dei dinoflagellati, come A. carterae, possiede un sistema
antenna costituito prevalentemente da carotenoidi, che consente loro di
catturare efficacemente la luce nell’intervallo del blu-verde. Oltre a proteine
LHC integrali di membrana, strutturalmente e funzionalmente simili a quelle
delle piante superiori, i dinoflagellati hanno sviluppato un sistema antenna
Figura 10 Rappresentazione dimero αβ
Parte - A
20
solubile con un elevato rapporto carotenoidi:clorofilla. tali complessi sono
chiamati PCP (peridinin-chlorophyll-proteins), dal nome del carotenoide
presente.
La struttura cristallografica di una PCP è stata determinata ad una risoluzione
di 2 Å [33].
Figura 11 Rappresentazione della struttura cristallografica di A. carterae e disposizione dei pigmenti (Chl in verde, carotenoidi in rosso)
III.3 IL SISTEMA ANTENNA DEL PSI (LHCI) [54]
L’apparato LHCI si distingue in due complessi, associati al core in modo
indipendente. Si distinguono in base ai rispettivi picchi di emissione della
fluorescenza a bassa temperatura LHCI-730 ed LHCI-680. Questi complessi
sono in realtà formati da più di due polipeptidi, e vengono codificati dai geni
lhca1-4.
Chl a Chl b ββββ-carotene luteina Neoxant. Violaxant.PSI-200 186 24 27 12 0-2 9Core 100 / 14 / / / LHCI 86 24 13 24 0 9 Lhca 1 ND ND ND + / + Lhca 2 ND ND ND + / ND Lhca 3 ND ND ND + / ND Lhca 4 ND ND ND + / ND
Tabella 2 Composizione in pigmenti delle proteine del PSI
Introduzione Pagina 21
21
Dato che LHCI-730 è l’unico componente ad emettere fluorescenza quando
il trasporto elettronico nel centro di reazione del PSI viene bloccato a 77 K ,
l’energia di eccitazione può passare da LHCI-680 a LHCI-730. Su tali basi, il
modello proposto per l’organizzazione del PSI prevede il trasferimento
dell’energia di eccitazione da LHCI-680 attraverso LHCI-730 al core del PSI
[4].
Figura 12 Modello per l’organizzazione sovramolecolare del PSI [4]
Per quanto riguarda la loro composizione in pigmenti, evidenze indirette
suggeriscono che ogni polipeptide LHCI leghi 8-10 molecole di Chl, per un
totale di circa 120 molecole in tutto il sistema antenna, ed è confermata la
presenza in LHCI di luteina e di violaxantina, mentre la neoxantina non è
stata rilevata [6]. Sono stati riportati valori variabili del rapporto Chl a/b, da
1.4 a 3.0.
Parte - A
22
IV. IL SISTEMA ANTENNA DEL PSII (LHCII)
IV.1 COMPLESSO MAGGIORE LHCII
La comprensione di come clorofille e carotenoidi sono legati alle proteine, e
cioè da interazioni non covalenti, coincide con la scoperta, più di 25 anni fa,
del complesso LH del PSII, LHCII. Il termine ‘LHCII’ identifica un
complesso pigmenti-proteina in cui sono contenute circa la metà delle Chl ed
un terzo delle proteine dei tilacoidi di piante superiori [54].
Figura 13 Rappresentazione schematica della struttura di LHCII
Il così diffuso interesse per LHCII rispetto alle altre proteine implicate nella
fotosintesi deriva quindi dalla sua abbondanza e dalla stabilità del complesso
che consente di isolarlo facilmente ed in grandi quantità dalle membrane
tilacoidali. LHCII non solo è interessante in sé, per le sue specifiche
caratteristiche e funzioni, ma l’omologia di sequenza con molte altre proteine
in entrambi i fotosistemi delle piante superiori, rende tale complesso un
Introduzione Pagina 23
23
utilissimo modello generale per l’organizzazione dei pigmenti e per il
trasferimento energetico nei complessi antenna.
IV.1.1 Funzioni
I ruoli funzionali che vengono attribuiti al complesso LHCII sono
essenzialmente tre. L’attività principale è quella di catturare l’energia luminosa
e di trasferirla efficacemente in direzione del centro di reazione del PSII. In
secondo luogo esso controllerebbe, al variare della luce esterna, l’attività
coordinata dei due fotosistemi regolando la quantità di luce assorbita da
ciascuno di essi. A conferma di tale asserzione è stato verificato che, in
presenza di luce assorbita preferenzialmente dal PSII, una sottopopolazione
di LHCII migrerebbe, in seguito a fosforilazione, dai grana alle lamelle
stromatiche, connettendosi al PSI e determinando così una ridistribuzione
dell’energia di eccitazione tra i due fotosistemi(transizioni di stato) [1].
Infine LHCII interviene nel processo di impilamento delle lamelle a formare i
grana, probabilmente stabilizzandone la struttura attraverso ponti di Mg++ tra
le numerose cariche negative residenti nella parte stromatica N-terminale della
proteina [3].
IV.1.2 Composizione in polipeptidi
Il termine globale LHCII indica in realtà un insieme di complessi caratterizzati
da una diversa composizione polipeptidica e funzione non ancora del tutto
compresa. Non solo possono essere discriminate diverse apoproteine
appartenenti a LHCII, ma è possibile risolvere anche un certo numero di
sottopopolazioni di complessi pigmento-proteina.
I polipeptidi di LHCII sono codificati da una famiglia multigenica nucleare.
Sono stati descritti fino a 20 diversi geni, raggruppati in tre tipi principali detti
lhcb1, lhcb2 e lhcb3.
Parte - A
24
IV.1.3 Composizione in pigmenti
Come già detto LHCII lega circa il 50 per cento della Chl totale presente nei
tilacoidi. Le analisi del complesso purificato mostrano che esso contiene, oltre
a Chl a e Chl b, le xantofille luteina, neoxantina e violaxantina, escludendo la
presenza di β-carotene. La struttura cristallografica ottenuta da Kühlbrandt
nel 1994 [36] ha confermato le precedenti analisi che indicavano il valore di
12-13 molecole di Chl per proteina. Sulla base di questo dato e del rapporto
Chl a/b di 1.4, in complessi altamente purificati, possono essere assegnate 7
Chl a e 5 Chl b ad ogni monomero di LHCII.
IV.1.4 Struttura cristallografica
L’unità funzionale di LHCII è un trimero con simmetria C3. Ciascuna
proteina del trimero possiede tre eliche trans-membrana, denominate B, C e
A, connesse tramite loop idrofilici da entrambi i lati della membrana.
Entrambe le eliche A e B formano un angolo di 32° con la normale alla
membrana, mentre l’elica C è pressochè parallela ad essa.
Le eliche A e B, lunghe
rispettivamente 43 e 51 Å ( 29 e
34 residui), formano una struttura
ad “X”, stabilizzata dalla forte
attrazione elettrostatica tra i
residui carichi di due coppie
ioniche (Arg70-Glu180, Arg185-
Glu65). Due molecole di
carotenoidi sono localizzate al
centro del complesso, dove,
interagendo con l’elica A e B,
contribuirebbero in modo determinante al legame tra i due domini idrofobici.
Dai dati di stechiometria si può ipotizzare che queste due molecole di
carotenoidi siano due molecole di luteina, ma non ci sono prove sperimentali.
Figura 14 Rappresentazione struttura tridimensionale di LHCII
Introduzione Pagina 25
25
Su 12 molecole di Chl, solo 8 interagiscono direttamente con la catena
aminoacidica, attraverso la coordinazione degli ioni magnesio da parte delle
catene laterali aminoacidiche oppure tramite la catena carbonilica principale. I
ligandi presunti sono istidina, glutamina, asparagina e la coppia ionica
glutamato-arginina. Le rimanenti 4 molecole di Chl potrebbero rapportarsi
indirettamente alla proteina tramite molecole di acqua.
Le molecole di Chl risultano disposte su due diversi livelli rispetto allo
spessore della membrana, con gli anelli porfirinici perpendicolari al piano della
membrana stessa.
L’analisi cristallografica portata ad una risoluzione di 3.4 Å, permette la
localizzazione dei cromofori, ma non ne consente la precisa discriminazione.
A tale risoluzione, infatti, le differenze strutturali fra i diversi tipi di
carotenoidi e molecole di Chl non possono essere evidenziate. Delle molecole di
clorofilla è stata identificata la posizione degli atomi della struttura grezza dell’anello
tetrapirrolico, ma non è possibile a tale risoluzione evidenziare, oltre ai sostituenti dell’anello,
né l’anello V, né la catena fitilica. Mancano quindi gli elementi necessari per orientare le
molecole dei pigmenti al fine di identificarne la disposizione dei momenti di transizione.
IV.2 OMOLOGIA ENTRO LA FAMIGLIA DI PROTEINE CAB
Il primo polipeptide CAB è stato scoperto più di 25 anni fa e, per i primi 20
anni dopo questa scoperta, è perdurata una considerevole confusione circa il
numero delle proteine CAB, la loro localizzazione e funzione. Negli ultimi
anni, la possibilità di isolare e caratterizzare estensivamente i geni codificanti
tali proteine, ha allargato enormemente il campo delle conoscenze. Le
ricerche hanno evidenziato che ogni polipeptide CAB è codificato da un
diverso gene nucleare e che esiste una elevata omologia di sequenza entro la
famiglia. In particolare le regioni delle eliche trans-membrana esiste un alto
livello di conservazione. Da allineamenti di sequenza delle proteine CAB,
Parte - A
26
usando come modello LHCII, è possibile assegnare i ligandi per le clorofille
conservate.
Tabella 3 Allineamento delle sequenze dedotte dai cDNA delle Lhcb
tttt
ttt
lu
t_
1
Lhcb
1 RK
TAAK
AKP-
AASG
SP--
----
---W
YGPD
RVL-
YLFP
LSGE
PPS-
---Y
LTGE
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----
----
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----
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----
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---
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5 LF
SKKP
AQKP
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AKWY
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RIYL
PDGL
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_l
ut_
52 _
____
____
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____
____
____
____
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____
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MFSM
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WATH
LSDP
LHTT
IFDT
FGGS
S
238
↑↑ ↑↑
Introduzione Pagina 27
27
IV.3 ANTENNE MINORI
Accanto ad LHCII, vi sono, nel sistema antenna del PSII, altri tre complessi
pigmento-proteina. Tali complessi, isolati da alcuni anni [41, 16, 7], sono stati
recentemente caratterizzati grazie alle tecniche di purificazione di IEF non
denaturante [19].
Queste antenne minori sono chiamate CP29,
CP26 e CP24 in base alla loro massa apparente
in elettroforesi non denaturante. Le rispettive
apoproteine sono codificate dai geni nucleari
lhcb4, lhcb5 ed lhcb6.
Le antenne minori, presenti in quantità uguale
nel PSII, legano complessivamente solo il 15
per cento della Chl totale del fotosistema. In
questi complessi è localizzata la maggior parte
della violaxantina contenuta nel PSII (più
dell’80%). Dal momento che la violaxantina è l’immediato precursore della
zeaxantina, pigmento coinvolto nella dissipazione degli eccessi di energia di
eccitazione (ciclo delle xantofille), le antenne minori potrebbero essere la sede
principale del meccanismo di smorzamento non fotochimico (NPQ) che
regola il flusso di energia verso il centro di reazione [9, 18, 2].
IV.3.1 CP24
Prodotto genico di lhcb6, CP24 è il
complesso meno caratterizzato tra
le antenne minori riguardo alla
composizione in pigmenti. Le
difficoltà probabilmente derivano
dalla perdita di pigmenti durante la
sua purificazione. Sono stati
riportati valori divergenti del
Figura 15 Modello di arrangiamento delle antenne minori nel PSII [38]
Figura 16 Modello schematico di struttura per CP24
Parte - A
28
rapporto Chl a/b (0.8-1.6) e della stechiometria Chl-proteina (5-13).Più
recentemente è stato possibile determinare che CP24 lega 5 Chl a e 5 Chl b
attraverso la ricostituzione in vitro di proteine ricombinanti [45]. A differenza
delle altre antenne minori, CP24 non sembra legare neoxantina, pur
presentando violaxantina e luteina [18, 50].
IV.3.2 CP26
Il complesso CP26 è il prodotto
genico di lhcb5. Esistono due
isoforme di tale pigmento-proteina,
di 28 e 29 kDa, entrambe
riconosciute dall’anticorpo ottenuto
contro il prodotto genico di lhcb5.
La composizione in pigmenti di
CP26 comprende violaxantina,
luteina, neoxantina, Chl a e Chl b
(rapporto Chl a/b pari a 2.2). Si ritiene che siano legate a questo complesso 9
molecole di Chl [18, 50].
Figura 17 Modello schematico di struttura per CP26
Introduzione Pagina 29
29
IV.3.3 CP29
Il gene nucleare lhcb4 codifica per la proteina a peso molecolare più elevato
(31 kDa) tra le antenne di LHCII, CP29.
Figura 18 Modello schematico della struttura di CP29 basato sull’omologia di sequenza e su dati biochimici (vedi oltre)
La sua massa molecolare, maggiore degli altri LHC, è dovuta all’inserzione di
42 aminoacidi all’N-terminale. Il complesso lega 8 molecole di Chl,
probabilmente 2 Chl a e 6 Chl b, visto che il rapporto Chl a/b è di 2.8-3.0.
L’N-terminale, dominio esposto allo stroma, può essere fosforilato in
condizioni di eccessiva illuminazione, e, tale fosforilazione, ne modifica la
conformazione e le proprietà spettroscopiche [12].
Parte - A
30
V. IL TRASFERIMENTO DELL’ENERGIA
V.1 INTRODUZIONE
Il processo chiave della fotosintesi e’ l’assorbimento della luce solare da parte
dei pigmenti antenna ed l’efficiente trasferimento dell’energia di eccitazione al
centro di reazione fotochimica dove l’energia viene intrappolata in forma di
una stabile separazione di carica. La sequenza di reazioni coinvolte, che
interessa sia processi fotochimici che fotofisici, avviene con una resa quantica
di circa il 90%, quindi con alta efficienza ed a basso costo per tutti gli
organismi fotosintetici.
Il processo di trasferimento dell’energia di eccitazione deve essere considerato
un processo non radiativo che e’ dovuto ad interazioni colombiane tra la
molecola originariamente eccitata, il donatore D, e quella alla quale l’energia
verrà trasferita, l’accettore A. Se lo stato eccitato del donatore (D*) fluoresce
(kfD) o forma uno stato di tripletto via intersystem crossing (kisc
D) o se torna
allo stato fondamentale emettendo calore, secondo il meccanismo di
conversione interna (kicD) allora il tempo di vita del suo stato eccitato (τ1
D) e la
sua resa di fluorescenza (ΦD) sono dati da:
τ1D = 1/k1
D = 1/(kfD +kisc
D +kicD) ; ΦD = kf
D/k1D (1)
dove k1D rappresenta la costante di decadimento totale dello stato eccitato D*.
Se l’energia viene trasferita in maniera irreversibile alla molecola A (costante di
trasferimento kDA) allora la fluorescenza e la resa di tripletto di D vengono
smorzate: la fluorescenza di D va’ rapidamente a zero, mentre quella di A
aumenta. La resa di fluorescenza e il tempo di vita dello stato eccitato di D, in
presenza di A, saranno quindi:
τD = 1/(k1D + kDA); ΦD = kf
D/(k1D + kDA) (2)
Introduzione Pagina 31
31
Il processo di trasferimento sarà completamente irreversibile solo se la
differenza di energia tra D* ed A*, ∆EDA, sarà sufficientemente grande rispetto
al valore di energia termica.
La velocità di trasferimento di energia da un donatore ad un accettore può
essere calcolata utilizzando la teoria eccitonica [37, 25, 39].
In meccanica quantistica lo stato fondamentale di singoletto (S0) ed il primo
stato eccitato di singoletto (S1) di D ed A, vengono descritti come funzioni
d’onda normalizzate, Ψ0A, Ψ0
D, Ψ1A, Ψ1
D, che sono le soluzioni stazionarie
dell’equazione di Schrödinger tempo-dipendente:
HAΨ0A = E0
AΨ0A; HAΨ1
A = E1AΨ1
A (3)
dove H rappresenta l’Hamiltoniano della molecola isolata A. L’espressione
tiene conto sia dell’energia cinetica di nuclei ed elettroni, che delle forze
coulombiane attrattive e repulsive tra vari nuclei ed elettroni.
Quando A e D sono molecole interagenti, cioè c’è interazione tra le nuvole
elettroniche di A e D, l’Hamiltoniano dell’ intero sistema viene espresso
come:
HDA = HD + HA + VDA (4)
dove il termine VDA rappresenta l’accoppiamento. Se una delle due molecole,
ad es. D, viene eccitata, la probabilità di trovare l’eccitazione in A, dopo un
certo tempo, non e’ nulla. Il fatto che l’eccitazione si possa trovare sia su D
che su A viene descritto usando una combinazione lineare degli stati
localmente eccitati Ψ0AΨ1
D e Ψ0DΨ1
A. Se si assume che la transizione
coinvolga solo due elettroni le funzioni d’onda dello stato iniziale (i, dove e’
eccitato D) e finale (f, dove e’ eccitato A) saranno:
Ψi = (1/√2) [Ψ1D(1)Ψ0
A(2) - Ψ1D(2)Ψ0
A(1)] (5)
Ψf = (1/√2) [Ψ0D(1)Ψ1
A(2) - Ψ0D(2)Ψ1
A(1)] (6)
Il numero tra parentesi indica l’elettrone coinvolto.
