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1) Le questioni sul tappeto Che l’Italia abbia bisogno di manodopera immigrata è un dato che si sta imponendo nel senso comune. L’utilità economica del- l’immigrazione, per anni sottovalutata e per- sino negata, è oggi più ampiamente accetta- ta, e i timori di conseguenze negative per l’occupazione degli italiani si sono ridotti. Il primo punto da prendere in considerazione si riferisce alla domanda di lavoratori immi- grati. Nell’arco di circa vent’anni l’Italia si è trasformata da paese di emigranti in meta di ingenti flussi migratori, diventando un luogo esemplare di quello che è stato definito «modello mediterraneo di immigrazione» (Pugliese, 2000). Oltre all’agricoltura mediterranea, da tempo individuata come un rilevante ambito di uti- lizzo di manodopera immigrata, va posto in rilievo il fatto che i sistemi di piccola impre- sa dell’Italia centro-settentrionale, l’edilizia, il basso terziario urbano e turistico (pulizie, ristorazione, facchinaggio, ecc.) a partire dall’inizio degli anni ’90 hanno incontrato crescenti difficoltà nel reclutamento di manodopera, fronteggiate con il ricorso agli immigrati. Un altro tipo di domanda di lavoro immigrato deriva dalle caratteristiche salienti del siste- ma di protezione sociale italiano. Di qui deri- va una vasta domanda, esplicita o implicita, di collaboratrici domestiche e assistenti agli anziani, che trova risposta nella disponibilità delle donne straniere. Il ricorso alla manodopera immigrata riflette quindi interessi e strategie degli attori dell’eco- nomia e della società italiana, nonché i cam- biamenti che hanno conosciuto nel tempo. Ne derivano diversi modelli locali di impiego della forza lavoro extracomunitaria: quello dell’indu- stria diffusa del Centro-Nord; quello delle gran- di aree metropolitane; quello delle attività sta- gionali, diversificato a sua volta tra le regioni centro-settentrionali, e quelle del Mezzogiorno Inadeguatezza, fragilità e discontinuità delle misure istituzionali (pubbliche) di accoglien- za e orientamento degli immigrati hanno cari- cato di responsabilità e di compiti le reti di mutuo aiuto tra immigrati (così come le orga- nizzazioni solidaristiche della società rice- vente): se un immigrato troverà un tetto al suo arrivo in una città italiana, se riuscirà in tempi brevi a inserirsi in un lavoro lecito, oppure se finirà in un circuito malavitoso, dipende in buona parte dal precedente inse- diamento e dalla capacità di supporto dei suoi patrocinatori (familiari, parenti, amici stretti). L’importanza delle reti “etniche” per i percorsi di integrazione viene dunque esalta- F o g l i popolare LA QUESTIONE IMMIGRAZIONE IN ITALIA di cultura 7 Fogli a cura del Settore Adulti di Azione Cattolica Segreteria: Tel. 06.6631545 Fax 06.6621256 [email protected]

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1) Le questioni sul tappetoChe l’Italia abbia bisogno di manodoperaimmigrata è un dato che si sta imponendonel senso comune. L’utilità economica del-l’immigrazione, per anni sottovalutata e per-sino negata, è oggi più ampiamente accetta-ta, e i timori di conseguenze negative perl’occupazione degli italiani si sono ridotti.Il primo punto da prendere in considerazionesi riferisce alla domanda di lavoratori immi-grati. Nell’arco di circa vent’anni l’Italia si ètrasformata da paese di emigranti in meta diingenti flussi migratori, diventando un luogoesemplare di quello che è stato definito«modello mediterraneo di immigrazione»(Pugliese, 2000).Oltre all’agricoltura mediterranea, da tempoindividuata come un rilevante ambito di uti-lizzo di manodopera immigrata, va posto inrilievo il fatto che i sistemi di piccola impre-sa dell’Italia centro-settentrionale, l’edilizia,il basso terziario urbano e turistico (pulizie,ristorazione, facchinaggio, ecc.) a partiredall’inizio degli anni ’90 hanno incontratocrescenti difficoltà nel reclutamento dimanodopera, fronteggiate con il ricorso agliimmigrati. Un altro tipo di domanda di lavoro immigratoderiva dalle caratteristiche salienti del siste-ma di protezione sociale italiano. Di qui deri-

va una vasta domanda, esplicita o implicita,di collaboratrici domestiche e assistenti aglianziani, che trova risposta nella disponibilitàdelle donne straniere. Il ricorso alla manodopera immigrata riflettequindi interessi e strategie degli attori dell’eco-nomia e della società italiana, nonché i cam-biamenti che hanno conosciuto nel tempo. Nederivano diversi modelli locali di impiego dellaforza lavoro extracomunitaria: quello dell’indu-stria diffusa del Centro-Nord; quello delle gran-di aree metropolitane; quello delle attività sta-gionali, diversificato a sua volta tra le regionicentro-settentrionali, e quelle del Mezzogiorno Inadeguatezza, fragilità e discontinuità dellemisure istituzionali (pubbliche) di accoglien-za e orientamento degli immigrati hanno cari-cato di responsabilità e di compiti le reti dimutuo aiuto tra immigrati (così come le orga-nizzazioni solidaristiche della società rice-vente): se un immigrato troverà un tetto alsuo arrivo in una città italiana, se riuscirà intempi brevi a inserirsi in un lavoro lecito,oppure se finirà in un circuito malavitoso,dipende in buona parte dal precedente inse-diamento e dalla capacità di supporto deisuoi patrocinatori (familiari, parenti, amicistretti). L’importanza delle reti “etniche” per ipercorsi di integrazione viene dunque esalta-

