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FILIERE GLOBALI . INVESTIRE IN COMPETENZE SIGNIFICA COLLOCARSI NELLE FASI PRODUTTIVE A MARGINALITÀ PIÙ ELEVATA Il nostro posto nelle catene del valore di Stefano Manzocchi A ppare sempre più chiaro co- me, adistanza didieciannidal- l'inizio della più grande crisi economica del dopoguerra, la qualità e la tenacia degli esportatori ab- biano dato un contributo cruciale per te- nere in piedi l'economia e quindi la so- cietà italiana. Dopo il crollo del com- mercio mondiale del 2009, l'export na- zionale harisalito la china sostenendola dinamica del reddito nella seconda re- cessione del 2011 e accompagnando la lenta ripresa dei consumi, prima, e degli investimenti privati, poi. Come scrive Paolo Bricco sul Sole del 3o dicembre, con quasi 450 miliardi di esportazioni il sistema produttivo hare- alizzato nel 2017 il record storico delle vendite all'estero. Qualche timore emerge in prospettiva per via dell'ap- prezzamento dell'euro, che potrebbe penalizzare la competitività di prezzo sui mercati extraeuropei. Per meglio va- lutare questirisultati e gli scenari futuri, una chiave dilettura ormai imprescindi- bile è quelle delle catene del valore ov- vero delle sequenze di fasi produttive che dagli input iniziali conducono ai prodotti finali passando per ibeni inter- medi. Sitratta disequenze ormai in larga parte internazionalizzate, che compor- tano quindi che una gran parte del com- mercio estero si realizzi in scambi di se- milavorati e componenti tra imprese, e non dalle imprese verso i clienti finali. Le catene del valore hanno in larga parte connotazione continentale, più che davvero globale. Invece dell'acroni- mo Gvc che sta per Global value chain si dovrebbe sovente usare Cvc per Conti- nental value chain. Il sistema produttivo europeo è fortemente integrato, e que- sto comporta un gran numero di passag- gi difrontieraper ibeniintermediprima che questi giungano alla destinazione fi- nale. Quel che è rilevante, quindi, non è solo il valore contabile dell'export, ma il contenuto divalore aggiunto insito nelle fasi dilavorazione in Italia. Unavariabile correlata al contenuto di valore aggiun- to nella manifattura, anche se non esente da altre influenze e quindinoncerto assi- milabile a una proxy, è la redditività. Un recentissimo studio della Banca d'Italia ("Processi di convergenza (di- vergenza) nell'area dell'euro: indicatori diredditivitàversus indicatori di costo e prezzo", di Monica Amici, Emmanuele Bobbio, Roberto Torrini, dicembre 2017), mostra come laredditivitànel set- tore manifatturiero in Germania e Spa- gna sia cresciuta rispetto a quella di ser- vizi e rispetto a Francia e Italia, dove i margini di profitto nella manifattura so- no diminuiti e hanno avuto un anda- mento meno favorevole rispetto ai ser- vizi. L'andamento della redditività nel settore manifatturiero è correlato posi- tivamente all'andamento delle quote dell'export di questi Paesi, e per l'Italia come sappiamola quotaha subìto un de- clino nell'ultimo decennio. Ora che le quote dell'export vanno registrando se- gni di miglioramento per l'aumentata efficienza e competitività delle nostre imprese, anche la redditività nel settore manifatturiero è in recupero. Ma il contenuto di valore aggiunto e quindi la redditività rispondono anche al posizionamento delle imprese italia- ne lungo le catene del valore: gli investi- menti connessi alla qualità del persona- le (il capitale organizzativo e la forma- zione) sono quelli più correlati con l'ap- propriazione del valore aggiunto lungo le filiere. In sostanza, un adeguato inve- stimento in competenze aziendali con- sente alle imprese non solo dipartecipa- re alle catene del valore internazionali, ma anche di collocarsi nelle fasi produt- tive (progettazione, controllo digestio- ne, marketing, distribuzione, etc) dove di concentra l'appropriazione di valore aggiunto. Ottima notizia dunque che nell'ambito della strategia di Industria 4.0 si prevedano oggi misure per l'inve- stimento innuove competenze oltre che in nuovi macchinari. Infine, anche il ruolo del tasso di cam- bio va riletto alla luce delle catene inter- nazionali del valore. Stime recenti mo- strano una riduzione della re attività del- l'export rispetto ai movimenti del tasso di cambio reale, e suggeriscono che cir- ca la metà di questa riduzione sia da col- legare al funzionamento delle filiere globali con una maggior componente di beni intermedi importati incorporata nell'export edilcuicosto aumentaconil deprezzamento del cambio. Tuttavia, il mercato americano resta una destina- zione finale molto rilevante per l'export europeo e per il valore aggiunto genera- to in Italia, e dunque il deprezzamento del dollaro non potrà non condizionare gli scenari futuri. smanzocchi0a luiss.it O RIPROOIJZIO NE RIS ERVArA