Parte - A
32
La velocità del trasferimento di energia dallo stato iniziale allo stato finale, e’
governata dall’elemento della matrice di interazione dato da:
UDA = ⟨Ψi|VDA|Ψf⟩ = UCDA + UEX
DA (7)
Il termine UC e’ il contributo coulombiano:
UCDA = ⟨Ψ1
D(1)Ψ0A(2)|VDA|Ψ0
D(1)Ψ1A(2)⟩ (8)
dove UCDA rappresenta l’interazione coulombiana tra le densità di carica di
Ψ1D(1)Ψ0
A(2) e Ψ0D(1)Ψ1
A(2). L’elettrone su D, inizialmente eccitato, ritorna
allo stato fondamentale e simultaneamente l’elettrone su A e’ promosso ad
uno degli orbitali dello stato eccitato di A. (vedi fig. 19).
Figura 19 Rappresentazione schematica dei contributi al trasferimento dell’energia di eccitazione di Coulomb (in alto) e di scambio (in basso)
Il termine UEX e’ il contributo di scambio:
UEXDA = ⟨Ψ1
D(1)Ψ0A(2)|VDA|Ψ0
D(2)Ψ1A(1)⟩ (9)
in questo caso il trasferimento dell’eccitazione e’ descritto come uno scambio
dell’elettrone eccitato di D con quello non eccitato di A. Il risultato finale e’
ancora che D torna allo stato fondamentale mentre A viene eccitato. In
Introduzione Pagina 33
33
contrasto con il meccanismo di Coulomb, che può essere efficacie anche a
grande distanza, il meccanismo di scambio e’ operativo solo nel caso in cui si
abbia sovrapposizione delle funzioni d’onda, ma può essere operativo anche
nel caso in cui gli stati di D ed A, coinvolti nel trasferimento, siano
otticamente proibiti, condizione nella quale il meccanismo di Coulomb non e’
valido. Nel caso in cui siano coinvolte transizioni otticamente permesse e la
distanza tra D ed A non sia troppo piccola il termine coulombiano diventa
dominante. In questo caso l’iterazione D-A può essere approssimata ad
un’interazione dipolo-dipolo e l’integrale di interazione (eq.8) può essere
approssimato nel modo seguente:
UCDA = 5.04 (|µA| * |µD| / R3
DA) (cos α - 3cos β1 cos β2)
= 5.04 (|µA| * |µD| / R3DA) * k
dove UC è dato in cm-1 i dipoli di transizione in debyes e RDA, distanza tra i
dipoli in nm. k è il fattore di orientazione dove α è l’angolo tra i due dipoli e
β1 e β2 sono gli angoli tra ogni dipolo ed il vettore RDA che li congiunge. Il
valore del momento per la Chl a è di circa 5 debye. Vediamo ora di analizzare
i due casi della possibile interazione tra la molecola di donatore D e quella di
accettore A.
V.2 ACCOPPIAMENTO FORTE.
Per avere un accoppiamento forte è necessario che UCDA » ∆E, dove ∆E è una
misura della larghezza di banda della transizione elettronica coinvolta (A→A*,
D→D*). Lo spettro combinato di D ed A è modificato e porta a due nuove
bande di assorbimento, dovute alla combinazione delle transizioni in fase (+)
e fuori fase (-) degli stati eccitati localmente. Le transizioni (+) e (-) sono
separate da 2|UDA| . La transizione ottica di ogni dimero eccitato può essere
più o meno permessa a seconda della geometria di D ed A. Nel caso di
accoppiamento forte il trasferimento dell’eccitazione è un processo coerente
Parte - A
34
cioè la relazione tra le fasi degli stati eccitati locali, Ψ0DΨ1
A e Ψ1DΨ0
A è fissa.
L’eccitazione oscilla avanti e indietro tra D ed A ed è solo istantaneamente
localizzata (anche questa è una semplificazione). La frequenza dell’oscillazione
è 2cUCDA e, partendo con l’eccitazione in D, la densità di eccitazione su A
raggiungerà il suo valore massimo dopo:
t = 1/ 4cUCDA
che corrisponde ad una costante: kDA = 4cUCDA. Notiamo che kDA ∝ R-3
DA. Il
tempo durante il quale l’eccitazione può essere considerata coerente è molto
piccolo (≤ 10-13 s). Ciò è dovuto a tutti i processi che potranno alla perdita
della relazione di fase tra gli stati eccitati (collisioni, interazioni con vibrazioni
intramolecolari o con il lattice). Quindi, dopo un cortissimo periodo nel quale
l’eccitazione può venire considerata delocalizzata e ci si ritrova nel caso
dell’accoppiamento forte, l’eccitazione diventa localizzata su D o su A ed il
processo può essere descritto secondo la teoria di Förster.
V.3 ACCOPPIAMENTO DEBOLE
Nella teoria dell’accoppiamento debole la velocità totale di trasferimento di
energia da D ad A è data da:
kDA = kfD (R0/RDA)6
dove kfD è la velocità di fluorescenza del donatore in assenza dell’accettore, R0
è la distanza (in nm) alla quale la costante di velocità per il trasferimento di
energia ad A e per la fluorescenza sono uguali, ed è data da:
R0 = 8.8 x 1012 k2 n-4 ∫ FD(ν) εA(ν) ν-4 dν
dove εA(ν) è il coeff. di estinzione molare, ν il numero d’onda, FD(ν) è lo
spettro di emissione di D normalizzato (∫ FD(ν)dν = 1), n è l’indice di
rifrazione, e k, parametro di orientazione è dato da:
k = (cos α - 3cos β1 cos β2)
Introduzione Pagina 35
35
Il parametro R0 dipende fortemente dalla sovrapposizione dello spettro di
fluorescenza del donatore e di assorbimento dell’accettore e può essere
misurato sperimentalmente in tabella 3 sono riportati i valori di R0 e kf per
lacune combinazioni donatore-accettore.Il fattore R06 dipende dal quadrato
del fattore di orientazione k. Il valore massimo di k2 è 4, il minimo 0. Per un
orientazione casuale di D e A k2 assume un valore di 2/3.
Donatore Accettore R0 (Å) φφφφD ττττ1D (ns)
Chlb Chl a 100 0.12 3.9
Chl a Chl a 80-90 0.32 5.1
ββββ-Carotene Chl a ≈50 <10-5 >10-3
BChl a 875 BChl 875 90 0.20 3-4
BChl a 800 BChl 850 66 0.20 3-4
BChl a 800 BChl 800 100 0.20 3-4
Tabella 4 Distanza critica di Förster R0, efficienza di fluorescenza in vivo φD e tempo di vita di fluorescenza τ1D per diverse coppie accettore-donatore coinvolti in processi fotosintetici
V.4 TRASFERIMENTO DI ENERGIA DI SCAMBIO
Come già visto il termine UEXDA contribuisce in maniera significativa al
processo di trasferimento di energia solo quando il termine coulombiano è
piccolo, cioè quando le transizioni coinvolte sono proibite e la distanza tra
donatore ed accettore è piccola (RDA ≤0.5nm). Un esempio può essere quello
del trasferimento dallo stato di tripletto della Chl alla molecola di carotenoide
strettamente associata:
ChlT + Car → Chl + CarT
Questo processo avviene n un tempo vicino ai 20 ns e benchè il processo sia
lento, i lunghi tempi di vita degli stati di tripletto assicurano un’alta efficienza.
Parte - A
36
La costante di velocità totale per il trasferimento di energia mediante il
meccanismo di scambio [22] è data da:
kEXDA = (2π/ h-)2 (UEX
DA)2 ∫ FD(ν) εA(ν)dν
UEXDA decresce esponenzialmente con RDA, è dipendente dall’orientazione di
D ed A, ma indipendente dalla forza di dipolo delle transizioni in D ed A. Per
una distanza donatore-accettore maggiore di 4 Å Dexter stima una
trasferimento di energia di scambio 100 volte meno efficiente del
trasferimento di Forster, assumendo che entrambi siano permessi.
Il trasferimento di energia di singoletto dai carotenoidi alle clorofille avviene
molto probabilmente ancora secondo questo meccanismo, dato che la
fluorescenza dei carotenoidi è estremamente bassa il che suggerisce una rapida
conversione interna (kic ≈10-12 s) e indica che clorofille e carotenoidi siano
molto vicini all’interno della matrice proteica.
V.5 TRASFERIMENTI DI ENERGIA REVERSIBILI
Se la temperatura è sufficientemente alta o il ∆EDA abbastanza piccolo il
trasferimento all’indietro dell’energia di eccitazione, cioè da A a D, è possibile.
Quando D ed A sono nello stato termicamente rilassato, prima che avvenga il
trasferimento di energia, il rapporto tra la velocità di trasferimento da D ad A
e quella tra A e D è data da:
kDA/kAD = e-∆EDA
/ kB
T
dove kB è la costante di Boltzmann e T la temperatura assoluta. Il rapporto
può essere calcolato anche dall’integrale di sovrapposizione appropriato.
V.6 MIGRAZIONE ED INTRAPPOLAMENTO
Il trasferimento di energia in sistemi fotosintetici coinvolge un grande numero
di trasferimenti di energia molto veloci tra singoli pigmenti e gruppi di
Introduzione Pagina 37
37
pigmenti fino a che l’energia non raggiunge il centro di reazione . Il tempo di
intrappolamento è definito come il tempo necessario per equilibrare lo stato
di separazione di carica P+I- con lo stato eccitato antenna/P.
Il tempo totale richiesto per intrappolare l’eccitazione è dato da :
τtrap = τmig +τRC
per un lattice bidimensionale il tempo di migrazione è dato da:
τmig = ½ Nfp (N) τhop
dove N è il numero di pigmenti antenna per centro di reazione fp(N) è la
caratteristica funzione-struttura per il lattice e τhop è l’hopping time.
Il tempo di intrappolamento (τRC)è dato da:
τRC = N {1/zW1 + (W2/W1) 1/kCS}
in cui W1 è la velocità del trasferimento di energia da uno dei pigmenti vicini a
P a P stesso, W2 è la velocità del trasferimento all’indietro tra questi stessi
pigmenti, z è il numero di pigmenti che si trovano vicini a P e kCS è la velocità
di separazione di carica.
Vediamo alcuni casi:
W1 ≅ W2 > kCS . Questo caso è chiamato: trap-limited (limitato dalla trappola)
e τRC = NkCS-1. Il tempo si intrappolamento che si ottiene può essere
interpretato nel seguente modo: poiché l’energia di eccitazione è trasportata
sul tutti i siti dei pigmenti antenna (compreso P) con una velocità più grande
di quella dei processi che portano alla diseccitazione (compresa la separazione
di carica), la probabilità di trovare l’eccitazione si P è 1/N, assumendo che
tutti i siti siano energeticamente equivalenti. Poiché in questo caso W1 e W2
sono entrambe più grandi di kRC ci si aspetta un significativo contributo dei
pigmenti del centro di reazione alla fluorescenza del sistema.
W1 ≈ W2 < kCS Questo caso è chiamato diffusion limited: Limitato dalla
diffusione. Il tempo di intrappolamento è dato da:
Parte - A
38
τRC = N/zW1
In questo caso il passo lento è la migrazione dell’energia dai pigmenti antenna
al centro di reazione, tutto ciò si riflette con una bassa fluorescenza di P e
nella debole dipendenza del tempo di intrappolamento dalla velocità di
separazione di carica. Le ragioni fisiche per questo lento trasferimento
possono essere la grande distanza tra i pigmenti ed il centro di reazione o la
presenza, come vedremo, di pigmenti antenna ad energia più bassa di quella di
P.
B . S c o p o d e l l a t e s i
Parte - B
40
Scopo della tesi Pagina 41
41
I. PREMESSA
a comprensione accurata dei processi di trasferimento energetico
all’interno dei complessi antenna e dei centri di reazione, richiede
conoscenze sulla distanza tra i cromofori coinvolti in tali processi,
sull’orientazione reciproca dei loro momenti di transizione e sulla
distribuzione dei livelli energetici di assorbimento e di fluorescenza all’interno
del fotosistema.
Recentemente, un gran numero di conoscenze sono state ottenute per il
fotosistema II sull’organizzazione topologica delle subunità che lo
compongono [10], sulla composizione delle forme spettroscopiche [35, 62] e
sulla struttura del complesso maggiore LHCII [36] determinata su cristalli
bidimensionali ad una risoluzione di 3.4 Å. La struttura di LHCII ha
permesso l’identificazione dei siti di legame per le molecole di clorofilla e della
distanza tra cromofori vicini che risulta essere compresa fra 8 e 15 Å. La
risoluzione della struttura di LHCII, finora ottenuta, non consente di ottenere
informazioni essenziali quali:
a) determinazione dei livelli energetici delle transizioni dei singoli cromofori
b) identificazione delle Chl a e Chl b
c) identificazione dei momenti dipolari di transizione
d) identificazione dei carotenoidi legati al complesso.
e) determinazione dei livelli energetici delle transizioni dei singoli cromofori.
La complessità delle caratteristiche ottiche di LHCII, nelle quali si sommano i
contributi dei singoli cromofori (che vengono influenzati diversamente a
seconda del sito di legame a cui appartengono), rende molto difficile risalire
alle informazioni strutturali mancanti, utilizzando analisi spettroscopiche.
Gli scarsi sviluppi recenti nella comprensione della eterogeneità
spettroscopica è dovuta, in parte, alla mancanza di tecniche sperimentali che
L
Parte - B
42
consentano di modificare selettivamente le transizioni ottiche e di isolare
quindi i diversi contributi dei singoli cromofori.
In questo contesto, è molto interessante l’approccio che prevede l’utilizzo di
complessi pigmenti-proteina ricostituiti. Esperimenti di questo tipo
utilizzavano, inizialmente, apoproteine ottenute da purificazione da cui i
pigmenti venivano staccati attraverso trattamenti con detergenti [51];
recentemente, la tecnica di ricostituzione è stata applicata ad apoproteine da
cDNA codificante per un singolo prodotto genico Lhcb1, ottenute per
sovraespressione in E. coli [47]. Nella maggior parte di questi casi, comunque,
le proprietà ottiche dei complessi ricostituiti si allontanavano da quelle dei
complessi nativi limitando la possibilità di utilizzare questi campioni per studi
spettroscopici.
Solo recentemente è stata ricostituito con successo il complesso antenna
CP29, utilizzando l’apoproteina Lhcb4 di mais sovraespressa in E. coli [28]. Il
complesso ricostituito mostra caratteristiche di assorbimento, fluorescenza e
di dicroismo circolare che ricalcano con estrema precisione quelle del
complesso nativo; inoltre anche altre caratteristiche biochimiche peculiari,
come il legame del DCCD [61], sono mantenute [49].
Il sistema del CP29 ricombinante può perciò essere impiegato per una serie di
analisi sperimentali per ottenere i parametri lasciati indeterminati dopo il
lavoro sulla struttura di LHCII di Kühlbrandt e collaboratori [36]. I punti
significativi sono i seguenti: i) identificazione dei livelli energetici di ciascun
cromoforo. ii) determinazione dell’orientazione dei momenti delle transizioni
elettroniche per ciascuna molecola di clorofilla.
A tale scopo sono stati utilizzati 7 mutanti puntiformi degli 8 residui coinvolti
nella coordinazione di molecole di clorofilla [53]; in un caso, infatti, la
mutazione porta alla completa distruzione della struttura terziaria della
proteina.
Scopo della tesi Pagina 43
43
II. SCOPO DELLA TESI
In questo lavoro di tesi di laurea mi sono concentrato sul seguente problema: determinare
l’orientazione dei momenti delle transizioni QY delle singole molecole di clorofilla in CP29.
A tale scopo è necessario caratterizzare matematicamente le componenti l, m ed n dei versori
di ciascuna transizione, rispetto ad un sistema di coordinate relativo alla struttura proteica.
Ho affrontato questo problema attraverso l’analisi spettroscopica di dicroismo lineare della
libreria di mutanti di CP29 sulla base di un modello strutturale per tale proteina che ho
ottenuto per omologia con LHCII, l’unica proteina della famiglia la cui struttura è stata
risolta.
III. PERCHE USARE CP29 AL POSTO DI LHCII
Per risolvere il problema dell’orientazione dei pigmenti devono essere
soddisfatti due requisiti fondamentali: i) è necessario avere a disposizione un
sistema sperimentale in cui i singoli cromofori possano essere modificati, e
quindi analizzati, individualmente. ii) è necessario avere a disposizione un
modello strutturale della proteina rispetto a cui determinare le coordinate delle
componenti dei versori relativi alle transizioni che si vogliono determinare.
Allo stato attuale un modello strutturale è disponibile solo per LHCII [36].
L’utilizzo di LHCII come sistema sperimentale è comunque sconveniente per
i seguenti motivi: a) LHCII è un trimero in cui le interazioni fra i cromofori
appartenenti a diverse subunità, rispetto al monomero, sono molto forti e
modificano significativamente le proprietà spettroscopiche del sistema
trimerico rispetto a quello monomerico. b) LHCII lega 12 molecole di
clorofilla per polipeptide e 3 xantofille, ma solo 8 siti di legame per le
molecole di clorofilla e 2 per quelle di xantofilla sono stati identificati. Quindi
Parte - B
44
almeno 4 molecole di clorofilla e 1 xantofilla, non possono essere modificate
sperimentalmente (non si possono ottenere mutanti). c) LHCII purificato
dalle piante risulta essere una proteina eterogenea rappresentata da una
miscela di 18 prodotti genici.