Foglipopolare

LA QUESTIONEIMMIGRAZIONE IN ITALIA

di cultura7Fogli a curadel Settore Adultidi Azione CattolicaSegreteria:Tel. 06.6631545Fax [email protected]

ta nel vuoto lasciato dalle istituzioni pubbli-che. Quando funzionano, le reti sono unsostegno prezioso, soprattutto nelle primefasi di insediamento, ma comportano anchelimiti e distorsioni nei processi di inclusionenella società ricevente. Va poi considerato il complesso di regolenormative, atteggiamenti e disposizioni, isti-tuzioni e servizi, attraverso i quali la societàospitante filtra i candidati all’immigrazione.Possiamo distinguere tre livelli di quella chepuò essere definita ricezione societale del-l’immigrazione.Il primo livello è quello del sistema di norme,che fissa le coordinate dell’immigrazione uffi-cialmente accettata in un determinato paese.L’Italia, come altri paesi dell’Europa meridio-nale, avendo percepito con ritardo la neces-sità di una politica degli ingressi, ha cono-sciuto tassi particolarmente elevati di immi-grati privi di permessi per la permanenzalegale sul territorio. Un secondo modo in cui la società ospitanteinterviene nella costruzione delle forme diinclusione degli immigrati nel sistema socio-economico è la produzione di pregiudizi estereotipi sulle attitudini, la mentalità, lacapacità di integrazione delle diverse com-ponenti della popolazione immigrata, suddi-visa per aree geografiche, nazionalità,appartenenze religiose. La terza forma di intervento della societàricevente nella costruzione dei processi diffe-renziati di inclusione degli immigrati è rap-presentata dalle attività di accoglienza esostegno poste in opera da vari attori socialiautoctoni (volontariato, sindacati, istituzioniecclesiastiche, iniziative dei poteri pubblicilocali…). Un fenomeno particolarmente rile-vante nel caso italiano, anch’esso inquadra-bile come contrappeso alla scarsa regolazio-ne istituzionale degli ingressi e dell’acco-glienza.

2) Che cosa possiamo fare?Ripercorrendo i tre livelli di azione sulle dina-miche dell’immigrazione possiamo individua-re per gli adulti di Ac tre ambiti di intervento.In primo luogo un ruolo sociale di pressionesulle istituzioni pubbliche affinché si passi dauna cultura dell’emergenza ad una culturadella fattiva integrazione degli immigrati, construmenti legislativi e amministrativi neces-sari per la regolazione di una compiutasocietà multietnica che non siano discrimi-nanti e inutilmente repressivi.

Sul secondo livello si rilancia il ruolo formati-vo dell’Ac, che è chiamata a creare una cul-tura dell’accoglienza e della solidarietàsoprattutto nelle giovani generazioni, desti-nate a convivere con i nuovi immigrati. Cen-trale in questo senso diventa il ruolo della for-mazione parrocchiale e degli itinerari forma-tivi dell’associazione. Infine per la terza linea di intervento seanche l’Ac non è per natura chiamata ad unintervento diretto in campo caritativo, di fatto,le associazioni parrocchiali spesso si trovanoin prima linea nell’organizzazione delle atti-vità delle parrocchie e delle diocesi italiane equindi anche di quelle legate a questo tipo diproblematiche.

3) Per animare la discussione● Di solito si pensa all’immigrazione

come problema sociale. Ci rendiamoconto delle funzioni che svolge, visibi-li e poco visibili?

● Quanto partecipano gli immigrati cat-tolici alla vita delle nostre comunitàecclesiali? Che cosa si potrebbe fareper promuoverne un maggiore inseri-mento?

● Che cosa potrebbero fare le nostrecomunità e associazioni per aprirsimaggiormente alle esigenze degliimmigrati, pensando anche alle nuoverealtà che stanno emergendo?

● Come potrebbero incidere le realtàassociative sul dibattito pubblico sul-l’immigrazione?

4) Per saperne di più● (A cura di V. Marcon e F. Lana), Immi-

grazione: lavoro e dignità della perso-na, Roma, Ave

● Ambrosini, M, La fatica di integrarsi,Bologna, Il Mulino.

● Caritas di Roma, Immigrazione. Dos-sier statistico 2001, Roma, NuovaAnterem,

● Commissione per le politiche di inte-grazione degli immigrati, Secondorapporto sull’integrazione degli immi-grati in Italia, Bologna, Il Mulino (acura di G.Zincone).

● Fondazione Cariplo-Ismu, Sesto rap-porto sulle migrazioni 2000, Milano,F.Angeli

● Sivini, G. Migrazioni. Processi di resi-stenza e innovazione sociale, SoveriaMannelli (CZ), Rubbettino.