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FILIERE GLOBALI . INVESTIRE IN COMPETENZE SIGNIFICA COLLOCARSI NELLE FASI PRODUTTIVE A MARGINALITÀ PIÙ ELEVATA

Il nostro posto nelle catene del valoredi Stefano Manzocchi

Appare sempre più chiaro co-me, adistanza didieciannidal-l'inizio della più grande crisieconomica del dopoguerra, la

qualità e la tenacia degli esportatori ab-biano dato un contributo cruciale per te-nere in piedi l'economia e quindi la so-cietà italiana. Dopo il crollo del com-mercio mondiale del 2009, l'export na-zionale harisalito la china sostenendoladinamica del reddito nella seconda re-cessione del 2011 e accompagnando lalenta ripresa dei consumi, prima, e degliinvestimenti privati, poi.

Come scrive Paolo Bricco sul Sole del3o dicembre, con quasi 450 miliardi diesportazioni il sistema produttivo hare-alizzato nel 2017 il record storico dellevendite all'estero. Qualche timoreemerge in prospettiva per via dell'ap-prezzamento dell'euro, che potrebbepenalizzare la competitività di prezzosui mercati extraeuropei. Per meglio va-lutare questirisultati e gli scenari futuri,una chiave dilettura ormai imprescindi-bile è quelle delle catene del valore ov-vero delle sequenze di fasi produttiveche dagli input iniziali conducono aiprodotti finali passando per ibeni inter-medi. Sitratta disequenze ormai in largaparte internazionalizzate, che compor-tano quindi che una gran parte del com-mercio estero si realizzi in scambi di se-milavorati e componenti tra imprese, enon dalle imprese verso i clienti finali.

Le catene del valore hanno in largaparte connotazione continentale, piùche davvero globale. Invece dell'acroni-mo Gvc che sta per Global value chain sidovrebbe sovente usare Cvc per Conti-nental value chain. Il sistema produttivoeuropeo è fortemente integrato, e que-sto comporta un gran numero di passag-gi difrontieraper ibeniintermediprima

che questi giungano alla destinazione fi-nale. Quel che è rilevante, quindi, non èsolo il valore contabile dell'export, ma ilcontenuto divalore aggiunto insito nellefasi dilavorazione in Italia. Unavariabilecorrelata al contenuto di valore aggiun-to nella manifattura, anche se non esenteda altre influenze e quindinoncerto assi-milabile a una proxy, è la redditività.

Un recentissimo studio della Bancad'Italia ("Processi di convergenza (di-vergenza) nell'area dell'euro: indicatoridiredditivitàversus indicatori di costo eprezzo", di Monica Amici, EmmanueleBobbio, Roberto Torrini, dicembre2017), mostra come laredditivitànel set-tore manifatturiero in Germania e Spa-gna sia cresciuta rispetto a quella di ser-vizi e rispetto a Francia e Italia, dove imargini di profitto nella manifattura so-no diminuiti e hanno avuto un anda-mento meno favorevole rispetto ai ser-vizi. L'andamento della redditività nelsettore manifatturiero è correlato posi-tivamente all'andamento delle quotedell'export di questi Paesi, e per l'Italiacome sappiamola quotaha subìto un de-clino nell'ultimo decennio. Ora che lequote dell'export vanno registrando se-gni di miglioramento per l'aumentataefficienza e competitività delle nostreimprese, anche la redditività nel settoremanifatturiero è in recupero.

Ma il contenuto di valore aggiunto equindi la redditività rispondono ancheal posizionamento delle imprese italia-ne lungo le catene del valore: gli investi-menti connessi alla qualità del persona-le (il capitale organizzativo e la forma-zione) sono quelli più correlati con l'ap-propriazione del valore aggiunto lungole filiere. In sostanza, un adeguato inve-stimento in competenze aziendali con-sente alle imprese non solo dipartecipa-re alle catene del valore internazionali,ma anche di collocarsi nelle fasi produt-

tive (progettazione, controllo digestio-ne, marketing, distribuzione, etc) dovedi concentra l'appropriazione di valoreaggiunto. Ottima notizia dunque chenell'ambito della strategia di Industria4.0 si prevedano oggi misure per l'inve-stimento innuove competenze oltre chein nuovi macchinari.

Infine, anche il ruolo del tasso di cam-bio va riletto alla luce delle catene inter-nazionali del valore. Stime recenti mo-strano una riduzione della re attività del-l'export rispetto ai movimenti del tassodi cambio reale, e suggeriscono che cir-ca la metà di questa riduzione sia da col-legare al funzionamento delle filiereglobali con una maggior componente dibeni intermedi importati incorporatanell'export edilcuicosto aumentaconildeprezzamento del cambio. Tuttavia, ilmercato americano resta una destina-zione finale molto rilevante per l'exporteuropeo e per il valore aggiunto genera-to in Italia, e dunque il deprezzamentodel dollaro non potrà non condizionaregli scenari futuri.

smanzocchi0a luiss.it

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