Per il requisito i) CP29 è un sistema indubbiamente migliore di LHCII per i
seguenti motivi: a) è una proteina monomerica. b) lega 8 molecole di clorofilla
e 2 molecole di xantofille. Nel caso di CP29 i siti di legame sono tutti noti,
quindi è possibile modificare sperimentalmente ciascun cromoforo. c) CP29 è
il prodotto di un singolo gene, ciò permette di controllare che il sistema
impiegato sia identico alla proteina nativa.
Per il requisito ii), cioè la necessità della struttura, abbiamo costruito un
modello strutturale di CP29 per omologia con LHCII.
C . M a t e r i a l i e M e t o d i
Parte - C
46
Materiali e Metodi Pagina 47
47
I. BIOCHIMICA
I.1 ELETTROFORESI
e tecniche elettroforetiche consentono la separazione di peptidi in base a
PM, carica e forma delle molecole stesse.
Un sistema elettroforetico può essere denaturante, parzialmente denaturante o
non denaturante nei confronti dei campioni caricati.
Nell'elettroforesi denaturante (Tris-SO4 SDS PAGE) i campioni sono trattati
con agenti riducenti (b-mercaptoetanolo), con il detergente anionico Sodio
Dodecil Solfato (SDS) e infine denaturati affinché le proteine perdano la
struttura terziaria. L' SDS si lega nel rapporto costante di 1.4 g per grammo di
proteina: ciò conferisce a ciascun polipeptide un uguale rapporto
carica/massa per cui la discriminazione tra le molecole avviene solo in base
alla loro capacità di passare attraverso il reticolo del gel, cioè in base al PM.
Più le molecole sono grandi, maggiori sono gli ostacoli che incontrano e che
rallentano quindi la migrazione. Anche l'urea, presente nel gel, contribuisce
alla denaturazione delle proteine.
Nei gel non denaturanti (gel verdi o Deriphat-page), i polipeptidi mantengono
la propria struttura terziaria e quindi, nel caso di proteine vegetali leganti
pigmenti, non si ha perdita degli stessi a queste coordinati. Il detergente nel
tampone superiore (Deriphat) forma delle micelle con le proteine,
solubilizzate nel blando detergente Dodecilmaltoside (DM) o Octilglucoside
(OGP), trascinandole nel gel.
Un gel verde modificato, con LDS nel tampone superiore, è parzialmente
denaturante nei confronti di proteine leganti la clorofilla, solubilizzate in DM
o in OGP: solo i complessi più stabili rimangono integri.
Le due soluzioni del gel di separazione (running gel) e del gel di
impaccamento (stacking gel) vengono preparate a partire da soluzioni stock
dei vari componenti. La funzione dello stacking gel, localizzato al di sopra del
L
Parte - C
48
resolving, è quella di focalizzare i polipeptidi in bande dallo spessore molto
ridotto prima del loro ingresso nel gel di separazione.
Le soluzioni di acrilamide vengono fatte polimerizzare tra due lastre di vetro
di mm 160 x 180 o di dimensioni 10 x 8 mm, separate da spaziatori dello
spessore desiderato (0.75-1.3 mm).
La corsa elettroforetica viene eseguita applicando una differenza di potenziale
variabile a seconda del tipo di gel utilizzato e delle sue dimensioni, per un
tempo sufficiente ad effettuare la migrazione del fronte della clorofilla fino al
margine inferiore del gel.
Materiali e Metodi Pagina 49
49
I.1.1 Tris-H2SO4 SDS-PAGE
[8] Bassi R. et al. (1985)
Eur. J. Biochem. 146, pag.589-595
Stacking gel :
• 5% (W/V) acrilamide 60/08 (60% acrilamide, 08% bis-acrilamide)
• 0.375 M Tris-H2SO4 pH 8.9
Resolving gel :
• 14% (W/V) acrilamide 60/08 (60% acrilamide, 08% bis-acrilamide)
• 0.375 M Tris-H2SO4 pH 8.9
• 6 M urea
La polimerizzazione avviene aggiungendo TEMED e Persolfato di ammonio
(APS) alle concentrazioni finali rispettive di 0.05% e 0.02% per il running e di
0.125% e 0.05% per lo stacking gel.
Resolving gel (14%) Stacking gel (5%)
acrilamide 60/08 2.3 ml 0.3 ml
3 M Tris H2SO4 pH 9 1.25 ml 0.5 ml
urea 3.6 g
saccarosio 1.8 g
H2O 1.4 ml 3.2 ml
TEMED 5 µl 5 µl
10% APS 20 µl 20 µl
10 ml 4 ml
Parte - C
50
Tampone di corsa:
inferiore (+) Tris 42.9 mM
glicina 67.6 mM
superiore (-) Tris 42.9 mM
glicina 67.7 mM
SDS 0.1% (W/V)
EDTA 1 mM
L'elettroforesi viene effettuata a temperatura ambiente per circa 14 ore, a 30
Volts costanti per gel di dimensioni 10 x 7 x 0.5 cm.
I.1.2 Colorazione al Coomassie
Il legame del colorante Coomassie ad alcuni aminoacidi permette di
visualizzare le proteine separate elettroforeticamente.
I gel vengono immersi nella soluzione di colorazione per circa 90 minuti e
messi ad agitare.
Soluzione di colorazione: 0.04% (w/v) Coomassie Brillant Blue R-250, 500
ml metanolo, 500 ml H2O, 100 ml acido acetico.
Ne segue la decolorazione, che continua fino a quando le bande proteiche
contrasteranno nettamente con il fondo del gel.
Soluzione di decolorazione: 7.5% (v/v) acido acetico, 92.5% (v/v) H2O.
I gel possono essere conservati in glicerolo 10% e soluzione decolorante
all'interno di bustine di plastica sigillate oppure possono essere seccati
sottovuoto in Gel-Dryer.
Materiali e Metodi Pagina 51
51
I.1.3 Isoelettrofocalizzazione non denaturante su gel
[19] Dainese P. et al. (1990)
Photochem. Photobiol. 51, pag. 693-703
L’IEF è una tecnica elettroforetica che permette la separazione di composti
proteici in un gradiente lineare di pH stabilizzato tra due elettrodi grazie alla
presenza di particolari sostanze, gli anfoliti. Gli anfoliti presentano alta
capacità tamponante al loro punto isoelettrico con valori di pI continui tra i
due estremi dell’intervallo di pH prescelto (nel nostro caso pH 4-6). Le
proteine migrano fino a raggiungere l’intervallo di pIH corrispondente al loro
pI (carica totale nulla) e si allineano in questa posizione.
Gli esperimenti di IEF sono stati effettuati su strato sottile di gel granulare.
Composizione del gel:
glicina 1% (W/V)
anfoliti 2% (W/V)
dodecil-maltoside 0.06% (W/V)
Ultrodex (LKB) come fase solida 5% (W/V)
Gli anfoliti sono disponibili in stock al 40% (W/V).
Il gel è stato disposto su un piatto alle estremità del quale sono state messe
delle striscioline imbevute di soluzione al 1% di anfoliti. Con un applicatore è
stato posto, in prossimità del catodo, il campione, prelevato da un gradiente di
saccarosio, portato al 2% di anfoliti. Alle estremità del vassoio sono state
sistemate delle striscie di carta da filtro, imbevute con le soluzioni degli
elettrodi.
Polo positivo: 1 M H3PO4
Polo negativo: 1 M NaOH
Parte - C
52
Parametri di corsa: 4 °C, potenza costante (8 W per 15 ore oppure 15 W
per 7 ore, per un vassoio da 100 ml)
Le bande verdi vengono raccolte ed eluite attraverso appositi filtri.
Soluzione di eluizione:
Hepes/KOH pH 7.5 50 mM
DM 0.06% (W/V)
Il gradiente di pH viene determinato raccogliendo campioni di gel a varia
distanza dall’ estremità del vassoio: si determina quindi una retta di
regressione che permette di determinare i valori di pI delle bande verdi
raccolte.
Materiali e Metodi Pagina 53
53
I.2 CROMATOGRAFIA SU COLONNA A SCAMBIO ANIONICO
I pigmenti aspecifici che rimangono adesi al complesso ricostituito dopo la
centrifugazione in gradiente di saccarosio possono essere eliminati pressoché
completamente tramite cromatografia a scambio anionico a media pressione.
Una colonna di tipo EMD-DEAE 650 Fractogel (10 x 150 mm) (Merck)
viene equilibrata col Tampone A per circa un'ora ad un flusso di 1 ml/min.
Quindi viene iniettato il campione concentrato in modo da non superare la
capacità massima della colonna (max 1mg. di proteina). Un programma
automatizzato prevede tre fasi o segmenti durante lo sviluppo della colonna:
1h: il campione entra in colonna insieme al Tampone A; la proteina, carica
negativamente, si lega alla matrice; i pigmenti liberi non vengono trattenuti
dalla colonna e quindi ne escono;
20': diminuisce gradualmente la concentrazione di Tampone A e
proporzionalmente aumenta il Tampone B. A una concentrazione specifica di
NaCl (500 mM per LHCII) il controione Cl- sostituisce la proteina nel legame
con la matrice. Il complesso pigmentato viene quindi eluito in un volume di
pochi ml.
40': il Tampone B fluisce in colonna; ciò completa l'eluizione e pulisce la
colonna da ogni residuo proteico.
Le frazioni in uscita, prima di essere inviate all'apposito raccoglitore, vengono
analizzate da un rivelatore UV e l'andamento dell'assorbanza nel tempo è
visualizzato graficamente.
La cromatografia si svolge in stanza fredda, a 4 °C, per evitare la degradazione
dei pigmenti indotta dal calore.
Tampone A: 50 mM Tris pH 7.4, 0.025 % DM
Tampone B: 500 mM NaCl, Tris 50 mM pH 7.4, 0.025 % DM
Parte - C
54
I.3 ESTRAZIONE DEI PIGMENTI CON ACETONE 80%
[29] Goodwin T. W.(1981)
Chem. and Biochem. of Plant Pigments, vol. 2 pag.3-4,18
Alle foglie di mais o spinacio, congelate in azoto liquido e rapidamente
triturate con un pestello, viene aggiunto acetone 80% tamponato con MgCl2.
Dopo aver ben mescolato, il tutto viene lasciato in ghiaccio per 10', quindi
centrifugato per 15' a 12000 X g e il pellet riestratto finché non sia quasi
bianco.
Alternativamente i pigmenti totali possono essere ricavati da preparati di
tilacoidi o BBY, trattati anch'essi con acetone 80% tamponato.
La stessa procedura a partire da foglie o da tilacoidi del mutante Chlorina f2 ci
consente di ottenere clorofilla a e β-carotene senza contaminazioni da
clorofilla b.
All'estratto in acetone vengono aggiunti 0.8 volumi di NaCl 0.33 M e 0.25
volumi di dietiletere; la miscela viene agitata al vortex e successivamente
lasciata riposare in ghiaccio in modo che si ottenga la separazione di fase. In
alcuni casi per migliorare la separazione può essere utile centrifugare per
alcuni minuti, eliminando così le emulsioni. I pigmenti, che si trovano nella
fase superiore di dietiletere, vengono lavati per 2 volte con acqua, per
eliminare i sali; quindi sono distribuiti in aliquote uguali in tubi eppendorf e
fatti seccare sottovuoto nell'evaporatore rotante.
Tutta la procedura è svolta avendo cura di non esporre i pigmenti alla luce, al
calore o al contatto con l'ossigeno.
I pigmenti liofilizzati sono conservati a -80°C in atmosfera di azoto.
Materiali e Metodi Pagina 55
55
I.4 ESTRAZIONE DEI CAROTENOIDI TRAMITE SAPONIFICAZIONE A FREDDO
[15] Britton and Goodwin (1971)
Meth. Enzym. 244 pag. 657-658
[29] Goodwin T.W.(1981)
Chem. and Biochem. of Plant pigments, vol. 2 pag 65-66
Alle foglie di mais o di spinacio, congelate in azoto liquido e rapidamente
triturate con un pestello, viene aggiunto etanolo 96%. Dopo aver ben
mescolato, si lascia in ghiaccio per qualche minuto; quindi si centrifuga a
12000 X g per 15'.
Il sovranatante viene filtrato con filtro Nalgene 0.4 mm e successivamente
lasciato incubare per 12-14 ore con 0.1 volumi di KOH 80 % a 4°C. Quindi si
aggiungono 2 volumi d' acqua e 1 volume di dietiletere, si mescola e si
lasciano separare le due fasi .La fase superiore di dietiletere, in cui sono
solubilizzati i carotenoidi, viene prelevata e lavata per 3-4 volte con acqua, per
togliere i sali.
Le separazioni di fase e i lavaggi sono seguiti da una breve centrifugazione,
per eliminare le eventuali emulsioni. Infine l'estratto in dietiletere viene
distribuito in aliquote uguali e liofilizzato sotto vuoto nell'evaporatore rotante.
Durante tutta la procedura i pigmenti devono essere protetti dalla luce, dal
calore e dal contatto con l'ossigeno per evitarne la degradazione.
I carotenoidi sono conservati a -80°C in atmosfera di azoto.
Parte - C
56
I.5 PURIFICAZIONE E ANALISI DEI PIGMENTI
[27] Gilmore A. M., Yamamoto H. T. (1991) J. Chromatography 543, pag. 137-145
I.5.1 HPLC
Le clorofille a e b pure e le singole specie di carotenoidi sono state ottenute
per mezzo di comatografie preparative in HPLC seguendo il metodo di
Gilmore e Yamamoto, usando una colonna C18 bondclone (7.3 x 300mm) in
fase inversa. I pigmenti, raccolti all'uscita dalla colonna, sono stati seccati
sottovuoto nell'evaporatore rotante e quindi conservati a -80°C in atmosfera
di azoto.
La composizione in pigmenti dei complessi ricostituiti è stata analizzata dopo
estrazione con acetone 80% tramite RPHPLC seguendo anche in questo caso
il metodo di Gilmore e Yamamoto.
Tampone A:
acetonitrile 86.8 % (72 parti)
metanolo 9.6 % (8 parti)
Tris-HCl 0.1M 3.6 % (3 parti)
Tampone B:
metanolo 80 % (4 parti)
esano 20 % (1 parte)
Materiali e Metodi Pagina 57
57
I.5.2 Determinazione della concentrazione dei pigmenti
[20] Davies T. H. (1965)
Carotenoids, in Chem. and Biochem. of Plant Pigments (Goodwin T. J., ed.) (1981) Vol. 2, pag. 150-153
[52] Porra R. J. et al. (1989)
Bioch. et Biophysica Acta 975, pag 384-394
La concentrazione dei pigmenti è stata determinata spettroscopicamente
seguendo le leggi di Porra et al. (1989) per le clorofille e usando i coefficienti
specifici di estinzione di Davies per le xantofille pure.
Formule di Porra:
Chl a: 12.25 x A663.6 nm-2.55 x A646.6 nm
Chl b: 20.31 x A646.6 nm- 4.91 x A663.6 nm
Chl a + Chl b: 17.76 x A646.6 nm + 7.43 x A663.6 nm
Coefficienti di estinzione di Davies:
E1%1 cm luteina (l=445 nm) = 2550
E1%1 cm violaxantina (l=443 nm) = 2550
E1%1 cm neoxantina (l=439 nm) = 2243
E1%1 cm b-carotene (l=453 nm) = 2620
Legge di Lamber-Beer:
C [g/100 ml ] = (OD/ E1%1 cm ) x b
b (cammino ottico) = 1 cm
La concentrazione delle miscele di carotenoidi totali è stata stimata sulla base
del coefficiente di estinzione percentuale medio di 2500 a 440 nm (Davies,
1965).
Parte - C
58
I.6 ULTRACENTRIFUGAZIONE IN GRADIENTE
[19] Dainese P. et al. (1990)
Photochem. Photobiol. 51, pag. 693-703
I.6.1 Gradienti di saccarosio
I gradienti di saccarosio 0.2 M-1.0 M vengono preparati con un formatore di
gradienti. Questo apparecchio è costituito da due contenitori cilindrici
collegati tra loro mediante un tubo fornito di una valvola. Nelle due camere
sono contenute le soluzioni pesante (1 M saccarosio ) e leggera ( 0.2 M
saccarosio ) le quali vengono mescolate in proporzioni tali che la miscela in
uscita sia via via arricchita del componente più leggero.
Nella soluzione sono presenti anche DM allo 0.06% (w/v) e 10 mM
Hepes/KOH pH 7.5.
I gradienti vengono centrifugati per 13-14 ore a 254000 X g (rotore Beckman
SW 41).
I.6.2 Gradienti di glicerolo
Anche i gradienti di glicerolo 15 % - 40 % sono stati ottenuti con un
formatore di gradienti. Le due camere contengono le soluzioni pesante (40 %
glicerolo w/v) e leggera (15 % glicerolo w/v ).
Nelle soluzioni sono presenti anche DM allo 0.06 % e10 mM Hepes pH 7.5.
I gradienti vengono centrifugati per 13-14 ore a 450000 X g (rotore Beckman
SW 60).
Materiali e Metodi Pagina 59
59
I.7 PROCEDURA DI RICOSTITUZIONE
[51] Plumley F. G., Schmidt G. W. (1987)
Proc. Natl. Acad. Sci. USA 84, pag. 146-150
[48] Paulsen H., Rümler U. and Rüdiger W. (1990)
Planta 181, pag. 204-211
[17] Cammarata K. V., Schmidt G. W. (1991)
Biochemistry vol. 31, n.10, pag. 2779- 2788
[28] Giuffra et al.(1996)
Eur.J.Biochem. 238: 112-120
I pigmenti liofilizzati sono solubilizzati in etanolo, in modo che quest' ultimo
non superi il 7% del volume finale della reazione; quindi vengono aggiunti
sotto vortex al Tampone di Ricostituzione, che contiene già DTT 10 mM. Nel
frattempo una quantità di proteina tale da ottenere un rapporto
proteina/volume totale di 0.35 mg/ml viene denaturata, bollendo per 1'30'',
prima di essere aggiunta alla miscela di ricostituzione. Infine i campioni
vengono sonicati per 5'.
Seguono tre cicli più o meno prolungati di graduale congelamento a -80°C e
scongelamento a temperatura ambiente.
Per sostituire il detergente, al termine dei cicli, si aggiunge ai campioni
octilglucoside (OGP) 1% finale e, dopo 15' di incubazione in ghiaccio, KCl
150 mM finale. Si lascia la reazione in ghiaccio per 30' circa, quindi si
precipitano i sali centrifugando per 15' a 13000 rpm in Minifuge. Si ottiene un
pellet bianco con un sottile strato verde sopra e un surnatante limpido che
verrà successivamente caricato su gradiente di saccarosio.
Tampone di Ricostituzione (2%LDS, 12.5% saccarosio, 5 mM acido
amminocaproico, 1 mM benzamidina, 100 mM Hepes KOH pH 8)
Parte - C
60
II. SPETTROSCOPIA
II.1 ASSORBIMENTO
Gli spettri di assorbimento nel visibile da 350 nm a 800 nm della proteina
nativa e dei complessi ricostituiti sono stati registrati a temperatura ambiente
con uno spettrofotometro SLM-AMINCO DW-2000 con cuvette di quarzo
di cammino ottico pari a 1 cm. La velocità di scansione dello strumento è di
100 nm/sec.; l’ampiezza di banda è di 1 nm e l’intervallo di rilevamento dei
dati di 0.4 nm.
Gli spettri di assorbimento dei campioni preparati per le misure di dicroismo
lineare, sono stati acquisiti con lo stesso strumento usato per LD. E’ infatti
possibile convertire l’amplificatore di tale strumento in modo da consentire
l’acquisizione dello spettro di assorbimento nelle stesse condizioni utilizzate
per gli spettri di LD, utilizzando quindi lo stesso campione e la stessa ottica
II.2 FLUORESCENZA
Gli spettri di emissione e di eccitazione di fluorescenza sono stati misurati a
temperatura ambiente con un fluorimetro JASCO FP-777, con un’ampiezza
di banda di 5 nm e un intervallo di rilevamento dei dati di 0.5 nm. La velocità
di scansione dello strumento è di 100 nm/sec.
Gli spettri di emissione di fluorescenza sono stati registrati nell’intervallo tra
600 e 800 nm, eccitando a 440 oppure a 475 nm.
Gli spettri di eccitazione di fluorescenza, misurati eccitando nell’intervallo tra
350 e 550 nm, sono stati rilevati con emissione a 680 nm.
È stato usato un filtro giallo OG530 (SCHOTT) per eliminare le interferenze
di secondo ordine.
Materiali e Metodi Pagina 61
61
II.3 DICROISMO CIRCOLARE
Gli spettri di dicroismo circolare sono stati effettuati a 4 °C con un dicrografo
modello JASCO 600.Tutti gli spettri sono stati registrati in presenza di DM
0.06%.
II.4 STABILITA’ DELLE PROTEINE MUTANTI
La stabilità delle proteine mutanti è stata valutata attraverso la cinetica di
degradazione nel tempo ad alta temperatura seguita con dicroismo circolare.
I pigmenti liberi, o non ordinati, presentano segnale CD trascurabile; i
pigmenti vicini ed orientati in modo fisso, invece, danno luogo ad un forte
segnale CD di accoppiamento. E’ perciò possibile seguire la denaturazione di
una proteina che coordina cromofori seguendo l’estinzione del segnale di
dicroismo circolare dei cromofori stessi.
Il campione viene posto nello strumento con cella termostatata a 60°C, e si
acquisisce uno spettro ogni 2 minuti della regione compresa fra 667-687 nm:
tale regione comprende il maggior picco negativo dello spettro CD di CP29.
Il decadimento dell’area di tale picco viene interpolato con una funzione di
decadimento esponenziale singolo. Viene in tal modo determinato parametro
τ: il tempo di un decadimento esponenziale, che può essere un buon indice
della stabilità della proteina.
II.5 DICROISMO LINEARE ( VEDI APPENDICE A)
Gli spettri di dicroismo lineare a 300 e 100 K sono stati registrati, nel modo
descritto da Haworth et al. [31], presso il “Centro di Studi Nucleari” Saclay,
Parte - C
62
Parigi. Per orientare i campioni abbiamo impiegato la tecnica di compressione
di gel di poliacrilamide.
Con lo stesso strumento è stato possibile, inoltre, acquisire gli spettri di
assorbimento dei campioni nelle stesse condizioni impiegate per gli spettri di
LD.
L’intervallo di lunghezze d’onda è compreso fra 380 nm e 789.4 nm, con 2
nm di larghezza della banda passante e 0.2 nm di intervallo di scansione.
Materiali e Metodi Pagina 63
63
III. SOFTWARE
III.1 MAXSPROUT
Questo programma, disponibile come servizio telematico al sito dell’EMBL,
consente di ricostruire le catene laterali degli aminoacidi in una struttura
proteica a partire dalle coordinate dei carboni α.
III.2 SWISS-PDB VIEWER 2.6
Programma che consente di visualizzare, manipolare e modellare per
omologia le strutture proteiche. Disponibile presso il sito internet
“http://www.expasy.ch/spdbv/mainpage.html”.
III.3 PROGRAMMA PER IL CALCOLO GEOMETRICO SULLE STRUTTURE PROTEICHE
La natura delle analisi svolte in questa tesi ha reso necessario lo sviluppo di un
software che permettesse di ottenere rapidamente qualsiasi informazione di
tipo geometrico a partire dalla struttura della proteina.
Figura 20 CP29 come appare nel programma R3D
Parte - C
64
La procedura creata consente la visualizzazione di file di coordinate in
formato PDB (Protein Data Bank) con una avanzata capacità di selezione e
manipolazione delle varie parti della struttura. Direttamente dall’interfaccia
grafica (completa di prospettiva, gestione dell’intensità del colore in funzione
della distanze, libera rotazione in 3D) è possibile ottenere le componenti di
qualsiasi versore fra due atomi; alla creazione dei versori è possibile imporre
dei vincoli per il piano di giacenza e per l’angolo fra i due atomi di partenza.
La procedura è scritta con Microsoft Visual Basic 5.0 per Windows 95, una
versione compilata di tale programma è disponibile presso l’autore di questa
tesi.
III.4 PROGRAMMA PER LA NORMALIZZAZIONE DEGLI SPETTRI DIFFERENZIALI DI ABS E LD
Per normalizzare gli spettri di LD di ciascun mutante con quello del WT, non
è possibile utilizzare lo stesso metodo usato per gli spettri di Assorbimento
Materiali e Metodi Pagina 65
65
(transizione totale). In questo caso infatti l’ampiezza del contributo di ogni
singolo cromoforo allo spettro dipende dall’angolo del momento della
transizione del cromoforo stesso con la normale al piano di orientamento
dell’esperimento. Inoltre il fatto che una componente possa essere sia positiva
che negativa, complica la valutazione delle normalizzazioni effettuate.
Per aggirare tali ostacoli ho ideato un programma che consente di
normalizzare, anche se con un certo margine di errore, gli spettri di LD fra
loro utilizzando le informazioni derivate dalle differenze tra lo spettro di
assorbimento del WT e quello di ciascun mutante, dopo normalizzazione
secondo la transizione totale.
Sono partito dalla constatazione che lo spettro LD di un composto è uguale
come forma allo spettro di Abs dello stesso, moltiplicato per una costante che
tiene conto dell’angolo fra il momento della transizione e la normale al piano
di orientamento. Quindi, una volta normalizzato correttamente lo spettro LD
di un mutante rispetto a quello del WT, la differenza fra questi darà uno
spettro proporzionale punto per punto allo spettro differenza fra l’Abs del
WT e quello dello stesso mutante ottenuto dopo normalizzazione per la
transizione totale. Sfruttando questa proprietà, l’algoritmo procede per via
iterativa all’esplorazione di un intervallo di possibili fattori di normalizzazione.
Per valutare la bontà di ciascun fattore provato, la procedura calcola per
ognuno lo spettro differenza, lo normalizza a quello ottenuto per differenza
fra i rispettivi spettri Abs e computa un parametro che tiene conto delle
differenze esistenti fra i due spettri così ottenuti. Questo parametro che tiene
conto delle differenze consiste nella sommatoria del valore assoluto della
differenza punto per punto dei due spettri, normalizzata per l’intensità del
segnale di dicroismo lineare del WT.
In tal modo è possibile identificare il fattore di normalizzazione che
minimizza tali differenze e che quindi corrisponde al putativo fattore di
normalizzazione cercato.
Parte - C
66
Figura 21 Normalizzazione degli spettri differenziali di ABS e LD con la procedura sviluppata
Materiali e Metodi Pagina 67
67
Nella Fig. 21 sono mostrati due momenti del calcolo eseguito dalla procedura.
Nel primo (A) è mostrata la situazione prima della normalizzazione: sono
presenti lo spettro differenziale di assorbimento del mutante con il wt ( wt-
mutante, in rosso), lo spettro di LD del wt (in blu) e lo spettro di LD del
mutante considerato (in verde). Le linee verticali rosse delimitano l’intervallo
in cui vuole svolgere l’analisi.
Nel secondo (B) è mostrata la situazione dopo normalizzazione. In rosso è
presente ancora lo spettro differenziale di Abs del mutante con il wt (wt-
mutante) mentre in verde è rappresentato lo spettro differenziale di LD del
mutante con il wt (wt-mutante), ottenuto dopo il calcolo del fattore di
normalizzazione degli spettri mostrati nel riquadro precedente. La procedura
cerca il fattore di normalizzazione che consente di ottenere questi due spettri
differenziali simili il più possibile come forma.
La procedura, scritta con Microsoft Visual Basic 5.0 per Windows 95, è in
grado di leggere i file ASCII degli spettri necessari e calcola per via iterativa il
fattore di normalizzazione, indicando direttamente le aree delle regioni degli
spettri differenziali di dicroismo lineare e di assorbimento in cui è stata svolta
l’analisi. Una versione compilata di tale programma è disponibile presso
l’autore di questa tesi.
Parte - C
68
D . R i s u l t a t i
Parte - D
70
Risultati Pagina 71
71
ome introdotto nella sezione “Scopo della tesi”, abbiamo cercato di
ottenere informazioni sulle proprietà spettroscopiche dei singoli
cromofori legati alla proteina antenna esaminando proteine ricombinanti in
cui fosse stato eliminato, volta per volta, un singolo cromoforo. Queste
proteine ricombinanti sono state ottenute operando per ciascuna una
mutazione puntiforme nella sequenza primaria a seguito della quale un
residuo in grado di legare un cromoforo è stato sostituito con uno non
legante.
In questa prima parte del lavoro abbiamo valutato le caratteristiche delle
proteine mutate per stabilire se fossero utilizzabili come strumento di
investigazione per le caratteristiche della proteina nativa; a questo scopo
abbiamo calcolato la loro stabilità
I. STABILITA’ DELLE PROTEINE MUTANTI
I.1 MUTANTI
Le proteine ricombinanti di CP29 ricostruite derivano da mutazioni
puntiformi in cui si è cercato di modificare, volta per volta, ciascun sito di
coordinazione delle molecole di clorofilla. A questo scopo è stato necessario
sostituire uno o più residui della sequenza originale con altri che da un lato
non permettessero più la coordinazione del cromoforo, dall’altro non
modificassero eccessivamente la proteina per non influenzare il folding e la
stabilità.
C
Parte - D
72
Proteina Chl Differenze
nello spettro
Chl Totale
Car. Totali
Chl /Car Chl a/
Chl b
n° Chl a
n° Chl b OD max nel
rosso CP29 WT 8 2 4,00 3,00 6 2 1,77 H245L B3 637 686 7 2 3,50 3,12 5,3 1,7 1,64 H216F A2 678,5 6,2 (7*) 2 (2,3*) 3,10 2,53 4,45 (5*) 1,75 (2*) 1,03 H114F A5 678,5 7 2 3,47 2,42 5 2 0,67 Q230L A3 636 676,5 7 2 3,45 2,28 4,8 2,1 1,29 E111V^R218L A4 677,5
499(+) 7,7 (7*) 2 (1,8*) 3,85 2,50 5,5 (5*) 2,2 (2*) 1,66
E166V B6 640,5 483 7* 1,1* 6,12 4,80 5,76* 1,2* 0,80 E166Q B6 3,27 2,56 0,80 E174V A6 679,5 486 7* 1,5* 4,75 2,52 5* 2* 1,40 R116L^E213V a1? nr nr nr Nr nr nr nr nr
Tabella 5 Contenuto in pigmenti del CP29 wt e dei complessi mutati. (*): in questi casi il contenuto in carotenoidi è stato influenzato dalla mutazione; per questo motivo consideriamo 7 molecole di Chl presenti nella proteina mutata
I.2 STABILITA’ DEI COMPLESSI A 4°C E TEMPERATURA AMBIENTE
L’impiego dei mutanti nello studio dei VMT nell’antenna minore CP29 ha
imposto la necessità di valutare la stabilità di tali complessi ricombinanti. I
complessi mutanti di CP29 sono sufficientemente stabili a temperatura
ambiente ed a 4°C. Le proteine tenute al buio e ad una temperatura di 4°C
mantengono inalterate le loro proprietà spettroscopiche di assorbimento e
CD per oltre 24h; a temperatura ambiente questo valore si riduce ad 8h.
Il tempo necessario per l’analisi di ciascun mutante rientra, con un buon
margine, entro questi valori, quindi le informazioni che otteniamo sono da
considerare attendibili e non distorte da fenomeni di instabilità.
Risultati Pagina 73
73
I.3 VALUTAZIONE DELLA STABILITA’ DI OGNI PROTEINA MUTANTE
Per valutare la stabilità relativa di ogni proteina mutante ricostituita, abbiamo
seguito la cinetica di denaturazione a temperatura selettiva attraverso misure
di dicroismo circolare (vedi § C-II.4).
Spettro 2 Prova stabilità CP29 wt
Parte - D
74
Spettro 3 Prova stabilità proteina CP29 H216F
Spettro 4 Prova stabilità proteina CP29 Q230L
Risultati Pagina 75
75
Spettro 5 Prova stabilità proteina CP29 E111V^R218L
Spettro 6 Prova stabilità proteina CP29 H114F
Parte - D
76
Spettro 7 Prova stabilità proteina CP29 E174V
Spettro 8 Prova stabilità proteina CP29 E166V
Risultati Pagina 77
77
Spettro 9 Prova stabilità proteina CP29 H245L
Spettro 10 Riepilogo stabilità mutazioni
Parte - D
78
COMPLESSI DECADIMENTO ESPONENZIALE (min.)
CP29wt 4.23
H216F 6.98 Q230L 1.70 E111V^R218L 3.35 H114F 0.51 E174V 1.34 E166V 0.89 H245L 2.01
Tabella 6 Riepilogo stabilità proteine ricostituite. Tempi di 1 decadimento esponenziale
I risultati di queste analisi ci dicono che i valori della stabilità dei complessi
mutanti ricostituiti sono dello stesso ordine di grandezza del valore della
proteina nativa. Questo risultato giustifica un impiego di tali mutanti nella
caratterizzazione, attraverso una analisi differenziale, delle proprietà dei singoli
cromofori presenti in CP29. Inoltre, si può vedere che le singole mutazioni
influiscono diversamente la stabilità del complesso e che in alcuni casi i residui
leganti la clorofilla hanno anche una funzione di stabilizzare la struttura
secondaria della proteina nei domini interessati. Queste valutazioni verranno
discusse nella sezione “Discussione”.
Risultati Pagina 79
79
II. COSTRUZIONE DEL MODELLO
II.1 DATI DISPONIBILI
Le informazioni disponibili per la costruzione di un modello strutturale di
CP29, sono le coordinate dei carboni α dei residui aminoacidici dei domini
idrofobici della proteina. Inoltre sono state ottenute le coordinate per i 12
anelli tetrapirrolici e le 2 xantofille in LHCII [36].
L'esatta posizione delle catene
laterali di ciascun residuo
aminoacidico e quella dei loops che
connettono le eliche non sono
fattori indispensabili per
l’interpretazione dei dati di
dicroismo lineare, comunque, la
loro ricostruzione è importante per
valutare la bontà del modello. In
particolare, ci aspettiamo che i
residui coinvolti nella coordinazione delle molecole di clorofilla, evidenziati da
esperimenti di mutagenesi sito-specifica, abbiano una disposizione spaziale
compatibile con tale funzione.
Nel seguito viene descritto di seguito il modo con cui è stato ottenuto il
modello ed una breve valutazione dei risultati.
II.2 RICOSTRUZIONE RESIDUI LATERALI CON MAXSPROUT
Per tale operazione abbiamo utilizzato il programma MAXSPROUT
disponibile come servizio telematico presso il server dell'EMBL. Tale
Figura 22 Dati disponibili da K. [36] di LHCII: Cα, struttura dei tetrapirroli e delle xantofille
Parte - D
80
programma è in grado di ricostruire le catene laterali di una struttura dai Cα
dei residui coinvolti.
E’ stato necessario eliminare dal
file PDB della struttura di
partenza, i riferimenti agli
eteroatomi (di cui il programma
MAXSPROUT non tiene conto
per la computazione). Sono stati
tolti quindi tutti i riferimenti alle
molecole di clorofilla e di
xantofilla presenti.
Il risultato di questa operazione è una struttura completa (file PDB) dei
residui delle eliche transmembrana di LHCII in cui i Cα sono mantenuti
come posizione rispetto a quelli della struttura originaria.
II.3 MUTAZIONE RESIDUI SU SEQUENZA CP29
Sulla struttura ottenuta dall’elaborazione con MAXSPROUT è possibile
modellare per omologia la sequenza di CP29.
L’allineamento delle sequenze delle regioni trans-membrana di CP29 e
LHCII, necessario per la costruzione del modello, è stato ottenuto con
CLUSTAL. L’analisi ha rivelato un elevato grado di omologia soprattutto
nelle regioni delle α-eliche che sono coinvolte nella coordinazione delle
molecole dei cromofori.
Figura 23 Rappresentazione della struttura di LHCII dopo la ricostruzione dei residui laterali con MAXPROUT
Risultati Pagina 81
81
Tabella 7 Allineamento di sequenza da Mais delle quattro eliche note nella struttura di LHCII utilizzato nella costruzione del modello di CP29
Per la costruzione del modello è stata impiegata la funzione ‘Mutation’
dell’applicazione SWISS-PDB VIEWER, un programma di visualizzazione ed
elaborazione dei file PDB
(disponibile presso GENEVA
BIOMEDICAL RESEARCH).
Tale funzione consente di
sostituire le catene laterali del
residuo aminoacidico interessato
senza modificare l'angolo phi e psi
dello stesso all'interno della
struttura e conservando il più
possibile la disposizione della
catena laterale. Il risultato di questa
operazione è un modello strutturale completo della parte proteica di CP29.
LHCII - helix B PETFSKNRELEVIHSRWAMLGALGCVFPELLSR CP29 - VFGLQRFRECELIHGRWAMLATLGALSVEWLTG . . ** *.**.*****..** . * *. 42% identity LHCII - helix C SILA-IWATQVVLMGAVEGYRI CP29 SISTLIW-IEVLVIGYIEFQRN ** . ** ..*...* .* * 38% identity LHCII - helix A PEAFAELKVKELKNGRLAMFSMFGFFVQAI CP29 PEKKERLQLAEIKHARLAMVAFLGFAVQAA ** . *.. *.*..**** ...** *** 47% identity LHCII - helix D PLENLADHLA CP29 PLNNWATHLS **.* *.**. 50% identity
Figura 24 Rappresentazione della struttura di CP29 ottenuta dopo elaborazione della sequenza
Parte - D
82
II.4 REINSERIMENTO ETEROATOMI NEL PDB
Il passo successivo consiste nel completare la struttura: la componente
proteica ottenuta va integrata con quella dei pigmenti. Dato che le posizioni
dei Cα della struttura originaria non sono variate, è sufficiente reintrodurre i
riferimenti dei cromofori direttamente nel file PDB utilizzando le stesse
coordinate degli anelli tetrapirrolici e delle xantofille di LHCII.
In CP29 sono presenti solo 8 delle 12 molecole di clorfilla presenti in LHCII.
Una analisi della struttura re-integrata con tutti i pigmenti di LHCII mostra
che gli 8 residui identificati come ligandi in CP29. Attraverso esperimenti di
mutagenesi sito-specifica, sono in posizione ideale per la coordinazione della
rispettiva Chl. Rimangono escluse 4 Chl che non hanno nessun residuo che le
possa coordinare; queste sono state perciò eliminate dalla struttura.
Figura 25 Modello di struttura di CP29 in cui sono stati reinseriti i riferimenti ai pigmenti. In rosso quelli che non trovano riscontro con gli esperimenti di mutagenesi sito-diretta e che sono stati perciò eliminati dalla struttura
Risultati Pagina 83
83
Figura 26 Rappresentazione del modello strutturale completo di CP29
Nel seguito si assume che le 8 molecole di Chl presenti in CP29 abbiano una
posizione uguale alle corrispondenti molecole in LHCII. Questa assunzione
non è completamente verificata in questa fase e si basa sull’elevata omologia
di sequenza tra le due proteine; verrà poi discussa alla luce dei dati
sperimentali.
II.5 VERIFICA DELLA CORRETTA COORDINAZIONE DELLE CLOROFILLE
Il modello è stato verificato controllando la corretta coordinazione delle 8
clorofille presenti da parte dei residui conosciuti come responsabili. In ogni
caso considerato esiste un riscontro corretto di tale coordinazione, che
conferma la plausibilità del modello.
Abbiamo scelto di non sottoporre la struttura ad altri raffinamenti con cilci
MD o minimizzazioni energetica, sia per l'incompletezza del modello stesso
Parte - D
84
che per la difficoltà nel lavorare con proteine contenenti un elevato numero di
gruppi etero.
La struttura rimane quindi solo un modello di massima in cui però le
coordinate degli anelli tetrapirrolici conservati sono quelle ottenute
sperimentalmente dai cristalli bidimensionali di LHCII; vista l'elevata
omologia che esiste entro questa famiglia di proteine è ragionevolmente
corretto impiegare tali informazioni strutturali per il calcolo dei VMT (versori
dei momenti di transizione).
Risultati Pagina 85
85
Figura 27 Posizione dei residui implicati nella coordinazione delle 8 Chl di CP29
Parte - D
86
III. STRATEGIA IMPIEGATA
III.1 INFORMAZIONI NECESSARIE ALLA DETERMINAZIONE DEI VMT DI CHL ALL'INTERNO DI UNA STRUTTURA
Le conoscenze attuali sull’orientazione delle transizioni elettroniche delle Chl,
rispetto ad un sistema di coordinate fisso con la molecola, vengono in larga
parte da esperimenti di dicroismo lineare su soluzioni di Chl orientate in
diversi sistemi. La principale transizione elettronica nella Chl ha il massimo di
assorbimento a 670 nm, e viene
chiamata QY. E’ stato mostrato che i
momenti di tali transizioni giacciono
sul piano dell’anello tetrapirrolico;
questi vengono convenzionalmente
definiti da un angolo misurato in
gradi in senso orario a partire
dall'asse X dell’anello tetrapirrolico.
L'asse X è quello che passa per il
carbonio C7 del pirrolo IV e per
quello C3 del pirrolo II all'interno
della struttura dell’anello.
Le orientazioni delle transizioni QY della Chl a e chlb sono state determinate
sperimentalmente e si trovano, rispettivamente, a 20° e 29° dall’asse Y [59]
[26]. Esiste a questo proposito una ambiguità: non è stato specificato se questi
valori sono ottenuti da rotazione in senso orario o antiorario dall’asse Y della
molecola. Si possono quindi ottenere i seguenti valori: 70° (Chl a) 61° (chlb)
[26], oppure 110° (Chl a) e 119° (Chl b) [59].
Per determinare i VMT di più Chl all'interno di una stessa proteina, è
necessario avere a disposizione la struttura risolta. Solo da questa, infatti, è
Figura 28 Momento della transizione QY della Chl a secondo Fragata [26]
Risultati Pagina 87
87
possibile determinare, attraverso la risoluzione di sistemi di tipo geometrico, i
versori di tali momenti relativi ad un sistema di coordinate fisso rispetto
all'intera proteina e non più al singolo pigmento.
III.2 LIMITI DELLA STRUTTURA ESISTENTE DI LHCII
L'unica struttura attualmente disponibile per una antenna minore di piante
superiori è quella di LHCII [36] ottenuta per microscopia elettronica su
cristalli bidimensionali. Tale struttura è però incompleta ed a bassa risoluzione
(3.4 Å). Non è stato possibile infatti, in tale esperimento, determinare la
posizione in cui la catena del fitolo si connette al tetrapirrolo, né la posizione
dell'anello V rispetto a quest’ultimo in nessuna clorofilla.
Ciascuna di queste due informazioni sarebbe di per se sufficiente per orientare
l'anello tetrapirrolico e quindi identificare senza ambiguità l'asse X da cui
calcolare i versori dei momenti di
transizione (vedi fig. 25).
L'assenza di tali elementi nella
struttura di Kühlbrandt [36]
rappresenta un serio ostacolo
all'identificazione dei VMT. Senza
tali riferimenti, infatti, i siti possibili
di connessione fra la catena del
fitolo e l'anello sono 8, a causa della
doppia simmetria della struttura del
tetrapirrolo (vedi fig. 26).
Inoltre, le combinazioni possibili dei versori crescono esponenzialmente con
il numero di clorofille presenti all'interno della proteina: considerando le 12
clorofille di LHCII, le combinazioni possibili sono 812.
Figura 29 Possibili siti di aggancio della catena fitilica.
Parte - D
88
III.3 INFORMAZIONI CHE E' IN GRADO DI FORNIRE IL DICROISMO LINEARE
La tecnica del dicroismo lineare su sistemi orientati è in grado di fornire un
segnale che è direttamente proporzionale al quadrato del coseno dell'angolo
esistente fra il versore del momento della transizione elettronica considerata e
la normale al piano di orientamento nel sistema sperimentale. E' possibile fare
del dicroismo lineare su complessi proteici orientati in membrane.
Vi sono diversi problemi che impediscono di calcolare i VMT direttamente
dal dicroismo lineare: i) in complessi proteici con più pigmenti, il segnale
dicroico fornisce l'angolo fra il versore del momento della transizione
elettronica del pigmento considerato e la normale al piano di orientamento
ma non è in grado di dare alcuna informazione sull'angolo esistente fra VMT
di pigmenti diversi. ii) sempre in caso di più pigmenti, si ha la sovrapposizione
dei segnali dicroici di tutte le transizione considerate nella parte dello spettro
interessata. iii) per l’analisi è infine necessaria la normalizzazione dell’ampiezza
tra i diversi spettri LD ottenuti. Queste normalizzazioni non si possono
ottenere per via sperimentale e costituiscono un serio limite nell’ottenimento
di informazioni utili da tale tecnica.
Per ottenere il segnale isolato di una sola molecola di clorofilla all'interno di
un aproteina come CP29 che ne coordina 8, vista l'impossibilità di ricostituire
un mutante contenente un solo pigmento, abbiamo scelto di condurre le
misure su una serie di mutanti puntiformi in cui manca volta per volta un solo
cromoforo. Da queste misure si ottenengono le informazioni riguardanti il
pigmento mancante attraverso un’analisi differenziale fra lo spettro del WT e
quello del mutante considerato dopo normalizzazione.
Risultati Pagina 89
89
III.4 STRATEGIA IMPIEGATA NEL CALCOLO
Nella strategia che ho impiegato nel calcolo dei VMT, i dati che possono
essere ricavati dal modello strutturale sono uniti a quelli sperimentali ottenuti
dalle misure LD dei mutanti; in questo modo è possibile superare i limiti delle
informazioni sui VMT che si possono ottenere da ciascuna di queste due fonti
separatamente.
Dal modello siamo in grado di calcolare tutti i possibili VMT di ciascun
pigmento. Le caratteristiche spettroscopiche sono invece impiegate come
vincoli per discriminare fra le diverse combinazioni possibili dei VMT.
Parte - D
90
IV. DATI SPETTROSCOPICI DEI MUTANTI
IV.1 NORMALIZZAZIONE DEGLI SPETTRI DI ASSORBIMENTO
Per normalizzare lo spettro di assorbimento del CP29 WT rispetto a quello
ottenuto da ciascun mutante, sono state valutate diverse strategie. In tutti i
casi prendiamo in considerazione solo una regione dello spettro che va da 630
a 720 nm, in modo da eliminare il contributo delle transizioni secondarie delle
clorofille (QX, 610-630 nm per Chl a e 590-610 nm per Chl b), e la regione di
Soret dello spettro in cui intervengono anche gli assorbimenti dei carotenoidi.
Spettro 11 Assorbimento del CP29 wild type nell’intervallo tra 350-800nm (riquadro) ed in quella utilizzata per l’analisi 630-720 nm.
Uno dei metodi più comuni per normalizzare prevede l’impiego come
riferimento di uno dei due picchi principali nel rosso: 640 o 667 nm. A
seconda che la mutazione riguardi una clorofilla a od una clorofilla b, si
prende come riferimento il picco di cui è responsabile l’altra forma
Risultati Pagina 91
91
considerando nullo l’effetto della mutazione su tale zona dello spettro. Questo
approccio non ha portato però a risultati accettabili (vedi spettro 12). Anche
perché alcuni siti sono occupati in maniera eterogenea: sia Chl a che Chl b
possono occupare il sito benchè con probabilità diverse [28, 45].
Spettro 12 Normalizzazione effettuata sui massimi di assorbimento dei campioni impiegati (spettro differenziale non soddisfacente)
In un altro tentativo è stata utilizzata la deconvoluzione dello spettro in
gaussiane per cercare le componenti dello spettro che rimangono invariate nel
WT e nei mutanti, su cui poter normalizzare.
Anche in questo caso non è possibile identificare forme con tali
caratteristiche, e tutti i tentativi hanno portato a normalizzazioni non
soddisfacenti (vedi spettro 13).
Parte - D
92
Spettro 13 Normalizzazione effettuata su una componente (indicata da una freccia), ritenuta non variabile, della deconvoluzione in gaussiane degli spettri
I risultati migliori si sono ottenuti normalizzando invece per l’area della
transizione complessiva. Questa può essere ottenuta considerando il numero
esatto di Chl a e di Chl b nel campione e tenendo conto del fattore di
correzione per il coefficiente di estinzione molare delle due forme. Il numero
preciso di Chl a e Chl b nel campione può essere ottenuto attraverso analisi
per HPLC dello stesso [28, 49] (vedi § D-I.1).
Per verificare la bontà della normalizzazione, si calcolano tutti gli spettri
differenza fra WT e ciascun mutante. Gli spettri ottenuti sono in tutti i casi
sempre positivi (ci sono due eccezioni ma solo nella regione terminale dello
spettro dovute alla deriva della linea di base; vedi spettro 14) e si possono
scomporre in poche gaussiane con base pari a zero (vedi spettro 15).
Risultati Pagina 93
93
Spettro 14 Analisi differenziale degli spettri dei mutanti, riferiti a quello del wt, dopo normalizzazione per la transizione totale
Spettro 15 Deconvoluzione in gaussiane dello spettro differenziale di CP29wt e CP29E174V
Parte - D
94
IV.2 NORMALIZZAZIONE DEGLI SPETTRI DI DICROISMO LINEARE
Per la normalizzazione degli spettri di LD di ciascun mutante rispetto a quello
del wt, non è possibile applicare lo stesso metodo usato per gli spettri di
assorbimento. In questo caso, infatti, l’ampiezza del contibuto di ogni
componente allo spettro dipende dall’angolo del momento della transizione
elettronica del cromoforo stesso con la normale al piano di orientamento
dell’esperimento. Inoltre, il fatto che una componente possa essere sia
positiva che negativa, complica la valutazione delle normalizzazioni effettuate.
Per aggirare tali ostacoli è stato ideato un programma che consente di
normalizzare, anche se con un certo margine di errore, gli spettri di LD fra di
loro utilizzando informazioni derivate dalle differenze tra spettri di
assorbimento del wt e quello di ciascun mutante dopo normalizzazione
secondo la transizione totale (vedi C-III.4).
Una verifica dei risultati di tale metodo di normalizzazione si ottiene
calcolando la differenza degli spettri LD fra il WT e ciascun mutante e
valutando gli spettri ottenuti per la loro possibilità di essere deconvoluti in
poche gaussiane simmetriche tutte positive o negative.
Tutti gli spettri differenza ottenuti risultano completamente positivi o
completamente negativi (nella regione in cui è stata svolta la computazione del
fattore di normalizzazione).
IV.3 NORMALIZZAZIONE TRA LD E ABS
Infine è necessario anche normalizzare gli spettri differenza di Abs con quelli
differenza di LD. In realtà, visto che entro questi due gruppi gli spettri sono
già normalizzati fra loro, è sufficiente trovare il fattore di normalizzazione per
uno solo degli spettri di Abs con il rispettivo LD. Questo risulta però
Risultati Pagina 95
95
impossibile dal momento che l’intensità dell’intero spettro LD dipende dal
grado di orientamento delle molecole nella preparazione misurata che varia da
esperimento ad esperimento.
Lasciamo quindi questo Fattore di Normalizzazione FN come una incognita
dell’intero sistema.
Parte - D
96
V. CALCOLO DEGLI ANGOLI TRA I VMT E LA NORMALE ALLA MEMBRANA
V.1 RELAZIONE TRA ABS E LD
Per calcolare gli angoli esistenti tra i VMT e la normale alla membrana, è
necessario conoscere la relazione che intercorre tra gli spettri di assorbimento
di un campione, e quelli di dicroismo lineare dello stesso.
La relazione tra l’intensità del segnale di dicroismo lineare e quella del relativo
assorbimento, nel caso di complessi proteici orientati in una membrana ideale,
è data da [30]:
)cos31(23 2 ϕ−⋅=−≅
⊥= AAALD
Questa è l’equazione utilizzata per membrane planari orientate contenenti
dipoli di assorbimento con angoli ben definiti rispetto al piano della
membrana stessa.
Data l’impossibilità di normalizzare gli spettri di assorbimento con quelli di
dicroismo, è necessario aggiungere a tale relazione un fattore moltiplicativo
che chiamiamo FN :
)cos31(23 2 ϕ−⋅⋅=−≅
⊥= FAAALD N
Il segnale di dicroismo lineare e quello di assorbimento impiegato in tale
calcolo è quello dell’area sottoscritta dalla regione dello spettro coinvolta nella
transizione, cioè quella utilizzata dalla procedura di normalizzazione.
Risultati Pagina 97
97
V.2 RIDUZIONE DELLE SOLUZIONI POSSIBILI SULLA BASE DELLA STRUTTURA PROTEICA
Per semplificare i calcoli ed eliminare i problemi dovuti alla doppia simmetria
dell’anello tetrapirrolico (vedi § D-III.2) è necessario ridurre i possibili siti di
connessione della catena del fitolo con gli anelli delle clorofille (e quindi delle
possibili orientazioni dei VMT). A questo scopo è utile indagare sul
comportamento di tale catena in altri sistemi fotosintetici, come quello
batterico (vedi § A-III.2).
LHII di sistemi fotosintetici batterici, sono stati cristallizzati ed è disponibile
la loro struttura completa ad alta risoluzione [42, 40] in cui è possibile
osservare la disposizione delle catene dei fitoli. In questi sistemi si ritrovano
due diverse disposizioni di clorofille: alcune giacciono su un piano parallelo a
quello della membrana; queste non trovano alcun riscontro nella struttura
delle piante superiori. Altre Chl sono
invece disposte più o meno lungo la
normale alla membrana come nel caso
delle Chl della struttura di LHCII di
piante superiori.
Le catene dei fitoli di tali clorofille sono
invariabilmente connesse all’anello
nella parte della clorofilla che guarda
verso l’interno della membrana. Da qui
le catene dei fitoli puntano dritte verso
il centro della membrana dove solitamente si piegano a 90° per proseguire
parallelamente al piano di quest’ultima.
Questo comportamento è spiegabile in base all’esistenza di un gradiente di
idrofobicità nella membrana e che raggiunge il massimo al centro di essa.
I siti possibili di connessione del fitolo all’anello che puntano verso l’esterno
della membrana sono perciò estremamente sfavoriti, in quanto il la catena
Figura 30 Disposizione dei fitoli nella truttura di LHII di R. acidophila
Parte - D
98
fitilica non avrebbe lo spazio sufficiente per ripiegarsi e rientrare nella
membrana: si troverebbe quindi in una regione polare sfavorita.
Su tali basi si possono non considerare come siti possibili di connessione
quelli rivolti verso l’esterno; in tutti i casi considerati sul modello di CP29 c’è
una netta distinzione fra siti esterni ed interni che ha consentito una agevole
valutazione di quelli da scartare poiché nessuna Chl giace al centro del doppio
strato lipidico Al fine del calcolo considereremo solo 4 possibili siti di
connessione del fitolo all’anello tetrapirrolico.
V.3 RISULTATI
V.3.1 Mutazione H216F – Sito coordinante Chl A2
Spettro 16 Risultato della normalizzazione degli spettri differenziali di ABS e di LD della proteina H216F
Intervallo nm Area ABS Area LD
666 - 683 1.50 379
Risultati Pagina 99
99
V.3.2 Mutazione E111V^R218L – Sito coordinante Chl A4
Spettro 17 Risultato della normalizzazione degli spettri differenziali di ABS e di LD della proteina E111V^R218L
Intervallo nm Area ABS Area LD
666 - 677 1.85 155
Parte - D
100
V.3.3 Mutazione H114F – Sito coordinante Chl A5
Spettro 18 Risultato della normalizzazione degli spettri differenziali di ABS e di LD della proteina H114F
Intervallo nm Area ABS Area LD
668 - 691 1.31 240
Risultati Pagina 101
101
V.3.4 Mutazione E174V – Sito coordinante Chl A6
Spettro 19 Risultato della normalizzazione degli spettri differenziali di ABS e di LD della proteina E174V
Intervallo nm Area ABS Area LD
644 - 657 0.29 -104
In questo caso la normalizzazione non è stata effettuata nel picco principale in
quanto in tale regione l’algoritmo non trova nessuna soluzione. Nella regione
del picco secondario è invece possibile trovare una soluzione valida che
possiamo utilizzare in quanto è possibile assumere che sia la Chl a che la Chl
b, che possono essere legate, conservino la medesima configurazione
Parte - D
102
V.3.5 Mutazione H245L – Sito coordinante Chl B3
Spettro 20 Risultato della normalizzazione degli spettri differenziali di ABS e di LD della proteina H245L
Intervallo nm Area ABS Area LD
630 - 640 0.68 41.8
Anche in questo caso l’algoritmo non trova soluzioni per il picco principale.
La regione utilizzata è quella compresa fra 630 e 640 nm, tale scelta è
giustificata dal fatto che tale mutante coinvolge un sito legante una Chl b ,che
assorbe a questa lunghezza d’onda (vedi tab. 5).
Risultati Pagina 103
103
V.3.6 Mutazione E166V – Sito coordinante Chl B6
Spettro 21 Risultato della normalizzazione degli spettri differenziali di ABS e di LD della proteina E166V
Intervallo nm Area ABS Area LD
665 – 679 1.94 295
Nel caso della Chl B6, pur essendo preferenzialmente un sito per una Chl b,
nella regione del picco principale è possibile trovare un’ottima soluzione.
L’abbiamo considerata valida in quanto questo sito di legame ha una
selettività non molto grande e può quindi legare anche Chl a.
V.3.7 Mutante Q230L – Chl A3
Tutti i tentativi di calcolo sugli spettri del mutante Q230L non hanno portato
a risultati soddisfacenti. Sono stati eseguite misure spettroscopiche di
assorbimento e di dicroismo lineare su più campioni provenienti da
Parte - D
104
esperimenti di ricostituzione diversi. Gli spettri di LD di tali mutanti hanno
dato un segnale basso e non riproducibile fra le diverse ricostituzioni.
Anche se la stabilità di tale mutante non sembra tale da giustificare un tale
comportamento (vedi § D-I.3), si ritiene che l’orientazione del cromoforo
(data anche la posizione nella struttura proteica) non sia stabile, o, più
verosimilmente che la mutazione induca una modificazione conformazionale
che interferisce con l’orientamento del campione durante le misure di LD.
Figura 31 Posizione della Chl A3 (Mutante Q230L) nella struttura proteica
Chl Abs LD A2 Mutante H216F 1,5 379A4 Mutante E111V^R218L 1,85 155A5 Mutante H114F 1,31 240A6 Mutante E174V 0,29 -104B3 Mutante H245L 0,42 68B6 Mutante E166V 1,94 295
Tabella 8 Riepilogo risultati della normalizzazione e dell’analisi delle aree dei dati spettroscopici sperimentali
Risultati Pagina 105
105
VI. CALCOLO GEOMETRICO DEI POSSIBILI VMT
VI.1 DATI CRISTALLOGRAFICI
Per calcolare i possibili versori della transizione di ciascuna clorofilla dai dati
cristallografici è necessario impostare un sistema di tipo geometrico.
In tale sistema introduciamo le coordinate degli atomi che definiscono l’asse
X del tetrapirrolo, cioè il C7 del pirrolo IV e del C3 del pirrolo II dell’anello.
Sono necessarie inoltre le coordinate di un altro atomo dell’anello
tetrapirrolico, necessarie per definire il piano geometrico al quale il versore
deve essere parallelo.
Questi dati vengono inseriti nel sistema sviluppato il quale fornisce le
compoenti l, m ed n del versore cercato.
VI.1.1 Impostazione del sistema geometrico
I vincoli necessari per impostare il sistema per l’ottenimanto delle componenti
del versore cercato sono i seguenti:
• il versore deve essere parallelo al piano del tetrapirrolo
• deve possedere modulo pari ad 1
• l’angolo fra tale versore e la retta passante per i C che definiscono l’asse X
dell’anello deve essere pari a 70° ( o 110°) nel caso della Chl a e 61° ( o
119°) nel caso della Chl b.
Per accelerare queste operazioni è stato sviluppato un software PDB-Viewer
che consente di ottenere tali informazioni operando direttamente per via
grafica e selezionando nulla struttura gli atomi coinvolti nel calcolo (vedi § C-
III.3).
Parte - D
106
Figura 32 Finestra del programma per il calcolo dei versori geometrici a partire dalla struttura.
VI.2 RISULTATI
Sono riportati di seguito in tab. 5 i risultati ottenuti dal calcolo dei possibili
VMT dal modello strutturale di CP29 impiegando gli angoli di 70° per la Chl a
e 61° per la Chl b (vedi § D-III.1):
VMT POSSIBILI A2 H216F
Rif. Atomi l m n 824-820^70,0 9,69E-01 -1,52E-01 1,94E-01817-821^70,0 -8,86E-01 3,83E-01 2,61E-01823-819^70,0 -4,27E-01 -3,88E-01 -8,17E-01818-822^70,0 1,15E-01 -4,98E-01 -8,60E-01
A3 Q230L l m n
845-841^70,0 -1,30E-01 -9,66E-01 -2,23E-01844-848^70,0 3,13E-01 9,14E-01 -2,57E-01846-842^70,0 -2,38E-01 3,54E-01 9,04E-01843-847^70,0 -3,84E-01 -1,85E-01 9,05E-01
Risultati Pagina 107
107
A4 E111V l m n
867-871^70,0 8,40E-01 5,42E-01 -5,02E-03 866-870^70,0 -6,61E-01 -5,61E-01 4,99E-01 868-872^70,0 -5,47E-01 -1,15E-01 -8,29E-01 865-869^70,0 -1,08E-01 1,87E-01 -9,76E-01
A5 H114F l m n
889-893^70,0 8,73E-01 -3,56E-01 3,33E-01 896-892^70,0 -9,89E-01 1,07E-01 9,93E-02 890-894^70,0 -5,11E-02 5,19E-01 -8,53E-01 895-891^70,0 4,87E-01 3,74E-01 -7,89E-01
A6 E174V l m n
915-919^70,0 9,52E-01 1,33E-01 2,75E-01 914-918^70,0 -8,98E-01 -3,92E-01 1,99E-01 916-920^70,0 -3,40E-01 3,55E-01 -8,71E-01 913-917^70,0 1,72E-01 4,95E-01 -8,52E-01
B3 H245L l m n
939-943^61,0 -2,93E-01 6,69E-01 -6,83E-01 938-942^61,0 4,94E-01 -6,60E-01 5,66E-01 940-944^61,0 -8,07E-01 -1,07E-01 5,81E-01 937-941^61,0 -9,07E-01 1,43E-02 4,20E-01
B6 E166V l m n
964-968^61,0 -7,27E-01 6,67E-01 1,65E-01 965-961^61,0 6,79E-01 -6,29E-01 -3,78E-01 963-967^61,0 3,02E-01 -2,40E-01 9,23E-01 966-962^61,0 1,03E-01 -1,32E-01 9,86E-01
Tabella 9 Tavola riepilogativa dei risultati del calcolo dei possibili VMT dal modello strutturale di CP29
Impiegando la seconda serie di valori possibili per il momento di transizione
delle molecole di Chl, cioè 110° per la Chl a e 119° per la Chl b (vedi § D-
III.1), si ottiene un altro gruppo di momenti possibili (vedi tab. 10).
Parte - D
108
VMT POSSIBILI
A2 H216FRif. Atomi l m n 824-820^110 6,81E-01 2,00E-01 7,05E-01817-821^110 -4,18E-01 5,29E-01 7,38E-01823-819^110 -9,01E-01 -8,67E-02 -4,26E-01818-822^110 7,20E-01 -4,28E-01 -5,47E-01
A3 Q230L l m n
845-841^110 1,69E-01 -6,43E-01 -7,47E-01844-848^110 4,12E-01 4,78E-01 -7,75E-01846-842^110 3,31E-02 8,52E-01 5,22E-01843-847^110 -3,94E-01 -7,54E-01 5,26E-01
A4 E111V l m n
867-871^110 7,21E-01 3,01E-01 6,24E-01866-870^110 -1,60E-01 -3,60E-01 9,19E-01868-872^110 -8,38E-01 -4,50E-01 -3,09E-01865-869^110 4,57E-01 4,91E-01 -7,41E-01
A5 H114F l m n
889-893^110 3,70E-01 -5,36E-01 7,59E-01896-892^110 -7,40E-01 -2,57E-01 6,22E-01890-894^110 -6,76E-01 4,52E-01 -5,83E-01895-891^110 9,28E-01 6,48E-02 -3,67E-01
A6 E174V l m n
915-919^110 6,25E-01 -2,45E-01 7,42E-01914-918^110 -4,59E-01 -5,46E-01 7,01E-01916-920^110 -8,39E-01 2,25E-02 -5,43E-01913-917^110 7,41E-01 4,78E-01 -4,72E-01
B3 H245L l m n
939-943^119 6,11E-01 3,21E-01 -7,23E-01938-942^119 9,49E-01 -2,53E-01 -1,87E-01940-944^119 -4,57E-03 -6,07E-01 7,94E-01937-941^119 -7,41E-01 5,67E-01 -3,60E-01
B6 E166V l m n
964-968^119 -4,85E-01 4,51E-01 -7,49E-01965-961^119 1,01E-01 -1,43E-01 -9,85E-01963-967^119 7,71E-01 -6,16E-01 1,62E-01966-962^119 -5,97E-01 4,56E-01 6,60E-01
Tabella 10 Tavola riepilogativa dei risultati del calcolo dei possibili VMT dal modello strutturale di CP29
Risultati Pagina 109
109
VI.3 NORMALE DEL PIANO DELLA MEMBRANA
Per calcolare dal modello strutturale gli stessi angoli ϕ che si possono ottenere
per via sperimentale dai dati del LD, è necessario caratterizzare il versore della
normale al piano dell’esperimento LD stesso. E’ possibile ottenere tali
informazioni dai dati cristallografici della struttura di LHCII. Questa infatti è
stata ottenuta per l’analisi di cristalli bidimensionali e tali cristalli si formano
dopo orientamento in una membrana in modo analogo all’esperimento di LD.
Il versore cercato è perciò la normale della membrana in cui si trova la
proteina, ovvero l’asse principale della proteina stessa e tali informazioni sono
presenti nel file della struttura. Nel sistema di coordinate del modello infatti
uno degli assi coincide con quello della proteina.
Utilizzando questo valore è possibile calcolare gli angoli che ciascun VMT
possibile (vedi D-VI.2) forma con la normale della membrana. In tal modo si
può calcolare il cos2 di ogni angolo trovato e confrontare tale valore con
quello ottenuto sperimentalmente da misure di LD.
Parte - D
110
VERSORI A2 Normale l m n Cos^2 Angolo
9,69E-01 -1,52E-01 1,94E-01 3,76E-02 79 -8,86E-01 3,83E-01 2,61E-01 6,81E-02 75 -4,27E-01 -3,88E-01 -8,17E-01 6,67E-01 35 1,15E-01 -4,98E-01 -8,60E-01 7,40E-01 31
A3 l m n
-1,30E-01 -9,66E-01 -2,23E-01 4,97E-02 77 3,13E-01 9,14E-01 -2,57E-01 6,60E-02 75
-2,38E-01 3,54E-01 9,04E-01 8,17E-01 25 -3,84E-01 -1,85E-01 9,05E-01 8,19E-01 25
A4 l m n
8,40E-01 5,42E-01 -5,02E-03 2,52E-05 90 -6,61E-01 -5,61E-01 4,99E-01 2,49E-01 60 -5,47E-01 -1,15E-01 -8,29E-01 6,87E-01 34 -1,08E-01 1,87E-01 -9,76E-01 9,53E-01 13
A5 l m n
8,73E-01 -3,56E-01 3,33E-01 1,11E-01 71 -9,89E-01 1,07E-01 9,93E-02 9,86E-03 84 -5,11E-02 5,19E-01 -8,53E-01 7,28E-01 31 4,87E-01 3,74E-01 -7,89E-01 6,23E-01 38
A6 l m n
9,52E-01 1,33E-01 2,75E-01 7,56E-02 74 -8,98E-01 -3,92E-01 1,99E-01 3,96E-02 79 -3,40E-01 3,55E-01 -8,71E-01 7,59E-01 29 1,72E-01 4,95E-01 -8,52E-01 7,26E-01 32
B3 l m n
-2,93E-01 6,69E-01 -6,83E-01 4,66E-01 47 4,94E-01 -6,60E-01 5,66E-01 3,20E-01 56
-8,07E-01 -1,07E-01 5,81E-01 3,38E-01 54 -9,07E-01 1,43E-02 4,20E-01 1,76E-01 65
B6 L m n
-7,27E-01 6,67E-01 1,65E-01 2,72E-02 81 6,79E-01 -6,29E-01 -3,78E-01 1,43E-01 68 3,02E-01 -2,40E-01 9,23E-01 8,52E-01 23 1,03E-01 -1,32E-01 9,86E-01 9,72E-01 10
Tabella 11 Calcolo degli angoli fra i VMT possibili e la normale alla membrana; utilizzati la prima serie di VMT
Risultati Pagina 111
111
VERSORI A2 Normale l m n Cos^2 Angolo
6,81E-01 2,00E-01 7,05E-01 4,97E-01 45 -4,18E-01 5,29E-01 7,38E-01 5,45E-01 42 -9,01E-01 -8,67E-02 -4,26E-01 1,81E-01 65 7,20E-01 -4,28E-01 -5,47E-01 2,99E-01 57
A3 l m n
1,69E-01 -6,43E-01 -7,47E-01 5,58E-01 42 4,12E-01 4,78E-01 -7,75E-01 6,01E-01 39 3,31E-02 8,52E-01 5,22E-01 2,72E-01 59
-3,94E-01 -7,54E-01 5,26E-01 2,77E-01 58 A4 l m n
7,21E-01 3,01E-01 6,24E-01 3,89E-01 51 -1,60E-01 -3,60E-01 9,19E-01 8,45E-01 23 -8,38E-01 -4,50E-01 -3,09E-01 9,55E-02 72 4,57E-01 4,91E-01 -7,41E-01 5,49E-01 42
A5 l m n
3,70E-01 -5,36E-01 7,59E-01 5,76E-01 41 -7,40E-01 -2,57E-01 6,22E-01 3,87E-01 52 -6,76E-01 4,52E-01 -5,83E-01 3,40E-01 54 9,28E-01 6,48E-02 -3,67E-01 1,35E-01 68
A6 l m n
6,25E-01 -2,45E-01 7,42E-01 5,51E-01 42 -4,59E-01 -5,46E-01 7,01E-01 4,91E-01 45 -8,39E-01 2,25E-02 -5,43E-01 2,95E-01 57 7,41E-01 4,78E-01 -4,72E-01 2,23E-01 62
B3 l m N
6,11E-01 3,21E-01 -7,23E-01 5,23E-01 44 9,49E-01 -2,53E-01 -1,87E-01 3,50E-02 79
-4,57E-03 -6,07E-01 7,94E-01 6,30E-01 37 -7,41E-01 5,67E-01 -3,60E-01 1,30E-01 69
B6 l m N
-4,85E-01 4,51E-01 -7,49E-01 5,61E-01 41 1,01E-01 -1,43E-01 -9,85E-01 9,70E-01 10 7,71E-01 -6,16E-01 1,62E-01 2,62E-02 81
-5,97E-01 4,56E-01 6,60E-01 4,36E-01 49
Tabella 12 Calcolo degli angoli fra i VMT possibili e la normale alla membrana; utilizzati la seconda serie di VMT
Parte - D
112
VII. IDENTIFICAZIONE DEL FATTORE FN
A questo punto si possono impiegare i vincoli spettroscopici sperimentali per
verificare il gruppo di risultati e, all’interno di tale gruppo, la combinazione di
VMT corretta.
Dai dati spettroscopici conosciamo gli angoli dei VMT con la normale alla
membrana a meno di un fattore FN. Possiamo perciò calcolare da ogni
possibile VMT ottenuto dalla struttura il corrispondente FN; ci aspettiamo che
solo il valore di FN ‘reale’ compaia in ciascun gruppo di VMT delle diverse
molecole di Chl, e solo nel gruppo di risultati corretti.
VERSORIA2 Normale l m n Cos^2 Angolo FN
9,69E-01 -1,52E-01 1,94E-01 3,76E-02 79 190 -8,86E-01 3,83E-01 2,61E-01 6,81E-02 75 212 -4,27E-01 -3,88E-01 -8,17E-01 6,67E-01 35 -168 1,15E-01 -4,98E-01 -8,60E-01 7,40E-01 31 -138
A4 l m n
8,40E-01 5,42E-01 -5,02E-03 2,52E-05 90 56 -6,61E-01 -5,61E-01 4,99E-01 2,49E-01 60 221 -5,47E-01 -1,15E-01 -8,29E-01 6,87E-01 34 -53 -1,08E-01 1,87E-01 -9,76E-01 9,53E-01 13 -30
A5 l m n
8,73E-01 -3,56E-01 3,33E-01 1,11E-01 71 183 -9,89E-01 1,07E-01 9,93E-02 9,86E-03 84 126 -5,11E-02 5,19E-01 -8,53E-01 7,28E-01 31 -103 4,87E-01 3,74E-01 -7,89E-01 6,23E-01 38 -141
A6 l m n
9,52E-01 1,33E-01 2,75E-01 7,56E-02 74 -309 -8,98E-01 -3,92E-01 1,99E-01 3,96E-02 79 -271 -3,40E-01 3,55E-01 -8,71E-01 7,59E-01 29 187 1,72E-01 4,95E-01 -8,52E-01 7,26E-01 32 203
B3 l m n
-2,93E-01 6,69E-01 -6,83E-01 4,66E-01 47 -270 4,94E-01 -6,60E-01 5,66E-01 3,20E-01 56 2772
-8,07E-01 -1,07E-01 5,81E-01 3,38E-01 54 -8510 -9,07E-01 1,43E-02 4,20E-01 1,76E-01 65 229
B6 l m N
-7,27E-01 6,67E-01 1,65E-01 2,72E-02 81 110 6,79E-01 -6,29E-01 -3,78E-01 1,43E-01 68 177 3,02E-01 -2,40E-01 9,23E-01 8,52E-01 23 -65 1,03E-01 -1,32E-01 9,86E-01 9,72E-01 10 -53
Tabella 13 Risultati calcolo FN sulla prima serie di VMT
Risultati Pagina 113
113
VERSORI A2 Normale l m n Cos^2 Angolo F.Norm
6,81E-01 2,00E-01 7,05E-01 4,97E-01 45 -343 -4,18E-01 5,29E-01 7,38E-01 5,45E-01 42 -266 -9,01E-01 -8,67E-02 -4,26E-01 1,81E-01 65 370 7,20E-01 -4,28E-01 -5,47E-01 2,99E-01 57 1645
A3 l m n
1,69E-01 -6,43E-01 -7,47E-01 5,58E-01 42 -285 4,12E-01 4,78E-01 -7,75E-01 6,01E-01 39 -239 3,31E-02 8,52E-01 5,22E-01 2,72E-01 59 1051
-3,94E-01 -7,54E-01 5,26E-01 2,77E-01 58 1128 A4 l m n
7,21E-01 3,01E-01 6,24E-01 3,89E-01 51 -332 -1,60E-01 -3,60E-01 9,19E-01 8,45E-01 23 -36 -8,38E-01 -4,50E-01 -3,09E-01 9,55E-02 72 78 4,57E-01 4,91E-01 -7,41E-01 5,49E-01 42 -86
A5 l m n
3,70E-01 -5,36E-01 7,59E-01 5,76E-01 41 -168 -7,40E-01 -2,57E-01 6,22E-01 3,87E-01 52 -760 -6,76E-01 4,52E-01 -5,83E-01 3,40E-01 54 -6210 9,28E-01 6,48E-02 -3,67E-01 1,35E-01 68 205
A6 l m n
6,25E-01 -2,45E-01 7,42E-01 5,51E-01 42 367 -4,59E-01 -5,46E-01 7,01E-01 4,91E-01 45 504 -8,39E-01 2,25E-02 -5,43E-01 2,95E-01 57 -2071 7,41E-01 4,78E-01 -4,72E-01 2,23E-01 62 -721
B3 l m n
6,11E-01 3,21E-01 -7,23E-01 5,23E-01 44 -190 9,49E-01 -2,53E-01 -1,87E-01 3,50E-02 79 121
-4,57E-03 -6,07E-01 7,94E-01 6,30E-01 37 -121 -7,41E-01 5,67E-01 -3,60E-01 1,30E-01 69 177
B6 l m n
-4,85E-01 4,51E-01 -7,49E-01 5,61E-01 41 -148 1,01E-01 -1,43E-01 -9,85E-01 9,70E-01 10 -53 7,71E-01 -6,16E-01 1,62E-01 2,62E-02 81 110
-5,97E-01 4,56E-01 6,60E-01 4,36E-01 49 -330
Tabella 14 Risultati calcolo FN sulla seconda serie di VMT
Dalla seconda serie di VMT, ottenuti impiegando angoli di 110° per la Chl a e
119° per la Chl b, non si ottengono risultati: non è possibile ritrovare uno
stesso FN all’interno dei VMT delle diverse Chl (vedi tab. 14).
Dalla prima serie di VMT si riscontra, invece, che un valore di FN intorno a
200 si ritrova in ogni gruppo di VMT delle diverse Chl (vedi tab. 13).
Parte - D
114
Per trovare il valore esatto di FN da queste premesse procediamo attraverso
la minimizzazione della deviazione degli angoli sperimentali da quelli teorici. Il
valore trovato è di 204.05 per una deviazione standard di 1.7 gradi (vedi tab.
15).
Fattore N. 204,0516 Cos^2 Teorici Reali Deviazioni
A2 0,058167 76 75 1,090 A4 0,242089 61 60 0,277 A5 0,133813 69 71 6,037 A6 0,723889 32 32 0,090 B3 0,157011 67 65 2,743 B6 0,16773 66 68 4,737
Dev std. 1,731
Tabella 15 Determinazione del fattore di normalizzazione per minimizzazione della deviazione standard fra gli angoli teorici e quelli sperimentali.
Dopo questa analisi abbiamo, scartando la seconda serie di VMT, abbiamo
identificato senza ambiguità l’orientazione del momento di transizione delle
molecole di Chl a e Chl b: 70° per Chl a e 61° per Chl b.
Rimangono delle ambiguità sull’assegnamento del VMT corretto di alcune
Chl nel CP29; infatti alcuni risultati rientrano nell’errore sperimentale e non
possono essere scartati:
VERSORIL m n Cos^2 Angolo FN A2
9,69E-01 -1,52E-01 1,94E-01 3,76E-02 79 190 -8,86E-01 3,83E-01 2,61E-01 6,81E-02 75 212
A4 -6,61E-01 -5,61E-01 4,99E-01 2,49E-01 60 221
A5 8,73E-01 -3,56E-01 3,33E-01 1,11E-01 71 183
A6 -3,40E-01 3,55E-01 -8,71E-01 7,59E-01 29 187 1,72E-01 4,95E-01 -8,52E-01 7,26E-01 32 203
B3 -9,07E-01 1,43E-02 4,20E-01 1,76E-01 65 229
B6 6,79E-01 -6,29E-01 -3,78E-01 1,43E-01 68 177
Tabella 16 Ambiguità sul VMT della Chl A2 e della chl A6
Risultati Pagina 115
115
VIII. MOMENTI DI TRANSIZIONE DELLE XANTOFILLE IN CP29
Il momento della transizione elettronica delle xantofille si trova lungo l’asse
della catena della molecola. La determinazione di tale VMT è utile per la
comprensione dei trasferimenti energetici tra molecole di clorofilla ed il
carotenoide.
Per determinare i VMT delle due xantofille è stato impiegato il programma
PDB-Viewer (vedi C-III.3), i risultati sono riportati in tabella 17.
Rif.Atomi l m N Lut1 993-971 -7,38E-01 3,86E-01 5,54E-01 Lut2 1035-1013 7,65E-01 -3,95E-01 5,09E-01
Tabella 17 Versori delle due xantofille nella struttura di CP29
VIII.1 RELAZIONE FRA LE XANTOFILLE E LE MOLECOLE DI CLOROFILLA
Le molecole di Chl che possono interagire con le due xantofille in CP29 sono
diverse. Analizzando il modello alla ricerca della possibile posizione dei VMT,
sono state notate due Chl in particolare posizione rispetto ai carotenoidi.
La Chl A2 e la Chl A5 si affacciano direttamente sulla parte centrale della
catena delle due xantofille, e sono in contatto di van der Waals con esse. E’
noto che LHCII possiede un asse di simmetria (anche se non perfetto), in
particolare però la posizione della Chl A2 con la Lut1 è estremamente simile a
quella della Chl A5 con la Lut2. La sovrapposizione di questi due gruppi
(Lut1-Chl a2:Lut2-Chl a5) da un RMSD (Root Means Square Deviation) di
0.62 Å (vedi fig. 33).
Parte - D
116
Figura 33 Sovrapposizione dei due gruppi rappresentati da Lut1-Chl a2:Lut2-Chl a5: RMS 0.62 Å
Un’altra caratteristica importante della posizione di queste due Chl rispetto
alle due xantofille è data dalla complanarità dei piano degli anelli tetrapirrolici
con l’asse delle catene delle xantofille (vedi fig. 34).
Figura 34 Complanarità fra i piani degli anelli tetrapirrolici e l’asse delle xantofille.
Conoscendo che i VMT delle molecole di Chl giacciono sul piano dell’anello
tetrapirrolico, è possibile che la disposizione di tali Chl sia dovuta ad un loro
ruolo nel trasefimento di energia alle xantofille.
Confrontando gli angoli formati da tutti i possibili VMT di queste due Chl
con i versori delle xantofille si trova che gli angoli minori corrispondono
anche alle soluzioni del sistema risolto in D-VII (vedi tab. 18).
Risultati Pagina 117
117
VERSORI A2 Normale Lut1 l m n Cos^2 Angolo Angolo F.Norm
9,69E-01 -1,52E-01 1,94E-01 3,76E-02 79 132 190 -8,86E-01 3,83E-01 2,61E-01 6,81E-02 75 19 212 -4,27E-01 -3,88E-01 -8,17E-01 6,67E-01 35 107 -168 1,15E-01 -4,98E-01 -8,60E-01 7,40E-01 31 139 -138
A5 Lut2 l m n Angolo
8,73E-01 -3,56E-01 3,33E-01 1,11E-01 71 12 183 -9,89E-01 1,07E-01 9,93E-02 9,86E-03 84 138 126 -5,11E-02 5,19E-01 -8,53E-01 7,28E-01 31 133 -103 4,87E-01 3,74E-01 -7,89E-01 6,23E-01 38 100 -141
Tabella 18 Confronto angoli fra VMT possibili delle Chl A2 e A5, e VMT delle xantofille
I risultati di questo confronto (vedi tab. 18), oltre ad essere una conferma
della correttezza delle soluzioni ottenute in D-VII, ci permette di eliminare
una delle ambiguità nei confronti del VMT della Chl A2. Per simmetria con la
Chl A5 e per motivi funzionali è possibile scartare il VMT che porterebbe ad
un angolo con il momento della xantofilla corrispondente di 132°, rispetto ai
19° della soluzione ritenuta corretta.
Parte - D
118
IX. RIEPILOGO RISULTATI VMT
E’ stato possibile identificare i VMT di 6 delle 8 Chl presenti in CP29. In una
di esse (Chl A6) permane una ambiguità. Per quanto riguarda la Chl A3,
questa non ha dato nessun risultato in fase di normalizzazione, e gli spettri
ottenuti risultano non riproducibili fra le diverse ricostituzioni; mentre per la
Chl A1 non è stato possibile ottenere nessun mutante.
VERSORIA2 Normale L m n Cos^2 Angolo FN
9,69E-01 -1,52E-01 1,94E-01 3,76E-02 79 190 -8,86E-01 3,83E-01 2,61E-01 6,81E-02 75 212 -4,27E-01 -3,88E-01 -8,17E-01 6,67E-01 35 -168 1,15E-01 -4,98E-01 -8,60E-01 7,40E-01 31 -138
A4 L m n
8,40E-01 5,42E-01 -5,02E-03 2,52E-05 90 56 -6,61E-01 -5,61E-01 4,99E-01 2,49E-01 60 221 -5,47E-01 -1,15E-01 -8,29E-01 6,87E-01 34 -53 -1,08E-01 1,87E-01 -9,76E-01 9,53E-01 13 -30
A5 L m n
8,73E-01 -3,56E-01 3,33E-01 1,11E-01 71 183 -9,89E-01 1,07E-01 9,93E-02 9,86E-03 84 126 -5,11E-02 5,19E-01 -8,53E-01 7,28E-01 31 -103 4,87E-01 3,74E-01 -7,89E-01 6,23E-01 38 -141
A6 L m n
9,52E-01 1,33E-01 2,75E-01 7,56E-02 74 -309 -8,98E-01 -3,92E-01 1,99E-01 3,96E-02 79 -271 -3,40E-01 3,55E-01 -8,71E-01 7,59E-01 29 187 1,72E-01 4,95E-01 -8,52E-01 7,26E-01 32 203
B3 l m n
-2,93E-01 6,69E-01 -6,83E-01 4,66E-01 47 -270 4,94E-01 -6,60E-01 5,66E-01 3,20E-01 56 2772
-8,07E-01 -1,07E-01 5,81E-01 3,38E-01 54 -8510 -9,07E-01 1,43E-02 4,20E-01 1,76E-01 65 229
B6 l m N
-7,27E-01 6,67E-01 1,65E-01 2,72E-02 81 110 6,79E-01 -6,29E-01 -3,78E-01 1,43E-01 68 177 3,02E-01 -2,40E-01 9,23E-01 8,52E-01 23 -65 1,03E-01 -1,32E-01 9,86E-01 9,72E-01 10 -53
Risultati Pagina 119
119
Rif Atomi l m n Cos^2 Angolo FN A2 817-821^70,0 -8,86E-01 3,83E-01 2,61E-01 6,81E-02 75 212
A4 866-870^70,0 -6,61E-01 -5,61E-01 4,99E-01 2,49E-01 60 221
A5 889-893^70,0 8,73E-01 -3,56E-01 3,33E-01 1,11E-01 71 183
A6 916-920^70,0 -3,40E-01 3,55E-01 -8,71E-01 7,59E-01 29 187 913-917^70,0 1,72E-01 4,95E-01 -8,52E-01 7,26E-01 32 203
B3 937-941^61,0 -9,07E-01 1,43E-02 4,20E-01 1,76E-01 65 229
B6 965-961^61,0 6,79E-01 -6,29E-01 -3,78E-01 1,43E-01 68 177
Tabella 19 Riepilogo risultati VMT dei cromofori in CP29
Figura 35 Posizione dei punti di connessione dei fitoli agli anelli tetrapirrolici
Parte - E
120
Discussione Pagina 121
121
E . D I S C U S S I O N E
Parte - E
122
Discussione Pagina 123
123
l problema fondamentale, non risolto, nello studio delle proteine
direttamente coinvolte nei processi fotosintetici riguarda il modo in cui
avvengono i trasferimenti di energia all’interno di questi sistemi e tra le diverse
componenti.
La comprensione di tali fenomeni nelle proteine antenna richiede conoscenze
accurate sulla distanza dei cromofori coinvolti, sull’orientazione reciproca dei
loro momenti di transizione e sulla distribuzione dei livelli energetici di
assorbimento e di fluorescenza all’interno delle singole proteine. Inoltre è
necessario conoscere l’orientamento e le distanze relative delle singole
subunità proteiche che compongono il fotosistema.
In questa tesi ho affrontato il problema dell’orientazione dei momenti di
transizione delle molecole di clorofilla all’interno della proteina antenna CP29,
secondo un nuovo tipo di approccio.
La difficoltà di cristallizzare questo tipo di complessi ha finora impedito di
ottenere strutture ad alta risoluzione per le proteine antenna. L’unica struttura
disponibile è quella di LHCII ad una risoluzione di 3.4 Å, che fornisce alcune
informazioni sulle posizioni dei pigmenti, ma non è in grado discriminare fra
gli orientamenti dei momenti delle transizioni principali dei pigmenti.
Ho affrontato questo problema attraverso l’analisi spettroscopica di dicroismo
lineare della libreria di mutanti di CP29 sulla base di un modello strutturale
per tale proteina, ottenuto per omologia con LHCII.
I. ANALISI DEI DATI SPETTROSCOPICI
L’analisi della stabilità dei complessi ricombinanti ricostituiti, ha consentito di
impiegare lo strumento dei “mutanti” escludendo la possibilità che tali
I
Parte - E
124
complessi si degradassero nel corso delle misure, o fossero troppo diversi
come proprietà fisiche dal complesso wt.
Per ottenere informazioni sul contributo del pigmento mancante nei mutanti
di CP29, ho utilizzato l’analisi differenziale dello spettro della proteina wt
(non mutata) con quelli delle proteine mutanti. Per questa operazione sia gli
spettri di ABS che quelli di LD devono essere normalizzati.
Per gli spettri di assorbimento sono stati provati vari tipi di approcci, come la
deconvoluzione in gaussiane e la normalizzazione su altri massimi, l’unico
metodo che ha dato buoni risultati è quello che prevede di normalizzare
sull’area della transizione totale nella regione rossa dello spettro (630-720 nm).
Per gli spettri di LD ho utilizzato un nuovo tipo di approccio. A questo scopo
ho sviluppato un software che consente di normalizzare lo spettro LD della
proteina wt con quello della proteina mutante una volta conosciuto il
rispettivo spettro differenziale di assorbimento.
In questo modo è stato possibile normalizzare, e quindi ottenere informazioni
sulle rispettive clorofille, 6 mutanti su 7.
Da questi risultati, risulta evidente che il contributo di ogni clorofilla sia allo
spettro di assorbimento che a quello di LD non è in nessun caso riconducibile
ad un’unica gaussiana, ma è facilmente deconvolvibile con 2 o 3 gaussiane
simmetriche. Il significato di questi risultati può essere spiegato dal fatto che
un sito può essere occupato sia da una Chl a che da una Chl b, anche se con
probabilità diverse. Ciò deve far riflettere sulla possibilità effettiva di
analizzare gli interi spettri di tali proteine attraverso la deconvoluzione in
gaussiane, metodi impiegati da molti autori [62].
Discussione Pagina 125
125
II. APPROCCIO CONGIUNTO AL PROBLEMA DELL’ORIENTAMENTO DEI VMT: MODELLO STRUTTURALE ED ANALISI LD
Per determinare l’orientazione dei momenti delle transizioni delle molecole di
clorofilla in CP29 è necessario utilizzare sia le informazioni strutturali che
quelle spettroscopiche, in modo tale da superare i limiti di ciascuna di queste
due fonti di informazioni.
Dall’analisi dei dati spettroscopici sono state ricavate informazioni su 6 delle 8
clorofille in CP29. Nel caso del della clorofilla A3, pur avendo il mutante
(Q230L), non è stato possibile normalizzare gli spettri ottenuti per le
caratteristiche stesse del mutante; nel caso della clorofilla A1, invece, il
mutante ottenuto non si ricostituisce.
Per i 6 siti risolti, i dati del dicroismo lineare forniscono l’angolo del VMT del
rispettivo cromoforo rispetto all’asse della normale alla membrana, a meno di
un fattore moltiplicativo.
Queste informazioni sono state utilizzate come vincoli per quelle ottenute dal
modello strutturale di CP29.
Nel modello, ottenuto per omologia con LHCII, sono presenti le eliche
transmembrana, 8 molecole di clorofilla e 2 molecole di luteina. La struttura è
stata controllata verificando la corretta coordinazione delle 8 Chl presenti, da
parte dei residui identificati come ligandi.
Data la risoluzione di 3.4 Å, nel modello è presente solo la struttura
dell’anello tetrapirrolico, da cui non è possibile orientare la molecola del
pigmento. Per ogni clorofilla, pur eliminando metà delle possibilità per
omologia con le strutture batteriche, rimangono 4 possibili VMT per un totale
i 48 combinazioni (8 Chl presenti in CP29).
In realtà esiste anche una ambiguità sull’angolo del momento di transizione
della clorofilla: questo angolo è pari a 20° dall’asse Y per la Chl a e 29° per la
Parte - E
126
Chl b; l’ambiguità risiede nel fatto che il versore può essere preso con questi
valori sia in senso orario che in senso antiorario dall’asse Y.
Per determinare la corretta combinazione dei VMT in CP29 ho determinato
due serie di valori (per l’ambiguità dell’angolo del VMT della clorofilla) per i 4
possibili VMT per ciascuna clorofilla. Per questa operazione ho sviluppato un
software PDB-Viewer che consente manipolare i file PDB ed ottenere
facilmente informazioni di tipo geometrico dalle coordinate.
Una volta ottenuti i versori per ciascuna clorofilla, è possibile utilizzare i dati
spettroscopici come vincoli e cercare la combinazione di VMT che soddisfa
tutte le condizioni.
III. RISULTATI
Di tutte le combinazioni delle due serie di VMT determinati dalla struttura
solo quattro soddisfano i vincoli dei dati spettroscopici (rimane una ambiguità
sulla A6 e sulla A2). Da queste si può scendere a 2 considerando la simmetria
della molecola e la possibile funzione della A2 nel trasferimento di energia
con il carotenoide. Le Chl A2 e A5 infatti si trovano in posizione ideale per il
trasferimento di energia con le rispettive molecole di carotenoide, e la
soluzione dei VMT trovata, corrisponde a quella in cui il momento di
transizione di queste molecole di clorofilla è praticamente parallelo a quello
delle xantofille (situazione questa corrispondente alla massima efficienza di
trasferimento).
Il risultato finale di questo lavoro, riguardo ai VMT in CP29, consiste quindi
nella combinazione dei momenti di transizione delle 6 Chl analizzate, con una
sola ambiguità sulla clorofilla A6.
E’ stato inoltre possibile discriminare fra le due possibilità degli angoli del
momenti della transizione QY nella molecola della clorofilla. La serie di dati
Discussione Pagina 127
127
che presenta le soluzioni è quella che si riferisce, secondo la convenzione, ad
angoli dall’asse X di 70° per la Chl a e 61° per la Chl b.
IV. LIMITAZIONI
Questo lavoro ha una limitazione consistente nel fatto che nella costruzione
del modello molecolare di riferimento per CP29 sono state conservate le
orientazioni delle molecole di clorofilla determinate sperimentalmente per
LHCII.
Questa asserzione non è provata sperimentalmente, ciò nonostante è molto
probabile in quanto la struttura tridimensionale di proteine omologhe è stata
vista essere molto più conservata di quanto non sia conservata la sequenza
primaria. Nel caso di CP29 ed LHCII l’omologia di sequenza nei domini α-
elica transmembrana è molto elevata (80-90%) e l’orientamento relativo delle
eliche è conservato in quanto determinato dalle due coppie ioniche Arg70-
Glu180 e Arg185-Glu65.
Ciò nonostante i valori qui determinati saranno verificati sperimentalmente
sulla base dei risultati recentemente ottenuti in collaborazione con il
laboratorio di A. Holzwarth presso il Max Planck Istitut. In questi esperimenti
si è determinato il tempo di trasferimento dell’energia di eccitazione tra
cromofori eccitando selettivamente ciascuna delle due Chl b e ciascun
carotenoide. Questi valori verranno confrontati con le previsioni degli stessi
ottenibili dal modello qui proposto.
Parte - E
128
V. PROSPETTIVE
CP29 è la prima molecola antenna di cui sono disponibili tutti i parametri
essenziali per il trasferimento dell’energia. Una volta verificati questi risultati,
sarà possibile avere un’idea più precisa dei meccanismi che governano la
raccolta dell’energia luminosa nelle piante.
In questo lavoro è proposto un metodo per la determinazione
dell’orientamento dei cromofori all’interno di proteine sulla base di dati
spettroscopici, un risultato mai ottenuto precedentemente. Questa tecnica
può ora essere utilizzata anche con altre proteine la cui struttura sia nota a
bassa risoluzione o per omologia con altre molecole.
A P P E N D I C E A
BASI TEORICHE E TECNICA DEL DICROISMO LINEARE
Appendice A
130
Basi teoriche e tecnica del dicroismo lineare Pagina 131
131
I. LUCE POLARIZZATA [30]
a luce può essere definita come un’onda elettromagnetica che oscilla
periodicamente sia nel tempo che nello spazio. In tale onda, il vettore
elettrico e quello magnetico, proporzionali in ampiezza, sono perpendicolari
fra loro e con l’asse della direzione di propagazione.
La luce non polarizzata consiste nella vibrazione di tali onde in diversi piani.
Nella luce linearmente polarizzata, il vettore elettrico E oscilla
sinusoidalmente in un unico piano che in spettroscopia viene chiamato
convenzionalmente piano di polarizzazione.
I.1 ASSORBIMENTO DELLA LUCE DA PARTE DI MOLECOLE [30]
Durante una transizione ottica indotta, la distribuzione elettronica della
molecola oscilla periodicamente con la frequenza della luce assorbita. Questo
significa che si crea una oscillazione temporanea del momento elettrico e di
quello magnetico, che possono essere visti come momenti dipolari di
transizione, µµµµ e m.
Nell’intervallo coperto dalla spettroscopia UV-IR, solo il dipolo della
transizione elettrica µµµµ ha intensità significativa, e quindi l’assorbimento può
essere descritto in modo soddisfacente dal momento dipolare elettrico di
transizione. Tale momento per una transizione ottica indotta tra lo stato di
base ed uno stato eccitato, a e b, è definito come il vettore integrale:
Quindi Ψa e Ψb sono le funzioni d’onda dei corrispondenti stati della
molecola, e l’operatore del dipolo elettrico Σqiri contiene la somma dei
L
ai iib rq ΨΨ= ∑µ
Appendice A
132
prodotti di ciascuna particella carica (elettroni o nuclei), qi, ed il loro vettore
posizione ri. In termini classici, l’interazione è descritta come l’induzione
dell’oscillazione di un dipolo dall’oscillazione del vettore del campo elettrico
della radiazione luminosa.
In accordo con l’approssimazione di Bohr-Oppenheimer, la funzione d’onda
è scritta come il prodotto delle funzioni d’onda elettronica (e) e nucleare (n):
In prima approssimazione, la transizione elettronica è considerata per
posizioni nucleari fisse, quindi con nessun accoppiamento vibrazionale della
transizione che complicherebbe l’interpretazione delle misure di
polarizzazione.
La probabilità del fenomeno di assorbimento è proporzionale al quadrato del
prodotto scalare del vettore elettrico della luce con il vettore del dipolo di
transizione della molecola:
Questo significa che un raggio luminoso polarizzato parallelamente al vettore
del dipolo di transizione della molecola, ha la massima probabilità di essere
assorbito da essa, mentre se la polarizzazione è perpendicolare a u, non può
avvenire alcun assorbimento. Questa è la base della spettroscopia LD.
( ) ( )nnnee rrr ΨΨ=Ψ ,
( ) αµµ 2222 cosEEPabs =⋅∝
Basi teoriche e tecnica del dicroismo lineare Pagina 133
133
II. DICROISMO LINEARE [30]
Il dicroismo lineare è il segnale dato dall’assorbimento differenziale di due
raggi luminosi polarizzati linearmente ed ortogonali fra loro in un campione
orientato macroscopicamente:
Si possono distinguere due tipi di analisi per LD: i) Quando è nota la
posizione spaziale delle molecole nel sistema sperimentale (ad esempio in
sistemi di molecole allineate macroscopicamente), l’orientazione dei dipoli
può essere determinata rispetto alle coordinate molecolari. ii) Viceversa,
quando è nota l’orientazione di un dipolo di transizione rispetto al sistema di
coordinate della molecola, l’analisi degli spettri LD può dare informazioni
sull’orientamento della molecola nel sistema sperimentale.
Nella maggior parte degli studi, si vuole determinare l’orientazione del dipolo
di transizione rispetto al sistema di coordinate della molecola. Comunque la
quantità di informazioni che si possono ottenere da tale tecnica dipendono in
buona parte dalle informazioni disponibili riguardo la natura delle transizioni
elettroniche e l’orientamento del campione nel sistema sperimentale.
⊥−= AALD //
Appendice A
134
II.1 LD DI ASSORBIMENTO [30]
Dopo orientamento del campione, è necessario assicurarsi che la componente
A// coincida con l’allineamento
preferenziale delle molecole del
campione, questo semplifica
notevolmente l’interpretazione dei
dati.
Consideriamo membrane planari
orientate contenenti dipoli di
assorbimento con un determinato
angolo di orientazione rispetto al piano della membrana (vedi fig. 34).
L’orientazione di u, cioè il suo versore d=µµµµ/|µµµµ|, è caratterizzata da due
angoli: θ e ϕ :
d=sinϕ cosθ u + sinϕ sinθ v + cosϕ n
Dove u, v e n sono anchessi versori. Dato che θ all’interno della membrana
non può essere fisso rispetto al sistema di coordinate, è necessario prendere
un valore medio:
Quindi,
e
ϕ
θ
AI
Figura 36 Geometria usata per il calcolo degli angoli di orientazione
ϕ2// 2
3 sinAA ⋅= ϕ2cos3 ⋅=⊥ AA
( )ϕ2// cos31
23
⋅−=−≡ ⊥ AAALD
( )⊥+= AAA //231
Basi teoriche e tecnica del dicroismo lineare Pagina 135
135
III. ORIENTAMENTO DEL CAMPIONE
III.1 COMPRESSIONE GEL DI POLIACRILAMIDE
Attualmente il metodo di orientamento più versatile e, probabilmente, quello
più largamente usato è quello di compressione di un gel di poliacrilamide in
cui sia stato incluso il campione.
Questo metodo, introdotto nel 1979 da Abdourakhmanov, è descritto per gel
di poliacrilamide e permette l’orientamento di particelle di forma e grandezza
differenti conservando l’ambiente acquoso del campione.
Come illustrato in fig. 37a, le membrane
piane (particelle di forma a disco) tendono
ad allineare i loro piani
perpendicolarmente alla direzione della
compressione. Le particelle di forma
cilindrica si comportano in modo
differente: dopo la compressione lungo un
asse, esse rimangono sempre allineate
casualmente. In questi casi solo
l’applicazione della compressione su di un
secondo asse consente l’allineamento delle
particelle vedi fig.37b.
Il gel poliacrilamide non influenza le proprietà ottiche del campione: è
trasparente nell’intero intervallo della radiazione visibile e nel vicino IR,
inoltre le soluzioni contenenti una quota di glicerolo sono impiegabili per
misure a bassa temperatura.
Aumentando la concentrazione di acrilamide e il rapporto
bisacrilamide:acrilamide si ottengono gel più rigidi, con una minore
dimensione della griglia (mesh). I gel più rigidi sono indicati per i complessi
pigmento-proteina, mentre quelli meno rigidi per le membrane.
Figura 37 Schema per l’allineamento di membrane (A) e di particelle cilindriche (B).
Appendice A
136
Nel caso di misure su proteine di
membrana, come CP29, si
impiegano dei gel relativamente
rigidi. Alla soluzione di acrilamide
viene aggiunto il campione
concentrato e solubilizzato in DM.
La diminuzione della
concentrazione di DM dovuta alla
diluizione fa aggregare le proteine
di membrana: queste si dispongono
su di un piano una di fianco all’altra
in modo da far trovare a contatto, e
quindi schermare dal solvente acquoso, le regioni idrofobiche.
Una volta incorporato il campione, la soluzione di acrilamide viene fatta
polimerizzare in un cilindro di vetro. Il gel viene quindi tirato fuori dal
cilindro e posto all’interno di una cuvetta di plastica (vedi fig 38a). Al di sopra
del gel nella cuvetta viene posto un tappo di gomma quadrato in modo da
coprire le fessure lasciate dal gel, e si procede con la compressione. Il gel si
schiaccia dentro la cuvetta ed ne assume la forma (vedi fig 38b); è importante
evitare la formazione di bolle fra le pareti della cuvetta ed il gel.
A seconda del tipo di gel e della compressione applicata si ottengono
campioni più o meno orientati, questo influisce solo sull’ampiezza del segnale
dicroico ma non sulla sua forma.
Figura 38 Rappresentazione schematica dell’azione della compressione sul cilindro di gel
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